lunedì 16 dicembre 2019

Madonna di Guadalupe: storia e scienza

- Preghiere e storia della tilma miracolosa 

che la scienza non sa spiegarsi


Preghiera alla Vergine di Guadalupe

"Benedetta Vergine di Guadalupe,
Ti chiedo a nome di tutti i miei fratelli del mondo, di benedirci e proteggerci. Dacci una prova del tuo amore e bontà e ricevi le nostre preghiere e orazioni.
Oh Purissima Vergine di Guadalupe! Ottieni da tuo figlio il perdono dei miei errori, benedizione per il mio lavoro. Rimedi per le mie infermità e necessità, e tutto ciò che credi conveniente chiedere per la mia famiglia.
Oh Santa Madre di Dio, non deludere le suppliche che t’indirizziamo nelle nostre necessità." 

Madonna di Guadalupe

ESAMI SCIENTIFICI EFFETTUATI SULLA TILMA

Al 1666 risale anche il più antico esame scientifico dell'immagine "impressa" sulla tilma. Essa è costituita da due teli di ayate - un rozzo tessuto di fibre d'agave, usato in Messico dagli indios poveri per fabbricare abiti - cuciti insieme con filo sottile. Su di essa si vede l'immagine della Vergine, di dimensioni leggermente inferiori al naturale - la statura è di 143 centimetri - e di carnagione un po' scura, donde l'appellativo popolare messicano di Virgen Morena o Morenita, circondata dai raggi del sole e con la luna sotto i suoi piedi, secondo la figura della Donna dell'Apocalisse. I tratti del volto non sono né di tipo europeo né di tipo indio, ma piuttosto meticcio - cosa "profetica" al tempo dell'apparizione - così che oggi, dopo secoli di commistioni fra le due razze, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente "messicana". Sotto la falce argentata della luna un angelo, le cui ali sono ornate di lunghe penne rosse, bianche e verdi, sorregge la Vergine che, sotto un manto verde-azzurro coperto di stelle dorate, indossa una tunica rosa "ricamata" di fiori in boccio dai contorni dorati e stretta sopra la vita da una cintura color viola scuro: questa cintura - il "segno di riconoscimento", presso gli Aztechi, delle donne incinte - indica che la Vergine è in procinto di donare agli uomini il Salvatore.
I risultati degli esami compiuti su questa immagine dai pittori e dagli esperti nel 1666 sono i seguenti: è assolutamente impossibile che un'immagine così nitida sia stata dipinta a olio o a tempera sull'ayate, data la completa mancanza di preparazione di fondo; che il clima del luogo in cui l'immagine è stata esposta, senza alcuna protezione, per centotrentacinque anni è tale da distruggere in un tempo più breve qualsiasi pittura, anche se dipinta su tela di buona qualità e ben prepa 
rata, a differenza del rozzo ayate della tilma di Juan Diego. Gli studi scientifici sull'immagine e sull'ayate proseguono nei secoli successivi fino ai giorni nostri.


Nel 1751 una commissione di sette pittori con a capo Miguel Cabrera è incaricata di compiere una nuova ispezione sull'ayate e i risultati di essa vengono pubblicati cinque anni dopo dallo stesso Miguel Cabrera con il titolo "Maravilla americana". 
Le conclusioni a cui giungono Miguel Cabrera e i suoi colleghi sono sostanzialmente le stesse a cui erano giunti i medici e i pittori nel 1666: l'immagine non è un dipinto, apparendo i colori come "incorporati" alla trama della tela; e non soltanto una pittura, ma lo stesso tessuto dell'ayate avrebbe dovuto disgragarsi in breve tempo nelle condizioni climatiche della radura ai piedi del Tepeyac. La scienza appare dunque chiamata a fornire risposte sempre più adeguate ai tanti interrogativi che ancora oggi circondano questa immagine cosiddetta "acheropita", vocabolo d'origine greca che vuol dire "non fatta da mani d'uomo". Sembra di ripercorrere, in questo senso, il medesimo cammino della Sindone conservata a Torino, cioé dell'immagine di Gesù "impressa" sul lenzuolo con cui fu avvolto il corpo di Nostro Signore nel sepolcro.

