"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
mercoledì 6 agosto 2025
6 AGOSTO: DOMINE MISERICORDIA!
lunedì 4 agosto 2025
CARISSIMI FRATELLI...
…L’assedio sinodale all’interno della Chiesa:
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Ci sono momenti nella storia della Chiesa in cui le pecore devono alzare lo sguardo, non a causa delle tempeste che arrivano dal mondo, ma perché gli stessi pastori hanno taciuto… O peggio, si sono uniti ai lupi.
San Paolo una volta avvertì la Chiesa di Efeso con chiarezza penetrante:
“Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge” (Atti 20:29).
E quei lupi sono arrivati. Indossano i paramenti. Parlano di misericordia, ma si fanno beffe della verità. Predicano l’inclusione, ma escludono la fedeltà al Deposito della Fede. Benedicono ciò che Dio ha chiamato peccato.
Stiamo vivendo da cima a fondo un assedio, non dal di fuori (della Chiesa), ma dall’interno. Questa è l’ora del tradimento, non dissimile dal giardino del Getsemani. Ma questa volta i traditori indossano le mitre e portano i pastorali.
La Croce è ancora qui. L’Eucaristia è ancora qui. Ma siamo circondati da uomini prezzolati che abbandonano le pecore o, peggio ancora, le sviano tra le spine.
Voglio essere chiaro. Questa crisi non è una semplice confusione, è una rivoluzione calcolata. Una rivoluzione contro la dottrina. Contro l’ordine. Contro la natura stessa della Chiesa come è stata divinamente istituita da Cristo.
E così oggi, voglio portarvi in un percorso suddiviso in tre parti attraverso questa realtà.
Parte I: I Lupi dentro le Mura
Morgan Scott Peck ha iniziato il suo famoso libro, “La strada meno percorsa”, con tre parole: “La vita è difficile”. Ma anche questa semplice verità è ora rifiutata, non solo dal mondo, ma anche all’interno della Chiesa. Ci viene detto che la Croce è facoltativa. Quella santità è oppressiva. Quella dottrina divide, mentre il dialogo unisce.
Ma Cristo non ha offerto il dialogo. Egli offrì le Sue piaghe. Non ha costruito un centro comunitario, Egli fondò una Chiesa, “edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù” (Efesini 2:20).
E Lui disse chiaramente: “… Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Matteo 16:24).
Dove sono ora queste parole?
Invece, sentiamo sermoni sugli ecosistemi e sulla fratellanza umana. Ci vengono dati slogan sinodali, ma nessun richiamo al pentimento. Ci vengono consegnati documenti, non la dottrina, consultazioni, non i comandamenti.
Il Beato Papa Pio XII aveva avvertito:
“Il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato” (Messaggio radiofonico al Congresso Catechetico Nazionale degli Stati Uniti a Boston, 26 ottobre 1946).
E ora, il peccato non è nemmeno più menzionato. Viene rinominato. Viene “fiancheggiato”. Viene “pastoralmente benedetto”. Ma mai denunciato.
P. James Martin continua a benedire le unioni omosessuali. Il cardinale McElroy minimizza il peccato sessuale in nome di una “inclusione radicale”.
La Messa Tradizionale in latino – la Messa dei santi – è stata soppressa. E lo stesso Deposito della Fede è trattato come un pezzo da museo a cui dare una nuova forma.
Ma come ha dichiarato Papa Benedetto XVI: “Ciò che le generazioni precedenti consideravano sacro, rimane sacro e grande anche per noi” (Lettera ai Vescovi, 7 luglio 2007).
E Papa San Pio V proclamò solennemente: ‘Questa presente Costituzione non potrà mai essere revocata o modificata, ma rimarrà per sempre valida e avrà la forza di legge’ (Quo Primum, 14 luglio 1570).
Crediamo a loro? O seguiamo il “nuovo cammino” promosso dal cosiddetto Sinodo sulla Sinodalità?
Il profeta Isaia vide questo giorno e gridò: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre…” (Isaia 5:20).
E Papa San Pio X avvertiva: ” … i fautori dell’errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, … si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista” (Papa San Pio X, Pascendi Dominici Gregis, 8 settembre 1907).
Stiamo vivendo quella profezia.
