mercoledì 12 agosto 2020

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Settimo giorno della Novena per l'Assunzione

 News


Pubblicato il 12/08/2020

Settimo giorno della Novena per l'Assunzione della Beata Vergine Maria

Preghiera per l'Assunzione della  B. V. Maria

    O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini,

noi crediamo nella tua assunzione in anima e corpo al cielo,

ove sei acclamata da tutti i cori degli angeli e da tutte le schiere dei santi.

   E noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore che ti ha esaltata sopra

tutte le creature e per offrirti l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.

   Noi confidiamo che i tuoi occhi misericordiosi si abbassino sulle nostre miserie

e sulle nostre sofferenze; che le tue labbra sorridano alle nostre gioie

e alle nostre vittorie; che tu senta la voce di Gesù ripeterti per ciascuno di noi:

   Ecco tuo figlio.

   E noi ti invochiamo nostra madre e ti prendiamo, come Giovanni, per guida,

forza e consolazione della nostra vita mortale.

   Noi crediamo che nella gloria, dove regni vestita di sole e coronata di stelle,

sei la gioia e la letizia degli angeli e dei santi. 

   E noi in questa terra, ove passiamo pellegrini, guardiamo verso di te,

nostra speranza; attiraci con la soavità della tua voce per mostrarci un giorno,

dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del tuo Seno, o clemente,

o pia, o dolce Vergine Maria. (Pio XII)

   7 Ave, Salve, Magnificat

Dai 'Quaderni', 18 dicembre 1943 

   4° mistero glorioso.

   Dice Maria
   «Un’altra perla per i miei prediletti. Veramente volevo parlarne a giorni, ma mi piego ad un desiderio perché sono la Mamma. Per Natale avrete anche questa mia parola. 
   Come mi fu estasi la nascita del Figlio, e dal rapimento in Dio tornai presente alla Terra col mio Bambino fra le braccia, così la mia morte fu un rapimento in Dio. 
   Fidando nella promessa avuta fra lo splendore divino del mattino di Pentecoste io mi pensavo che l’avvicinarsi del momento del ritorno ultimo dell’Amore per rapirmi a Sé dovesse segnalarsi con un aumento di fuoco. Né feci errore.
   Io, per mio conto, più la vita passava più1 aumentavo il desiderio di fondermi all’eterna Carità. Mi vi spronava il desiderio del Figlio mio e la persuasione che mai tanto avrei fatto per gli uomini come quando fossi stata orante per essi sui gradini del trono di Dio. E con moto sempre più acceso ed accelerato, con tutte le forze dell’anima gridavo: "Vieni, Signore, Gesù, vieni, vieni eterno Amore!".
   L’Eucarestia, che era per me come rugiada data ad un fiore assetato - era vita - ora non era più sufficiente all’incontenibile ansia del cuore. Non mi bastava più ricevere in me la mia divina Creatura e portarla nelle sacre Specie come l’avevo portata nella carne verginale. Tutta me stessa voleva il Dio Uno e Trino, e non sotto i veli dal mio Gesù scelti a nascondere l’ineffabile mistero ma quale era ed è e sarà nel centro del Cielo.
   Lo stesso mio Figlio nei suoi trasporti eucaristici mi ardeva con baci di desiderio infinito, e ogni volta che a me veniva con la potenza del suo amore quasi svelleva l’anima mia nel primo impeto, e poi rimaneva con tenerezza infinita a chiamarmi: "Mamma!", ed io lo sentivo ansioso di avermi con Sé.
   Non desideravo più altro. Neppure il desiderio di tutelare la Chiesa nascente era in me. Tutto annullato nel desiderio di possedere Dio per la persuasione di tutto potere quando si possiede Dio.
   Maria, giungi a questo totale amore. Tutto perda valore e ansia ai tuoi occhi. Mira solo a Dio. Quando sarai ricca di questa povertà di desiderio, che è immisurabile ricchezza, Dio si chinerà sul tuo spirito a baciarlo e tu ascenderai col tuo spirito al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, per conoscerli ed amarli per la beata eternità e per possedere le loro ricchezze di grazie, di cui disporre per gli scopi e gli esseri che sono nel tuo pensiero. Non si è mai tanto attivi per i fratelli come quando non si è più tra i fratelli ma siamo luci ricongiunte alla Luce.
   L’avvicinarsi dell’Amore eterno ebbe il segno che pensavo. Tutto perse luce e colore, voce e presenza, sotto al Fulgore e alla Voce che dai Cieli aperti si abbassava su me per cogliere l’anima mia.
   Si dice: "Maria avrebbe giubilato d’essere assistita dal Figlio suo". Ma il mio dolce Gesù era ben presente col Padre quando l’Amore mi dette il terzo bacio della vita, quel bacio così talmente divino che in esso l’anima spirò, raccolta come goccia di rugiada bevuta dal sole dal centro di un giglio, ed io ascesi con il mio spirito osannante in mezzo ai miei Tre, che adoravo e adoro, come perla in un castone di fuoco, seguita dalla teoria degli spiriti angelici venuti al mio eterno natale e attesa sulle soglie dei Cieli dallo Sposo terreno, dai Re e dai Patriarchi della mia stirpe, dai primi santi e dai primi martiri, e il Cielo si chiuse sulla gioia di avere la sua Regina la cui carne, unica fra tutte le carni mortali, conosceva la beatitudine della glorificazione.»

