martedì 18 febbraio 2020

Cantico dei cantici - 4

Cantico dei cantici - 4


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1Quanto mai bella se' tu, o mia Diletta, quanto bella se' tu! Gli occhi tuoi di colomba senza quello, che al di dentro si asconde. I tuoi capelli come i greggi delle capre, le quali spuntano dal monte di Galaad. 
2I denti tuoi come i greggi d'agnelle tosate, che tornano dal lavatoio, tutte hanno gemelli i parti, né alcuna tra di esse è infeconda.
3Come benda di colore di scarlatto le labbra tue, e dolce il tuo favellare. Come la scorza della melagranata, tali son le tue guance, senza quello, che al di dentro nascondesi.
4Il tuo collo come la torre di Davidde edificata co' (suoi) baluardi: mille brocchieri da essa pendono, tutta l'armatura dei forti. 
5Le due tue mammelle come due teneri caprioli gemelli, che tra' gigli si pascolano fino a tanto che spunti il giorno, e le ombre declinino. 
6Io me n' andrò al monte della mirra, e alla collina dell'incenso.
7Tutta bella se' tu, o mia Diletta, e macchia non è in te.
8Vieni dal Libano, o mia Sposa, vieni dal Libano, sarai coronata, dalla vetta dell'Amana, dalla cima del Sanir,e dell'Hermon, dalle tane de' lioni, dai monti de' leopardi.
9Tu hai ferito il cuor mio, o sorella mia Sposa, tu hai ferito il cuor mio conuno degli occhi tuoi, e con una treccia del tuo collo.
10Quanto è' bello il tuo seno, o sorella mia Sposa! Le tue mammelle sorpassano il vino in bellezza, e l'odore de' tuoi unguenti supera tutti gli aromi. 
11Favo distillante sono o Sposa, le labbra tue: miele, e latte sotto la tua lingua: e l'odor delle tue vestimenta come odore d'incenso. 
12Orto chiuso o sorella mia Sposa, orto chiuso, fonte sigillato. 
13Le tue piantagioni (fanno) un paradiso di melagrani co' frutti dei pomi. I Cipri col nardo:
14Il nardo, e il croco, la canna, e il cinnamomo con tutti gli arbori del Libano: la mirra, e l'aloe con tutti sprimi aromi.
15Fonte de' giardini: pozzo di acque vive, che scorrono impetuosamente dal Libano. 
16Sorgi, o aquilone, e vieni tu, austro, e ventila il mio giardino, e gli aromi di esso goccioleranno.


Note:
4,1:     ---    Vers.1. "Quanto mai bella se' tu, o mia Diletta, " ec. Abbiam veduto lo stesso generale encomio fatto dallo Sposo cap. I. 14.  dove gli occhi ancora della Sposa sono lodati per essere occhi di colomba . Vedi quel , che ivi si è detto . 
Senza quello, che al di dentro si asconde . I LXX. tradussero questo luogo in maniera , che può ridursi al senso stesso della nostra Volga ta. L'Ebreo poi in diversi modi traducesi da' varj Interpreti; ma seguitiam noi la Volgata. Avendo adunque lo Sposo lodati gli occhi della Sposa come gli occhi di colomba, perchè i suoi occhi la dimostrano al di fuo ri semplice , innocente , mansueta , aggiunge queste parole, senza quello che al di dentro nascondesi , per significare, che non può vedersi al di fuori da occhio umano fino a qual segno ella sia semplice , innocente , mansueta ec. E con questo ancora viene insinuato a' fedeli , che non trascurino la esterior santità , mediante la quale sieno di giovamento a' prossimi coll' efficacia dell' esempio , ma cerchino , e chieggano a Dio principalmente la santità interiore e la perfezione dell' uomo ascoso del cuore. Laonde è qui una tacita condannazione degl' ipocriti paragonati da Cristo a' sepolcri imbiancati , che compariscono belli al di fuori , ma dentro sono pieni di molte ossa e d' immondezza , Matth. XXIII. a5. 
Una osservazione molto importante intorno a questi elogj , che Ieggonsi sì in questo, come ne' capi , che seguono, ella si è, che debbono considerarsi e come un giusto e vero encomio della Sposa e de' Santi , che ella ha nel suo seno , ed insieme come una esortazione ed una istruzione pe' men perfetti . 
I tuoi capelli come i greggi delle capre , le quali spuntano dal monte di Galaad. Ho tradotto così , perchè dove la Volgata dice : quae ascenderunt de monte Galaad , la stessa voce Ebrea è. tradotta ne' LXX col verbo apparuerunt , e nella stessa guisa cap. VI. 4- nella Volgata medesima. 
É naturale istinto delle capre il salire sulle vette de' monti, e camminare su' precipizj , onde spuntano , e si veggono di lontano . Così i capelli della Sposa spuntano dal capo di lei ; perocchè a' greggi delle capre sono paragonati i capelli della Sposa , e al monte Galaad il capo di lei. Or il monte di Galaad è monte altissimo, abbondante di buoni pascoli , celebrato per la produzione degli aromati , tra' quali la medicinale resina famosa , di cui si parla Gen. XXXVII. a5. , lerem. Vili. aa. , Isai. II. a. , e a questo monte è paragonato Cristo , il quale è capo della Chiesa , come insegna 1' Apostolo Eph. I. 2a. E a lui conviene il nome di Galaad , che vale monte , ovvero masso della testimonianza , perchè a lui come fine della legge tutte si riferiscono e le figure della legge antica e le testimonianze de' Profeti . Vedi Act. X. 43- > GenXXXI. 4j-    Capelli della Chiesa sono le turbe de' fedeli uniti a Cristo loro Capo mediante la fede; e conciossiachè i capelli sono parte assai imperfetta del corpo umano , possono perciò co' santi Padri e Interpreti intendersi per li capelli le anime deboli e imperfette e i peccatori penitenti, i quali a Cristo appartengono , e da lui cercano la medicina pe' mali loro , e per essi egli già disse , che era venuto come medico per gli ammalati, Matlh. IX. i3. , e da lui sono risanati e vivificati, e da lui il pascolo di vita ricevono come i greggi delle capre sul Galaad; perocchè in tal modo egli ama , e celebra I' innocenza e la santità de' giusti , che non lascia di aver cura grande de' deboli e de' peccatori penitenti ; perchè come sta scritto : e il piccolo e il grande sono sua fattura Sap. VI. 1a.    Anzi con una specie di predilezione veggiamo riguardati questi dallo Sposo , mentre di loro nuovamente parla cap. VI. 4- 1 predilezione vivamente delineata nel Vangelo col ritratto dell' amore del padre verso del figlio prodigo ; amore , che mosse a gelosia e a sdegno il figlio maggiore sempre saggio e sempre obbediente . 
Da un altro Iato s. Gregorio Nisseno considerate alcune proprietà de' capelli credette poter questi essere lodati nella Sposa come simbolo delle persone dell' uno e dell' altro sesso , le quali in ispecìal maniera a Dio sono consacrate . Perocchè i capelli in primo luogo immediata mente sono uniti al Capo , e da lui solo dipendono; in secondo luogo Tom. XX. n 98 CANTICO DE' CANTICI a. Dentes tui sicut greges a. / denti tuoi come i tonsarum, quae ascendermi!: greggi d' agnelle tosate, che sono privi di ogni senso di piacere , o di molestia , la qual cosa (dice lo stesso Santo) è propria de' morti . Quindi è , che le anime , che a Dio si consacrano solennemente , e a Cristo si uniscono e al mondo muoiono per vivere a Dio , onde si avveri in esse quel dell' Apostolo : siete morti , e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio , queste anime sono molto bene rappresentate ne ' capelli della Sposa . 
Quelli adunque (dice il Nisseno), i quali per tutte le cose , che più nel mondo si stimano , non hanno verun senso , nè per l'onore s' innalzano , nè per le ingiurie e per le ignominie si affliggono , ma nell' una e nell' altra circostanza nello stesso tenore di spirito si mantengono, sono i capelli della Sposa , nei quali l'immagine di un uomo morto , e insensibile alle cose del mondo si rappresenta , Hom VII. 

