Mamma di tutti. «Oggi distendo il mio manto immacolato su tutta la terra e guardo a tutti voi con la mia tenerezza di Mamma. In questo giorno ti trovo qui, in questa piccola nazione di un così grande continente. Quanta povertà, quanta semplicità, quanta bontà da ogni parte tu hai incontrato! Ti ho fatto amare tutti questi tuoi fratelli con il battito del Cuore di Gesù e con quello del mio Cuore materno. Hai anche incontrato tanti miei figli e figlie predilette, che hanno speso tutta la loro vita fra sacrifici e rinunce, per portare in questa terra l'annuncio del Vangelo. E per mezzo di essi quanti sono entrati a far parte della Chiesa e dell'unico ovile sotto un solo Pastore! Guarda davanti a te quale immensa primavera si prepara! Molti di loro sono però ancora nell'errore del paganesimo o appartengono ad altre religioni, che non sono la vera, quella che vi ha rivelato Gesù, Parola eterna del Padre, a cui tutti vuole condurvi nel suo Spirito di Amore. Anche questi bisogna che la Mamma Celeste, insieme con Gesù, conduca alla pienezza della Verità, mentre oggi tutti già racchiudo nel mio Cuore Immacolato. Sono la Mamma di tutti. Specialmente dei più lontani, di chi ancora cammina nelle tenebre. In particolare sono la Mamma dei più poveri, dei più semplici, dei più abbandonati, dei più indifesi. E oggi, nella festa della mia Immacolata Concezione, ti ho voluto qui nella preghiera, nel raccoglimento, nella sofferenza, a fare ovunque Cenacoli con Me, perché tu sia espressione del mio amore materno e della mia predilezione verso tutti questi miei figli. Così anche qui, ogni giorno, avviene il trionfo del mio Cuore Immacolato, mentre il regno di Gesù sempre più si diffonde nei cuori e nelle anime portando il segno della pace, dell'amore e della gioia. Col Papa, mio primo figlio prediletto, benedico oggi tutti i miei figli, specialmente quelli che vivono in questo grande continente di Africa».
PSALMUS XXII
Dominus
regit me, Virgo Dei genitrix:
quia
tu amabilem vultum eius ad me convertisti.
Benedicti
sunt oculi tui splendissimi:
quos
digneris misericorditer convertere super nos peccatores.
Benedictum sit lumen et splendor faciei tuae:
benedicta sit gratia vultus tui.
Benedicta sit misericordia manuum tuarum:
benedicta sit emanatio virginei lactis tui.
Benedicant te apostoli et prophetae Dei:
martyres, confessores, et virgines psallant tibiGloria Patri, etc.
XXIII
Domini
est terra et plenitudo eius:
tu
autem, sanctissima Mater, cum eo regnas in aeternum.
Gloriam et decorem induisti:
omnis lapis pretiosus amictus et operimentum tuum.
Splendor Solis super caput tuum:
lunaris
pulchritudo sub pedibus tuis.
Sidera
micantia ornant sedile tuum:
astra
te glorificant iugiter matutina.
Memento
nostri, Domina, in beneplacito tuo:
et
fac nos dignos glorificandi nomen tuum.Gloria Patri, etc.
XXIV
Ad
te, Domina, levavi animam meam:
in
iudicio Dei, tuis precibus, non erubescam.
Neque
illudant mihi adversarii mei:
etenim
praesumentes de te roborantur.
Non
praevaleant adversum me laquei mortis:
et
castra malignantium non impediant gressus meos.
Collide
impetum eorum in virtute tua:
et
cum mansuetudine occurre animae meae.
Ductrix
mea esto ad patriam:
et
me coetui angelorum digneris aggregare.Gloria Patri, etc.
XXV
Iudica
me, Domina, quoniam ab innocentia mea digressus sum:
sed
quia speravi in te, non infirmabor.
Ure cor meum igne amoris tui:
et
cingulo castitatis restringe renes meos.
Quoniam
misericordia tua, et clementia tua ante
oculos meos:et delectatus sum in voce laudis tuae.
Domina,
dilexi decorem faciei tuae:
et veneratus sum sanctam maiestatem tuam.
Confitemini
nomini eius, quoniam sanctum est:
enarrentur
in saeculum mirabilia eius.Gloria Patri, etc.
XXVI
Domina,
illuminatio mea sit splendor faciei tuae:
et serenitas tuae gratiae refulgeat menti meae.
Exalta caput meum:
et
ego psalmum nomini tui decantabo.
Ne
avertas faciem tuam a me:
quia
speciem et decorem tuum a juventute mea concupivi.
Te
amavi et exquisivi, Regina coelorum:
misericordiam
tuam et gratiam tuam ne subtrahas a servo tuo.
Confitebor
tibi in nationibus:
et
thronum gloriae tuae honorificabo. Gloria Patri, etc.
XXVII
Ad te, Domina, clamabo, et exaudies me:
in
voce laudis tuae laetificabis me.
Miserere
mei in die angustiae meae:
et
in luce veritatis tuae libera me.
Benedicta
sis, o domina:
in
finibus omnibus orbis terrae.
Sanctuarium quod firmaverunt manus tuae:
et sanctum templum corporis tui.
Conscientia
tua munda et immaculata est:
locus propitationis et habitaculum sanctum Dei.Gloria Patri, etc.
XXVIII
Afferte
Dominae nostrae, filii Dei:
afferte
Dominae nostrae laudem et reverentiam.
Da virtutem sanctis tuis, Mater sancta:
et benedictionem laudantibus atque glorificantibus.
Era il primo giorno della novena a Sant’Anselmo, Vescovo di Canterbury e grande Dottore della Chiesa, la cui festa si celebra il 21 aprile. La chiesa matrice del villaggio era piena di paesani che insieme pregavano il loro patrono:
— Sant’Anselmo, intercedi per noi!
Le preghiere, intercalate da canti di devozione, echeggiavano all’interno del tempio, creando commozione nel cuore dei fedeli. Tra questi c’erano tre bambini che seguivano ogni cosa con enorme fervore, mentre si raccomandavano al santo Vescovo, chiedendogli la grazia che desideravano di più: fare la Prima Comunione. Erano: Leonardo, di sette anni, Filippo, di sei e sua cugina Beatrice, anche lei di sette anni.
Alla vigilia della solennità, la novena si sarebbe svolta prima, per dar tempo alla processione di percorrere tutto il villaggio. I piccoli uscirono lesti da scuola per prendere uno spuntino veloce nel parco, prima di dirigersi verso la matrice. Mentre facevano merenda, Beatrice vide alcuni fiori molto belli e volle coglierne alcuni per portarli alla cerimonia.
Avvicinandosi, osservò quattro uomini strani nascosti tra gli arbusti. Parlavano a voce bassa, si guardavano intorno, timorosi di essere osservati, scoppiando in risate soffocate e sinistre. La bambina, allora, sentì una voce grave e roca dire:
— Questo tale Anselmo è una bugia inventata dal parroco! E l’Eucaristia, una menzogna ancora più grande. Quando domani troveranno la chiesa scassinata, sapranno che niente di tutto ciò esiste!…
— Non resterà nemmeno un’Ostia perché essi possano commemorare il loro patrono! Porteremo via tutto quello che troviamo nel tabernacolo – continuava un altro.
— Smettetela di dire sciocchezze! – intervenne il più vecchio – Invece di fare commenti idioti, combiniamo a che ora comincerà la “festa”.