   
   5° mistero glorioso. 

 

   Dice Maria:
   «La mia umiltà non poteva farmi permettere di pensare a tanta gloria a me riserbata in Cielo. Nel mio pensiero era la certezza che la mia umana carne, fatta santa dall’avere portato iddio, non avrebbe conosciuto la corruzione, poiché Dio è Vita e quando di Sé satura un essere è come aroma preservatore da morte. Io non solo ero stata fusa con Lui in casto e fecondo abbraccio, ma m’ero saturata nelle più riposte latebre dalle emanazioni della Divinità nascosta nel mio seno e intenta a velarsi di carni mortali.
   Ma che la bontà dell’Eterno avesse riserbato alla sua Ancella il gaudio di risentire sulle membra il tocco della mano del Figlio mio, il suo abbraccio, il suo bacio, e riudire con le mie orecchie la sua voce, vedere col mio occhio il suo volto riprovare la gioia di carezzarlo, no, questo non pensavo mi fosse subito concesso, né lo desideravo. Mi bastava che queste beatitudini fossero concesse allo spirito mio e di questo sarebbe stata già piena la mia felicità di beata.
   Ma a testimonianza del suo pensiero creativo riguardo all’uomo, Dio mi volle in Cielo con anima a corpo. Io sono la testimonianza certa di ciò che Dio aveva pensato e voluto per l’uomo: una vita innocente e ignara di colpe, un placido passaggio da questa vita alla Vita completa in cui, come uno che passa la soglia di una casa per entrare in una reggia, l’essere completo sarebbe passato dal sole del terrestre paradiso al Sole del Paradiso celeste, aumentando la perfezione del suo io, nella carne e nello spirito, della Luce piena che è nei Cieli. 
   Davanti ai Patriarchi e ai Santi, davanti agli Angeli ed ai Martiri, Dio pose Me assunta alla gloria del Cielo e disse: "Ecco l’opera perfetta del Creatore ecco ciò che io creai a mia immagine e somiglianza, frutto di un capolavoro divino e creativo, meraviglia dell’Universo che vede chiuso, in un solo essere, il divino nello spirito immortale come Dio e come Lui spirituale, intelligente, virtuoso, e l’animale nella più perfetta carne alla quale ogni altro vivente nei tre regni del Creato si inchina. Ecco la testimonianza del mio amore per l’uomo, per il quale creai l’organismo perfetto e la beata sorte di una eterna vita nel mio Regno. Ecco la testimonianza del mio perdono per l’uomo, al quale, in forza di un trino amore, ho concesso riabilitazione agli occhi miei. Questa è la mistica pietra di paragone, questa è l’anello di congiunzione fra l’uomo e Dio, questa è Quella che riporta i tempi ai giorni primi e dà al mio occhio divino la gioia di contemplare l’Eva che io creai quale la creai ed or fatta più bella poiché è la Madre del mio Figlio e la Martire del Perdono. Per il suo Cuore, che non conobbe macchia, io apro i tesori del Cielo e per il suo capo, che non conobbe superbia, del mio Fulgore faccio corona e l’incorono, poiché m’è Santa, perché sia vostra Regina".
   Maria, in Cielo non sono lacrime. Ma per il gioioso pianto che avrebbero avuto gli spiriti se ad essi fosse concesso il pianto - umore che stilla premuto da un’emozione - vi fu uno sfavillare di luci, un trascolorare di splendore in più vividi splendori, un ardere di incendi caritativi in un più ardente fuoco, un insuperato e indescrivibile suonar di armonie, alle quali si uni la voce del Figlio mio in laude a Dio Padre e alla Serva di Dio in eterno beata.
   Maria, era nel mio pensiero di finire questa mia illustrazione dei misteri del santo mio rosario - perché, senza che tu te ne accorgessi, di tutti te ne parlai e specie sui candidi del gaudio e sui fulgidi della gloria, poiché per quelli porpurei non vi è che un unico nome: Dolore, e sono tutti un unico dolore - dopo il Natale. Ma voi che mi amate avete tante pene e capite che, solo dimenticando la Terra per il Cielo, esse pene, divengono sopportabili al cuore vostro. Ed io vi svelo le luci del Cielo.
   La mistica collana è compiuta. Ve la dono per il Natale del Figlio mio e con essa la mia benedizione e la mia carezza.
   Siate buoni e amatemi. Io sono con voi.»

S. Geltrude di Helfta: L'Araldo del Divino Amore // SOLENNITA' DELL'ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE

Attribuita alla Scuola del Perugino Madonna con Bambino e San ...

