sabato 13 giugno 2020

DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO CHE E' LA TUA PAROLA...

1. In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: «Un uomo diede una grande cena e invitò molti. All'ora della cena mandò il suo servo a dire agli invitati di venire» (Lc 14,16-17).
    Leggiamo nel primo libro dei Re: «I filistei, radunate le loro schiere per combattere, si ammassarono a Soco di Giuda e si accamparono tra Soco e Azeka nel territorio di Dammim. Anche Saul e i figli d'Israele si radunarono e si accamparono nella valle del Terebinto e si schierarono in battaglia di fronte ai filistei» (1Re 17,1-2). Filistei s'interpreta «che cadono ubriachi di bevande», Soco «tende», Giuda «confessione», Azeka «rete» o «laccio», Dammim «rossa» di sangue.
    I filistei raffigurano i demoni i quali, ubriacati dalla bevanda della superbia, precipitarono dal cielo. Essi, radunate le loro schiere, si ammassano per la battaglia a Soco di Giuda, cioè per combattere contro quelli che militano nelle tende della penitenza; e si accampano tra Soco e Azeka, nel territorio di Dammim. Infatti i demoni perseguitano i giusti per farli cadere nella rete delle cattive suggestioni e con l'inganno li conducono fino al sangue del peccato.
    Si legge nel terzo libro dei Re che i cani leccarono il sangue di Acab (cf. 3Re 22,38). I cani sono i demoni che leccano il sangue di Acab - nome che significa «fratelli [figli] dello stesso padre» -, di colui cioè che era solito dimorare in fraternità con i penitenti, i quali hanno un solo Padre, Dio. Invece i figli d'Israele, cioè i veri predicatori, uniti nell'unica fede, devono dirigere la forza della mente e della predicazione al combattimento contro i demoni.

    E in quale luogo? Naturalmente nella valle del Terebinto, vale a dire nell'umiltà della croce, dalla quale emanò la preziosissima resina del sangue di Gesù Cristo, che dice nel vangelo di oggi: «Un uomo fece una grande cena».
2. In questo vangelo si devono considerare tre momenti. Primo, la preparazione della grande cena e gli inviti fatti per mezzo del servo: «Un uomo fece una grande cena». Secondo, le scuse degli invitati: «E incominciarono tutti insieme a scusarsi». Terzo, l'ingresso alla cena dei poveri, dei deboli, dei ciechi e degli zoppi: «Allora il padrone di casa, irritato... «. Vedremo di concordare queste tre parti del vangelo con alcuni racconti del primo libro dei Re.
    In questa domenica si canta nell'introito della messa: «Il Signore è diventato il mio sostegno» (Sal 17,19). Si legge quindi un brano della prima lettera del beato Giovanni: «Non vi meravigliate se il mondo vi odia»; brano che divideremo in tre parti per vederne la concordanza con le tre parti del vangelo. La prima: «Non vi meravigliate»; la seconda: «Da questo abbiamo conosciuto l'amore di Dio»; la terza: «Se uno ha ricchezze di questo mondo».

venerdì 12 giugno 2020

Maurice Zundel

Maurice Zundel • Dio non è il sommo padrone che possiede tutto ...
„É del tutto inutile costruire una chiesa con il pretesto che vi si collocherà il santissimo Sacramento, se nessuno vive di esso.“ —  
Maurice Zundel Stupore e povertà

Fonte: https://le-citazioni.it/autori/maurice-zundel/



„Finché non abbiamo incontrato Dio, finché non siamo uno sguardo di amore per Lui, Dio è come un falso Dio.“ — 

Maurice Zundel Il volto di Dio nel quotidiano

Fonte: https://le-citazioni.it/autori/maurice-zundel/



„L'eucaristia non è mai una cosa privata. La messa è sempre universale.“ —  
Maurice Zundel Il volto di Dio nel quotidiano 

„Se non si salva l'uomo non si salverà niente, perché è l'uomo stesso che è chiamato a diventare il regno di Dio.“ — 
Maurice Zundel Vita.

