giovedì 21 maggio 2020

Il delitto più grande! Distruggere la fede e la fiducia. La fede nelle verità della Rivelazione. La fiducia nella bontà e onnipotenza divina.


Rassegna e confronto tra le sette chiese di allora e 
lo stato attuale delle diverse religioni e chiese...
(...)
La verità di tutto è nel Libro. Perché è parola scritta per ispirazione della Sapienza, ossia di Dio. Ogni altra cosa è finzione, è immaginazione, è deduzione umana. Uno solo non sbaglia mai: Dio. L'uomo, anche il più santo, o il più dotto in cultura umana, può sempre errare quando parla o agisce da "uomo", ossia quando non è mosso dallo Spirito Santo, quando non è illuminato dalla Luce-Gesù, quando toglie lo sguardo dal Padre-Dio non vedendolo più in tutte le sue opere.
   Anche la scienza può esser buona e utile. Dio ha dato l'intelletto all'uomo con fine buono e perché lo usi. Ma il 90% degli uomini non lo usano sempre a fine buono. E gli scienziati, in numero anche superiore al 90%, non lo usano a fine buono.



   Perché ciò? Perché per seguire ed inseguire vie e chimere umane perdono di vista Dio e la sua Legge. Sì, anche se in apparenza lo ser­vono, e gli dànno culto esteriore, e anche, sì, un relativo culto interiore, e sono convinti di onorarlo, in verità non lo vedono più lumi­nosamente, né vedono luminosamente gli eterni precetti d'amore. Non vivono più la vita di Dio, che è vita d'amore. Se vivessero que­sta vita, se vedessero luminosamente Dio e la sua Legge, come po­trebbero usare il loro intelletto per distruggere con le loro scientifi­che deduzioni la semplice fede dei "piccoli" e con le loro scientifi­che scoperte l'esistenza di tante vite umane, di intere città, e mina­re persino tutto il globo terracqueo col turbare l'equilibrio, l'ordine degli elementi, delle leggi cosmiche, messo da Dio, e che da millenni fa sì che la Terra viva e produca vite vegetali e animali senza uscire dalla sua orbita, senza spostarsi dal suo asse, evitando così catacli­smi apocalittici?

   Ma più grande delitto è distruggere la semplice fede dei "piccoli", è distruggere nelle masse la persuasione che Dio è quel Padre amoroso che ha cura persino degli uccelli e dei fiori del campo, e ascolta ed esaudisce le richieste che i figli suoi gli fanno con preghiera piena di fede.
 Come può più l'uomo credere semplicemente se, in nome della scienza e col suffragio di incerte prove scientifiche, voi scardinate le fondamenta della Rivelazione contenuta nel Libro? Come può più l'uomo credere che Dio è potente, è amoroso, è Padre che ha cura dei suoi figli se, in grazia delle vostre scoperte, l'uomo è percosso da castighi — no, non castighi, perché da tutte le leggi umane è castigato il malvagio, mentre i vostri mezzi di distruzione colpiscono un numero smisurato di non malvagi — se l'uomo è torturato sino ad impazzirne o morirne di terrore o di ferite, ridotto a non avere più neppure la tana che Dio concede agli animali anche feroci, il cibo e le vesti concessi agli uccelli e ai fiori del campo?


   Il delitto più grande! Distruggere la fede e la fiducia. La fede nelle verità della Rivelazione. La fiducia nella bontà e onnipotenza divina. La prima distruzione fa crollare tutto un mondo di cose credute e che erano incentivo potente a vivere da figli di Dio, cancella tutto un poema luminoso che celebra le bontà infinite del Signore. La seconda fa sì che l'uomo, sconfortato dalle esperienze vissute, dica: "A che vale pregare, sacrificarsi, vivere da giusti, se poi si è ugualmente percossi così?". È il dubbio che sorge! È il conseguente rilassamento della fede, dei costumi! È la preghiera abbandonata! È la disperazione, talora! Ecco i frutti della scienza disgiunta dalla Sapienza.
   I frutti del maledetto albero della scienza, non reso buono dall'innesto della Sapienza. Volete tutto conoscere, tutto investigare, tutto spiegare. Ma l'intelletto dell'uomo, e specie dell'uomo decaduto, intelletto leso per la Colpa d'origine, intelletto leso per la concupiscenza mentale, non può tutto conoscere. Anche Adamo, pur essendo stato fatto "re" di tutto il creato, aveva ricevuto un divieto: "Non mangiare del frutto dell'albero della scienza del bene e del male, perché quel giorno che ne mangerai morrai". Non ubbidì, volle tutto conoscere, e morì prima nella Grazia, poi nella carne. Anche ora troppi, avendo di fronte i due alberi — quello che dà la Vita, ossia Gesù-Redentore-Salvatore-Parola che dà la Vita eterna, e l'albero della scienza che dà frutti generalmente di morte — tendono la mano a questo e non a quello, gustano di questo e non di quello, e si dànno la morte, e dànno la morte.


   Tutta colpevole la scienza? No. Come nessun uomo è totalmente malvagio e perennemente malvagio, così la scienza non è sempre e tutta malvagia e colpevole. Vi sono scienziati che usano il loro sapere ad opere di bene. Altri che, pervenuti a scoperte di mezzi omicidi, le distruggono, preferendo rinunciare alla gloria umana, che a loro verrebbe per tale scoperta, pur di risparmiare nuovi flagelli all'umanità. Altri ai quali, perché sono veramente cristiani, lo studio scientifico aumenta la religione, aumenta le virtù soprannaturali e morali.
   Costoro sono benedetti da Dio e benefattori dell'Umanità. E andrebbero imitati da tutti gli altri. Invece no. Ascoltati, presi per suffragio delle loro deduzioni, sono gli altri scienziati, quelli che tutto scrutano e spiegano umanamente, vedendo tutto col loro occhio umano, materiale, che guarda in basso, guarda la Terra e i suoi segreti, come fanno gli animali e peggio di essi. Perché in verità si direbbe che gli animali, molti di essi, sappiano lodare le cose, almeno le cose belle del Creato, le cose buone, grati al sole che li scalda, all'acqua che li disseta, ai frutti della Terra che li sfamano, all'uomo che li ama, molto meglio degli uomini.
   L'uomo, creatura ragionevole, dotata di spirito e di vita soprannaturale, dovrebbe saper guardare in alto, al Cielo, a Dio. Purificare la sua pupilla e il suo sapere attraverso la contemplazione delle opere divine, attraverso alla fede che Egli le ha fatte, vedere il segno incancellabile che esse tutte portano impresso e che le testifica fatte da Dio.
   Religione e fede, religione e carità, rendono attivamente buono l'investigare umano. Privo di queste forze spirituali, o avendo queste forze in misura non perfetta, l'investigare umano cade in errore, e trae altri in errore, e in indebolimento o morte della fede.
   Per apparire attualiconsoni ai tempi, che in verità non sono certo tempi da elogiarsi, non respingete le luci, tutte le luci che vi vengono direttamente dalla Rivelazione, dalla Sapienza, e indirettamente dall'investigare sapiente di scienziati cristiani che si sono innalzati a Dio per poter penetrare anche nei misteri del mondo, ma penetrarvi con spirito buono onde conoscerne la verità, verità che conferma l'opera di Dio e a Lui ne dà lode. Non prendete invece, per apparire attuali e consoni ai tempi, quelle "profondità di satana", come sono dette nell'Apocalisse c.II v.24, o quanto meno "del mondo", le quali non sono conformi alla Rivelazione, per spiegare quanto è, ed è unicamente per onnipotenza e opera divina.


