venerdì 3 dicembre 2021

San Fedele da Sigmaringa (Sigmaringen 1578 - Seewes1622)

 

Il nome Fedele deriva dal latino FIDELIS e significa fidato e devoto.

Beatificato come martire nel 1729, fu proclamato Santo da papa Benedetto XIV nel 1746. 

 

PREGHIAMO:

"Dio, che nella propagazione della fede ti sei degnato decorare della palma del martirio e di gloriosi miracoli il beato Fedele, deh! per i suoi meriti ed intercessione, confermaci così nella fede e nella carità, che meritiamo d'essere trovati fedeli nel tuo servizio fino alla morte".


San Fedele da Sigmaringa

(Sigmaringen 1578 - Seewes1622)

I cappuccini, nel 1972, hanno ricordato il 350° anniversario del martirio di un loro confratello, S. Fedele da Sigmaringa

Con decreto del Vicariato di Roma, 6 febbraio 1973, in Via Monti di Pietralata, Roma, settore nord, venne costituita la parrocchia intitolata a lui, a S. Fedele martire. 

Chi è costui? Una risposta, pur breve, tuttavia sicura ed esauriente, la troverai leggendo queste pagine. 

Alla fine della lettura, ti accorgerai di aver fatto conoscenza con un Santo « mai sentito ». Proverai ammirazione per un grande missionario e per un eroico martire. Spontaneamente, ti sentirai convinto a metterti in ginocchio per pregarlo e a metterti con impegno ad imitarlo.

E' quanto ti augura, con cordialità e sincerità, il tuo parroco.

Padre GEREMIA LUNARDI, dei cappuccini

Roma, 24 aprile 1973, nella festa di S. Fedele martire.


IN UNA POZZA DI SANGUE

Ore 9 della mattina del 24 aprile 1622, quarta domenica dopo Pasqua. Sul pulpito della chiesa di Seewis (Svizzera), affollata di pochi fedeli e da molti calvinisti, è salito un cappuccino, per la predica. E' un frate di statura mediocre, dalla faccia piuttosto rotonda e ben colorita, con fronte spaziosa, occhi vivaci, barba corta e ricciuta di color biondo. Il suo nome di religioso: padre Fedele da Sigmaringa.

Sulla sponda del pulpito era stato collocato un biglietto, su cui era scritto: Oggi predicherai e non più. Padre Fedele, in silenzio, lo legge.

Resta pensoso, un istante. Senza la minima esitazione, inizia la sua predica, svolgendo un tema desunto dalla lettera di Paolo apostolo agli Efesini: Un solo Signore, un'unica fede, un solo battesimo (Ef 4,5). La voce non tradisce emozione: ha il tono franco di sempre, che scaturisce spontaneo dalla convinzione. Espone con chiarezza, con pronuncia spiccata e chiara, all'uditorio inquieto. 

«Basta! Smettila!» è il rabbioso invito di alcuni. «Fuoco! fuoco!», grida un soldato, entrando in chiesa. L'uditorio scatta in piedi, alcuni presi dal panico, altri da soddisfazione rabbiosa. Fischiano le palle, crepitano le munizioni che erano state apprestate precedentemente, in segreto, nel paese in cui covava la ribellione. Si dà ordine al padre Fedele di scendere dal pulpito. Nella chiesa e fuori, è un pandemonio.

I soldati, a difesa della chiesa, cadono, uccisi. I pochi cattolici, terrorizzati, scappano qua e là, inseguiti, alcuni anche uccisi. 

Padre Fedele, dopo avere sostato in preghiera accanto all'altare, esce per la porta della sacrestia. Lo accompagna un capitano austriaco, Gioacchino Colonna. Assieme, percorrono un sentiero tortuoso, che li allontana dalla chiesa, verso Grusch, donde erano venuti. 

Quasi subito, si trovano accerchiati da venticinque uomini, armati di mazze ferrate, di forche, di spade. Sono calvinisti, appartenenti a una setta protestante, che da tempo erano in lotta con i cattolici della zona. 

A padre Fedele, preso a pugni, a calci, a percosse, propongono un dilemma: o apostatare dalla fede cattolica, o lasciarsi uccidere; o ripudiare la Chiesa di Roma, o sottostare alla morte. 

La risposta del frate è netta, immediata. Egli precisa di trovarsi in quel territorio non per farsi eretico, ma per estirpare l'eresia e far conoscere a tutti la vera ed unica religione, quella cattolica. Uno dei rivoltosi, un ceffo da galera, violento, sguaina la spada e colpisce. La testa di padre Fedele gronda sangue. Il frate cade in ginocchio, pregando Dio: chiede perdono per i suoi nemici, che non sanno quello che fanno;

chiede a Gesù pietà per sé; implora dalla Madonna assistenza. Sul povero cappuccino cadono colpi di scure e lame di spade. Una picca gli trapassa il petto. Gli si fracassano le costole. Tutto il corpo è segnato da squarci e ferite. Gli si tagliuzzano le gambe. La testa, sul lato sinistro, è frantumata. Attorno, sul campo al ciglio della strada, la terra è rossa di sangue. I feroci calvinisti godono brutalmente ad insultare quel povero corpo. Sfogata tutta la loro rabbia, s'allontanano, lasciando a terra l'ucciso, il martire. Sono circa le 11 del mattino.

Padre Fedele contava 44 anni. Dieci anni prima, quando indossò l'abito cappuccino, il maestro di noviziato padre Angelo Visconti da Milano, prendendo lo spunto dal nuovo nome impostogli « Fra Fedele », aveva iniziato il discorso con il versetto dell'Apocalisse: "Sii fedele sino alla morte, e ti darò la corona della vita" (Ap 2,10). Padre Fedele, in una pozza di sangue aveva mantenuto la consegna: fedele, sino alla morte.


IN RIVA AL DANUBIO

Sigmaringa, cittadina della Svevia, nella Germania sud-occidentale, è disposta su un colle, a 538 metri sul livello del mare. Capitale

dell'antico principato Hohenzollern-Sigmaringen, dominata da un castello, vede scorrersi ai piedi il Danubio, dallo scorrere placido,

quasi insonnolito. Il titolo più ambito della cittadina sveva è quello di essersi sempre mantenuta «una città cattolica» e di non aver mai

tollerato entro le proprie mura un predicante di eresie. Non aveva ceduto neppure alla bufera della riforma protestante. Mentre la

Germania accettava la predicazione di Lutero, trasmessa nei paesi vicini dai suoi seguaci Calvino e Zwinglio, Sigmaringa restava fedele

al Papa di Roma. Quella dei Roy era tra le famiglie più distinte della città, oriunda dai Paesi Bassi. Dai Roy, nel 1578, probabilmente

nei primi giorni d'ottobre, nacque S. Fedele, il martire di Seewis. Suo padre, Giovanni, questore, console e pretore di Sigmaringa, aveva

sposato Genoveffa Rosemberger di Tubinga, che lo fece padre di numerosi figli. Ne ricordiamo due: Giorgio, che divenne sacerdote

cappuccino, padre Apollinare (1584-1629); Marco, che seguì il fratello Giorgio, diventando lui pure sacerdote cappuccino, padre Fedele.

Fu una nascita difficile, quella di Marco. 

Sua madre, trovatasi in estremo pericolo di vita, si dichiarò disposta a morire per lasciar sopravvivere la sua creatura. Provvidenza volle che fossero salvi madre e figlio. E fu davvero provvidenziale quella buona madre, che educò egregiamente tutti i suoi figli, sostenuta nella delicata opera educatrice dal marito. Marco, ormai cresciuto, frequentò le elementari, rivelando intelligenza e straordinaria memoria. Incoraggiato dai maestri e attratto dall'amore alla scienza, proseguì negli studi umanistici: pure in essi con grande successo. Sopravvenne il dolore a irrobustire la personalità del quasi ventenne Marco. 

Nel 1597, gli muore il papà, inaspettatamente. Poco dopo, la mamma passa a nuove nozze: «un matrimonio — scriverà le stesso S. Fedele nel suo testamento — che a me ed ai miei fratelli non fu eccessivamente gradito, e che non riuscimmo a spiegarci». Il peggio fu che, poco dopo, la mamma morì. Marco si recò all'università di Friburgo, nella Brisgovia, per lo studio della filosofia e delle lettere. Ne uscì, a 23 anni, 1601, laureato in filosofia, brillantemente addestrato a maneggiare la spada e il fioretto, dati anche i tempi malsicuri. 

Per altri tre anni s'impegnò allo studio del diritto civile e canonico, esercitandosi pure in dispute, meritandosi la benevolenza e la stima dei professori. 

Amante del bello, si sentì attratto alla musica. Vi si appassionò, tanto da riuscire a muovere abilmente le dita su ogni strumento musicale. Ciò gli era un hobby, che lo sollevava dai severi impegni di studio. 

L'impegno, tuttavia, più deciso era, per Marco, quello di essere un cristiano esemplare. In ciò l'aiutavano l'educazione avuta in famiglia e la sua buona volontà. E di questo s'accorgevano i suoi compagni di studio e quanti l'avvicinavano. Si poteva guardare al suo domani con la più grande fiducia.


GUIDA TURISTICA

Marco, ormai giovanotto, esperimentò uno di quegli intensi desideri che provano i popoli del nord Europa: mettersi in viaggio verso i paesi del sole, per godere di esso, ma, più ancora, per venire a contatto con le bellezze del paesaggio, con i monumenti di storia e d'arte di civiltà ormai passate, con mentalità, usi e costumi di altri popoli. 

Tanto più che uno dei suoi più affezionati colleghi di università, figlio del barone Giovanni Willitem von Storingen, aveva deciso, con altri suoi due compagni nobili tedeschi, di fare un viaggio per l'Europa, a motivo d'istruzione. 

Certo, un viaggio turistico-culturale del genere domandava tempo, mezzi e pure una buona dose di coraggio, conoscendo i mezzi di trasporto di quei tempi. Il fatto è che la comitiva, capitanata da Marco ventiseienne, guida soprattutto prudente ed educatrice, intraprese il viaggio, nel 1604. 

Marco, desideroso pure di apprendere bene le lingue italiana e francese, si assunse la responsabilità del giro d'Europa, anche per lasciare più tranquille le famiglie dei compagni. Il giro durò sei anni, concludendosi nel 1610. 

Furono visitate le principali città d'Italia, di Francia, di Spagna. In Italia e Francia, la precedenza fu data ai santuari cristiani, specialmente mariani. 

A Roma, città dei papi, la fermata fu più lunga che in altre città. C'era tanto da vedere e da godere. Non solo la varietà del paesaggio, i ruderi superstiti della Roma pagana, ma soprattutto i ricordi e i monumenti cristiani. 

Sorprendente, per la comitiva, una circostanza eccezionale: nel breve spazio di 49 giorni, assistette alle cerimonie dell'incoronazione di due papi, Leone XI e Paolo V, rispettivamente 10 aprile 1605 e 29 maggio. La visita di Roma lasciò il più incancellabile ricordo: basiliche, catacombe, ipogei dei martiri, ricordi di santi. 

Coerentemente, la comitiva si comportava con spirito cristiano. Di questo Marco era esempio e promotore: recitava le sue preghiere, mattina e sera; quotidianamente partecipava alla messa, pellegrinava alle chiese stazionali; si confessava e comunicava spesso; nei giorni di quaresima si flagellava e cingeva il cilicio; donava con carità ai poveri; si dedicava ad opere di bene e di apostolato. Ne documentò il comportamento un compagno di viaggio, il barone von Storingen. 

Adempiuti i suoi doveri di pietà, Marco diventava l'animatore del gruppo, che accompagnava a visitare cose belle, a godere dell'arte, a conversare con uomini di scienza, a intavolare dotte discussioni con i più distinti professori di università. Così ne guadagnava la loro cultura si procacciavano nuove e preziose cogni zioni, coltivavano i loro studi e apprendevano con maggior perfezione la lingua. 

Anche a Parigi partecipavano a pubbliche dispute scientifiche, con interventi rivelatori di vasto sapere e provocatori di vera stima. Quando s'arrivò a concludere il lungo viaggio, a malincuore la comitiva si staccò da Marco: era stato una guida sicura, uno splendido compagno, dal quale aveva imparato il godimento del bello, l'amore alla cultura, il dialogo con altri popoli, e, soprattutto, il comportamento cristiano, dotato di serena disinvoltura e di esemplare compostezza. Davvero, erano stati sei anni di scuola, di quella scuola autentica che insegna a vivere.

AVVOCATO

Rientrato in patria, nella natale Sigmaringa, Marco Roy riprese gli studi. Il 7 maggio 1611, a Willingen, consegue la laurea in legge:

dottore in «utroque iure», cioè nel diritto ecclesiastico e in quello civile. Il suo nome (dott. Marco Roy) è registrato nell'albo degli avvocati. Il suo nuovo mondo è, ora, quello forense, fra cause e liti, a servizio del diritto, a difesa della legge. 

A Esisheim, cittadina dell'Alta Alsazia, il dott. Roy dà il via alla sua carriera legale. Si fanno subito palesi la sua perizia, la nitidezza d'espressione, a forza delle argomentazioni, la logica stringente, e (dote strana in un avvocato) la sollecitudine nel portare a termine le cause. Bravura e onestà,

prudenza e lealtà orientano un grandissimo numero di clienti allo studio dell'avvocato Roy. Uomo di riflessione e di lavoro, si guadagna stima, ammirazione, inviti. Ha delle preferenze: le cause dei più bisognosi, dei più indifesi, dei più meritevoli di assistenza. Comprende, presto, i pericoli della carriera, le nascoste insidie della vita forense. Il suo sforzo resta sempre quello: fedeltà al dovere, dirittura morale.