Dopo una breve discussione, uno disse:
— All’una stanotte! A quell’ora tutti staranno dormendo…
I ladri assentirono e scomparvero. Beatrice era immobile, spaventatissima per quello che aveva appena sentito dire. Dopo essersi assicurata di essere sola, corse a raccontare tutto ai cugini.
— Non possiamo fare sciocchezze! Dobbiamo avvisare qualcuno più grande di noi. Non sarebbe meglio parlarne ai nostri genitori?
— Leonardo, non capisci? È un’occasione unica per noi! Se difenderemo il Santissimo Sacramento da questi cattivi, il parroco ci lascerà fare subito la Prima Comunione! – replicò Filippo.
— No, no, Filippo! – disse Beatrice – Non siamo in condizione di affrontarli. Che cosa sono tre bambinelli di fronte a dei banditi di questo genere?
Filippo esclamò indignato:
— Con Nostro Signore Gesù Cristo e la Madonna al nostro fianco, oltre a Sant’Anselmo, possiamo fare tutto! Come potete avere dei dubbi?
Leonardo e Beatrice abbassarono il capo provando vergogna… Infine, Leonardo ruppe il silenzio:
— Ho un’idea! Facciamo un esercito di bambini. Riuniamo i nostri compagni che non hanno ancora fatto la Prima Comunione e difendiamo insieme Nostro Signore!
Dopo aver accettato all’unanimità la proposta, corsero fino alla chiesa matrice, dove la processione era già formata per iniziare il corteo. In tutta fretta cominciarono a convocare, uno per uno, i membri del futuro “esercito di piccoli”, arrivando al numero di sedici. Tutti erano pieni di contentezza per una così insolita incombenza!
— Che grazia formidabile Sant’Anselmo ci concede! – esclamava uno.
— Difenderemo Dio stesso! – commentava un altro. Una delle bambine più piccole che erano lì, Sofia, di appena cinque anni, ammonì con voce decisa:
— Ma, amici, prepariamoci! Può darsi che Nostro Signore ci voglia martiri!
Sentendo tali parole, gli altri quindici si meravigliarono! Nelle loro menti era venuta soltanto l’idea di difendere Nostro Signore Gesù Cristo, e non gli era venuto in mente che avrebbero potuto sacrificare le loro vite per Lui… Di fronte a questa prospettiva, si riempirono ancor più di coraggio, estasiati alla possibilità che quella notte sarebbero potuti volare in Cielo!
Terminata la processione, i bambini si riunirono per pregare davanti al tabernacolo, al fine di chiedere forze e grazie per il compimento della missione. I genitori e conoscenti osservavano curiosi, senza, tuttavia, chiedere niente.
A mezzanotte uscirono da casa di nascosto, in punta di piedi, chiedendo ai loro Angeli Custodi che nessuno li vedesse, e si trovarono a due isolati dalla chiesa, per dirigersi fin là tutti insieme.
Filippo e Sofia, i più piccoli del gruppo, penetrarono nel tempio per una finestra semichiusa e aprirono la porta della sacrestia. Dopo che l’“esercito” fu entrato, sprangarono di nuovo la porta e restarono in attesa dei criminali, in preghiera davanti al tabernacolo illuminato soltanto dalla luce della lampada.
All’una e dieci di notte sentirono un rumore proveniente dalla porta laterale destra. Con i loro strumenti d’assalto i banditi sfondarono la porta e irruppero nel santuario. Non videro nessuno, poiché i piccoli “soldati” rimasero accovacciati dietro l’altare. Quell’infantile e valente “battaglione” aveva il cuore che batteva a mille. Alcuni pensavano che a breve sarebbero stati uccisi e si sentivano già in Paradiso!
Quando i mascalzoni si avvicinarono all’altare, tutti piombarono su di loro. Le anime innocenti di quei bambini non si preoccuparono nemmeno di procurarsi qualche strumento per difendersi… Tutto quello che avevano, era la fede in Nostro Signore e nell’intercessione di sua Madre Santissima, come anche in quella di Sant’Anselmo.
I malviventi s’impaurirono di fronte a tanta audacia! Colti dalla sorpresa e dalla rabbia, cominciarono a picchiare le loro vittime innocenti, ma il rumore e le grida svegliarono il sacrestano, che accese le luci della chiesa, mettendo così in fuga i banditi impauriti, che furono catturati dalla polizia.
Vari bambini rimasero molto ammaccati. Sofia, la più colpita, dovette essere trasportata in fretta a casa del medico, dove fu sottoposta a medicazioni dolorose. Si potrebbe dire che la tragedia avesse sfiorato loro e le rispettive famiglie.
Invece, le cose andarono diversamente… La festa di Sant’Anselmo non fu mai così gioiosa come quell’anno, poiché l’eroismo dei bambini aveva risvegliato l’entusiasmo dei fedeli. Durante la Messa, essi occuparono i primi banchi, ornati da bende e medicazioni, che avevano l’aspetto di gloriose condecorazioni!
E alla fine della celebrazione, prima di dare la benedizione finale, il parroco annunciò loro, come premio, la tanto attesa notizia: poiché avevano dato dimostrazione di tanta devozione e ardore eucaristico, i piccoli eroi avrebbero ricevuto la Prima Comunione non appena si fossero ristabiliti. (Rivista Araldi del Vangelo, Aprile/2017, n. 167, pp. 46 - 47)
1Nel mio letticciuolo le notti lui cercai, che è l'amore dell'anima mia, lo cercai, e nol trovai. 2Mi alzerò, e anderò attorno per la città, per le contrade e per le piazze cercherò di lui, che è l'amore dell'anima mia. Lo cercai, e nol trovai. 3Mi trovarono le sentinelle, che stanno a guardia della città. Avreste mai veduto colui, che è l'amore dell'anima mia? 4Quand' io le ebbi oltrepassate di poco, trovai l'amor dell'anima mia: lo presi, e nol lascerò fino a tanto che io lo abbia introdotto nella casa di mia madre, e nella camera di lei, che mi generò. 5Io vi scongiuro, o figliuole di Gerusalemme, pe' caprioli, e pe' cervi de' campi, che non rompiate il sonno della Diletta, e non la facciate svegliare fino a tanto, che ella il voglia. 6Chi è costei, che ascende per il deserto quasi piccola colonna di fumo dagli aromati di mirra, e d'incenso e di ogni polvere di profumiere? 7Ecco, che attorno al letto di Salomone stanno sessanta guerrieri dei più forti d'Israelle: 8Tutti hanno la spada, e sono spertissimi nella guerra: ognuno ha al suo fianco la spada pei notturni timori. 9Il re Salomone si fece un cocchio di legno del Libano; 10Gli fece le colonne d'argento, il dosso di oro, il conopeo di porpora: le parti di mezzo di care cose ricoperse per amore delle figlie di Gerusalemme. 11Uscite fuora, e mirate o figlie di Sion, il re Salomone col diadema, con cui lo incoronò la madre sua nel giorno dello sposalizio di lui, e nel giorno della letizia del cuor suo.