4,2: I denti tuoi come i greggi d'agnelle ec. Ammira a questo passo s. Agostino (de Doct. Christ. II. 6.) come lo spirito del Signore ha voluto spargere nelle Scritture sante una certa oscurità, per cui quelli, che leggono senza molta riflessione s'ingannano di leggieri, prendendo una cosa per un'altra, ovvero rimangon talora sospesi del tutto, e incerti per la densa caligine in cui si trovano in volti. Questo artificio mirabile dello Spirito santo ha più fini, dice egli, cioè di domare colla fatica dell'indagare la superbia dell'uomo, e d'impedire la sazietà dell'intelletto, cui diventa vile quello, che facilmente ritrovasi, e di fare ancora, che s'insinui negli animi con maggior diletto la verità, allorchè viene ad essere in tesa. Le quali cose e si verificano in qualunque libro delle Scritture sante, e specialmente si verificano in questo, nel quale tanti sublimi misteri, e tanti altissimi documenti sono velati. Ma venendo alla sposizione di questo versetto, lo stesso s. Agostino, e s. Girolamo, e s. Gregorio Magno, e il Nisseno pe' denti della Sposa intesero figurati i predicatori della parola, perchè eglino il pane spirituale delle divine Scritture spezzano, e triturano (per così dire), e in propria lor sostanza il convertono, onde divenir capaci di farne parte a' prossimi loro, come quell'uomo del Vangelo, di cui si dice: che dal buon tesoro cava del bene, Matth. XII. 35., e di più come amorose nutrici masticano per così dire lo stesso cibo di vita, e ne porgono nudrimento adattato al bisogno dei piccoli. Quindi colla stessa similitudine è presentato ad Ezechiele il volume scritto di dentro, e di fuori, ed è comandato da Dio al Profeta: Mangia tutto quello, che tro verai, mangia questo volume, e va', e parla a'figliuoli d'Israele, vale a dire trasfondi nel tuo petto le mie parole, fanne tuo nutrimento, onde dall'abbondanza del tuo cuore parli la tua lingua; perocchè non fu dato il libro al Profeta, affinchè ei solo se ne cibasse, ma perchè se ne cibasse egli il primo, e dipoi ne cibasse il suo popolo, Ezech. II. 9., III. I. Vedi ancora un simil fatto Apocal. x. 9. Questi predicatori sono rassomigliati a' greggi delle agnelle, perchè sono di diverse maniere, come in diverse guise da' ministri della Chiesa il pane della stessa parola si spezza, e altri colla viva voce, altri cogli scritti, altri in pubblico parlando a tutti, altri privatamente istruendo ciascuno de' fedeli; altri colla interpretazione delle Scritture, altri coll'esporre i rudimenti della Fede edificano la Chiesa, e pascono le anime: e sono rassomigliati alle agnelle, e alle agnelle tosate, e lavate, cioè splendide per duplicata bianchezza acquistata e collo spoglio della lana immonda, e colla lavanda. E vuolsi con tutto questo dinotare la semplicità, e l'umiltà, e la mondezza, e purità eccellente di costumi, che in tali uomini debbe risplendere, onde quelle parole di Paolo al suo Timoteo: Studiati di comparire degno di approvazione dinanzi a Dio, operaio non mai svergognato, che rettamente ma neggi la parola di verità, II. Tim. II. 15. Singolarmente però si osservi prescritto in queste parole e il distaccamento da tutto il superfluo, e lo spogliamento interiore sì essenziale ne' predicatori evangelici, affinchè non per alcun fine umano adempiano il lor ministero; e per ragione di questo distaccamento si essenziale sono figurati nelle agnelle tosate, e spogliate.
Tutte hanno gemelli i parti, ec. L'affetto, e la tenerezza di madre è più forte, e spicca riguardo all'età piu debole, e più bisognosa di attenzione, e di soccorso, e perciò la carità di madre ricercata ne' predicatori della parola, è indicata in primo luogo in queste parole: e in secondo luogo la loro fecondità; e questa fecondità perchè è il fine, a cui lo studio, e lo zelo di essi debbe essere indiritto, quindi è, che con doppia espressione è segnata questa fecondità: Tutte hanno gemelli i parti, e nissuna di esse è infeconda. Or certamente le agnelle, che partoriscon gemelli, non sono sterili. Partoriscono adunque i predicatori della parola divina, partoriscono de' gemelli alla Chiesa, e a Cristo o perchè ne' cuori dei fedeli inferiscono la doppia carità, l'amore di Dio, e l'amore del prossimo, da' quali tutta pende la legge, e i Profeti; o perchè non solo colla dottrina, ma anche colla vita, e colle opere acquistano a Dio de' figliuoli.
4,3: Come benda di colore di scarlatto ec. invece di benda i LXX pongono una cordicella di color di scarlatto: volendo probabilmente alludere alla cordicella, che fu il segno dato a Rahab da mettere alla sua finestra, mediante il quale ella colla sua parentela dovea essere salvata nel generale sterminio della città di Gerico, Jos. II. 18. Or in questa funicella di color di scarlatto s. Agostino, Origene, e moltissimi altri riconobbero adombrato il sangue di Cristo, per cui ebbe Rahab la salute dell'anima, e del corpo. Vedi quel che si è detto in quel luogo di Giosuè. Quindi al nostro proposito Teodoreto: Questo segno mira lo Sposo sulle labbra della sua Sposa, e dice: la tua bocca ha preso il colore del sangue mio, e tu hai parole di verità, colle quali ammollisci, e leghi que' che ti ascoltano. Ognun vede, che riguardo al mistero il senso non varia o leggasi funicella, o leggasi benda (che forse potremmo dire fettuccia) perocchè il colore è lo stesso dell'una, e dell'altra, e per esso più amplamente il Nisseno intese la fede della passione, e del sangue di Cristo, e l'accesa carità. Le labbra adunque della Sposa piacciono sommamente allo Sposo, perchè sono tinte del sangue di lui, cui ella ha sempre sulle labbra, come lo ha nel cuore, e sono accese del fuoco di carità, onde maraviglia non è, se il favellio di lei sia così dolce alle orecchie dello Sposo medesimo, e delle anime, che alcun poco conoscano, e amino lo Sposo. Nel versetto precedente colla similitudine de' denti, che triturano il cibo die de l'idea de' predicatori della parola: la compie, e la perfeziona adesso con questa nuova similitudine; perocchè viene a dire in sostanza, che questi hanno continuamente sulle loro labbra Gesù Crocifisso, e il fuoco del santo amore, conciossiachè dicono essi con Paolo: II. Cor. v. 14., e ad imitazione degli Apostoli parlano secondo che lo Spirito santo dà ad essi di favellare, Act. II. 4.
Come la scorza della melagranata, ec. Abbiamo detto scorza, perchè così è tradotta la stessa voce Ebrea cap. VI. 6., e così stava nell'antica Italica, e così sta in alcuni MSS. della nostra Volgata. Ed è da notare, che la scorza della melagranata debbe essere nella Siria non di un rosso misto di verdastrocome tra noi, ma tutta di un bel rosso, mentre nell'Esodo XXVIII. 33. le melegranate che faceansi per attaccare all'estremità della veste talare del pontefice, eran di porpora, e di cocco a due tinte. La melagranata sotto una sola scorza contiene moltissimi granelli uniti insieme, anzi molte cellette piene di granelli separate l'una dall'altra con una sottil membrana; e sono tutte contenute dalla stessa scorza assai forte, e di rosso colore, onde ella è simbolo convenientissimo della Chiesa di Cristo, la quale contiene dentro il suo seno non solo una gran varietà di nazioni distinte tra loro, ma anche in ciascheduna nazione, ovver Chiesa particolare diversi ordini, e gradi distinti pei loro uffizi, e pelle virtù e meriti, che a ciascuno di essi gradi convengono. Così la Chiesa ha avuto, e avrà in ogni tempo gl'invitti martiri, gl'insigni dottori, i confessori virtuosissimi, le vergini pure, i continenti ec. Ma tra tutti questi Santi, i quali la Chiesa accoglie, guance della Chiesa possono dirsi molto adeguatamente i suoi Martiri, soldati di Cristo fortissimi, e rosseggianti sì pell'ardentissima carità, e sì ancora pel sangue sparso nella confessione della Fede felici per aver renduto allo Sposo vita pervita, sangue per sangue, e per essere morti per lui, che morì prima per essi! E perchè di questa gloria fu a parte non solo il sesso virile, ma anche il più debole, sono essi perciò le due guance della Sposa. E queste guance sparse di rubicondo colore son testimoni ad un tempo e della verità della fede, e della esimia santità della Chiesa. E molto bene riguardo a questi martiri si aggiunge: senza quello, che al di dentro nascondesi; perocchè oltre a quello, che comparisce agli occhi degli uomini, molte, e grandi, e sublimi furono le virtù note a Dio solo, colle quali a sostenere i duri combattimenti si prepararono, a trionfare del mondo, e di tutti gli amori, e terrori del mondo. Vedi s. Ambrogio Exam. II. 13.

