martedì 16 aprile 2019

NOTRE DAME - Parigi - PAPA BENEDETTO XVI: BUON COMPLEANNO (92)!!! SANTO PADRE

martedì 16 aprile 2019


L'ingresso di Benedetto XVI nella cattedrale di Notre Dame (Parigi, 12.09.2008)



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Benedetto XVI fa il suo ingresso nella cattedrale di Parigi in occasione del suo Viaggio Apostolico in Francia del 2008. E' un omaggio a Nostre Dame, devastata da un incendio scoppiato nel tardo pomeriggio del 15 aprile 2019.
E' anche un modo per ricordare gli splendidi viaggi di Papa Benedetto e per rinnovargli gli auguri di buon compleanno.


R.

Buon compleanno, Papa Benedetto!!!

Cari Amici,
siamo tutti sconvolti per il devastante incendio che ha colpito e quasi distrutto la Cattedrale di Notre Dame. Sia questo, però, anche un giorno di speranza.
Oggi è il compleanno di Papa Benedetto. Ci stringiamo tutti al Santo Padre augurandogli ogni bene e pregando affinché egli continui a sostenere la Chiesa e i Cattolici del mondo intero.
Auguri, Santità, ad multos annos.
Il blog

Benedetto XVI a Notre Dame



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lunedì 15 aprile 2019


Notre Dame è in fiamme: la preghiera del blog alla Vergine

Cari Amici,
circa un'ora fa un incendio devastante ha avvolto il tetto della Cattedrale di Parigi, Notre Dame.
Eleviamo la nostra preghiera alla Vergine Santa, a cui la Cattedrale è dedicata, affinché i vigili del fuoco riescano a domare le fiamme al più presto.
Una supplica anche a Santa Bernadette, la piccola veggente di Lourdes. Domani la Chiesa ricorda il suo ritorno alla Casa del Padre.
Siamo sicuri che anche Benedetto si sta unendo nella preghiera per Notre Dame da lui particolarmente amata.
R.


Card. Müller: Il vescovo e grande teologo Ratzinger non solo ha il diritto ma anche il dovere dal diritto divino di parlare e dare testimonianza della verità rivelata

Clicca qui per leggere l'intervista.
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https://www.youtube.com/watch?v=JPoTXg7wEAI

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MATER DEI, MUNDI CORREDEMPTORA, ORA PRO NOBIS




"Madre di Dio, 
Corredentrice del mondo, 
prega per noi".  


<<MATER DEI, 
MUNDI CORREDEMPTORA, 
ORA PRO NOBIS>>


  (Per liberare 50.000 anime dal Purgatorio)

Mio Figlio vuole che l’umanità, non solo MI riconosca come MADRE DI DIO che è il più grande onore, ma anche Corredentrice del mondo. Invocatemi quanto più potete nelle Vostre preghiere - CORREDENTRICE - e IO elargirò su di voi molte grazie che sono necessarie per la vostra e per l’altrui liberazione.

HO FATTO AL MONDO UNA PROMESSA GRANDIOSA C’è poco tempo e nel Purgatorio ci sono moltissime povere Anime… Bisogna salvarle. Se un uomo prega con pietà e con cuore aperto questa breve preghiera, questa giaculatoria insistente: “Madre di Dio, Corredentrice del mondo, Prega per noi” libera ogni volta che viene recitata, mille Anime dal Purgatorio. Potete recitare questa preghiera ovunque - a piedi o in macchina, in chiesa, a casa, per strada - ovunque.


- 1 Gloria al Padre
- 1 Padre Nostro
- 10 << Madre di Dio, "Corredentrice del mondo", prega per noi >>
<<MATER DEI, MUNDI CORREDEMPTORA, ORA PRO NOBIS>>

- 1 Salve regina

N.B. Usare una corona del Santo Rosario 

(A.D. 5 agosto 2001 - Compleanno della Madonna)

Estratto dal 41° messaggio della MADRE DI DIO, rivelato il 12 febbraio 1998 a Fulda (Germania) alla veggente Anna, che fa vita nascosta. …in tutte le Sante Messe, insieme con il mio amato Figlio, prego per voi, mi offro per voi. Per questo mio Figlio vuole che l’umanità non solo mi riconosca come MADRE DI DIO, che è il più grande onore, ma anche come CORREDENTRICE del mondo. E questo è il mio secondo nome molto venerabile. 


