martedì 23 febbraio 2021

"Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e l’osservano"

 


16 agosto 1943

   Dice Gesù:
   «Sono il "Primogenito di fra i morti" secondo l’ordine umano a divino. Primogenito secondo l’ordine umano perché figlio, per parte di madre, di Adamo, sono il primo generato, della stirpe di Adamo, che sono nato come avrebbero dovuto nascere tutti i figli dei creati dal Padre mio.
   Non sbarrare gli occhi. Maria è nata per volere di Dio senza macchia e questa preservazione è stata voluta giustamente per preparare la mia venuta. Ma senza uno speciale volere, Maria, nata da uomo e donna insieme congiunti secondo la legge della natura, non sarebbe stata diversa da tutte le altre creature venute dalla radice contaminata di Adamo. Sarebbe stata una grande "giusta", come molti e molte altre dell’antico tempo, ma nulla di più. La Grazia, Vita dell’anima, sarebbe stata uccisa in Lei dal peccato d’origine.
   Sono Io che ho vinto la morte e la Morte. Io che ho richiamato in Vita i morti del Limbo. Dormivano. Come Lazzaro, la cui risurrezione adombra questa più vera. Io li ho chiamati. E sono risorti. Io, nato da donna figlia di Adamo, ma senza macchia d’origine, ossia come avrebbero dovuto essere tutti i figli di Adamo, sono perciò il Primogenito, secondo l’ordine naturale, di Adamo, nato vivo in mezzo ai generati morti di Adamo.
   Sono il "Primogenito" secondo l’ordine divino perché sono il Figlio del Padre il Generato, non il creato da Lui.
   Generare vuol dire produrre una vita. Creare vuol dire formare. Io posso creare un nuovo fiore. L’artista può creare una nuova opera. Ma solo un padre e una madre possono generare una vita.
   Sono dunque il "Primogenito" perché, nato da Dio, sono alla testa di tutti i nati (secondo la grazia) da Dio.
   Quando con la mia Morte ho squassato le porte dell’al di là e ne ho tratto i dormenti alla prima risurrezione, ho anche aperto le chiuse dei laghi mistici nel cui lavaggio si deterge il segno che uccide, muore la Morte dello spirito, la vera Morte, e nasce la Vita dello spirito, la vera Vita .
   Sono infine il "Primogenito" di fra i morti perché la mia Carne entrò prima nel Cielo, dove entreranno alla Risurrezione ultima le carni dei santi i cui spiriti attendono nella Luce la glorificazione del loro io completo, come è giusto che sia perché santificarono se stessi vincendo la carne e martirizzandola per portarla a vittoria, come è giusto che sia perché i discepoli sono simili al Maestro per amoroso volere del Maestro, e Io, Maestro vostro, sono entrato nella Gloria con la mia Carne che f u martirizzata per la gloria di Dio.
   Più avanti ti parlerò delle due risurrezioni, viste sempre da voi con1 riferimenti umani, mentre vanno viste con vista spirituale.
   Questa mia Primogenitura divina e umana mi dà, di conseguenza, diritti sovrani, poiché è sempre il primogenito di un re colui che eredita la corona. E quale re più Re del Padre mio?
   Re eterno il cui regno non ha principio né fine e contro il quale nessun nemico ha potere. Re unico senza rivali che mi eleva nel generarmi alla sua stessa sovranità perché Io sono Uno col Padre, consustanziale a Lui, inscindibile da Lui, parte viva attiva, perfetta di Lui. Re santo, santo, santo di una Perfezione tale che è non immaginabile a mente umana. Sfolgora nel Cielo, sulla terra e sugli abissi, dilaga sui monti, investe di Sé quanto è, la santità gloriosa del Padre mio, santità che Noi adoriamo perché è quella da cui siamo generati e da cui procediamo.
   Gloria, gloria, gloria al Padre, Maria, gloria sempre perché da Lui viene ogni bene ed il primo Bene sono Io, tuo Salvatore.
   Il mio regno non è di questa terra, secondo quanto vuol dire regnare sulla terra.
   Ma è Regno della terra. Poiché Io sulla terra avrò regno. Regno palese e vero, non solo spirituale quale è ora e di pochi. L’ora verrà in cui sarò Re solo e vero di questa terra che ho comperata col mio Sangue, della quale sono stato creato Re dal Padre con ogni potere su di essa. Quando verrò? Che è l’ora rispetto all’eternità? E che ti importerà dell’ora quando sarai nell’eternità?
   Verrò. Non avrò nuova carne poiché ne ho già una perfetta. Evangelizzerò, non come evangelizzai, ma con forza nuova, perché allora i buoni saranno non umanamente buoni come lo erano i discepoli della mia prima venuta, ma saranno spiritualmente buoni, e i malvag isaranno spiritualmente malvagi satanicamente malvagi, perfettamente malvagi. Perciò la forma sarà consona alle circostanze, perché se usassi la forma di 20 secoli or sono sarebbe superata, pei perfetti nel bene, e sarebbe offrire modo ai satanici di recare un’offesa che non è permessa recare al Verbo glorificato. Come una rete di maglia fina trascinerò dietro alla mia Luce i giunti alla sottigliezza spirituale, ma i pesanti, per la congiunzione della carne con Satana, i Morti dello spirito che la putredine dell’anima tiene confitti nel fango, non entreranno nella mia Luce e finiranno di corrompersi nella congiunzione col Male e con la Tenebra.
   Per ora preparo il tempo futuro usando singolarmente la Parola che scende dai cieli a dar luce alle anime pronte a riceverla. Faccio di voi i radiotelefonisti intenti a udire l’insegnamento che è perfetto e che avevo già dato e che non muto, poiché Una è la Verità, ma che è stato dimenticato o svisato, troppo dimenticato e troppo svisato perché faceva comodo dimenticarlo e svisarlo.
   Faccio questo perché ho pietà dell’Umanità che muore senza il pane dello spirito. Come ho dato Me per pane dell’anima vostra, così ora porgo la mia Parola per pane del vostro spirito. E ripeto: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e  l’osservano".»