4,4: Il tuo collo come la torre di Davidde ec.Dove la nostra Volgata porta: edificata co' (suoi) baluardi, i LXX tradussero: edificata in Thalpioth, ritenendo la voce Ebrea quasi nome di luogo, e lo stesso fecero altre antiche versioni. Quanto alla Torre di David alcuni per essa intendono la cittadella di Sion tolta da quel Re agli Jebusei, come è detto m. Reg. V. 9.; altri una Torre eretta da lui in vicinanza della cittadella, come può essere indicato in quel luogo medesimo del libro II. de' Re. Noterò ancora, che quando si dice, che da questa Torre pendono mille brocchieri, e tutta l'armatura de' forti, si allude all'uso antico, del quale si fa menzione in altri luoghi delle Scritture. Così Ezechielle XXVII, parlando alla città di Tiro dice: Tu avevi nel tuo esercito uomini bellico, appeso lo scudo, e il cimiero servivano a te di or amento... appendevano alle tue mura i loro turcassi ec. Ma venendo alle parole dello Sposo, loda egli il collo della Sposa simile alla Torre di Davidde, cioe diritto, sublime, forte, come quella Torre.
Due diversi pregi perciò della Sposa sono qui adombrati; e in primo luogo la perfezione evangelica è rassomigliata a una Torre, Luc. XIV. 28., onde questo collo diritto, e sublime dimostra (come osservò Teodoreto) che la Sposa tutti i suoi pensieri, ed affetti dirittamente innalza verso del cielo, nè alla maniera de' bruti animali verso la terra si piega; onde in un altro luogo (Cant. VII. 4.) è detta torre d'avorio pel suo candore, e per la splendida, e forte sua purezza. Ed in ciò da' due viziosi estremi sta lungi; perocchè nè da' piaceri, e da' beni terreni si lascia tirare al basso come gli uomini carnali, nè a imitazione di quel Re superbo ella dice: Salirò su in cielo, alzerò il mio trono sopra le stelle, Isai. XIV.12. Ma ne di soverchio si abbatte per piccolezza di cuore, nè di soverchio si alza per presunzione di spirito, ma diritta mantiensi nella misura datale da Dio, e sotto al suo capo (che è Cristo) sempre a lui soggetta, e sempre obbe diente, e sempre pronta a portare il suo giogo. Ed è de gna perciò di essere rassomigliata non a una torre qua lunque, ma alla Torre di Davidde, vale a dire di Cristo; perocchè con questo nome di Davidde è egli sovente rammentato nei libri santi. Or egli è Cristo istesso la dirittissima, e sublimissima Torre di ogni santità, e perfezione proposto all'amore, ed alla imitazione della sua Sposa. Quindi quelle parole di lui: Prendete sopra di voi il mio giogo, e imparate da me, che sono mansueto, ed umile di cuore, Matt. XI. 29. in questa imitazione trova la Sposa, ed ogni anima fedele tutte le armi, e tutti gli aiuti per debellare i suoi nemici, e per mantenersi costante fino alla piena vittoria. E perciò dicesi, che questa torre è ben munita, e provveduta di ogni sorta d'armi: mille brocchieri da essa pendono, ec. Nelle quali parole sono indicate le virtù, delle quali si armano quei, che (secondo l'Apostolo) nel buon certame combattono, e, come egli stesso dice, debbon prendere l'armaturadi Dio, perchè possan resistere nel giorno cattivo, Ephes. v. ia. ec. Queste armi va egli enumerando con dire: State adunque cinti i vostri fianchi colla verità, e rivestiti della corazza di giustizia, e calzati i piedi in preparazione al Vangelo della Pace. Sopra tutto date di mano allo scudo della fede, col quale possiate estinguere tutti gli infuocati dardi del maligno, e prendete il cimiero della salute, e la spada dello spirito, che è la parola di Dio, con ogni sorta di preghiere, e di suppliche orando continuamente in ispirito, e in questo stesso vegliando con tutta perseveranza. Vedi quello, che si è detto in questo luogo.
Ma le parole dello Sposo secondo la comune sposizione de' Padri, e degl'Interpreti si applicano principalmente ai prelati, e pastori, e maestri del Cristianesimo, i quali sono significati per lo collo come altrove dicemmo, ed ai quali appartiene la difesa della pietà, e della fede, e il combattere contro i nemici, onde di tutta l'armatura di Dio debbono essere provveduti. Quindi è, che a imitazione del loro Capo divino fa d'uopo, ch'ei sieno potenti in opere, e in parole dinanzi a Dio, e a tutto il popolo, Luc. XXV. 19., e ciò viene a dimostrare, ch'ei saranno qual torre non solo in se diritta, e sublime, ma anche forte, e ben munita, come quella, che è innalzata a custodia della mistica vigna (Isai. v. 2.) e a sicurezza della città, e dei cittadini di essa. E non a caso si dice, che i brocchieri, e le armi tutte non sono rinchiuse nella torre medesima, ma da essa pendono,e sono in vista di tutti; perocchè fa di mestieri, che quelli, i quali alla salute degli altri debbono vegliare, si mostrino sempre armati, e pronti (come dice il Nisseno) a reprimere gli Eretici, e gli scandalosi, e gli stessi demoni, e a far animo a' buoni, e tenerli costanti nella vera pietà. Hanno essi per loro arme in primo luogo la carità con tutte le virtù accennate qui avanti, delle quali il vigore e la luce in essi risplenda: hanno dipoi non un'arme, ma molte, e quasi infinite nella divina Scrittura, di cui la perfetta intelligenza potenti li rende a istruire nella sana dottrina, e a correggere i contradittori, e a rispingere gli avversari. Per la qual cosa s. Eucherio, s. Gregorio M., ed altri Padri per questa Torre di David sì ben munita, e provveduta di armi di ogni maniera intesero la Scrittura sacra. Ella ha i suoi baluardi, che sono le meraviglie, e le opere stupende fatte da Dio a stabilire la Religione, e la Fede, riferite ne'libri santi. Ella ha tanti brocchieri, quanti sono i precetti, gl'insegnamenti, i consigli, gli esempi de' Santi, che in essa leggiamo, mediante i quali ci difendiamo contro la seduzione dell'errore, e delle fallacie della superba carnale filosofia. Ella ha finalmente ogni sorta di armi, delle quali diceva Paolo: le armi della nostra milizia non sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le fortificazioni, distruggendo noi le macchinazioni, e qualunque altura, che s'innalza contro la scienza di Dio, e in servaggio conducendo ogn'intelletto all'obbedienza di Cristo, II. Cor. X. 4. 5.    Colle armi tolte da questa parola di verità pugnò la Chiesa contro la dominante idolatria, pugnò contro l'astuta sottigliezza, e contro la vana scienza de' Filosofi, pugnò contro infinite schiere di Eretici, che tentarono di corrompere il deposito della Fede, pugnò contro i falsi sapienti, che intaccavano le massime della vera pietà, e le regole del buon costume; pugnò, e vinse, perchè in essa ogni campione della Chiesa ritrova e scudo da difendersi, e tutta l'armatura de' forti.

4,5:  Le due tue mammelle come due teneri caprioli ec. Un dotto Ebreo per le due mammelle della Sposa intese le due tavole della legge data da Dio per ministero di Mosè. E di queste tavole ognun sa, che la prima conteneva i precetti spettanti al culto di Dio; la seconda i precetti, che hanno il prossimo per obbietto. Ma egli è da osservare, che quella legge scritta nelle tavole di pietra non dava per se medesima la grazia per adempiere questi precetti, ed in questo sta una gran differenza tra la vecchia, e la nuova legge, la quale scritta, e impressa nel cuore degli uomini dallo Spirito santo dà loro la propensione, e la virtù per eseguire quello che è comandato, per la qual cosa assai migliore mi sembra la sposizione di quelli, i quali dicono, che le due mammelle nel petto della Sposa sono li due atti della carità piantata nel cuore di lei, cioè l'amore di Dio, e l'amore del prossimo, ne' quali due amori son compendiati tutti gl'insegnamenti, e le massime del Vangelo. Dall'uno di questi amori scaturiscono gli affetti, e le opere di pietà, di gratitudine, di olbbedienza verso Dio; dall'altro la misericordia, la beneficenza, la benignità verso il prossimo. sopra di che non sarà fuor di proposito il notare, come con una istessavoce nella lingua Ebrea sono nominate le mam melle, e gli amori, talmente che le parole citate potrebbon tradursi stando all'Ebreo: Li due tuoi amori sono come ec. Ed hanno questi due amori somiglianza grande tra loro, qual sogliono averla i gemelli, sia degli uomini, sia degli animali; onde Cristo avendo esposto il primo de comandamenti: Amerai il Signore Dio tuo ec. sog giunge: il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo ec. Nelle quali parole non solo la somiglianza, ma la connessione necessaria, che è trall'uno, e l'altro amore si manifesta. Quindi l'Apostolo s. Giovanni riflettendo a queste parole di Cristo, dice: Questo comandamento abbiam noi da Dio, che chi ama Dio, ami ancora il suo fratello, I. Jo. IV. 23. Vedesi adunque per qual motivo a'due caprioli gemelli, cioè di uno stesso portato, e di una medesima madre sien paragonati li due amori nascenti da quell'una carità diffusa nel cuor della Sposa dallo Spirito santo. Quindi ancora ne segue, che i due amori in un solo si riuniscano da Paolo, che dice: Chi ama il prossimo suo adempie la legge, Rom. XXIII. 8.; perchè amando il prossimo per effetto di vera carità, nel prossimo stesso Iddio si ama, onde nella dilezione sta la pienezza della legge, Gal. v. 14. 
Sono ancora questi due amori paragonati a'due teneri caprioli, che tra'gigli si pascolano, vale a dire in ubertosi, grassi, odoriferi prati vanno a prendere la loro pastura; onde oltre all'essere (come ognun sa) questi animali gratissimi a vedersi per la naturale loro bellezza, sono ancora ben nudriti, e pieni di sugo, e di lucida pelle. Dove è da notare in primo luogo, che questi caprioli, i quali non poppano il latte della madre, ma vanno già a' loro paschi, sono attissimi a significare una carità adulta, per così dire, e forte, la quale non del latte pe'piccoli si contenta, nè di piccole opere si pasce, ma di azioni difficili, e di maggior merito. In secondo luogo pei pascoli pingui, ubertosi ec., ne'quali si fa viepiù forte, e bella, e splendente la carità, s'intende la considerazione sia di quello che Dio è in se stesso, la considerazione della sua sapienza, beneficenza, bontà; sia di quello che egli è riguardo all'uomo, la sua carità, la sua misericordia ec. Nella prima considerazione trova l'anima infinito nudrimento per crescere nell'amor di Dio, e per bramar di crescere sempre più: nella seconda poi per crescere particolarmente nell'amore de' prossimi. 
Fino a tanto che spunti il giorno, ec. Per tutto il tempo di questa vita mortale, per fino a tanto che sparite le ombre venga per l'anima fedele il chiaro giorno dell'eternità, pascoleranno i due gemelli tra' gigli; la carità secondo il suo proprio istinto amerà, e cercherà di andar sempre crescendo, si nutrirà ne'paschi della divina parola, nella quale tutto spira carità, e tutto alla doppia carità si riferisce, come dice s. Agostino; si nudrirà eziandio delle opere stesse di carità, nell'esercizio delle quali viepiu si accende questo fuoco celeste. Ma per non lasciar da parte alcuna cosa, che servir possa alla piena intelligenza di queste parole, egli è da osservare, che sebbene l'amore di Dio sia tutt'ora nella nuova legge il massimo, e primo comandamento, con tutto ciò l'amore del prossimo è in essa altamente, e più frequentemente raccomandato, onde anche nell'ultimo sermone fatto da Cristo a' suoi Apostoli è ripetuto da lui più volte, e lasciato quasi per testamento ai suoi fedeli: Un comandamento nuovo do a voi, che vi amiate l'un l'altro, com'io vi ho amati, Joan. XXIII. 34. E di poi: il comandamento mio è questo, che vi amiate l'un l'altro com'io ho amati voi, XV.12. E ancora: Questo io vi ingiungo, che vi amiate l'un l'altro, Ivi 17. E può ancora vedersi in qual modo sopra questo precetto ragioni il Discepolo dell'amore nelle sue lettere. Vedi 1. Joan. L'amore adunque del prossimo, questo amore, che viene dalla carità di Dio diffusa nei cuori dei fedeli, e per cui si ama il prossimo in Dio, questo amore ha per così dire due mammelle; perocchè diversi sono gli atti, e le opere, con cui la misericordia nel sovvenimento de' prossimi si adopera, come diversi sono i bisogni, altri dello spirito, altri del corpo, onde la doppia misericordia distinguesi. Gli esempi, i motivi, gl'incitamenti, le promesse riguardanti questa doppia carità ad ogni passo s'incontrano nelle Scritture, donde i due gemelli traggono salubre fiorito pascolo per crescere fino all'età perfetta, fino alla pienezza di Cristo, il quale il suo stesso amore ci diede per regola di quello che dobbiamo al nostro prossimo: vi amiate l'un l'altro, com'io ho amati voi: Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro, che è ne' cieli.