Quarant'anni più tardi, e cioé nel 1791, si verificò un incidente che evidenziò altre sorprese. Alcuni operai furono incaricati di pulire la cornice d'oro in cui, nel 1777, era stata racchiusa la tilma. Gli operai, per quel compito, dovevano usare una soluzione acquosa di acido nitrico al 50%. Ma mentre eseguivano il lavoro, inavvertitamente lasciarono cadere del liquido sulla tela. Stando alle leggi della chimica, quel liquido avrebbe dovuto provocare un danno irreparabile; infatti l'acido nitrico, a contatto con le proteine presenti nei tessuti di origine animale o vegetale, dà loro un caratteristico colore giallo, mentre disgrega la cellulosa che costituisce la struttura portante delle fibre vegetali. Ma in quel caso non successe niente di tutto questo. Il liquido caduto sulla tilma evaporò, lasciando un debole alone che col passare del tempo è totalmente scomparso. In quell'occasione venne osservata anche un'altra sorprendente caratteristica: sulla tilma non si trovava traccia né di polvere né di insetti vivi o morti. Il quadro della Vergine respingeva polvere e insetti. Il fenomeno, curiosissimo e inspiegabile, è stato poi osservato sempre, tutte le volte che sono state fatte delle ricerche in proposito. Ma i risultati più sconcertanti arrivarono in tempi vicini a noi.

Nel 1936 il professor Richard Kuhn, direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, che due anni dopo, nel 1938, ottenne il premio 
Nobel per la chimica, ebbe la possibilità di esaminare due fili, uno rosso e uno giallo, provenienti da frammenti della tilma di Juan Diego. I risultati delle analisi, condotte con le tecniche più sofisticate allora disponibili, dimostrarono che su quelle fibre non vi era traccia di coloranti di nessun tipo, né vegetali, né animali, né minerali. Lungo il corso dei secoli sono state fatte del 
le aggiunte pittoriche attorno all'immagine 
primitiva della Vergine. Queste aggiunte si  
sono screpolate e sono sbiadite, mentre l'immagine  
è sempre rimasta intatta, con i colori  
vivi che sembrano freschi. 


Il fenomeno più sorprendente riguarda le  
scoperte fatte nelle pupille della Vergine. Nel  
1929, il fotografo Alfonso Marquè Gonzales 
studiando alcuni negativi dell'immagine, osservò  
che nell'occhio destro della Madonna  
si vedeva una figura umana. La scoperta destò  
scalpore. Altri fotografi cercarono di chiarire  
il fatto.


Nel 1951Carlos Salinas, fotografo ufficiale della Basilica di Guadalupe, affermò di aver constatato che una figura umana si notava 
anche nell'occhio sinistro. A questo punto cominciarono ad interessarsene anche i medici. Uno di essi, Raffael Torija Lavoignet, ottenne il permesso di studiare l'immagine senza la protezione del cristallo.


Tra il 1956 e il 1958, compì cinque indagini servendosi di lenti di ingrandimento e oftalmoscopi: egli confermò la presenza di immagini di figure umane negli occhi della Madonna. E' noto che nell'occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati. Si chiamano immagini di Purkinje-Sanson, dai nomi dei due ricercatori che scoprirono questa caratteristica dell'occhio umano nel secolo XIX. Due di quelle immagini sono "diritte", una sulla superficie esterna della cornea, l'altra sulla superficie interna del cristallino. In teoria, tali immagini riflesse, oltre che negli 

occhi di una persona vivente possono essere viste anche in una fotografia della stessa, ma non potranno mai vedersi negli occhi di un volto umano "dipinto" su una tela. Eppure, nelle pupille dell'immagine della Vergine di Guadalupe, immagine che risale al 1531, diversi ricercatori avevano notato delle figure riflesse. Il fenomeno divenne eclatante quando cominciò ad essere studiato con i più sofisticati mezzi moderni supportati dal computer.


Nel 1979 arrivò in Messico uno scienziato peruviano, Josè Aste Tonsman. Aveva una preparazione scientifica superlativa. A Lima, dove era nato, aveva studiato nel Collegio di San Luigi risultando sempre il primo della classe. Si era laureato poi in Ingegneria Civile all'Università Nazionale di Ingegneria del Perù, aveva conseguito una seconda laurea in Filosofia e passato all'Università Cornell, negli Stati Uniti, si era specializzato in Ingegneria dei Sistemi di ricerca attraverso il computer. Aveva lavorato poi con grandi aziende e tenuto corsi nelle più prestigiose università americane. 
Era insomma uno dei ricercatori moderni più qualificati. "Non conoscevo niente della Madonna di Guadalupe", ha raccontato l'Ing. Tonsmann. "Fin dal primo giorno del mio arrivo in Messico ero molto interessato a digitalizzare, tramite elaboratore, un segno rappresentativo e caratteristico della cultura di questa nazione. Non sapevo ancora quale. Pensavo al famoso calendario azteco o qualcosa di simile. In quesi giorni mi capitò tra le mani una rivista americana che parlava degli studi compiuti da Carlos Salinas sulla Madonna di Guadalupe e vi si descrivevano dettagli della ricerca sull'occhio destro dell'immagine. La notizia destò il mio interesse e la mia curiosità. Mi parve che fosse un campo di investigazione interessante. Mi misi in contatto con i responsabili del santuario e cominciai le mie ricerche". Il lavoro compiuto da Josè Aste in questi 23 anni è stupefacente. Servendosi di strumenti 