Il Sinodo sulla Sinodalità è diventato una cortina fumogena per la trasformazione ecclesiale. Non rinnovamento, ma reinvenzione. Non la Pentecoste, ma Babele.
Ci viene detto di “ascoltare il popolo di Dio”. Ma non quando queste persone si inginocchiano per la Messa in latino. Non quando invitano alla riverenza, alla penitenza o alla purezza. No, allora quelle voci vengono liquidate come troppo rigide, troppo tradizionali.
Ma la voce di Cristo parla ancora, attraverso la Scrittura, la Sacra Tradizione e il Magistero della Chiesa giustamente tramandato.
“Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio” (Galati 6:7).
Cari amici, questo completa la prima tappa del nostro cammino. Abbiamo dato un nome alle ferite.
Nella Parte II, esamineremo il macchinario della rivoluzione; la stessa Struttura Sinodale – il suo linguaggio, i suoi obiettivi e i suoi gravi pericoli. Dobbiamo sapere come si muove il nemico se vogliamo proteggere il gregge.
Eppure non dobbiamo disperare. Perché quando i lupi girano in cerchio, il Pastore rimane. Mentre i mercenari fuggono, i santi sorgono. Mentre gli altari vengono derisi, la Lampada del Santuario arde ancora perché il Tabernacolo non è vuoto.
Mantenetevi saldi.
“Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Giovanni 16:33).
Parte II: L’Assedio Sinodale
Entriamo ora nella seconda fase di questo avvertimento:
I lupi hanno un nome. Anche le loro tattiche hanno un nome: Sinodalità.
Non Sinodalità come la Chiesa l’ha sempre intesa – consultazione collegiale sotto l’autorità del papa – ma una ridefinizione. Un “nuovo modo di essere Chiesa”, come lo chiamano oggi.
Ma siamo chiari: ciò che viene proposto all’insegna della Sinodalità non è altro che la decostruzione della Chiesa gerarchica, sacramentale, apostolica e il sorgere di qualcosa di nuovo, indefinito e pericoloso.
Secondo l’introduzione ufficiale del Vaticano, il Sinodo sulla Sinodalità è descritto come un “processo di ascolto e discernimento”. Ma ciò che ascolta sono i sentimenti e quello che discerne è il compromesso.
Invece di proclamare il Vangelo, questo Sinodo cerca di rifare il Vangelo a immagine dell’uomo caduto.
I documenti preparatori del Sinodo parlano di “inclusione” e di “camminare insieme”. Ma verso cosa?
• Verso l’accettazione delle relazioni omosessuali
• Verso le benedizioni per i divorziati e i risposati
• Verso l’inversione del sacerdozio maschile attraverso una spinta per le donne diacono
• Verso la soppressione della Messa tradizionale in latino, nell’illusione che sia una minaccia per l’unità
Questa non è sensibilità pastorale. Questa è sovversione spirituale. Come ha avvertito il cardinale Raymond Burke: “L’idea che la dottrina della Chiesa debba conformarsi alle voci dei fedeli è un grave errore” (Intervista con il cardinale Raymond Burke, The Wanderer, luglio 2023).
La Chiesa non è una democrazia. È una monarchia, con Cristo come Re.
“Un nuovo modo di essere Chiesa” – questa frase ricorre più volte nei documenti del Sinodo. Ma un nuovo modo implica che il vecchio modo sia incompleto. Questo è falso. La Chiesa fondata da Cristo non è incompleta. I suoi traditori sono incompleti. I suoi lupi sono ciechi.
Papa Leone XIII ci ricordava: “Non ci può essere nulla di più pericoloso di quegli eretici che, pur conservando il nome di cristiani, con subdola astuzia introducono dottrine erronee” (Papa Leone XIII, Satis Cognitum, 29 giugno 1896).
E i rivoluzionari sinodali di oggi si adattano perfettamente a questo avvertimento. Nel documento di lavoro del Sinodo, il paragrafo 60 afferma: “Una Chiesa sinodale è una Chiesa in ascolto… pronta a essere messa in discussione dai discorsi del nostro tempo” (Instrumentum laboris per il Sinodo sulla sinodalità, 2023).
Ma il Vangelo non è messo in discussione dal mondo. Mette in discussione il mondo.