AMDG et DVM

Gesù non fa mai paura

Dai QUADERNI  1943 di 

Maria Valtorta



12 giugno 1943


    Dice Gesù: 

   «Molti, se molti leggessero quello che ti dètto, troverebbero che delle espressioni sono un po’ forti, quasi impossibili alla loro vista umana. Il Padre1 se ne stupirà meno perché, come mio servo, sa che nulla è impossibile a Dio, anche certe forme di condotta verso le anime che non sarebbero seguite dagli uomini che misurano le cose e le applicano secondo una falsariga e un modello creato da loro. Cioè sempre imperfetti.
   Quando Io dico2: "Ti ho tanto amata che ho persino accontentato i tuoi capricci...", dico una frase che farebbe sgranare gli occhi a molti e farebbe applicare critiche irrispettose a Me e giudizi poco piacevoli a te. Eppure è così, e questo avvenne per una mia vista giustissima.
   Quando Io ti volli per Me, povera Maria, eri così umana e l’umanità che avevi avuto intorno a te era ancor più umana di te stessa e ti aveva sempre più appesantita, di modo che eri proprio una piccola selvaggia. Se Io allora ti avessi chiesto quello che ti ho chiesto dopo, e specie quello che voglio da te, ora per ora, adesso, tu saresti fuggita spaventata.

   Ma Gesù non fa mai paura. Gesù coi suoi figli cari è un padre di un’amorevolezza perfetta; di una amorevolezza divina, perché se Gesù fu uomo e dell’uomo conobbe i sentimenti, Egli è sempre stato ed è Dio, e perciò nei sentimenti raggiunge la perfezione di Dio.
   Allora Io per avvicinarti e perché tu ti avvicinassi senza timore e con sempre più amore, ho seguito la regola in uso fra gli uomini per conquistare i bimbi scontrosi. Ti ho offerto e donato tutto quanto desideravi. Erano inezie alle volte, delle altre erano cose grandi. Ebbene: il tuo Gesù te le ha date.
   Qualche volta sognavi ad occhi aperti e davi per certo il sogno. Un uomo ti avrebbe smentita facendoti passare per pazza e insincera. Io, Dio, ho mutato i tuoi sogni in certezze per non avvilirti al cospetto del mondo. In tal modo ho ottenuto che tu ti affezionassi3 talmente a Me da giungere a quello che sei ora: una cosa sperduta in Me, inscindibile da Me.

   Tu, essere finito e imperfetto, non esisti più con le tue limitazioni e imperfezioni umane, perché sei assorbita, e da te stessa ti sei fatta assorbire, da Me. Vedi Me in ogni cosa piacevole, spiacevole, lieta, triste, che ti accada. Agisci guardando il mio Viso. Sei affascinata del mio Viso. Potrei guidarti con lo sguardo. Con anche meno: il battito del mio Cuore, del mio Amore, ti guida. Vivi del mio amore. Vivi nel mio amore. Vivi per il mio amore.
   Quando hai una gioia mi corri incontro ridendo a dirmi grazie. Quando hai un bisogno tendi la tua mano chiedendolo. Quando hai un dolore mi vieni sul Cuore per piangere. Sei talmente convinta che Io sono il tuo Tutto, che prendi decisioni, che hai confidenze che alla corta vista umana potrebbero parere imprudenze e pazzie. Ma tu sai che Io sono il tuo Tutto. Un Tutto-Dio e che posso tutto, e ti fidi.
Casa Valtorta - Fondazione Maria Valtorta Cev onlus
   E’ proprio questa confidenza assoluta che mi spinge a compiere per te continui piccoli miracoli, perché è la confidenza di chi mi ama quella che apre il mio Cuore di Dio per farne scendere torrenti di grazie.
Sei mia perché Io ti ho saputo prendere, perché ho saputo fare della tua povera umanità avvilita un capolavoro della Misericordia. Sei mia, la mia piccola Mia. Eri di tante cose. Vivevi per le sollecitudini umane. Soffrivi, morivi nella carne e nell’anima perché sei un’anima che il mondo non sazia e non sapevi trovare la via. Adesso sei mia, solo mia. E anche sulla croce sei felice perché hai chi ti ama come vuoi tu. Hai Me, tuo Dio e tuo Sposo, tuo Gesù.»