elettronici d'avanguardia, di quelli, per intenderci, adoperati anche alla NASA per decifrare le foto inviate dai satelliti dello spazio, ha studiato a fondo in tutti i loro aspetti gli occhi dell'immagine della Madonna di Guadalupe. E' riuscito a ottenere ingrandimenti fino a 2.500 volte le dimensioni originarie, con 25.000 punti luminosi su un millimetro quadrato. Gli occhi della Vergine di Guadalupe, studiati in questo modo, rivelarono la presenza non di una sola immagine, ma di un'intera e complessa scena, di cui fanno parte numerose persone. Vi si distinguono nettamente un indio seduto, nudo, con la gamba sinistra appoggiata al suolo e quella destra piegata sopra l'altra, con i capelli lunghi, legati all'altezza delle orecchie, orecchino e anello al 
dito. Accanto a lui, un uomo anziano, con la calvizie notevolmente avanzata, la barba bianca, il naso dritto, le sopracciglia sporgenti, e si vede che una lacrima gli scende lungo la guancia destra: in questo personaggio è stato identificato il Vescovo Juan de Zumàrraga. Alla sua sinistra, un uomo abbastanza giovane, e si suppone che si tratti di Juan Gonzales, che fungeva da interprete per il Vescovo de Zumàrraga. Più avanti appare il profilo di un uomo in età matura, con barba e baffi aderenti alle guance, naso grande e marcatamente aquilino, zigomi sporgenti, occhi incavati e labbra socchiuse, che sembra indossare un cappuccio a punta: è un indio mentre sta per aprire il proprio mantello. Egli è rivolto in direzione dell'anziano calvo. Dalla descrizione
di queste immagini si capisce che la scena è quella avvenuta quando Juan Diego portò le rose al Vescovo. La Madonna era presente, i suoi occhi "fotografarono" la scena e la sua immagine che in quel momento si impresse sul mantello dell'indio, la conservò per sempre. Nella descrizione dei vari personaggi osservati negli occhi della Madonna, l'ingegnere Josè Aste ha individuato anche una giovane negra. Questo particolare mise in allarme gli studiosi in quanto al tempo dell'apparizione in Messico non c'erano negri. Ma successive ricerche hanno chiaritoil piccolo giallo. Dal testamento del Vescovo Juan de Zumàrraga  
si è appreso che egli aveva al suo servizio una schiava negra, alla quale prima di morire volle concedere la libertà per i preziosi servizi. Accanto a questi personaggi "storici" che si trovano perfettamente descritti anche nelle cronache del tempo in cui si verificò il prodigio, Josè Aste ha individuato anche una seconda scena, staccata dalla prima, quasi in secondo piano, con un gruppo di persone anonime, che potrebbero rappresentare una famiglia azteca composta da padre, madre, nonni e tre bambini. Gli occhi, se vi viene indirizzata una luce diretta, acquistano una straordinaria pro 
fondità, come se si trattasse di una persona viva. Come può un occhio dipinto registrare queste figure esistenti nell'immagine della Vergine? Non solo doveva essere vivo all'epoca ma continua ad essere vivo, poiché l'occhio di un'immagine fotografata o dipinta non produce e non riflette niente. Quindi deve essere per forza vivo se continua a mostrare le immagini.


Ultimi studi effettuati...    

Sono stati presentati a Roma, presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, i risultati di uno studio sugli occhi della Madonna di Guadalupe, Patrona delle Americhe, la cui immagine rimase miracolosamente impressa sul mantello dei beato Juan Diego, l'indio testimone dell'apparizione della Vergine nel 1531, sulla collina di Tepeyac, presso Città del Messico. Questa immagine, che non può essere stata dipinta da mano umana, suscita devozione nei fedeli di ogni parte dei mondo e pone interrogativi alla scienza, come già accade con la Sacra Sindone.

