martedì 12 marzo 2019

"Sognavo il primo palpito... "

348. Mannaen riferisce su Erode Antipa e da Cafarnao va con Gesù a Nazareth. 
Svelate le trasfigurazioni della Vergine. Lc 9,7-9


Quando pongono piede sulla spiaggetta di Cafarnao, sono accolti dal gridìo dei bambini che emulano le rondini indaffarate alla costruzione dei nidi novelli, tanto scorrono veloci, garrendo con le loro vocette, dalla spiaggia alle case, ilari della semplice gioia dei fanciulli, per i quali è spettacolo meraviglioso e magico oggetto un pesciolino trovato morto sulla riva, o un sassetto che l’onda ha levigato e che, per il suo colore, sembra una pietra preziosa, o il fiore scoperto fra due sassi, o lo scarabeo cangiante catturato a volo. Tutti prodigi da far vedere alle mamme, perché prendano parte alla gioia del loro figliolino. 
Ma ora queste rondinelle umane hanno visto Gesù e tutti i loro voli convergono verso di Lui, che sta per porre piede sulla spiaggetta. Ed è una tiepida valanga viva di carni fanciulle, è una catena soave di manine tenerelle, è un amore di cuori infantili quello che si abbatte su Gesù, che ne è stretto, legato, riscaldato come da un dolce fuoco.
«Io! Io! ». 
«Un bacio! ». 
«A me! ».
«Anche io! ». 
«Gesù! Ti voglio bene! ». 
«Non andare più via per tanto! ». 
«Venivo tutti i giorni qui a vedere se venivi ». 
«Io andavo alla tua casa ». 
«Tieni questo fiore, era per la mamma, ma te lo do ». 
«Ancora un bacio a me, bello forte. Quello di prima non mi ha toccato perché Giaele mi ha spinto indietro..». 
E le vocette continuano mentre Gesù tenta camminare fra quella rete di tenerezze. 
«Ma lasciatelo un po stare! Via! Basta! », gridano discepoli e apostoli cercando di allentare la stretta. Ma sì! Sembrano liane munite di ventose! Di qui vengono staccate, di là si appiccicano. 
«Lasciate! Lasciate fare! Con pazienza arriveremo », dice sorridendo Gesù, e fa passi inverosimilmente piccoli per potere procedere senza calpestare i piedini nudi. 

Ma quello che lo libera dall’amorosa stretta è il sopraggiungere di Mannaen con altri discepoli, fra i quali i pastori che erano in Giudea. 
«La pace a te, Maestro! », tuona l’imponente Mannaen nel suo splendido abito, senza più ori alla fronte e alle dita, ma con una magnifica spada al fianco che suscita l’ammirazione venerabonda dei bambini, i quali, davanti a questo magnifico cavaliere vestito di porpora e con una così stupenda arma al fianco, si scansano intimoriti. 
E così Gesù può abbracciarlo e abbracciare Elia, Levi, Mattia, Giuseppe, Giovanni, Simeone e non so quanti altri. 
«Come mai sei qui? E come hai saputo che ero sbarcato? ». 
«Saputo, lo si è saputo dai gridi dei bambini. Hanno trapassato i muri come frecce di gioia. Ma qui sono venuto pensando che è prossimo il tuo viaggio in Giudea e che certo vi prenderanno parte le donne… Ho voluto esserci anche io… Per proteggerti, Signore, se non è troppa superbia il pensarlo. Vi è molta effervescenza in Israele contro di Te. Dolorosa cosa a dirsi. Ma tu non la ignori ». 
Parlando così, raggiungono la casa e vi entrano. Mannaen continua il suo discorso dopo che il padrone di casa e la moglie hanno venerato il Maestro. 

«Ormai l’effervescenza e l’interessamento su di Te ha pervaso ogni luogo, scuotendo e richiamando l’attenzione anche dei più ottusi e distratti da cose molto diverse da ciò che Tu sei. Le notizie di ciò che Tu operi sono penetrate persino dentro alle sozze muraglie di Macheronte o nei lussuriosi rifugi di Erode, siano essi il palazzo di Tiberiade o i castelli di Erodiade o la splendida reggia degli Asmonei presso il Sisto. Superano come ondate di luce e di potenza le barriere di tenebre e di bassezza, abbattono i cumuli del peccato messi a fare da trincea e da riparo ai sozzi amori della Corte e ai truci delitti, saettano come strali di fuoco scrivendo parole ben più gravi di quelle del convito di Baldassarre (Daniele 5) sulle licenziose pareti delle alcove e delle sale del trono e dei banchetti. Urlano il tuo Nome e la tua potenza, la tua natura e la tua missione. E Erode ne trema di paura; ed Erodiade si convelle nei letti, paurosa che Tu sia il Re vendicatore che le leverà ricchezze e immunità, se pur non anche la vita, gettandola in balìa delle turbe che faranno vendetta dei suoi molti delitti. Si trema a corte. E per Te. Si trema di paura umana e di paura sovrumana. Da quando la testa di Giovanni è caduta mozzata, sembra che un fuoco arda le viscere dei suoi uccisori. Non hanno più neppure la loro misera pace di prima, pace da porci sazi di crapule, che trovano silenzio ai rimproveri della coscienza nell’ubriachezza o nella copula. Non c’è più nulla che li pacifichi… Sono perseguitati… E si odiano dopo ogni ora di amore, sazi l’uno dell’altra, incolpandosi l’un l’altro di aver commesso il delitto che turba, che ha passato la misura; mentre Salomè, come presa da un demonio, è scossa da un erotismo che degraderebbe una schiava delle macine. La Reggia è fetente più di una cloaca. Erode mi ha interrogato più volte su Te. Ed io ogni volta ho risposto: “Per me è il Messia, il Re d’Israele dell’unica stirpe regale, quella di Davide. È il figlio dell’uomo detto dai Profeti, è il Verbo di Dio, Colui che, per essere il Cristo, l’Unto di Dio, ha il diritto di regnare su ogni vivente”. Ed Erode sbianca di paura sentendo in Te il Vendicatore. E respinge la paura, l’urlo della coscienza che il rimorso sbrana, dicendo – poiché i cortigiani per confortarlo dicono che Tu sei Giovanni falsamente creduto morto, e con ciò lo fanno basire più che mai di orrore, oppure Elia, o qualche altro profeta dei tempi passati – dicendo: “No, non può essere Giovanni! Quello io l’ho fatto decapitare, e la sua testa l’ha Erodiade in sicura custodia. E non può essere uno dei profeti. Non si rivive, una volta morti. Ma non può essere neppure il Cristo. Chi lo dice? Chi lo dice che lo è? Chi osa dirmi che Egli è il Re dell’unica stirpe regale? Io sono il Re! Io! E non altri. Il messia è stato ucciso da Erode il Grande: in un mare di sangue è stato affogato, appena nato. Sgozzato è stato come un agnellino… e aveva pochi mesi… Lo senti come piange? Il suo belato mi grida sempre dentro alla testa insieme al ruggito di Giovanni: ‘Non ti è lecito’… Non mi è lecito?! Si. Tutto mi è lecito, perché io sono ‘il re’. Qua vino e donne, se Erodiade si rifiuta ai miei amplessi, e che danzi Salomè per svegliare il mio senso spaurito dai tuoi paurosi racconti”. E si ubriaca fra le mime della Corte, mentre nelle sue stanze ulula la femmina folle le sue bestemmie al Martire e le sue minacce a Te, e nelle sue Salomè conosce cosa è essere nata dal peccato di due libidinosi e avere aderito ad un delitto, ottenendolo con l’abbandono del corpo alle smanie lubriche di un sozzo. Ma poi torna in sé Erode e vuole sapere di Te, e vorrebbe vederti. E per questo favorisce le mie venute a Te, nella speranza che io ti porti a lui. Cosa che non farò mai, per non portare la tua santità in un antro di fiere immonde. E vorrebbe averti Erodiade per colpirti. E lo grida col suo stilo fra le mani… E vorrebbe averti Salomè, che ti ha visto, a tua insaputa, a Tiberiade lo scorso etamin, e che insania di Te… Questa è la Reggia, Maestro! Ma io vi resto, perché così sorveglio le intenzioni su Te ». 

«Io te ne sono grato, e l’Altissimo te ne benedice. È anche questo servire l’Eterno nei suoi decreti ». «L’ho pensato. E per questo sono venuto ». 

«Mannaen, Io ti prego di una cosa, poiché sei venuto. Non con Me ma con le donne scendi verso Gerusalemme. Io vado con questi per via ignota e non potranno farmi del male. Ma esse sono donne e indifese, e chi le accompagnerà è di animo mite e ammaestrato ad offrire la guancia a chi già l’ha percosso. La tua presenza sarà protezione sicura. Un sacrificio, comprendo. Ma staremo insieme in Giudea. Non negarmelo, amico ». 

« Signore, ogni tuo desiderio è legge per il tuo servo. Sono al servizio della Madre tua e delle condiscepole da questo momento fino a quando Tu vorrai ». 
«Grazie. Anche questa tua ubbidienza sarà scritta in Cielo. Ora dedichiamo l’attesa delle barche per tutti curando i malati che mi attendono ». 
E Gesù scende nell’orto dove sono barelle o infermi e li sana rapidamente, mentre accoglie l’ossequio di Giairo e degli amici, pochi, di Cafarnao. 
Le donne, intanto – e sono Porfiria e Salome, più l’anziana moglie di Bartolomeo e quella meno anziana di Filippo con le figlie giovinette – si occupano delle vivande per la numerosa turba di discepoli, che saranno sfamati con le corbe di pesce che Betsaida e Cafarnao hanno offerto. E un gran sventrare di ventri argentati, ancora palpitanti, in un gran sciacquare di pesci nei catini, un gran sfrigolio degli stessi nelle graticole, avviene in cucina, mentre Marziam, con altri discepoli, alimenta i fuochi e porta brocche d’acqua in aiuto alle donne. 

Il pasto è presto pronto e presto consumato. Ed essendo armai reclutate le barche per il trasporto di tanti, non resta che imbarcarsi per Magdala, su un lago incantato, tanto è sereno, angelico nel castone smeraldino delle rive. 
I giardini e la casa di Maria di Magdala si aprono ospitali nel meriggio solare ad accogliere il Maestro e i suoi discepoli, e tutta Magdala si riversa a salutare il Rabbi che va verso Gerusalemme. 