16 agosto, sera. 

   Dice Gesù:
   «Ho detto che la mia nuova venuta avrà forma e forza nuova consona alle circostanze e ti ho spiegato come saranno allora gli uomini. Il tempo dello spirito deve venire. 
   
L’uomo è partito da una tenebra fonda e da un peso immane di fango, dopo aver perduto la Luce divina di sua propria volontà, ubbidendo alla seduzione nemica il cui vero essere si adombra nel frutto che insegna il Bene e il Male, ossia che ha svelato all’uomo quanto per suo bene Dio aveva nascosto alla materia, alla mente, al cuore. Così puri, così pacifici, così onesti, così pii sareste stati se non aveste morso la triplice concupiscenza che è dolce alla bocca, ma amara allo spirito più dell’aceto e fiele che mi venne porto sulla Croce!
   Piombato dalla dimora paradisiaca sulla terra, schiacciato dalla rivelazione della sua carne profanata dalla lussuria, torturato dal rimorso di avere causato il suo male, angosciato dalla persuasione d’aver suscitato l’ira punitiva di Dio Creatore, l’uomo non era che un povero essere animale in cui si dibattevano e lievitavano tutte le forze inferiori.
   Ti ho già richiamato l’attenzione2 sulla differenza dei precetti dati a Mosè rispetto ai miei, precetti necessari, nella loro urtante crudità, per frenare le tendenze dell’uomo, pezzo di carne appena infuso di un moto animico dato da un’anima ferita a morte e tramortita in un coma spirituale. Il ricordo della Luce perduta, vivendo nel profondo dell’anima, spingeva i passi3 alla luce. Un molto faticoso cammino perché la materia pesa più dello spirito e trascina in basso. Ogni tanto la bontà dell’Eterno dava all’umanità dei "fari" per la traversata tempestosa verso la Luce vera. I patriarchi ed i profeti: ecco i fari dell’umanità cercante il porto di Luce.
   Poi è venuto Quello che Giovanni, l’Amato, chiama "la vera Luce che illumina ogni uomo".
Io sono venuto Luce del mondo e Verbo del Padre e vi ho riportato la Pace col Padre, l’abbraccio che fa ritornare figli dell’Altissimo.
   Io sono che ho riacceso la vita languente dello spirito vostro. Io sono che vi ho insegnato la necessità di nascere nello spirito. Io sono che ho raccolto nella mia Persona tutta la Luce, la Sapienza l’Amore della Triade e ve l’ho portata.
   Io sono che col mio sacrificio ho riannodato la catena, là dove s’era spezzata, saldandovi nuovamente al Padre e allo Spirito di Verità.
   Io sono che, facendo leva del mio patibolo, ho sollevato il vostro spirito giacente nella mota e gli ho dato un potente impulso per procedere verso la Luce di Dio, verso Me stesso che nel Cielo vi attendo.
   Ma pochi nel mondo e nei secoli ne hanno fruito perché il mondo ha preferito sempre più le tenebre alla Luce. Io con la mia atroce morte vi ho ottenuto la venuta dello Spirito perfetto; ma, nei secoli, sempre più l’umanità lo ha respinto, come ha respinto Me, come ha respinto il Padre.
   Come di un liquore che si depura è avvenuto che ciò che è pesante è precipitato al fondo e le parti nette hanno galleggiato. Così, nel corso dei secoli, è avvenuto dell’uomo. Colui che è voluto rimanere carne e sangue è precipitato sempre più in basso, mentre coloro che, aristocrazia del mio gregge, hanno voluto vivere nello spirito, sono divenuti sempre più spirituali. In mezzo, i tiepidi senza nome. Sono due moti opposti della massa. Una parte, e sventuratamente è la più vasta, sempre più assorbe Satana e scende sotto al livello dei bruti. L’altra parte, la esigua, sempre più assorbe Cristo, nutrendosi della sua Parola, che da 20 secoli non tace, e diviene sempre più capace di comprendere lo Spirito.