Lo studio è stato realizzato, con le più moderne tecniche digitali e con l'utilizzo di funzioni matematiche, dall'ingegnere peruviano José Aste Tonsmann, ricercatore del Centro de Estudios Guadalupanos (Messico). Attraverso le elaborazioni dei computer e dopo venti anni di lavoro e ricerche, Tonsmann è riuscito ad evidenziare la presenza di una serie di figure umane in entrambi gli occhi della Vergine. Sembra quasi una "foto", "un'istantanea" scattata ai testimoni del miracolo, ai momento dell'apparizione dell'immagine della Madonna sui mantello dell'indio Juan Diego. Le persone appaiono, con diverse proporzioni, sia nell'occhio destro che nell'occhio sinistro della Vergine, proprio come si presenterebbero negli occhi di un essere umano, seguendo le leggi fisiche scoperte dagli scienziati Purkinje e Samson nel 1860. Nonostante siano microscopiche, le immagini risultano dettagliate. Inoltre, molti dei personaggi scoperti hanno riferimenti storici. La tecnica digitale ha permesso di ingrandire, filtrare e migliorare le tredici immagini di persone contenute negli occhi della Vergine, che non hanno più di otto millimetri di diametro e che sono state mostrate al pubblico da José Aste Tonsmann, nel corso della conferenza all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. 
I personaggi scoperti appartengono a due scene distinte. Nella prima scena sono raffigurate le persone che la Madonna vede poco prima che la sua immagine rimanga impressa sui mantello  
di Juan Diego. Sono: il Vescovo Juan de Zumarraga, il suo servo indio e la sua schiava di colore, il traduttore Juan Gonzalez, un dignitario spagnolo e lo stesso Juan Diego mentre lascia cadere dal suo mantello le rose di Castilla che la Madonna gli aveva chiesto di presentare al Vescovo come prova della veridicità della sua apparizione. Le rose, però, non compaiono negli occhi della Vergine e Tonsmann suggerisce che potrebbero essersi trasformate nei personaggi protagonisti della seconda scena, che rappresenta una famiglia azteca composta da padre, madre, nonni e tre bambini. 
Le scoperte di Tonsmann sono rafforzate dalle parole con le quali la Madonna si era rivolta a  
Juan Diego, durante l'apparizione, per sollecitare la costruzione di una chiesa: "Per realizzare ciò che vuole il mio sguardo compassionevole  
e misericordioso". Gli occhi della Vergine, dunque, sono al centro di questo miracolo.  
Ma che cosa ci vuole dire la Vergine attraverso queste immagini? Quale messaggio vuole comunicare attraverso il suo "sguardo misericordioso"? Tonsmann sostiene che la Madonna ha voluto dare all'umanità tre importanti messaggi che sono validi oggi come al tempo delle sua apparizione: il primo è l'importanza dell'unione della famiglia (soggetto della seconda scena) e dei suoi valori; il secondo è un monito antirazzista, in quanto nello sguardo della Madonna sono presenti uomini e donne di diverse razze; il terzo è un invito a servirsi della tecnologia per diffondere la parola di Cristo, perché il mantello di Juan Diego era più uno strumento di lavoro che un indumento vero e proprio. Gli Aztechi, infatti, non conoscevano l'uso della ruota ed utilizzavano il mantello come mezzo di trasporto di pietre e sementi.



La storia di Juan Diego, protagonista del miracolo

Cuauhtlatatzin, nato a Chuauhtitlàn, piccolo villaggio pochi chilometri a nord di Tenochtitlàn (l'odierna Citta del Messico) nel 1474, è  un macehual, un uomo del popolo, piccolo coltivatore diretto in un modesto villaggio: poco più di niente, nella società azteca complessa e fortemente gerarchizzata. Nel 1524, all'età di cinquant'anni, viene battezzato  con il nome di Juan Diego, insieme con la moglie Malintzin, che prende a sua volta il nome di Marìa Lucìa. Rimasto vedovo quattro anni più tardi, divide il suo tempo fra il lavoro dei campi e le pratiche della religione cristiana, fra cui l'ascolto della catechesi impartita agli indigeni neoconvertiti dai missionari spagnoli a Tlatelolco, un sobborgo di Città del Messico. Quindi la sua vita è apparentemente la stessa di tanti altri suoi conterranei quando, all'alba del 9 dicembre 1531, avviene l'incontro che cambierà totalmente la sua vita e che lascerà sul suo mantello, o tilma, un segno visibile della benedizione data da Dio all'opera - allora appena iniziata - dell'evangelizzazione dei popoli del Nuovo Mondo. 