CAPITOLO XLVIII

FESTA DELL'ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE

La festa della solenne Assunzione di Maria si avvicinava e Geltrude, trattenuta a letto da infermità, non poteva, benché assai lo desiderasse, recitare tante «Ave Maria» quanti erano stati gli anni passati dalla Vergine in terra. Tuttavia si sforzò di raggiungere quel numero, dividendo in tre parti la Salutazione angelica: Ave Maria - Gratia piena - Dominus tecum. 
Mentre stava offrendo queste ed altre preghiere, che alcune persone le avevano detto di presentare alla S. Vergine, la graziosa Regina del cielo le apparve rivestita con un manto verde, su cui brillavano numerosi fiori d'oro, in forma di trifoglio. Essa le disse: « Porto sul mio abito tanti fiori, quante sono le parole delle preghiere che tu mi hai offerto a nome delle persone che ti hanno raccomandato di presentarmele. Questi fiori brillano più o meno a seconda dell'attenzione posta nel recitare dette preghiere. Ora rivolgo questi divini splendori verso ciascuna di quelle anime, per renderle più gradite al Figlio mio ed a tutta la Corte celeste». 
La Regina del cielo portava, fra quei trifogli, anche alcune rose di meravigliosa bellezza, che avevano sei foglie: tre erano d'oro tempestate di gemme preziose, le altre tre offrivano una mirabile varietà di sfumature. Nelle tre foglie d'oro Geltrude riconobbe le tre parti della Salutazione angelica ch'ella aveva recitato, nonostante la sua debolezza, con un grande sforzo. Il Signore Gesù volle, nella sua immensa bontà, unire a quelle foglie preziose, le altre tre con colori stupendi: la prima per l'amore con cui Geltrude aveva salutato e lodato la sua dolcissima Madre; la seconda per la discrezione mostrata, recitando solo quelle tre parti, giacché era nell'impossibilità di fare di più; la terza per la perfetta confidenza che le faceva sperare di vedere il Signore e la dolce sua Madre accettare i suoi deboli sforzi.
All'ora di Prima, dopo la quale si doveva cantare la Messa della vigilia dell'Assunzione, ella pregò Gesù di ottenerle grazia e perdono presso la diletta sua Madre, perchè sentiva di essere stata spesso negligente nell'onorarla.

Il Salvatore s'inchinò allora verso la Madre sua e con un tenerissimo abbraccio dimostrò la divozione filiale che sempre aveva nutrito per lei. Indi le disse: « Ricordati, o mia Signora, e mia amorosissima Madre, che per te ho perdonato ai peccatori; guarda ora la mia eletta con quell'amore che avresti s'ella ti avesse sempre servita con la più grande divozione ». A quelle parole la Vergine parve sciogliersi in tenerezza e, per amore del Figlio suo, diede a Geltrude tutta la sua beatitudine.
Alla Messa Vultum tuum durante la colletta: Deus qui verginalem aulam, il Signore Gesù mostrò tanta affezione alla Madre sua, da rinnovarle tutte le gioie della sua santa Concezione, della sua nascita, e quelle che le procurò la sua santa Umanità.

Mentre Geltrude rifletteva alle parole: « In sua difensione munttos - munito dal sua soccorso» ella vide la Madre di bontà stendere il manto, per coprire con la sua protezione tutti coloro che si rifugiavano sotto il suo patrocinio; i Santi conducevano alla loro Regina le persone che si erano preparate alla sua festa con esercizi e preghiere speciali. Tali persone assomigliavano a bellissime giovinette e si sedevano rispettosamente davanti alla Madonna, come figlie alla loro madre. Vicino alle medesime volteggiavano schiere di angeli che le difendevano dalle insidie del demonio, eccitandole al bene. Geltrude comprese che quella protezione angelica era accordata alla domanda della colletta: ut sua defensione munttos, - perchè gli spiriti celesti stanno sempre vigilanti agli ordini della gloriosa Vergine, per difendere coloro che l'invocano.
Geltrude vide poi molti animali di diverse specie accorrere verso la Madre di Dio, per rifugiarsi sotto il suo manto. Essi simboleggiavano i peccatori che avevano divozione speciale alla Regina della misericordia. Essa li accoglieva con bontà, li proteggeva sotto il suo manto e li accarezzava con la sua dolce mano, come si usa fare coi cagnolini.

La Vergine rivelava così la sua misericordia verso coloro che a Lei si affidano, dimostrandosi sollecita di ricondurre al Figlio suo tutti quelli che, con un vero pentimento delle loro colpe, hanno sperato malgrado i loro peccati, nella sua misericordiosa mediazione.

All'Elevazione il Signore Gesù sembrò consegnare se stesso, sotto le spoglie sacramentali dell'Ostia, con tutta la beatitudine della sua Divinità ed Umanità, a tutti coloro che assistevano con divozione alla S. Messa in onore della sua dolcissima Madre, bramando di corteggiarla divotamente nella festa dell'Assunzione. Essi, dolcemente attratti e ri. confortati dalla virtù vivificante della Divinità, erano confermati nella buona volontà, proprio come un uomo recupera energie, sostentandosi con cibi nutrienti.

Dopo la S. Messa mentre le Monache, secondo le prescrizioni della Regola, si recavano in capitolo, Geltrude vide il Signore Gesù che le precedeva, circondato da una moltitudine di Angeli, attendendo con gioia l'arrivo delle sue Spose.