Note:
3,1-4:Nel mio letticciolo le notti ec. Grandi sono i misteri adombrati in questi quattro versetti, ne'quali i diversi stati descrivonsi, pe'quali passò la Chiesa, ed i quali ella rammenta per avvivare il suo amore, e l'amor de' suoi figli verso il divino suo Sposo. Tutte le parole, anzi tutte le sillabe, e ogni letteruzza meritano ponderazione. Mi restringerò quant'è possibile per non uscire de' termini che mi sono prefissi. La fede, e la speranza nel Messia promesso al genere umano dal tempo della caduta di Adamo, fu l'unica ancora di salute per gli uomini, e questa fede, e questa speranza sostenne gli antichi Padri i quali bramarono, e sospirarono, e cercarono la venuta di questo Salvatore. Abramo vostro padre sospirò di vedere il mio giorno, disse già lo stesso Cristo agli Ebrei, Joan. VIII. 56. E lo stesso desiderio ebbero tutti quei Giusti, i quali vissero sotto quella che dicesi legge di natura, come Abele, Henoch, Noè ec., de' quali dice l'Apostolo: nella fede morirono tutti questi senza aver conseguito le promesse, ma da lungi mirandole, e salutandole, Heb. XI. 13. Tutto questo tempo adunque fu tempo di notte, nel quale il piccolo gregge de' Giusti, ne'quali la tradizione del Salvatore futuro si conservò, cercarono, e implorarono la venuta di quel Medico celeste, il quale a' mali loro, e a quelli di tutti i loro fratelli in istato pessimo abbandonati porgesse rimedio. Iddio però, li cui giudizi sono abisso grande, e profondo differì l'adempimento delle promesse. Ed ecco la prima notte, in cui fu creato lo Sposo, ma non era possibile di ritrovarlo. Lo cercai, e nol trovai. Iddio però, che volea mantener sempre viva la fede nel Salvatore, si elegge, e si forma un popolo, o (come qui dicesi) una città, a cui dà per ministero di Mosè la sua legge, che dicesi legge scritta, nella qual legge tutte le parole, tutte le cerimonie, i riti, i sacrifizi prefiguravano il Cristo, e tutta l'economia della Redenzione del genere umano, che dovea operarsi da lui: imperocchè tutte queste cose (come dice Paolo) sono ombra delle future, ma il corpo (la realtà, la verità, la sostanza) è di Cristo, Coloss. II. 17. La Sposa allora bramosa di trovare il suo Sposo si alza, e va attorno per la città, cerca per ogni dove le vestigie di questo Sposo, ma trova per tutto delle ombre, e delle nude figure, a traverso delle quali ella comprende, che la luce e l'Oriente verrà, ma non è ancor venuto, e queste ombre, e queste figure (quanto più ella le considera) servir non possono, se non ad accrescere la sua fame, e l'impazienza de' suoi desideri. E guai a que' figli di lei, i quali tutti intesi alla nuda lettera della legge, privi dello spirito di fede nella sola, e nuda osservanza delle carnali lor cerimonie cercarono Dio, e la loro salute: conciossiachè per questi che furono in gran numero, la legge buona, e santa per se medesima diventò legge di morte, come dice l'Apostolo. Or mentre ella piena di ansietà continua le sue ricerche, s'imbatte nelle sentinelle, che stanno a guardia della città, e queste sentinelle sono i Profeti dati da Dio alla città, perchè col ripetere, e confermare la gran promessa avvivassero la fede ne' cittadini di lei, e li preparassero, mediante la correzione de' costumi, a riconoscere, e ricevere il Cristo. Vedi Ezech. XXXIII. E a queste sentinelle con grande affetto domanda: avreste mai veduto colui, che è l'amore dell'anima mia? Ma questi non le danno risposta; perocchè qual risposta potevano avere da consolarla, se non ridirle quello che istruita da Dio, e dagli stessi Profeti ella già sapeva, che il Cristo dovea venire, ma non era venuto ancora? ed è questa la seconda notte, di cui parla la Sposa, notte assai lunga, e dolorosa, in cui ella cercò l'amore dell'anima sua senza trovarlo. Ma di questa notte la fine s'andava omai avvicinando; i Profeti passarono, e benchè l'intervallo di tempo, che fu tra questi, e il Messia, fosse assai grande, nondimeno la Sposa lo descrive come piccola cosa, perchè nella stessa guisa lo avea descritto Dio ne' profeti, onde in Aggeo (uno degli ultimi) avea detto: Ancora un pochetto, e io metterò in movimento il cielo, e la terra, e il mare, e il mondo, e metterò in movimento tutte le genti, perchè verrà il Desiderato da tutte le genti, Agg. II. 7. 8. Imperocchè secondo la parola di Davidde mille anni negli occhi di Dio sono come il giorno di ieri, che già passò. Dice a dunque la Sposa, che quando ebbe oltrepassate le sen tinelle giunta la pienezza de' tempi, la notte era finita, era venuta la luce, il Cristo era comparso, ed ella trova questo amore dell'anima sua, lo prende come cosa sua, perchè donatole già dal Padre, e giacchè è stata si fortunata in trovarlo, nol lascerà giammai, nè permetterà, ch'ei si parta da lei, fino a tanto che lo abbia introdotto nella casa della madre sua, e nella stanza di lei, che la generò. Ma in queste parole una doppia profezia si con tiene accennata appena, e sol di passaggio, ma però assai chiaramente. Quella che ha trovato lo Sposo, ella è certamente la Chiesa composta dai Giudei fedeli, a'quali fu principalmente mandato il Cristo, da'quali egli nacque, e sotto gli occhi de' quali operò i miracoli, predicò, patì, e risuscitò. Ma la Sinagoga (la città di cui si parla qui avanti) si divide in due parti, l'una, che riconosce, e ado ra il suo Messia, l'altra che lo rifiuta, e lo bestemmia, onde sta scritto: Venne nella sua propria casa, e i suoi nol ricevettero, Joan. I. II. Ed è da notare, che tutto Israelle cercò lo Sposo (come dice l'Apostolo), cercò il Messia, ma la gran parte d'Israelle volle un Messia se condo i carnali suoi desideri, e restò nell'accecamento nel tempo stesso, che lo trovarono gli eletti: Israelle non ha conseguito quel che cercava: lo hanno conseguito gli eletti, tutti gli altri poi si accecarono, Rom. XI. 7. questa funestissima divisione è predetta qui dalla Sposa, ma è predetto eziandio, che un giorno verrà, nel qual giorno la liberazione d'Israelle sarà compiuta, ed ella avrà la grande, la immensa consolazione di riunire lo Sposo con que' fratelli, che lo rinnegarono, e lo crocifissero. Allora adunque la Sposa introdurrà il suo Diletto nella casa della sua Madre (la Sinagoga) che fu pur madre di Cristo, e degli Apostoli, e la riunione di questa Sposa ripudiata sarà consumata, e perfetta, come accenna la Sposa dicendo: che non sol nella casa, ma nella stanza di lei più intima ancora sarà Cristo introdotto. Secondo la minaccia fatta per Geremia avea il Cristo abbandonata la propria