Nonostante tutto e tutti. Un brutto giorno, un suo avversario gli buttò una sfida: sospendere la difesa di una causa, che per lui, avvocato Roy, era una causa giusta; o, almeno, tirarla per le lunghe, e così guadagnarci di più. Marco sentì vera paura del mondo in cui viveva.

Decise di piantare tutto e di ritirarsi da quell’inferno. Chiuse il suo studio di avvocato, si ritirò nel silenzio a pregare, a domandare a Dio di veder chiaro il proprio domani. Decise di chiudersi in un convento. Tanto più che, dinanzi a sé, aveva l'esempio del fratello Giorgio, lui pure laureato a Friburgo, fattosi cappuccino nel 1604, con il nome di Fra Apollinare. Nel 1612, l'avvocato Roy, anni 34, chiede al superiore provinciale dei cappuccini della Svizzera di essere ricevuto come frate. 

Il superiore non ne resta convinto, prospettandosi l'impossibilità che lui, avvocato già celebre, ormai con i suoi anni, si prepari e si adatti alle esigenze di una vita in convento. Gli consiglia di rifletterci di rifletterci meglio, perché nell'Ordine dei cappuccini tale è la vita, nella penitenza e nel lavoro, che c'è poco da scherzare.

L'avvocato Roy ci ripensa, ma la decisione resta sempre quella: consacrarsi più strettamente a Dio, tra i cappuccini. Nell'attesa, si staccò da tutte le convenienze sociali, chiese e ottenne l'abito clericale, deciso nel frattempo di farsi sacerdote. In pochi giorni, con speciale concessione della Santa Sede, si preparò a ricevere gli ordini sacri. Nel settembre 1612, il vescovo suffraganeo di Costanza, Mons. Giacomo Murgel, lo consacrò prete, ministro dell’altare. Il mondo, che il dott. Roy s’era lasciato alle spalle, non tardò a fare i suoi commenti: giudicò vera pazzia che un giovane del genere avesse chiuso in tal modo una brillante promettente carriera. Altri, i buoni, ne lodavano Dio ed esaltavano il coraggio del Roy. 

Fatto sacerdote, Marco Roy si ripresentò ai cappuccini e rinnovò domanda di farsi frate, costi quello che costi. Dinanzi a tanta decisione, ai cappuccini non restò che aprire la porta del convento. Il sacerdote Roy divenne cappuccino.

PADRE FEDELE

Il 30 settembre 1612, il neo sacerdote Roy viene ammesso nel convento cappuccino di Friburgo. IL 4 ottobre, festa di S. Francesco d'Assisi, il sacerdote Roy celebra la messa, a cui segue il rito della vestizione religiosa. Il dottor sacerdote Marco Roy diventa Fra Fedele da Sigmaringa

Padre Angelo Visconti da Milano, superiore del convento e maestro dei novizi, gli commenta l'affermazione scritturale: «Sii fedele sino alla morte, e ti darò la corona della vita». Il novizio Fra Fedele inizia l'anno di prova. Lui, trentaquattrenne, convive con novizi quindicenni. Lui, avvocato, aiuta negli umili lavori del convento i confratelli meno istruiti e si sforza d'essere più umile di loro.

Non si trova affatto in disagio. Preferisce alla toga il povero saio, allo studio d'avvocato la squallida cella, ai clienti di ieri i nuovi fratelli, figli, come lui, di S. Francesco. La virtù, che più decisamente s'impegnò ad acquistare, fu quella dell'umiltà. 

Un suo compagno di noviziato, padre Candido da Zug, ricorda come Fra Fedele s'impegnasse specialmente negli uffici bassi e penosi: «Andava in cucina a lavare le stoviglie, nell'orto a raccogliere insetti o a fare altri lavori manuali». Con tale virtù s'acquistò l'amore di tutti. 

Non è detto però che tutto gli corresse liscio. Non fu esente da tentazioni. Ebbe pur lui il dubbio se la strada intrapresa fosse proprio quella voluta da Dio, se i suoi talenti fossero sfruttati o buttati al vuoto nel nuovo genere di vita. Si sentì fortemente tentato di piantare tutto e tornarsene al mondo. 

Un teste oculare, padre Giovanni da Kruwangen, afferma: «Resistette con animo virile alla tentazione, e la durò con zelo ed entusiasmo sino alla fine dell'anno di prova». 

Ci permette di guardare entro la sua anima uno scritto, da lui incominciato il 1° ottobre 1612 e continuato durante l'anno di noviziato. Steso in latino, fu edito a Roma, nel 1746, sotto il titolo «Exercitia spiritualia», e, in successive edizioni, sotto il titolo «Exercitia seraphicae devotionis». E' un «vade mecum», compilato per uso proprio. Padre Fedele si stabilisce un ordine e un metodo negli esercizi della sua vita interiore e della sua devozione. 

Nelle prima parte, si prospetta l'esercizio della preghiera e delle varie virtù: verità, umiltà, obbedienza, pazienza, austerità, carità fraterna. 

Nella seconda parte, si propone una virtù per ogni giorno della settimana. Nella terza parte, stende preparazione e ringraziamento alla santa messa, domandandosi: «Chi viene? A chi viene? Perché viene?» e proponendosi, quale spunto per ogni giorno della settimana, una delle sette petizioni del Padre nostro. 

Il fascicolo si chiude con una supplica alla Madonna e con un patto tra Dio e l'anima. 

Le rapide pagine, che nelle divisioni e sottodivisioni svelano un giurisperito, rivelano, oltre alle sue caratteristiche e predilezioni spirituali, con quale decisa volontà Fra Fedele abbia iniziato e percorso il cammino della perfezione: con eroica fedeltà, dal primo giorno di noviziato sino alla morte. Prima di emettere i voti, Fra Fedele fece testamento, lasciando tutto per amore di Dio, distribuendo quanto aveva tra parenti e studenti poveri di Sigmaringa. 

A conclusione del testamento, scrisse: «Né solamente lascio le cose mie, ma di più lascio tutto me stesso al mio Signore Gesù Cristo nella mia perpetua e irrevocabile professione di sempre vivere in un'altissima povertà, in una costantissima obbedienza ed in una inviolabile castità di corpo e di cuore... Al mio amabilissimo Redentore con piena deliberazione, offro, dono e consacro per sempre, il corpo e l'anima mia come vivo olocausto in questo santo Ordine». 

Il 4 ottobre 1613, Fra Fedele emise i suoi voti di obbedienza,

povertà, castità, «con volto raggiante ed insolita devozione» ricorda un teste oculare. Rinnovò il proposito di far onore e di essere coerente al proprio nome: di essere Fedele di nome e fedele di fatto. 

Quel «Sii fedele sino alla morte», dettogli dal maestro di noviziato, lo si impresse talmente nell'anima, che se lo ripeteva di continuo, se lo scriveva sui libri, lo prepose al suo «vade mecum», lo ricordava come programma d'ogni giorno, d'ogni ora. Fedele, sino alla fine!

EVANGELIZZATORE

Dopo l'anno di noviziato, padre Fedele riprese in mano i libri e si sedette sui banchi di scuola, per lo studio della teologia. Prima a Frauenfeld, poi a Costanza: 1614-1618. Voleva immagazzinare più luce possibile, per poi distribuirla in abbondanza alle anime, verso le quali lo spingevano la sua identità e responsabilità sacerdotali. Terminata la scuola, si donò al mondo: non più come avvocato per cause umane, ma come ministro di grazia per la causa di Dio. Erano tempi difficili per la fede cattolica, nella Svizzera e nel territorio austriaco di confine. Calvino, con le sue eresie, era penetrato dovunque. Allettati al libertinaggio, non pochi cattolici avevano apostatato

dalla fede e dell'eresia accettata se ne facevano propagandisti. Predicanti si muovevano per ogni dove, diffondendo le malsane dottrine e favorendo così libertinaggio, vizi e malcostume, in alto e in basso. 

Padre Fedele si sentì chiamato ad arginare questa alluvione calvinista, a richiamare i traviati, a sostenere i cattolici ancora fedeli. Con rilevanti doti oratorie, padre Fedele predica ottenendo successi insperati. Voce sonora, parola fluida, sguardo e modo avvincenti: sono doti assicuratrici di successo. Conosce, inoltre, la lingua italiana e francese. Ha un sistema tutto suo per riuscire nella predica: prima e dopo, trascorre un'ora prostrato dinanzi al Santissimo Sacramento.

Essendo i calvinisti sempre in movimento, pure lui non resta fermo: raggiunge città e paesi, controbatte errori, presenta la verità, richiama la legge del Signore, risponde con amabilità a soprusi e a invadenze. Il primo magistrato di Feldkirch attesta che nessun abitante della città ricorda di aver mai udito un predicatore così potente ed efficace. I protestanti, trovando buon giuoco nella corruzione, s'infiltrano anche nel Prattigau, una vallata della Rezia, vicina e parallela al Voralberg, trascinando nelle proprie idee quei rozzi montanari. Per gli stessi viottoli scoscesi passa pure il padre Fedele, predicatore della verità. I poveri lo salutano come il loro difensore.

Gli onesti lo proclamano portatore della pace e padre della patria. I benpensanti lo sostengono. Qualche calvinista si arrende e fa l'abiura nelle sue mani. Le conversioni non mancano, grazie a Dio e grazie ai sudori del padre Fedele. Le autorità lasciano libertà. 

I calvinisti guardano torvi il cappuccino di Sigmaringa troppo audace: gli si oppongono, lo minacciano, lo biasimano pubblicamente, lo tacciano come imprudente. Ricchi e nobili lo definiscono un retrogrado, che attenta invano alla libertà finalmente proclamata, Padre Fedele continua la sua predicazione, senza paura. Affronta incredibili sacrifici, sfida più volte imboscate e tranelli. Percorre strade impervie,

anche per raggiungere un solo uomo da aiutare nella fede. 

La fama di questo predicatore, dalla robusta eloquenza e dalla logica stringata, si diffonde per i vari Cantoni della Svizzera. Molte città e villaggi desiderano d'udire i suoi discorsi, brevi, ben preparati, densi di contenuto, arricchiti di citazioni scritturistiche, pronunciati con fervore. 

Predica ad Altdorf, e vi corregge abusi assai gravi. A Wiltkirch inveisce contro il lusso eccessivo delle donne. A Feldkirch infastidisce degli uditori per l'annuncio di graffianti verità. Dal 1618, padre Fedele è scelto quale superiore di conventi, in diverse città della Svizzera: Rheinfelden, Feldkirch, Friburgo, ancora Feldkirch. Nei suoi religiosi trasfonde il proprio zelo per le anime, l'amore ad austera penitenza, l'esempio di preghiera di giorno e di notte. Segue tutti con dolcezza. Coltiva particolarmente la povertà. E' sollecito al tribunale della penitenza, a rassicurare i pentiti sul perdono e amore di Dio. S'inframmette tra nemici, tra famiglie in discordia, e convince alla pace. 

Capisce la sofferenza degli oppressi, dei tribolati, dei condannati, e trasmette loro fiducia in Dio e coraggio nella prova. Contro troppo facili esecuzioni, rivendica ed esalta il valore prezioso della vita umana. Accorre fra le truppe austriache, decimate dalla pestilenza, la «febbre ungherese», e si fa soccorritore materiale e spirituale, ottenendo dall'arciduca d'Austria alimentari, medicine, vesti, e donando assoluzione ai pentiti e pace ai moribondi. Competente, sostiene le cause dei poveri, rimprovera ingiustizie, sventa oppressioni. E', in poche parole, un apostolo: senza stanchezza, tutto amore per i buoni e per i cattivi.

PREFETTO DELLA MISSIONE DEI GRIGIONI

Quello dei Grigioni è uno dei molti stati o Cantoni, di cui era composta la Svizzera. Era la regione più orientale, confinante con il Tirolo,

la Lombardia, il Ticino, Uri, Glarona e S. Gallo. Anticamente era chiamata Rezia. Il paese era aspro e montuoso, il più impervio di tutti gli altri, solcato da valli. 

Ci viveva una popolazione rude, bellicosa, ostinata, che parlava il romancio. Ignoranza e corruzione avevano lasciato via libera alla riforma protestante, predicata da Zwinglio e Calvino, che infierì contro i cattolici, il clero, le chiese, i conventi.

Il Canton Grigioni era, allora, scisso in due partiti. Ogni partito era sostenuto da una potenza straniera: l'Austria cattolica, che resisteva al protestantesimo; la Francia che, per ragioni politiche, appoggiava i protestanti. Le due fazioni erano capeggiate da due ragguardevoli famiglie: quella cattolica, dalla famiglia di Rodolfo Planta; quella eretica, dal casato di Ercole de Salis. 

Le lotte vicendevoli non avevano sosta. 

La maggioranza dei cittadini si schierò, per maggior sicurezza, dalla parte dei più potenti, i protestanti. I pochi rimasti fedeli alla Chiesa ebbero la peggio, bersagliati da una vera e propria persecuzione, che riuscì perfino a bandire il vescovo di Coira, al quale tutto il Cantone era soggetto. Si arrivò persino a scontri armati, a guerre intestine, che si placarono, per un po', con il Trattato di Milano del 15 gennaio 1622. I Grigioniesi rinunziarono alla Valtellina, in favore della Spagna; fu data libertà al culto cattolico, in tutta la regione della Rezia; vennero abrogate le leggi anticattoliche; gli apostati stranieri, rifugiatisi nella Rezia, che erano i più rabbiosi contro i cattolici, erano messi al bando. Ma questi non disarmarono. Anzi, con astuzia, attesero tempi propizi alla loro vendetta. 