4,6:Io me n'andrò al monte ec. Non è da dubitare, che queste ancora sieno parole dello Sposo, come credettero tutti i Padri, e quasi tutti gl'Interpreti. Legano poi queste parole con quelle che precedono, perchè dopo aver celebrate le lodi della Sposa, e le virtù, che egli in essa ripose, dice adesso lo Sposo, che ella è divenuta negli occhi di lui, come il monte della mirra, e il colle dell'incenso, onde a questo monte, e a questo colle egli andrà per farvi sua dimora, e deliziarsi de' frutti rari e pregiati ch'ei vi ravvisa. In tal guisa il monte, e il colle sono la Sposa istessa con tutto il corteggio delle sue virtù. Col nome di monte è indicata la Chiesa: Sarà negli ultimi giorni preparato il monte della casa del Signore nella cima de' monti, Isai. II. 2. Ma siccome nel monte di mirra (che è detta in Ebreo Mor) molti Padri, e Interpreti vi dero un'allusione al monte Moria, dove Isaccofu condotto per essere immolato, e dove Cristo morì, non tralasceremo di toccar brevemente il senso di queste parole anche secondo questa sposizione. La mirra è simbolo della mortificazione, come si vide altre volte (vedi cap. I.), e di quella, che Cristo chiamò annegazione di se stesso, per cui la carne si rende soggetta allo spirito, e l'uomo si libera dalla corruzione del peccato, e tutti si tolgono gl'impedimenti, che arrestano l'anima nel ben operare. Pel monte adunque della mirra la perfetta mortificazione è intesa.
D'altra parte l'incenso presso tutte le nazioni si abbruciò in ogni tempo in onore della divinità, ed è figura perciò di tutte le virtù, che riguardano Dio, e la perfezione di queste virtù è molto bene accennata colla similitudine del colle dell'incenso. Per la qual cosa la perfezione tutta della santità della Sposa in queste due similitudini è adombrata; la qual perfezione fu similmente mostrata da Cristo in quelle parole:Sieno cinti i vostri fianchi, e nelle vostre mani lampane accese, Luc. XII. 35., dove nelle prime parole la mortificazione della carne, nelle altre le azioni virtuose fatte per glorificare Dio, e edificare il prossimo sono comprese; e tanto l'una come l'altre sono di gratissimo odore dinanzi a Dio, e dinanzi agli Angeli, e agli uomini. Ed osservarono i Padri, che la perfetta annegazione di se stesso come più penosa, e difficile, ed in cui tutta anzi la fatica, e la pena della vita spirituale consiste, è paragonata al monte, che è più alto del colle, del qual colle alla cima, cioè all'acquisto delle altre virtù facilmente perviene chi di quel monte ha superato le asprezze. Possono ancor molto bene considerarsi queste parole come un invito fatto alla Sposa di lui: conciossiachè quando dice lo Sposo: Me n'andrò al monte ec; egli conosce quanto la Sposa lo ami, e desideri di seguitarlo, ond'è come se dicesse: Noi andremo ec.
Io me n' andrò al monte della mirra, ec. in un altro senso è predetta di nuovo in queste parole la passione, e la morte dello Sposo, e la sua gloriosa risurrezione. Perocchè elle significano: andrò nella umana carne, che io ho assunta; in questa carne patirò, e morrò, e dipoi risorgerò a nuova vita immortale, e sarò adorato dagli uomini come loro Salvatore, e Dio. Dove è da notare la prontissima volontà di Cristo, che non potè essere raffreddata dalla vista di un monte di afflizioni, di persecuzioni, di dolori, di ignominie, e di tormenti, ch'ei dovea superare per adempiere la volontà del celeste suo Padre; onde nell'atto d'incamminarsi verso l'orto, nel quale dovea esser tradito, e preso, disse a' suoi Apostoli: affinchè il mondo conosca, che io amo il Padre, e come il Padre prescrissemi, così io fo, alzatevi, andiamo, Joan. XIV. 31. Ma questa mirra sì amara fu sommamente efficace a sanare gli uomini, e preservarli dallacorruzione del peccato, onde dice s. Cipriano: Alle putride antiche piaghe del genere umano non sarebbesi trovato giammai con veniente rimedio, se col sangue di Cristo non fossero state asperse, e non ne fosse stato asperso il veleno infuso nel calcagno del primo uomo, e di tutta la sua posterità dall'antico seduttore serpente. Imperocchè questa mirra, la passione di Cristo fu di tale, e tanta fragranza che piacque sommamente al Padre, onde per essa si placò il Padre cogli uomini, li benedisse, li ricevè come suoi figli, come figli ed eredi, eredi suoi, coeredi di Cristo. Per lo Sposo medesimo la stessa sua passione fu il principio della sua gloria, e della esaltazione, a cui fu innalzato dal Padre, il quale gli diede tal nome, che è sopra ogni nome, onde nel nome di lui ogni ginocchio si pieghi nel cielo, in terra, e nell'inferno. Salì adunque Cristo al monte della mirra, e da questo monte sali al monte dell'incenso, al monte della gloria, e della risurrezione. Quando adunque egli dice: Me n'andrò al monte ec. invita la Sposa, e le anime a seguirlo, cioè ad aver parte a'suoi patimenti, affinchè alla gloria di lui abbiano parte.

4,7: Tutta bella se' tu, ec. Notisi, che questa frase senza macchia vale senza difetto, senza vizio, e tale è il significato della voce Ebrea corrispondente alla voce macula, come apparisce dal Levitico, dove la stessa voce è usata a significare i difetti degli animali, pe' quali difetti non potevan questi offerirsi al Signore, e questi difetti non erano quelli del color della pelle, ma tutti i vizi, e deformità, che ivi sono notati.
Dopo che lo Sposo è andato al monte della mirra, e al colle dell'incenso, dopo che lo Sposo mori per li peccati nostri, e risuscitò per nostra giustificazione, viene molto a proposito questo magnifico elogio della Sposa. Cristo (dice Paolo) amò la Chiesa, e diede per lei se stesso affini di santificarla, mondandola colla lavanda di acqua, mediante la parola di vita, per farsi comparir davanti la Chiesa vestita di gloria senza macchia, e senza grinza, od altra tal cosa, ma che sia santa, ed immacolata, Ephes. v. 25.27. Questa universale assoluta bellezza della Chiesa, e l'essere senza macchia di colpa, è detto di lei in primo luogo riguardo a quello, che ella sarà certamente un giorno allorchè Cristo trasformera il corpo di nostra vilezza, perchè sia conforme al corpo della sua gloria, come dice lo stesso Apostolo, Philip. III. 21.  In secondo luogo quantunque, come nella rete Evangelica i pesci buoni, e i cattivi, così nella Chiesa sieno i giusti, e i peccatori, e i giusti stessi non sieno nè impeccabili, nè senza neo di difetti, con tutto ciò in un senso verissimo si può dire, ch'ella è tutta bella. Perocchè tutto quello che dalla Chiesa s' insegna, tutto quello che ella prescrive, tutto quello che ella ama, tutto è bello, cioè vero, santo, perfetto, e nissuna imperfezione, e bruttezza, nissuna falsità, nissun peccato ella approva, ed ella ha nel suo seno in ogni tempo, ed in ogni stato un numero di anime grandi, le quali battendo le vie della santità mostrate da lei, la ornano d'inconparabil bellezza, e splendore, e per riguardo ancora a queste anime, nelle quali egli abita, e le quali dello stesso Sposo celeste portan l'immagine, onde li sguardi, e tutto l'affetto di lui a se traggono, è detta la Chiesa tutta bella, e senza macchia. Ed è di più da considerare, che Cristo avendo chiamata la Chiesa ad essere santa, e immacolata negli occhi di lui, ed avendola mondata, e lavata nel sangue suo, ed avendo lasciata alla Chiesa medesima tutti i mezzi sì per espiare tutti i peccati, e sì ancora per praticare tutte le virtù cristiane, potrà dirsi perciò tutta bella questa Sposa, alla quale so la s' appartiene di avere nella grazia di Cristo gli aiuti per fuggir tutto il male, e per fare tutto il bene.