La Santa, alquanto stupita, chiese: « Come mai, o amatissimo Gesù, tu vieni a questo nostro Capitolo con si grande moltitudine di angeli? Eppure noi celebriamo questa festa in tono assai meno solenne della tua Nascita ed Incarnazione ». Rispose l'amabile Salvatore: « Sono venuto qui come buon padre di famiglia, che si fa premura di ricevere lui stesso gli invitati al suo banchetto. Oggi, per onorare la mia dolcissima Mamma, quando si annuncerà la solennità della sua gloriosa Assunzione, accoglierò con tenerezza speciale tutte le anime che desiderano celebrare divotamente questa festa. Di più per la mia divina autorità, assolverò tutte coloro che umilmente accuseranno le loro infrazioni alla Regola. Nello stesso modo assisto ai vostro Capitolo in ogni festività ed approvo tutto quello che ivi compite, come già ti mostrai nella vigilia della mia Natività ».
Mentre Geltrude assisteva con divozione speciale all'ora di Nona, quando, secondo le nostre costumazioni, inizia la festa dell'Assunzione, conobbe per divina ispirazione che appunto in quell'ora la Vergine venne talmente assorbita in Dio che, spogliata dalla scoria mortale, preludiava la vita celeste, non vivendo più se non per l'azione dello Spirito Santo. Rimase in quello stato fino alla terza ora di notte; allora si lanciò in Dio, adorna delle perfezioni di tutte le virtù, senza il minimo rimpianto di coscienza. Beatamente nelle braccia del Signore, fatta un solo spirito con Lui, entrò nella potenza della Divinità (Sal. LXX).

Ai Vespri, mentre si cantavano i salmi, la Santa vide il Signore attrarre nel suo divin Cuore tutte le lodi che Gli erano rivolte e dirigerle verso la Vergine come un torrente impetuoso, di cui la celeste Sovrana riceveva le onde, secondo il numero dei meriti di cui era arricchita. All'antifona: Tota pulchra es - ella si abbandonò nelle braccia del Signore, cercando di far risuonare le parole dell'antifona sul liuto del divin Cuore, in memoria delle tenerezze che il Figlio dell'Altissimo prodigò con queste ed altre parole, a Lei, sua beatissima Madre. A questa dimostrazione d'amore, i torrenti del divin Cuore inondarono con maggior impeto l'anima della Celeste Sovrana, sprizzando gocce di acqua brillanti come fulgide stelle. Tali stelle la circondarono per rallegrarla ed adornarla d'incomparabili splendori; ma il loro numero era così grande che molte caddero al suolo. I Santi, rapiti d'ammirazione, s'affrettarono a raccoglierle per offrirle gioiosamente al Signore; con tale atto vollero far comprendere che attingono gioia, gloria, beatitudine nella sovrabbondanza dei meriti della Madre di Dio. Tutti gli angeli si associarono con grande allegrezza al fervore della Comunità e fecero risuonare, con la medesima, il responsorio: Quae est ista?. In seguito il Signore cantò con voce sonora il versetto: Ista est speciosa, e lo Spirito Santo parve far vibrare il liuto del Cuore divino per lodare e glorificare la Vergine Maria, benedetta fra tutte le creature.

All'inno: Quem terra pontus ecc. la celeste Regina parve venir meno sotto il peso dell'immenso gaudio, e s'inchinò sul seno del suo amabilissimo Figlio per riposarsi fino alla strofa: O gloriosa Domina. Si alzò allora, quasi spinta dalla divozione dei fedeli, tendendo a tutti la mano della sua dolce protezione e materna consolazione. Alla dossologia Deo Patri, si levò di nuovo e piegò tre volte le ginocchia con grande riverenza per glorificare la Trinità, sempre adorabile. Rimase così prostrata tutto il tempo del Magnificat, pregando per la Chiesa; durante l'antifona Virgo Prudentissima, fece brillare una luce celeste su tutti coloro che la pregavano con divozione.

Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, Geltrude era così sfinita, che si poté a stento trascinare a Mattutino. Mentre stava seduta, affranta per lo sforzo fatto, il Signore, che si leva in alto, la visitò con le viscere della sua misericordia (Luc. I, 78). Infatti quando si lesse il VI Responsorio, ella fu rapita in spirito e le parve di assistere alla gioconda festa, nella quale la Vergine, dopo d'aver pagato il tributo alla natura, se ne entrò giubilante ne' regni celesti.

Dopo il Responsorio Super Salutem fino al Te Deum, durante il quale ella riprese i sensi, tutti i canti le procurarono speciali illustrazioni e gioie ineffabili. Ne citerò solo alcuna più accessibile alla umana intelligenza. Le parve dunque che il Responsorio Super salutem fosse cantato dai cori riuniti degli angeli e degli apostoli, per rallegrarsi con la Sovrana degli onori ricevuti. Durante quel tempo la gloriosa Vergine, attratta da una forza infinitamente dolce, usciva dalla prigione del corpo per lanciarsi nelle braccia amorose del Figlio. Egli, Padre tenerissimo degli orfani, si sostituiva per così dire alla Chiesa, sua diletta Sposa, e volle raccomandare alla Madre sua le intenzioni che più profondamente interessavano il suo Cuore. Così cantò Lui stesso il VII Responsorio: « Sancta Deo diletta - Santa ama ta da Dio ». In seguito, mentre la Vergine, man mano s'inalzava, il Figlio, acceso da affezione sempre più tenera per la Madre sua, raddoppiò le lodi, salutandola con l’VIII responsorio: Salve Maria; l'assemblea dei Santi, riprendendo i canti, aggiunse: « Salve, pia Mater christianorum - Salve, tenera Madre dei Cristiani ». In seguito Gesù, personificando ancora la Chiesa sua Sposa, cantò con voce chiara: « Virgo solamen desolatorum - Vergine consolatrice degli afflitti ».