Per ricristianizzare un campo così difficile, si pensò ai cappuccini. Il vescovo di Coira ricorse al Papa e il Papa Paolo V, accettò l'idea di una missione di cappuccini. La provincia cappuccina di Milano-Brescia inviò un drappello di missionari alla guida di padre Ignazio da Casnigo, che arrivò nei Grigioni nel gennaio 1621. Tra i cappuccini, inviati a sostenere la missione della Rezia, fu scelto anche padre Fedele, predicatore infaticabile e conoscitore di molte lingue. A lui e ad altri suoi due compagni di evangelizzazione fu affidato, come campo di lavoro, la Prattigau (Prettigovia), o Valle dei Prati. Qui l'eresia aveva fatto più devastazioni, tra gente ostinatamente restia e fanatica, sostenitrice delle nuove idee luterane. Il clima era estremamente rigido e Padre Fedele vi arrivò proprio d'inverno, 1622.

L'arrivo dei cappuccini impegnò i calvinisti a rabbiosa difesa. Ad un amico di infanzia padre Fedele confidò che nei Grigioni avrebbe trovato sicuramente la morte. Ad altri dichiarò di sentirsi pronto alla morte. Pronto senz'altro ad impegnare zelo, parola, scritti, vita, tutto, per salvare quanto era possibile salvare, tra quella gente refrattaria alla verità cattolica. 

In quell'anno, Gregorio XV istituì la Congregazione di Propaganda Fide, tanto sostenuta, anzi secondo alcuni studiosi ideata, dal cappuccino padre Girolamo da Narrai. Tale Congregazione si proponeva un duplice compito: evangelizzare tutti i popoli e arginare i progressi dell'eresia. 

Dalla Congregazione fu stabilita, quale prima missione, quella della Rezia. Venuti a conoscenza del mirabile apostolato che già vi svolgeva padre Fedele, il nunzio apostolico Alessandro Scappi e i superiori della provincia cappuccina svizzera decisero che padre Fedele venisse nominato Prefetto della missione dei Grigioni e gli inviarono un documento di nomina, datato 21 aprile 1622. Tale documento e le facoltà, concessegli dal nunzio apostolico, non pervennero tra le mani del destinatario, già in piena azione nella Prattigau e alla vigilia del martirio. 

La valle della Prattigau, tutta rocce, dirupi, precipizi, era in fermento. I protestanti, i predicanti eretici, avevano accumulate spade e mazze, tenendole nascoste nelle cascine, sotto la paglia e il fieno: attendevano il momento opportuno per togliere di mezzo quell'apostolo troppo convincente. Intanto si sforzavano di screditarlo presso gran parte del popolo, che sinceramente lo ammirava e amava. 

Due motivi principalmente avevano esasperato l'odio degli eretici contro di lui: la conversione del conte Rodolfo de Salis e la promulgazione di un editto favorevole ai cattolici, da parte del governatore Baldirone, convinto da padre Fedele. Il giorno di Sabato, 23

aprile 1622, padre Fedele celebra la Messa a Grusch. Subito dopo, alcuni eretici di Seewis lo invitano, all'indomani, a predicare nella loro chiesa. 

Ma Padre Fedele si accorge del tranello. Domenica, 24 aprile, celebrata la messa, con predica, a Grusch, padre Fedele, conscio del serio rischio, parte verso Seewis. E' accompagnato dal capitano Gioacchino Colonna e da alcuni ufficiali e soldati. Verso le ore 9, raggiunge Seewis. Entra nella chiesa per proclamare la verità, insegnata da Cristo e affidata alla sua chiesa. Sono queste sue parole che fanno scoppiare il tumulto, già precedentemente organizzato, che si conclude, fuori della chiesa, con il suo martirio. 

Era il 24 aprile 1622, vigilia della festa di S. Marco Evangelista, del quale il cappuccino portava il nome e della cui missione evangelizzatrice era stato continuatore. Deciso di essere fedele, padre Fedele lo fu sino alla morte. Cadendo, ucciso, testimoniò con il proprio sangue l'amore a Dio, al suo Vangelo, alla sua Chiesa.

IL MARTIRE SANTO

Il corpo straziato di padre Fedele restò sul prato del martirio per un giorno e una notte. Poi il sacrista di Seewis, Giovanni Johanni, lo seppellì in una fossa, vicino alla chiesa. La sommossa s'allargò sull'intera Rezia. 

Cattolici e protestanti si scontrarono, armati. Un giorno,  il martire padre Fedele apparve nel cielo con una spada sguainata contro gli eretici: tale visione incoraggiò i cattolici, che ebbero la meglio sui protestanti. 

Ritornata la calma, i cappuccini di Feldkirch si portarono in convento la testa e la mano sinistra del martire. In una seconda esumazione, furono raccolti i resti del frate ucciso e si conservano, sino ad oggi, nella cattedrale di Coira. Ad una voce, cattolici ed eretici, a Coira, a Costanza, in Germania, in Baviera, in Italia, acclamarono santo il martire di Seewis, che, invocato, elargiva ovunque guarigioni miracolose. Nel 1626, furono avviati processi per esaminarne le virtù. Fra i testimoni, fu interrogato padre Apollinare Roy, il fratello del martire. Risultarono virtù vissute in grado eroico. Perciò la Chiesa esaudì l'attesa di tanti fedeli e il desiderio della Congregazione di Propaganda Fide, che padre Fedele venisse dichiarato martire santo. Il 12 marzo 1729, padre Fedele fu dichiarato Beato. Se ne stabilì la festa al 24 aprile, il suo «dies natalis», il giorno del martirio. Il 29 giugno 1746, Benedetto XIV lo dichiarò Santo

Più città conservano reliquie del santo martire Fedele. Sigmaringa conserva ancora la sua casa natale, la culla su cuivisse i primi mesi di vita, il pulpito di Seewis sul quale predicò per l'ultima volta. Coira, nella cattedrale, custodisce la maggior parte delle sue ossa. I cappuccini di Feldkirch conservano, nella loro chiesa e nella cella del Santo, la testa del martire, la spada del martirio, il cilicio, paramenti liturgici, il mantello ancora foracchiato dal tridente da fieno, i sandali, il cingolo insanguinato. 

La memoria più cara resta (specialmente tra i cappuccini) quella delle sue virtù, della sua santità, della sua eroica fedeltà a Dio e alla Chiesa. Il Santo da

Sigmaringa è considerato dalla Congregazione di Propaganda Fide il suo protomartire e dall'Ordine cappuccino modello e patrono dei suoi missionari, evangelizzatori in ogni parte del mondo. 

Il Papa Pio XI, il 7 marzo 1922, scriveva al superiore generale dei cappuccini: «E’ degno certo di somma lode S. Fedele da Sigmaringa non solo perché con la sua morte preziosa sostenuta per Cristo apri la lunga serie dei Martiri, che hanno illustrato le Missioni cattoliche dopo l'istituzione di Propaganda; ma ancora perché con l'innocenza della vita si rese esemplare perfetto ai nostri Missionari del come si debbano degnamente preparare al ministero apostolico»

L'iconografia presenta S. Fedele in due atteggiamenti: in atto di calpestare l'eresia, simboleggiata in una donna discinta (ad esempio, il dipinto di Giovan Battista Tiepolo, nella pinacoteca di Parma); in atto di stringere tra le braccia la generica palma del martire, una spada e una mazza, strumenti del suo martirio. San Fedele, martire cappuccino, insegna che la Verità va amata e difesa con coraggio, e che a Dio si deve restare fedeli. Fedeli, sino alla morte.

  

AMDG et DVM

giovedì 2 dicembre 2021

CON IL BEATO ALANO DELLA RUPE




PRIMA CINQUANTINA.

Da offrire in dono: I) il Diamante dell’Innocenza; II) il Rubino della Sapienza; III) la Perla della Grazia; IV) il Diaspro della Pienezza; V) lo Zaffiro della sovranità.

Dunque la prima lode di tutte, o appassionatissimi innamorati e discepoli della Vergine Maria, è proprio della Sacra Pagina, che nella prima distinzione del terzo libro, sull’Innocenza della necessarissima Incarnazione del Figlio di Dio, tanto da parte di Dio che da parte dell’uomo, ci insegna ad offrire alla Vergine Maria, Regina d’innocenza, la prima pietra preziosa della prima miniera della Rupe Angelica, cioè la Pietra indomabile2. 

Essa è detta pietra dell’innocenza, e si offre quando devotamente si dice alla Vergine Maria “Ave”. Infatti Ave secondo Agostino, si dice in quanto senza i guai3 della maledizione ovvero della colpa: in questa cosa, l’Innocenza di Maria è dichiarata in modo chiarissimo. Secondo Isidoro poi: La Pietra indomabile, da nessun materiale è infranto, da nessuna cosa è vinto, da nessuna cosa è contaminato, o inquinato. Con il solo sangue del capro infrange. Ed è la pietra del massimo amore e capace di mettere in fuga il demonio. Alcuni la chiamano Diamante proprio come l’amore di due (sposi), che raccoglie e distribuisce.

 L’amorevolissima gloriosa Vergine Maria Vergine, poi secondo Anselmo, è Colei che deve splendere di così grande purezza, di cui non si può trovarne una maggiore al di sotto di Dio. Perciò nel Cantico dei Cantici: "Tutta bella sei amica mia, e in te non c’è macchia". Ma con manifesta ragione si fa vedere, con ogni diritto, che una così grande pietra debba da parte di tutti essere onorata devotamente: perchè ha in sé una somma innocenza, sia effusa verso tutti, sia del tutto conservata, sia guida nella conservazione di tutte le cose, dico, secondo il diritto divino, naturale ed umano: dunque Maria Vergine è di tal maniera: perché, come dice Ambrogio nel Sermone sull’Assunzione: "Quale lode porteremo a te, o Innocentissima Vergine Maria, per la quale l’innocenza morta è stata ricuperata e vivificata? Tu sei infatti l’albero della Vita, fuori del quale tutti i rami sono senza frutto e nella morte". Queste cose egli scrisse.

Ma forse alcuni di voi diranno: quanto vale questo Diamante detto Ave? 

1. A questa cosa senza dubbio rispondo, che vale di più di tutte le pietre preziose offerte nel deserto dai figli d’Israele per il tabernacolo, che è assai meraviglioso. 

2. Anzi vale di più delle pietre preziose di Salomone, che offrì al Tempio di Gerusalemme, o ebbe nei suoi tesori, cosa questa che è immensa. 

3. Anzi vale di più di tutte le pietre preziose, che hanno posseduto Arturo re dei Bretoni, Carlo Magno, Davide, Cisquaso, i tre Re dei Bretoni e qualsiasi altro fedele abbia avuto mai, e che abbiano dato per i Templi e per le Reliquie dei Santi.

Ma di nuovo chiedete: quanto è più grande questo Diamante “Ave” di tutte le innumerevoli cose dette prima? A questo sempre rispondo che è tanto più grande, quanto tutto il cielo è più grande di una sola stella, poiché, secondo Agostino, una minima cosa dei beni celesti è maggiore del massimo bene corporeo.

2 Preferiamo tradurre Adamas con Pietra indomabile perché poi il testo dirà che alcuni chiamano essa diamas, diamante.

3 Il Beato Alano anagramma la parola Ave con “Vae” (ahi!, Guai!) e con “Eva”, per dimostrare il compimento in Maria delle profezie contenute in Genesi al cap.3, e cioè Maria come nuova Eva (Ave - Eva) e Maria come la donna prefigurata in Genesi 3,15, colei che avrebbe schiacciato la testa al serpente, causa di ogni guaio (Ave - Vae).

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O voi tutti, dunque, figli devoti della Vergine Maria, ascoltate e rispondete alla mia domanda: Forse che, se io vi dessi, in un giorno qualsiasi, centocinquanta Diamanti, quantunque voi siate miei nemici, non sareste placati da me, e sareste ben disposti alla mie richieste? Anzi: non mi amereste anche di più, abbandonando ogni azione dannosa, ed esternandomi con tutte le forze, la vostra benevolenza? 

Se ciò è così, chiaramente consegue che, la Vergine Maria, per qualsiasi Salterio a lei devotamente offerto darà cose maggiori. E questo è il diamante dell’amicizia, che scaccia ogni forza del demonio, spezzato dal Sangue di Cristo Agnello Immacolato, quando la spada della Passione trapassò la sua anima. Senza dubbio, dal più piccolo al più grande, occorre accettare per vero, poiché è stato scritto: Date e vi sarà dato. 

Secondo Origene infatti: Nelle cose mondane si darà il centuplo, nel corpo mille volte di più, nell’anima diecimila volte di più, al momento della morte centomila volte di più, e dopo la morte un milione di volte di più. 

Voi dunque che volete arricchirvi, e in breve ricevere l’Innocenza: placate Maria, e realizzate il vostro Regno prezioso, in questo mondo per mezzo della grazia, e in quello futuro per mezzo della gloria. Accostatevi a questa Rupe della Salutazione Angelica, offrendo alla Vergine gloriosa in un giorno qualsiasi, centocinquanta volte il Diamante dell’Innocenza, cioè l’Ave. Perché offrendo in questo modo, saluterete l’Imperatrice di tutto il mondo, che ama molto di più qualsiasi peccatore, e molto di più chiunque la saluti degnamente, di quanto qualsiasi Imperatrice o Regina, mai abbia amato qualsiasi mortale vivente. 

Anzi più di un intero mondo di Imperatrici, che amano con vigore del tutto naturale. Poiché la Carità della Vergine gloriosa, secondo Agostino, supera l’amore naturale di tutto il mondo: non soltanto corporeo, ma anche Angelico. 