casa, e la sua eredità, che avea meritato l'ira, e il rigettamento colla sua ostinata incredulità; ma noi qui lo veggiamo, che non solo si placa, ma ritorna a lei suo Salvatore, ed anche suo Sposo; e tutto ciò è effetto delle preghiere della Sposa, e dell'amore, che Cristo ha per lei. Ma sarà egli forse, che la Sposa ceda ad un'altra il suo Sposo, anzi brami di cederlo, e quasi lietissimo avvenimento celebri l'averlo ceduto? No, ella nol cede, ma vuole che la madre ancora goda lo stesso bene, e la stessa ventura: e unite ambedue a Cristo non saranno due Spose, ma una sola mercè di lui, il quale è nostra pace, e de' due popoli (Ebreo, e Gentile) un solo ne forma, di cui egli è Capo, e Sposo, e Pastore. In queste ricerche della Sposa hanno i Padri, e gl'Interpreti ravvisata ancora l'obbligazione, che ha necessariamente ogni anima di cercare Dio in tutto il tempo di questa vita mortale. Dio fece da un solo tutta la progenie degli uomini.... affinchè cercassero Dio. Act. XVII.26. 27. Perocchè egli è il Sole spirituale dell'anime, la cui assenza è cagion della notte, e perciò dicesi, che l'anima va cercandolo nelle notti. E siccome in diverse guise Dio è assente dall'anima, perciò con fine diverso, e il diverso modo ricercasi. Dio è assente da'peccatori, nei quali manchi la fede, o la carità, od anche ambedue queste virtù, onde in, essi non abita Dio; e questi nello stato di oscurità, e di tenebre, in cui si trovano, cercar lo debbono colla penitenza, nè darsi posa fino a tanto, che lo abbiano ritrovato, onde dir possano colle parole di Paolo: la notte è passata, e la luce del giorno si è avvicinata. A' giusti poi, che sono abitazione di Dio si dice: cercate il Signore, cercate sempre la faccia di lui, Psal. CIV. 9. Ma cercandolo sempre, quando sarà ch'ei si trovi? Questo sempre dinota tutto il tempo della vita presente, nella quale ancorchè sia trovato, dee ricercarsi. Trovollo da fede, ma lo cerca tuttavia la speranza: e la carità lo possiede già per la fede, e cerca di averlo, e goderlo a faccia svelata. È questo un cercare sempre la faccia di lui talmente che alla ricerca fine non facciasi dopo aver lo trovato; ma crescendo l'amore cresca ancora la sollecitudine di ricercarlo; ed egli è da cercarsi senza fiue, perchè senza fine è da amarsi. S. August. in Psal. CIV. E ciò volea spiegare l'Apostolo quando disse: Fratelli io non mi credo di aver toccata la meta, ma questo solo, che dimentico di quel che ho dietro le spalle verso le cose stendendomi, che mi stanno davanti, mi avanzo verso il seguo, verso il premio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù, Philip. III. 12. E quindi è ancora, che la Sapienza increata trasformatasi per amore de' suoi figliuoli in cibo, e in bevanda dice di se: Color, che mi mangiano, hanno sempre fame, e color che mi bevono, han sempre sete, Eccl. XXIV. 29. Un'anima, che ha trovato Dio in tal guisa, che aspira sempre a più perfettamente trovarlo è in stato di dire: l'ho preso, nè lo lascerò, affidata non alle proprie forze, ma alla carità dello Sposo, il quale nella notte del secolo la illuminerà, la guiderà e la sosterrà contro i nemici di sua salute: ed ella lo terrà, nè lo lascerà fino che lo abbia introdotto nella casa di sua madre, nella Gerusalemme celeste, in quella Gerusalemme, che è lassù, ed è nostra madre, come dice l'Apostolo. Poteva dire ugualmente quest'anima lo terrò, e nol lascerò fino a tanto, ch'ei m'introduca nella casa di mia madre; ma volle esprimere la fermezza della sua fede, con cui mira in se stessa abitante il suo Bene, perchè ella sa, che chi sta nella carità sta in Dio, e Dio sta in lui, 1. Joan. IV. 16.
3,5:Io vi scongiuro, o figliuole di Gerusalemme, ec. L'amore col quale la Sposa cercò, e trovò il suo Diletto, l'amore ardente con cui lo tiene, e a lui sta unita, la carità, e lo zelo, col quale ella cerca di trarre a lui tutti i cuori, e d'introdurlo eziandio ne' cuori de' Giudei tra ditori, e omicidi di lui, tutte queste dimostrazioni di con stantissimo affetto sono ricompensate dallo Sposo coll'e sortare, ed ammonire tutti i figliuoli di lei, che si guar dino dal turbare la sua pace, e la sua tranquillità, e il ripetersi questa esortazione (che si ha nel cap. II. 7.) dimostra quanto stiagli a cuore questa pace, e quanto avrà in odio chi in qualunque modo la rompa. Vedi quel che si è detto in quel luogo.
3,6:Chi è costei, che ascende ec. La Sposa, che ha trovato lo Sposo, e lo tiene, e con sempre nuova ansietà lo ricerca, è celebrata dallo Spirito santo, il quale con una specie di ammirazione dice: Chi è costei ec. Questo elogio può intendersi o generalmente della Chiesa Cristiana, ovvero specialmente applicarsi alla Chiesa delle nazioni dei primi tempi, quando aperta a' Gentili la porta dell'E vangelio si vider diffusi sopra i nuovi credenti i doni tutti dello Spirito santo in grandissima abbondanza, onde la meraviglia de' fedeli del Giudaismo: rimasero stupefatti i fedeli circoncisi.,.. che anche sopra le genti si fosse diffusa la grazia dello Spirito santo; perocchè gli udivano parlare le lingue, e glorificare Dio, Act. X. 45. 46. Ella è cosa frequentissima ne' Profeti, che la gentilità, priva di ogni lume di vera religione, abbandonata da Dio, e incapace di dare alcun frutto di vera virtù si chiami deserto, solitudine, arida terra. Mi contento di un solo passo di Isaia, che fa molto a proposito, perchè in esso descrivesi lo stesso avvenimento, di cui qui si parla: allegrerassi la regione deserta, e non battuta, e tripudierà la solitudine, e fiorirà come giglio, ella germoglierà grandemente, ed esulterà piena di contentezza, e canterà laude: a lei è data la gloria del Libano, la vaghezza del Carmelo, e di Saron,..... La terra che già fu arida, sarà uno stagno, e la terra sitibonda sarà ricca di sorgenti. Dove prima erano covili di dragoni nascerà la verzura della canna, e del giunco, Isai. XXXV. 1. 2. 