   Altrove ancora vi è tiepidezza nel servizio di Dio e orgoglio di sé. La concupiscenza triplice trionfa là dove dovrebbero essere regine le virtù, e fa poveri e senza luce quelli che sono tiepidi e orgogliosi. Poveri di quanto è necessario per essere giusti e di quanto è necessario avere per fare dei propri sudditi dei giusti. Chi è tiepido non può scaldare chi è freddo. E chi è senza luce non la può comunicare. E chi è avaro dei doni grandi che Dio gli ha dato, non può fare ricchi i suoi agnelli. Tiene per sé il pascolo, permette solo che il suo gregge si pasca dell'indispensabile per non perire del tutto, senza pensare che nel gregge vi sono dei deboli che hanno bisogno di esser nutriti in misura più grande, grandissima talora, per non morire.

   Non basta essere individualmente santi, non peccare per se stessi, per essere pastori buoni. Occorre santificare, occorre vegliare perché altri non pecchino, e se si sa che qualche agnello ha peccato e si è ferito mortalmente nello spirito, non attendere che venga a chiedere guarigione, ma andare a lui, curarlo, guarirlo. Anche se respinge, tornare una, due, dieci, cento volte, non solo in veste di predicatore che richiama al dovere con parole di rimprovero, ma con altri mezzi: da amico, da medico, da padre. E se si sa che uno sta sviandosi, non lasciare andare le cose così, ma intervenire, con pazienza e dolcezza, per ricondurlo sulla via buona.

   L'apostolato del sacerdote non si limita alla Messa quotidiana, alla Confessione, alla spiegazione evangelica e dottrinale in chiesa. Vi è molto più da fare fuori della chiesa. Avvicinare i propri sudditi, portare la parola di Dio e della morale là dove in chiesa non si va o si va poco e male, là dove un membro, anche uno solo, della famiglia, in chiesa non va, là dove un membro, anche uno solo, della famiglia, manca ai suoi doveri di padre, di madre, di sposo, di figlio, di cittadino, di persona morale.
   In quante famiglie vi sono dolori, situazioni penose, peccati! Quanto campo d'apostolato in questi primi nuclei della società umana, in queste piccole chiese in cui, sacerdoti senza ordinazioni, ma con un compito ben specifico, anzi con due compiti ben specifici — continuare la creazione col procreare, collaborando perciò con Dio che crea l'anima per ogni individuo procreato dall'uomo e dalla donna, e generare nuovi figli adottivi a Dio — due si amano e vivono uniti. O almeno lo dovrebbero fare. Ma talvolta non lo fanno. Vengono reciprocamente meno ai loro doveri di marito e di moglie, e vengono meno ai loro doveri verso i figli, trascurando di fare di essi dei veri cristiani, lasciandoli andare dove non possono divenire migliori, dando loro esempi non buoni, non curando la loro formazione religiosa, lasciando che cattivi compagni e membri di partiti antidio li avvicinino e traviino.

   Le terre di missione non sono soltanto nell'Africa, nelle Americhe, nell'Asia e in diversi arcipelaghi. Anche l'Europa, anche l'Italia, sono terra di missione, per chi ha spirito missionario e vista soprannaturale. Ogni paese, dai minimi alle grandi città, ogni zona parrocchiale, ogni casa, può essere zona di missione, luogo ove estirpare la zizzania per seminarvi il buon grano, luogo di bonifica spirituale, luogo di ricostruzione in Cristo. Ricostruzione del Regno di Dio nella famiglia e nei singoli suoi componenti.
   "Voi siete il sale della Terra e la luce del mondo". Il Maestro, Sapienza infinita, ha empito del suo sale i suoi eletti, ed ha dato ad essi la facoltà di trasmettere questo sale, che deve salare, ai loro successori. Il Maestro, vera Luce del mondo, ha empito della sua Luce i suoi eletti, ed ha dato ad essi ordine di illuminare ogni uomo e di trasmettere questo potere ai loro successori. Egli, poi, da Pontefice eterno, continua ad infondere sale e luce nel Corpo mistico perché mai in esso vengano meno, anche se tiepidezze di membra potrebbero produrre carestia di sale e di luce.


   La Chiesa è "Madre". Quale la madre che mentre è in gestazione non si nutre e vive in maniera da dar vita a creature sane? Anche la Chiesa, nei singoli pastori, più o meno alti di grado, deve fornire ai suoi figli i sali che mantengono integra e forte la vita spirituale.


   La Chiesa è la "Sposa di Cristo", e Cristo è Sole, è Oriente, è Stella del mattino, è Luce infinita. Lo Sposo dona alla Sposa le sue ricchezze e proprietà, gliele comunica perché Essa le comunichi a tutti i suoi membri, e specie a quelli destinati ad illuminare; perciò i suoi pastori più o meno alti di grado devono esser "luce" per illuminare gli agnelli.
   Ma la luce presuppone la fiamma. La fiamma, l'ardore. Un incendio fiammeggia quando arde e consuma. Anche l'apostolo fiammeggia, e quindi illumina e scalda, e accende anche, se arde e si consuma. Ma se, per paura di consumarsi, per paura d'esser preso di mira dai nemici della Luce, per paura di faticare troppo, resta tiepido, diventa insipido — e le cose insipide vengono respinte — diventa pigro, non dà più luce, si spegne come astro che ha finito di splendere nei cieli, non splende più nel suo cielo, in quello spirituale.