Un giorno il Papa proclamerà questo dogma in tutto il mondo, cioè che MARIA la Madre di DIO, è anche CORREDENTRICE del mondo. Invocatemi quanto più potete nelle vostre preghiere - CORREDENTRICE - e io elargirò su di voi molte grazie che sono necessarie per la vostra e per l’altrui liberazione.

…figli miei, alla mia festa, l’8 dicembre (1997 durante la festa dell’Immacolata Concezione della SS Vergine Maria, il giorno mondiale della grazia, fu trasportata in Ohlau la sua statua che ha pianto Lacrime di Sangue in processione al santuario. 
In quel giorno hanno sanguinato 3 Ostie) ho fatto al mondo una promessa grandiosa. 

C’è poco tempo e nel purgatorio ci sono moltissime povere anime, persino anime che soffrono dai tempi antichissimi - dal tempo del paganesimo. Bisogna salvarle. I cristiani possono salvarle attraverso la preghiera, il rosario, soprattutto la S. Messa e attraverso la Via CrucisMa ora Dio mi ha concesso grazia immensa, cioè che, se un uomo prega con pietà e cuore aperto questa breve preghiera:


"MADRE DI DIO, CORREDENTRICE DEL MONDO PREGA PER NOI"
Mio Figlio libera 1000 anime dal purgatorio. 

 Questa breve preghiera, questa giaculatoria insistente libera, ogni volta che viene recitata, dal purgatorio mille anime che raggiungono la gioia eterna, la luce eterna. 


     Utilizzate questa grande grazia di poter aiutare le anime che vi compenseranno con continue preghiere e vi sosterranno in questa vita terrena spesso difficile e travagliata. Vi solleciteranno tanto, vi saranno infinitamente riconoscenti, e voi sfruttate questa gratitudine, implorate il loro aiuto. Potete invocare le povere anime del purgatorio, le anime già beate e i vostri patroni per le vostre richieste. Le anime del purgatorio aiutano moltissimo. 


Figli miei, ringraziate Dio per questa grazia, perché nemmeno voi andrete direttamente in Paradiso, anche VOI DOVRETE UN GIORNO RIPAGARE Dio nel purgatorio per le vostre mancanze e così anche voi un giorno attenderete per le preghiere che salgono dalla terra. Perciò non perdete tempo. Potete recitare questa preghiera ovunque - andando a piedi o in macchina, in chiesa, a casa, per strada - ovunque. Questa preghiera viene sempre accolta per liberare le povere anime!...


Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo - Amen

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"DIO É VIVO ED É CON NOI!"


La seguente prossima preghiera è stata dettata da un’anima del purgatorio alla veggente monfortana Maria Simma di Sontag dopo aver ricevuto il carisma a favore delle Anime del Purgatorio. Se recitata con fede ha il potere di sottrarre alle pene eterne molte anime che ogni giorno, per la loro condizione di peccato al momento del trapasso, sono in bilico tra inferno e purgatorio.
A CHI LA RECITA MATTINO E SERA E SI IMPEGNA A FARLA CONOSCERE, VENGONO RISERVATE GRAZIE SENZA NUMERO, ANCHE SENZA CHIEDERLE ("Voi avete un Padre che sa bene quello di cui avete bisogno" Lc. 12,30)


Un modo sicuro per farla conoscere è di inviare un link di questa pagina via email a familiari e persone di fede cristiana pregandole di farlo a loro volta. Anche a chi farà questo saranno riservate abbondanti grazie.



Ecco la PREGHIERA IN FAVORE DEI MORENTI 
PER LA SALVEZZA DELLA LORO ANIMA

«O Misericordiosissimo Gesù, che bruci di un sì ardente amore per le anime, Ti scongiuro, per l'agonia del Tuo Santissimo Cuore e per i dolori di Tua Madre Immacolata, di purificare col Tuo Sangue tutti i peccatori della terra che sono in agonia e che devono morire oggi stesso. Cuore agonizzante di Gesù abbi pietà dei moribondi» (3 Ave Maria) 



AVE MARIA PURISSIMA!

MISERICORDIA! -






10 "Beato me se sarò misericordioso".