4,8: Vieni dal Libano, ec. La Diletta dopo che fu fatta tutta bella, e senza neo, o difetto, è chiamata, e invitata dalla Sposo con grande affetto a non contentarsi talmente della propria sorte, che il pensiero abbandoni dell'altrui salute. Ed è chiamata fino a tre volte pell'ardentissimo zelo, che ha lo Sposo della salute di tutti, zelo, che imitar debbono i suoi ministri chiamati ad essere suoi cooperatori in questo altissimo ministero, nei quali ancora (come osservano tutti i Padri) non debbe essere imperfezione, nè macchia, ma perfetta, e ben fondata virtù. È chiamata adunque la Sposa a insegnare agli altri quello che ella ha imparato, e a far parte a' prossimi del bene, di cui ella è già in possesso. E molto propriamente dove prima fu detta Amica, e Diletta, adesso dicesi Sposa, perchè chiamata a dare a Cristo molti figliuoli spirituali. Molto mirabile ancor si è la maniera, onde è invitata, e allettata la Sposa al penoso laboriosissimo ministero; perocchè egli non dice: va', monta sul Libano, va' alla vetta dell'Amana, va'alle cime del Sanir, e dell'Hermon, penetra nelle tane dei lioni, nelle spelonche de' monti, dove hanno stanza i leopardi, va', e combatti contro queste fiere crudeli; ma promettendole piuttosto la pronta, e certa vittoria le dice: vieni dal Libano, dall'Amana ec., e sarai coronata delle spoglie, che in tutti que' luoghi tu acquisterai. Corona di gloria della Sposa, e de' ministri di lei sono i figli spirituali generati a Cristo pel mezzo della parola dell'Evangelio, donde quelle parole di Paolo a que' di Tessalonica: Qual e la nostra speranza, o il gaudio, o la corona di gloria? Non siete forse voi stessi dinanzi al Signor nostro Gesù Cristo? E ai Filippesi: Voi mio gaudio, e mia corona. E in Isaia promette il Signore alla Chiesa, che i figli generati da lei saranno il suo manto reale, ond'ella si vestirà, e la corona, onde come Sposa si adornerà, Isai. XLIX. 18. I Gentili abbandonati da Dio alla depravazione del loro cuore sono rappresentati in questo luogo sotto l'immagine de' lioni e de' leopardi, e delle altre fiere, che abitavano per que' monti, immagine ripetuta di poi molte volte ne' Profeti, ed anche in quel lenzuolo veduto da Pietro, in cui era ogni sorta di quadrupedi, e serpenti delta terra, e uccelli dell'aria, Atti X. 12. E come fino a tre volte fu ordinato a Pietro di uccidere, e di mangiare, così tre volte è ordinato alla Sposa di portare il nome, e la parola dello Sposo a quei non già uomini, ma fiere selvagge, ed immonde. Con questa repetizione è indicato eziandio, e predetto qui dallo Sposo un altro mistero, vale a dire, che nella fede della SS. Trinità sarebbero battezzati i Gentili, affinchè purificati, e rigenerati da Cristo non fosser più bestie immonde, ma nuova creatura, e degni di essere manto, e corona della Sposa. Queste parole dello Sposo si applicano, ed appartengono alla Chiesa di tutti i tempi, fino a tanto, che siavi angolo sopra la terra, dove Cristo non sia conosciuto; e noi non ignoriamo, che molti sono tuttora i popoli barbari, a' quali non è pervenuto il Vangelo, alla conver sione de' quali aspira con tutto l'affetto la Chiesa, e con ogni sollecitudine si fa adito a procurarla. Ed è in ciò ammirabile lo zelo della Chiesa Madre, e Maestra di tutte le altre, la Chiesa Romana, la quale con indefessa carità non lascia di spedir sempre nuovi operai, e predicatori Evangelici a cercare le anime ne' paesi più rimoti, e inospiti.

4,9: Tu hai ferito il cuor mio, ec. Più enfaticamente l'Ebreo: tu mi hai tolto il cuore. L'altissimo, e vera mente divino amore di Cristo verso la Chiesa è mirabilmente dipinto in questo versetto; e in primo luogo le dà qui per la prima volta il nome di sorella, nome, che di nota la somma degnazione del Verbo di Dio nel divenir consorte della natura umana, prendendo la carne dell'uomo, e contraendo coll'uomo la strettissima relazione, per cui i due sessi dirsi possono fratelli, e sorelle di Cristo, relazione, che non può mai togliersi, nè esser disciolta. Per la qual cosa unendo questi due titoli di sorella, e disposa, viene a descrivere una strettissima, e castissima, e indissolubile unione, come notò s. Giro lamo contr. Jovin. lib. 1. E di tale unione si gloriosa per l'umana natura non solo non si vergogno questo Sposo (come osserva l'Apostolo), ma anzi la propalò, e la pose egli stesso in veduta. Così in mezzo alla gloria della Risurrezione dice alle donne: andate, avvisate i miei fra telli, Matth. XXVIII.10; e in un altro luogo agli Apostoli: ascendo al Padre mio, e al Padre vostro, Joan.20. 17. Dimostra ancora la veemenza del suo amore lo Sposo con quella repetizione: tu hai ferito il cuor mio; tu hai ferito il cuor mio. E certamente non ha ella ferito il cuor dello Sposo, se non dopo che il cuore di lei fu ferito da lui: perocchè dice l'Apostolo dell'amore: qui sta la carità, non come se noi avessimo amato Dio, ma che egli il primo ci abbia amati, I. Joan. IV. 10. Amò adunque Cristo la Chiesa, e se stesso diede per lei, Ephes. v.25.
Egli è adunque come se dicesse lo Sposo: l'amore, che io ho per te fu cagione, che io fui ferito, e piagato e non solo nelle mani, e ne' piedi, e in tutto il corpo, ma anche nel cuore colla lancia, che aperse a me il fianco. Or non era in questa Sposa prima che egli per lei si desse alle ferite, e alla morte, non era alcun pregio,per cui potesse egli essere ferito d'amore; ma quello, che ella dovea essere mercè del sangue di lui, lo fa dare in tali, e sì amorosi trasporti. Perchè poi un tale accesso di carità era difficilissimo non solo a credersi, ma anche ad immaginarsi prima che ei fosse adempiuto, quindi è, che replicatamente è espresso, e confermato: tu hai ferito il mio cuore, tu hai ferito il mio cuore.
Con uno degli occhi tuoi, ec. Avea lodato lo Sposo gli occhi, avea lodato i capelli, le labbra, le guance, il collo, il seno di lei, e certamente tutto questo, che egli lodò, lo avea ferito; ma qui aggiunge ancora, che a ru bargli il cuore bastava uno solo degli occhi, e una sola treccia de' suoi capelli: onde può argomentarsi lo smisurato indicibile amore acceso nel cuor dello Sposo da tutti insieme que' pregi, che egli in lei celebrò.
Ama adunque Cristo la Chiesa, ed ama le virtù di lei, le grandi, e le minori, le più sublimi, e le più piccole; perocchè l'occhio, nobilissima parte del corpo umano, è immagine delle prime, le quali abbellano, e perfezionano lo spirito; i capelli poi, i quali nello stesso corpo sono di grado inferiore, le altre virtù rappresentano, le quali son destinate a reggere gli appetiti della carne, e a soggettarli alla ragione, e alla Fede. Or in questo ancora trova l'anima giusta un incitamento grande alla pratica di tutte le virtù qualunque elle sieno, in vedendo come tutte allo Sposo son care, e il cuore di lui feriscono, benchè in diversa maniera il feriscano.
Osservarono alcuni Interpreti che facendosi menzione di un solo occhio, può alludersi al costume delle donne Orientali, le quali uscendo di casa, tutta la faccia aveano coperta col velo da un occhio in fuori, che lor servisse di scorta nel camminare.