E le fresche pendici dei colli galilei sentono la marcia solerte e lieta della turba fedele, seguita da un comodo carro dove sono Giovanna con Porfirea, Salome, le mogli di Bartolomeo e Filippo e le due giovinette figlie di quest’ultimo, più i ridenti Maria e Mattia, irriconoscibili nell’aspetto da quello che erano cinque mesi addietro. Marziam marcia bravamente con gli adulti, anzi, per volere di Gesù, è proprio nel gruppo apostolico, fra Pietro e Giovanni, e non perde parola di quanto dice Gesù. Il sole splende in un cielo purissimo e folate tiepide portano odore di bosco, di mentucce, di viole, dei primi mughetti, dei rosai sempre più fioriti e, sovrano su tutti, quell’odore fresco, lievemente amarognolo, dei fiori delle piante da frutto, che da ogni dove spargono neve di petali sulle zolle erbose. Tutti ne hanno fra i capelli mentre procedono in un continuo cinguettio d’uccelli, fra canti di seduzione e trepidi richiami da folto a folto, tra i maschi audaci e le femmine pudiche, mentre le pecore brucano, pingui di maternità, e i primi agnellini urtano il musetto rosato nella tonda mammella per aumentare la secrezione del latte, oppure caroleggiano sui prati d’erba tenerella come bambini felici. 

Come viene presto Nazaret dopo Cana, dove Susanna si unisce alle altre donne portando seco i prodotti della sua terra in ceste e vasi, e un intero tralcio di rose rosse tutte in bocci, prossimi a schiudersi, «da offrirsi a Maria », dice. 

«Io pure, vedi? », dice Giovanna scoprendo una specie di cassa dove sono adagiate rose e rose fra muschi umidi. «Le prime e le più belle. Sempre un nulla per Lei, tanto cara! ». 
Vedo che ogni donna ha portato derrate per il viaggio pasquale, e con le derrate chi questo fiore, chi quella pianta per l’orto di Maria; e Porfirea si scusa di non avere portato che un vaso di canfora, splendido nelle minute foglioline glauche che sprigionano il loro aroma solo asfiorarle. « Maria la desiderava questa pianta balsamica… », dice. E tutte la elogiano per la bellezza rigogliosa dell’arboscello. «Oh! l’ho vegliato tutto l’inverno, tenendolo al riparo dal gelo e dalla grandine nella mia stanza. Marziam mi aiutava a portarlo al sole ogni mattina, a ritirarlo ogni sera… E quel caro fanciullo, se non ci fosse stata la barca e ora il carro, se lo sarebbe caricato sulle spalle per portarlo a Maria, facendo cortesia a Lei e a me », dice l’umile donna, che si rinfranca sempre più per la bontà di Giovanna e che non sta in se dalla gioia di essere in viaggio per Gerusalemme, e col Maestro, il suo uomo e il suo Marziam. «Non ci sei mai stata? ». 
«Finché visse mio padre, ogni anno. Ma poi… la madre non vi andò più… i fratelli mi ci avrebbero portata, ma facevo comodo alla madre e non mi lasciava andare. Dopo ho sposato Simone… e non sono stata più molto bene in salute. Simone avrebbe dovuto stare molto in viaggio e si annoiava…Rimanevo perciò a casa ad attenderlo… Il Signore vedeva il mio desiderio… ed era come facessi il sacrificio nel Tempio… », dice la mite donna. 
E Giovanna , che l’ha vicina, le mette la mano sulle splendide trecce dicendole: «Cara ». E in quell’aggettivo c’è tanto amore, tanta comprensione e tanto significato. 

Ecco Nazaret… ecco la casa di Maria d’Alfeo, che è già fra le braccia dei figli, e con le mani, gocciolanti e rosse del bucato che sta facendo, se li carezza, e poi corre, asciugandosele nel grembiule grossolano, ad abbracciare Gesù… Ed ecco la casa di Alfeo di Sara, immediatamente precedente quella di Maria. E Alfeo che ordina al nipotino più grande di correre ad avvertire Maria, e intanto sgamba a passi da gigante verso Gesù con una bracciata di nipotini fra le braccia, e lo saluta insieme a quella nidiata stretta fra le braccia come un mazzo di fiori offerto a Gesù. 


Ed ecco Maria farsi sulla porta, nel sole, nel suo abito da casa di un chiaro azzurro un poco stinto, l’oro dei capelli splendente vaporoso sulla fronte verginale e massiccio nel pesante nodo delle trecce sulla nuca, e cadere sul petto del figlio che la bacia con tutto il suo amore. Gli altri si fermano prudenti per lasciarli liberi nel primo incontro. 
Ma Ella subito si stacca e volge il viso, inattaccabile all’età, ora tutto roseo per la sorpresa e luminoso di sorriso, e saluta con la sua voce d’angelo: «La pace a voi, servi del Signore e discepoli del Figlio mio. La pace a voi, sorelle nel Signore », e con le discepole, scese dal carro, scambia un bacio fraterno. 
«Oh! Marziam! Ora non potrò più tenerti fra le braccia! Sei un uomo ormai. Ma vieni dalla Mamma di tutti i buoni, che un bacio te lo darò ancora. Caro! Dio ti benedica e ti faccia crescere nelle sue vie, robusto come cresce il tuo corpo giovinetto, e più ancora. Figlio mio, dovremo portarlo a suo nonno. Sarà felice di vederlo così », dice poi volgendosi a Gesù. 
E poi abbraccia Giacomo e Giuda d’ Alfeo. E dà loro la notizia che certo essi amano: «Quest’anno Simone viene con me, come discepolo del Maestro. Me lo ha detto ». 
E uno per uno saluta i più noti, i più influenti, avendo per ognuno una parola di grazia. Mannaen viene condotto a Lei da Gesù e presentato come una scorta nel viaggio verso Gerusalemme. 

«Tu non vieni con noi, Figlio? ». 
«Madre, ho altri luoghi da evangelizzare. Ci vedremo a Betania ».
 «La tua volontà sia fatta ora e sempre. Grazie, Mannaen. Tu: angelo umano; i nostri custodi: angeli del Cielo; e noi saremo sicure come fossimo nel Santo dei Santi ». E offre la sua manina a Mannaen in segno di amicizia. E il cavaliere, cresciuto nel fasto, si inginocchia per baciare la mano gentile che si offre a lui. Intanto sono stati scaricati i fiori e quanto deve restare a Nazaret. Poi il carro va al suo destino in qualche scuderia della città. 

La piccola casa pare un roseto per le rose sparse ogni dove dalle discepole. Ma la pianta di Porfirea, posata sulla tavola, raccoglie la più viva ammirazione di Maria, che la fa portare in luogo acconcio secondo le indicazioni della moglie di Pietro. 
Non possono certo entrare tutti nella minuscola casa, nell’orto che non è una tenuta né un podere, ma che sembra salire verso il cielo sereno, farsi aereo, tante sono le nuvole dei fiori sulle piante del brolo. E Giuda d’ Alfeo, sorridendo, chiede a Maria: «Hai colto anche oggi il tuo ramo per la tua anfora? ». «Senza dubbio, Giuda. E quando siete venuti lo contemplavo… ». 
«E bisognavi, Mamma, il tuo mistero lontano », dice Gesù abbracciandola col braccio sinistro e attirandosela contro il cuore. 
Maria alza il viso imporporato e sospira: «Si, Figlio mio… e sognavo il primo palpito del tuo cuore in me...». 

Gesù dice: «Restino le discepole, gli apostoli, Marziam, i discepoli pastori, il sacerdote Giovanni, Stefano, Erma e Mannaen. Gli altri si spargano in cerca di alloggio… ». 
«Molti possono stare in casa mia… », urla dalla soglia, sulla quale è bloccato, Simone d’Alfeo. «Sono loro condiscepolo e li reclamo ». 
«Oh! fratello, vieni avanti, che ti possa baciare », dice espansivo Gesù, mentre Alfeo di Sara e Ismaele e Aser, i due discepoli, ex-asinai, di Nazaret, a loro volta dicono: «A casa nostra. Venite, venite! ». 

I discepoli non prescelti se ne vanno e può essere chiusa la porta… per essere riaperta però subito dopo per la venuta di Maria d’Alfeo, che non può stare lontana anche se si sciupa il suo bucato. Sono quasi quaranta persone e perciò si spargono nell’orto tiepido e quieto, finché sono distribuiti i cibi, che ognuno trova con sapori celesti tanto è felice di consumarli nella casa del Signore, distribuiti da Maria. 
Torna Simone, che ha sistemato i discepoli, e dice: «Non mi hai chiamato come gli altri, ma io ti sono fratello e ci sto lo stesso ». 

«Bene vieni, Simone. Vi ho qui voluti per farvi conoscere Maria. Molti di voi conoscete la “madre” Maria, alcuni la “sposa” Maria. Ma nessuno conosce la “vergine” Maria. Io ve la voglio fare conoscere in questo giardino in fiore, nel quale il vostro cuore viene col desiderio nelle lontananze forzate e come ad un riposo nelle fatiche dell’apostolato. 

Vi ho ascoltato parlare, voi apostoli, discepoli e parenti, ed ho sentito le vostre impressioni, i vostri ricordi, le vostre asserzioni sulla Madre mia. Io vi trasfigurerò tutto questo, molto ammirativo ma ancora molto umano, in un soprannaturale conoscere. Perché mia Madre, prima di Me, va trasfigurata agli occhi dei più meritevoli, per mostrarla quale Essa è. Voi vedete una donna, una donna che per la sua santità vi pare diversa dalle altre, ma che in realtà vedete come un’anima fasciata dalla carne, come quella di tutte le sue sorelle di sesso. Ma Io ora vi voglio scoprire l’anima di mia Madre. La sua vera ed eterna bellezza. 