   
Chi fra gli uomini può dire: "Io non ho bisogno di misericordia"? Nessuno. Ora se anche nell'antica Legge è detto: "Occhio per occhio e dente per dente", perché non deve dirsi nella nuova: "Chi sarà stato misericordioso troverà misericordia"? Tutti hanno bisogno di perdono.

   Ebbene, non è la formula e la forma di un rito, figure esterne concesse per la opaca mentalità umana, quelle che ottengono perdono. Ma è il rito interno dell'amore, ossia ancora della misericordia. 


Che se fu imposto il sacrificio di un capro o di un agnello e l'offerta di qualche moneta, ciò fu fatto perché a base di ogni male ancora si trovano sempre due radici: l'avidità e la superbia. 
L'avidità è punita con la spesa dell'acquisto dell'offerta, la superbia con la palese confessione di quel rito: "Io celebro questo sacrificio perché ho peccato". E fatto anche per precorrere i tempi e i segni dei tempi, e nel sangue che si sparge è la figura del Sangue che sarà sparso per cancellare i peccati degli uomini.

   Beato dunque colui che sa essere misericordioso agli affamati, ai nudi, ai senza tetto, ai miseri delle ancor più grandi miserie che sono quelle del possedere cattivi caratteri che fanno soffrire chi li ha e chi con loro convive. 


Abbiate misericordia. Perdonate, compatite, soccorrete, istruite, sorreggete. Non chiudetevi in una torre di cristallo dicendo: "Io sono puro e non scendo fra i peccatori".
 Non dite: "Io sono ricco e felice, e non voglio udire le miserie altrui". Badate che più rapido di fumo dissipato da gran vento può dileguarsi la vostra ricchezza, la vostra salute, il vostro benessere famigliare. E ricordate che il cristallo fa da lente, e ciò che mescolandovi fra la folla sarebbe passato inosservato, mettendovi in una torre di cristallo, unici, separati, illuminati da ogni parte, non potete più tenerlo nascosto. 
Misericordia per compiere un segreto, continuo, santo sacrificio di espiazione e ottenere misericordia.

http://www.valtortamaria.com/operamaggiore/volume/3/clxx-secondo-discorso-della-montagna-il-dono-della-grazia-e-le-beatitudini


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La Misericordia e l'inferno

domenica 14 aprile 2019

"Senza il Giorno del Signore non possiamo vivere"

Omelia di Benedetto XVI a Vienna (09.09.2007)


In occasione del suo Viaggio Apostolico in Austria, Benedetto XVI tenne, il 9 settembre 2007, un'importantissima omelia nel Duomo di Vienna sul significato della Domenica per i Cristiani. “Sine dominico non possumus!” Senza il dono del Signore, senza il Giorno del Signore non possiamo vivere. Il testo è da rileggere per intero e da meditare.
R.
SANTA MESSA
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Duomo di Santo Stefano, Vienna
Domenica, 9 settembre 2007

Cari fratelli e sorelle!

“Sine dominico non possumus!” Senza il dono del Signore, senza il Giorno del Signore non possiamo vivere: così risposero nell’anno 304 alcuni cristiani di Abitene nell’attuale Tunisia quando, sorpresi nella Celebrazione eucaristica domenicale, che era proibita, furono portati davanti al giudice e fu loro chiesto perché avevano tenuto di Domenica la funzione religiosa cristiana, pur sapendo che questo era punito con la morte. “Sine dominico non possumus”. Nella parola dominicum/dominico sono indissolubilmente intrecciati due significati, la cui unità dobbiamo nuovamente imparare a percepire. C’è innanzitutto il dono del Signore – questo dono è Lui stesso: il Risorto, del cui contatto e vicinanza i cristiani hanno bisogno per essere se stessi. Questo, però, non è solo un contatto spirituale, interno, soggettivo: l’incontro col Signore si iscrive nel tempo attraverso un giorno preciso. 

E in questo modo si iscrive nella nostra esistenza concreta, corporea e comunitaria, che è temporalità. Dà al nostro tempo, e quindi alla nostra vita nel suo insieme, un centro, un ordine interiore. Per quei cristiani la Celebrazione eucaristica domenicale non era un precetto, ma una necessità interiore. Senza Colui che sostiene la nostra vita, la vita stessa è vuota. Lasciar via o tradire questo centro toglierebbe alla vita stessa il suo fondamento, la sua dignità interiore e la sua bellezza.