4,10: Quanto è bello il tuo seno, ec. Fino a due volte in questo versetto, e di poi nuovamente nel capo VII. 3. loda lo Sposo le mammelle della Sposa, e non senza gran mistero con tanto affetto le loda; perocchè tra tutte le opere di carità, nissuna è più grata allo Sposo, che quella di allattare i piccoli, di nudrire col latte della celeste dottrina i figliuoli spirituali; e perchè questa carità brama egli di accendere ne' cuori de' Pastori e de' ministri della Chiesa, per questo e con enfatica espression di stupore, e con istudiata repetizione celebra il seno della sorella sua Sposa, quasi volesse dire: o voi, che da me foste eletti ad esercitare nella Chiesa l'ufficio più sublime di carità, ad essere quasi tenere madri, e nutrici de' pargoletti, e infermi nella Fede, sappiate, che il vostro zelo, la vostra sollecitudine, la vostra fatica è di grandissimo pregio, e di somma bellezza negli occhi miei, quando voi imitando la mia carità, i figliuoli stessi generati da voi per mezzo della parola, colla parola stessa gli alimentate quasi con latte, affinchè crescano a salute, I. Petr. II. 2.
Le tue mammelle sorpassano il vino in bellezza. Delle mammelle dello Sposo fu detto cap. I. I. che sono migliori del vino; delle mammelle poi della Sposa sono più belle del vino: perchè ivi si considera la intrinseca bontà dello Sposo (della Sapienza increata) che essendo Dio, è egli solo essenzialmente buono, e perciò migliore di ogni cosa creata; qui poi si considera la carità della Sposa secondo il bene, che ella fa alle anime coll'istruirle, e nutrirle, e fortificarle, e condurle nelle vie di Dio, delle quali cose si vede la utilità, onde piacciono più di qualunque altra cosa, che sia di maggior piacere agli uomini; perocchè bello dicesi quello, che piace alla vista. Molti Padri per questo vino (cui si paragona il seno della Sposa) intesero la contemplazione delle cose celesti, e a questa si preferisce la vita impiegata nel procurare la salvazione de' prossimi. E l'odore de' tuoi unguenti supera ec. Può alludersi all'unguento, col quale nella vecchia legge si ungevano i Sacerdoti, e al timiama, che si offeriva mattina, e sera nel tabernacolo del Signore, e l'uno e l'altro erano un composto di aromi preziosi ridotti in polvere, e impastati con olio, Exod. XXX. 23. 34. Or tanto l'uno, come l'altro erano simbolo delle varie virtù miste, e unite tra loro delle quali la fragranza sorpassa, ed è cara allo Sposo più che non è agli uomini l'odore degli aromati più pregiati; ed ogni virtù è un unguento odoroso, e tutte insieme riunite, mediante la carità, formano un tutto mirabilmente gradito. Quindi l'Apostolo enumerando queste virtù, e la composizione (per così dire) che di tutte forma la carità, dice: rivestitevi come eletti da Dio santi, ed amati di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di modestia, di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri ...., e sopra tutte queste cose conservate la carità, che è il vincolo della perfezione, Coloss. III. 12. 14.

4,11: Favo distillante ec. Al favo, che stilla gocce di soavissimo, e purissimo miele sono paragonate le labbra della Sposa, indi al miele, e al latte. Questo miele, e questo latte si dice, che ella lo ha sotto la sua lingua. Questa frase si legge in Giobbe XX.12., e nel Salmo LXV. 17., e Salmo IX.30., e dal riscontro di questi luoghi è paruto a qualche Interprete, e sembra anche a me, che il vero suo senso sia aver la cosa nel cuore, dell'abbondanza del quale (come dice Cristo) parla la lingua. Avea lodato la voce, e il favellar della Sposa, Cap. II. 14., IV.3; torna a parlarne di nuovo con queste nuove similitudini. Questo favo (come dice Teodoreto) sono le divine Scritture, le quali sono sempre sulle labbra della Sposa, e queste con tengono le api, che formano la cera, e il miele, vale a dire i santi Profeti, e gli Apostoli, la dottrina de' quali illumina quale accesa facella, e col nettare di celeste sapienza ricrea, e consola, e fortifica le anime. Vedi ancora Ambros. in Psalm. XVIII. 7. La dottrina adunque della Chiesa è favo, che stilla a gocce a gocce il miele puro, non alterato, non misto con profane novita, non corrotto, non adulterato (per usar la parola di Paolo II. Cor. II. 27.) col mescolamento di errori, o di umani ritrovamenti, perchè la parola di Dio da lei si annunzia schietta, e sincera.
Al miele poi si aggiunge anche il latte, per significare come la Chiesa qual tenera madre e nutrice, del celeste alimento della sacra dottrina fa parte a tutti i suoi figli, anche a quelli, i quali per la loro età, o per la imperfezione della loro virtù sono tuttora al latte (come dice l'Apostolo, Heb. V. 12.), vale a dire non sono idonei a intendere la sposizione degli astrusi misteri, i quali sono riserbati a' perfetti. Della qual cosa si parlò già con s. Agostino nel detto luogo della lettera agli Ebrei V. 14.
Questo miele, e questo latte lo ha la Sposa non solo sulle sue labbra, ma anche nel cuore, anzi per questo lo ha sulle labbra, perchè ne ha il cuore ripieno, e per istinto di vera carità lo comunica a salute de' suoi figliuoli. Per la qual cosa un importante gravissimo documento è dato qui a' predicatori della parola Evangelica, i quali non solo annunziar debbono la sola, vera, e sana, e pura dottrina, ma la dottrina istessa debbono portare nel cuore, e aver nelle loro viscere, affinchè non avvenga, che mentre altrui porgono il cibo di salute, rimangano essi digiuni. Ma le labbra della Sposa si aprono non solo per parlar degnamente di Dio, e de' misteri di Cristo, ma anche per parlare a lui stesso, per lodarlo, per benedirlo, per rendergli grazie de' benefizi già fatti, e finalmente per chiedergli i suoi doni; e tutto ciò si fa coll'orazione. Ed è certamente una bontà, e degnazione grande di Dio, come dice il Grisostomo, e un onore grande, ch'ei fa a noi: mentre non sol ci permette, che parliamo con lui, ma ci esorta eziandio a farlo sovente, quasi di sì gran bene fossimo degni. E quanto più dee ammirarsi, che egli in questo luogo abbia voluto con tali similitudini dimostrare, come allo Sposo, a cui s'indirizza, è dolce l'orazione, e all'anima stessa, che ora, è nòn solo dolce, ma anche d'incredibile utilità! E tale sarà l'orazione dell'anima fedele ogni volta che col cuore si accordi la lingua, e le parole colla vita, e colle opere.
È l'odor delle tue vestimenta come odore d'incenso. Le vestimenta della Chiesa, e dell'anima giusta sono le opere di giustizia, come apparisce da molti luoghi delle Scritture, dove tante volte sono nominate queste vestimenta della giustizia, Isai. LXI. 10.,Job. XXIX. 14., Psalm. CXXXI. 9., e particolarmente da quello, che della stessa Sposa sta scritto Apocal. XIX. 8. Le è dato di vestirsi di bisso candido, e lucente: imperocchè il bisso sono le giustificazioni de' Santi. L'incenso poi, come ognun sa, è simbolo della orazione; e la efficacia, e la virtù dell'orazione della Chiesa vien celebrata in queste parole: perocchè il senso di esse egli è tale: favo distillante son le tue labbra, e miele, e latte sotto la tua lingua, e quindi ne avviene, che le opere tue hanno una eccellente divina fragranza, la fragranza della orazione, perchè tu ori non sol colla lingua, e col cuore, ma anche colle opere tue, facendole tutte per mia gloria, onde quel mio insegnamento eseguisci: bisogna orar sempre, e non istancarsi giammai, Luc. XVIII. I.