   «Quando un’anima giunge ad essere così mia, l’amore le tiene posto di Legge e di Comandamenti. Divini l’una e gli altri, ma che fanno ancora sentire la loro presenza. Sono come le bardature messe alla vostra animalità perché non si impenni e vada nei precipizi.
   Ma l’Amore non ha peso. Non è una briglia che esercita coercizioni. È una forza che vi conduce liberandovi anche dalla vostra umanità. Quando un’anima ama realmente, l’Amore le tiene luogo di tutto. È come un piccolo bimbo nelle braccia della sua mamma che lo nutre, lo veste, lo addormenta, lo lava, lo porta a spasso o lo mette nella cuna per suo bene. L’Amore è la mistica nutrice che alleva le anime destinate al Cielo.


   Se per un miracolo speciale, voluto per 3/4 dalla vostra volontà - perché senza la vostra volontà certi miracoli non possono, non devonoaccadere - e per un quarto dalla mia benignità, tutte le anime divenissero viventi solo per lo spirito, ossia tutte degne del Cielo, Io direi per la terra la parola "Fine" per potervi portare tutti al Cielo prima che un nuovo fermento di umanità corrompesse di nuovo qualcuno dei più deboli fra di voi. Ma disgraziatamente questo non accadrà mai. Anzi sempre più spiritualità e amore muoiono sulla terra.
   Per questo le anime che sanno vivere nella spiritualità e nell’amore devono toccare i vertici dello spirito, della carità a del sacrificio - perché il sacrificio non manca mai in questa trinità di cose necessarie per essere miei discepoli veri - e riparare per le altre che hanno sterilito spirito e amore nei loro cuori.
   Riparare, consolare, soffrire. Saranno le vittime quelle che salveranno il mondo.»


   1 Padre Migliorini. 

   
   
2 Nel dettato del 4 giugno, pag. 12.
   affezionassi è nostra correzione da affezionassi

Tredicina per sant'ANTONIO

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Giugno
1. Il Signore preparerà per tutti i popoli su questo monte (di Sion) un banchetto di carni grasse... e di vini prelibati (cf. Is 25,6). È ciò che fa oggi la chiesa, per la quale Cristo ha preparato un banchetto splendido e sontuoso, di una duplice e abbondante ricchezza: diede il suo vero corpo e il suo vero sangue, e comandò che fosse dato anche a tutti quelli che avrebbero creduto in lui.
Perciò si deve credere fermamente e confessare con la bocca che quel corpo che la Vergine partorì, che fu inchiodato sulla croce, che giacque nel sepolcro, che risuscitò il terzo giorno, che salì alla destra del Padre, egli lo diede realmente agli apostoli, e la chiesa ogni giorno lo "prepara" e lo distribuisce ai suoi fedeli.

2. Il contemplativo, quando si alza alle sfere superiori, non percorre una via stabilita o diritta, perché la contemplazione non è in potere del contemplativo, ma dipende dalla volontà del creatore, il quale elargisce la dolcezza della contemplazione a chi vuole, quando vuole e come vuole.
3. Il gaudio della speranza del cielo e l'ascolto dei divini precetti seppelliscono il giusto nella duplice spelonca della vita attiva e contemplativa, perché sia protetto al riparo del volto di Dio, nascosto agli intrighi degli uomini e lontano dalle lingue che contraddicono (cf. Sal 30,21).

4. Nella penitenza, come nella mandorla, ci sono tre elementi: la corteccia amara, il guscio solido, il seme dolce. Nella corteccia amara è indicata l'amarezza della penitenza, nel guscio solido la costanza della perseveranza e nel seme dolce la speranza del perdono.
5. Benché l'albero, cioè il corpo dell'uomo, venga tagliato dalla scure della morte, sia invecchiato, decomposto nella terra e ridotto in polvere, tuttavia l'uomo deve avere la speranza ch'esso rifiorirà, cioè risorgerà, e che le sue membra ricresceranno e che, al sentore dell'acqua, cioè per la munificenza della sapienza divina, germoglierà di nuovo e ritornerà al suo splendore, come nel paradiso terrestre.
6. Colui che nutre la speranza dei beni eterni è pieno dell'umore della devozione. Invece la speranza posta nei beni terreni non produce il frutto della carità; è piccola e meschina perché non cresce in Dio; è insipida perché la sua sapienza non è condita con il divino sapore.