I santi non ascoltavano i tempi, gridavano in essi. Santa Caterina da Siena, la grande riformatrice del papato, una volta scrisse: “Proclamate la verità e non tacete per paura” (Lettera a Papa Gregorio XI, 1376).
E ora noi taciamo, in nome del dialogo.
Il cammino sinodale è lastricato con il linguaggio dell’inclusione, ma porta all’esclusione – esclusione della Tradizione, del sacrificio, della verità oggettiva.
I suoi architetti invocano il “discernimento spirituale”, ma rifiutano ogni assoluto morale che Cristo ha insegnato. I suoi apologeti invocano “l’unità”, ma spaccano il gregge allontanando i fedeli cattolici.
Le autorità della Chiesa ci dicono:
• Che la Chiesa deve ascoltare le persone più che proclamare a loro
• Che la dottrina deve svilupparsi assorbendo la voce della cultura
• Che la liturgia deve evolversi per adattarsi alle espressioni ecologiche e indigene
Questo non è cattolicesimo. È relativismo clericalizzato.
E gli stessi Apostoli ci danno l’antidoto: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29).
“Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine” (Ebrei 13:8-9).
Dottrine strane ora vengono dalle labbra di stranieri – in collari Romani.
Mentre il Sinodo avanza, calpesta ciò che ha nutrito i santi:
• La Messa dei Secoli viene etichettata come divisiva
• Il chiaro insegnamento sul peccato sessuale viene dichiarato spietato
• Il sacerdozio di Cristo viene appiattito in burocrazia
• E il Rosario e l’Adorazione Eucaristica sono a malapena menzionati
Questo non è un rinnovamento. Si tratta di una demolizione controllata.
Ma il Signore non viene beffato. Egli vede. Egli aspetta. Ed Egli purificherà il Suo Tempio.
Sant’Atanasio una volta dichiarò durante l’eresia ariana: “Loro hanno gli edifici, ma noi abbiamo la fede” (Sant’Atanasio, Lettera al suo gregge durante la crisi ariana).
E oggi, anche se i lupi sinodali possono occupare le sale di Roma, la Fede rimane: ovunque Cristo viene adorato, ovunque la Beata Vergine Maria viene onorata, ovunque il Catechismo viene insegnato con chiarezza e coraggio.
E la nostra missione rimane la stessa:
Stare in piedi.
Parlare.
Rimanere fedeli.
Perché, come scrisse San Paolo a Timoteo: “…annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina…” (2 Timoteo 4:2-3).
Quel tempo è adesso.
Nella Parte III, passeremo dagli avvertimenti alle armi. Armi spirituali. Esponeremo come i fedeli possono resistere a questa rivoluzione, non con amarezza, ma con il Santo Rosario, la riparazione eucaristica, gli atti di fedeltà e il coraggio dei santi.
Noi non siamo orfani.
Noi siamo soldati di Cristo.
E le porte dell’inferno non prevarranno.
Parte III: Le Armi dei Fedeli
Abbiamo dato un nome ai lupi. Abbiamo smascherato l’assedio sinodale. Ora dobbiamo combattere, non con la rabbia, non con la ribellione, ma con la verità, il sacrificio e l’amore che è radicato in Cristo.
Questa è l’ora della battaglia. Non contro gli uomini, ma contro le tenebre – dentro di noi, dentro la nostra Chiesa, dentro questa mascherata sinodale che ammanta l’eresia con le vesti della misericordia.
È tempo di prendere le armi dei fedeli. Le armi spirituali che i santi hanno impugnato, i martiri hanno abbracciato e la Madonna ha messo nelle nostre mani.
- Il Santo Rosario
Quando la Madonna apparve a Fatima nel 1917, diede un chiaro comando: “Pregate il Rosario ogni giorno, per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra”.
Suor Lucia di Fatima in seguito disse: “Non c’è alcun problema, io vi dico, non importa quanto difficile esso sia… che non possa essere risolto con la preghiera del Santo Rosario”.
Non si tratta di una devozione da poco. Questa è una frombola nelle mani dei nuovi Davide.