   Quando Io uso dei mezzi speciali è per accelerare, poiché i tempi stringono, la pienezza dell’ammaestramento della Parola e la pienezza della formazione spirituale dei discepoli veri, dei sudditi veri del Re Gesù Cristo. Non Re dei giudei come ironicamente disse e scrisse un uomo debole che si credeva forte di un povero potere, ma Re del Mondo prima del giudizio del mondo.
   L’uomo, procedendo verso l’ora ultima, deve raggiungere la spiritualità. Ma comprendimi. Dio è spirito, Satana è spirito. Il primo è Spirito di Perfezione. Il secondo è spirito di peccato. La massa, scissa in due per volontà propria, che Dio rispetta, segue ognuna la parte prescelta. I figli dell’Altissimo e fratelli miei scelgono la parte di Dio e per amore nostro spiritualizzano la carne. 1 servi di Satana e figli della Bestia, la parte di Lucifero, e per schiavitù voluta da essi stessi uccidono lo spirito sotto la carnalità, fanno del loro spirito una carne e un sangue corrotti e ripugnanti.
   Quando regnerò sugli e negli spiriti giunti a quella maturazione che ora è di singoli e che allora sarà di tutta la massa dei cristiani veri, Io mi rivolgerò a questa parte soltanto, perfezionandola dell’ultimo ammaestramento con una nuova evangelizzazione, non diversa nel senso, che non può mutare, ma nella forza che allora potranno capire e che oggi non capirebbero. Prova ne sia che devo scegliere speciali creature degne di tanto per sforzo proprio o rese degne per miracolo d’amore.
   Venti secoli fa ho parlato a tutti. Quando il tempo sarà venuto parlerò a questi soltanto, convinto dell’inutilità di parlare agli altri. Comincerà così la selezione degli eletti dai reprobi.
Tu, povera Maria, sei di queste anime rese degne per volontà mia. Di buono non hai che una cosa: la buona volontà d’amore. Ma è quella che mi basta. Su essa posso porre la mia cattedra di Maestro per fare della piccola anima un piedestallo per dire, ridire, e ridire ancora, le parole d’amore e d’invito all’Amore, che guida e salva.
   Verrò con la mia Carne glorificata.
   Ho messo in moto la tua curiosità dicendo questo. Non saresti donna se non fossi4 curiosa. Ma Io dico ciò che credo utile dire per vostro bene e non quello che sarebbe pascolo alla vostra curiosità inutile. Se mi è caro esser Maestro so scegliere fra la Verità quelle verità che vi è utile conoscere e basta.
  Accontèntati perciò di sapere che è giusto che nel Regno dello spirito, i cui sudditi avranno spiritualizzato la carne, sia Re Colui che rivestì il suo Spirito perfetto di carne per redimere ogni carne e santificarla, e santificò la sua di una duplice santità, perché carne innocente, perfettamente innocente, e carne immolata nel sacrificio d’amore.
   Verrò, con la mia Carne glorificata, a radunare le creature per l’ultima battaglia contro il Nemico, giudicherò con la mia veste splendente di Carne glorificata i corpi dei riviventi per l’estremo giudizio, tornerò per sempre al Cielo, dopo avere condannato alla morte eterna le carni che non vollero divenire spiriti; e vi tornerò Re fulgido di un popolo fulgido in cui l’opera del Padre, del Figlio, dello Spirito, sarà glorificata con la creazione del perfetto corpo umano quale il Padre lo fece in Adamo, bello di indescrivibile bellezza, con la redenzione del seme d’Adamo per opera del Figlio, con la santificazione operata dallo Spirito.»