Ha rilevanza questo atteggiamento dei cristiani di allora anche per noi cristiani di oggi? Sì, vale anche per noi, che abbiamo bisogno di una relazione che ci sorregga e dia orientamento e contenuto alla nostra vita. Anche noi abbiamo bisogno del contatto con il Risorto, che ci sorregge fin oltre la morte. Abbiamo bisogno di questo incontro che ci riunisce, che ci dona uno spazio di libertà, che ci fa guardare oltre l’attivismo della vita quotidiana verso l’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino.


Se, tuttavia, prestiamo ora ascolto all’odierno brano evangelico, al Signore che in esso ci parla, ci spaventiamo. “Chi non rinuncia ad ogni sua proprietà e non lascia anche tutti i legami familiari, non può essere mio discepolo.” Vorremmo obiettare: ma cosa stai dicendo, Signore? Non ha forse il mondo bisogno proprio della famiglia? Non ha forse bisogno dell’amore paterno e materno, dell’amore tra genitori e figli, tra uomo e donna? Non abbiamo noi bisogno dell’amore della vita, bisogno della gioia di vivere? E non occorrono forse anche persone che investano nei beni di questo mondo ed edifichino la terra che ci è stata data, cosicché tutti possano aver parte dei suoi doni? Non ci è stato affidato forse anche il compito di provvedere allo sviluppo della terra e dei suoi beni? Se ascoltiamo meglio il Signore e soprattutto lo ascoltiamo nell’insieme di tutto ciò che Egli ci dice, allora comprendiamo che Gesù non esige da tutti la stessa cosa. Ognuno ha il suo compito personale e il tipo di sequela progettato per lui. 
Nel Vangelo di oggi Gesù parla direttamente di ciò che non è compito dei molti che gli si erano associati nel pellegrinaggio verso Gerusalemme, ma che è chiamata particolare dei Dodici. Questi devono innanzitutto superare lo scandalo della Croce e devono poi essere pronti a lasciare veramente tutto ed accettare la missione apparentemente assurda di andare sino ai confini della terra e, con la loro scarsa cultura, annunciare ad un mondo pieno di presunta erudizione e di formazione fittizia o vera – come certamente in particolare anche ai poveri e ai semplici – il Vangelo di Gesù Cristo. Devono essere pronti, sul loro cammino nella vastità del mondo, a subire in prima persona il martirio, per testimoniare così il Vangelo del Signore crocifisso e risorto. Se la parola di Gesù in questo pellegrinaggio verso Gerusalemme, in cui una gran folla lo accompagna, è rivolta anzitutto ai Dodici, la sua chiamata naturalmente raggiunge, al di là del momento storico, tutti i secoli. In tutti i tempi Egli chiama delle persone a contare esclusivamente su di Lui, a lasciare tutto il resto e ad essere totalmente a sua disposizione e così a disposizione degli altri: a creare delle oasi di amore disinteressato in un mondo, in cui tanto spesso sembrano contare solo il potere ed il denaro. 

Ringraziamo il Signore, perché in tutti i secoli ci ha donato uomini e donne che per amor suo hanno lasciato tutto il resto, rendendosi segni luminosi del suo amore!  Basti pensare a persone come Benedetto e Scolastica, come Francesco e Chiara di Assisi, Elisabetta di Turingia e Edvige di Slesia, come Ignazio di Loyola, Teresa di Avila fino a Madre Teresa di Calcutta e Padre Pio! Queste persone, con l’intera loro vita, sono diventate un’interpretazione della parola di Gesù, che in loro si rende vicina e comprensiva per noi. E preghiamo il Signore, affinché anche nel nostro tempo doni a tante persone il coraggio di lasciare tutto, per essere così a disposizione di tutti.