Mentre i lupi si radunano alle porte, e mentre i documenti sinodali si riversano come inchiostro avvelenato in tutto il globo, noi rispondiamo con i grani nella mano, con le Ave Marie sussurrate da vecchi e giovani, in latino e in inglese, nelle case e nei campi di battaglia. - La Santa Eucaristia
Questa è l’ora della riparazione eucaristica. Dobbiamo piangere vicino al tabernacolo. Dobbiamo inginocchiarci dove così tanti ora camminano con disinvoltura. Dobbiamo offrirGli amore dove Egli è più ferito.
San Padre Pio disse: “Sarebbe più facile per il mondo sopravvivere senza il sole che senza il Santo Sacrificio della Messa”.
Eppure, che cosa ha fatto il Sinodo?
• Soppresso la Messa in latino
• Marginalizzato l’Adorazione Eucaristica
• Sostituito lo stupore con l’applauso
Quindi dobbiamo andare da Lui – frequentemente, riverentemente e con la riparazione nei nostri cuori. Ogni Ora Santa è un colpo contro la rivoluzione sinodale. Ogni sussurro, “Mio Signore e Mio Dio”, è uno scudo per la Chiesa.
“Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia” (Salmo 33:9). - Digiuno e penitenza
I demòni che affrontiamo non sono meramente ideologici. Essi sono infernali. E Nostro Signore ci ha detto chiaramente: “Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera e il digiuno” (Marco 9:28).
I lupi banchettano con il lusso, con le conferenze, con gli applausi. Noi digiuniamo, per la gloria di Cristo e la purificazione della Sua Chiesa.
Imitate Ninive. Imitate San Francesco. Imitate la Madonna Addolorata.
Facciamo diventare i venerdì di riparazione una norma nelle nostre vite. Diamoci i primi sabati a molte visite al Santissimo Sacramento e offriamo dei sacrifici che nessuno vede.
Nostro Signore vede.
E il Cuore Immacolato di Maria attende la nostra risposta. - Discorso chiaro
Non dobbiamo tacere. Non ora.
San Tommaso d’Aquino insegna: «È meglio essere gettati in mare con una macina da mulino al collo che scandalizzare uno di questi piccoli» (cfr Summa Theologiae; basata su Luca 17:2).
Stiamo assistendo a missioni che sono scandalizzate da pastori in paramenti sinodali – confusi, manipolati, ingannati.
Quindi dobbiamo parlare con chiarezza:
• Le benedizioni per le persone dello stesso sesso sono una bestemmia.
• Maschio e femmina Egli li creò.
• La Messa in latino non è una minaccia, è un tesoro.
• La misericordia senza il pentimento è una menzogna.
Papa San Pio X tuonò: “I veri amici del popolo non sono né i rivoluzionari né gli innovatori, ma i tradizionalisti” (Notre Charge Apostolique, 25 agosto 1970).
Se ci chiamano rigidi, così sia. La verità è rigida. E le spine dei santi erano tenute rigide dalla grazia di Dio.
Che ci chiamino farisei, fondamentalisti, reliquie di un’epoca passata. Siamo reliquie, perché siamo eredi. Non siamo pezzi da museo, siamo i custodi del tesoro. - Comunità fedeli
Questa battaglia non sarà vinta da soli. Dobbiamo formare comunità forti: famiglie, parrocchie, apostolati, scuole cattoliche e tenute.
Che ci siano processioni eucaristiche per le strade.
Che ci siano altari mariani in ogni casa.
Che i genitori cattolici siano innanzitutto cattolici, non per prima cosa mondani.
Lasciate che i nostri figli siano catechizzati dai santi, non dagli schermi.
San Giovanni Bosco diceva: “Solo due cose possono salvarci in questa crisi attuale: la devozione a Maria e la Comunione frequente” (San Giovanni Bosco, Lettere ai giovani).
Mio amato gregge, noi non siamo nati per il comfort. Siamo nati per combattere. I lupi indossano i paramenti. Il sinodo parla con un’eresia mielata. Ma Cristo regna ancora.
Il Suo Sacro Cuore batte ancora.
Il Cuore Immacolato trionfa ancora.
E la verità è ancora vera, immutata e immutabile.
“Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (Ebrei 13:8).
In sintesi, con la voce di un pastore, vi dico questo:
NON LASCIATE LA CHIESA.
Non scappate dalla battaglia.
Siate sulla breccia.
Inginocchiatevi in Adorazione.
Pregate con le lacrime.