AMDG et DVM

“FIGLIO MIO, CHE NIENTE TI AFFLIGGA. NON CI SONO QUI IO CHE SONO TUA MADRE? NON SEI SOTTO LA MIA PROTEZIONE?

La Madonna di Guadalupe

Il 12 dicembre si festeggia la Madonna di Guadalupe. San Josemaría amava molto le vicende che hanno portato alla nascita della devozione della Vergine di Guadalupe.
RELAZIONI BIOGRAFICHE
Opus Dei - La Madonna di Guadalupe
"Figli miei, questo mese sono andato a fare una romeria a Torreciudad, scalzo, a onorare Nostra Signora. Sono stato anche a Fatima, sempre scalzo, a onorare Nostra Signora con spirito di penitenza. Ora sono venuto in Messico a fare questa novena a Nostra Madre. E credo di poter dire che la amo tanto quanto la amano i messicani".
Così spiegherà il fondatore dell’Opus Dei il motivo principale del suo primo viaggio in America nel 1970. Intorno alle 3 di mattina del 15 maggio, atterra l’aereo che lo porta nella capitale azteca.
“Mi ci sono voluti 21 anni per venire in queste terre”
Il Padre (così viene chiamato, in modo familiare, san Josemaría, dai suoi figli e dalle sue figlie spirituali che vivono il cammino cristiano nell'Opus Dei) si riferisce all’anno di arrivo dei suoi figli nel continente americano. Adesso Dio gli offre l’opportunità di vedere dal vivo come Dio ha benedetto l’Opus Dei.
San Josemaría, il beato Álvaro e don Javier Echevarría scendono la scaletta dell’aereo. Sono ricevuti con emozione da un gruppo di persone che vive da molto tempo in questa terra.
Guadalupe non è soltanto un santuario visitato da quasi 30 milioni di persone all’anno: è la fede di tutto il popolo unito alla Madonna. Il 12 dicembre, commemorazione di una delle apparizioni, è festa nazionale. Dalla vigilia, persone di tutta la Repubblica e messicani che vivono all’estero passano tutta la notte alle porte della basilica per entrare per primi a salutarla.
“FIGLIO MIO, CHE NIENTE TI AFFLIGGA. NON CI SONO QUI IO CHE SONO TUA MADRE? NON SEI SOTTO LA MIA PROTEZIONE?
Questa devozione si rifà all’anno 1531. Sabato 9 dicembre, prima dell’alba, passava ai piedi del monte Tepeyac un indiano convertito, povero e umile. Era Juan Diego, che andava alla prima Messa nella missione.

Improvvisamente sente un canto soave, come quello di uno stormo di uccellini. E guardando la cima vede una nube bianca e luminosa in mezzo all’arcobaleno. Una gioia inesplicabile mette ali ai suoi piedi e si sente chiamato verso la cima del monte. Sale e vede una bellissima Signora la cui presenza illumina le piante, le spine e le pietre. E gli parla nella sua lingua nahuatl:
“Figlio mio, Juan Diego, che amo teneramente come un bambino piccolino, dove vai?”
“A Messa, Signora”.
"IO SONO LA SEMPRE VERGINE MARIA, MADRE DEL VERO DIO, E MIO DESIDERIO È CHE MI SI ELEVI UN TEMPIO IN QUESTO POSTO"
“Figlio mio caro. Io sono la Sempre Vergine Maria, Madre del vero Dio, e mio desiderio è che mi si elevi un tempio in questo posto, dove come madre tua e dei tuoi simili, mostrerò la mia clemenza amorosa e la compassione che ho degli indigeni e di coloro che mi amano e mi cercano, e di tutti quelli che cercheranno la mia protezione e mi chiameranno nei loro lavori e afflizioni, e dove ascolterò le loro lacrime e suppliche per dare loro consolazione e speranza. Dirai al Vescovo che io ti mando perché mi edifichi un tempio”.
Juan Diego corre al palazzo del frate Juan de Zumarraga, primo vescovo del Messico. Ma ha poca fortuna nella sua ambasciata e ritorna, turbato, a render conto alla Signora. Lei lo incoraggia. Deve insistere. E il vescovo gli chiede una prova. Deve dimostrargli che ha visto effettivamente qualcosa di soprannaturale. La Madonna gli dà appuntamento per la mattina successiva. Gli darà un segno.
Ma l’alba del 12, martedì, trova Juan Diego che corre per strada scoraggiato alla ricerca di un frate. Suo zio, Juan Bernardino, sta morendo. Non passa neanche per la cima della montagna per non perdere tempo vista l’urgenza del moribondo. E la Madonna gli va incontro lungo la salita:
“FIGLIO MIO, CHE NIENTE TI AFFLIGGA. NON CI SONO QUI IO CHE SONO TUA MADRE? "
“Figlio mio, che niente ti affligga. Non ci sono qui io che sono tua Madre? Non sei sotto la mia protezione? Non sono io vita e salute? Non sei nel mio grembo e non stai correndo per conto mio? Hai bisogno di qualcosa? Non temere per tuo zio che è già guarito”.
La Madonna gli chiede che prima di andare a casa del vescovo salga in cima alla montagna e raccolga le rose che troverà.
APRENDO IL MANTELLO,RESTA DISEGNATA SULLA COPERTA L’IMMAGINE DELLA MADONNA DI GUADALUPE, PROPRIO COME OGGI SI VENERA IN MESSICO.
Non ci sono mai fiori lassù a dicembre. Ma quel giorno Juan Diego trova un campo fiorito e vi riempie la coperta indiana che gli serve da cappa. Arriva presto dal Vescovo che lo guarda meravigliato: aveva pensato che non sarebbe tornato. E aprendo il mantello, cadono le rose per terra e resta disegnata sulla coperta l’immagine della Madonna di Guadalupe, proprio come oggi si venera in Messico.