Vieni qui, Madre mia. Non arrossire. Non ritrarti intimidita, colomba soave di Dio. Tuo Figlio è la Parola di Dio e può parlare di te e del tuo mistero, dei tuoi misteri, o sublime Mistero di Dio. Sediamoci qui, in quest’ombra leggera di alberi in fiore, presso la casa, presso la tua stanza santa. Così! Alziamo questa tenda ondeggiante e ne escano onde di santità e di Paradiso da questa stanza verginale, a saturare di te tutti noi… Si. Io pure. Che Io mi profumi di te, Vergine perfetta, per potere sopportare i fetori del mondo, per potere vedere candore avendo saturata la pupilla del tuo Candore… 
Qui Marziam, Giovanni, Stefano, e voi discepole, bene di fronte alla porta aperta sulla dimora casta della Casta fra tutte le donne. E dietro voi, amici miei. E qui, al mio fianco, tu, diletta Madre mia. 
Vi ho detto poc’anzi “l’eterna bellezza dell’anima di mia Madre”. Sono la Parola e perciò so usare della parola senza errore. Ho detto “eterna”, non “immortale”. E non senza scopo l’ho detto. L’immortale è chi, essendo nato, non muore più. Così l’anima dei giusti è immortale in Cielo, l’anima dei peccatori è immortale nell’inferno, perché l’anima, creata che sia, non muore più che alla grazia. Ma l’anima ha vita, esiste dal momento che Dio la pensa. È il pensiero di Dio che la crea.  L’anima di mia Madre è da sempre pensata da Dio. Perciò è eterna nella sua bellezza, nella quale Dio ha riversato ogni perfezione per averne delizia e conforto. 
È detto nel libro del nostro avo Salomone (Proverbi 8, 22-31), che ti antevide e perciò profeta tuo può essere detto: “Dio mi possedette all’inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la Creazione. Ab eterno io fui stabilita, al principio, prima che fosse fatta la Terra. Non erano ancora gli abissi ed io ero concepita. Non ancora le sorgenti delle acque sgorgavano, non ancora le montagne erano fermate sulla loro grave mole, ed io già ero. Prima delle colline io ero partorita. Egli non aveva ancora fato la Terra, i fiumi, né i cardini del mondo, ed io già ero. Quando preparava i cieli e il Cielo, io ero presente. Quando con legge inviolabile chiuse sotto la volta l’abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissò al mare i suoi confini e dette legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della Terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia io scherzavo dinanzi a Lui continuamente. Scherzavo nell’universo”. Si, o Madre di cui Dio, l’Immenso, il Sublime, il Vergine, l’Increato, era gravido, e ti portava come il suo dolcissimo pondo, giubilando di sentirti agitarti in Lui, dandogli i sorrisi dei quali fece il Creato! Tu che a dolore partorì per darti al Mondo, anima soavissima, nata dal Vergine per essere la “Vergine”, Perfezione del Creato, Luce del Paradiso, Consiglio di Dio, che guardandoti poté perdonare la Colpa perché tu sola, da te sola, sai amare come tutta l’Umanità messa insieme non sa amare. In te il Perdono di Dio! In te il Medicamento di Dio, tu, carezza dell’Eterno sulla ferita dall’uomo fatta a Dio! In te la Salute del mondo, Madre dell’Amore incarnato e del concesso Redentore! 
L’anima della Madre mia! Fuso dell’Amore col Padre, Io ti guardavo dentro di Me, o anima della Madre mia!… E il tuo splendore, la tua preghiera, l’idea di essere da te portato, mi consolavano in eterno del mio destino di dolore e di esperienze disumane di ciò che è il mondo corrotto per il Dio perfettissimo. Grazie, o Madre! Io sono venuto già saturo delle tue consolazioni, Io sono sceso sentendo te sola, il tuo profumo, il tuo canto, il tuo amore… Gioia, gioia mia! 
Ma udite, voi che ora sapete che una sola è la Donna nella quale non è macchia, una sola la Creatura che non costa ferita al Redentore, udite la seconda trasfigurazione di Maria, l’Eletta di Dio. Era un sereno pomeriggio di adar ed erano in fiore gli alberi nell’orto silenzioso, e Maria, sposa a Giuseppe, aveva colto un ramo di albero in fiore per sostituirlo all’altro che era nella sua stanzetta. Da poco era venuta a Nazaret, Maria, presa dal Tempio per ornare una casa di santi. E con l’anima tripartita fra il Tempio, la casa e il Cielo, Ella guardava il ramo in fiore, pensando che con uno simile, sbocciato insolitamente, un ramo reciso in questo brolo nel colmo dell’inverno e fioritosi come per primavera davanti all’Arca del Signore – forse lo aveva scaldato il Sole-Iddio raggiante sulla sua Gloria – Dio le aveva significato la sua volontà… E pensava ancora che nel giorno delle nozze Giuseppe le aveva portato altri fiori, ma mai simili al primo che portava scritto sui petali leggeri: “Ti voglio unita a Giuseppe”… Tante cose pensava… E pensando salì a Dio. Le mani erano solerti fra la rocca e il fuso, e filavano un filo più sottile d’uno dei capelli del suo capo giovinetto… 

L’anima tesseva un tappeto d’amore, andando solerte, come spola sul telaio, dalla Terra al Cielo. Dai bisogni della casa, dello sposo, a quelli dell’anima di Dio. E cantava, e pregava. E il tappeto si formava sul mistico telaio, si srotolava dalla Terra al Cielo, saliva a sperdersi lassù… Formato di che? Dai fili sottili, perfetti, forti, delle sue virtù, dal filo volante della spola che Ella credeva “sua”, mentre era di Dio: la spola della volontà di Dio sulla quale era avvolta la volontà della piccola, grande Vergine d’Israele, la Sconosciuta al mondo, la Conosciuta da Dio, la sua volontà avvolta, fatta una con la volontà del Signore. E il tappeto si infiorava di fiori d’amore, di purezza, di palme di pace, di palme di gloria, di mammole, di gelsomini… Ogni virtù fioriva sul tappeto dell’amore che la Vergine di Dio svolgeva, invitante, dalla Terra al Cielo. E poiché il tappeto non bastava, Ella lanciava il cuore cantando: “Venga il mio Diletto nel suo giardino e mangi il frutto dei suoi pomi… Il mio Diletto discenda nel suo giardino, all’aiuola degli aromi, a pascersi tra i giardini, a coglier gigli. Io son del mio Diletto, e il mio Diletto è mio, Egli che pasce fra i gigli!”. (Cantico dei cantici 5, 1; 6, 2-3; 4, 1.11.12; 8, 6-7)

E da lontananze infinite, fra torrenti di Luce, veniva una Voce quale orecchio umano non può udire, né gola umana formare. E diceva: “Quanto sei bella, amica mia! Quanto sei bella!… Miele stillano le tue labbra… Un giardino chiuso tu sei, una fonte sigillata, o sorella, mia sposa…”, e insieme le due voci si univano per cantare l’eterna verità: “L’amore è forte più della morte”. E la Vergine trasfigurava così… così… così… mentre scendeva Gabriele e la richiamava, col suo ardere, alla Terra, le riuniva lo spirito alla carne, perché Ella potesse intendere e comprendere la richiesta di Colui che l’aveva chiamata “Sorella” ma che la voleva “Sposa”

Ecco, là avvenne il Mistero… E una pudica, la più pudica di tutte le donne, Colei che neppure conosceva lo stimolo istintivo della carne, tramortì davanti all’Angelo di Dio, perché anche un angelo turba l’umiltà e la verecondia della Vergine, e solo si placò udendolo parlare, e credette, e disse la parola per cui il “loro” amore divenne Carne e vincerà la Morte, né nessun’acqua potrà estinguerlo, né malvagità sommergerlo… ». 
Gesù si china dolcemente su Maria che gli è scivolata ai piedi quasi estatica, nella rievocazione dell’ora lontana, luminosa di una luce speciale che pare le esali dall’anima, e le chiede sommessamente: «Quale la tua risposta, o Purissima, a chi ti assicurava che divenendo la Madre di Dio non avresti perduto la tua perfetta Verginità? »
E Maria, quasi in sogno, lentamente, sorridendo, con gli occhi dilatati per un pianto felice: «Ecco l’Ancella del Signore! Si faccia di me secondo la sua Parola », e reclina la testa sui ginocchi del Figlio, adorando. 
Gesù la vela col suo manto, nascondendola agli occhi di tutti, e dice: «E fu fatto. E si farà sino alla fine. Sino all’altra e all’altra ancora delle sue trasfigurazioni. Sarà sempre “l’Ancella di Dio”. Farà sempre come dirà “la Parola”. Mia Madre! Questa è mia Madre. Ed è bene che voi cominciate a conoscerla in tutta la sua santa Figura… Madre! Madre! Rialza il tuo viso, Diletta… Richiama i tuoi devoti alla Terra dove per ora siamo… », dice scoprendo Maria dopo qualche tempo, durante il quale non era rumore oltre al ronzio delle api e al chioccolio della piccola fonte. 


Maria alza il viso molle di pianto e sussurra: «Perché, Figlio, mi hai fatto questo? I segreti del Re sono sacri… ». 
«Ma il Re li può svelare quando vuole. (Come è detto in Tobia 12, 7) Madre, l’ho fatto perché sia compreso il detto di un Profeta: (Geremia 31, 22) “Una Donna chiuderà in sé l’Uomo”, e l’altro dell’altro Profeta: (Isaia 7, 14) “La Vergine concepirà e partorirà un Figlio”. E anche perché essi, che inorridiscono di troppe cose, per loro avvilenti, del Verbo di Dio, abbiano a contrappeso tante altre cose che li confermino nella gioia di essere “miei”. Così non si scandalizzeranno mai più e conquisteranno anche per ciò il Cielo… Ora chi deve andare alle case ospitali vada. Io resto con le donne e Marziam. Domani all’alba siano qui tutti gli uomini, ché voglio condurvi qui vicino. Poi torneremo a salutare le discepole per poi tornare a Cafarnao a radunare altri discepoli e invitarli dietro a queste »…  

segue 349. La Trasfigurazione sul monte Tabor...
http://www.scrittivaltorta.altervista.org/personaggi.htm

AMDG et DVM

lunedì 11 marzo 2019

Profezie di fuoco - Giuseppe Auricchia



E' cominciato il tempo dell'Anticristo"... Profezie di fuoco ad Avola su Scisma, Impostore, Falso profeta ed Anticristo
Chi desidera approfondire il discorso sui messaggi profetici di Avola consulti questo ALBUM: Avola, le profezie di fuoco trasmesse a Giuseppe Auricchia

**********

PROFEZIE SULLO SCISMA (estratti)