Parlate senza paura.
E combattete con amore.
I lupi sono reali.
Ma l’Agnello è sul trono.
E le porte dell’inferno non prevarranno.
Rimanete fedeli.
Rimanete vigili.
E rimanete nel Cuore di Cristo.
Che Dio Onnipotente vi benedica – nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo.
+Vescovo Joseph E. Strickland
Vescovo Emerito di Tyler
https://benedettoxviblog.wordpress.com/2025/08/02/quando-i-lupi-indossano-i-paramenti/
domenica 3 agosto 2025
MANIFESTO DELLA F E D E
L’epìtome [=compendio- riassunto] della fede di tutti i cristiani risiede nella confessione della Santissima Trinità. Siamo diventati discepoli di Gesù, figli e amici di Dio, attraverso il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. La differenza delle tre persone nell'unità divina (254) segna una differenza fondamentale nella fede in Dio e nell’immagine dell'uomo rispetto alle altre religioni. Riconosciuto Gesù Cristo, i fantasmi scompaiono. Egli è vero Dio e vero uomo, incarnato nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio è l'unico Salvatore del mondo (679) e l’unico mediatore tra Dio e gli uomini (846). Per questo, la prima lettera di Giovanni si riferisce a colui che nega la sua divinità come all’anticristo (1Gv 2,22), poiché Gesù Cristo, Figlio di Dio, dall'eternità è un unico essere con Dio, suo Padre (663). È con chiara determinazione che occorre affrontare la ricomparsa di antiche eresie che in Gesù Cristo vedevano solo una brava persona, un fratello e un amico, un profeta e un esempio di vita morale. Egli è prima di tutto la Parola che era con Dio ed è Dio, il Figlio del Padre, che ha preso la nostra natura umana per redimerci e che verrà a giudicare i vivi e i morti. Lui solo adoriamo in unità con il Padre e lo Spirito Santo come unico e vero Dio (691).
https://www.c3dem.it/wp-content/uploads/2019/02/manifesto-della-fede-gerhard-muller.pdf
AVE MARIA!
venerdì 1 agosto 2025
1 e 2 agosto: INDULGENZA DEL PERDONO DI ASSISI
1 e 2 agosto Indulgenza del Perdono di Assisi spiegato da Benedetto XVI

IL PERDONO DI ASSISI
L’INDULGENZA RIGUARDA LA PENA NON L’ASSOLUZIONE DEI PECCATI… specialmente se non confessati e non intenzionati a rigettarli.
Chi è il vero san Francesco? in cosa è l’immagine per antonomasia dell’ortodossia portata allo zelo estremo?
Il vero san Francesco, oggi, a mio parere, lo ritroviamo nel “Perdono di Assisi” dove ritengo sia racchiuso tutto il suo essere e il suo pensiero.
Illuminante, in tal senso, è l’opuscolo che nel 2005 Benedetto XVI ha dedicato proprio a questo “Perdono d’ Assisi”, riproponendo, per altro, la sua stessa esperienza.
“Voglio mandarvi tutti in Paradiso”: in questa affermazione si trova il vero san Francesco, con tutto quello che, naturalmente, comporta perché in Paradiso non si va se non per la via stretta dell’ortodossia dei Comandamenti – tutti: nessuno è escluso – che è la via “ordinaria”. Non ci si va senza penitenza, non ci si va se non si è “poveri” bisognosi del Perdono, della misericordia di Dio…
Possiamo citare brevemente il passo dalle Fonti:
(FF 3391-3397): «Insieme ai vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, Francesco disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in paradiso!”». Poco prima, il santo si era recato dal papa Onorio III, che in quei giorni si trovava a Perugia, per chiedergli il privilegio dell’indulgenza plenaria per tutti coloro che in stato di grazia, nel giorno del 2 agosto, avrebbero visitato questa chiesetta, dove egli viveva in povertà, aveva accolto s. Chiara, fondato l’Ordine dei Minori per poi inviarli nel mondo come messaggeri di pace. Alla domanda del Papa: «Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?», il santo rispose: «Padre Santo, non domando anni, ma anime». E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: «Come, non vuoi nessun documento?». E Francesco: «Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento; questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni».