7. il prodigioso cangiamento avvenuto nella gentilita convertita alla Fede descritto da Isaia, e dagli altri Profeti fu molto prima profetizzato dallo Spirito santo in queste parole: Chi e costei, che ascende per lo deserto? Veramente la gentilità era come un deserto vuoto d'uomini, orrido albergo di fiere, perchè coloro, che vi abitavano, rinunziando ad ogni lume di ragione, e adorando anche le mute bestie, e gli stessi demoni loro nemici, divennero abominevoli come le cose, che adoravano. Ma in questo deserto sparsa appena la prima semenza della Fede, cominciò ad alzarsi la Chiesa quasi colonna di fumo, che esali, e sorga da una composizione di mirra, e d'incenso, e di tutte le polveri odorifere poste ad ardere sul fuoco. Ed è qui un'allusione a quello che avvenne della promulgazione della legge, quando, come sta scritto, tutto il monte Sinai gittava fumo, perchè il Signore era disceso in mezzo al fuoco, e il fumo ne usciva come da una fornace, e tutto il monte metteva terrore, Exod. XIX. 18. Nelle quali cose era dipinto il carattere dell'antica legge, legge di timore e terrore. Ma la colonna di fumo, che si alza dagli aromi preziosi, è simbolo della soavità, e fragranza della nuova legge d'amore, donde la preminenza della Chiesa di Cristo apparisce. Quindi agli Ebrei convertiti diceva Paolo: non vi siete appressati al monte palpabile, e al fuoco ardente, e al turbine, e alla caligine, e alla bufera, ma vi siete appressati al monte di Sion, e alla città di Dio vivo, e alla Gerusalemme celeste, e alla moltitudine di molte migliaia di Angeli, e al mediatore della nuova alleanza Gesù, Heb. XII. 18. 22. 24. Quando adunque la Sposa, che per lo deserto s' innalza verso del cielo, si rassomiglia alla striscia di fumo, e di vapore, che esala dalle preziose materie qui accennate, viene nel tempo stesso significata e la condizione della nuova legge, e la bellezza, onde negli occhi di Dio è adorna la Chiesa. Il fuoco, per mezzo del quale gli odorosi aromi si sciolgono, e in alto si levano, rappresenta la carità portata nel mondo dallo Spirito santo, la quale a tutte le buone opere dà il merito, e la virtù di salire fino al trono di Dio, e di essere approvate, e rimunerate da lui. La mirra ella è la virtù della mortificazione, e dell'annegazione dell'uomo vecchio, e corrotto: l'incenso è la santa orazione, e gli altri aromi, o sia polveri preziose, del vapor delle quali si forma la colonna di fumo, dinotano la universalità di tutte le altre virtù, delle quali si veggono, e si vedranno mai sempre nella Chiesa gl'illustri esempli, e più generalmente, e in singolar maniera si videro ne' primi tempi. Tutte queste virtù renderon la Chiesa spettacolo meraviglioso non solo al mondo, e agli uomini, ma anche agli Angeli, e riempieron la terra di una celestiale fragranza, la qual servì grandemente a propagare, e ingrandire la stessa Chiesa, non potendo gli uomini anche i più corrotti, e i più carnali non ammirare, e non sentirsi tratti ad amare una società di Santi, nella vita de' quali risplendeva mirabilmente la efficacia della grazia di Cristo, e l'avveramento di quella parola di lui: Quand'io sarò levato da terra trarrò a me tutte le cose, Joan. XII. 32. E l'ammirazione dovette crescere a dismisura, allorchè si vide, che in mezzo a' turbini, e alle tempeste, che si levarono contro la Chiesa anche quasi subito dopo il suo nascere, la piccola colonna di fumo non fu dissipata, e dispersa, ma si sostenne diritta in suo cammino, ed anzi andò dilatandosi, e spargendo fragranza maggiore. Imperocchè piccola è detta questa colonna, perchè, come dice Paolo, nella Chiesa de' primi tempi furono non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili: ma le stolte cose del mondo elesse Dio per confondere i sapienti, e te cose deboli del mondo elesse Dio per confondere le forti, e le ignobili cose del mondo e le spregevoli elesse Dio, e quelle che non sono, per confondere quelle che sono, 1. Cor. 1. 26.27.28 E ne aggiunge la causa: affinchè nissuna carne si dia vanto dinanzi a lui, ivi 29., vale a dire, affinchè nissun uomo gloriar si potesse di aver contribuito qualche cosa del suo a stabilire e propagare la Chiesa di Cristo. In un altro senso il deserto, per cui seguendo la sua vocazione s'innalza un'anima Cristiana verso Dio, egli è il mondo, dove tanta è la copia del male, e tanta la scarsezza del bene. Ed è certamente effetto degno, effetto ammirabile della grazia di Cristo, che in questo deserto, dove tanti sono gl'inciampi, i lacci, i pericoli si sollevi l'uomo, e s' innalzi con quella facilità, e leggerezza, con cui una striscia di fumo si alza verso del cielo; la qual cosa non può egli fare se non fuggendo collo spirito da questo deserto, disprezzando le cose visibili mediante l'amore e il desiderio delle spirituali ed eterne. Imperocchè in questo senso diceva Cristo: chi non rinunzia a tutto quel che possiede, non può esser mio discepolo; e in un altro luogo: chi vuol venir dietro a me rinneghi se stesso, vale a dire i propri affetti; sopra le quali parole molto bene s. Agostino: Cerchi ognun di noi di soggettare le proprie passioni, e star sopra di esse, e così viene a farsi de' gradini per satire in alto; ci alzeranno se saran sotto di noi; de' nostri vizi ci facciamo una scala, se li calchiamo, Serm. 171. de Temp. Le ascensioni dell'anima, la quale in questo deserto, e pel disprezzo di esso s'innalza quasi piccola colonna di fumo dagli aromati di mirra ec. erano state già esposte da Davidde, quando disse: Beato l'uomo, la fortezza del quale è in Te: egli nella valle di lacrime ha disposte in cuor suo le ascensioni fino al luogo, cui egli si determinò. Perocchè li benedirà il Legislatore, anderanno di virtù in virtù, si rivelerà ad essi, il Dio degli Dei in Sionne, Ps. LXXXIII. 6. 7. Sale, e s' innalza l'anima verso Dio, mediante l'ardor della carità, come si alza il fumo dell'incenso, della mirra, e degli altri aromati, mediante il fuoco, per cui le parti più sottili, e spiritose si sprigionano dalle terrestri, e liberamente e salano, e vanno in alto, e la lor fragranza diffondono. E nella stessa maniera la carità è il principio delle ascensioni dell'anima, perchè ella è, che purifica, e perfeziona le buone opere, per cui l'anima va avanzandosi di virtu in virtù. Ella è il fuoco divino, che separa il prezioso dal vile, lo spirituale dal terreno, l'utile dall'inutile, o men perfetto. L'anima allora scarca, e leggera non violentemente, ma con pienezza di affetto si alza verso il suo fine, come il fumo, e il vapor degli aromi per sua propria natura sale, e va dirittamente verso del cielo. Sale l'anima giusta verso Dio a imitazione della Sposa per mezzo della penitenza, e della mortificazione della carne, sale per mezzo dell'assidua, e perseverante orazione, sale per mezzo di tutte le altre virtù, nell'esercizio delle quali ella non altro cerca, che lui, e l'amore di lui, secondo quelle parole di Davidde: Qual cosa havvi mai per me nel cielo, e che volli io da te sopra la terra? La carne mia, e il mio cuore vien meno, o Dio del mio cuore, e mia porzione, o Dio nell'eternità, Ps. LXXII. 24. 25.