Avola, 24 dicembre 2002, Madonna

"Questi nemici di Dio adorano il Papa nero e lavorano per distruggere la Chiesa, che sarà il suo vero scisma (...) Dentro la Chiesa vi sarà una lotta spaventosa, ma durerà pochissimo tempo"

Avola, 25 aprile 2004, Madonna:

"Umanità, tu hai trasformato l’uomo come Dio. Umanità risorgi, ignora le sirene di questo mondo. Non vedi come è ridotto il mondo? Sono i demoni che vi trascinano e satana con i suoi demoni, che in questi tempi è libero di distruggere la Chiesa e l’umanità"

Lunedì 18 Settembre 2006, Madonna

"Voi con la vostra follia volete scuotere il trono del Mio Vicario e le fondamenta del Vaticano. Ipocriti sapienti, teologi, filosofi, scrittori moderni che fate minacce con azioni vandaliche per spaventare il mondo ma siete nulla senza Dio. Con la violenza troverete cose cattive e disumane. Dio vi guarda, orribile sarà la Sua giustizia. Non pensate di distruggere la Chiesa, potete solo perseguitarla e dare il martirio ai Miei figli, perché il vostro maestro è satana, e voi suoi servitori"

PROFEZIE SULL'IMPOSTORE (estratti)

Avola, 26 marzo 2006 Madonna:

"Vi invito a lasciare le cose vane di questo mondo, una sola è la via che dovete seguire, quella del Mio Divin Figlio che vi dice: Io sono la Via, la Verità, la Vita. Ascoltate queste parole immutabili, ma in verità vi dico: i lupi veraci sono entrati nell'ovile causando atroci dolori e sofferenze ai pastori della Chiesa. Il culto di DIO viene oltraggiato perchè l'impostore vuole appropriarsene. Molti di voi vi perdete facendo la sua volontà".

Avola, 28 marzo 2010 Madonna:

"Non gli credete, cercatemi nei luoghi tranquilli, umili, questi sono gli ambienti in cui parlo a voi, ai vostri cuori, e che voi non potete ascoltare nei luoghi dove vi sono rumori e difficoltà a discernere la voce che vi viene rivolta man mano che l'epoca malvagia peggiora, vedrete e capirete. Coloro che si sono allontanati seguiranno l'impostore. Fate attenzione! Non seguitelo! Non obbedite alle sue parole (...)"

Avola, 30 Maggio 2010 Madonna: "Il Mio resto fedele segue il Papa attuale, Benedetto XVI, che vogliono eliminare. Continuate a seguirlo e a rimanere fedeli a Lui e all'insegnamento della Mia Chiesa, stabilito dagli Apostoli. Non fatevi sviare dall'apostasia e dalle eresie. Vi dico che il prossimo Papa sarà l'impostore e le forze maligne stanno dietro a questo scisma. Figli Miei, siate preparati, cosi potete seguire quei sacerdoti fedeli al Papa e all'insegnamento della Chiesa. Preservate i santi messali e i libri della vecchia Santa Messa, perchè gli apostati cambieranno le parole drammatiche".

PROFEZIE SUL FALSO PROFETA (estratti)

Mammanelli, 19 marzo 1992, Madonna:

"Io sono il Signore Dio tuo. Non temere per il giorno 29, nessun falso profeta verrà qui a sfidare la Mia potenza"

Avola, 31 ottobre 2004, Madonna:

"Oh uomo, stai attento alla menzogna del maligno, che ti porta sofferenza! Il maligno sopprime il pensiero dell’uomo, il maligno si traveste da angelo di luce, in questi ultimi tempi il maligno si traveste da falso profeta, da falso sacerdote, da falso apostolo. Il maligno si traveste da Cristo vivente sulla terra. Non l’ascoltate, non gli credete!"

Avola, 6 Gennaio 2011 Signore Gesù:

"Essi mentono vergognosamente su di Me. Col potere dato dal dragone, essi assecondano l'odio implacabile e lo spirito di vendetta, facendo guerra a tutti i santi e a coloro che sono del gruppo, che rifiutano di adorare la statua della bestia e non gridano morte ai cristiani. Io sono venuto per ravvivare questa debole fiamma d’Amore, prima che il falso profeta la spenga tutta. Finita questa Pasqua, non sapete quando, il mondo tremerà per la Mia potenza. Rivoluzionerò ciò che Io stesso ho creato"

PROFEZIE SULL'ANTICRISTO (estratti)

31 Marzo 2006 Signore Gesù:

"In quei giorni terribili in cui dovrete rifugiarvi per la persecuzione dell'anticristo, che sono le forze del male, Io chiamerò i figli eletti, darò a loro la manna dal Cielo per portarla ai fratelli e sorelle per mantenerli in vita. Molti di questi figli eletti saranno i nuovi martiri della Chiesa"

29 Ottobre 2006 Madonna:

"Roma tu pagherai i tuoi peccati. L'Italia sede del Vicario di Cristo sarà umiliata perché il materialismo voluto da te sarà sempre più aggressivo. Roma, sarai in preda del peccato e perderai la tua fede e diventerai la sede dell’anticristo"

7 Novembre 2007 Signore Gesù:

"Tabernacoli, restate sempre sul sentiero stretto e diritto, conducete a Me la Mia gente, Io ricompenserò i vostri sforzi, è necessario mostrare alla gente come prepararsi alle aggressioni di questa epoca malvagia, preparatevi adesso, fate rispettare il Santo Vangelo in modo che vi può aiutare, più pregate per ricevere aiuto dagli Angeli, più vi avvicinate a loro, più essi potranno guidarvi durante il Regno dell'anticristo"

Avola, 25 Marzo 2010 San Michele Arcangelo

"Tra poco infurierà la lotta, non solo, vi sarà una grande guerra con le armi nucleari ma anche una guerra religiosa, la guerra contro l’anticristo. I vostri giornali, anche quelli cattolici, saranno ceduti e consegnati ai nemici di Dio, che cercano di distruggere la Chiesa. Voi avanzate nel giorni dell'Apocalisse e tutto ciò che è scritto sarà realizzato. Satana ha il controllo di molte alte autorità nella Mia Chiesa, quella di Dio, e nella città santa di Roma"

Avola, 11 Aprile 2010 Madonna

"Ora ti dico: avverti il clero, perché stanno preparando la strada per l'arrivo di colui che sarà il più grande del male, il rappresentante di tutto ciò che il principe delle tenebre può portare al mondo. Mi riferisco all’anticristo, egli porterà alla rovina completa l’umanità ed egli in questi tempi vive in mezzo a voi"

Avola, 17 Gennaio 2011 Madonna

"L'anticristo arriverà presto al potere. La Chiesa sotterranea non è molto lontana. (…) Molta gente morirà a causa della persecuzione, alcuni verranno perseguitati per la religione di Cristo, altri saranno perseguitati per vecchi rancori personali. A causa del peccato sempre più in crescita nel mondo vi saranno delle lotte infinite, conflitti spirituali aumenteranno quando l'anticristo entrerà in scena"

Avola, 29 Maggio 2011 Madonna:

"Tutti vogliono la pace ed applaudiranno la falsa pace, come oggi hanno applaudito l'unità del tuo Paese, mentre il popolo è diviso in tanti gruppi e i loro cuori sono pieni di odio. Tutto questo è rappresentato dall'anticristo. Ogni sua fase verrà in porto con la scusa di proteggervi, ma in realtà, è il suo mezzo per ottenere il vostro controllo e quello del mondo"

Avola, 26 Febbraio 2012 Signore Gesù:

"La chiesa in quei giorni odierà Maria e cercherà di distruggerla. E' cominciato il tempo dell'anticristo. L'anticristo non è satana e nemmeno un qualsiasi uomo, l'anticristo è la chiesa del mondo, la società che si è allontanata da Dio e dal Mio Vangelo, è la controgiochista di coloro che si sono serviti del mondo e non vogliono saperne della Croce e della sua grazia. In verità vi dico con dolore che all'ultima ora, trequarti della Mia Chiesa Mi rinnegherà, li dovrò togliere dal tronco come rami morti e cattiva lebbra immonda".

*************

I MESSAGGI PROFETICI DI AVOLA E IL VEGGENTE GIUSEPPE AURICCHIA: CREDIBILI? PARE PROPRIO DI SI...

NELLA VECCHIAIA UNA VOCAZIONE DECISIVA

Nessuno avrebbe mai pensato che Giuseppe Auricchia, onesto contadino e nonno felice, all'età di 74 anni sarebbe diventato uno dei più grandi e longevi veggenti del panorama internazionale.

Nella prima visione avvenuta il 24 luglio 1990 nel suo appezzamento di terreno a Mammanelli la Madonna appare su di un pino, la quale, prima ancora di dettare i suoi accorati messaggi, lo invita a pregare e a far pregare: “Ancora non ti ho detto chi sono: Io sono la Madre di Dio. Pregate, recitate il mio Rosario”.

Soltanto dieci anni dopo Gesù spiega al veggente come mai l'abbia chiamato, seppure in tarda età, a una così difficile missione. Dice Gesù: “Con Noè, un vecchio, Io rinnovai il mondo, con te, che annunzi le Nostre parole, rinnoverò (ancora) il mondo, perché avverrà tutto quello che la Mia SS.ma Madre ha detto a Lucia di Fatima”.

IL LUOGO DELLE APPARIZIONI

Le apparizioni Mariane sono avvenute nella tenuta di proprietà del veggente, un piccolo appezzamento di terreno sito in una contrada della provincia di Siracusa chiamata Mammanelli, dal siciliano Mammaneddi, è considerata adesso un vero luogo santo dai pellegrini che hanno assistito e tuttora assistono a particolari manifestazioni divine.

Il luogo delle apparizioni, situato sopra una collina la cui coltivazione a oliveto mandorleto e vigneto dona una ancora più suggestiva bellezza, è a due chilometri da Avola, piccolo comune della provincia di Siracusa. Non a caso si ricordi che proprio a Siracusa, nell'agosto del 1953 un'effige di gesso, raffigurante il Cuore Immacolato di Maria, incominciò a versare lacrime nella casa dei coniugi Iannuso, infatti la Madonna del Pino non mancherà di spiegare nel corso dei suoi messaggi la continuità di significati e di spiritualità tra Avola e Siracusa e soprattutto tra Avola e Fatima; continuità che si manifesta proprio attraverso il culto del Sacratissimo Cuore di Maria. Dice la Madonna in un messaggio: “Tu sai, figlio mio, che, come a Siracusa, in tanti altri luoghi ho dato al mondo il segno del mio amore, del mio Cuore Immacolato ed afflitto, versando lacrime per richiamare tutti al ravvedimento” (cfr. mess. del 25/08/1990). Infatti suggerisce poi che “su tutti i luoghi della terra dove Io (Maria) vengo è il seguito di Fatima” –importantissimo questo concetto!, ndr. (cfr. mess. del 15/08/1993).

