sabato 27 giugno 2020

UNA ATTIVA PARTECIPAZIONE ALLA MIA REDENZIONE

Papa Giovanni Paolo I - Wikipedia
5 maggio 1975
LI VOGLIO VIVI

Figlio mio, non mi accontento della adesione poco più che formale di molti miei sacerdoti.
Figlio, dai miei sacerdoti voglio una attiva partecipazione alla mia Redenzione.
Voglio i miei sacerdoti con me sul Calvario. Molti si rifiutano di seguirmi nella mia dolorosa ascesa.
I miei sacerdoti li voglio oranti e operanti con Me nell'Eucaristia. Alcuni non credono neppure alla mia presenza sugli altari, altri mi trascurano e si dimenticano di Me, altri - novelli Giuda - mi tradiscono.
Voglio i miei sacerdoti costruttori del Regno nelle anime, non devastatori del mio Regno!
Voglio dai miei sacerdoti l'amore, perché Io li amo infinitamente dall'eternità. Anima dell'amore è la sofferenza: si ama nella misura con cui si soffre. Ma oggi da molti si fugge dalla sofferenza, quindi dall'amore.
Figlio, voglio i miei sacerdoti consapevoli, responsabili e coscienti del loro ruolo nel Corpo (p. 7) Mistico. Li voglio vivi: vibranti di grazia, di fede, di amore e quindi di sofferenza.
Quanto tempo perduto, quanto bene non compiuto, quanti ostacoli e intoppi nel mio Corpo Mistico! Che sciupio di soprannaturale... perché molti, molti non hanno come supporto che scarsa fede, speranza e amore.
Poveri miei sacerdoti che vanno brancolando nel buio! Li amo, voglio la loro conversione, figlio.
Ti stupisce dunque se per loro ti domando di soffrire un poco e di pregare?

Li voglio coscienti
- Gesù, fammi intendere che cosa vuoi da noi sacerdoti.
 Te l'ho già detto: vi voglio coscienti della vostra vocazione. Io vi ho scelti, con speciale predilezione e amore.
Voglio i miei sacerdoti coscienti della loro partecipazione al mio Sacrificio, non simbolico ma reale. Ciò importa unione e fusione della mia e della loro sofferenza. Non formalismo esteriore ma stupenda e tremenda realtà: la santa Messa!
Il sacerdote deve unirsi a Me nell'offerta di Me stesso al Padre. Che Messa è quella del sacerdote carente di questa coscienza e convinzione? (p. 8)
Pensa, figlio mio, che dignità, grandezza e potenza, ho dato ai miei sacerdoti! Il potere di transustanziare il pane e il vino in Me stesso: nel mio Corpo, nel mio Sangue, in tutto Me stesso. Nelle loro mani ogni giorno si ripete il prodigio dell'Incarnazione.
Li ho costituiti depositari e distributori dei frutti divini del Mistero della Redenzione. Ho conferito a loro il potere divino di rimettere o di ritenere i peccati degli uomini.
Come il mio Padre putativo, li ho costituiti miei custodi sulla terra. Ma per molti quale differenza tra l'amore con cui mi custodiva San Giuseppe e la loro noncuranza di Me nel tabernacolo!
Figlio, ai miei sacerdoti ho affidato il compito di annunciare la mia Parola. Ma in che modo si attua questo importante compito del ministero sacerdotale? Lo dice la sterilità in genere che accompagna la predicazione.
Ai miei sacerdoti è affidato il compito di combattere contro le forze oscure dell'Inferno. Ma chi si cura di farlo? di cacciare i Demoni? Per far questo bisogna tendere alla santità; così pure per guarire gli infermi occorrono preghiere e mortificazione.
Figlio mio, i miei sacerdoti li voglio santi perché debbono santificare. Non debbono fare affidamento, per il loro ministero, sui mezzi umani come da molti si fa. Non devono confidare nelle (p. 9) creature, ma nel mio Cuore Misericordioso e nel Cuore Immacolato di mia Madre.
I sacerdoti sono veri ministri miei ma non hanno, fatta eccezione di pochi, coscienza di questa loro qualifica. Sono i miei ambasciatori, accreditati da Me presso gli uomini, le famiglie e i popoli.