7. Quando all'inizio della conversione e della nuova vita scoppiano i tuoni, cioè le tentazioni della prosperità o delle avversità, queste riescono spesso a guastare le uova della speranza e dei santi propositi. Quindi il figlio della grazia deve domandare al Padre della misericordia l'uovo della speranza dei beni eterni perché, come dice Geremia, "benedetto è l'uomo che confida nel Signore: il Signore stesso sarà la sua speranza" (Ger 17,7).
8. Come si deve aver paura del pungiglione che lo scorpione ha sulla coda, così è un atto contrario alla speranza guardare indietro, cioè al passato: la speranza è la virtù che si protende in avanti, che aspira cioè ai beni futuri.

9. Leggiamo in Giobbe: "Il legno (l'albero) ha una speranza: se viene tagliato, ancora ributta" (Gb 14,7). Così l'uomo ha e deve avere la speranza che il legno, cioè il suo corpo, dopo essere stato tagliato dalla scure della morte, rifiorirà nella risurrezione finale.
10. Dove ci sono timore e speranza, lì c'è una vita impegnata in Dio. E considera ancora che l'olio galleggia su tutti i liquidi, e per questo simboleggia la speranza, che ha per oggetto le cose eterne, le quali sono al di sopra di ogni bene transitorio. Infatti si chiama speranza, in latino spes, perché è il piede, in latino pes, per camminare verso il Signore. Speranza è attesa dei beni futuri, ed essa esprime il sentimento dell'umiltà e un'attenta dedizione di sudditanza.
11. Quelli che non sperano in se stessi ma solo nel Signore, che è il Dio della speranza, riacquisteranno forza, per essere forti in lui, anche se sono deboli in questo mondo.
12. Come l'uccello è fornito di due ali, così nell'anima c'è la fede e la speranza. La fede e la speranza riguardano le cose invisibili, e quindi dalle cose visibili innalzano a quelle invisibili. Ma coloro che hanno la fede solo a parole, che pongono la loro speranza solo in se stessi e nelle loro cose e pongono la fiducia nell'uomo, costoro bramano avidamente le cose terrene, gustano solo quelle e solo su quelle si fermano.
13. La virtù dei santi è come il piombino del muratore che controlla la perpendicolarità dei muri... Quando si celebrano le feste dei santi, viene teso questo piombino sulla vita dei peccatori; e quindi celebriamo le loro feste per avere dalla loro vita una norma per la nostra. È ridicolo perciò nelle solennità dei santi, volerli onorare con i cibi (con grandi pranzi), quando sappiamo che essi hanno conquistato il cielo con i digiuni.

14. Giuseppe e Maria sono figura della speranza e del timore, che sono come i "genitori" del giusto. La speranza è l'attesa dei beni futuri, che genera un sentimento di umiltà e una pronta disponibilità di servizio. La speranza è detta in latino spes, quasi pes, piede, passo di avanzamento: ecco l'aumento, l'accrescimento. Al contrario si dice disperazione, quando non c'è nessuna possibilità di andare avanti, poiché quando uno ama il peccato non spera certo nella gloria futura. E perché la speranza non degeneri in presunzione, dev'essere unita al timore, che è principio della saggezza (Sal 110,10; Eccli 1,16), al cui possesso nessuno può giungere se prima non ha assaporato l'amarezza del timore. Per questo è detto nell'Esodo che i figli d'Israele, prima di arrivare alla dolcezza della manna, trovarono l'amarezza dell'acqua di Mara (cf. Es 15,23). Bevendo una medicina amara si arriva alla gioia della guarigione.
15. "Ogni ipocrita è malvagio" (Is 9,17), dice Isaia; e Michea: "Il migliore tra di essi è come un pruno, e il più retto come le spine della siepe" (Mic 7,4). Veramente oggi molti sono ipocriti, pruni e spine. L'ipocrita è colui che finge di essere ciò che non è; è come il cespuglio di pruni, che sembra morbido nelle parole, ma punge con i fatti; è come le spine che feriscono i passanti per succhiarne il sangue della lode e del denaro.