* Per lucrare l’indulgenza occorre essere in “stato di grazia”: più chiaro di così non si può! Nessuno sconto al peccato. L’indulgenza riguarda infatti la pena, non l’assoluzione dei peccati senza essersi confessati e senza essersi convertiti.
BENEDETTO XVI: QUELLA PREGHIERA CHE SAPEVO CERTAMENTE ESAUDITA
Arrivando ad Assisi da sud, nella piana si incontra la maestosa Basilica di Santa Maria degli Angeli, ma quel che cerchiamo, lo troviamo al centro della Basilica: una cappella medievale in cui degli antichi affreschi ci raccontano episodi della storia della salvezza e della vita di san Francesco, che proprio in questo luogo visse importanti esperienze. In quello spazio basso e poco illuminato possiamo percepire qualcosa del raccoglimento e della commozione che vengono dalla fede dei secoli, che qui ha trovato un luogo di riparo e di orientamento. Al tempo di san Francesco il territorio circostante era coperto di boschi, paludoso e disabitato.
Nel terzo anno dalla sua conversione Francesco si imbatté in questa piccola chiesa, ormai del tutto cadente, la chiesetta della Porziuncola dedicata a Santa Maria degli Angeli, in cui egli venerava la Madre di ogni bontà. Lo stato di abbandono in cui si trovava dovette parergli un triste segno della condizione della Chiesa stessa; egli ancora non sapeva che, restaurando quegli edifici, si stava preparando a rinnovare la Chiesa vivente. Ma proprio in questa cappella gli si fece incontro la chiamata definitiva, che diede alla sua missione la sua vera forma e permise la nascita dell’Ordine dei Frati Minori, all’inizio pensato come un movimento di evangelizzazione che doveva raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il ritorno del Signore.
La Porziuncola era divenuta per Francesco il luogo dove finalmente aveva compreso il Vangelo. Si era infatti accorto che non si trattava di parole del passato, ma di un appello che si rivolgeva direttamente ed esplicitamente a lui come persona.
La Porziuncola – lo abbiamo visto – è anzitutto un luogo, ma grazie a Francesco d’Assisi è divenuto una realtà dello spirito e della fede, che proprio qui si fa sensibile e diventa un luogo concreto in cui possiamo entrare, ma grazie al quale possiamo anche accedere alla storia della fede e alla sua forza sempre efficace. Che poi la Porziuncola non ci ricordi solo grandi storie di conversione del passato, non rappresenti solo una semplice idea, ma riesca ancora ad accostarci al legame vivente di penitenza e di grazia, ciò dipende dal cosiddetto “Perdono d’Assisi”, che più propriamente dovremmo chiamare “Perdono della Porziuncola”. Qual è il suo vero significato? Secondo una tradizione che sicuramente risale almeno alla fine del secolo XIII, Francesco nel luglio del 1216 avrebbe fatto visita nella vicina Perugia al papa Onorio III, subito dopo la sua elezione, e gli avrebbe sottoposto una richiesta inusuale: chiese al pontefice di concedere l’Indulgenza plenaria per tutta la loro vita precedente a tutti coloro che si fossero recati nella chiesetta della Porziuncola, confessandosi e facendo penitenza dei propri peccati.
Il cristiano di oggi si chiederà che cosa possa significare un tale Perdono.
Al tempo di san Francesco come forma principale di penitenza imposta dalla Chiesa, in stretto rapporto con il Perdono dei peccati, era invalso l’uso di intraprendere un grande pellegrinaggio, a Santiago, a Roma e, soprattutto a Gerusalemme. Il lungo, pericoloso e difficile viaggio a Gerusalemme poteva davvero diventare per molti pellegrini un viaggio interiore; tuttavia un aspetto molto concreto era anche il fatto che in Terra Santa le offerte che esso portava con sé erano divenute la fonte più importante per il mantenimento della Chiesa locale. In proposito non si dovrebbe storcere troppo facilmente il naso: in tal modo la penitenza acquistava anche una valenza sociale.
Se dunque – come vuole la tradizione – Francesco aveva avanzato la richiesta che tutto questo potesse essere ottenuto con la visita orante al santo luogo della Porziuncola, ciò era legato davvero a qualcosa di nuovo: una Indulgenza, che doveva cambiare l’intera prassi penitenziale. Si può senz’altro comprendere che i cardinali fossero scontenti della concessione di questo privilegio da parte del papa e temessero per il sostentamento economico della Terra Santa, tanto che il Perdono della Porziuncola fu inizialmente ridotto a un solo giorno all’anno, quello della dedicazione della Chiesa, il 2 agosto.