   Che se poi alla perdita della luce che viene da incendio di carità, se a questa perdita, che è causata da orgoglio di sé, si unisce l'egoismo — e l'egoismo è il contrario dell'altruismo che è linfa del cristiano: "il comandamento mio è questo: che vi amiate scambievolmente come Io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di quello di colui che dà la vita per i suoi amici""Se diciamo di aver comunione con Dio e camminiamo nelle tenebre siamo bugiardi e non pratichiamo la verità. Se invece camminiamo nella luce, come Dio sta nella luce, siamo in comunione scambievole… Chi osserva la parola di Dio, in lui è perfetta la carità di Dio…""Se uno dice: 'Io amo Dio' e non ama il fratello, è bugiardo, perché chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?" — se accade questo, allora il pastore è un morto.
   Il cristianesimo è carità. Carità dei potenti verso i piccoli, dei piccoli verso i potenti, carità dei superiori verso gli inferiori, sempre carità. Se non c'è carità il cristianesimo si spegne e gli succedono l'egoismo e la tiepidezza, il sale diviene insipido, la lucerna non splende ma fuma, o viene messa sotto al moggio perché non sia disturbata. E le anime, le povere anime degli agnelli, restano abbandonate, non trovano calore, luce, sapore, si indeboliscono, si smarriscono. Povere anime che hanno tanto bisogno di aiuto più sono deboli!
   Queste manchevolezze, vive e forti nelle chiese non più alimentate dalle Acque vive che sgorgano da sotto i fianchi dell'altare del vero Tempio, non sono assenti anche nella Chiesa vera. Santo è il suo Corpo, santissimo il suo Capo e la sua Anima. Non tutte sante ne sono le membra, perché l'appartenenza più o meno intrinseca col Corpo non muta la natura umana dell'uomo. È l'uomo che deve costantemente lavorare a rigenerarsi, a ricrearsi, a supercrearsi per raggiungere la perfezione ed avere somiglianza quanto più si può perfetta col Cristo, Capo della Chiesa, con lo Spirito Santo, Anima della Chiesa. Somiglianza col Cristo mediante una vita di "alter Christus". Somiglianza con lo Spirito Santo mediante la carità, santità, purezza, fortezza, pietà e ogni altro attributo proprio del Santificatore.
   Più le membra si sforzano di esser sante, e più la Chiesa trionfa. Perché la santità delle membra, parlo delle più elette, si riversa sulle membra inferiori, le eleva, le accende, le rende strumento di santificazione e di conversione verso membra già quasi morte o morte affatto.


   L'apostolato sacerdotale, se è quale Gesù lo volle e lo vuole, suscita la grande forza dell'apostolato laico. Grande forza perché penetra con più facilità per ogni dove. Nelle famiglie, nelle fabbriche, nelle diverse categorie di professionisti, può avvicinare dei pervertiti da capi partito o da perversioni psicofisiche; smantellare i castelli di menzogne; distruggere i falsi miraggi suscitati dai servi dell'anticristo, in atto ora come mai sinora nella storia del mondo; neutralizzare, con la carità di fatti e non di parole, con la verità delle azioni e non con le false parole delle più false ideologie, il veleno sparso nascostamente dall'astuto serpente di ora, che per ora ancora si limita ad esser "serpente", in attesa di assumere il suo ultimo aspetto di Anticristo trionfante per il suo breve e orrendo trionfo.
   Ma se si rilassa lo spirito nelle membra superiori, se l'apostolato laico non è coadiuvato da quello sacerdotale in misura piena, è inevitabile che succeda quanto successe in Israele, quando, Tempio e Sinagoga essendo decaduti dalla giustizia, anche le classi elette, umanamente, poterono esser cagione di scandalo, di oppressione, di rovina per il popolo.
   
Era scritto che il Cristo dovesse morire per opera dei Sacerdoti, Scribi e Farisei. Ma Dio, nel dare le anime a quei sacerdoti, scribi e farisei che avrebbero avversato il suo Verbo sino a farlo morire sulla croce, non aveva creato anime speciali di deicidi, di crudeli, di ingiusti, di avidi di potere, di menzogneri. No. Aveva creato per loro anime in tutto uguali a quelle di tutti gli uomini. Uguali per creazione, divenute poi uguali per lesione del Peccato originale; come uguale era la Legge e la Rivelazione per tutto Israele; come uguale era la libertà di volere che avevano i sommi e i minimi.
   Ma troppo si era illanguidita la giustizia in troppi del Tempio e delle Sinagoghe, e il sacro Tempio era divenuto "spelonca di ladri" (Matteo-Marco-Luca) ed ipocriti erano divenuti i discendenti degli Assidei. 

I degenerati discendenti degli Assidei

Perché questi erano stati uomini di alta e vera morale, di totale fedeltà alla Legge e dottrina di Mosè, di nobili sentimenti d'amor patrio, per cui seppero combattere e morire per salvare la nazione dai sopraffattori e dai corruttori. Invece unicamente rigoristi all'esterno — mentre dentro, e nell'ombra, erano "sepolcri imbiancati pieni di putredine", e benché si professassero "i separati" dai più, non erano separati dal peccato — erano i farisei. E con loro lo erano gli scribi che avevano deformato e resa impossibile nella sua pratica la Legge, tanto l'avevano gravata di tradizioni messe da loro. Essendo accaduto tutto questo, le loro anime poterono divenire deicide, e la loro libertà, quella libertà che Dio aveva loro data, la usarono per uccidere il Figlio di Dio.



   Uccidere il Figlio di Dio! Calunniarlo! Presentarlo per ciò che non era!
   Ma è solo peccato di allora? No. Anche ora c'è quel peccato. E se non direttamente si alza la mano a schiaffeggiare, a torturare, ad uccidere il Cristo, ancora la si alza su Lui, presente nei suoi servi. Perché è ancora Gesù che soffre in coloro che sono perseguitati. Quale che sia la persecuzione che viene loro data.
   Saulo di Tarso personalmente non uccideva i cristiani, ma "approvava il loro assassinio" e "desolava la Chiesa entrando nelle case e portando via uomini e donne che faceva mettere in prigione". Era un anticristo in atto lui stesso, lui che poi sarà l'Apostolo e Vaso d'elezione, lui che poi combatterà così bene contro l'anticristo, subito sorto nelle diverse regioni dove erano sorte le chiese di Gesù.
   Ma mentre "spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore"munito di lettere per le sinagoghe di Damasco onde poter condurre prigionieri a Gerusalemme quanti avesse trovato di quella fede", andava a Damasco, che gli avvenne? L'incontro col Cristo presso Damasco. E che gli disse il Cristo? Forse gli chiese: "Perché perseguiti i miei servi?" No. Gli disse: "Perché mi perseguiti?".
 Gesù era il perseguitato. È Gesù che soffre la persecuzione nei suoi servi. Perché Gesù è in essi. Continua in essi la sua Passione. E chi perseguita il servo di Dio, il figlio adottivo di Dio e fratello di Gesù, ancora colpisce la Parola del Padre, il Figlio Unigenito del Padre, Gesù che è, come Dio, nel Padre e nei veri cristiani.


   Peccato solo di ora? No. Di sempre. E non sempre quelli che perseguitano i servi di Dio e i fratelli più diletti del Cristo sono gli anticristiani dai molti nomi. No. Molte volte la persecuzione viene da quelli che dovrebbero essere di aiuto a questi. Viene da chi, per orgoglio, non vuole che altri, "i minimi", si elevino dove essi non sono stati elevati. Viene da chi, per esser tiepido, non può capire come altri siano fiamma fusa con Fiamma: spirito d'uomo fatto fiamma dalla carità di e per Cristo, fatto una sol cosa con lo Spirito di Cristo, un sol fuoco. Viene da chi non ricorda bene, e comprende meno bene ancora, uno degli inni più belli che abbia il Vangelo: "Sia gloria a Te, Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai savi e ai prudenti e le hai rivelate ai piccoli". Viene da chi "per riguardi personali o per fame di donativi" si fa cieco e manca alla giustizia.
   