16. Gesù Cristo darà il premio della vita eterna a colui che avrà sconfitto l'appetito della carne, avrà imitato gli esempi dei santi, e avrà scacciato gli zoppi e i ciechi, cioè i prelati e i sacerdoti che zoppicano da entrambi i piedi, vale a dire nei sentimenti e nelle opere, e che sono ciechi da entrambi gli occhi, vale a dire nella vita e nella scienza. Costoro hanno in odio la vita di Gesù Cristo, poiché vendono al diavolo la loro anima, per la quale Cristo ha dato la sua vita.

17. Come nelle mani ci sono dieci dita, così dieci sono le specie di flagellazione, cioè di mortificazione che dobbiamo praticare: la rinuncia alla propria volontà, l'astinenza dal cibo e dalla bevanda, la rigorosità del silenzio, le veglie di preghiera durante la notte, l'effusione delle lacrime, il dedicare un congruo tempo alla lettura, il lavoro materiale, la generosa partecipazione alle necessità del prossimo, il vestire dimessamente, il disprezzo di sé. Con queste dieci dita dobbiamo afferrare il flagello e colpirci senza pietà, senza misericordia, quasi con ferocia, perché nel giorno del castigo che spezzerà le ossa, possiamo trovare misericordia.
18. Come l'oro è superiore a tutti i metalli, così la scienza sacra è superiore a ogni altra scienza: non sa di lettere chi non conosce le "lettere sacre".
19. Gesù Cristo fu misericordioso nell'Incarnazione, forte e valoroso nella Passione e sarà sommamente desiderabile per noi nella beatitudine eterna. Parimenti è misericordioso nell'infusione della grazia.
20. La nostra anima è il giardino nel quale Cristo, come un giardiniere, mette a dimora i misteri della fede e poi la irriga quando le infonde la grazia della compunzione. Egli l'ha generata nei dolori della sua Passione.
21. Il giusto, nell'abbondanza della grazia che gli è elargita, entra nel sepolcro della vita contemplativa; come a suo tempo il mucchio di grano viene portato nel granaio, così, soffiata via la paglia delle cose temporali, la sua mente si rinchiude nel granaio della pienezza celeste e così rinchiusa si sazia della sua dolcezza.

22. Il volto del Padre è il Figlio. Come infatti una persona si riconosce dal volto, così per mezzo del Figlio conosciamo il Padre. Quindi la luce del volto di Dio è la conoscenza del Figlio e l'illuminazione della fede, che nel giorno della Pentecoste fu segnata e impressa nel cuore degli apostoli.

23. L'edera che da se stessa non può spingersi in alto, ma lo fa attaccandosi ai rami di qualche albero, sta a significare il ricco di questo mondo, il quale può elevarsi al cielo non per se stesso, ma con le elemosine elargite ai poveri, che lo sollevano a modo di braccia.
24. Giovanni (Battista) è detto "cervo slanciato", cioè agile e veloce, che scavalca luoghi spinosi e scoscesi, perché incrementa la corsa con i salti. Così il beato Giovanni scavalcò rapidamente le ricchezze del mondo, raffigurate nelle spine, e i piaceri della carne, paragonati alle scabrosità del suolo. Se egli, santificato già nel grembo materno e del quale, a testimonianza del Signore, uno più grande non ci fu tra i nati di donna, si tormentò con vesti così rozze e visse con cibo così povero, cosa possiamo dire noi, miseri peccatori, concepiti nei peccati, pieni di vizi, che detestiamo ogni asprezza e cerchiamo delicatezze e comodità?
25. Quando nel cuore dell'uomo ci sono le tenebre del peccato mortale, l'uomo è in preda alla mancanza della conoscenza di Dio e all'ignoranza della propria fragilità, e non sa distinguere il bene dal male. Invece la luce che illumina l'anima è la contrizione del cuore, che produce la conoscenza di Dio e della propria infermità, e mostra la differenza tra l'uomo retto e quello malvagio.