4,12: Orto chiuso, ec. Tutte le Chiese particolari del mondo cattolico riunite in una comune fede sotto un capo visibile Vicario di Cristo, il Romano Pontefice, fanno una sola Chiesa, una sola Sposa, una sola Diletta: e medesimamente fanno un solo orto ricco di be' fiori, di amene piante, e di frutti di ogni specie, e irrigato da acque vive correnti, e custodito con gelosa attenzione, ond'egli è la delizia dello Sposo. Questa similitudine dell'orto, e della fonte fu usata anche da Isaia per descrivere un'anima feconda di be' germi d'ogni virtù, perchè doviziosamente irrigata dalle acque della grazia celeste, Isai. LVIII. II. E altrove parlando della ristorazione di Sion, dice lo stesso Profeta: il Signore renderà i suoi deserti come luoghi di delizia, e la sua solitudine come giardino del Signore, LI.3. E di lei pure Ezechielle: quella terra inculta è divenuta giardino di delizie XXXVI.35. Giardino adunque di Dio e la Chiesa, ed è giardino chiuso, cioè custodito gelosamente, onde per due volte si dice: orto chiuso. Questa custodia ha vari, e differenti motivi, come diverse sono le infestazioni, e i nemici, che posson prendere a danneggiare lo stesso giardino. In primo luogo adunque chiusa, cioè munita, e difesa contro i persecutori manifesti, e contro gli occulti insidiatori è la Chiesa si dagli Angeli santi, e sì ancora dalla specialissima protezione di Dio medesimo, come apertamente dichiara Davidde dicendo: ella è cinta dai monti, e il Signore cinge il suo popolo adesso, e per sempre, Psalm. CXXIV.2., dove pe' monti s'intendono gli Angeli di Dio, come in altri luoghi delle Scritture; e ben si vede da qual superiore possanza fosse difeso il giardino del Signore, allorchè tutto il furore della nazione al Vangelo, e tutte le forze delle ebrea avversa potestà del secolo, e della dominante empietà non poteron nuocere alla Chiesa, nè impedire, che ella non producesse continuamente nuovi fiori, e nuovi germi, e nuovi frutti. In secondo luogo riflette s. Agostino, che questa proprietà di chiuso giardino può riferirsi alla congregazione dei Santi, e degli eletti, congregazione, la quale, non per differenza di luogo, nè per diversità di fede, ma pel merito della vita, e per la carità, ond'ella è animata, e se parata da' reprobi, e dai peccatori, onde rispetto ad essa ia Chiesa, benchè anche i peccatori contenga, fu detta tutta bella, e senza macchia, e tra questi fiorisce, come tralle spine il giglio fiorisce. Or in quanto ella è giglio (dice s. Agostino), ella è chiuso giardino, riguardo cioè a giusti, e riguardo al numero certo de' Santi predestinato prima della fondazione del mondo, e la moltitudine delle spine con occulta, o con manifesta separazione sta di fuori, accanto a quel numero: ma il numero de' giusti, i quali secondo il proponimento di Dio furon chiamati, de' quali sta scritto: conosce il Signore quei, che sono suoi, questo numero è il chiuso giardino, De Bapt. cont. Don. v. 27.
Fonte sigillato. Questa seconda similitudine espone, e conferma la precedente, particolarmente riguardo a quella che noi dicemmo, con s. Agostino, congregazione de' giusti predestinati in quanto dalla moltitudine de' peccatori, e dei reprobi distinguesi per la carità. La Chiesa adunque è fonte sigillato, nel qual fonte sono le vive limpidissime, e purissime acque si della santa dottrina, e sì ancora del santo battesimo, nel qual battesimo tutti generalmente i figliuoli della Chiesa collo stesso sigillo di Cristo sono segnati; ma i cattivi benchè collo stesso sigillo fosser segnati, perchè colle male opere l'oscurano e lo deformano, dalla grazia si separano del loro battesimo. I giusti poi sono segnati, primo collo Spirito di promissione santo ( come dice Paolo Ephes. 1. 13. 14), il quale è pegno di nostra eredità, ed è custode ancor della grazia, di cui egli è il principio. In secondo luogo sono segnati col sigillo di Cristo, del quale si parla in questo libro VIII.. 6., dove è detto alla Sposa: ponimi come sigillo sopra il cuor tuo, come sigillo sopra il tuo braccio, lo che significa l'amare, e imitare lo stesso Cristo. In terzo luogo sono segnati col sigillo della divina predestinazione, nella quale la nostra cooperazione è compresa come effetto della stessa predestinazione, le quali due cose sono significate da Paolo in quelle parole: saldo sta il fondamento di Dio, che ha questo segno: conosce il Signore quelli, che sono suoi, e si ritiri dall'iniquità chiunque invoca it nome del Signore. Se molti tra' figli della Chiesa fatto getto della grazia da Dio si allontanano co' loro peccati, il fondamento però della Chiesa sta sempre fermo, e immobile, e questo fondamento sono gli eletti segnati, e sigillati sì coll'amorosa approvazione di Dio, che gli elesse per misericordia all'onor di figliuoli, e di eredi, e si an concora colla loro fedeltà a star uniti Dio, invocandolo, e supplicandolo coll'orazione, e tenendosi lontani da ogni peccato. Vedi quello che si è detto II. Tim.II.19.

4,13-14: Le tue piantagioni ec. Viene lo Sposo a descrivere l'amenità, e la fecondità grande del chiuso giardino, noverando in parte le piante, e i frutti, che vi vengono tutti insigni, e di pregio grande, come quelli, che son posti quasi simbolo di que', che sono detti dall'Apostolo frutti dello spirito, a differenza di altri, a' quali diede il nome di frutti, o sia opere della carne, Gal. v. 19. 22. La voce emissiones si è tradotta col Vatablo, e con molti altri Interpreti per piantagioni, benchè siavi chi la intese de' canali di acqua, che dal fonte sopra descritto si derivano ad irrigare il giardino; ed altri ancora le danno altri sensi meno probabili. In vece di tradurre co' frutti de' pomi, si può mettere co' frutti ottimi ovver deliziosi; e ciò s'intende delle frutta più delicate, e di eccellente sapore; e in vece di alberi del Libano l'Ebreo, e il Siro, e l'Arabo leggono: alberi, che portano incenso. Dove la Volgata dice Cypri cum nardo, si è tradotto i Cipri col nardo, perchè la voce Cypri è plurale, come apparisce dal testo originale, che può tradursi le piante de' cipri colte piante de' nardi. Del cipro si è parlato altra volta, come anche del melagrano, pianta assai comune nella Palestina, e di bello, e dolce frutto. Le altre piante sono nominate nel libro dell'Ecclesiastico cap. XXIV. 20. 21. Vari Padri, e Interpreti vanno qui ricercando le qualità, e le condizioni di ciascuna di queste piante, od arbusti, per determinare qual delle virtù sia per ciascuno di essi significata. Per non diffondermi di soverchio, dirò solamente esser cosa visibile, che lo Spirito santo ha voluto esprimere in questo luogo non un determinato numero di virtù, ma le virtù tutte quante, delle quali il chiuso giardino abbonda, e perciò oltre le piante, e gli arbusti aro matici specificatamente nominati dice, che in esso vi sono e frutta d'ogni specie, e tutti gli alberi del Libano, e tutti gli aromi più rari, e più ricercati, alludendosi ancora al paradiso del piacere, in cui fu pbsto da Dio il primo uomo, dove erano tutte le piante belle a vedersi, e al gusto soavi. Quello, che un'anima sinceramente fedele dee fare in leggendo tali cose, si è di riconoscere il benefizio grande ricevuto dal Datore di ogni bene, per misericordia del quale in questo giardino della Chiesa sì ricco, e ferace di ogni bene fu ella piantata, ed esser grata a questa bontà, è procurare con ogni sollecitudine di non essere pianta inutile simile al fico dell'Evangelio, e per ciò degna di esser recisa, come quella, che occupa senza pro una terra destinata ad aver solamente piante non solo utili, ma anche distinte per ispecial merito di santità: grazie rendiamo a Dio Padre, il quale ci ha fatti de gni di partecipare alla sorte de' Santi nella luce, il quale ci ha tratti dalla potestà delle tenebre, e ci ha trasportati nel regno del Figliuolo dell'amor suo, Col. I.12,13.
Molti Padri nel chiuso giardino, e nel fonte sigillato videro ancor figurata la santa verginità, virtù sì rara nell'antico testamento, ma che dovea essere ornamento illustre della Chiesa di Cristo; e riguardo a questa può vedersi quel che ne dice s. Ambrogio in più luoghi, ma particolarmente lib. I. de Virg. dove secondo questa intelligenza spiega, e illustra queste parole. Io mi contenterò di osservare, che gli stessi Padri osservarono, come la verginità benchè sia per se medesima di grandissimo pregio, ha bisogno di avere l'accompagnamento delle altre virtù, senza le quali sarebbe rigettata, come dice il Grisostomo hom. 79. in Matth.; la qual cosa nella, parabola delle vergini stolte fu insegnata da Cristo, come fu insegnata in questo luogo dallo Spirito santo coll'aggiungere al chiuso giardino gli aromi, e le piante, pelle quali le stesse virtù sono significate, come dicemmo.