Sul tessuto brillano i colori e le forme di una bella signora dai capelli neri, la fronte serena e il colore bruno. Una tunica rosa con il bordo dorato la copre interamente. Il mantello è di color verde acqua. Ha una corona regale e il capo inclinato verso destra, con gli occhi bassi. Tutto il sole del Messico emerge da dietro come se la sostenesse: centoventinove raggi. Un angelo dalle ali spiegate si carica allegramente del lieve peso dell’immagine.
Pittori di grande prestigio verranno chiamati dal Virrey, marchese di Mancera, e dal vescovo Zumarraga, a fare valutazion sul dipinto. Tra di loro Juan Salguero, Tomás Conrado, López de Avalos, Alonso de Zárate. Tutti affermano l’inspiegabile tessuto e qualità del quadro. Il rovescio del tessuto è molto duro e grossa la trama. Il lato del dipinto si tocca come fosse di seta.


SI È COMINCIATO A REALIZZARE UNO STUDIO SCIENTIFICO; TUTTAVIA, IL MISTERO PERMANE ALLA LUCE DELLE CONOSCENZE TECNICHE E SCIENTIFICHE DI ALTA PRECISIONE
I colori e la tecnica rimangono intatti con il trascorrere del tempo. In questo secolo si è cominciato a realizzare uno studio scientifico; tuttavia, il mistero permane alla luce delle conoscenze tecniche e scientifiche di alta precisione. Il saggio Richard Kuhn, premio nobel della chimica, ha testimoniato che la policromia della Madonna di Guadalupe non proviene da colori minerali, animali né vegetali.
È stata portata a termine un’analisi più dettagliata con alta tecnologia dai dottori Callaban e Brant, scienziati della NASA, che mediante raggi infrarossi hanno comprovato che il dipinto manca di bozzetto e pennellate. L’immagine è stata dipinta direttamente. E infine il dottor Aste Tonsmann ha riferito con una tecnica di digitalizzazione di immagini fotografiche, la scoperta di figure umane di grandezza infinitesimale nell’iris della Vergine. Figure che compongono una scena paragonabile all’episodio narrato in nahuatl da Antonio Valenciano nel Nican Mopohua del XVI secolo.
“Quando andrò alla Villa, dovrete portarmi via di lì con una gru”.
"Quando andrò alla Villa (la Villa de Guadalupe, dove sorge il santuario dedicato alla Madonna), dovrete portarmi via di lì con una gru". Questa è la frase pronunciata da san Josemaría al suo arrivo in Messico. Lo stesso ripete all’arcivescovo, il cardinal Miranda, quando va a trovarlo.