 

   con sembra corretto da come   


 

   2 Nel dettato del 9 luglio, pag. 77.

  

 

passi è lettura incerta; potrebbe leggersi anche padri 

 4 fossi è nostra correzione da fosti


AMDG et DVM

mercoledì 17 febbraio 2021

Canta MARIAM : Salmi 29-35

 

pieter paul rubens: apocalisse 12

PSALMUS  XXIX

Exaltabo Te, Domina, quoniam suscepisti me:

ab iniquo adversario meo liberabis me.

 

Convertere ad me, et vivifica me, de portis mortis reduc me:

et de fluctibus tribulationum quae circumdederunt me.

 

Propter imperium et magnificentiam dexterae Tuae:

contere et dissipa omnes adversarios meos.

 

Et ego offeram Tibi sacrificium laudis:

et gloriam Tuam devotius exaltabo.

 

Exultate, Coeli, et jucundare, Terra:

quia consolabitur Maria servos suos et pauperum

suorum miserebitur. 

Gloria Patri, etc.

 

La Natività - pieter paul rubens - Fermo 

PSALMUS  XXX

In Te, Domina, speravi, non confundar in aeternum:

in gratia Tua suscipe me

 

Tu es fortitudo mea et refugium meum:

consolatio mea et protectio mea.

 

Ad Te, Domina, clamavi, dum tribularetur cor meum:

et exaudisti me de vertice collium aeternorum.

 

Educas me de laqueo, quem absconderunt mihi:

quoniam Tu es Adjutrix mea.

 

In manus Tuas, Domina, commendo spiritum meum:

totam vitam meam et diem ultimum meum.

Gloria Patri, etc.

 


PSALMUS  XXXI

Beati, quorum corda Te diligunt, Virgo Maria:

peccata ipsorum a Te misericorditer diluentur.

 

Sancta, casta et florigera ubera Tua:

quae florem viriditatis perpetuae erupentur.

 

Decor pulchritudinis Tuae corruptionem non videbit:

et vultus Tui Gratia in perpetuum non marcescet.

 

Benedicta Tu, Virga Jesse sublimis:

quia Te usque ad sedentem in throno dilatasti.

 

O Virgo Regina, Ipsa es Via:

per quam nos Salus de supernis sedibus visitavit.

Gloria Patri, etc.

 

 


PSALMUS  XXXII

Exultate, iusti, in Virgine Maria:

et in rectitudine cordis collaudate Eam.

 

Accedite ad Eam cum reverentia et devotione:

et delectetur cor vestrum in salutatione Eius.

 

Impendite Illi sacrificium laudis:

et inebriamini ab uberibus dulcoris Illius.

 

Influit enim vobis radios Suae pietatis:

et clarificabit vos fulgoribus misericordiae Suae.

 

Suavissimus est fructus Illius:

in ore et in corde sapientis dulcescit. 

Gloria Patri, etc.

 

 

PSALMUS  XXXIII

Benedicam Dominam in omni tempore:

et non deficiet laus Eius in ore meo.

 

Magnificate Eam mecum omnes:

qui impinguati estis melle et lacte recreationis Eius.

 

In periculis, in rebus dubiis invocate Eam:

et in necessitatibus invenietis auxillum et refrigerium dulce.

 

Sumite exemplum conversationis Eius:

et aemulamini studia charitatis et humilitatis Illius.