Dunque dal più piccolo al più grande, affinché siate senza guai, offrite molto più spesso a Maria il Diamante detto prima. Giustamente dunque Dio trasforma la roccia in lagune di acque, per la virtù di queste pietre preziose. 



La seconda lode della Sacra Pagina: O amabilissimi figli, appartiene a Maria Vergine, ciò che (si trova) nella seconda distinzione del terzo libro dalla Sapienza, che considera il genere di unione tra la natura umana e quella divina: ci insegna in modo assai sapiente, ad offrire a Maria Vergine, Imperatrice della Sapienza, la seconda pietra preziosa della seconda miniera di questa Rupe dell’Angelica Salutazione, cioè un Rubino, quando si dice “Maria”, dal momento che raggiungiamo la Sapienza ed otteniamo splendore dalla gloriosa Vergine, più (con questo Rubino) che se le offriamo tutta la sapienza temporale, ma che non sa di nulla, da renderla acculturatissima. 

Poiché la parte più piccola di un’orazione devota, secondo Bernardo, Segretario Beatissimo di Maria, è più grande della sapienza dei Filosofi di tutto il mondo, e da ricompensare con un premio maggiore. La ragione poi di questa offerta è: poiché Maria, secondo Remigio e Girolamo, è detta quasi Illuminatrice ovvero illuminata, perché appartiene alla sapienza, secondo i medesimi.

Ora un Rubino di questo genere, brucia nelle acque, e di notte, come un carbone infuocato, risplende: allontanando i terrori dei fantasmi, conferendo un discernimento sulle cose da fare, e conducendo la mente dubbiosa alla certezza, al meno secondo l’ordine prestabilito, secondo Isidoro e il Lapidario.

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Per questo fatto, questa pietra è di incomparabile valore, presso i Re. E queste condizioni possiede in pieno Maria Vergine gloriosa. Poiché, come attesta Bernardo, ha generato l’eterna sapienza: perciò, al mondo cieco ha dato la luminosità della sapienza celeste: come la sapientissima Abigail, moglie di Nabal del Carmelo, anzi, assai più immensamente. 

Ma per un’evidente ragione si manifesta a tutto il mondo, affinché essa possa essere salutata nel Salterio Angelico. 

Dal momento che tutti gli uomini possiedono la grandissima capacità di offrire, osservare e guidare, da tutti deve essere onorato, come appare dalla testimonianza di Seneca. 

E la Beata Vergine Maria è in tal modo, come attesta Bernardo, per cui si dice di Lei nel Siracide cap. 24: "Io sono la Madre del bell’amore, del timore, della conoscenza e della santa speranza." Se dunque volete avere la Sapienza capace di illuminare, più spesso salutate Maria. Poiché, come attesta Ambrogio, "Questa stella brilla più luminosa del Sole nelle menti dei fedeli: e riceverete il centuplo nel presente. Poiché la parte più piccola della devota orazione, secondo Anselmo, vale di più di tutta la luminosità corporea del mondo, e dell’umana prudenza.

Ma per caso tra voi dite: "Quanto vale questo Rubino Maria?" A questa cosa rispondo brevemente. E’ di maggior valore, che se tu offrissi alla Vergine gloriosa, per qualsiasi evento, tanti e ugualmente grandi Rubini, quante sono le stelle nel firmamento del cielo, come attesta Agostino, quando dice: la minima parte della luce della grazia, è maggiore di tutta la luce corporea del mondo. 

E non solo questo Rubino Maria è di grandezza uguale, o di poco maggiore di questi (altri rubini): ma anche talmente tanto supera tutti questi, quanto tutto il mondo supera il più piccolo rubino del mondo. 

Dunque, o benedettissimi figli di Maria, tornate dentro di voi e rispondete a me: Perché, se in un giorno qualsiasi, qualcuno di voi desse centocinquanta rubini a qualche predilettissima Regina, che lo ami come un figlio incomparabile; non dovreste sperare sempre e in ogni modo, di trovare benevolenza e amore presso questa Regina? Così è senza dubbio. 

Dunque poiché la Vergine gloriosa ama più voi che le offrite tali cose, che se tutte le creature del mondo fossero state trasformate in Regine amorevoli, e una qualsiasi vi amasse affettuosamente, come questo è presupposto. Poiché secondo Alberto Magno, la più piccola Carità di Maria è maggiore di tutta la carità del mondo, anzi anche dell’infinita amicizia naturale. 

Senza dubbio, dovete credere che voi riceverete cose maggiori e otterrete la grazia della sapienza, da questa Vergine sapientissima. 

Del resto scomparirebbero il diritto naturale, il diritto di carità, e il diritto della divina giustizia, regolatevi affermativamente, dal più piccolo al più grande. Poiché, se colui che ama di meno, secondo Boezio, concede tante cose buone, senza dubbio, chi ama di più, ne concederà cose maggiori. Dunque, sarete coronati centocinquanta volte nel presente, così come anche in futuro dalla corona della sapienza dei Rubini; nel Salterio Angelico ogni giorno salutate Maria. Perciò consegue che, per merito della virtù di queste quindici pietre preziose, Dio trasforma la roccia in lagune di acque.

La terza lode della Teologia, o chiarissimi Rettori e Dottori di questa alma facoltà e stella risplendente, sta nella terza distinzione del terzo libro, che dalla santificazione per mezzo della grazia di Maria Vergine e di Cristo, insegna a tutto il mondo ad offrire alla Vergine piena di grazia, la terza pietra della terza miniera, della Rupe della Salutazione Angelica.

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Coincide con una preziosissima Perla, quando si dice: “Grazia”

La ragione convincente di questa cosa è, secondo Isidoro, che la Perla è una pietra candida in una conchiglia marina, generata dalla rugiada celeste, senza la mescolanza di qualunque seme sparso: essa è potente contro le numerose infermità e si oppone a fulmini e a tuoni. Infatti la conchiglia quando è colpita dal fulmine, subisce un aborto, oppure quando è lesa dai tuoni, genera una pietra imperfetta, secondo Bartolomeo nel Libro della Natura. 

Così è poi, la Vergine Gloriosissima Maria. Poiché, secondo Girolamo, lei stessa è la conchiglia marina di questo mondo, che non dal seme maschile, ma dal mistico Spirito della gloria celeste, ha generato la perla Cristo, il quale ha curato le nostre infermità, anzi ci difende, sia contro i tuoni delle tentazioni, sia contro i fulmini di tutte le tentazioni e tribolazioni, secondo Bernardo.          Poiché veramente da tutti deve essere lodata Maria con l’offerta devota di questa perla Grazia: così si mostra. 

In primo luogo, perché ha in sé una grazia immensa, capace di spandersi in tutto il mondo, che protegge e che fa avanzare, secondo Alberto

In secondo luogo, poiché così qualsiasi offerente riceverà il centuplo, e così in qualsiasi giorno si arricchirà all’infinito. 

In terzo luogo, poiché preparerà per sé il Regno dei Cieli con ogni pietra preziosa, di cui una qualsiasi sarà maggiore di un intero Regno: come si può sapere dalla vita del Beato Tommaso Apostolo.

Ma forse non comprendendo questo, silenziosamente chiedi: quanto vale questa perla Grazia? Rispondo brevemente davanti a tutto il mondo: che vale tanto di più del paradiso terrestre, come il paradiso vale di più del pomo rubato di Eva. E se ciò è così, anzi è così, poiché, secondo Basilio, la minima parte del Regno di Cristo è maggiore di tutto il paradiso terrestre, perché questo (Regno di Dio) conduce al Cielo, ma quel paradiso condusse all’Inferno. 

Forse che, o carissimi, la Vergine gloriosa non gioirà molto per così grande offerta di doni? Allo stesso modo che, se al lupo o al leone o all’orso dessimo ogni giorno un piccolo nutrimento: senza dubbio, secondo Gerolamo, ci sarebbero affezionati. Quanto dunque ci amerà di più la Vergine Maria, per questa offerta del Salterio? 

A meno che (Maria) non fosse più aspra, anzi più crudele degli animali più terribili, sostenendo affermativamente dalla cosa maggiore alla minore. Poiché Lei ama qualsiasi salmodiante con il suo Salterio, più di quanto può fare tutto il mondo dei padri e delle madri, che abbiano un figlio unico, (che è sempre) tanto amato da qualsiasi genitore; di quanto mai una madre abbia amato di amore naturale il proprio figlio. 

Guardate dunque con cura queste cose, e, per avere la grazia, lodate Maria nel Salterio. Poiché quelli che così la lodano, diventano salvi dal più piccolo al più grande, come si può comprendere chiaramente dalla vita della Beata Caterina Martire.


La quarta lode della sacra Teologia, o dolcissimi servi di Maria Vergine, è quella che sta nella quarta distinzione del terzo libro delle Sentenze, vale a dire quella che riguarda la spiegazione più completa della perfettissima4 Incarnazione di Gesù Cristo, il cui seme è lo Spirito Santo; (questa lode) spiega che, tutto il mondo trova la quarta miniera preziosissima in questa Rupe della Salutazione Angelica, dalla quale ci insegna ad offrire la pietra Diaspro alla Vergine Maria, detta per mezzo del "Piena". Questa è la ragione: poiché il Diaspro, secondo Isidoro, è una pietra di colore verde, che consola la vista per il gradimento della sua bellezza, piena di tante virtù, per quante virgole e segni di interpunzione è segnata la punteggiatura.

4 Non è facile riportare la grande poesia del testo in una traduzione. Invitiamo i lettori a dare uno sguardo al testo originale, qui a fianco, circa la pienezza di Maria SS.

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Riesce anche ad allontanare tutti i cattivi umori del corpo, a dare allegria, a qualcuno procura amabilità e tranquillità, secondo Alberto Magno, e ciò è in modo ordinario, vero. Così ora la Beatissima e Pienissima, piena di Grazia, Vergine Maria è piaciuta agli occhi dell’altissima Trinità e di tutti gli Angeli. Anzi fu lo specchio di tutta la bellezza nel corpo, più bella di tutte le donne, molto di più di Giuditta, di Ester o di Sara, secondo Alberto. Ha avuto in sé tante virtù, quante potenzialità ha avuto, e quanti atti di opere hanno avuto i Santi. 

E ha rimosso, quanto bastava, tutte le malvagità del mondo, secondo Bernardo, e ha portato l’eterna gioia ai figli della dannazione, secondo Agostino. Giustamente dunque è piena, come il Diaspro, della grazia della bellezza, non solamente spirituale, ma anche corporale. 

E si conclude che, a ragione, deve essere da tutti lodata nel Salterio così degnamente: 

in primo luogo perché, secondo Seneca, le cose bellissime sono da lodare; 

in secondo luogo, poiché le cose che danno somma bellezza, devono essere amate e lodate da tutti, secondo Agostino. Di tal modo è la Vergine Maria, secondo il medesimo (Agostino), in un Sermone sulla Natività della Vergine Maria; 

in terzo luogo, perché donne bellissime, come Ester, Sara e Rebecca, sono lodate nella Sacra Pagina. Dunque molto più si deve lodare la Vergine Maria, perché, secondo Agostino, ciò che le altre donne hanno avuto nella distribuzione della bellezza, questa sola ha ed ha avuto, nell’intera bellezza.

    Ma forse osservando con ammirazione e rallegrandovi, chiedete. "Quanto vale questo Diaspro del "Piena", quando si vuole offrirlo devotamente?"

 A ciò con sicurezza davanti a tutta la Chiesa, rispondo che vale di più di tutte le opere naturali di Dio dei primi sette giorni. Ugualmente, che vale di più di tutti i nove ordini degli Angeli, quanto alla loro natura, e di tutto questo mondo materiale.                 Poiché questo Diaspro del Piena, è degno del Dio della gloria, non si riferiscono a Lei dunque, le cose dette dal Maestro, nel Secondo Libro delle Sentenze? 

Udite, per amor del Cielo, le cose che ho detto! Se questo è così, perché siete pigri, non volendo arricchirvi di tanti beni? Ognuno che vivrà così rilassato non si riterrà un insensato? 

C’è di più, prestate ascolto! 

Se dessi un solo ducato al giorno a un turco, o a un sultano: certamente mi sarebbe grato col la sua affabilità. Mentre invece do alla Vergine Maria all’infinito di più, quando nel suo Salterio le offro questo Diaspro del Piena: o Ella sarà ingiusta, o più crudele di un turco? Dire questo a Lei è proprio della follia, perché la Chiesa canta nel Salve Regina, che Lei mi darà la sua grazia. Poiché ama di più un suo Salmodiante, di quanto possano amare il proprio fratello tante sorelle, quanti sono i granelli di sabbia del mare: ammesso che qualcuna lo amasse tanto, quanto mai Tamara amò suo fratello Assalonne, il quale la vendicò intorno all’amore incestuoso. Poiché, secondo Gregorio Nazianzeno, il bene più piccolo della gloria di Dio nei Santi, è più grande del più grande bene di natura nelle cose create. 

Questa è la ragione, perché quello è degno di gloria, secondo il Santo Dottore, ma questo tuttavia è degno dell’esistenza naturale. Poiché dunque la ragione, il senso, la scienza, gli esempi, i segni, la legge, l’esperienza, e il desiderio del bene vi incoraggiano a lodare Maria, perché già non la salutate sempre nel Salterio, per avere ogni pienezza di gloria?