4,15: Fonte de' giardini: pozzo di acque vive, ec. La Chiesa, che fu detta di sopra chiuso giardino, fonte sigillato, si dice adesso fonte de' giardini; cioè fonte, le cui acque diramansi ad irrigare molti giardini. Perocchè la Chiesa cattolica molte particolari chiese contiene, e contiene ancora grandissimo numero di anime, e alle une, e alle altre si dà il nome di giardino del Signore, e alle une, e alle altre tramanda la Chiesa quelle acque, che ella attinge dai fonti del Salvatore. Ma per dare più grande idea della copia, e dovizia delle acque, onde è ricca la stessa Chiesa, si aggiunge, che ella è pozzo di acque vive, che scorrono impetuosamente dal Libano. Or intorno a questa similitudine dee osservarsi, che queste acque ne' libri santi sono simbolo in primo luogo della vera celeste sapienza; e in secondo luogo della grazia santificante, che ha seco la carità, e gli altri doni dello Spirito santo, Psalm. XXXV. 10., Jerem. II. 13., Baruch, III. 12, Joan. v. 10. 13. 14. A comunicare queste acque vive a' fedeli sono destinate in primo luogo le Scritture dell'uno, e dell'altro Testamento, per mezzo di cui la sapienza celeste, la dottrina necessaria per la salute, e utilissima per tutto il bene, trasmettesi quasi per puro limpidissimo canale a istruire, e fecondare le anime. In secondo luogo i Sacramenti della Chiesa sono l'altro canale, onde le anime sono irrigate colle acque della grazia. Gli effetti di queste acque vive sono indicati nelle Scritture, e in primo luogo dice Cristo: Chi ha sete, venga a me, e beva, Joan. VII. 37., e così in altri luoghi; lo che vuol dire, che la sete delle prave disordinate cupidità per mezzo di queste acque o affatto si estingue, o a poco a poco si va temperando, e diminuendo, acquistando l'anima ogni dì forza, e vigore per superarle fino alla piena vittoria. in secondo luogo di queste acque sta scritto: verserò sopra di voi acqua monda, e sarete mondati da tutte le vostre sozzure, Ezech. XXXVI. 25., e altrove: in quel giorno saravvi una fontana aperta per la casa di Davidde... per la vanda del peccatore e della donna immonda, Zachar. XXIII. I. Lavano adunque, e mondano l'anima, e pura la rendono negli occhi di Dio queste acque, e non solo ciò fanno i Sacramenti della Chiesa, ma lo fa ancora la parola di vita, e la sapienza celeste, che dalle Scritture si appara, onde disse Cristo agli Apostoli: voi già siete mondi per la parola annunziata da me a voi, Joan. XV. 3.
Ma non è la mondezza il pregio maggiore, che da queste acque ricevano le anime; conciossiachè effetto di esse pur è il fecondarle, e renderle atte a produrre i frutti dello spirito, frutti degni di vita, pe' quali accette sieno, e care allo Sposo; onde finalmente si avvera in esse quella parola di Cristo: l'acqua, ch'io gli darò, diverrà in lui fontana, che zampillerà fino alla vita eterna, Joan. v. 13 Dalle quali parole si fa ancor manifesto come da Cristo suo Sposo tutta proviene alla Chiesa questa copia immensa di acque vivificanti. Quindi egli stesso dice di se: io la Sapienza versai de' fiumi, io come canale di acqua immensa derivata dal fiume, e come una diramazione del fiume, e come un condotto di acque sgorgai dal Paradiso. Io dissi: inaffierò il giardino delle mie piante, e darò acqua a sazietà a' frutti del mio prato, ed ecco, che il mio canale è divenuto assai gonfio, e il mio fiume sta per essere un mare, Eccli. XXIV. 40. 43. Nelle quali parole il principio, e la prima sorgente di queste acque, e il corso di esse ad abbellire, e render feconda la Chiesa, e lo spandersi che fecero in vasta piena a beneficio e salute di tutta la terra, è mirabilmente dimostrato, come vedemmo in quel luogo. Vide pure Ezechiele sgorgare dal tempio un torrente, il quale andava sempre crescendo in guisa, che ben presto non potè più valicarsi, e una voce udì, che a lui disse: Queste acque, che scorrono verso i mucchi di sabbia a oriente, e scendono alla pianura del deserto, entreranno nel mare, e ne usciranno, e le acque del mare ne saranno addolciate. E ogni animale vivente, che guizza, dovunque passerà il torrente, avrà vita, e saravvi quantità grande assai di pesci dovunque arriveranno queste acque, e tutto quello che sarà tocco da questo torrente, avrà sanità e vita, Ezech. XLVII. 8. 9. Da questa grandiosa pittura impariamo, come dalla Chiesa escono le acque della sapienza celeste, e le acque della grazia, e de' doni dello Spirito santo, e irrigano i deserti della gentilità, e arrivano al mare morto, dove non è altro, che amarezza, e corruzione, e morte, e le acque infette, e pestifere di questo mare sono risanate, onde i pesci in esse vivono; perocchè per mezzo di queste acque sarà tolta la cecità, la infedeltà, il peccato, e i peccatori saranno vivificati mediante la Fede, e la grazia di Gesù Cristo. Vedi quello, che si è detto in quel luogo.
Ma per finir di spiegare le parole del nostro testo sacro, dirò, che il Libano, altissimo, e celeberrimo monte, secondo tutti gl'Interpreti è qui posto come figura di Cristo. Ma il senso sarà l'istesso, se pel Libano vorremo intendere il Tempio, perchè questo Tempio era figura del Cristo, come vedesi Joan. II. 19. Or il nome di Libano è dato al Tempio da Zaccaria XI. I., e in altri luoghi delle Scritture; e in questa interpretazione la profezia di Ezechielle verrà ad essere quasi una sposizione di queste parole: Pozzo di acque vive, che scorrono impetuosamente dal Libano.


4,16: Sorgi, o aquilone, ec. Abbiamo qui una bella preghiera, la quale e allo Sposo, e alla Sposa ugualmente conviene; il vento settentrionale freddo, e secco di sua natura asciuga, congela, e mortifica le piante particolarmente le più delicate, onde sembrano quasi senza vita; e generalmente nelle Scritture l'aquilone, e il vento aquilonare si prende in senso cattivo, e l'aquilone più volte è figura del demonio. L'austro, vento di mezzodì col suo fiato caldo, e umido le vegeta, e le vivifica, e le piante aromatiche gemono, e gettano le preziose loro gocce. 
Trasportiamoci un momento a considerare il primo cominciamento della Chiesa composta allora di dodici Apostoli, e di un numero di discepoli, ma tutti pieni di timori, e ridotti a tal piccolezza di spirito, che uno, il primo degli Apostoli, avea rinnegato Cristo, e gli altri tutti lo aveano nella sua passione abbandonato. 
Ci viene dunque rappresentato lo Sposo, il quale dopo aver parlato dell'amenità, e fecondità del suo futuro giardino, chiede adesso, che il vento aquilonare sorga, e vada lungi da questo giardino, che sien dissipati i freddi timori, la pusillanimità, gli umani rispetti, che tengono rinchiusi nella casa gli Apostoli, e i Discepoli, e venga l'austro, il vento caldo meridionale, cioè lo Spirito del Signore, che li ravvivi, perocchè egli verrà, e come vento gagliardo, e in figura di lingue di fuoco, onde e la torpidezza sarà scossa, e i cuori saranno accesi di ardente brama di annunziare agli uomini Gesù Crocifisso. 
E allora avverrà (dice il Nisseno) che queste piante elette getteranno i loro aromi; gli Apostoli profeteranno, predicheranno i misteri, insegneranno agli uomini le vie di Dio; le insegneranno e colle parole, e cogli esempi di perfettissima santità, e faranno conoscere agli stessi Giudei traditori, e omicidi del Cristo come questi è quel solo nome dato agli uomini per essere principio, e fondamento unico di salute. Furon ripieni di Spirito santo, e principiarono a parlare, Act. II. 4.
Ma la parola sorgi dà luogo ad un'altra sposizione, la quale è tenuta da molti Padri, secondo la quale lo Sposo, e la Sposa non vorranno già che l'aquilone si parta, ma che si levi pure, e soffi a suo talento, colla condizione però, che soffi insieme il vento meridionale: Sorgi, o aquilone, e vieni tu, o austro, e ventila il mio giardino ec. Imperocchè in primo luogo le tribolazioni, le afflizioni, e le tentazioni di ogni genere voleva Cristo, che fossero il mezzo, per cui la sua Sposa si fondasse nella umiltà, perchè nelle tentazioni ella conosce la naturale sua debolezza, per cui senza il fiato, e senza il soccorso dello Spirito di Dio non potrebbe ella mai sostenersi; ma l'infermità di lei è aiutata da questo Spirito, il quale se per un momento solo si ritiri, la virtù divien languida, e si raffredda la carità. Utile, e salutare esperienza, da cui impara la Sposa a non gloriarsi di se medesima, ma in Dio solo, nel quale ella divien forte, e potente, quanto più la debolezza sua riconosce. Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angustie per Cristo; imperocchè quando sono debole, allora sono potente, 2. Cor. XII. 10. in secondo luogo volle Cristo, che le stesse tribolazioni fossero per la Sposa l'occasione di spargere la fragranza di molte virtù, e di crescere in esse col praticarle. Per le quali virtù eziandio vengono a manifestarsi gl'insigni doni di sapienza, e di grazia celeste, onde ella dallo Sposo e dallo Spirito di lui fu arricchita, talmente che per mezzo di lei e gli uomini, e gli Angeli (secondo il pensiero di Paolo) riconoscono la moltiforme sapienza, e la possanza di Dio. Lo Sposo adunque sempre intento al maggior bene della sua Sposa, non sol permette, ma vuole eziandio, che tentazione venga a provare, e perfezionare la virtù della Sposa sostenuta sempre da quello Spirito, che la riunì, e riunita la conserva; e uno stesso desiderio è quel della Sposa, e il medesimo dee essere di ogni anima veramen te cristiana, la qual si ricordi, che gli Apostoli insieme colle altre verità della Fede annunziavano, che per mezzo di molte tribolazioni arrivar dobbiamo al regno de' cieli, Act. XIV. 21. Quindi le parole di Davidde: Fa' tu saggio di me, o Signore, e pommi alla prova: purga col fuoco i miei affetti, e il mio cuore; perocchè sta dinanzi a' miei occhi la tua misericordia, vale a dire l'aiutatrice bontà, Psal. XXV. 2. 3, La similitudine è diversa, mettendosi qui il fuoco, con cui l'oro, e l'argento si assag gia, e nelle parole di Salomone il freddo, e il rigido aquilone nocivo alle piante del bel giardino; ma il senso dell'una e dell'altra orazione è lo stesso.
AVE MARIA
FONS AETERNAE VITAE