Vanno con il mondo
" I sacerdoti sono realmente partecipi del mio eterno Sacerdozio. Il sacerdote è protagonista, nel Corpo Mistico, di grandi fatti ed avvenimenti soprannaturali.
I sacerdoti devono essere ostie da donarsi e immolarsi per la salvezza dei fratelli.
E' gravissimo peccato pensare di salvare le anime con le proprie umane risorse di intelligenza e di attività. Ogni attività esteriore del sacerdote che difetta di fede, amore, sofferenza e preghiera è nulla, è vana.
Il Sacerdozio è un servizio. Chi serve si differenzia dal servito; non si identifica con le persone servite. Il sacerdote deve differenziarsi dalle ani- me a lui affidate, come il pastore si differenzia dal suo gregge.
Se i sacerdoti vedessero la grandezza della loro (p. 10) dignità, la sublime soprannaturale potenza di cui sono rivestiti (come queste cose vedeva Francesco di Assisi) avrebbero per se stessi e per i confratelli un grande, devoto rispetto.
Figlio, purtroppo alcuni cercano se stessi, dimenticandosi di Me. Molti altri vanno con il mondo, pur sapendo che il mondo non è di Dio ma di Satana.
Alcuni mi tradiscono, altri demoliscono il mio Regno nelle anime seminando errori ed eresie. Altri sono aridi per carenza della linfa vitale dell'anima: l'amore, la cui vera anima è la sofferenza.
Devi quindi pregare e offrirti, con sensibile corrispondenza ai miei inviti, alla riparazione, alla penitenza, alla preghiera perché tutti i miei sacerdoti si convertano. Sì, si convertano e ognuno prenda il suo posto nel Corpo Mistico: ad majorem Dei gloriam e per la salvezza delle anime.

Reale rinnovazione
- Alla mia domanda che cosa intendeva precisamente, dicendo: " Voglio i miei sacerdoti oranti e operanti con Me nell'Eucaristia ", la risposta è stata questa:
" Che cosa ho fatto e faccio Io nel sacrificio della Croce e della Santa Messa? Come ho pregato (p. 11) il Padre? " Padre, se è possibile, passi da me questo calice, però non la mia ma la tua volontà si compia ".
Non dimenticare (come molti dimenticano) che il sacrificio della Santa Messa è la reale rinnovazione del sacrificio della Croce.
Nel sacrificio della Croce vi è la mia preghiera al Padre, unita all'annientamento della mia volontà, annientamento totale. Vi è l'offerta totale di Me stesso con atto di infinito amore e di infinita sofferenza; vi è l'immolazione di Me stesso per le anime.
Il sacerdote che si unisce, e che lo voglio unito a Me in questa sofferenza, partecipa più che mai al mio Sacerdozio. Non è mai tanto sacerdote come quando fa questo con Me.

Sciupio di soprannaturale
Quante Sante Messe prive di questa anima vitale, di questa unione intima e feconda!
L'amore a Dio e l'amore al prossimo il sacerdote lo attesta nell'atto più importante della sua giornata quando, responsabilmente in unione con Me, annienta se stesso nell'offerta efficace della sua volontà al Padre, e accetta di immolarsi per le anime per le quali lo incessantemente mi immolo.
Insomma il sacerdote deve nella Santa Messa realmente donarsi con Me al Padre per essere dal Padre donato alle anime.
Questo deve precedere ogni attività del sacerdote, altrimenti vi è sciupio di tempo e di soprannaturale, altrimenti si rende sterile in radice ogni sua attività.
Figlio, se ti facessi vedere come vengono celebrate molte, molte Sante Messe, ne rimarresti spaventato a tal punto da morire...
In questo senso ti ripeto: voglio oranti e operanti, come lo fui e sono, i miei sacerdoti; e solo così che si fanno strumenti per sè e per i fratelli di vera rinnovazione spirituale.
Quante attività inutili, figlio mio, perché private della loro anima naturale! (p. 13)


AMDG et DVM


mercoledì 24 giugno 2020

Mons. Comastri racconta alcuni miracoli eucaristici

I.N.R.I.