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La quinta lode della Teologia, o emeriti amanti della Sapienza, figli della nobilissima benigna madre di tutto il mondo, Maria Vergine: è quello che nella quinta distinzione del terzo libro delle Sentenze sulla necessità della Santissima Unione in Cristo, ci insegna a trovare la quinta miniera della Rupe teologica, cioè della Salutazione Angelica; da (questa miniera) ci esorta ad offrire alla così grande Sovrana Maria la quinta pietra, che è la pietra della nobiltà e della sovranità, la pietra che è detta Zaffiro e si prende quando si dice “il Signore è con te”

L’attribuzione certa di essa è questa. Poiché lo Zaffiro, secondo Alberto, Bartolomeo e il Lapidario, è una pietra di colore celeste, da porre sopra gli anelli dei Re, mediante la quale si davano i responsi da parte degli dei, e si rivelavano le cose occulte: secondo il Lapidario, capace di portare coraggio e di generare audacia

Tutte queste cose distinguono la nobiltà che Maria Vergine ebbe per somma eccellenza, secondo Ambrogio. Infatti, poiché è la Madre del Signore dei signori. Perciò deve essere ritenuta da tutti i fedeli di Cristo, la Signora del mondo. 

Ella infatti è posta sull’anello della fede cristiana; Ella intercedendo, continuerà ad assicurare la Redenzione del mondo; e per mezzo di Lei, sono rivelate numerosissime cose sul futuro. 

Essa sola, infatti secondo Agostino, rende gli animi degli uomini sicuri, audaci e potenti, in modo da non temere nessuno. Così dunque giustamente, come nobilissima Sovrana di tutto il mondo, le si deve offrire questo Zaffiro “Il Signore è con te”. La cui vera ragione, o bramosissimi ascoltatori, è questa. 

*In primo luogo, perché è la Madre del Signore dei Signori, e del Re dei Re. 

*In secondo luogo perché, con ogni diritto, siamo servi di Lei. 

*In terzo luogo, perché alle Sovrane del mondo, con ogni ragione, è dovuto onore da parte dei loro servi: perciò molto più la nobilissima Sovrana Maria deve essere onorata da noi, poiché è Signora, Madre di nobiltà, secondo Alberto, riguardo all’ Incarnazione.

Ma per caso, rapito dall’estasi della meraviglia, restando silenzioso, domandi: quanto vale questa pietra Zaffiro, Il Signore è con te? 

A ciò rispondo senza esitare. Valendo molto, e piacendo assai, (questa gemma) è propria della Vergine Maria, e in sé, è soprattutto nobile e vantaggiosa a tutta la Chiesa militante o trionfante, ed è più adeguata all’intera Trinità, di quanto, se tu dessi a Maria Vergine gloriosa tante miniere di zaffiri, così grandi, com’è la città di Parigi, e quante sono nel mondo le piccolissime pietre di ciascuna specie. Anzi è cosa più grande, offrire questo Zaffiro alla Vergine Maria, che offrire ora l’Arca di Noè, e salvare in essa la natura degli esseri viventi: poiché tale Arca è stata distrutta insieme a quelli che entrarono in essa, ma questo Zaffiro della sovranità giammai si corrompe, anzi, per mezzo di esso i servi di Maria Vergine, vivendo, esercitano la sovranità. 

Per quale motivo? 

Perché hanno dato a Maria Vergine in un giorno la nobiltà centocinquanta volte: dunque riceveranno il centuplo in questo modo, secondo quello che disse Gregorio: Servire Dio, è regnare con lui. Date e sarà dato a voi. E senza altro lo manifesta abbastanza chiaramente, perché la nobilissima Maria ama di più il più piccolo servo del suo Salterio, di quanto qualsiasi nobile duchessa o contessa o baronessa mai abbia amato un suo servo, o fino alla morte lo amerà.

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Di più, ponendo il caso in cui ci fossero tante signore che (ti) amano, e fossero tante, quante sono le foglie di tutte le erbe e di tutti gli alberi, trasformate dalla potenza divina in Signore e tue amanti, e ti amassero con tutta l’energia; questo così grande amore non sarebbe ugualmente splendido, quanto è l’amore di Maria Vergine, con cui lei ama te che la servi nel suo Salterio. 

    Perché questo è così? 

1. Perché non ami Colei che ama te con così grande amore, tu che talvolta sei preso da sì grande amore verso una misera donnicciola? E di nuovo. 

2. Perché non hai fiducia in così grande Signora, tu che ti affideresti con molta fiducia al potere di una delle Sovrane dette prima? 

3. Perché se soltanto dessi una pietra preziosa a un carnefice o a qualunque giudice o a qualsivoglia dei vassalli, tu potresti stare sicuro, perché se mai fossi preso da essi, in qualsiasi caso saresti rilasciato libero. Ma anzi ti preserverebbero da tutti gli oltraggi e da chiunque fa resistenza. 

Poiché dunque la Vergine Madre di Dio ti è all’infinito più amica e più grata per i benefici, certamente puoi sperare la salvezza per mezzo di quest’Angelica Salutazione. Se per caso non ti fossi persuaso (questo non avvenga!) che Ella sia più ingrata dei carnefici, Lei che è la piena di Grazia (Luca cap.1), e ama i peccatori, secondo Bernardo, più di quanto essi amano se stessi, poiché Lei è capace di un maggiore amore, secondo il Dottore Santo.

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II. CINQUANTINA.

(Da offrire) in dono: I. il Calcedonio della misericordia; II. lo Smeraldo del matrimonio; III. il Sardonico dell’onestà; IV. la Sardonice della felicità; V. il Crisolito del nutrimento.

O felicissimi servi della felicissima Vergine Maria Regina della misericordia, la sesta lode della Teologia, quella che sta nella sesta distinzione del terzo libro dell’Incarnazione sulla considerazione dei mali e la loro giusta riprovazione, e sulla misericordiosa asserzione della santa fede dell’Incarnazione, ci insegna a cercare la sesta miniera di questa Rupe dell’Angelica Salutazione, e ad offrire a suo vantaggio il Calcedonio della misericordia, cioè il “Benedetta”. Per ricevere da qui il centuplo nel presente e nel futuro, in cambio di qualunque dono del Salterio.

E questa è la ragione: poiché il Calcedonio è una pietra simile al Cristallo, luminoso come una lampada: che attira a sé le limature di rame, che fa vincere nelle cause e che mette in fuga i demoni, che libera coloro che sono posseduti da una forza avversa, secondo Alberto Magno e il Lapidario. La Vergine Maria poi, secondo Agostino, è l’Aurora, per intercessione della quale il Sole di Giustizia ci illumina, e che attrae a sé i peccatori, facendo sue le nostre infermità; Ella fa in modo che i peccatori commuovano la Giustizia divina, liberandoli dal potere dei demoni e restituendoli al proprio valore, secondo Bernardo. Perciò, giustamente si deve offrire alla stessa il Calcedonio della Misericordia, cioè il “Benedetta”. Poiché, secondo Anselmo, devotissimo discepolo della Vergine Maria, la Vergine Madre di Dio non solo è Benedetta, ma anche Benedettissima: Ella, infatti, portò a tutto il mondo la benedizione della misericordia, agli infermi la guarigione, ai morti la vita, ai peccatori la giustizia, ai prigionieri la redenzione, alla Chiesa la pace, ai cieli la gloria, in modo che non ci sia, chi si nasconde dal suo calore. E pressoché le medesime parole sulla Beatissima sono di Bernardo.

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Ma forse, per una maggiore comprensione, con la semplice mente, domandate: quanto vale da solo un Calcedonio, il “Benedetta”

2. A ciò rispondo con audacia e fedelmente. Vale più di tanti castelli di Calcedoni, per quante sono le gocce del mare, sarà come qualsiasi cosa che sia tanto grande, quanto la città di Roma. Anzi ancora è più grande di tutte queste cose, quanto qualsiasi castello è maggiore della sua più piccola pietra. 

O amatissimi, chiedo, forse che se donassi a ogni peccatore del mondo un solo castello simile, non mi amerebbe e non obbedirebbe alla mia volontà anche nelle cose più difficili? Evidentemente, se gli dessi un qualsiasi giorno, una così notevole gratificazione: così è, senza dubbio. 

Di più: quando mai, la Regina della Misericordia, sorgente e radice della clemenza, fondamento e principio della pietà intima, sarà più indurita di un piccolo ramo o di un tralcio che prende la linfa dalla radice dell’albero, i quali alla medesima (radice) per poco tempo sono legati? 

Si dovrà mai diffidare della clemenza di così grande Vergine? Non sia mai, perchè chi partecipa, non è più grande di chi è reso partecipe, né la cosa iniziata, (è più grande) del (suo) principio, né la cosa derivata dell’origine, secondo Dionigi l’Areopagita e Boezio. Certamente dunque avrete la clemenza della Vergine, se le offrirete questa piccolissima Salutazione del Salterio

Ma perché si rinforzi di più questa medesima cosa, essa ama di più un solo salmodiante in questo Salterio, di quanto possano fare tante donne amiche, quante sono le scintille del fuoco. Sia pure che una qualsiasi ama tanto, quanto mai Erodiade avrebbe amato Erode (il sepolcro di questi due amanti si dice che sia a Lione in Francia), ancora di più certamente Maria ama il suo Salmodiante. Poiché, secondo Crisostomo, (commentando il Vangelo di) Matteo: la minima grazia di Dio è più grande di tutta la natura, anche se fosse aumentata infinite volte. Voi che dunque volete arricchirvi e ricevere la misericordia nel presente e la gloria nel futuro, con cura offrite alla Vergine Maria ogni giorno questo Salterio.

La settima lode della Sacra Pagina, o Professori gloriosissimi per sapienza, è quello che, nella settima distinzione del terzo libro delle Sentenze, intorno all’essere e al divenire di Cristo dentro la Vergine Maria, Sposa di Dio Padre, ci insegna ad offrire alla medesima Regina del Santo Matrimonio, la settima pietra preziosa della settima miniera di questa Rupe della Salutazione Angelica, cioè lo Smeraldo, quando si dice “Tu”

La ragione di questa cosa è così: poiché lo Smeraldo, secondo Isidoro e Dioscoro e Alberto, ottiene il primato delle gemme verdi, ed ha un corpo speculare e genera un raggio che colora di verde tutte le cose vicine, ed è suscettibile di riproduzioni, tanto che una volta l’Imperatore guardava i lottatori in uno Smeraldo. E di più, provoca la gioia, col mettere in fuga la tristezza, e si dava alla Sposa Reale, una volta, sull’anello dello Sposalizio. 

Tutte queste cose molto perfettamente si adattano alla Vergine Maria. 

Infatti essa è il Tu, che è un pronome posto vicino al verbo di seconda persona; e dimostra e riporta. Poiché, secondo Alberto, la Vergine Maria emise il figlio di Dio, dopo averlo portato dentro di sé per nove mesi nel suo ventre: ci ha fatto comprendere che il figlio di Dio, che prima è stato invisibile, ora è visibile, rimettendo ora a lei, tanto quanto ad una propria Avvocata, le nostre necessità. Oltre a ciò è stata colorata del color verde di tutte le virtù, nella quale, come in uno specchio, risplendette tutta la Trinità, secondo Bernardo, e con il raggio di suo Figlio, il Signore Nostro Gesù Cristo, per mezzo della fede, nel Battesimo, colora tutto il mondo, vestendolo di una veste nuziale, allontanando la tristezza, per mezzo della gioia dello Spirito Santo, la quale, Ella ebbe, quando si sposò col Padre, il sommo Re dei Re, da cui generò Cristo Gesù, per la Redenzione del mondo.

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Ma forse, di buon grado, domandi: quanto vale questo Smeraldo del Matrimonio, il “Tu”? 

A ciò rispondo brevemente. Vale di più di tutti i monti del mondo, anche se fossero di oro; anzi molto di più, di quanto, tutti i monti insieme, sono di più del monte più piccolo. E più ancora, poiché secondo il Dottore Santo, i meriti della grazia superano il bene di tutta la natura. 

O dunque voi, che amate le ricchezze: perché non venite qui, nell’immensa abbondanza dei beni? 

Voi che amate la dignità, perché non vi avvicinate alla tanto nobile Maria, Principessa di ogni dignità? 

Voi che desiderate la libertà, perché rimanete fermi, dal momento che dei pericoli vi minacciano? 

Vedete dietro, oppure no, la morte che vibra un giavellotto sopra di voi? 

Fuggite dunque al più presto, verso il Salterio del Matrimonio, vale a dire, la Salutazione Angelica. Vi prego di non diffidare mai della salvezza, perché se si dessero donazioni all’anticristo, egli innalzerebbe i donatori secondo i loro desideri. Confidate dunque in Maria. Perché se un cattivissimo fa del bene a quelli che danno a lui, secondo Agostino, Maria porterà beni più grandi, a quelli che le offrono doni. E così avrete una corona (di gloria) infinite volte aumentata dagli Smeraldi Angelici.

L’ottava lode della Teologia, onorevolissimi Signori, è quella che nell’ottava distinzione del libro terzo delle Sentenze, riguardo alla Nascita Verginale del Figlio di Dio da una donna, la Vergine Maria, ci insegna ad offrire alla medesima Regina delle Vergini, l’ottava pietra dell’ottava miniera della Rupe della Salutazione Angelica, che è la pietra Sardonico, cioè dell’onestà, quando si dice, “Tra le donne”. La cui ragione è pronta. Poiché, secondo Isidoro e Alberto, il Sardonico è di un triplice colore, cioè nero, rosso e bianco: non attirando per nulla la cera, quando con esso si fanno i sigilli, e si mette in fuga la lussuria, si rende l’uomo umile e pudico, onesto e molto grato. // E tutte queste cose, secondo Agostino, devono convenirsi alle donne, e chiaramente alle Vergini, delle quali Imperatrice e Regina è la Vergine Maria, la quale è stata di triplice colore, nero nell’Umiltà; rosso nella Passione di Cristo; e bianco nella Grazia e nella Gloria: ed è il sigillo della Trinità, con cui, secondo Bernardo, i peccatori, contrassegnati con il sigillo, entrano nel Regno dei Cieli, avendo la lettera sigillata sulla remissione di ogni offesa; ed Ella rende, secondo Agostino, coloro che la servono, casti, umili, pudichi, onesti davanti a Dio e al mondo, poiché non è possibile essere di continuo presso il fuoco e non scaldarsi, e presso una sorgente d’acque e non bagnarsi, o nell’orto degli aromi e non cospargersi di odori. Queste cose egli disse.