3,7-8:Ecco, che attorno al letto di Salomone ec. Il Salomone di cui e qui, e in appresso si parla, non è altro, che il Pacifico, il Principe della pace, come è detto in Isaia (IX. 6.), quegli, che è nostra pace, secondo l'Apostolo, conciossiachè fu beneplacito (del Padre) che per lui fosser riconciliate seco tutte le cose, rappacificando, mediante il sangue della croce di lui, e le cose della terra, e le cose del cielo, Coloss. I. 19. 20., ed egli delle due cose (de' due popoli Ebreo, e Gentile) ne ha fatta una sola, annullando la parete intermedia di separazione, le nimistà, per mezzo della sua carne, Ephes. II. 4. Pel letto di Salomone il Caldeo Parafraste intese il Tempio di Dio edificato da quel Salomone, che fu del nostro figura, e noi con tutti i Padri intendiamo la Chiesa cristiana, la nuova Sionne, di cui l'antico Tempio era figura, come si vede tante volte in tutti i Profeti. La Chiesa adunque è il letto non del terreno Salomone, ma del celeste, di cui pure sta scritto: sua sede è nella pace, e, come ha l'Ebreo, in Salem, che vuol dire città della pace, cioè nella Chiesa, Ps. LXXV. 2. Ed è da osservare il come di questo letto si parli: Ecco, che il letto di Salomone ec. il che viene a indicare, che la Chiesa è visibile, e non può non riconoscersi a' suoi manifesti segni e caratteri da chiunque abbia occhi per rimirarli; perocchè non può (come disse Cristo) essere ascosa una città posta sul monte, e perciò la Chiesa stessa è sovente rappresentata pel monte di Sion. Questo letto del Re pacifico è custodito da due specie di guardie, e di sentinelle, è custodito dagli Angeli, i quali (come dice l'Apostolo) sono spiriti amministratori mandati al ministero in grazia di coloro che acquistano l'eredità della salute, Heb. I., ed è custodito da quelli che sono da Dio eletti a custodire, e difendere la Chiesa, vale a dire dai prelati, e pastori, e maestri del Cristianesimo. E degli uni, e degli altri è celebrata la fortezza, di cui sono rivestiti da Dio per custodire la Chiesa contro le insidie, e i tentativi de' nemici e invisibili e visibili, i quali meditano, e si studiano dì e notte di turbarne la pace. La moltitudine poi e degli uni, e degli altri, che è assai grande, viene indicata col numero di sessanta, sendo posto secondo l'uso delle Scritture un numero definito per uno indeterminato. Il valore, e la perizia di questi custodi nelle guerre spirituali si dimostra dicendo, ch'ei sono spertissimi nella guerra. Degli Angeli destinati da Dio a difesa della Chiesa sta scritto, che sono potenti in valore, Ps. CII. 20., e la loro fortezza imitar debbono quegli uomini, i quali sono chiamati a simile ministero: imperocchè (come dice l'Apostolo) debbono essi considerare, che non hanno da lottare colla carne, e col sangue, ma co' principi, e colle potestà, co' dominanti di questo mondo tenebroso, colli spiriti maligni dell'aria, Ephes. VI.12. Debbono essi adunque per la loro virtù, e fortezza risplendere nel popolo d'Israelle, nel popolo fedele; nel qual senso un'antica versione, dove noi abbiamo de' più forti d'Israelte, mette: de' giganti d'Israelle, Syr. Ed è ancor da notarsi, che a questi custodi si da per arme la spada, e la spada dello spirito secondo l'Apostolo, Eph. VI.12 ella è la parola di Dio, la qual parola come egli dice, è viva, efficace, e più pe netrante di qualunque spada a due tagli, e con questa principalmente pugnò, e vinse il nostro Capo divino, onde a lui fu detto: cingi a' tuoi fianchi la tua spada, o Potentissimo, Psal. XLIV. 3. Fa d'uopo adunque, che questi pastori del gregge di Cristo di quest'arme sieno in possesso, e l'abbiano sempre pronta, e sappiano ben ma neggiarla, onde diconsi spertissimi nella guerra, affinchè da' notturni timori, vale a dire da tutti i pericoli, che le sovrastano dagli Angeli delle tenebre, e dai loro perversi ministri possa star sicura la Chiesa. Questi notturni timori sono, generalmente parlando, tutte le occulte insidie de' nemici della Chiesa, colle quali procurano d'indurre in errore i Fedeli, e di corrompere la loro fede; e singolarmente allora quando l'Angelo delle tenebre trasformandosi in Angelo della luce per mezzo dei suoi ministri gli Eretici tenta di sovvertire le anime, e di torle alla Chiesa, e a Cristo. Or non potrebbero e il comune de' fedeli, e le anime semplici da tali insidie difendersi, se da questi guerrieri non fosser custodite e difese. Il valore, e la vigilanza di questi forti serve alla sicurezza, e tranquillità del corpo intero della Chiesa, e alla sicurezza di ciascuna delle anime, le quali alla loro carità sono affidate, e delle quali debbono render conto al Principe de' pastori.
3,9:Il Re Salomone si fece un cocchio ec. La voce latina ferculum secondo la sua derivazione può significare una sedia portatile, una lettiga, un cocchio; e colla nostra Volgata va daccordo la versione de' LXX, nella quale è usata una voce dello stesso significato. Quanto poi all'Ebreo la parola corrispondente al Latino ferculum, non trovasi altrove ne' libri santi, donde la libertà delle interpretazioni, non essendo mancato tra'Rabbini chi la traducesse per palazzo, edifizio, trono, ec. Io ho detto un cocchio, perchè ciò meglio conviene al misterioso significato di questa parola, come vedremo. Non cessa lo Spirito santo di celebrare, e porre in vista i pregi, e la magnificenza della Sposa di Cristo con ogni maniera di similitudini. Questo cocchio del Re di pace egli è una nobile, e ricca figura della Sposa stessa, cioè della Chiesa, onde perciò questo cocchio si dice fatto dallo stesso Re di pace, perchè ope ra di lui è la Chiesa, e tutte le parti, e tutti i diversi or dini, ond' ella è composta, ed egli per se la fece; con ciossiachè per far conoscere la sua grandezza, la onnipotenza, la sapienza, e soprattutto la sua carità verso degli uomini, si formò egli questo cocchio, di cui parlò ancora Davidde, Psal. LXVII. 18. E ad un cocchio, che è fatto per muoversi è paragonata la Chiesa militante, perchè nel tempo presente ella non ha quaggiù sede, e città stabile, cioè eterna, ma cammina verso di quella che le è preparata nel secolo futuro. Or di questo cocchio fatto dal piu grande di tutti i Regi, e fatto da lui per se stesso, si dice, che la materia, ond'egli è composto, è di legni del Libano, monte rinomato pelle famose piante di cedro, piante celebrate per la loro eternità, secondo il detto di Plinio; donde la incorruttibile condizione della Chiesa si inferisce, la quale e durerà sino alla fine de' secoli, e non sarà mai soggetta ad essere corrottar dalla miscredenza, nè dall'errore. Ma qui non debbo tacere, come, un antico interprete (Nyssen) per questi legni, o sia cedri del Libano, intese le nazioni superbe idolatre immerse ne' vizi, e nelle immondezze, delle quali nazioni purificate, e mondate nella lavanda di rigenerazione formossi il corpo grande (per dir così) della Chiesa. E questo fu certamente grandissimo miracolo della grazia di Cristo l'avere spezzati que' cedri, e cangiatili in tal guisa, e trasformatili da farne di vasi di ignominia, vasi di gloria; onde lo stesso miracolo fu celebrato da Davidde, che disse: voce del Signore, che spezza i cedri, e spezzerà il Signore i cedri del Libano, Psal. XXVIII. 5.