Durante il cantico: Audite me, divini fructus, la beatissima Vergine parve entrare in cielo trasalendo di giubilo, ma la visione del trionfo meraviglioso non potrà mai essere espressa da umano linguaggio. La Vergine parve entrare in un magnifico prato, smaltato di fiori. Quando si cantò il versetto: Et frondete in gratiam, tutti i fiori vollero celebrare l'arrivo d'una sì grande Regina: dai loro petali irradiò una luce affascinante accompagnata da squisiti olezzi e da melodie così soavi, come se tutti i suoni della terra si fossero riuniti in un concerto armonioso.

La dolcissima Vergine, gustando la sua incomparabile beatitudine, lodava Dio e salmodiava: Gaudens gaudebo in Domino. Dio Padre, placato alla vista di una Vergine così bella, benedisse la Chiesa militante e le disse nell'abbondanza della sua soavità: Non vocaberis ultra derelieta. In seguito a onore della Vergine Maria, tutto il coro degli angeli cantò con slancio questo inno: Sexaginta sunt reginae, per dimostrare che la Madre di Dio è al di sopra di tutte le gerarchie. Il coro dei Santi incalzò et octogirata concubinae, proclamando che Ella ha ricevuto maggiori privilegi di tutti loro presi insieme. Infine il coro riunito degli Angeli e dei Santi, insistette cantando in nome della Chiesa militante: et adolescentularum non est numerus - per esaltare la Madre di Dio al di sopra di loro tutti. Lo Spirito Santo aggiunse una dolcissima modulazione: Una est columba mea, come se avesse detto: « Ho trovato solo in Essa la mia somiglianza, solo in Essa mi compiaccio di riposare ». Il Figlio di Dio proseguì: perfetta mea: cioè tutto ciò che la mia Divinità e la mia Umanità bramavano trovare nella creatura, l'ho scorto solo in Lei.

Dio Padre aggiunse: una est matris suae, eletta genetricis suae come se, nell'eccesso del suo amore, non potesse trattenere l'espressione della sua tenerezza. Maria venne allora posta con grande riverenza, sul trono di gloria alla destra del Figlio suo, mentre tutta la Corte celeste faceva echeggiare il Responsorio: Salve nobilis. Virga Jesse, Salve flos campi, Maria, Unde ortum est lilium convallium. Odor tuus super euncta preziosa unguenta; favus distillans labia tua, mel et lai sub lingua tua. Unde - Io ti saluto, nobile stelo di Jesse: io ti saluto, fiore dei campi, Maria. Da te è uscito il giglio delle valli. Nessuna preziosa fragranza può esserti paragonata. Le tue labbra distillano miele, la tua voce è dolce come miele e latte. I cittadini del cielo, plaudenti intorno a quel trono regale ed animati da crescente ardore, celebrarono la santissima vita di Maria, cantando con gìoia ineffabile il Responsorio: Beata es Virgo Maria - Fu la Trinità stessa che disse il versetto, per rinnovare in quella Vergine benedetta la dolcezza della Salutazione angelica, che fu l'inizio della sua gloria.
Il coro dei Santi riprese: « Ecce esaltata es - Ecco che sei esaltata » e la pregò d'intercedere per la Chiesa militante. Indi Dio Padre che si compiacque di onorare l'oggetto di tutte le sue tenerezze, iniziò il Responsorio « Ave, Sponsa Sunamitis, secundum Cor Summi Regis: Ave Virgo Mater, Spiritu Sancta teste, Tu olimi Mariam sordibus Aegyptiis millies exosam, Tu Theophtlum desperatum apostatam reconciliasti Filio Tuo. In gratia. O Sancta, o celsa, o be: nedicta, mitiga et nobis tram Filii tui. In gratiam. - Io ti saluto, Sposa Sunamite secondo il Cuore dell'altissimo Re. Io ti saluto Vergine Madre, come l'attesta lo Spirito Santo. Tu hai riconciliato in grazia col tuo Figlio, e Maria che si era coperta in Egitto da mille colpe, e Teofilo, l'apostata disperato. O Santa, o sublime, o benedetta, placa in nostro favore la. collera del Figlio Tuo ». Tale Responsorio incominciato dal Padre con le parole Ave Sponsa, venne continuato dal Figlio: Sunamitis secundum cor Summi Regis e ripreso dallo Spirito Santo: « Ave Mater Maria ». Il Figlio aggiunse: Spiritu Sancto teste. E tutti i Santi proseguirono con giubilo: Tu olim Martam sordibus Aegypti millies exosam; e gli angeli proclamarono Tu Theophilum desperatum apostatam reconciliasti Filio tuo in gratiam. Allora con slancio ineffabile tutti i Santi insieme, in nome della Chiesa militante, piegarono il ginocchio davanti alla Vergine Maria, osannando: O Sancta, o celsa etc. dopo di che la Trinità uscì come fuori dal profondo abisso del suo gaudio, intonando con ammirazione il XII Responsorio: Quae est ista? per proclamare i meriti della gran Madre di Dio.