A questo punto, però, ci si domanda se il papa potesse far questo così semplicemente. Può un papa dispensare da un processo esistenziale, quale era quello previsto dalla grande prassi penitenziale della Chiesa? Ovviamente, no. Quel che è un’esigenza interiore dell’esistenza umana, non può essere reso superfluo mediante un atto giuridico. Ma non si trattava affatto di questo. Francesco, che aveva scoperto i poveri e la povertà, nella sua richiesta era spinto dalla sollecitudine per quelle persone a cui mancavano i mezzi o le forze per un pellegrinaggio in Terra Santa; coloro che non potevano dare nulla, se non la loro fede, la loro preghiera, la loro disponibilità a vivere secondo il Vangelo la propria condizione di povertà. In questo senso l’Indulgenza della Porziuncola e la penitenza di coloro che sono tribolati, che la vita stessa carica già di una penitenza sufficiente. Senza dubbio a ciò si legava anche un’interiorizzazione del concetto stesso di penitenza, sebbene non mancasse certamente la necessaria espressione sensibile dal momento che implicava comunque il pellegrinaggio al semplice e umile luogo della Porziuncola, che allo stesso tempo doveva essere un incontro con la radicalità del Vangelo, come Francesco l’aveva appresa proprio in quel posto.
Dopo la concessione di questa particolare Indulgenza si arrivò ben presto a un passo ulteriore. Proprio le persone umili e di fede semplice finirono per chiedersi: perché solo per me stesso? Non posso forse comunicare anche ad altri quel che mi è stato dato in ambito spirituale, come avviene in ambito materiale? Il pensiero si rivolgeva soprattutto alle povere anime, a coloro che nella vita erano stati loro vicini, che li avevano preceduti nell’altro mondo e il cui destino non poteva essere loro indifferente. Si sapeva degli errori e delle debolezze delle persone che erano state care o dalle quali si erano forse ricevuti anche dei dispiaceri. Perché non ci si poteva preoccupare di loro? Perché non cercare di fare loro del bene anche al di là della tomba, di accorrere in loro aiuto, laddove possibile, nel difficile viaggio delle anime? “Se viviamo, viviamo per il Signore; se moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, noi siamo del Signore”, dice Paolo (Rm 14,8). Questo significa: il vero limite non è più la morte, ma l’appartenere o il non appartenere al Signore. Se gli apparteniamo, allora siamo vicini gli uni agli altri per mezzo di lui e in lui. Per questo – era la conseguenza logica – c’è un amore che va al di là dei limiti della morte.
Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del Perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera. Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’Indulgenza, era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti.
Nel corso del tempo, tuttavia, a tutto questo si aggiunse un’altra idea: nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica. È questo ciò che si intende con le espressioni “tesoro della Chiesa” o “meriti” dei santi.
Chiedere l’Indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione. La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.
Così la Porziuncola e l’Indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? Ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?
L’Indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza.
L’Indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto e grazia.
Racconta il papa Benedetto XVI, in un passo molto significativo perchè parla anche di se stesso:
“Qui devo aggiungere che nel corso del tempo l’indulgenza, in un primo momento riservata solo al luogo della Porziuncola, fu poi estesa prima a tutte le chiese francescane e, infine, a tutte le chiese parrocchiali per il 2 agosto. Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera.
Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’indulgenza (qui vi suggeriamo di leggere il testo integralmente perché spiega altre cose interessanti), era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti…”
e ancora:
“Nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica.
È questo ciò che si intende con le espressioni «tesoro della Chiesa» o «meriti» dei santi.
Chiedere l’indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione.
La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.
Così la Porziuncola e l’indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?
L’indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. // Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza. // L’indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto è grazia”.
Da: Joseph Ratzinger “Il Perdono di Assisi” Ed. Porziuncola 2005
https://www.youtube.com/watch?v=r8d15kB8Iis
AMDG et D.V. MARIAE
%20(1).jpg)