Errori congiunti alla debolezza dell'uomo, che resta "uomo" anche se ha assunto vesti sacre. Errori che hanno mandato servi di Dio nei roghi e nelle carceri, e che tuttora mettono catene — che anche se non sono materiali certo sono sempre catene — alla doppia libertà dell'individuo eletto servo dal suo Signore: alla libertà dell'uomo che, qualora non faccia cose punibili ai sensi della legge contro lo Stato e contro i suoi simili, è sacra, e alla libertà speciale del servo di Dio di servire Dio come Egli al suo servo lo chiede.
   Prima, molto prima di Gesù, la voce dei Profeti aveva predetto che i popoli che non conoscevano il Signore sarebbero divenuti "suo popolo" al posto di quello che non lo volle riconoscere. Gesù, molti secoli dopo, ammonisce i suoi che "i Gentili avrebbero superato in giustizia molti di loro". E aveva dato l'esempio nel modo da trattare i Gentili e i peccatori per portarli alla Via, Verità e Vita.


   Eppure gli stessi Apostoli, direttamente ammaestrati dalla parola e dall'esempio del Maestro, per il sempre rinascente orgoglio d'essere "ebrei", hanno ostacolo a trattare coi Gentili. L'esempio di Pietro col centurione Cornelio mostri a tutti come l'orgoglio possa rallentare la conquista delle anime o permettere che delle anime non vengano alla Vita. È dovuto intervenire Iddio con un miracolo per persuadere l'Apostolo che "Dio non fa distinzione di persone, ma in qualunque nazione gli è accetto chi lo teme e pratica la giustizia".
   Gesù, e prima di Lui i Profeti, avevano chiaramente istruito sulla sorte del Cristo. Eppure, venuta la sera del Giovedì, per quanto fortificati dalla purificazione e dalla Eucaristia date loro dal Pontefice eterno, ecco che la debolezza dell'uomo, che non viene annullata dalla consacrazione, li fa fuggire pavidi e vergognosi, li fa rinnegare; ed è proprio Pietro, il successore di Gesù nel governo della Chiesa, colui che lo rinnega. E poscia, benché investito dallo Spirito Santo una e una volta, non fu senza incomprensione verso i fratelli nell'esercizio sacerdotale, e debole al punto di avere due modi di vivere per paura di incontrare biasimo o inimicizie.

   L'uomo è l'uomo. "Come fanciullini di fresco nati" che bramano al latte spirituale sincero per crescere e divenire "stirpe eletta, regale sacerdozio, nazione santa, popolo di Dio", così Pietro da uomo si fece santo, eroicamente santo, sempre più santo, divenendo veramente "un altro Cristo" con un lavoro assiduo. Ma prima fu "l'uomo". Come Paolo fu "l'uomo" in cui la legge della carne lottava contro quella dello spirito. L'uomo che dopo esser stato rapito al terzo cielo conobbe ancora lo schiaffo dell'angelo di Satana, lo stimolo della carne. Come "uomo" furono tanti altri servi di Dio, martiri del loro io, beati per aver vinto l'io ed essersi rigenerati in Cristo.


   "Quante volte dovrò perdonare?" chiese un giorno Pietro a Gesù. E Gesù rispose: "Settanta volte sette", ossia un numero illimitato di volte. Perché Gesù sapeva che l'uomo, anche se rigenerato dalla Grazia, anche se nutrito dall'Eucarestia, anche se confermato nella Grazia dalla Confermazione, anche se elevato dal Sacerdozio, sempre sarebbe stato "l'uomo", l'uomo bisognoso di compatimento e perdono, perché facile all'errare.
   E presto, nel seno della Chiesa, per orgoglio o per tiepidezza, sorsero separazioni ed eresie. Ecco gli gnostici, i nicolaiti, i simoniti, i bileamiti. E più tardi gli antipapi, l'epoca trista della Corte pontificia in Avignone, e quella ancor più trista del nepotismo e di quanto ad esso fu congiunto. Astro perpetuo, come ogni astro, anche la Chiesa ha le sue fasi. Fiamma che non si spegne, come ogni fiamma ha alternative di divampamento e di affievolimento.


   Ma poiché il suo Capo, Gesù, e la sua Anima, lo Spirito Santo, sono eterni e perfettissimi, ed eterno ed infinito è il loro potere e volere, così Essa può avere momentanee fasi di discesa e di affievolimento. Ma non può cadere del tutto, né del tutto spegnersi. Anzi, dopo una di queste fasi, come persona scossa da un assopimento o persona rinvigorita da una medicina potente, Essa torna desta e vigorosa nel suo servizio e nella sua mirabile missione universale. Ed è da dirsi che proprio in ciò che è penoso vedersi in Essa – momentanei rilassamenti o persecuzione di nemici – è la causa di una sua novella fase ascendente.
   Coloro che hanno facile l'orgoglio, o facile il fare critiche e il giudicare tutti, meno se stessi, diranno, dopo queste parole: "Ma Essa è cosa soprannaturale! Quindi non può scemare nella sua perfezione". Così diranno i primi. Ed i secondi diranno: "Se fosse come vogliono dire che sia, sarebbe perfetta in tutte le sue membra. Invece…" e citeranno casi e casi più o meno veramente biasimevoli, dico veramente perché talvolta una cosa può avere apparenza non buona e in sostanza non essere malvagia.
   E sbaglieranno entrambi. Perché la Chiesa è, sì, una società o congregazione di membra elette, rigenerate alla Grazia dal Battesimo, confermate e perfezionate nelle virtù e nei doni dalla Cresima, nutrite dall'Eucarestia, mondate dall'assoluzione conseguente alla Penitenza, sovvenute nella loro nuova missione di sposi e di procreatori dal Matrimonio, o nell'altra di pastori d'anime dall'Ordine sacro. Ed inoltre la Chiesa, come Corpo mistico, è santa nel suo Capo, nella sua Anima, nella sua Legge, nella sua dottrina e in molti suoi membri. Questo sì. Né le membra inferiori sono da disprezzarsi, perché molte volte "le membra che sembrano più deboli sono quelle più necessarie", perché con la loro vita umile, santa, nascosta, vissuta e offerta per tutta la società dei cristiani, contribuiscono ad aumentare i tesori spirituali di tutto il mistico Corpo, e anche perché "Dio ha disposto il Corpo in maniera da dare maggior onore alle membra che non ne avevano". Ossia sovente Egli trae i santificatori, coloro che trascinano con l'azione e l'esempio anime innumerevoli a Dio, da quelli che sono "i minimi" nel mistico Corpo, senza gradi né ordinazioni, ma ricchi in giustizia perché identificatisi al Cristo in ogni loro azione. Sì, la Chiesa, come società dei fedeli, veramente tali, dal Ss. suo Capo, è santa, e mai la santità, che dal Capo scende e circola per tutte le sue membra, verrà totalmente meno. Ma non tutte sante sono le membra, ché l'uomo è l'uomo anche se è cattolico, e uomo resta anche se appartiene alla Chiesa in una qualunque delle sue parti.