Geltrude notò poi che la S. Vergine, con la milizia celeste, celebrava la propria beatitudine cantando Te Deum laudamus, a gloria dell'adorabile Trinità. La lode del primo verso si rivolgeva a tutta la Trinità; quella del secondo: Te aeternum Patrem, più specialmente al Padre, quella del terzo Tibi omnes Angeli, al Figlio; quella del quarto: Tibi Cherubin, allo S. Spirito. Così in ogni versetto ciascuna persona della SS. Trinità era lodata; i sette versetti Tu Rex glortae Christe s'indirizzavano più specialmente al Salvatore, felicitandolo perchè, mediante il suo aiuto, la Vergine aveva sempre glorificato il Signore con tutti i suoi affetti, senza mai lasciarsi distogliere d'alcun che di passeggero. Nei versetti seguenti: Aeterna jac, ciascuna delle Tre Persone divine era lodata a sua volta. Geltrude comprendeva sempre meglio come ogni versetto attribuito al Padre rispondeva allo scopo con perfetta convenienza; lo stesso avveniva per le altre due Persone.

Quando, dopo questa gioconda solennità, ella riprese contatto con la vita ordinaria, si accorse che non solo la sua anima che aveva gustato tante delizie, si era rinvigorita, ma persino il suo corpo aveva ripreso forze da poter camminare da sola senza fatica. La straordinaria energia si mantenne fin dopo la Messa solenne, all'ora del pasto.

Tre anni dopo ella era afflitta ancora da malattia. Nella vigilia dell'Assunzione, volle, fin dal mattino, sodisfare alla sua pietà e vide la Vergine Maria in un delizioso giardino fiorito, olezzante di soavi profumi. Nella gioia tranquilla di una celeste contemplazione la Vergine stava per spirare; la dolce serenità del suo volto, il fascino del suo atteggiamento e la Maestà della persona dicevano ch'Ella era veramente: la piena di grazia! In quel giardino si vedevano magnifiche rose senza spine, gigli splendenti di candore, viole fragratissime e moltissimi fiori di ogni qualità. Non v'era però un filo di erba. Cosa strana! Quel fiori, più erano lontani dalla Vergine, maggiormente brillavano per grazia, profumo e vigore. La celeste Regina ne aspirava gli olezzi, per esalarne poi gli effluvi nel divin Cuore, che l'amatissimo suo Figlio sembrava aprire davanti a Lei.

Una moltitudine innumerevole di Angeli parve occupare lo spazio che si trovava fra la Vergine e i fiori, di cui aspirava il profumo. Essi rendevano i loro omaggi all'eccelsa Regina e nel contempo lodavano il Signore. Geltrude vide anche S. Giovanni evangelista pregare con fervore al capezzale di Maria, la quale sembrava estrarre dal Santo una specie di emanazione meravigliosa. Tale visione le procurava grandi delizie ed ella desiderava di conoscerne il profondo significato. L'amabile Gesù le disse che il giardino simboleggiava il Corpo immacolato di Maria, e i fiori le virtù di cui era adorna. Le rose più lontane, le più belle, coltivate dagli spiriti celesti con maggior cura, rappresentavano le opere di carità verso Dio e verso il prossimo; più si esercita la carità e più l'anima diventa bella. I gigli dal profumo squisito e immacolato candore, significavano la santa sua vita che i fedeli cercano d'imitare. Infine quella misteriosa emanazione che la S. Vergine sembrava assorbire dal cuore di S. Giovanni, rappresentava la gloria attribuita a questo Santo apostolo, per il bene che la Madre di Dio aveva compiuto liberamente in terra, perchè egli provvedeva a tutti i suoi bisogni.

Geltrude chiese poi a Gesù quale vantaggio avesse San Giovanni per la filiale sollecitudine verso la Vergine». Egli le rispose: « Il mio Cuore si è dolcemente avvicinato a lui con altrettanti gradi d'amore a misura delle sue sollecitudini per la santa mia Madre ». Geltrude vide infine che la persona della benedetta Vergine, posta in quel giardino, rappresentava la sua anima così preziosa. Essa, saziata di delizie coi frutti delle sue virtù, raccoglieva tali frutti in se stessa, mediante un meraviglioso soffio che percorreva, per così dire, il giardino del suo corpo riportando tutto a Dio con slancio di riconoscenza. La beatissima Vergine parve riposare in questa grande gioia fino all'ora di Mattutino, bella quale Geltrude, rapita in estasi, la contemplò in un tranquillo riposo sul seno del diletto Figlio suo. Gesù gustava delizie ineffabili a deporre nel Cuore di sua Madre, tutti i frutti di virtù ch'Ella gli aveva offerti per riconoscenza. Passando dal suo divin Cuore essi acquistavano valore infinito e, simili alle rose e ai gigli delle valli, rivestivano la loro Regina di beltà, e freschezza incomparabile.