I SEGNI CELESTI

Sono molti i segni che Dio ha dato a Mammanelli. Riteniamo opportuno elencarne alcuni che potranno servire non solo per il personale discernimento del lettore ma anche, più in generale, per il discernimento che dovrà fare in seguito la Chiesa locale.

1° La veridicità dei messaggi di Auricchia

Innanzitutto, trattandosi di una rivelazione privata con finalità pubblica, cioè per l'interesse di tutti, in modo particolare per i cristiani, bisogna valutare la bontà delle affermazioni contenute nei messaggi della Madonna del Pino. Essi, quindi, non devono essere frutti dell'invenzione creativa del veggente, né tanto meno devono avere altre fonti che non siano di origine divina. Riguardo al primo punto ci sembra significativo dimostrare che il veggente, non avendo terminato gli studi della quinta elementare, non potrebbe mai essere in grado di inventare ciò che scrive vista la complessità e l'elevatezza degli argomenti trattati. In merito al secondo punto riteniamo che la provata integrità morale del veggente, la fedeltà nella preghiera, personale e comunitaria, e la frequenza dei sacramenti non dovrebbero lasciare spazio a fonti che non siano di origine divina. Giuseppe Auricchia, infatti, è un cristiano di provata fedeltà, cresciuto in una famiglia religiosissima che ha dato alla Chiesa anche un figlio chiamato ad essere un sacerdote.

Ebbene in uno dei primi messaggi ricevuti da Auricchia la Madonna ha confermato con le Sue parole quanto finora dimostrato: “Molti vogliono vedermi, toccare con le loro mani, vedere dei segni. Ti dico che i miei segni (principali) stanno nelle Mie parole. Voi, che mancate di fede (si riferisce in particolare al clero avolese, ndr) siete come bambini; tu, figlio mio, che hai visto e ascoltato non puoi mentire, devi comprovare sempre che Io sono la Madre di Dio” (cfr. mess. del 6/01/1991).

2° Manifestazioni simboliche di tipo celeste

Oltre alla affidabilità dei messaggi di Auricchia vi sono anche dei segni esterni alla rivelazione privata, verificabili dall'intelligenza e alla vista di tutti, che sembrano comprovarne la veridicità. Tra quest'ultimi segni vi è la “visione”, avvenuta l' 8/12/1990 e vista da ben duemila persone, di una “nuvoletta” formatasi sull'alberello dell'apparizione che si muta prima in forma di colomba (simbolo di pace) e poi in forma di pesce (simbolo di Cristo), mentre uno stormo di colombe bianche fanno tre giri intorno al famoso pino per poi risalire in alto e svanire nel nulla.

3° Il miracolo del sole

Un'altra visione del 6/01/1991, definita “il miracolo del sole”, come è avvenuto a Fatima, è stato visto da una folla di 4 mila persone e registrato persino nel verbale del brigadiere di guardia all'immensa folla assiepata a Mammanelli. Significativa è la descrizione di una testimone del miracolo del sole guarita dopo l'evento soprannaturale: “Nel mese di gennaio del 1991 durante la visione del veggente Giuseppe Auricchia, tutti i presenti, me compresa, abbiamo avuto la grande gioia di assistere al miracolo del sole. Quando il sole, ad un certo punto, ha incominciato a girare ed abbassarsi, il calore era insopportabile. Sembrava la fine del mondo. Quando tutto rientrò nella normalità, mi toccai l'orecchio malato di otite cronica purulenta, che non mi faceva più male. Qualche giorno dopo feci la visita dal medico che mi confermò l'avvenuta guarigione”.
Nel suo diario personale il veggente così riportava l'evento meraviglioso: “Il sole girava vorticosamente nella volta celeste, come un gioco d'artificio in una fiera”.

4° Le stigmate visibili ed invisibili

Della vita mistica di Giuseppe Auricchia sappiamo ancora ben poco. Il suo diario non può essere ancora pubblicato e lui, pressato dalle nostre domande, il più delle volte tace e umilmente chiede il silenzio intorno alla sua persona, ma ciò che dice ripetutamente riguardo a Maria è che Ella deve essere onorata all'interno della SS.ma Trinità, come una “mistica Perla nell'Ostrica divina” (il veggente Auricchia è deceduto pochi anni f, nel 2012. Questo contributo è antecedente alla sua morte, ndr.).

Eppure, nonostante questo silenzio, più volte nell'arco dei dodici anni dall'inizio delle apparizioni il suo corpo si è totalmente identificato al Corpo di Cristo Crocifisso. Infatti sono state viste e fotografate le sue mani bucate come da due grossi chiodi. Riferisce una testimone oculare, la signora Tina Andolina: “Il primo agosto del 1993 alla cappella delle apparizioni ho visto disteso a terra il veggente sanguinante alle mani. Rianimatosi completamente, Giuseppe Auricchia ha ringraziato per la mia sollecitudine, ma non ha detto nulla di tutto ciò che gli era accaduto. Soltanto ho potuto fotografare le sue mani piagate con la mia immancabile Polaroid, che porto sempre con me”.

Conosciamo in parte le immense sofferenze che il veggente patisce per colpa dell'indifferenza del clero avolese al richiamo amorevole della Madonna e per le tante calunnie che girano intorno alla sua persona. Inoltre ultimamente ha avuto degli attacchi da parte di alcuni maghi della zona che si lamentano della poca clientela che hanno a causa della presenza miracolosa della Madonna ad Avola, nonché dei veri e propri tentativi di assassinio da parti di alcuni sconosciuti prontamente smascherati dalle profezie della Madre del Cielo. La Madonna ha sempre avvertito Giuseppe Auricchia delle difficoltà che avrebbe incontrato nella sua missione, garantendogli sempre la sua protezione e la sua guida. Negli ultimi tempi ha ricevuto pure il conforto spirituale di Padre Pio da Pietrelcina, che oltre a comunicargli importantissimi messaggi per la salvezza dell'umanità e per la salvaguardia del sacerdozio, guida Auricchia per le difficili vie della sofferenza e dell'immolazione per il ravvedimento dei peccatori e degli increduli.

5° Le guarigioni miracolose

Sono molte le guarigioni miracolose avvenute a Mammanelli ma soltanto alcune sono state pubblicate mentre molte altre sono tenute nel segreto non solo per il pudore di coloro che sono stati miracolati, ma anche per la paura di essere al centro di morbose curiosità o per il timore di mostrarsi risibili agli occhi di cristiani un po' troppo saccenti.

Il primo ad essere miracolato è stato proprio il veggente il quale era colpito all'epoca dell'inizio delle apparizioni da una forma di invecchiamento delle cellule cerebrali, che come fa notare il giornalista Marino Parodi, è “per lo più irreversibile”.

La signora Angela Castelli ha ricevuto a Mammanelli la grazia della pacificazione della famiglia di suo figlio.

Commovente è la storia della guarigione prodigiosa del professore Geraci Francesco di Reggio Calabria, affetto da una gravissima malattia: l'anoressia cerebrale progressiva. Riferisce il miracolato che “benché incredulo, tanto per non trascurare nessuna possibilità e alla ricerca di un po’ di pace, mi recai in quella campagna dove si diceva che apparisse la Madonna. Bene, io all'interno della cappella ho visto la Madonna in ginocchio e poi in piedi. E fuori ho visto Gesù Cristo! Venendo qui (a Mammanelli) con fede otteniamo ciò che vogliamo!"”.

6° Trasudazione di olio dalla Croce di legno e da una statua della Madonna

Questi sono gli ultimi segni concessi dal Cielo per il ravvedimento di chi finora è stato scettico nei confronti della missione di Giuseppe Auricchia. Entrambi i segni sono legati dal comune fenomeno di trasudazione di olio, ma mentre il primo, la trasudazione di olio dalla Croce di legno posta a sinistra della cappella è avvenuta nel giugno 2000 alla presenza di decine di testimoni e non si è ripetuta più, la trasudazione della statua della Madonna invece è iniziata il 26/08/2001 e non cesserà sino a quando, come dice la Madonna: “non lo vedranno tutti” (cfr. mess. 06/01/2001).

I due segni dell'olio sono molto significativi per la conferma straordinaria della presenza di Dio a Mammanelli. Grazie ai messaggi ricevuti in seguito al manifestarsi di questi segni siamo a conoscenza dell'enorme importanza rivestita dall'olio soprannaturale il quale è stato analizzato da un laboratorio di analisi ed è risultato essere olio d'oliva purissimo. Dai messaggi sappiamo che l'olio è “un segno d'amore” (cfr. mess. 26/08/2001), che “va conservato come un tesoro”perché “servirà nel giorno della vostra tribolazione” (cfr. mess. 02/09/2001). L'olio “deve essere moltiplicato” (cfr. mess. 7/10/2001) e “distribuito a tutti i fedeli affinché sia riconosciuto il segno divino” (cfr. mess. 21/03/2002).

Un'inquietante ammonimento pesa sugli increduli che non riconosceranno le apparizioni della Madonna del Pino, perché Gesù Cristo ha detto che la statua “potrà trasudare sangue per colpa vostra che La rinnegate” (cfr. mess. 04/10/2001). Saranno i figli di Maria così indifferenti e ingrati di fronte a tanti prodigiosi segni da farLa piangere sangue? Sapranno i figli prediletti di Maria, cioè il vescovo e i sacerdoti, riconoscere in tempo l'azione materna, mediatrice e corredentrice, della Madonna prima della annunciata tribolazione?