   Quando molte membra divengono più "uomo razionale" che "uomo divinizzato", allora la Chiesa conosce un periodo di discesa, dal quale poi risorge perché Essa stessa comprende che occorre sorgere per poter far fronte ai nemici esterni ed interni. Gli aperti nemici già al servizio dell'Avversario e dell'Anticristo, e i nemici sottili che sgretolano l'edificio della fede, e conseguentemente raffreddano la carità, per voler dare una versione nuova ai misteri e prodigi di Dio col mezzo di quelle "profondità di satana e di spirito del mondo" di cui già si è parlato.
   Non dicano, coloro che hanno facile l'orgoglio: "La Chiesa non può conoscere ciò, perché sempre sarà santa".
   È detto, e da parola divina parlante ai Profeti, e dalla divina incarnata Parola del Padre parlante ai suoi eletti, che "grandi abominazioni quale la gelosia, e orribili abominazioni quale l'adorazione a idoli umani (e la scienza priva di sapienza ne è uno) e perversione con l'adorazione a ciò che non è da venerarsi" verranno nel Tempio, e che "dopo che sarà ucciso il Cristo e non sarà più suo il popolo che lo rinnegherà, la città e il santuario saranno distrutti da un popolo che verrà, il cui scopo sarà la devastazione, e finita essa verrà la desolazione decretata… e verranno meno le ostie e i sacrifici, e nel tempio sarà l'abominazione della desolazione, che durerà sino alla fine"; e ancora, a conferma diretta, da parte della Parola, alle parole dei suoi annunciatori, i profeti: "Quando vedrete l'abominio della desolazione nel luogo santo,… allora la tribolazione sarà grande, quale non fu dal principio dei secoli… e dopo la tribolazione… vedranno il Figlio dell'Uomo". E la carità che si raffredderà in troppi cuori sarà uno dei segni precursori della fine.
   È detto. E verrà. Aprite gli occhi spirituali, per leggere le predizioni del Cielo! Se li aprirete, leggerete la verità, e vedrete quali sono i veri segni della fine, e come essa sia già in atto.
   Per Colui che è eterno, un secolo è men di un minuto. Quindi non è detto che sia domani. Ma se ancor lungo sarà il cammino perché tutto sia compiuto, le cose che già avvengono vi dicono che già si è iniziato il processo finale.
   Le grandi abominazioni: la gelosia dove dovrebbe essere solo carità fraterna, l'eccesso di amore alla scienza umana dove dovrebbe essere solo amore fedele alla Sapienza fonte della Rivelazione, compromessi tra ciò che dà utile terreno e ciò che dà utile soprannaturale per avere l'utile immediato, il Cristo ucciso in troppe anime, troppo suo popolo divenuto rinnegatore del suo Salvatore. Queste le cose preparatorie.
  

 Poi "il popolo che verrà", con lo scopo di devastare. Un altro profeta disse: "Quando il popolo del settentrione… Un gran tumulto dalle terre del settentrione… Ecco venire dal settentrione…".
 L'una e l'altra predizione sono tanto chiare che basta alzar gli occhi e saper vedere, e voler vedere, per capire.
   E che devasterà? Oh! non solo gli edifici ed i paesi. Ma soprattutto la fede, la morale, le anime. E non tutte le anime devastate saranno anime comuni. E i sacrifici e le ostie verran meno non potendosi più aver libertà di culto, e temendo, in molti, d'esser presi per questo. Già, pur non essendo ancora in atto la devastazione e la persecuzione, molti rinnegano la via già scelta, perché l'abominio si spande come perfida gramigna, e la carità si raffredda mentre sorgono i falsi profeti di cui parla il Cristo nel capo 24 di Matteo e Paolo nel c.II della II epistola ai Tessalonicesi.
   Per ora quelli soli. Ma poi verrà colui che essi precorrono: l'Anticristo, al quale essi avranno preparato la via affievolendo la carità, così come il Battista aveva preparato le vie al Cristo insegnando la carità, di cui era pieno essendo "ripieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre", come mezzo indispensabile per potersi unire a Cristo e vivere la vita di Dio. (Sugli insegnamenti di carità del Battista vedere Luca c.III v. 10-14).
   In verità, la carità è il legame che tiene unita la comunità cattolica a Dio e ai fratelli. Nella e dalla carità è l'unione e l'alimento delle anime, e la loro santificazione e quella di sempre nuove anime. Se viene a mancare la carità subentra l'amor proprio. E la differenza tra i due amori è questa.
   L'amore vero e santo, comandato e consigliato da Dio, è ricerca di Dio, è riconoscimento della sua onnipotenza visibile in tutte le cose, è elevazione a Dio. E tutto serve a questa elevazione per chi ha in sé la carità, che è pietà attiva per tutte le necessità del prossimo, perché in ogni prossimo la carità ci fa vedere un fratello, e sentiamo Gesù in lui, Gesù che soffre delle sofferenze del povero, del malato, del perseguitato, o che soffre perché un figlio del Padre sta divenendo un figliol prodigo che lascia la casa del Padre in cerca di un falso benessere, soffre perché uno dubita di avere un Padre, e occorre persuaderlo in questo esserci un Padre buonissimo perché egli non cada in desolazione e in peccato.



   L'amor proprio, invece, è ricerca di se stessi, è successivo amore a se stessi, è azione fatta per glorificare se stessi agli occhi del mondo. È quindi concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e orgoglio della vita, e da questa pianta dai tre rami vengono poi la vanagloria, la durezza di cuore, la superbia, la smania delle umane lodi, l'ipocrisia, lo spirito di dominio, la convinzione di sapersi guidare da sé, scrollando via da sé ogni comando o consiglio dell'Amore e di chi parla in nome dell'Amore.
   Si credono liberi e re perché, secondo loro, nessuno è meglio di loro; perché, sempre secondo loro, sono già stabiliti sulle vette del sapere e del potere. Invece sono schiavi come nessuno lo è. E di loro stessi, e del nemico di Dio, e dei servi del nemico di Dio. Schiavi, servi, nudi, ciechi. Schiavi di sé stessi, e servi o schiavi del nemico e dei nemici di Dio. Nudi delle vesti ornate, delle vesti delle nozze con la Sapienza, delle vesti candide per il convito nei Cieli e per seguire osannando l'Agnello. Ciechi, o per lo meno miopi, per essersi guastati la vista spirituale con inutili investigazioni umane.
   Questo divengono per aver rinunciato alla primogenitura, ossia alla più alta figliolanza, quella da Dio, per un povero piatto di lenticchie, cibo terreno. È piatto di lenticchie la sostituzione delle opere sapienziali, soprannaturali, e soprattutto della Grande Rivelazione che va accettata e creduta senza mezze misure. È piatto di lenticchie il sostituire ciò con libri scientifici, che sono, per perfetti che siano, sempre libri scritti da un uomo. Potranno perciò parere più chiari, e certo più comprensibili per chi sa solo leggere la lettera, restare alla superficie di una cosa, per chi non può penetrare oltre per pesantezza propria. Ma non trasformano l'uomo. Non lo portano in alto. I libri ispirati, invece, quei libri di cui l'Autore è Dio, per chi li sa leggere, sono mezzo di trasformazione e unione in Dio e con Dio, e di elevazione.