3,10:Gli fece le colonne d'argento. Questo cocchio quadrato, che è assai grande, ha sue colonne, e queste sono d'argento, e per esse sono significati i santi Apostoli, e i loro successori nel ministero, ed ei sono colonne dargento si pel candore, e purita della vita, e si ancora perchè portano la parola del Signore, parola casta, argento passato pel fuoco, provato nel grogiuolo di terra, affinato sette volte, Psal. XI. 6. Il dosso di oro. Come nelle colonne d'argento spicca la santità e la purezza della parola divina, così pel dosso, ovver postergale di oro si riconosce la fede, la quale nei santi opera per la carità, onde sta scritto, che per essa fede ne'cuori de' fedeli sta Cristo, Eph. III.Il conopeo di porpora. La voce ascensum della nostra Volgata da molti è presa come se dir volesse sedile, lo per me credo, che voglia piuttosto significarsi il conopeo che saliva ad ornare, e coprire il cocchio per di sopra e dai lati, e questa interpretazione è appoggiata a due antiche versioni, che leggono la coperta, oppure il velo, questo è di porpora, ed è simbolo della invincibil costanza de' Martiri, i quali in gran numero, specialmente ne pri mi tempi col loro sangue abbellirono grandemente e pro pagarono la Chiesa. Le parti di mezzo di care cose ricoperse ec. Si potrebbe anche tradurre le parti di dentro, il di dentro. Nel Latino la parola carità è posta per le cose care, e preziose, il termine astratto per lo concreto, come dicono i grammatici, e queste care cose sono le gemme, le pietre preziose, che danno a questo cocchio un pregio, ed una magnificenza reale. In esso adunque dove non era cedro, argento, oro, porpora, tutto splendeva di pietre di diversi colori, pietre rare, e di grandissimo pregio; per le quali ottimamente intendesi il coro di tutte le altre virtu, le quali infinito ornamento, e splendore arrecano alla cattolica Chiesa. Veggansi le descrizioni magnifiche della nuova spirituale Gerusalemme in Tobia, cap. XXIII. 13. 14. ec., e nell'Apocalisse XXI. 10 ec.; perocchè ella è la stessa, che è qui descritta come cocchio dello Sposo celeste. Per amore delle figlie di Gerusalemme. Vale a dire per trarre le figlie di Gerusalemme, le anime fedeli ad amare la Sposa, e lui, il quale dimostrò amor si grande verso la stessa Sposa, che la ornò sopra tutto quello che mente umana potesse o desiderare, o immaginare. Imperocchè quantunque tutte le cose, che diconsi adoperate a formare questo cocchio, sien molto ricche e pregevoli, non di meno non han niente che fare colla spirituale bellezza, e splendore delle virtù, e de' doni, che sono per le stesse cose significate; ed è certissimo, che la carità di Dio verso dell'uomo non si dimostrò mai tanto nella creazione de' cieli, e della terra, quanto nella formazione di questo mirabilissimo cocchio, nella formazione della sua Chiesa. Ed è ben giustizia, che a questo amore corrispondano le anime, le quali hanno la sorte di essere membri della Chiesa, appartenendo a Cristo, ed essendo divenute per mezzo del battesimo figlie della spirituale Gerusalemme. Viene ancora indicato in queste parole un altro mistero della medesima carità, e questo mistero si è, che quantunque tutto quello, che Cristo fece, sia stato fatto da lui per la Chiesa universale, che è la sua unica Sposa, non lascia però di esser fatto eziandio per ognuna delle anime in particolare, la quale perciò è debitrice a lui di tutto quello che egli fece, e patì per acquistarsi l'amore delle figlie di Gerusalemme. Quindi dice l'Apostolo: mi amò, e diede se stesso per me, Gal. I. 29. Da ciò ancora s'intende, come ogni anima fedele corrispondendo alla sua vocazione, corrispondendo all'amore dello Sposo può divenire e diviene, mediante l'esercizio delle cristiane virtù, cocchio del medesimo Sposo, glorificandolo, e portandolo nel proprio corpo, come dice lo stesso Apostolo 1. Cor. VI. 20. Molti Padri, e tra questi il Nisseno considerano questo cocchio come il cocchio del trionfo di Cristo; perocchè la Chiesa acquistata da lui col prezzo del sangue suo (Atti VX. Vers. 28 ) e tutto quello, onde è bella la Chiesa negli occhi di Dio, è frutto della vittoria del Salvatore. Quindi dice il Profeta: perchè l'anima di lui ebbe affanno, per questo il Padre diede a lui per sua porzione una gran moltitudine, ed egli acquistò le spoglie de' forti, perchè diede l'anima sua alla morte, Isai. LIII. 11. 12. Fu adunque in premio de' suoi patimenti dato dal Padre a Cristo quel popolo, che fu perciò detto popolo di acquisto, Petr. II. 9. E gli furon date le spoglie de' forti, vale a dire de' principati, e delle potestà, le quali egli menò glo riosamente in pubblica mostra, avendo di lor trionfato in se stesso, Coloss. II.15. Onde de' cedri del Libano, cioè degli adoratori del demonio formossi il cocchio suo trionfale, e tutto quello che serviva al culto de' falsi dei, e del peccato, converti in servigio, e onore della sua Chiesa. Ornano, e amplificano ogni giorno questo cocchio di Cristo i predicatori della parola, qualunque volta a lui guadagnano delle anime; onde con grande affetto uno di questi diceva: grazie a Dio, il quale ci fa sempre trionfanti in Cristo Gesù, e rende manifesto l'odore della cognizione di lui in ogni luogo per mezzo nostro, II. Cor. II. 14. 15.
3,11:Uscite fuora, e mirate, o figlie di Sion, ec. Dopo la descrizione del cocchio trionfale di Cristo, che è, come dicemmo, la Chiesa, questa Sposa grata all'amore di lui, e bramosa di trarre tutti ad amarlo, con grande affetto esorta le figlie di Sion, cioè tutte le anime fedeli, anzi tutti gli uomini della terra ad uscir fuori per vedere lo spettacolo grande del Re di pace, e considerare i misteri della sua carità. Ed è come se dicesse: se una regina si parti dagli ultimi confini della terra per vedere il Salomone terreno, e ascoltare la sapienza di lui, cosa assai più grande io vi presento da ammirare che quel Salomone, il quale del vero, e celeste ebbe sol la figura. Ma perchè siate degne di considerarlo, uscite fuori, vale a dire allontanatevi da tutto quello, che può appannarvi la vista; i Giudei escano fuora, e lascino da parte le ombre della legge, i Gentili le tenebre della loro idolatria, gli Eretici escano da' nascondigli dell'errore, gli increduli, e i Libertini escano da' ciechi laberinti della sapienza della carne, cui nulla è dato d'intendere nelle cose dello spirito. Finalmente ad ogni anima, che brami d'internarsi ne' misteri di Cristo, si dice: ascolta, o figlia, e considera, e porgi le tue orecchie, e scordati del tuo popolo, e della casa del padre tuo, Psalm. XLIV.10.: deponi, cioè gli affetti, e le idee della carne, e del sangue, e sopra te stessa sollevati per contemplare il Cristo nella sua gloria. Sono adunque le figlie di Sion invitate, e caldamente pregate a vedere il re pacifico ornato del diadema, onde lo coronò la sua madre. Potea la Sposa invitarle a contemplarlo ornato di quel diadema, ond'egli, che è vero Dio, fu prima di tutti i giorni ornato dal Padre, il quale dal suo seno lo generò avanti la stella del mattino, e comunicò a lui la sua divina natura, onde col Padre stesso comune ha il regno. Ma di ciò al presente non parla di proposito la Sposa, ma ben lo accenna, invitando tutti a mirare la persona di questo Re: mirate il re Salomone; perocchè nella considerazione de' misteri di Cristo, alla divinità di lui debbonsi primariamente riportare i nostri sguardi, secondo quelle parole la vita eterna si è, che conoscano te (o Padre) vero Dio, e Gesù Cristo mandato da te, Joan. XXVII. 