LE OPERE NATE DALLA MADONNA DEL PINO

Un luogo così sacro al Signore e alla Madonna non poteva non avere un'attenzione particolare da parte dei devoti più assidui. Vista tale attenzione Giuseppe Auricchia ha avuto la felice idea di fondare nel febbraio del 2000 l'Associazione Vergine Maria SS.ma del Pino che ha come scopo di accogliere i pellegrini, di formare moralmente e spiritualmente gli associati e soprattutto ha lo scopo di diffondere il messaggio mariano rivelato attraverso Auricchia





AMDG et DVM

Omelia di sant'Ambrogio sulla parabola del Figlio Prodigo

Risultati immagini per rembrandt figliol prodigo

Lettura del santo Vangelo secondo Luca
Luca 15:11-32
In quell'occasione: Gesù disse ai farisei e agli scribi questa parabola: Un uomo aveva due figli: e il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. Eccetera.

Omelia di sant'Ambrogio Vescovo
Libro 8 Comm. al cap. 15 di Luca, dopo il principio
Vedi, che il patrimonio divino si dà a quelli che lo domandano. Non pensare che il padre abbia commesso colpa dando porzione dei suoi beni al figlio più giovane. Ogni età è atta al regno di Dio: e la fede non dipende dagli anni. Certo questo giovane che domandò la sua parte, si giudicò capace di conservarla. E volesse Dio che non si fosse allontanato dal padre, egli non avrebbe conosciuto le difficoltà che incontrò la sua giovinezza. Ma dopo che, abbandonata la casa paterna, se ne fu andato lontano, cominciò a soffrir miseria. Si ha ragione dunque di dire che sperpera il suo patrimonio chi si allontana dalla Chiesa.

«Se ne andò in un paese lontano» Luc. 15,13. Quale allontanamento maggiore da sé, che degradarsi; essere separato dai giusti) non da frontiere ma dai costumi: essere diviso non dai continenti, ma dagli affetti; essere in disunione coi Santi, perché la febbre dei piaceri del mondo si frappone, per così dire, tra essi e noi? Difatti chi si separa da Cristo, è esiliato dalla patria celeste, e diviene cittadino del mondo. «Ma noi non siamo forestieri e pellegrini, sibbene siamo concittadini dei Santi e della famiglia di Dio» (Ephes. 2,19. «E benché un tempo lontani, ci siamo riavvicinati per il sangue di Cristo» Ephes. 2,13. Non invidiamo chi ritorna da un paese lontano: perché anche noi siamo stati in un paese lontano, come insegna Isaia. Infatti vi trovi così: «Per quelli che sedevano nella regione delle tenebre della morte s'è levata una luce» Is. 9,2. Questa regione lontana è dunque la tenebra della morte.

Ma noi che abbiamo davanti agli occhi Cristo Signore, ch'è come l'anima della nostra anima, viviamo all'ombra di Cristo. E perciò la Chiesa canta: «All'ombra di lui ch'è il mio desiderio, io m'assisi» Cant. 2,3. Egli dunque menando vita dissoluta, perdé la grazia, ch'è tutto l'ornamento della nostra natura. Perciò tu che hai impressa l'immagine di Dio, e che hai la sua somiglianza, non volerla distruggere colla lordura del peccato indegna d'una creatura ragionevole. Sei opera di Dio: non voler dire a un pezzo di legno: Tu sei mio padre, per non divenire simile al legno degli idoli), essendo scritto: «Diventino simili ad essi quelli che li fanno» (Ps. 113,8.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


Preghiamo
Signore, dà ai nostri digiuni un'efficacia salutare: affinché l'intrapresa mortificazione della carne, serva a rinvigorire le anime nostre.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.




AMDG et DVM

Video immortale di rara bellezza pur nella sua tragicità

PAGINE COSI' BELLE SI INCONTRANO SOLO IN MARIA VALTORTA

DE CAFARNAUM A NAZARET CON 

MANNAÉN Y LAS DISCÍPULAS

VI. 217-228
A. M. D. G. et DVM

LOS NIÑOS RECIBEN ALBOROZADOS A JESÚS

Cuando ponen pie en la playa de Cafarnaum un griterío de niños los recibe, que asemejan a las golondrinas ocupadas en edificar sus nidos, por los veloces que corren, lanzando al aire sus grititos, de la playa a sus casas, contentos, felices ante el espectáculo maravilloso, que puede provocarles un pescado muerto sobre la ribera, una piedrecita que las ondas han pulido, por su color que parece una piedra preciosa o por la flor descubierta entre dos piedras, o por el escarabajo tornasol que capturaron cuando volaba. Todo esto y algo más es causa para ir a ver a las mamás para que con ellos se alegren.
Estas golondrinitas son de carne humana y han visto a Jesús, y todos corren a El, al poner un pie sobre la playa. Es una avalancha de cariño, una cadena suave de tiernas manecitas, un amor de corazones infantiles, que se estrecha, que rodea, que danza alrededor de su amigo.
"¡Yo! ¡Yo!"
"¡Un beso!"
"¡A mí!"
"¡También a mí!"
"¡Jesús, te amo mucho!"
"¡No te vayas por tanto tiempo!"
"¡Venía todos los días aquí para ver si ya habías llegado!"
"¡Yo iba a tu casa!"
"Ten esta flor. Era para mi mamá, pero te la doy."
"¡Otro beso más fuerte! El de antes no me tocó porque Yael me empujó para atrás..." Y las vocecitas continúan, mientras que Jesús trata de caminar en medio de esa muestra de cariño.
"¡Dejadlo en paz un poco! ¡Fuera! ¡Basta!" gritan discípulos y apóstoles, tratando de limpiar el camino. ¡Pero imposible! ¡Parecen yedras que tuvieran ventosas! No se separan. Antes bien más se estrechan.
"¡Dejadlos, dejadlos! Llegaremos con paciencia" dice sonriente Jesús, y da pasos verdaderamente cortos para no pisar algún piecito desnudo.

LLEGA MANNAÉN CON OTROS DISCÍPULOS, ENTRE 
LOS QUE HAY LOS PASTORES QUE ESTABAN EN JUDEA.

Pero quien logra separarlos es la llegada de Mannaén con otros discípulos, entre los que hay los pastores que estaban en Judea.
"¡La  paz sea contigo, Maestro!" dice con voz fuerte Mannaén en medio de su espléndido vestido, pero sin los adornos de oro en la frente y en los dedos. Trae sin embargo, una magnífica espada a la cintura que provoca la admiración temerosa de los niños, quienes, ante este gallardo caballero vestido de púrpura y con un arma que resplandece, se separan atemorizados. Sólo así Jesús puede abrazarlo y abrazar a Elías, Leví, Matías, José, Juan, Simeón y no sé a cuántos más.
"¿Cómo aquí? ¿Cómo supiste que había desembarcado?"
"Lo supe por los gritos de los niños. Atravesaron los muros como flechas de alegría. Vine aquí, pensando que tu viaje a Judea está próximo y que ciertamente tomarán parte las mujeres... Quiero también estar presente... Para protección tuya, Señor, si no es demasiada soberbia el pensarlo. Hay mucha efervescencia en Israel contra Ti. Es doloroso decirlo, pero no creo que lo ignores." Hablando de este modo llegan a casa y entran.

LAS NUEVAS DE LO QUE HACES HAN PENETRADO HASTA 
LAS INMUNDAS MURALLAS DE MAQUERONTE, 
LOS SUNTUOSOS REFUGIOS DE HERODES, 
BIEN SEAN 
EL PALACIO DE TIBERÍADES, LOS CASTILLOS DE HERODÍAS 
O LA ESPLÉNDIDA MANSIÓN REAL DE LOS ASMONEOS 
CERCA DEL SIXTO.

Mannaén continúa su discurso después que el dueño de casa y su mujer han venerado al Maestro. "La efervescencia e interés acerca de tu persona han llegado por doquier, despertando la atención aun de los más ignorantes y apáticos. Las nuevas de lo que haces han penetrado hasta las inmundas murallas de Maqueronte, los suntuosos refugios de Herodes, bien sean el palacio de Tiberíades, los castillos de Herodías o la espléndida mansión real de los Asmoneos cerca del Sixto. Como ondas de luz de fuerza superan las barreras de tinieblas y bajeza, abaten las montañas de pecados, colocados como trincheras, para protección de los amores sucios de la corte y de delitos sin nombre, flechan como rayos de fuego escribiendo palabras más duras que las del convite de Baltasar, sobre las licenciosas paredes de las alcobas, de las salas del trono, y de las de los banquetes. Gritan tu Nombre, tu potencia, tu naturaleza, tu misión. Y Herodes tiembla de miedo. Herodías se retuerce en sus lechos, temerosa de que seas el Rey vengador que le arrebatará sus riquezas e inmunidad, si no la vida, entregándola en manos de la plebe que se vengará de sus muchos crímenes. La corte se estremece de miedo. Y eso por Ti. Tienen miedo, y miedo de lo desconocido. Desde que cayó la cabeza de Juan parece como si un fuego consumiera las entrañas de sus asesinos. No gozan ni siquiera de la mísera paz de antes, paz de cerdos satisfechos de crápulas, que buscan silencio a los reproches de su conciencia en la embriaguez e inmoralidad. No hay cosa alguna que pueda traerles paz... se sienten perseguidos. Se odian después de sus amores, satisfechos el uno de la otra, se echan en cara el haber cometido el crimen que los perturba, que ha sobrepasado toda medida. Salomé, como si fuera presa de un demonio, está bajo un erotismo que degradaría a una esclava de las minas. El palacio huele peor que una cloaca.