Dio Padre cantò Lui stesso, con dolcezza infinita il primo Responsorio dicendo: « Vidi speciosam - Ho visto la tutta bella » per far conoscere agli abitanti del cielo, che t'aveva trovata sulla terra, colomba senza macchia per la sua innocenza: « ascendentem desuper rivos aquarum »: elevata al di sopra delle correnti delle acque, per i suoi desideri:. « cujus tnaestimabilis odor erat in vestimento »: i cui vestimenti, (cioè la sua santa vita), diffondevano un ineffabile profumo, « et sicut dies verni circundabant eam Mores rosa rum et lilia convallium: e i fiori dei rosai e i gigli delle valli, (cioè le sue virtù), la circondavano come una fragrante primavera. Allora lo Spirito Santo, intonando il secondo Responsorio in nome della Santa Vergine, fece brillare di eccelso splendore la santità della sua vita con questa dolcissima modulazione: Sicut cedrus... Come cedro... In seguito tutti i Santi, estasiati dal concerto, espressero la loro ammirazione col III Responsorio: « Quae est ista? ». A ciascuna parola Geltrude riceveva grandi illustrazioni, ma per l'estremo sfinimento, non potè nulla ricordare.

Tutti i Santi, formando una magnifica processione, si riunirono davanti al trono verginale della gloriosa Madre, cantando in armonioso concerto il IV Responsorio: « Gaude Regina praepotens, aeterna lucis proenitens, gaude coelorum Domina, o Virgo pulcherrima. Gaude misericordissima, gaude. perenni gloria. Fac nos laetari, jaciemque tuam speculari, plena virtutis, dulcedinis et ptetatis. Gaude. - Sii felice, o Regina onnipotente, brillante riflesso dell'eterna luce, sii felice, Regina del cielo, o Vergine tutta bella. Sii felice, o misericordiosa Maria, sii felice per la tua inesauribile gloria. Donaci la gioia, mostraci il tuo volto, o piena dì virtù, di dolcezza, d'amore».

I Santi la lodavano per essere la Sovrana potente, che faceva in loro brillare la chiarezza dell'eterna luce; perchè stava per entrare nel suo regno, quale Regina del cielo e della terra; esultavano inebriati di gioia, perchè più bella di tutte le vergini, splendida in virtù, in grazia, potente in misericordia, e atta a soccorrere tutti gli uomini, di cui sarà la beatitudine poiché, per i suoi meriti, mette il colmo alla gioia di tutti i Santi.
Allora il coro degli angeli, avanzandosi con solennità, cantarono il versetto fac nos laetari quasi per attrarla a quella gloria, che doveva coronare la sua morte di tanti splendori. I Santi aggiunsero il Gloria Patri, per ringraziare la Trinità di tutte le grazie ricevute dalla Vergine nell'anima e nel corpo.

Le antifone ed i salmi che seguirono furono cantati dall'assemblea dei Santi, offrendo uno spettacolo meraviglioso. Al V Responsorio fu la nobile Vergine stessa che ritta cantò, in un trasporto di gioia e di gratitudine: « Beatam me dicent omnes generationes - Tutte le generazioni mi chiameranno beata ».
Infine la Santissima anima, benedetta fra tutte le creature, sciolta dal corpo, appoggiata con tenerezza al braccio del Figlio, e godendo dei baci dello Sposo, s'immerse, con un'incomparabile unione, alla sorgente di quella beatitudine infinita, dalla quale non doveva più uscire.

Tutta la Corte celeste fu illuminata e rallegrata dalla presenza di sì grande Regina. Mirava la Vergine incomparabile nei dolci amplessi che le prodigava l'ineffabile accondiscendenza del Re supremo; la vedeva esaltata al di sopra di tutti gli Angeli e Santi, posta immediatamente dopo la SS. Trinità. Tutti in coro celebrarono le sue lodi, cantando con meraviglioso trasporto di gioia, il VI Responsorio: Super salutem. Così terminò la visione.

Si vede chiaramente dal fin qui detto, con quale bontà Dio vuol provvedere alla salvezza di molti, accordando le sue grazie di privilegio ad una sola anima, poiché volle completare la visione iniziata tre anni prima.
Se la nostra negligenza chiude per noi la corrente spirituale della grazia, cogliamo qualche. fiore di divozione nel meraviglioso giardino che ci viene aperto.

Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, mentre Geltrude assisteva con fervore a Mattutino, volle avere in ciascuno dei tre Notturni, un'intenzione speciale. A ciascuna parola, a ciascuna nota del primo Notturno, ella ricordò alla gloriosa Vergine le ineffabili consolazioni ch'Ella dovette provare, tanto da parte del diletto suo Figlio, quanto da quella di tutti i Santi, mentre aspettava il momento del benedetto suo transito. A ciascuna parola che Geltrude, o altra persona divota pronunciava per richiamarle quelle gioie, la Vergine senza macchia, si vedeva circondata di rose e di gigli.

Al secondo Notturno Geltrude le ricordò le dolci consolazioni provate, passando dalla terra al cielo, appoggiata soavemente al suo Diletto. La divina Madre riceveva tanti gioielli, quante erano le parole che si pronunciavano nell'intero universo per richiamarle quei gaudi immensi.