3. Ma il Verbo fatto carne ha molti diademi, onde di lui disse Giovanni: egli avea sulla sua testa molti diademi, Apoc. XIX. 12. Ma quello di cui in primo luogo si parla adesso, secondo la maggior parte de' Padri, egli è l'umanità assunta dal Verbo, della quale fu coronato il capo di lui, vale a dire la sua divinità, perocchè capo di Cristo è Dio, secondo l'Apostolo. Questa gloriosa umanità fu il tabernacolo del figliuolo di Dio, e questo tabernacolo di carne ricoperse il sole della divini tà, onde nel salmo XVIII. 5. secondo l'Ebreo si legge: pose il sole nel suo padiglione, e questi come uno Sposo, che esce dalla sua stanza nuziale. Imperocchè come sovente il sole nel suo nascere sembra una testa coronata de' suoi propri raggi, così il Cristo (cui fu dato da' Profeti il nome di sol nascente),venendo nella nostra carne comparve specioso in bellezza sopra i figliuoli degli uomini, e della stessa sua umanità decorato a guisa disposo come di bella corona, Psalm. XLIV. 2., Isai. LXI. 10. Conciossiachè se per un poco di tempo fu egli fatto inferiore agli Angeli per la passione; fu però coronato di gloria, e di onore, e costituito sopra le opere della mano di Dio, Psal. VIII. 7., Heb. II. 6. Questa umanità, onde il Verbo di Dio si ammantò, questa corona di gloria, e di onore con mirabile magistero, ed arte lavorata dallo Spirito santo fu posta sul capo di lui dalla madre sua, da quella purissima Vergine, la quale nel suo seno lo concepì, e siccome nel cielo dal solo Padre ebbe egli come Dio la corona della divinità, così sopra la terra da questa Madre la nuova corona gli fu imposta, onde in queste parole la verginità di Maria è chiaramente indicata, mentre senza menzione di padre terreno a lei sola si attribuisce l'avere coronato il Cristo del suo diadema. Per la qual cosa dopo la infinita gratitudine, e amore dovuto da noi al figliuolo di Dio, il quale non solo si degnò di rivestirsi di nostra carne mortale, ma ancora di tenerla come sua pregiata corona, gratitudine e amore dobbiamo a lei, da cui ricevemmo un bene si grande, e per la cui intercessione implorar dobbiamo, e sperare la misericordia di quel Salvatore, il quale in lei, e per lei della nostra natura divenne consorte. Il giorno, in cui dalla Madre fu imposta al verbo questa corona, egli è il giorno della incarnazione; perocchè in quel giorno anzi nello stesso momento fu fatta la unione, e lo sposalizio del Verbo colla umana natura, e lo sposalizio colla Chiesa, ch'ei si prese fin d'allora per Sposa. Ed è celebrata altamente la carità del figliuolo di Dio, quando si dice, che il giorno di questo suo sposalizio fu giorno di somma allegrezza al cuore di lui, perchè con ardentissimo amore si uni a questa Sposa, e con alacrità, e prontezza d'animo cominciò a correre la sua carriera, e intraprese l'opera grande della salute di lei, e di tutti gli uomini, de' quali era divenuto fratello. Della letizia della Sposa in tal giorno qui non si parla, ma noi possiamo comprenderla da quello, che ce ne dicono gli amici dello Sposo, i santi Profeti, tra' quali Sofonia cosi parla: canta inni, o figliuola di Sion, giubbila, o Israelle, rallegrati, ed esulta di tutto cuore, o figlia di Gerusalemme... il Signore re di Israele sta in mezzo a te; tu non temerai più verun male,.. il Signore, il Dio tuo forte sta in mezzo a te; egli ti salverà, in te egli troverà il suo gaudio, e la sua allegrezza, sarà fermo nella sua dilezione, esulterà, e celebrerà le tue lodi, Soph. III. 14.15.17. in vece di queste ultime parole: esulterà, e celebrerà le tue lodi, i LXX lessero, si allegrera, e si diletterà in te come nel giorno solenne. Dove è quasi un'allusione alle parole, che esponghiamo; e di simili allusioni a' misteri del Cristo moltissime in quegl'Interpreti si trovano. Ma di altro diverso diadema fu coronato lo Sposo, come osservano tutti i Padri, e Interpreti, e questo si fu la corona di spine, la quale fu posta a lui sulla testa nel tempo della passione. Corona di scherno, e di dolore, ma ricevuta da lui, e portata con letizia, e con gaudio per amore della Sposa. Questa corona fu data a lui da una madre assai differente, cioè dalla Sinagoga, dalla nazione Ebrea, da cui egli era nato secondo la carne, ed ella lo rifiutò, lo disprezzò, derise il suo regno, e di spine lo coronò. Anche a questo grande inaudito spettacolo sono chiamate le figlie di Sion e sono pregate, ed esortate a mirarlo, e considerarlo, ed a riflettere, che in tal guisa fu trattato lo Sposo, e il Re loro da una madre crudele in quel giorno, in quel giorno stesso in cui morendo per la sua Sposa, consumava, e sigillava col sangue suo l'alleanza eterna, lo sposalizio indissolubile contratto con lei. Questo giorno della morte del Salvatore fu il giorno del suo sposalizio, perchè allora riconciliò col suo sacrifizio la Sposa col Padre; allora sborsò il prezzo, con cui la comprò, e per diritto perpetuo se l'appropriò; allora finalmente dal fianco del nuovo Adamo addormentato sopra la croce fu formata Eva, osso delle ossa di lui, e carne della carne di lui. Questo giorno finalmente fu giorno della letizia del cuore di lui, perchè sebbene secondo la parte inferiore si attristò egli volontariamente, e si attristò sino alla morte; si rallegrò nel cuor suo della morte, e delle spine, e di tutti i suoi patimenti, patendo ogni cosa non solo liberamente, ma con pienezza di cuore sì per obbedienza al celeste suo Padre, e sì ancora pel vivissimo desiderio, che ebbe in ogni tempo della salute degli uomini. Per la qual cosa della sua passione, e della sua morte parlando co' suoi discepoli, diceva: Ho un battesimo, col quale debbo essere battezzato: e qual pena è la mia fino a tanto, che sia adempiuto? Luc. XII. 50. Escano adunque fuora le figlie di Sion, e considerino il loro Re coronato di spine, e applicandosi le parole dell'Apostolo Pietro dicano: Cristo patì per noi, lasciando a noi l'esempio, affinchè le vestigie seguiamo di lui, il quale non fe' peccato, nè frode trovossi nella sua bocca. I. Pet. II. 21. 22. Ma quella stessa madre di Cristo, la ingratissima Sinagoga, la quale di spine lo coronò, venne senza volerlo a ornare il capo di lui di un'altra corona, della quale sovente è parlato nelle Scritture, ed è la corona di gloria, onde fu insignito nella sua risurrezione; perocchè la Sinagoga istessa colle spine, colla croce, e colla morte, che fe'soffrire al suo Re, venne a fabbricare a lui lo splendidissimo, e ricchissimo diadema, che egli portò nel suo trionfo. Quindi dice l'Apostolo: Quel Gesù, che per alcun poco fu fatto inferiore agli Angeli per la passione della morte, il veggiamo coronato di gloria, e di onore, Heb. II. 9. E molto prima Davidde, dello stesso Cristo parlando profetò: Hai posta sul capo di lui corona di pietre preziose... Gloria grande egli ha nella salute avuta da te; di gloria e di splendore grande lo ammanterai, lo farai benedizione per tutti i secoli, Ps. XX. 3. 5. 6. Ma in qual maniera il giorno della risurrezione di questo Re fu giorno del suo sposalizio? Certamente perchè lo sposalizio da lui contratto coll'umana natura parve in certo modo se non disciolto, almen sospeso colla sua morte, e colla separazione dell'anima dal suo corpo, ma dopo un brevissimo spazio di tempo riunendo nuovamente l'una coll'altro perfezionò quella unione, che non sarà nè rotta, nè alterata in eterno. Della letizia poi di quel giorno ne parla egli stesso presso Davidde, dove pel tempo della sera intendendo il tempo della passione, e pel mattino la sua risurrezione da morte, la qual risurrezione seguì in quell'ora, dice al Padre suo: Tu traesti fuor dell'inferno l'anima mia, mi salvasti dal consorzio di quei, che scendono nella fossa... la sera saravvi pianto, e al mattino allegrezza... Tu cangiasti per me in gaudio i miei lamenti; facesti in pezzi il mio sacco, e m' inondasti di allegrezza, Ps. XXIX. 3. 5.II. https://www.scrutatio.it/bibbia/lettura/it/martini/26/3/-/-/-/r/0/-/s