 

Quia ergo, Domina, humillima fuisti:

Verbum increatum ex Te carnem suscipere coegisti.

Gloria Patri, etc.

 


XXXIV

Iudica, Domina, nocentes me:

et contra eos exurge, et vindica causam meam.

 

Anima mea in Te laetabitur:

et Tuis beneficiis devotus exultabo.

 

Gratia et dulcedine Tua pleni sunt Coeli et Terra:

undique tuis beneficiis irretisti nos semper.

 

Quocumque enim pergimus:

occurrit nobis diffusio Tui uteri virginalis.

 

Curramus ergo, charissimi, et ita nobilem et dulcifluam

Virginem salutemus: 

ut in Suae dulcedinis gremio quiescamus. 

Gloria Patri, etc.

 


 

XXXV

Dixit injustus, ut peccet in absondito:

per Te a malo proposito discedat, Mater Dei.

 

Inclina Vultum Dei super nos:

coge Illum peccatoribus misereri.

 

Domina, in coelo misericordia Tua:

et gratia Tua diffusa est super terram.

 

Potentia et virtus in brachio Tuo:

robur et fortitudo in dextera Tua.

 

Benedictum sit imperium Tuum super Coelos:

benedicta sit magnificentia Tua super Terram.

Gloria Patri, etc.


AVE MARIA PURISSIMA

AMDG et DVM


Grande disgrazia è dimenticare i novissimi. — E quanto è utile ricordarsi della morte, del giudizio, dell'inferno e del paradiso.

Nella cerimonia di inizio della Quaresima Benedetto XVI sottolinea il duplice significato del rito, di invito al cambiamento interiore, alla conversione e alla penitenza, e di richiamo alla precarietà dell’esistenza umana. Il digiuno non ha motivi fisici o estetici, ma vuole educare “a quelle salutari rinunce che affrancano il credente dalla schiavitù del proprio io”.


1. Grande disgrazia è dimenticare i novissimi. — 2. Quanto è utile ricordarsi dei novissimi. — 3. Come dobbiamo ricordare i novissimi.

1. Grande disgrazia è dimenticare i novissimi. — I novissimi, cioè gli ultimi fini, sono la morte, il giudizio, il paradiso, l’inferno, l'eternità. Dimenticare cose di tanta importanza, non prevederle, non preparatisi, è la somma delle disgrazie che possa accadere ad un uomo. 
Infatti dimenticare la morte, vuol dire non pensare a prepararvisi, ed avventurarsi alla triste morte del peccatore: disgrazia irreparabile. 
Dimenticare il giudizio di Dio è un disprezzarlo; e allora sarà molto terribile questo giudizio. 
Dimenticare il cielo è grande sciagura, perché così facendo non si fa nulla per guadagnarlo, e si perde; e perduto il paradiso, tutto è perduto. 
Dimenticare l’inferno, è un andarvi incontro; e chi vi si incammina, facilmente vi precipita. 
Dimenticare l’eternità, è lo stesso che perdere il tempo e l’eternità; si può immaginare disgrazia più tremenda? 

Ciò non ostante, oh come è comune nel mondo la dimenticanza dei novissimi! Per ciò Gesù fulminò quello spaventevole anatema: «Guai al mondo» (Matth. XVIII, 7).
A quanti si possono rivolgere quelle parole del Signore nel Deuteronomio: « Gente senza consiglio e senza prudenza, perché non aprire gli occhi e comprendere e provvedere ai loro novissimi? » (XXXII, 28-29). E quelle altre d’Isaia : « Tu non hai pensato a queste cose, e non ti sei ricordato dei tuoi novissimi » (XLVII, 7).

Terribile imprudenza che ha conseguenze fatali è quella di dimenticare le cose future, di non considerare i novissimi per arrivarvi preparati. Che onta, che rabbia non sarà per i figli del mondo l’udirsi rinfacciare dai demoni nell’inferno: O sciagurati! voi sapevate che c’era un inferno, e potendolo schivare con poco costo, vi ci siete tuffati a capo fitto! Voi avete dimenticato i novissimi, e avete perduto tutto.
Ci si parla dei nostri novissimi; noi li conosciamo, vi crediamo, e intanto operiamo come se non ci riguardassero affatto e non ne diventiamo migliori! O cecità fatale! O follia incredibile! O uomini stupidi e da compiangersi! Non pensare, non penetrare, non temere cose tanto gravi, non prepararvisi!