   Tutto quanto viene da Dio è mezzo di elevazione, di trasformazione e di più intima unione con Dio. Gli stessi miracoli, di specie diversa, miracoli di guarigioni di corpi e di spiriti, specie queste, sono mezzo di trasformazione e unione con Dio. Quanti, increduli o peccatori, poterono esser fatti credenti e redenti per il prodigio di un miracolo!
 Il miracolo non va negato per ossequio al razionalismo. Non il miracolo della Creazione, non quello di una guarigione d'anima o di carne. La materia fu tratta dal nulla e ordinata al suo singolo fine da Dio. Un'anima morta o malata di malattia spirituale inguaribile, fu guarita da Dio, con questo o quel mezzo, ma sempre da Dio. Un corpo condannato a morire può da Dio esser guarito. Sempre da Dio, anche se Egli si serve di un'apparizione o di un giusto per con­vertire e guarire uno spirito, o della particolare fiducia in un santo per guarire una carne.



 I razionalisti sappiano vedere. Grande cosa la ragione. Gran­-de co­sa essere creatura razionale. Ma più grande cosa è lo spirito. E più grande è essere creatura spirituale, ossia che sa d'avere lo spirito, e quello mette in primo luogo come re del suo io e come cosa eletta più di tutte le altre. Perché se la ragione aiuta l'uomo a esser uomo e non bruto, lo spirito, quando sia re nell'io, fa dell'uomo il figlio adottivo di Dio, gli dà somiglianza con Lui, gli permette di parteci­pare alla sua Divinità e ai suoi eterni beni. Predomini quindi lo spi­rito sulla ragione e sulla carne o umanità. E non regni il razionali­smo che nega, o vuole spiegare ciò che va creduto per fede e che, nell'essere spiegato, anzi nel tentativo di venire spiegato, viene leso; e lesa, se non morta, viene la fede.
   I razionalisti sappiano vedere. Depongano le lenti opache del razionalismo. Esse non li serviranno. Anzi esse faranno vedere le verità alterate. Proprio come una lente, non adatta all'occhio indebolito, serve a far vedere peggio ancora. Chi pende verso il razionalismo è già un indebolito nella vista spirituale. Quando poi lo elegge, mette lenti inadatte al suo indebolito vedere, e vede malamente del tutto. Sappiano vedere. Vedere bene, e il Bene. Vedere Dio nel suo continuo perfetto operare col mantenere la Creazione che ebbe vita per il suo Volere, col rendere la salute e la vita dove già è certa la morte.
  


 Come possono, coloro che vogliono spiegare la creazione e la vita come autogenesi e poligenesi, negare che l'Onnipotente possa meno di ciò che poté creare al principio, e non era neppure materia, ma solo caos, e poi erano solo cose limitate e imperfette? È logico, puramente logico e ragionevole, che si possa ammettere il miracolo del caos che da sé si ordina, e genera da sé la cellula, e la cellula si evolve in specie, e questa specie in altre sempre più perfette e numerose, mentre si definisce che Dio non poté fare da Sé tutta la creazione? È logico e ragionevole sostenere l'evoluzione della specie, anzi di una data specie sino alla forma animale più perfetta perché dotata di parola e di ragione, anche solo di queste, quando si vede, da millenni, che ogni creatura animale non ha acquistato ragione e parola pur convivendo con l'uomo?


   Ogni animale, da millenni è quale fu fatto. Ci sarà stato impiccolimento strutturale, ci saranno stati incroci per cui, dalle razze prime create, vennero altre razze ibride. Ma per passare di epoche e di millenni mai si vide che il toro cessasse d'esser tale, e tale il leone, e tale il cane, che pur convive con l'uomo da secoli e secoli. E neppure mai si vide che le scimmie, col passare dei millenni e coi contatti con l'uomo, di cui possono, sì, imitare i gesti ma non possono imparare la favella, divenissero uomini, almeno animali uomini. Sono le stesse creature inferiori che smentiscono, con l'evidenza dei fatti, le elucubrazioni dei cultori della scienza solo razionale. Quali erano, sono. Testimoniano dell'onnipotenza di Dio con la varietà delle specie. Ma non si sono evolute. Quali erano sono rimaste, coi loro istinti, le loro leggi naturali, la loro speciale missione, che non è inutile, mai, anche se in apparenza può parerlo. Dio non fa opere inutili e totalmente nocive. Il veleno stesso del serpente è utile e ha la sua ragione d'essere.



   I razionalisti sappiano vedere. Si levino le lenti del razionalismo scientifico, e vedano alla luce di Dio, col mezzo della Parola divina che parlò per bocca dei patriarchi e profeti del Tempo antico, e dei santi, mistici o contemplatori del Tempo nuovo, ai quali sempre un Unico Spirito rivelò o ricordò cose nascoste e cose passate, alteratesi nella verità, passando di bocca in bocca. Vedano soprattutto col mezzo della Parola incarnata e Luce del mondo: Gesù, il Maestro dei maestri, il quale non ha cambiato una sillaba della Rivelazione contenuta nel Libro, ma, Egli che essendo Onniscienza e Verità tutto sapeva nella interezza della Verità, l'ha anzi confermata e riportata, nel senso talora svisato ad arte dai rabbi d'Israele, alla primiera forma che è l'unica vera.
   Voler aggiungere a quanto la Sapienza ha rivelato, la Tradizione ha tramandato, la Parola ha confermato e spiegato, è aggiungere orpello all'oro. Non sono i gettoni della scienza quelli che aprono le porte del Regno dei Cieli. Ma lo sono le auree monete della Fede nelle verità rivelate, le auree monete della Speranza nelle promesse eterne, le auree monete della Carità praticata perché s'è creduto e sperato, quelle che dànno agli spiriti dei giusti e poscia alle carni e agli spiriti dei giusti il loro posto nella Città eterna di Dio.
  