SOPRA LA CROCE DI GESÙ NON ERA SCRITTO SOLO INRI. ECCO IL VERO SIGNIFICATO DELL’ISCRIZIONE EBRAICA

INRI


Non solo INRI, Gesù Nazareno re dei Giudei…

di Daniele Di Luciano

In Esodo 20,2 Dio rivela il suo nome a Mosè:
Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto

La parola tradotta con “il Signore” è il famoso Tetragramma che gli ebrei non possono neanche pronunciare: “YHWH“, vocalizzato in diversi modi tra i quali “Yahweh“.
Le quattro lettere ebraiche che lo compongono sono queste: יהוה“, yod-he-waw-he.
Ricordiamo che l’ebraico si legge da destra verso sinistra.

Nel Vangelo di Giovanni, capitolo 19 versetti 16-22, leggiamo:

Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei».
Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.
I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: «Il re dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

Nonostante il brano in questione sia famosissimo, la scena che si è svolta davanti a Gesù crocifisso dev’essere stata un po’ diversa da come ce la siamo sempre immaginata. Giovanni, forse, ha provato a sottolinearlo ma il lettore, non conoscendo la lingua ebraica, è impossibilitato a comprendere.

L’iscrizione di cui parla Giovanni è la famosa sigla “INRI“, raffigurata ancora oggi sopra Gesù crocifisso.
L’acronimo, che sta per il latino “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum“, significa appunto “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei“.

Ma Giovanni specifica che l’iscrizione era anche in ebraico. Non solo: in un momento così importante l’evangelista sembra soffermarsi su dei particolari apparentemente di poco conto:

  • il fatto che molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città,
  • i capi dei sacerdoti che si rivolgono a Pilato per far modificare l’iscrizione,
  • Pilato che si rifiuta di cambiarla.


Ponzio Pilato, che era romano, probabilmente non capiva che, senza volerlo, aveva creato un po’ d’imbarazzo – se vogliamo definirlo così – agli ebrei che osservavano Gesù crocifisso con quell’iscrizione sopra la testa.

Henri Tisot, esperto di ebraico, si è rivolto a diversi rabbini per chiedere quale fosse l’esatta traduzione ebraica dell’iscrizione fatta compilare da Pilato. Ne parla nel suo libro “Eva, la donna” nelle pagine da 216 a 220.

Ha scoperto che è grammaticalmente obbligatorio, in ebraico, scrivere “Gesù il Nazareno e re dei Giudei“.
Con le lettere ebraiche otteniamo “ישוע הנוצרי ומלך היהודים. Ricordiamo la lettura da destra verso sinistra.

Queste lettere equivalgono alle nostre “Yshu Hnotsri Wmlk Hyhudim” vocalizzate “Yeshua Hanotsari Wemelek Hayehudim“.

Quindi, come per il latino si ottiene l’acronimo “INRI“, per l’ebraico si ottiene “יהוה“, “YHWH“.

Ecco spiegata l’attenzione che Giovanni riserva per la situazione che si svolge sotto Gesù crocifisso. In quel momento gli ebrei vedevano l’uomo che avevano messo a morte, che aveva affermato di essere il Figlio di Dio, con il nome di Dio, il Tetragramma impronunciabile, inciso sopra la testa.

Non poteva andar bene che YHWH fosse scritto lì, visibile a tutti, e provarono a convincere Pilato a cambiare l’incisione. Ecco che la frase del procuratore romano “Quel che ho scritto, ho scritto” acquista un senso molto più profondo.

Sembra incredibile? Pensate che Gesù aveva profetizzato esattamente questo momento. In Giovanni 8,28 troviamo scritto:

Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono
Per “innalzare” Gesù intende la crocifissione. “Io Sono” allude proprio al nome che Dio ha rivelato a Mosè in Esodo 3,14:

Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: «Io-Sono mi ha mandato a voi»


Fonte: da losai del 29 gennaio 2016-04-14

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