2. Quanto è utile ricordarsi dei novissimi.« In tutte le tue opere, dice il Savio, proponiti sotto gli occhi i tuoi novissimi, e non cadrai mai in peccato » (Eccli. VII, 40). La ragione è chiara, poiché il fine che uno si propone, diventa il principio e la regola di tutte le azioni; ora il fine di tutte le cose sta compreso essenzialmente nei fini ultimi, ossia nei novissimi. Tutte le persone operano per un fine; perché dunque non operare guardando ai fini ultimi?...
Chi dice a se stesso, quando si sente tentato a offendere Dio: Al punto di morte, vorrò io aver commesso questo peccato? — tosto si mette su l’avviso e resiste. — Quando sarò innanzi al tribunale di Dio, quando il giudice divino mi peserà nella bilancia della sua giustizia, vorrò che il peso dei miei misfatti vinca quello delle mie virtù? Ebbene, schiverò il peccato e praticherò la virtù. Mi sta a cuore di passare dal tribunale di Dio al cielo? dunque mi studierò di guadagnarmi
questo cielo. Forse che mi garberà udirmi al giudizio quella terribile sentenza : Partitevi da me, o maledetti, e andate al fuoco eterno? Dio me ne scampi! Dunque mi applicherò a chiudermi l’inferno per sempre, schivando soprattutto il peccato mortale. Quando entrerò nell’eternità, vorrò io aver perduto il tempo? Certo che no: conviene dunque che non ne perda un istante; — queste sono le salutari considerazioni che fa colui il quale non dimentica i suoi novissimi. Dunque chi non vede ch’egli diventa quasi impeccabile, compiendosi in lui il detto dello Spirito Santo — Il fine dell’uomo che è la beatitudine eterna, lo porta alla fuga del peccato e alla pratica della virtù, come a mezzi coi quali si ottiene la beatitudine. 
     Per ciò S. Agostino dice: «La considerazione di questa sentenza: — Ricorda i tuoi novissimi e non peccherai in eterno — è la distruzione dell’orgoglio, dell’invidia, della malignità, della lussuria, della vanità e della superbia, il fondamento della disciplina e dell’ordine, la perfezione della santità, la preparazione alla salute eterna. Se ti preme non andare perduto, guarda in questo specchio dei tuoi novissimi ciò che sei e ciò che sarai tu la cui concezione è macchia vergognosa, l’origine è fango, il termine è putredine. Davanti a questo specchio, cioè in faccia ai novissimi, che cosa diventano le delicate imbandigioni, i vini squisiti, le splendide calzature, il lusso del vestire, la mollezza della carne, la ghiottoneria, la crapula, l’ubbriachezza, la magnificenza dei palazzi, l’estensione dei poderi, l’accumulamento delle ricchezze? ». Prendiamo dunque il consiglio di S. Bernardo e nel cominciare un’azione qualunque diciamo a noi medesimi: Farei io questo, se dovessi morire in questo momento? (In Speculo monach.).
Simile a quella di S. Bernardo è la regola di condotta suggerita da Siracide, per ordinare e santificare tutte le nostre azioni: « In ogni tua impresa scegli quello che vorresti aver fatto e scelto quando sarai in punto di morte ». Fate tutte le vostre azioni come vorreste averle fatte il giorno in cui comparirete innanzi a tutto il mondo, per renderne conto al supremo tribunale di Dio. Non fate cosa di cui abbiate a pentirvi eternamente: schivate quello che vi farebbe piangere per tutta l’eternità, quello che vi toccherebbe pagare nell’eterno abisso dell'inferno. Studiatevi di fare benissimo e perfettissimamente ogni cosa, affinché abbiate da rallegrarvi di tutto ciò che pensate, dite, e fate; e ne riceviate una ricca mercede in cielo. Ora la memoria dei novissimi procura tutti questi vantaggi...
Non dimenticate anche che sono prossimi i vostri novissimi...; che incerta è l’ultima ora... Chi non teme una cattiva morte, come avrà paura del giudizio e dell’inferno? Ah! se gli uomini pensassero di frequente al giorno della loro morte, preserverebbero la loro anima da ogni cupidigia e malizia... O voi, che volete essere eternamente felici, pensate sempre a quella sentenza. — Parlando di Gerusalemme, Geremia dice che « ella si dimenticò del suo fine, per ciò sdrucciolò in un profondo abisso di miserie e di degradazione » (Lament. I, 9). Dunque, pensando agli ultimi fini non si cade, e chi è caduto, si rialza. « Noi cessiamo di peccare, dice S. Gregorio, quando temiamo i tormenti futuri ». Ripetiamo anche noi col Salmista: « Ho pensato ai giorni antichi, ho meditato gli anni eterni » (Psalm. LXXVI, 5).