Se, però, ci dedichiamo ora di nuovo al Vangelo, possiamo accorgerci che il Signore non vi parla solo di alcuni pochi e del loro compito particolare; il nocciolo di ciò che Egli intende vale per tutti. Di che cosa si tratti in ultima istanza, lo esprime un’altra volta così: “Chi  vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9, 24s). Chi vuol soltanto possedere la propria vita, prenderla solo per se stesso, la perderà. Solo chi si dona riceve la sua vita. 
   Con altre parole: solo colui che ama trova la vita. E l’amore richiede sempre l’uscire da se stessi, richiede sempre di lasciare se stessi. Chi si volge indietro per cercare se stesso e vuol avere l’altro solo per sé, perde proprio in questo modo se stesso e l’altro. Senza questo più profondo perdere se stesso non c’è vita. L’irrequieta brama di vita che oggi non dà pace agli uomini finisce nel vuoto della vita persa. “Chi perderà la propria vita per me…”, dice il Signore: un lasciare se stessi in modo più radicale è possibile solo se con ciò alla fine non cadiamo nel vuoto, ma nelle mani dell’Amore eterno.    
    Solo l’amore di Dio, che ha perso se stesso per noi consegnandosi a noi, rende possibile anche a noi di diventare liberi, di lasciar perdere e così trovare veramente la vita. Questo è il centro di ciò che il Signore vuole comunicarci nel brano evangelico apparentemente così duro di questa Domenica. Con la sua parola Egli ci dona la certezza che possiamo contare sul suo amore, sull’amore del Dio fatto uomo. Riconoscere questo è la saggezza di cui ci ha parlato la prima lettura. Vale, infatti, anche qui che tutto il sapere del mondo non ci giova a nulla, se non impariamo a vivere, se non apprendiamo che cosa conta veramente nella vita.


“Sine dominico non possumus!”. Senza il Signore e il giorno che a Lui appartiene non si realizza una vita riuscita. La Domenica, nelle nostre società occidentali, si è mutata in un fine-settimana, in tempo libero. Il tempo libero, specialmente nella fretta del mondo moderno, è una cosa bella e necessaria; ciascuno di noi lo sa. Ma se il tempo libero non ha un centro interiore, da cui proviene un orientamento per l’insieme, esso finisce per essere tempo vuoto che non ci rinforza e non ricrea. Il tempo libero necessita di un centro – l’incontro con Colui che è la nostra origine e la nostra meta. Il mio grande predecessore sulla sede vescovile di München und Freising, il Cardinale Faulhaber, lo ha espresso una volta così: “Dà all’anima la sua Domenica, dà alla Domenica la sua anima”.

Proprio perché nella Domenica si tratta in profondità dell’incontro, nella Parola e nel Sacramento, con il Cristo risorto, il raggio di tale giorno abbraccia la realtà intera. I primi cristiani hanno celebrato il primo giorno della settimana come Giorno del Signore, perché era il giorno della risurrezione. Ma molto presto la Chiesa ha preso coscienza anche del fatto che il primo giorno della settimana è il giorno del mattino della creazione, il giorno in cui Dio disse: “Sia la luce!” (Gn 1,3). Per questo la Domenica è nella Chiesa anche la festa settimanale della creazione – la festa della gratitudine e della gioia per la creazione di Dio. In un’epoca, in cui, a causa dei nostri interventi umani, la creazione sembra esposta a molteplici pericoli, dovremmo accogliere coscientemente proprio anche questa dimensione della Domenica. Per la Chiesa primitiva, il primo giorno ha poi assimilato progressivamente anche l’eredità del settimo giorno, dello šabbat. Partecipiamo al riposo di Dio, un riposo che abbraccia tutti gli uomini. Così percepiamo in questo giorno qualcosa della libertà e dell’uguaglianza di tutte le creature di Dio.


Nell’orazione di questa Domenica ricordiamo innanzitutto che Dio, mediante il suo Figlio, ci ha redenti e adottati come figli amati. Poi lo preghiamo di guardare con benevolenza i credenti in Cristo e di donarci la vera libertà e la vita eterna. Preghiamo per lo sguardo di bontà di Dio. 

Noi stessi abbiamo bisogno di questo sguardo di bontà, al di là della Domenica, fin nella vita di ogni giorno. Nel pregare sappiamo che questo sguardo ci è già stato donato, anzi, sappiamo che Dio ci ha adottato come figli, ci ha accolto veramente nella comunione con se stesso. Essere figlio significa – lo sapeva molto bene la Chiesa primitiva – essere una persona libera, non un servo, ma uno appartenente personalmente alla famiglia. E significa essere erede. 

Se noi apparteniamo a quel Dio che è il potere sopra ogni potere, allora siamo senza paura e liberi, e allora siamo eredi. L’eredità che Egli ci ha lasciato è Lui stesso, il suo Amore. Sì, Signore, fa’ che questa consapevolezza ci penetri profondamente nell’anima e che impariamo così la gioia dei redenti. Amen.
AMDG et DVM