*Ma forse domandi:  Quanto vale questo Sardonico dell’onestà, cioè “Tra le donne”? A ciò rispondo subito. 

-Val di più dell’offerta di Abramo, Isacco e Giacobbe, che sono piaciuti moltissimo a Dio. Poiché con questa Salutazione Angelica, nel mondo è iniziata la Redenzione, invece con la propria offerta, i Santi Padri si acquistarono dei singolari benefici, secondo il Dottore Santo. 

Anzi, dirò, che vale di più della scala di Giacobbe. Lei varrà quanto (se ci fossero!) tante scale d’oro e d’argento, quante sono nel mondo i fili di paglia, affinché, meritatamente, per questa scala, meglio che per la scala di Giacobbe, si salga in Cielo, poiché quella fu una figura: questa Angelica, invece, è piena di verità.

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Dunque, o molto Onorevoli Signori, ora rivolgiamo lo sguardo a quanto è grande la stoltezza degli uomini, essi che hanno tanti beni così congiunti a sé, così tanto agevoli e utili, che essi tuttavia disprezzano nel sommo pericolo. 

Chi mai, se vedesse un lupo che viene, o un nemico che invade, o un fiume che straripa, non vorrebbe arrampicarsi su una scala? Perché, dunque, non salite questa scala dell’onestà, confidando in Lei? Dal momento che, se donaste soltanto una sola pietra in un anno qualsiasi, in omaggio al diavolo, spesso verrebbe in aiuto ai vostri desideri, e quanto più largamente voi (gliene) deste, tanto più facilmente, più prontamente e abbondantemente vi verrebbe in aiuto: come è evidente nelle arti magiche, per avervi alla fine con sé. Per cui, allora, non sarà di più, la Vergine Maria (che è la Regina della bontà), che ci verrà in aiuto nelle preghiere nel presente, e vi condurrà con sé nel futuro, con maggiori cose all’infinito, come ella manifestò, se noi le offriamo doni in questo Salterio? /A meno che non dicessimo per caso, che il diavolo sarebbe più benigno della Vergine Maria, affermazione che è ritenuta da tutta la Chiesa come assai eretica. / E non c’è da meravigliarsi, o carissimi: poiché lei solo ama di più qualsiasi suo salmodiante, di quanto tutti i demoni dell’Inferno, prendendoli come esempio, amino qualsiasi cosa piacevole del mondo, e persino se, in nessun modo, essi volessero privarsi di una cosa così piacevole. Dunque molto più la Vergine Maria a ragione non potrà privarsi del suo salmodiante, e gli concederà la salvezza. 

Questo esplicitamente, il Padre (della Chiesa) Agostino (afferma) nei detti, poiché la più piccola parte del Regno dei Cieli, e più grande di tutto il Regno dell’Inferno. O voi tutti dunque, se volete arricchirvi di Sardonici all’infinito, ed essere coronati da quelli, per avere la grazia dell’onestà, salutate la Vergine Maria in questo Salterio, poiché è Regina di somma onestà, possedendo in se stessa l’onestà, ed è capace di diffonderla, dirigerla e conservarla in tutta la Chiesa.


La nona lode della Teologia, è quella che nella nona distinzione del terzo libro delle Sentenze riguarda la benedettissima adorazione che si deve al figlio di Dio; impariamo ad offrire alla Regina dell’onore e della gloria, la nona pietra della benedizione e di ogni prosperità, dalla nona miniera di questa benigna Rupe dell’Angelica Salutazione, che è detta: Sardonice, e si tocca quando si dice: “E Benedetto”

La cui ragione è così disposta: poiché la Sardonice, secondo Isidoro e Alberto Magno sulla natura delle pietre, è di color rosso o sanguigno, come una terra rossa, che impedisce la malizia del colore dell’onice, rimovendo la paura, la malinconia e la tristezza, portando gioia, gaudio e coraggio, restituendo la calma dalle illusioni, e dando prosperità contro le avversità imminenti, secondo il Lapidario, e questo costantemente. 

Allo stesso modo, poi, si estendono alla Benedizione prospera di Dio, che la Vergine Maria ebbe su di sé. Poiché la stessa è stata di color rosso nella Passione, secondo la profezia di Simeone. 

E ha impedito la malizia del colore dell’onice, cioè del diavolo, che mette dentro l’uomo i terrori e le paure della disperazione, secondo Origene; 

e porta allegria, gioia e coraggio ai suoi combattenti, secondo Bernardo, rinforzandoli lietamente con il latte della consolazione. 

Promette anche ai suoi la sicurezza contro le illusioni degli errori, contro l’eresia e contro l’inganno del mondo, il quale mondo è tutto pieno, secondo Crisostomo, di illusioni.

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Né senza merito, poiché 

questa Vergine generò il figlio Benedetto di Dio, il Signore di ogni prosperità. 

Per la qual ragione, la stessa Vergine Maria è Regina della prosperità, secondo Anselmo, distribuendo le avversità o la prosperità come vuole. 

L’argomento per cui deve essere così onorata è, che Ella è l’Imperatrice della prosperità, la quale naturalmente tutti desiderano, secondo Seneca e Tulliano, e onorano secondo le forze, come è manifesto nei poteri, nelle arti e nelle scienze, così ecc.

Ma forse volete sapere: quanto vale questa pietra Sardonice? Rispondo a questo. 

Vale di più del Tabernacolo di Mosè, realizzato nel deserto, anzi supera quello più, di quanto questo Tabernacolo superava la più piccola pelle di capra, che velava il Tabernacolo. E inoltre: poiché, secondo il Dottore Santo, le cose che sono divine superano sproporzionatamente le cose corporee. 

A buon diritto dunque, da tutti, la Vergine Maria deve essere lodata così. E non sarà incurante del dono ricevuto, poiché Dio non fu incurante del Tabernacolo. Né in verità un tiranno crudele, né un ferocissimo Daciano, ovvero consimili dei, sarebbero immemori di quelli, che ogni giorno offrissero a loro tali Tabernacoli; molto meno immemore, dunque, di questo così grande dono ricevuto, sarà la così amorevole Vergine Madre di Dio. Perché Ella ama qualsiasi suo salmodiante, più di quanto qualunque maestra abbia mai amato un suo discepolo. Anzi se tutte le donne del mondo fossero tue maestre, amandoti in modo singolare, per quanto la sibilla amò qualche discepolo, il che sarebbe gran cosa, ancora di più essa, la clementissima Maria ama te, che reciti così a lei il Salmo nel suo Salterio. Più di quanto le cose, prese tutte insieme, sono più di una sola cosa: poiché, secondo Alberto Magno riguardo al primo libro delle Sentenze: L’amore di natura non oltrepassa la natura; una minima dolcezza, invece, della gloria, tocca l’essenza divina, che è infinita

E il medesimo ragionamento è del Dottore Santo. Ma nessuna di queste maestre vorrebbe che tu soffra disgrazia, anzi, vorrebbe che tu abbia prosperità: quindi dal più piccolo al più grande certamente, molto di più, tutte le cose prospere e salutari, la Vergine gloriosa otterrà sicuramente al suo salmodiante col suo Salterio. Abbi fiducia dunque, o salmodiante della Vergine Maria, poiché la dottrina, la scienza, l’intelligenza, l’esperienza, la fede, la speranza, la carità e la giustizia, per te combatteranno e otterranno la vittoria; perché tu abbia, se sarai perseverante, tutte le cose salubri e prospere; intercedendo sempre per te la Vergine Maria, alla quale servi nella Salutazione Angelica.


La decima esimia lode della Teologia, o carissimi lodatori e oratori della Vergine Maria Regina del Cielo, è quella che nella decima distinzione del terzo libro, riguarda la feconda personalità, la figliolanza e il disegno prestabilito del frutto della Vergine, e insegna a noi ad offrire la decima pietra preziosa, dalla decima miniera di questa altissima Rupe della Salutazione Angelica, alla medesima Vergine, gloriosa nutrice universale di tutto il mondo, affinché ci nutriamo di tutti i frutti per mezzo di lei, e questa pietra è detta Crisolito, e si tocca quando si dice “Frutto”. E di essa è chiara questa esposizione. Poiché, secondo Isidoro e Dioscuro ed altri espertissimi esperti di pietre, Il Crisolito è luminoso di giorno come l’oro, emanante di notte scintille. Perciò, si dice “Chrysis”, perché è oro.

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Anche allontana i demoni, scaccia i timori notturni, respinge la malinconia, rende audaci e imperterriti nelle avversità; e consola la mente, mutando le fantasie in cose migliori, poiché tutte le cose apportano un certo nutrimento dell’uomo, e una consolazione, perché avviene per mezzo del frutto. Perché, a ragione è detto crisolito il frutto della Vergine Maria, poiché essa di giorno brilla come l’oro per la sapienza, che lei generò per il mondo, secondo Agostino, e di notte emette scintille di fuoco, infiammando i peccatori con le profondità del suo amore, secondo Bernardo, allontanando i demoni e respingendo i timori notturni e la malinconia, poiché schiacciò la testa del serpente e la potenza di lui, secondo Girolamo. E conforta la mente, propagando la scienza umana e divina, e la fede individuale, secondo Agostino, portando ai fedeli, come un’ottima nutrice, il suo frutto, cioè il Signore e figlio Gesù Cristo, ponendo sulla mensa della Chiesa, il pane del Corpo di suo Figlio in cibo, e il sangue di lui in bevanda, con i quali si è ristorati, e infine si è condotti al convivio degli Angeli. Chi vuole avere cento volte in più tali topazi, e prendere il frutto eterno e ristorare la mente e il corpo in tutti i benefici di Dio, ogni giorno offra alla Vergine Maria questo Crisolito della Trinità, cioè il Frutto.

Ma forse vorresti sapere di quale valore è la pietra Crisolito offerto a Maria Vergine, quando le dici “Frutto”? A ciò rispondo con la massima sicurezza. Vale di più di tutto il Regno e del Tempio di Salomone, di quanto un intero regno è maggiore di una piccola pietra, o trave di quel regno, e di più: poiché, secondo Origene in un’omelia, ciò che è ritenuta la parte più piccola della grazia di Dio, è superiore alla cosa più grande di questo mondo caduco. La cui ragione è stata sufficientemente descritta più sopra. Giustamente dunque, così si deve lodare la gloriosa Vergine Maria. Il cui argomento è assai evidente: poiché ogni nutrice naturale, morale e divina, si deve giustamente lodare con ogni diritto, da parte dei suoi nutriti. Perché se la Vergine Maria sarà stata lodata con l’offerta di questa pietra, non sarà ingrata. Poiché se la morte avesse tanti doni naturali da parte dei viventi, quanti ne offriamo alla Vergine Maria, quando diciamo “Frutto”, giammai la morte annienterebbe più alcun uomo. O dunque la Vergine Maria sarà più crudele della morte, cosa che non è da dire, o piuttosto condurrà alla vita i suoi Salmodianti? La cui prova è evidentissima: poiché, secondo Bernardo, all’infinito ama di più ciascuno di noi, tanto quanto ciascun vivente ama più di se stesso, una moglie assai prediletta. Ma nessuno vuole a se stesso del male, anzi ogni bene: dunque, in quanto superiore, la Vergine Maria dona a noi il frutto e ogni bene, allontanando qualsiasi male.


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III. CINQUANTINA

Da offrire in dono: I. Il Berillio della maternità di Dio; II. Il Topazio per accumulare ricchezze; III. il Crisopasso della Salvezza; IV. il Giacinto della Medicina; V. l’Ametista della Verità.

L’undicesima degnissima lode della Teologia, o lodevoli discepoli della Vergine Maria, è quella che nell’undicesima distinzione del terzo libro, riguarda la generazione di Cristo, secondo la natura assunta nel Ventre Verginale della Madre di Dio; (questa lode) molto lodevolmente ci insegna il dovere di offrire a lei l’undicesima preziosissima pietra, dalla undicesima miniera di questa felicissima Rupe dell’Angelica Salutazione, che è detta Berillio, e si prende quando le offriamo “Seno”.