3. Come dobbiamo ricordare i novissimi. — Perché il ricordo dei novissimi abbia tutta l'efficacia che ne promette lo Spirito Santo, conviene in primo luogo che non si fermi soltanto sopra di uno, ma li abbracci tutti. 
     Per qualcuno infatti il pensiero della morte, invece di essere incentivo al bene, può essere uno stimolo al male: « La nostra vita sfumerà come nebbia » (Sap. II, 3), dissero gli empi ricordandosi della loro morte imminente; ma da questo pensiero conclusero: « Venite dunque e godiamo finché abbiamo tempo » (Ib. 6). Perciò non dice il Savio nel citato testo: memorare novissimum tuum, ma novissima tua; perché il pensiero della morte riesca proficuo, ricordiamoci che alla morte terrà dietro un duro giudizio (Hebr. IX, 27); che al giudizio andrà annessa una sentenza o di eterna pena o di eterno premio (Matth. XXV, 46). 
    Dal ricordo dei novissimi trae pure un gran vantaggio la vita spirituale del cristiano, la quale consistendo nella pratica delle quattro virtù cardinali, prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, trova nella meditazione dei novissimi un ottimo alimento. Infatti il ricordo della morte distrugge l’ambizione e la superbia, e così dà la prudenza. La memoria del giudizio, mettendoci dinanzi agli occhi quel giudice rigoroso, ci porta a usare giustizia e bontà col prossimo. Il ricordo dell’inferno reprime l’appetito dei piaceri illeciti e così avvalora la temperanza. La memoria del Paradiso diminuisce il timore dei patimenti di questa vita e cosi rinsalda la fortezza.
Si richiede in secondo luogo, che questo ricordo sia fatto su la propria persona, come pare ci dica il Savio il quale non dice semplicemente: memorare novissima, ma vi aggiunge tua. Quanti vi sono, che ricordano i novissimi anche spesso, ora discorrendone nelle chiese, ora trattandone nei libri, ora disputandone su le cattedre, ora figurandoli o su marmi, o su bronzi o su tele? eppure non menano tutti una vita santa. Bisogna che chi ricorda i novissimi, pensi che proprio lui si troverà, e forse tra brevissimo tempo, al letto di morte...
nella bara, al camposanto... Che proprio lui si presenterà al giudizio di Dio e a lui toccherà il castigo o il premio eterno.
Conviene in terzo luogo che questo ricordo dei novissimi non sia cosa speculativa ma pratica, perciò lo Spirito Santo fa precedere al testo citato quelle parole: in ogni tua azione. Se prima di ogni azione considerassimo i novissimi, non solo eviteremmo il peccato, ma troveremmo in quella considerazione la forza di praticare le più eroiche virtù.
Sarebbe poi un errore il credere che il pensiero dei novissimi porti con sé la tristezza. Se lo Spirito Santo ci assicura che il ricordo frequente dei novissimi basta a tenerci pura la coscienza: — In aeternum non peccabis — è cosa chiara che porta con se la gioia del cuore che è la più grande di tutte le gioie. — Non est oblectamentum super cordis gaudium (Ecciti. XXX, 16). E ne abbiamo infatti una conferma nel medesimo Ecclesiastico il quale dopo di aver detto in altro luogo: « Non abbandonarti alla tristezza, ma cacciala da te» (XXXVIII, 21), soggiunge subito e ricordati dei novissimi, quasi che il pensiero dei novissimi sia il più sicuro per tenere lontana dal cuore umano la tristezza.
AMDG et DVM