 Mai sarà abbastanza detto che la scienza è paglia che empie ma non nutre, è fumo che offusca ma non illumina, che, ove sopraffaccia fede e sapienza, è veleno spirituale che uccide, è zizzania che dà frutto di falsi profeti di un verbo nuovo e di nuove teorie che non sono verbo divino né divina dottrina.
   Altrove, dove non è quanto più sopra s'è detto, vi è chi sembra vivo ed è morto. Ossia chi non ha che l'apparenza di ciò che dovrebbe essere, in tutto simile ad una statua bella e ben ornata, ma che è insensibile e non può comunicare ad altri la vita che non possiede. Bocche che parlano perché non possono tacere. Ma che non persuadono, perché manca nella loro parola quella potenza che convince. Non sono convinti essi stessi, e non possono convincere. Strumenti meccanici che parlano anche bene, come eloquenza, ma senz'anima.
  Ci sono sempre stati. Sono quelli dalla vocazione sbagliata. Entusiasti al principio. Poi il loro entusiasmo si spegne lentamente. E non hanno coraggio di ritirarsi. Meglio un pastore di meno a un pastore che pare vivo ed è morto nello spirito, o molto prossimo a morire. Al suo posto potrebbe andare uno vivo, per dare vita. Ma il falso, il più falso dei rispetti umani, li trattiene dal confessare apertamente: "Non sono più capace e mi ritiro".
   Ci sono sempre stati. Giuda di Keriot ne è il prototipo. Meglio era per lui ritirarsi al permanere e giungere al supremo delitto. "Colui che dopo aver messo la mano all'aratro si volge indietro non è atto al Regno di Dio" ha detto il Maestro divino. E chi non è atto è meglio che si ritiri anziché far perire molti, farne mormorare più ancora, recar nocumento al Sacerdozio con lo scandalo dato.
   La folla generalizza, e vede più facilmente il male del bene. Quando si comprende d'esser morti alla missione, ci si ritiri, ma non si permetta che la folla giudichi, generalizzando e nuocendo a tutta la classe. I rami destinati a dar linfa ai frutti, se divengono sterili vanno tagliati, perché non solo sono inutili, ma levano vigore alla pianta sol per ornarsi di pompose e inutili foglie.
   Sempre vi fu, nelle cose create perfette da Dio, una parte che non seppe rimanere tale. 


La prima defezione vi fu nell'esercito angelico, ed è un mistero impenetrabile come possa essere accaduta in spiriti creati in grazia, che vedevano Iddio, ne conoscevano l'Essenza e gli Attributi, le opere e i disegni futuri. Pure si ribellarono, non seppero permanere nel loro stato di grazia, e da spiriti di luce, viventi nella gioia e nella conoscenza soprannaturale, divennero spiriti di tenebre, viventi nell'orrore.



   La seconda defezione fu quella dei Progenitori, e anch'essa è cosa inspiegabile. Come poté accadere che due Innocenti, che godevano dei benefici innumerevoli di Dio e, per il loro felice stato di grazia e degli altri doni, erano in grado di conoscere e amare Dio come nessun altro uomo — eccetto il Figlio dell'Uomo e la Madre di Lui, perché pieni d'Innocenza e Grazia — potessero ascoltare, ubbidire il tentatore, e preferirlo, ad ascoltare la voce di Dio che li ammaestrava amorosamente e chiedeva loro una sola ubbidienza? Facile ubbidienza. Perché essi non avevano necessità di cogliere quel frutto per essere sazi di ogni appetito. Avevano tutto. Dio li aveva fatti ricchi di tutto quanto era loro necessario per essere felici, sani di corpo e di spirito. Pure si ribellarono, disubbidirono, non seppero permanere nel loro stato di grazia, e da creature viventi nella gioia e nella conoscenza soprannaturale divennero infelici nello spirito, nel cuore, nella mente, nelle membra. Affaticate queste per il lavoro, impaurita la mente per le difficoltà del domani immediato e del domani futuro ed eterno, affranto il cuore per l'uccisione di un figlio e la perfidia di un altro, abbattuto lo spirito, ormai avvolto nelle caligini della colpa che impedivano allo stesso di comprendere le amorose guide del Padre Creatore.



   La terza grande, misteriosa, inspiegabile defezione è quella di Giuda di Keriot che spontaneamente volle essere di Cristo, che per tre anni godé del suo amore, si nutrì della sua Parola e che, perché deluso nei suoi sogni concupiscenti, lo vendette per trenta denari, divenendo da apostolo, ossia eletto alla più alta dignità spirituale, il traditore dell'Amico, il deicida e il suicida.
   Queste le defezioni più grandi. Ma sempre ve ne sono, sebbene minori. Perché l'uomo è l'uomo. Perché ciò che è creato mai è eternamente perfetto come lo è il Creatore, eccettuato il Regno celeste dove solo spiriti confermati in grazia, e non più soggetti al peccare, hanno dimora, ed eccettuato il Figlio dell'Uomo e la Madre sua. Il primo perché era il Dio-Uomo, e quindi, come aveva unito alla sua persona d'Uomo la sua Persona di Dio, così aveva unito le sue perfezioni divine alle sue perfezioni umane. La seconda perché ai doni straordinari di cui Dio la colmò dal suo concepimento corrispose con una buona volontà ed una fedeltà raggiungenti una potenza quale nessuno dei santi mai la raggiunse e raggiungerà.
   E che l'uomo sia talora imperfetto non costituisce colpa imperdonabile. Dio è anche Misericordia. Ed è Pazienza. Egli attende il ravvedimento di chi erra, e perdona se esso ravvedimento è sincero. Quindi ogni uomo che cade può rialzarsi ed essere di nuovo giusto. Anzi può divenire più giusto, perché, conscio della sua debolezza, può essere meno orgoglioso di sé e più misericordioso verso i suoi simili nel ministero o nella sorte d'uomini. Dio trae anche dal male il bene, quando l'uomo non si rifiuta ai suoi inviti e consigli e a quelli di altri suoi fratelli più santi di lui. Ma quando vede l'uomo ostinato nelle sue imperfezioni, pago di un quietismo che non gli fa commettere né il bene né il male, di un quietismo che fa di lui uno che pare vivo ma è morto, e col suo esser tale provoca la morte e il languore di molti, allora Dio viene a lui "come un ladro, né essi sapranno in quale ora verrà".



   Disse il Maestro ai suoi: "I vostri fianchi siano cinti ed accese nelle vostre mani le lucerne". Non disse già: "Riposate, dormite, perché ormai voi siete eletti, e siete a posto". Il servo di Dio è un operaio, e Dio vuole che operi ad ogni ora della sua giornata terrena. E tanto più operi, più ha da Dio ricevuto speciali amorosi doni d'elezione. "A chi molto fu dato molto sarà richiesto". E operi sull'esempio dato dal Maestro, esempio di pazienza, misericordia e amore instancabile. Perché come si vorrebbe vedere misurate da Dio le proprie debolezze, con ugual misura si deve misurarle alle altre creature, onde non incorrere nel rigore di Dio per aver con rigore, verso gli altri, misurato. "Con la misura da voi usata per misurare vi sarà rimisurato, e con giunta".