MUCHAS VECES HERODES ME HA PREGUNTADO POR TI, 
Y CADA VEZ LE HE RESPONDIDO: 
"PARA MÍ ES EL MESÍAS, 
EL REY DE ISRAEL DE LA ÚNICA ESTIRPE: 
LA DE DAVID. 
ES EL HIJO DEL HOMBRE PREDICHO POR LOS PROFETAS, 
ES EL VERBO DE DIOS, EL QUE POR SER EL MESÍAS, 
TIENE EL DERECHO DE REINAR 
SOBRE TODO SER VIVIENTE"

Muchas veces Herodes me ha preguntado por Ti, y cada vez le he respondido: "Para mí es el Mesías, el Rey de Israel de la única estirpe: la de David. Es el Hijo del hombre predicho por los profetas, es el Verbo de Dios, el que por ser el Mesías, tiene el derecho de reinar sobre todo ser viviente". Y él muerto de pavor tomándote como al Vengador. Trata de arrojar de sí el miedo, el grito de su conciencia que le destroza, gritando -pues los cortesanos para consolarlo dicen que Tú eres Juan, que en verdad no ha muerto, y con esto lo hacen temblar más de horror, o bien Elías, o alguno de los anteriores profetas- gritando: "¡No, no puede ser Juan! A él lo mandé decapitar, y su cabeza la tiene bien guardada Herodías. No puede ser uno de los profetas. No se vuelve a la vida, una vez muerto. No puede ser ni siquiera el Mesías. ¿Quién lo afirma? ¿Quién dice que lo es? ¿Quién se atreve a decirme que El es el Rey de la única estirpe real? ¡Yo soy el rey! Y no otros. El Mesías fue muerto por Herodes el grande. En medio de un mar de sangre murió ahogado, apenas había nacido. Fue degollado como un corderito... y tenía pocos meses. ¿Oyes cómo llora? Su balido me grita siempre dentro de la cabeza junto con el rugido de Juan: 'No te es lícito'... ¿Que no me es lícito? Todo me es lícito porque soy el rey. Que traigan vino y mujeres, si Herodías rehúsa mis abrazos, que dance Salomé para despertar mis sentidos adormecidos con tus temerosas noticias". 

SE EMBRIAGA ENTRE LAS ADULACIONES DE LA CORTE, 
MIENTRAS QUE EN SUS HABITACIONES LA MUJER 
INSENSATA AÚLLA  SUS BLASFEMIAS CONTRA 
EL MÁRTIR Y SUS AMENAZAS CONTRA TI.

Se embriaga entre las adulaciones de la corte, mientras que en sus habitaciones la mujer insensata aúlla  sus blasfemias contra el mártir y sus amenazas contra Ti. Y en las que lanza Salomé reconoce lo que significa haber nacido del pecado de dos sensuales, de haber cooperado con un crimen, alcanzándolo con entregar su cuerpo a las ansias de un desenfrenado. Después Herodes vuelve en sí, y quiere saber algo de tu persona, quisiera verte, y por esto permite que venga a Ti con la esperanza de que te lleve donde él, cosa que jamás haré para no llevar tu santidad a un antro de fieras inmundas. Herodías querría echar sobre Ti sus manos para golpearte, herirte. Lo dice con su estilo en las manos... Quisiera Salomé, que te ha visto, sin que lo hubieras sabido, en Tiberíades, el pasado Etamim, y que enloquece por Ti...
¡Esto es el palacio, Maestro! Estoy allí, porque así me entero de lo que piensan acerca de Ti."
"Te lo agradezco, y el Altísimo por ello te bendice. También esto es servir al Eterno en sus decretos."
"Lo había pensado, y por esto he venido."

"MANNAÉN, PORQUÉ HAS VENIDO, TE PIDO UNA COSA.  
NO VAS A BAJAR CONMIGO A JERUSALÉN SINO 
CON LAS MUJERES. ...
COMPRENDO QUE ES UN SACRIFICIO, PERO ESTAREMOS 
JUNTOS EN JUDEA. NO ME LO NIEGUES, AMIGO MÍO."

"Mannaén, porqué has venido, te pido una cosa.  No vas a bajar conmigo a Jerusalén sino con las mujeres. Yo voy con estos por caminos desconocidos, por donde no me podrán hacer ningún mal. Las mujeres están indefensas, y quien las acompaña tiene un corazón amable y acostumbrado a ofrecer la otra mejilla a quien le ha herido en la otra. Tu presencia será una protección segura. Comprendo que es un sacrificio, pero estaremos juntos en Judea. No me lo niegues, amigo mío."
"Señor, cualquier deseo tuyo es orden para tu siervo. Estoy al servicio de tu Madre y de las condiscípulas desde este momento hasta el que Tú quieras.
"Gracias. También esta obediencia tuya se escribirá en el cielo. Ahora, mientras esperamos las barcas para todos, dediquemos nuestro tiempo en curar a los enfermos que me esperan."

JESÚS CURA A LOS ENFERMOS

Jesús desciende al huerto donde hay camillas o enfermos y los sana rápidamente, mientras acepta los homenajes de Yairo y de pocos amigos de Cafarnaum.
Las mujeres -son Porfiria y Salomé, además la mayor de edad, la mujer de Bartolomé, y la que le sigue, la de Felipe con sus hijas- se dan en preparar la comida para la numerosa multitud de discípulos que calmarán su hambre con los peces que Betsaida y Cafarnaum ofrecieron. Se ponen a partir los vientres plateados, todavía palpitantes. Se oye cómo caen en las palanganas de agua, cómo se tuestan sobre las parrillas, entre tanto que Marziam con otros discípulos sopla al fuego y traen cántaros de agua que necesitan las mujeres.

Y COMO SE HAN ALQUILADO LAS BARCAS PARA 
TRANSPORTAR A TANTA GENTE, NO HAY MÁS QUE 
EMBARCARSE PARA MÁGDALA SOBRE UN LAGO 
ENCANTADOR.

Pronto termina la comida. Y como se han alquilado las barcas para transportar a tanta gente, no hay más que embarcarse para Mágdala sobre un lago encantador. ¡Qué sereno está! ¡Qué bello con sus riberas de color esmeralda!
Se abren hospitalarios los jardines y casa de Mágdala que acogen al Maestro y discípulos cuando el sol brilla en su zenit, cuando toda Mágdala se vuelva a saludar al Rabí que se dirige a Jerusalén.
Las frescas pendientes de las colinas galileas escuchan la marcha alegre de los fieles de Jesús, a quienes sigue un carro donde vienen Juana, Porfiria, Salomé, la mujer de Bartolomé y de Felipe, sus dos jóvenes hijas, María y Matías, que apenas si pueden reconocerse de lo que eran hace apenas cinco meses.
Marziam gallardo marcha con los adultos. Más bien, por voluntad de Jesús, se encuentra en el grupo apostólico entre Pedro y Juan, y no pierde palabra alguna de las que dice Jesús.
El sol brilla en medio de un firmamento limpísimo. Los bosques traen hasta aquí sus aromas de menta, violetas, de los primeros lirios, de rosales, y sobre todo, ese olor fresco, de almendros que florecen, que por donde quiera esparcen pétalos. Van caminando en medio de un trinar de pajarillos, entre cánticos de seres que se buscan, que se aman, en medio de balidos de corderitos que buscan la leche materna, o que corretean por entre la tierna hierba.

LAS MUJERES TRAEN REGALOS PARA MARÍA. 
TODAS LA AMAN

Como después de Nazaret viene Caná, Susana se les uno. Trae artículos de su tierra en cestas y vasos, y un ramo de rosas en botón "que quiere ofrecer a María" según dice.
"También yo" dice Juana, descubriendo una especie de caja donde hay rosas frescas entre húmedo musgo: "Las primeras y las más hermosas. ¡Son siempre una nada para Ella a quien tanto amamos!"
Veo que todas las mujeres han traído cosas para el viaje pascual. Algunas también esta flor, otras aquella planta para el huerto de María y Porfiria se excusa de no haber traído sino un vaso de alcanfor, que resplandece entre sus pequeñuelas hojas azules que despiden su aroma con tocarlas. "María deseaba esta planta balsámica..." dice. Todas alaban su hermosura.
"¡Oh, la cuidé durante todo el invierno, defendiéndola del hielo, del granizo en mi habitación! Marziam me ayudaba a ponerla al sol por la mañana y a meterla por la tarde... Ese muchacho, si no hubiera habido barca o carreta, se la hubiera cargado sobre las espaldas para llevarla a María, haciendo a Ella y a mí un favor..." dice la humilde mujer que cada vez tiene más confianza con la buena  de Juana, y que no cabe de alegría por ir a Jerusalén con el Maestro, con su marido y con su Marziam.

PORFIRIA, LA MUJER DE PEDRO, HABLA DE SÍ

"¿Nunca habías estado?"
"Fui cada año cuando vivió mi padre, pero luego... Mi madre no fue más... Mis hermanos me hubieran llevado, pero tenía que quedarme con mi madre, que no me dejaba ir. Después me casé con Simón... y nunca he estado buena de salud. Simón hubiera empleado mucho tiempo en el viaje, y le daba  fastidio... Me quedaba en casa a esperarlo... El Señor veía mi deseo... y era como si le ofreciera el sacrificio en su templo..." responde la dulce mujer de Pedro.
Juana que la tiene cerca le pone una mano sobre sus bellas trenazas, diciéndole: "¡Querida!" Y en esta palabra hay encerrado tanto amor, tanta comprehensión.

ALLÍ ESTÁ NAZARET... ALLÁ LA CASA DE MARIA DE ALFEO 
QUE HA ABRAZADO YA A SUS HIJOS Y LUEGO CORRE  
A ABRAZAR A JESÚS... 

Allí está Nazaret... allá la casa de Maria de Alfeo que ha abrazado ya a sus hijos; y con las manos que tiene mojadas de la ropa que está lavando, los acaricia, y luego corre, secándoselas en el delantal, a abrazar a Jesús... Allí está la casa de Alfeo de Sara, y luego la de María. Alfeo dice al nietecillo más grande que corra a anunciarle a María, entre tanto que él a pasos largos se dirige a Jesús sin dejar en el suelo a los nietecillos que lleva en los brazos y lo saluda, presentándoselos como si fueran un manojo de flores. María se asoma a la puerta, al sol, con su vestido casero de azul claro, un poco desteñido. El oro de sus cabellos brilla sobre su frente virginal, y sobre su nuca las trenzas. Se echa en los brazos de su Hijo a quien besa.
Los otros se detienen prudentes para dejarlos libres en el primer momento. Pero Ella al punto se separa, y vuelve su mirada, que está sonrosada por la sorpresa y luminosa por su bella sonrisa, saluda con su argentina voz. "La paz sea con vosotros, siervos del Señor y discípulos de mi Hijo. La paz sea con vosotros, hermanas en el Señor" y da un beso a las discípulas que han bajado de la carreta.