E il cardinale, che l’aveva invitato molte volte ad attraversare l’Atlantico per venire a trovare la Madonna Guadalupana, risponde sorridendo: “Non sarò io a chiamare la gru”. È felice di avere nel suo Paese il fondatore dell’Opus Dei, e mentre lo saluta con un abbraccio, dice: “Finalmente ce l’abbiamo fatta! Ce l’abbiamo fatta!”
Basilica di Nostra Signora di Guadalupe a Città del MessicoBasilica di Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico







San Josemaría inizia le sue visite alla Madonna di Guadalupe
Sabato 16 maggio, san Josemaría inizia le sue visite alla Madonna, che si prolungheranno per nove giorni. L’accompagnano il beato Álvaro, don Javier Echevarría e altre tre persone: un piccolo gruppo che si avvicina discretamente alla basilica. Sono appena suonate le sei del pomeriggio. Il Padre entra in fretta, con la gioventù e l’animo di chi ha, da sempre, un appuntamento desideratissimo e importante. Arriva fino al presbiterio e si inginocchia. Rimarrà lì lungo tempo a pregare, con lo sguardo posto nella Madonna.
Suona un orologio distante con scampanate di metallo. Il beato Álvaro gli si avvicina: “Padre, siamo qui da due ore e siamo circondati da persone dell’Opus Dei”.
Mentre faceva la sua orazione, sono arrivati figlie e figli suoi messicani. La basilica si è riempita di persone che pregano per quello che san Josemaría sta ponendo ai piedi della Madonna.
"IO NON MI DIMENTICHERÒ DELL’AMORE CHE HO PER VOI. NEANCHE NOI FIGLI CI POSSIAMO SCORDARE DELLA MADRE”. (SAN JOSEMARÍA)
I giorni successivi occuperà una tribuna in alto, sopra il presbiterio, a destra dell’immagine. Lì passa varie ore con la Madonna. Durante i quaranta giorni della sua permanenza in Messico, san Josemaría vedrà più di ventimila persone di tutta l’America. In una tertulia, qualcuno gli chiede che cosa si può dire a quelli che non si ricordano della Madonna:
“Hai sentito quelle parole del Signore quando, per manifestare il suo affetto, dice: è possibile che una madre si dimentichi dei suoi figli? Anche se questo succedesse, io invece non mi dimenticherò dell’amore che ho per voi. Neanche noi figli ci possiamo scordare della Madre”.
Gli indigeni, per temperamento, sono riservati, silenziosi. Possono seguire con grande interesse una conversazione ma mantenere il silenzio. Con il Padre il comportamento è diverso: i messicani contadini della Valle di Amilpas parlano con lui, ridono, lasciano trapelare la semplicità e l’affetto del loro cuore.
E perché li guarda e comprende l’idioma del loro cuore, si fa carico dei loro problemi umani e sociali, dello stato di povertà della gente della campagna. Traccia dei progetti di vita degni per i contadini della zona di Montefalco; si interessa della formazione che ricevono i nativi in questa grande scuola professionale che ha rappresentato uno sforzo gigantesco; si fa in quattro con le famiglie dei nativi che vengono alle scuole dell’Opus Dei in tutto il Messico.
“Ci preoccupiamo perché miglioriate, che veniate fuori da questa situazione, di modo che non abbiate preoccupazioni economiche… cerchiamo anche di fare in modo che i vostri figli acquisiscano cultura: vedrete come tra tutti ce la faremo, e che quelli che hanno talento e desiderio di studiare, arriveranno molto in alto. E come lo faremo? Come chi fa un favore? No, questo no! Non vi ho detto che tutti siamo uguali?”.
AI SACERDOTI PARLA LORO DI UMILTÀ: QUESTA VIRTÙ RENDE L’UOMO GRANDE NONOSTANTE I SUOI ERRORI
Il 16 giugno si riunisce a Jaltepec, a cinquanta chilometri da Guadalajara, nello Stato di Jalisco, con sacerdoti dell’Opus Dei che lavorano in Messico, e con molti altri che partecipano ai mezzi di formazione dell’Opera. Arriveranno dai punti più diversi, con il desiderio di aver un incontro amabile, prolungato e filiale con il fondatore dell’Opera.
“Sono molto contento in Messico, tra le altre cose perché qui ho trovato un anticlericalismo sano, come quello che sono solito predicare. È anche vero che ce l’avete come frutto di una grande persecuzione alla Chiesa, ma grazie a Dio è ormai passata: voglio dire che saprete sempre mantenere l’equilibrio che avete ora.
Non sono voluto venire senza che lo sapessero le autorità e dai vostri governanti non ho ricevuto altro che attenzioni”. Converserà con questi sacerdoti dei temi che devono occupare il cuore dei ministri di Cristo: del lavoro tra le anime, della loro dedicazione totale, della loro donazione incondizionata di servizio costante.
“Tutto il nostro cuore è per Cristo e – attraverso Cristo – per tutte le creature, senza particolarismi”. Ai sacerdoti parla loro di umiltà: questa virtù rende l’uomo grande nonostante i suoi errori; della vocazione immensa a cui sono stati chiamati da Dio dall’eternità. Dell’aiuto degli uni per gli altri. Di questa fraternità che distingue, inconfondibilmente, i figli di Dio.
Non siete soli. Nessuno di noi può trovarsi solo. Ancor meno se andiamo da Gesù per Maria, perché è una Madre che non ci abbandonerà mai”.
La serenata alla Madonna
Passa il tempo, tra domande e risposte rapide, il buonumore del Padre e l’allegria spontanea che produce la sua presenza. Il sole di metà mattina batte forte e scende una lieve nebbia sulle acque della vicina laguna di Chapala.
Il 22 giugno, vigilia del suo ritorno a Roma, san Josemaría è riunito con un gruppo di figli suoi. Qualcuno prende una chitarra:
“Padre, è un’antica canzone popolare. Dicono che sia troppo sdolcinata, ma a me piace. L’inizio è un po’ lento:
«Quiero cantarte, mujer, mi más bonita canción, porque eres tú mi querer, reina de mi corazón...».
(Voglio cantarti, o donna, la mia più bella canzone, perchè sei tu il mio amore, regina del mio cuore...)
E improvvisamente san Josemaría si alza in piedi: “Perché non andiamo tutti alla Villa a cantare questa canzone alla Madonna, per farle la nostra serenata?" Il consenso è unanime. Alle 8.30 di sera, tutti nella Basilica di Guadalupe.
“PERCHÉ NON ANDIAMO A CANTARE QUESTA CANZONE ALLA MADONNA, PER FARLE LA NOSTRA SERENATA?" (SAN JOSEMARÍA)
Mezz’ora prima la chiesa comincia a svuotarsi dei pellegrini. Ma, invece di restare il luogo in una penombra solitaria, oggi si riempie al massimo. Gli incaricati del mariachi arrivano con le loro chitarre e si mettono in un luogo appropriato.