Al terzo Notturno Geltrude ricordò alla celeste Regina quella gloria che sorpassa ogni intelligenza, di cui venne rivestita alla sua entrata in cielo, quando Dio le assegna il primo posto, al di sopra di tutti. Ogni parola di quel Notturno portò alla beatissima Vergine innumerevoli raggi di luce, e dolcezze più deliziose dei profumi di aromi squisiti.

Alla S. Messa, Geltrude recitò tre volte il Laudate omnes gentes, e domandò a tutti i Santi, com'era solita fare, di offrire col primo, al Signore, per essa, i loro numerosi meriti, onde prepararla a ricevere il divin Sacramento.

Col secondo pregò la SS. Vergine e col terzo Gesù per lo stesso motivo. La Regina celeste a quella preghiera si alzò ed offrì alla risplendente, sempre tranquilla Trinità, i meriti delle ineffabili grandezze che l'avevano, il giorno dell'Assunzione, innalzata al di sopra degli uomini e degli angeli, rendendola gratissima a Dio. Poi, lasciando il trono che occupava fece cenno a Geltrude, dicendo con infinita tenerezza: « Vieni, mia diletta, e mettiti al mio posto, perchè sei rivestita della perfezione e delle virtù che attiravano su me la compiacenza della SS. Trinità, affinché tu riceva, per quanto possibile, lo stesso favore ». Ma Geltrude, profondamente stupita, rispose con disprezzo di sè medesima: « O Regina di gloria, come mai potrei io ottenere i tuoi stessi favori? Quali meriti ho io al cospetto del Padre?». La Vergine rispose: « Se farai tre cose te ne renderai capace. Domanda, per la innocentissima purità con la quale ho preparato al Figlio di Dio dimora gradita nel mio seno verginale, di essere tu pure purificata da ogni macchia. Per la profonda umiltà che mi ha esaltata al di sopra degli Angeli e dei Santi, chiedi che tutte le tue negligenze siano riparate. Da ultimo supplica, per l'incomparabile amore che mi ha unita in eterno a Dio, d'essere arricchita di meriti abbondanti ». Geltrude, fatte le tre richieste, venne elevata in spirito, alla gloria sublime che le era stata accordata, con tanta bontà, per i meriti della Regina del cielo. Quando apparve allo stesso posto della Vergine Maria, arricchita de' suoi meriti, il Dio di maestà pose in essa le sue compiacenze, mentre gli Angeli e i Santi le offrivano a gara i più rispettosi omaggi.

Quando la Comunità si avanzava per ricevere il SS. Sacramento, la Regina di gloria si pose in piedi, alla destra di ciascuna Monaca, la coperse mentre si comunicava, con una parte del suo stesso manto, quella porzione che la Suora aveva infiorato con le sue preghiere. La Vergine diceva a Gesù: « Per onorare la mia memoria, o dolcissimo Figlio, guarda quest'anima ». A tali parole il Signore, con divina compiacenza, dimostrò a ciascuna Monaca tenerezze incomparabili e diede a tutte l'Ostia di salute. Geltrude, dopo di essersi comunicata, offrì al Signore in lode eterna l'adorabile Sacramento, per aumento della gloria di Maria SS. quasi per ricambiarla del dono che la celeste Madre le aveva fatto de' suoi meriti. Gesù parve presentare un regalo alla Madre sua dicendole: « Ecco, o Madre, che ti restituisco il doppio di ciò che è tuo: eppure nulla tolgo a questa anima che tu hai arricchito per mio amore ».

Nel ritorno della processione, mentre la comunità cantava l'antifona « Ave Domina mundi, Maria » parve a Geltrude che le falangi celesti, con l'estrema dolcezza delle loro armonie, facessero trasalire il cielo in un nuovo trasporto dell'allegrezza. Bentosto la Vergine apparve ritta sull'altare, alla destra del suo Figliuolo, rivolto verso il Convento, raggiante di luce meravigliosa. Alle parole: Ave Regina coelorum, tutti i santi, piegando il ginocchio davanti a Lei, la veneravano come Madre del Salvatore. Alle parole: Ave, Virgo Virginum, la Sovrana celeste presentava, con le sue mani, un giglio brillante di candore a tutte le persone presenti, quasi per impegnarle a imitare la sua castità, fortificandosi in questa bella virtù. Mentre si cantava: Per te venit redemptio nostra, le sue viscere materne furono così profondamente commosse, che non potendo sostenere l'eccesso della felicità, s'appoggiò teneramente al Cuore del Figlio suo. Alle parole: « Pro nobis rogamus, rogita - Noi te lo domandiamo, prega per noi! » ella circondò con le caste sue braccia il collo del Figlio e, prodigandogli tenere carezze, gli mostrò le Monache presenti, e i bisogni particolari di ciascuna. Quando s'intonò l'antifona Hodie Beata Virgo, sembrò che la Vergine. s'innalzasse verso le celesti regioni, circondata di gloria, portata dal Figlio suo ed accompagnata dai cori angelici, che applaudivano al suo trionfo. Mentre s'elevava al più alto dei cieli, Ella prese la mano destra del Figlio e benedisse con essa la Comunità.
Dopo quella benedizione, si vide su ciascuna Monaca come una croce d'oro sospesa con nastro verde. Geltrude comprese che tutti potevano aver parte al frutto di quella benedizione, purché avessero fede viva e sincera confidenza nella Madre di misericordia.


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