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La cui ragione è subito manifesta, poiché, secondo Alberto, Bartolomeo e Avicenna, il Berillio è una pietra color indaco e verde, che soltanto in base alla forma dei sei angoli, brilla della luce del sole. Avendo dieci principi: ha efficacia contro i pericoli dei nemici, rende invincibili contro le liti, infiamma la mano di chi la porta se si pone di fronte al sole, magnifica l’uomo e predilige l’amore coniugale, donando una capacità fecondativa. E tutte queste sono contenute in modo molto eccellente col nome “Seno” nella gloriosa Vergine Maria. Poiché la Vergine Maria è la pietra indaco dell’Oriente; poiché fu tutta di Dio, secondo Ambrogio. E’ verde, perché tutte le sue opere, senza la morte del peccato, sono sempiterne, secondo Agostino. Brilla secondo la forma dei sei angoli, perché nella stessa furono ospitate cose mirabilissime, cioè il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, la carne e l’anima di Cristo, insieme con la grazia e la gloria infinita: dai quali la Vergine Maria ha avuto uno splendore immenso, anzi, anche infinito, secondo il Dottore Santo: protegge anche contro i pericoli dei nemici, tanto visibili, quanto invisibili, poiché, secondo Agostino, essa è Signora delle guerre. E rende invincibili contro le liti, portando la vera pazienza agli oltraggiati, secondo Bernardo. Infiamma anche la mano di chi la porta, perché rende tutte le nostre opere infuocate, secondo il cluniacense Sant’Odilione. Ed essa è stata magnificata in tale Concepimento (di Gesù), al di sopra di ogni creatura, secondo il Dottore Santo. In modo che Dio non potesse fare in modo che una creatura naturale fosse maggiore della Madre di Dio, e ha amato l’amore coniugale, non carnale, ma divino, poiché è stata proprio la Sposa di Dio Padre, dal quale ricevette una fecondità infinita, con la quale poté generare l’infinito Figlio di Dio, e così fu Madre di Dio. Meritatamente dunque a Lei si deve offrire il berillio della Maternità di Dio, poiché del “Seno”. E da tutti giustamente deve essere sempre così onorata. La cui ragione è breve, poiché la Madre del Re dei Re è degnissima, con ogni diritto, di essere onorata da tutti, come attesta Bernardo.

Ma forse dubiti. Quanto vale questo Berillo del “Seno”? Rispondo. Giova di più a te, di quanto se in un giorno qualsiasi si desse a te l’Impero Romano, che in nessun modo tu vorresti abbandonare. Molto meno, dunque, dovresti abbandonare il Regno e l’Impero del Salterio della Vergine Maria. Poiché, secondo Agostino, la più piccola parte delle cose invisibili, non si può paragonare con la più grande delle cose visibili. Loda dunque la lodabilissima Maria nel suo Salterio, infatti non ti sarà ingrata. Se infatti la terra irragionevole, ricevendo un solo seme, restituisce il centuplo, allo stesso modo la Vergine Maria, che è la terra della Trinità, riceve il seme del tuo Salterio, senza che ti restituisca il centuplo? Se non per caso (ciò mai sia!) si dicesse che la terra è più feconda della Vergine Maria. Di cui è chiara questa affermazione. Poiché come la stessa Maria Vergine, nostra Signora, ha rivelato tante volte: tanto ama qualsiasi peccatore che la serve, così come lei stessa, per quanto dipende da lei, vorrebbe abbandonare la sua gloria fino alla fine del mondo, e per lo stesso fare penitenza in questo secolo, dico, presente, prima che egli si dannasse.

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Questa è una cosa meravigliosa a dirsi, ma tuttavia consona alla fede; poiché ama tanto l’onore di Dio, che vorrebbe in ogni modo impedire il peccato, per quanto dipende da lei, poiché è in opposizione alla riverenza di Dio: come può essere manifesto per la regola contraria. Se dunque volete averla come madre e godere per diritto dell’eredità dei figli, offrite il berillio della Maternità alla divina Maria, salmodiando ogni giorno con il suo Salterio.

La dodicesima ammirabile lode della Teologia, o meravigliosi zelanti della Teologia, è quella che nella dodicesima distinzione del terzo libro, riguarda i quattro limiti umani comuni che ebbe Cristo; (questa lode) insegna ad offrire a Maria Vergine, tesoriera di tutte le ricchezze della Trinità divina, la dodicesima pietra preziosa della dodicesima miniera di questa divinissima Rupe della Salutazione Angelica, cioè il Topazio, che è la pietra per accumulare ricchezze, la quale si prende quando offriamo alla Madre di Dio, il “Tuo”: la cui luminosissima ragione è evidente: poiché secondo Isidoro, Il Topazio è una pietra aurea e di colore celeste, diverso nelle forme e nelle sembianze, del quale niente di più eccellente è stato conservato nei tesori dei Re, e segue il corso della luna per quanto concerne le (fasi della) luminosità e dell’oscurità: ha influenza sui dolori di testa, è potente contro la suscettibilità volubile, e impedisce la morte improvvisa. Affinché giustamente, per mezzo del pronome possessivo “Tuo” sia dato di capire un così grande bene, il quale sommamente si adatta alla Madre di Dio. Infatti essa fu del colore del Cielo, poiché è stata celestiale per il genere di vita, secondo Bernardo, ed aurea per l’esempio del vivere bene, come attesta Girolamo. Essa possedette nell’Arca nobilissima del suo Ventre verginale tutti i tesori, (vale a dire) il Figlio di Dio Padre, nel quale sono stati nascosti tutti i tesori di sapienza e di scienza, secondo l’Apostolo. Segue il corso della luna, rassomigliandole, colei che riproduce l’imperfetta Chiesa militante, adattandosi ad essa, facendo proprie le cose buone e le miserie di essa in presenza di Dio, proprio come un’amorevolissima Avvocata, secondo Bernardo. Ella, poi, domina gli umori, ponendo un freno alla lussuria e alla gola: poiché è lo specchio di ogni astinenza e di ogni continenza, secondo Ambrogio. Allontana la suscettibilità volubile, perché da fatui, rozzi e semplici, secondo Bernardo, sa fare dei sapientissimi e dei dottissimi. E impedisce la morte improvvisa: poiché libera dalla cattiva morte, poiché è la Regina della vita, secondo Fulgenzio. Meritatamente, dunque, tutti devono lodare una così grande tesoriera con questa pietra, il Topazio, “Tuo”. La cui ragione è brevissima. Poiché ogni tesoriera, capace di dividere infinitamente e di distribuire tutti i beni di lei e dei suoi, deve essere onorata come eccelsa da tutti, poiché da Lei si ricevono i più grandi beni. E ciascuno, in un giorno qualsiasi, per centocinquanta volte, dalla Vergine Maria riceve beni divini, e cioè nelle cinque potenze esteriori, che sono la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e il tatto; e nelle cinque potenze interiori, che sono il senso comune, immaginazione, fantasia, valutazione, memoria; e nelle cinque potenze superiori, cioè nell’intelletto, nella volontà, nel desiderio concupiscibile, nell’irascibilità e nella potenza mobile. Maria Vergine ora dirige ciascuna di queste potenze secondo i Dieci Comandamenti di Dio, per quanto dipende da lei, e così sono, per quindici volte, dieci, i beni, cioè centocinquanta.

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Ma forse desideri sapere quanto vale questo Topazio per accumulare ricchezze “Tuo”? A questo rispondo. Vale più, di quanto i sapienti di tutto il mondo possano sapere, pensare o dire. Infatti tutte le memorie del mondo, paragonate a questa pietra Topazio, non sono nulla, se non fango. Poiché secondo Girolamo, le cose che qui sono molto preziose, paragonate con le cose celesti, sono molto disprezzabili e molto abominevoli. Se, dunque, tu vuoi essere reso ricco, tanto nei beni mondani quanto in quelli divini, perché in un giorno qualsiasi non acquisti per te centocinquanta topazi così eccellenti, come si è detto? Non crederai, spero, che Maria sarebbe ingrata, dopo aver ricevuto da te ogni giorno tanti beni. Poiché se la natura desse in qualche modo soltanto affidasse le pecore agli animali rapaci, ai lupi, cioè, e ai leoni, giammai i lupi divorerebbero le pecore, né lo sparviero le colombe, né il leone i cervi, ma tutte le cose sarebbero in amicizia tra loro. O dunque Maria, fonte di pietà, sarà più feroce della natura, disprezzando i doni del cielo (questo sia lontano da tanto pia Signora), oppure darà pace e abbondanza di beni? Il cui argomento è abbastanza chiaro: poiché essa ama per diritto naturale, divino e umano, proprio come una madre, un suo qualsiasi salmodiante, più di quanto questo mondo corporeo possa credere o dire, come ha rivelato diverse volte la stessa amorevole Vergine Maria. Poiché Ella è anche soggetta al diritto naturale, più di qualsiasi essere vivente. E il diritto naturale è che ciascuno deve fare agli altri, ciò che vorrebbe fosse fatto a se stesso, e non fare mai ad un altro, ciò che non vorrebbe fosse fatto a se stesso. Ma se Lei stessa fosse qui presente, vorrebbe aiutarvi a possedere le realtà celesti con tutte le forze, e le sue preghiere sono ascoltate, e ci libera da ogni male, specialmente da quello della dannazione; dunque, per diritto naturale deve senz’altro salvare quelli, che, ogni giorno, sono soliti salutarla così nel suo Salterio e liberare completamente da ogni male che può ostacolare la salvezza.

La tredicesima nobilissima lode della Teologia, o nobili cultori della sacra Teologia, è quella che nella tredicesima divisione del terzo libro, riguarda la triplice grazia salvatrice di tutto il mondo; (questa lode) insegna a tutti gli adoratori di Cristo il dovere di prendere la tredicesima pietra preziosissima di questa miniera della Rupe celeste della Salutazione Angelica, e il dovere di offrire questa pietra che è detta Crisopasso, assai devotamente alla Vergine Maria, Regina della Salutazione dei fedeli. E si tocca qui “Gesù”, la cui ragione è: poiché secondo Alberto Magno e il Lapidario, questa pietra è infuocata di notte e aurea di giorno; che salva dai timori, dagli errori e dalle angustie, che rende il cuore luminoso e ordinato. E tutte queste cose sono interamente prodotte dal nome devotissimo di “Gesù”. Poiché Gesù è interpretato da Girolamo, come il Salvatore che di notte è infuocato, poiché nella notte della tribolazione della sua Passione infiammò, secondo Ambrogio, le cose terrene, e allo stesso tempo quelle infernali e celesti con il fuoco dell’Amor di Dio. Ma di giorno fu l’oro della resurrezione, che splende al di sopra del sole. Egli salvò dai timori, dai terrori e dalle angustie della dannazione il mondo, secondo Basilio, e nel Santo giorno di Pentecoste, secondo la fede Cattolica, illuminò il cuore dei fedeli e il cuore dei peccatori, secondo Bernardo, da lungo tempo portatore di morte e macchiato, restituì con la sua Passione sano e salvo.

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Secondo giustizia dunque (poiché la Vergine gloriosa è la Madre di Gesù), Ella è Madre della redenzione, è Signora della salvezza e Regina della liberazione, secondo Massimo in un Sermone. Perciò da tutti, con ogni diritto, la Vergine Maria deve essere lodata nel Beato Salterio della salvezza; e la ragione di ciò si può ritenere assai conosciuta, poiché ogni Regina di salvezza deve essere lodata degnamente da tutti, per quel che riguarda la natura, la condotta e la fama, e deve essere onorata dell’onore della salvezza: questa dunque è la Vergine Maria, quindi etc. E’ confermato per mezzo del Profeta, poiché ai grandi e ai benefattori, gli onori sono dovuti con ogni diritto.

Ma forse tu ignori il valore di questo Crisopasso “Gesù”. E’ assai vergognoso che un fedele non sappia questa cosa, anzi anche assai rischioso. Perciò, chiedi quanto vale? A ciò rispondo. Allora vale di più, di quanto potrebbero valere tutte le sabbie del mare e le creature del mondo se fossero mutate in mondi uguali o più grandi di questo mondo. Anche se fossero celestiali o aurei. Poiché “Gesù” vale tanto, per quanto è grande, perché il valore della cosa è valutato dal suo essere, secondo il Profeta. Gesù dunque è Essere infinito nell’esistenza, quindi ha un valore infinito nell’esistenza. Né penserai che l’amorevolissima Vergine Maria per una tale pietra, a lei offerta, ti sarebbe ingrata: perché, se un piccolo fuoco può consumare un grandissimo monte o una città, molto di più questo fuoco infinito di Gesù (poiché Gesù, nostro Dio, è il fuoco che consuma), potrà infiammare la Vergine gloriosa per la nostra salvezza, gloria e amore. Se non si dicesse (ciò non sia mai!), che possa più un piccolo fuoco su un monte, che Gesù su Maria. Ed si afferma di più. Poiché la stessa ama tanto un qualsiasi suo salmodiante in questo Salterio, da voler piuttosto soffrire di più le pene di tutte le cose, per quanto dipende da lei (come rivelò in modo certo), che lasciarlo dannare. E questa è la ragione di questa cosa. Poiché lei stessa, secondo il mandato di Dio, ama chi è a lei vicino nella vita presente con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e l’energia, come se stessa, altrimenti infrangerebbe il comandamento divino della carità, che solo in Cielo è perfettamente completo, secondo Bernardo. O dunque voi tutti, così prediletti dalla Vergine Maria, così amati da lei, perché non la amate? E se l’amate, perché non vi curate di lei, così a lungo, e trascurate di servirla nel suo Salterio, per voi di salvezza? Voi amate colui che predilige la più piccola cosa mondana e disdegnate una tale Signora, tanto bella, tanto piacevole e smisuratamente generosa, e che vi ama all’infinito? Vedete o no che forse domani (ciò non sia mai!), voi stramazzerete indietro a motivo della morte, perché non sapete né il giorno né l’ora. Allora più prontamente servitela in questo Salterio, affinché abbiate ogni giorno centocinquanta Crisopassi per voi e per i vivi, e, altrettanti saluti e altrettante salvezze per i defunti, per giungere così incoronati alle Gerarchie celesti. Amen.