La Villa è già stracolma. Arriva il Padre e i custodi chiudono le porte. Ancora una volta, come il primo giorno del suo arrivo, il fondatore si inginocchia ai piedi della Madonna d’America. Poi intona la Salve Regina, che cantano, in coro, le sue figlie e i suoi figli riuniti in questo imprevisto incontro d’addio. Si ferma sul presbiterio, circondato da sacerdoti. Ce ne sono di già anziani e di molto giovani; tutti uniti in un solo affettto. Rompono il silenzio le chitarre:
«Tuyo es mi corazón, oh sol de mi querer».
(Tuo è il mio cuore, o sole del mio amore)
Poi intonano "La Morenita" e proseguono. L’emozione è al culmine, perché c’è lì un pezzettino dell’anima del Messico: si sono riuniti con il Padre tutti quelli che percorrono questo cammino di fedeltà a Cristo che è l’Opus Dei.
All’inizio della terza canzone, san Josemaría si alza ed esce dalla basilica, mentre si continua a suonare un’altra canzone alla Madonna: Gracias por haberte conocido!… Poi si fa silenzio. La gente abbandona la navata e si spengono le luci. Le auto ritornano in città mentre cade una fitta pioggia, quasi impercettibile. Si direbbe che anche il cielo messicano non ha retto all’emozione. Il giorno dopo, un aereo porterà san Josemaría a Roma. Là a Montefalco, insieme alle vecchie mura della chiesa, restano degli alberi che ha piantato prima di partire. Passati gli anni, quando il tempo li avrà fatti crescere, la loro ombra darà pace ai viandanti.
Vicino a Jaltepec, il quadro che rappresenta la Guadalupana che offre un fiore all’indiano Juan Diego custodisce una petizione del fondatore: “Vorrei morire così: guardando la Vergine Santissima e che lei mi donasse un fiore…”. E dopo un po’ di silenzio, aggiunge: “Sì, mi piacerebbe morire davanti a questo quadro, con la Madonna che mi dà una rosa”.
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Ecco gli audio delle canzoni:

I brani sono stati tradotti dallo spagnolo dal libro Tiempo de caminar, di Ana Sastre, edizioni Rialp, Madrid 1991
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