26. Come l'aurora segna la fine della notte e l'inizio del giorno, così la contrizione segna la fine del peccato e l'inizio della penitenza.

27. L'anima fedele che in Matteo viene chiamata "vigna", deve essere sarchiata con il sarchio (la zappa) della contrizione, potata con la falce della confessione e sostenuta con i paletti della penitenza (o soddisfazione).
28. Cingiti con la cintura della confessione e raccogli i tuoi vestiti perché non scendano a toccare le cose immonde della strada. E non voler passare per l'abbondanza dei beni terreni, dove molti si sono perduti, ma scegli di passare per la semplicità e le strettezze della povertà.

29. Coloro che rinnegano Cristo tre volte nelle tenebre dei peccati, al canto del gallo, cioè alla predicazione della parola di Dio, si pentano, per essere poi capaci, nella luce della penitenza, insieme con il beato Pietro, di dichiarare per tre volte: "Amo, amo, amo". Amo con il cuore per mezzo della fede e della devozione; amo con la lingua con la professione della verità e con l'edificazione del prossimo; amo con la mano mediante la purezza delle opere.

30. Ogni giorno il ventre esige ad alta voce il tributo della gola; ma il penitente non lo ascolta per nulla, perché gli obbedisce non per il piacere, ma solo per necessità.

TREDICINA A SANT’ANTONIO
1. O gloriosissimo sant’Antonio, che otteneste da Dio la virtù di risuscitare i morti, risvegliate l’anima
mia dalla sua tiepidezza ad una vita fervorosa e santa.
2. O sapientissimo sant’Antonio, vero luminare di santa Chiesa e del mondo, illuminate l’anima mia
con la luce delle celesti verità.
3. O pietosissimo Santo, sempre pronto e potente nel soccorrere i vostri devoti nelle loro calamità,
soccorrete l’anima mia nella presente necessità.
4. O potentissimo sant’Antonio, che fin da giovinetto imparaste a vincere il nemico infernale,
custodite e difendete l’anima mia dai suoi assalti e terribili tentazioni.
5. O purissimo sant’Antonio, giglio incomparabile d’innocenza, non permettete che l’anima mia
s’imbratti mai della schifosa lebbra dell’impurità.
6. O medico celeste, carissimo sant’Antonio, per cui tanti infermi tornano a salute, risanate l’anima
mia dalle ferite della colpa e dirizzatene le cattive inclinazioni.
7. O fedelissimo sant’Antonio, dirigete l’anima mia nel burrascoso mare della vita, e conducetela al
porto della sua eterna salute.
8. O tenerissimo sant’Antonio, liberatore dei condannati dell’umana giustizia, liberate l’anima mia dai
lacci del peccato, affinché non cada nei ceppi della terribile giustizia di Dio.
9. O vero Santo miracoloso, per cui anche le membra staccate dal corpo si ricompongono e
riacquistano la vita, ricongiungete alla Chiesa i suoi membri staccati dall’empietà e dal vizio.
10. O graziosissimo sant’Antonio, che sì bene fate ritrovare le cose smarrite, fate che io non perda
mai col peccato la grazia e l’amicizia con Dio; ma se per somma sventura la perdessi, subito la ritrovi
per non perderla mai più.
11. O carissimo Santo, giovani e vecchi vengono a voi e sono esauditi. Eccomi anch’io, povero e
miserabile: non venga mai meno la vostra carità, ed esauditemi.
12. O benignissimo sant’Antonio, molti pericoli circondano l’anima mia: da essi liberatemi e
salvatemi.
13. O amatissimo sant’Antonio, dalla vostra Padova, dalla vostra Arca guardate alle mie necessità;
parli a Dio per me la vostra Lingua miracolosa, sicché io possa finalmente essere consolato ed
esaudito.