   Altrove ancora vi è poca virtù, praticata in forma eroica, ma fedeltà alla Parola sia per sé stesso, sia col lavorare perché altri gli siano o gli divengano fedeli, e costanza nel confessare il Nome del Signore anche davanti a schernitori o nemici del cattolicesimo. Non di persecutori, ma di oppositori, ma di sviati, ma di ignoranti di esso Nome e di Colui che lo porta. Quanti sono della "sinagoga di satana" o di quella del mondo, perché non sono istruiti nella Verità. Istruiti con pazienza e amore, secondo lo spirito del Vangelo, del suo Autore: Gesù, della sua Custode e Dispensiera: la Chiesa Romana.
   Anime che sono nelle tenebre ma che tendono istintivamente alla Luce. Anime che sono nell'errore di un culto idolatra o separato, ma che tendono istintivamente alla Verità. Anime che per loro propria natura tendono al Bene e appartengono così anche senza saperlo all'anima della Chiesa, e alle quali basta una mano, una parola, un aiuto apostolicamente fraterni, per divenire membra vive del Corpo mistico e adoratori del vero Dio.
   Ora, poiché è certo che chi salva o dà vita anche ad un'anima sola salva la propria e dà ad essa il premio della Vita eterna, perché Dio è infinitamente riconoscente a chi gli dona un figlio, è parimenti certo che Dio perdonerà molte cose a chi si industria di far entrare nelle vie del Signore — le vie che conducono al Cielo — molte anime, tenendo aperta la porta della misericordia, della verità, della sapienza: l'Evangelo; perché tutti quanti vogliano, dietro l'invito del ministro di Dio, entrarvi, trovino facile il farlo.
  


 Da questa rassegna e confronto tra le sette chiese di allora e lo stato attuale delle diverse religioni e chiese, viene quindi l'ammonimento e l'incitamento a non lasciar morire la carità; a non seguire umane dottrine, troppo simili a quella di Balaam, che sono ragione di scandalo, di avvelenamento e fornicazione spirituale dei piccoli, per quanto è "scandalo", e dei grandi per le altre due cose; a combattere quanti e chiunque abbia commercio o pratichi persone e atti di tenebre, fornicando con le potenze del male e della menzogna, e nutrendosi di cibi mentali sacrificati od offerti agli idoli di una scienza e di una curiosità impure; a scuotere da sé il quietismo e a tornar vivi, per dare la vita; a riparare alla debole virtù lavorando con tutte le forze che si hanno per portare altri alla conoscenza di Dio e dell'Evangelo e, conseguentemente, alla virtù, onde i salvati perorino essi stessi presso il Padre dei Cieli e di tutti gli uomini, per il loro salvatore; ad ardere per ardere, a splendere per illuminare, a staccarsi da quanto è concupiscenza anche solo di ricchezze, di potere, di salute e tranquilla comodità umana, per rivestirsi delle cose soprannaturali ed essere liberi, senza ostacoli nel lavoro apostolico.
 Allora coloro che vollero divenire santi, vincendo tutte le cose contrarie alla santità, riceveranno il "nome nuovo", si nutriranno dell'"albero della vita", della "manna nascosta", saranno rivestiti della "candida veste", coronati della "corona" di gloria celeste, fatti "colonna" del Tempio eterno, e "siederanno sul trono" che è preparato per i vincitori.

http://www.valtortamaria.com/operaminore/quaderno/3/manoscritto/84/su-lapocalisse-di-s-giovanni-apostolo-settembre-ottobre-1950-i-quaderno-parte-ii

AMDG et DVM

Benedizione delle rose di santa Rita

Benedizione delle rose di santa Rita da Cascia

Il sacramentale più noto legato a santa Rita da Cascia sono le rose benedette. L'origine di questa devozione ha come fondamento due fatti legati alla santa: la spina della Corona di Gesù che tenne confitta in fronte per quindici anni; il roseto che miracolosamente fece fiorire d'inverno, avendo richiesto  durante la malattia una rosa alla cognata. Con la benedizione di questi fiori la santa Chiesa vuole inculcare in coloro che implorano grazie - soprattutto i malati e i soffrenti come santa Rita - la sopportazione dei triboli che ne affliggono e la confidenza nel potente patrocinio e nella efficace intercessione della Santa. 


RITUALE DELLA BENEDIZIONE DELLE ROSE


V. Adjutorium nostrum in nomine Domini.
R. Qui fecit coelum et terram.
V. Domine exaudi ortionem meam.
R. Et clamor meus ad te veniat.
V. Dominus vobiscum.
R. Et cum spiritu tuo.

Oremus.
Deus, creator et conservator generis humani, dator gratiae spiritualis et largitor humanae salutis, benedictione sancta tua, benedic has rosas, quas pro gratiis exsolvendis, cum devotione et veneratione beatae Ritae, hodie tibi praesentamus et petimus benedici, et infunde in eis per virtutem sanctae Crucis benedictionem: ut quibuscumque infirmitatibus appositae fuerint, seu illorum, qui eas in domibus suis, vel locis cum devotione habuerint aut portaverint, infirmitates sanentur: discedant diaboli, contremiscant et fugiant pavidi cum suis ministris de habitationibus illis, nec amplius tibi servientes inquietare praesumant. Per Christum Dominum nostrum. Amen.


V. Il nostro aiuto è nel nome del Signore.
R. Che ha fatto cielo e terra.
V. Esaudisci, o Signore, la mia preghiera.
R. E il mio grido giunga a te.
V. Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.

Preghiamo.
Dio, creatore e conservatore del genere umano, donatore di grazia spirituale e concessore di umana salvezza: benedici di tua santa benedizione  queste rose che in ringraziamento noi devoti e cultori di santa Rita ti presentiamo e chiediamo che siano benedette; e per virtù della santa Croce comunica loro la tua benedizione per la quale siano risanate le infermità di tutte quelle persone alle quali saranno applicate e quelle di coloro che o in casa o altrove devotamente le conserveranno e seco le recheranno. Stiano lontani i diavoli e con timore e tremore fuggano insieme coi loro ministri da quelle abitazioni, né osino più molestare i tuoi servi. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Conclusa l’orazione, il sacerdote asperge e incensa le rose. Ciò fatto conclude dicendo:

Oremus.
Exaudi nos, Deus salutaris noster, ut sicut de beatae Ritae festivitate gaudemus; ita piae devotionis erudiamur affectu. Per  Christum Dominum nostrum. Amen

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Preghiamo.
Esaudiscici, o Dio nostra salvezza, e come noi gioiamo nella festa di santa Rita, così ne impariamo la pia devozione. Per Cristo nostro Signore. Amen.