La quattordicesima ottima lode della Teologia, o ottimi seguaci della Pagina Sacra, è quello che nella quattordicesima distinzione del terzo libro delle sentenze, la quale riguarda la sapienza e potenza di Cristo, con le quali, Cristo unse il mondo e sanò ciò che era ferito; (questa lode) insegna a tutti a prendere la quattordicesima pietra preziosa, dalla quattordicesima miniera di questa Rupe dell’onnipotentissima Salutazione Angelica, e ad offrirla alla Vergine Maria, Regina e Signora di tutti i rimedi del mondo, la cui pietra è detta Giacinto.

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Ed esso si prende quando si aggiunge “Cristo”, a differenza di certi grandi uomini, che per lungo tempo sono stati chiamati con il nome di Gesù. Esso poi, secondo Isidoro e Alberto, cambia secondo l’aria, così se l’aria è limpida, è limpido, se luminosa, luminoso, se oscura, oscuro e nuvoloso: che porta gioia quando il cielo è nuvoloso, che allontana la pestilenza dell’aria: e conforta le membra e respinge i veleni, sui quali acquista il massimo valore del rimedio. E tutte queste cose, in modo assai bastevole, sono apportate da questo nome “Cristo”, che, secondo Remigio, è detto in equivalenza ad “Unto”5, perché è Unto per grazia della Divinità, e conferisce l’unzione dei Sacramenti, secondo Girolamo, alla sua Sposa, che è la Chiesa militante, secondo il Cantico dei Cantici. 1. Trascinami dietro di te, corriamo insieme, in direzione dell’odore dei tuoi unguenti. Da questa cosa appare manifestamente, che queste cose massimamente si adattano alla Vergine Maria, che è la Madre di tali unzioni, se non altro a motivo del Figlio. Infatti essa si muove per scambiare oro, per unire la misericordia con la nostra fragilità, secondo Agostino. E Lei porta la gioia della contemplazione e della devozione verso (Cristo), poiché contempla gli eventi della Divinità, dell’Incarnazione e della Passione di Cristo. E respinge le pestilenze della lussuria, della bestemmia e delle detrazioni, da cui anche quest’aria è guastata; e conforta le membra, cioè le potenze naturali di coloro che la servono, secondo Bernardo, col dare a loro un ingegno valido, solida memoria, sano intelletto e un senso acuto. Anzi allontana i veleni, secondo Agostino, perché schiaccia la testa dell’antico serpente in ogni genere di peccato, per essere, a ragione, sorgente di tutti i rimedi, e Signora che guarisce tutte le nostre infermità. Giustamente dunque, una sì grande Signora, da tutti deve essere lodata nel Salterio ogni giorno. In primo luogo, perché si devono onorare i medici, secondo i Sapienti. In secondo luogo, perché tutti siamo malati. In terzo luogo, perché gli uomini, se alcuni sono sani, non sono capaci di perseverare, senza l’aiuto di così grande medico. Lodatela, dunque, tutti in questo Salterio, perché porta centocinquanta rimedi con sé contro le centocinquanta malattie umane.

Ma forse dirai: questa pietra Giacinto, Cristo, è di modico valore. Poiché, forse, niente ha sapore in te, infatti sei sempre arido. Ma rispondo fedelmente e brevemente, che se Dio non vale nulla, neanche questa pietra avrà valore. Se veramente Dio vale all’infinito, questa pietra avrà valore all’infinito. E così grande è il suo valore che, se tutto il mare fosse inchiostro, e il cielo fosse un papiro, e i rami dell’albero (fossero) un calamo, e la sabbia (fosse) una mano, in nessun modo sarebbe possibile descrivere il valore del Giacinto, assai medicamentoso, il quale è detto Cristo. Per nulla dispererai sull’accoglienza di lui da parte dell’amorevolissima Vergine, perché, se una stella non può resistere alla luminosità del sole, neanche Maria può resistere alla luminosità del Cristo che presenta, anzi, Lei nella sua interezza, con tutto l’amore e la coscienza, ovunque e sempre, secondo Bernardo, è attirata verso Cristo. La dimostrazione di questa cosa è ricca. Poiché Lei ama tanto qualsiasi persona che le offre questa Salutazione che, per quanto dipende da lei, per lui strapperebbe immediatamente il suo cuore dal suo corpo, piuttosto che sia incolpato di peccato mortale.

5 Il Beato Alano medita sul senso della parola greca “Cristo”, che vuol dire “Unto” da Dio, ossia consacrato Messia.

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In Lei pertanto c’è così certa Carità e somma Scienza e Potenza, secondo Agostino, che dunque quelli che tanto ama, potrà salvare. Poiché la sua Potenza è fondata nella sua Carità somma ed è regolata da essa, essendo il frutto di lei degnissimo: potrà, dunque, salvare quelli che tanto ama: altrimenti il suo amare non sarà perfetto, perché avrebbe un potere assai imperfetto. Ed è robusto, secondo quanto attesta Bernardo: L’opera della clemenza divina è posta in pieno nelle mani di Maria. Ed espressamente Girolamo dice la medesima cosa: Tu dunque avresti un segno molto ragionevole di eterna salvezza, se con perseveranza, giorno per giorno, l’ avrai salutata nel suo Salterio.

La quindicesima bellissima lode della Teologia, o piissimi seguaci della Sacra Pagina, è quella che riguarda le imperfezioni assunte (da Cristo), tanto nell’anima, quanto nel corpo, a motivo della peculiare capacità di soffrire, nelle realtà sia umane, che della grazia; (questa lode) nella quindicesima distinzione del terzo libro delle Sentenze, insegna a tutto il mondo ad offrire alla Vergine Maria, Maestra e Signora di tutta la verità, la preziosissima quindicesima pietra, dalla quindicesima miniera della bellissima Rupe di questa Salutazione Angelica, che è detta Ametista: questa è la pietra della Verità, e si prende nell’Ave Maria, quando si dice Amen. Per ciò che concerne l’Amen vale tanto, siccome è vera e veramente giovevole, secondo Girolamo. La cui attribuzione è chiaramente visibile: poiché secondo Isidoro, Alberto Magno e il Lapidario: l’Ametista è una pietra preziosissima, la prima delle gemme color rosso, poiché è color vino, ha influsso contro l’ubriachezza, impedendo che venga, o diventi cronica, quando si è stanchi, allontanando la sonnolenza, mettendo in fuga il cattivo pensare e dando fantasia e buon intelletto per il perseguimento della verità e per l’allontanamento della falsità. Queste cose, tutte nel modo più completo, sono avvenute nella Vergine Maria. Infatti in primo luogo è la prima delle pietre color rosso, cioè dei martiri, che furono tinti di colore rosso dal loro sangue, secondo Girolamo. Rimuove l’ebbrezza della gola, conferendo ai suoi salmodianti astinenza e sobrietà perfetta; di essa è la Sovrana, secondo Agostino. Scaccia anche la sonnolenza dell’accidia e della pigrizia, conferendo letizia e diligenza, delle quali, secondo Bernardo, essa è madre degnissima. E allontana il cattivo pensare e la fantasia, poiché è la luce delle anime, secondo Girolamo. Conferisce un buon intelletto nel seguire la verità, e nel denunziare la falsità, poiché è la Madre di lui, che è via, verità e vita, secondo la fede Cattolica, affinché conduca giustamente secondo la verità della fede, attraverso la via del bene operare, alla vita di gloria, che è l’Amen finale di tutta la Chiesa militante. A ragione dunque da tutti questa piissima Maria nel suo Salterio deve essere lodata per mezzo dell’Ametista “Amen”, ed onorata di giorno in giorno in eterno. La cui ragione è chiara: poiché tra tutte le cose la verità, secondo Agostino, deve essere onorata, venerata e lodata sommamente, poiché è, secondo il Dottore Santo, l’oggetto, il fine, il principio e il mezzo del nostro intelletto.

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Ma forse chiederesti, se hai coraggio, quanto vale questa pietra Ametista della verità, per mezzo dell’Amen? A ciò brevemente e fedelmente rispondo. Vale di più, di quanto possa valere qualsiasi cosa desiderabile umanamente nella vita presente da tutti gli uomini, sia che siano i regni aurei, sia terre preziose; o qualsiasi altra cosa mondana desiderabile. Perciò, a ragione, si dice in Esdra: La verità è grande e supera ogni cosa, poiché secondo il Dottore Santo, la verità ha una bontà infinita, sia perché è oggetto di una potenza infinita, sia poiché è trascendente, sia perché Dio è Verità per essenza.

Abbiate fede dunque, o carissimi, in questo Salterio Verginale, poiché, se un così gran bene fosse adatto all’Inferno e fosse accolto dall’Inferno, l’Inferno in nessun modo potrebbe più tormentare ciascuno dei dannati, poiché un tale bene distruggerebbe completamente la forza dell’Inferno. O dunque la Vergine Maria, accogliendo centocinquanta volte ogni giorno, un così grande bene dai suoi salmodianti, sarà più crudele dell’Inferno, cosa che è eretica, perché nessuna pura creatura è in alcun caso più amorevole della Vergine Maria, secondo Agostino e Bernardo, perché è più vicina alla divina carità, che è la pietà per essenza; o certamente darà a noi la salvezza, altrimenti sarebbe ingiusta, se ricevesse tanti beni e non li restituisse interi e maggiori, come arguisce Agostino in un Sermone sulla divina misericordia, contro coloro che negano la remissione dei peccati. Dunque, o voi tutti che amate la vostra salvezza, servite la Vergine Maria nel suo Salterio Evangelico. In primo luogo, affinché possediate centocinquanta Rupi, in ciascuna delle quali ci sono quindici miniere di infinite pietre preziose. 

In secondo luogo, per ottenere centocinquanta volte quindici bellissimi doni da Maria Vergine, che sono l’innocenza, la sapienza, la grazia, la bellezza, la nobiltà, la misericordia senza limiti, l’essere Figlio di Dio e della Vergine Maria, l’onestà e la prosperità, il ristoro, l’assoluta protezione, il nutrimento da parte della Madre di Dio, tutte le ricchezze, la perfetta salvezza, l’accoglienza dei Sacramenti, il coronamento finale della verità e della vita beata. In queste cose è contenuta, in modo pienissimo, ogni cosa desiderabile. 

Poiché, secondo Bernardo e Alberto Magno, tutto l’Antico e il Nuovo Testamento, anzi tutto il mondo, è contenuto nella Salutazione Angelica. In terzo luogo, affinché la Vergine Gloriosa, insieme con il Figlio suo, venga onorata, a ragione, in così grandi superiorità dei meriti. In quarto luogo, perché tu fossi, ogni giorno, liberato dai centocinquanta mali, che fanno guerra. In quinto luogo, perché tutta la Chiesa militante sia coronata, ad opera tua, da centocinquanta corone. In sesto luogo, perché i fedeli defunti, siano liberati, ad opera tua, dai centocinquanta mali dei castighi che fanno guerra. In settimo luogo, perché i Santi godano nella patria di centocinquanta gioie. In ottavo luogo, a causa delle centocinquanta gioie, che la Vergine Maria ebbe nella Concezione e nella Natività del Figlio suo, e che la medesima Vergine, talvolta, ha rivelato e ha ricordato in modo particolare. In nono luogo, a causa dei centocinquanta dolori, che lei ebbe nella Passione del Figlio suo. In decimo luogo, a causa delle centocinquanta gioie, che ora ha in Cielo, al di sopra di tutti i Santi. In undicesimo luogo, contro i centocinquanta peccati, che comunemente cadono sul mondo; anche questi Lei ha ricordato. In dodicesimo luogo, a causa dei centocinquanta pericoli, che sono mortali. In tredicesimo luogo, a causa delle centocinquanta cose terribili, che staranno nel giudizio contro i peccatori.

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In quattordicesimo luogo, a causa dei centocinquanta benefici, che sono stati ricevuti dal mondo per mezzo dell’Incarnazione di Cristo figlio. In quindicesimo luogo, a causa dei centocinquanta privilegi speciali, che saranno concessi ai salmodianti in questo Salterio, sia nelle cose esteriori, che nell’anima, tanto nella morte, quanto nella gloria. Perciò essi, prima della morte, otterranno da Dio una grazia speciale tra tutti i viventi, come risulta con certezza da innumerevoli esempi ed esperienze. Tutte queste cose le ha rivelate alcune volte la stessa Vergine Maria, e distintamente ha ricordato per mezzo di tutte le cose, delle quali il significato delle cose esposte, lascio da ricercare ai saggi. A ragione, dunque, dicevo a difesa del tema: Colui che trasforma la roccia in lagune di acque, e la rupe in sorgenti di acque, cioè l’Angelica Salutazione, nell’abbondanza di tutte le grazie, divine e umane: per possedere le quali, lodatela nel Salterio (Salmi 100 e 50). E (ciò è tutto) l’argomento principale, che è stato sulle quindici pietre della Teologia, riguardo alle quindici pietre preziose trovate spiritualmente in questa altissima Rupe, cioè la Salutazione Angelica.

SINOSSI DELLE QUINDICI GEMME

1. Ave Diamante dell’Innocenza.

2. Maria Rubino della Sapienza.

3. di Grazia Perla della Grazia.

4. Piena Diaspro della Pienezza.

5. Il Signore è con Te Zaffiro del Dominio.

6. Benedetta Calcedonio della Misericordia.

7. Tu Smeraldo del Santo Matrimonio.

8. Tra le donne Sardonico dell’Onestà.

9. E Benedetto Sardonice della Prosperità.

10. Il Frutto Crisolito della Nutrizione.

11. del Seno Berillio della Maternità di Dio.

12 Tuo Topazio della Tesaurizzazione.

13. Gesù Crisopasso della Salvezza.

14. Cristo Giacinto della Medicina.

15. Amen Ametista della Verità.

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