MARÍA SALUDA A TODOS LOS PEREGRINOS

"¡Oh, Marziam, ahora no podré tenerte más entre mis brazos! Eres un hombre hecho. Pero ven a la Mamá, que un beso te puedo dar todavía. ¡Querido! Dios te bendiga, te haga crecer en sus caminos, fuerte como crece tu juvenil cuerpo, y mucho más todavía. Hijo mí, debemos llevarlo donde su abuelo. ¡Será feliz al verlo!" dice volviéndose a Jesús.
Luego abraza a Santiago y a Judas de Alfo. Les da la noticia que tal vez estaban esperando. "Este año Simón viene conmigo, como discípulo del Maestro. Me lo ha prometido."
Después saluda a uno por uno de los más conocidos, y para cada uno tiene una palabra. Jesús presenta a Mannaén y dice que irá como escolta en su viaje a Jerusalén.
"¿No vienes con nosotros, Hijo?"
"Madre, tengo otros lugares que evangelizar. Nos veremos en Betania."

"HÁGASE TU VOLUNTAD AHORA Y SIEMPRE. GRACIAS, 
MANNAÉN. TÚ ERES NUESTRO ÁNGEL HUMANO, 
COMO LOS ÁNGELES DEL CIELO NUESTROS CUSTODIOS. 
ESTAREMOS SEGURAS COMO SI ESTUVIÉSEMOS 
EN EL SANTO DE LOS SANTOS."

"Hágase tu voluntad ahora y siempre. Gracias, Mannaén. Tú eres nuestro ángel humano, como los ángeles del cielo nuestros custodios. Estaremos seguras como si estuviésemos en el Santo de los Santos." Y da su manita a Mannaén en señal de amistad. El, que ha crecido en el fausto de la corte, se arrodilla a besar la gentil mano que se le ofrece.
Entre tanto han descargado las flores y cuanto tiene que quedarse en Nazaret. Llevan el caballo al establo de la ciudad.

La casita parece un rosal por las rosas que por todas partes han esparcido las discípulas, pero la planta de Porfiria, que han colocado sobre la mesa, es la que atrae la admiración de María que hace que la lleven a un lugar conveniente según ha dicho la mujer de Pedro. Es claro que no pueden entrar todos dentro la casita, ni en el huerto, que no es una hacienda, pero que parece subir al cielo sereno, hacerse aéreo, por las nubecillas de flores que hay en las plantas del jardincito. Judas de Alfeo, sonriendo, pregunta a María: "¿Has cortado también tu ramo para tu ánfora?"
"¡Claro, Judas! Lo estaba contemplando cuando llegasteis..."
"Y soñabas en tu lejano misterio, Mamá" añade Jesús abrazándola contra su pecho con el brazo izquierdo.
María levanta su rostro colorado y suspira: "¡Sí, Hijo mío!... ¡Y soñaba en el primer palpitar de tu corazoncito en mí!..."
Ordena Jesús: "Que se queden las discípulas, los apóstoles, Marziam, los discípulos pastores, el sacerdote Juan, Esteban, Hermas y Mannaén. Los otros vayan a buscar alojo en otras casas..."

SIMÓN DE ALFEO OFRECE SU CASA A PARTE DE LOS 
PEREGRINOS

"Muchos pueden estar en la mía..." grita desde el umbral, que está impedido, Simón de Alfeo. "Soy condiscípulo y los reclamo."
"¡Oh, hermano, ven, para que te dé el beso de paz!" dice expansivo Jesús, mientras Alfeo de Sara, Ismael, Aser, los dos discípulos, los de los burros de Nazaret, dicen también: "¡Venid a nuestra casa, venid!"
Los discípulos que no oyeron su nombre, se van y se cierra la puerta... que nuevamente abren, porque ha llegado María de Alfeo que no puede estar lejos, aun cuando no termine su lavado. Hay casi de cuarenta personas. Se desparraman por el tibio y tranquilo huerto, hasta que llega la hora de comer. Todos alaban el buen gusto en preparar los platillos, y los saborean con placer, sabiendo que los preparó María.
Regresa Simón, después de haber acomodado a los discípulos dice: "No me llamaste como a los otros, pero como soy tu hermano, me quedo."



"¡BIEN HECHO, SIMÓN! 
OS HE QUERIDO AQUÍ PARA DAROS A CONOCER A MARÍA. 
MUCHOS DE VOSOTROS CONOCÉIS A LA "MADRE" MARÍA, 
ALGUNOS A LA "ESPOSA" MARÍA. 
PERO NADIE CONOCE A LA "VIRGEN" MARÍA.

"¡Bien hecho, Simón! Os he querido aquí para daros a conocer a María. Muchos de vosotros conocéis a la "madre" María, algunos a la "esposa" María. Pero nadie conoce a la "virgen" María. Os la quiero presentar en este jardín floreado al que vuestro corazón viene por el deseo de volverlo a ver, o para descansar después de las fatigas del apostolado.
Os oí hablar a todos vosotros, apóstoles, discípulos, parientes sobre mi Madre. He escuchado vuestros sentimientos, recuerdos, juicios. Os transformaré todo ello que es digno de admiración, en algo sobre humano, en un conocimiento sobrenatural. Mi Madre, antes que Yo, se transfigura a los ojos de los más merecedores, para que puedan verla como es. Vosotros veis a una mujer sencilla. Una mujer que por su santidad parece diversa de las demás, pero que en realidad la veis como un alma en un cuerpo, como todas las demás de su sexo. Ahora quiero descubriros el alma de mi Madre. Su verdadera y eterna belleza.

ESCUCHAD LA PRIMERA TRANSFIGURACIÓN
 DE MARÍA

VEN AQUÍ, MADRE MÍA. NO TE SONROJES. NO TE RETIRES, 
HERMOSA PALOMA DE DIOS. 
TU HIJO ES LA PALABRA DE DIOS, Y PUEDE HABLAR DE TI, 
DE TU MISTERIO, DE TUS MISTERIOS, 
¡OH SUBLIME MISTERIO DE DIOS!

Ven aquí, Madre mía. No te sonrojes. No te retires, hermosa paloma de Dios. Tu Hijo es la Palabra de Dios, y puede hablar de ti, de tu misterio, de tus misterios, ¡oh sublime misterio de Dios! Sentémonos aquí, bajo la suave sombra de árboles en flor, cerca de la casa, cerca de tu santa habitación. Así. Levantemos esta tienda que ondea, y salgan ondas de santidad y de paraíso de esta habitación virginal, para que nos llene a todos de ella... Sí, también a Mí. Que perciba tus perfumes, Virgen perfecta, para poder soportar los hedores del mundo, para poder ver candor después de haber saciado mis pupilas con el tuyo... Aquí, Marziam, Juan, Esteban, discípulas, en frente a la puerta abierta de la casta morada de la Casta entre todas las mujeres. Vosotros amigos, detrás... ¡Aquí, a mi lado, amada Madre mía!

"LA ETERNA BELLEZA DEL ALMA DE MI MADRE". 
SOY LA PALABRA Y POR ESTO NO PUEDO EQUIVOCARME 
EN EL EMPLEO DE LOS TÉRMINOS. DIJE: 
ETERNA, NO INMORTAL. Y NO SIN RAZÓN LO HE DICHO.

Hace poco os decía: "la eterna belleza del alma de mi Madre". Soy la Palabra y por esto no puedo equivocarme en el empleo de los términos. Dije: eterna, no inmortal. Y no sin razón lo he dicho. Inmortal es lo que habiendo nacido no muere más. De este modo el alma de los justos es inmortal en el cielo, el alma de los pecadores es inmortal en el infierno, porque el alma creada, no muere más que a la gracia. El alma tiene una vida, existe desde el momento que Dios la piensa. Es el Pensamiento de Dios quien la crea. El alma de mi Madre desde siempre ha sido pensada por Dios, por esto es eterna en su belleza, en la que Dios ha derramado toda perfección para delicia y consuelo.

SEGÚN EL LIBRO DE SALOMÓN, NUESTRO ANTEPASADO, 
QUE TE VIO, Y POR LO TANTO PROFETA TUYO 
PUEDE DECIRSE: 

"DIOS ME POSEYÓ AL PRINCIPIO DE SUS OBRAS, 
DESDE EL INICIO, ANTES DE LA CREACIÓN. 
AB AETERNO FUI DECRETADA, 
ANTES DE QUE HUBIERA SIDO HECHA LA TIERRA.

Según el libro de Salomón, nuestro antepasado, que te vio, y por lo tanto profeta tuyo puede decirse: "Dios me poseyó al principio de sus obras, desde el inicio, antes de la creación. Ab aeterno fui decretada, antes de que hubiera sido hecha la tierra. Todavía no existían los mares y había sido yo concebida. Todavía no brotaban los manantiales, ni las montañas habían encontrado sus bases y ya existía yo. Antes de las colinas nací. No había hecho todavía la tierra, ni los ríos, ni los quicios del mundo, y ya existía yo. Cuando preparaba los cielos y el Cielo, estaba ya presente. Cuando con leyes inviolables cerró la cubierta del abismo, cuando hizo que el firmamento celestial se quedase firme en lo alto y quedaran suspendidas las aguas, cuando al mar le puso sus límites y dio leyes a las aguas de que no los rebasasen,cuando echaba los cimientos de la tierra, estaba con El para poner orden en todas las cosas. Alegre y feliz siempre ante El. Me divertía yo en el universo"

!SÍ, OH MADRE A QUIEN DIOS, EL INMENSO, EL SUBLIME, 
EL INCREADO, LLEVÓ DENTRO DE SÍ! QUE TE LLEVÓ 
COMO UN PESO DULCÍSIMO

!Sí, oh Madre a quien Dios, el Inmenso, el Sublime, el Increado, llevó dentro de Sí! Que te llevó como un peso dulcísimo, lleno de júbilo porque te sentía palpitar, que le enviabas sonrisas con las que hizo la creación. El tuvo que desprenderse de ti para darte al mundo, alma delicadísima, nacida purísima para ser la "Virgen". Perfección de lo creado, luz del paraíso, consejo de Dios, que al mirarte pudo perdonar la culpa, porque tu sola, por ti sola, sabes amar como no lo hará jamás todo el linaje humano. ¡En ti el perdón de Dios! ¡En ti la medicina de Dios! ¡Tú caricia del Eterno en la herida que el hombre le hizo! ¡En ti la salvación del mundo, Madre del amor encarnado, del Redentor enviado! ¡El alma de mi Madre! ¡Hecho una sola con el Amor en mi Padre, yo te miraba dentro de Mí, oh alma de mi Madre!.... Tu resplandor, tu plegaria, la idea de que me llevaría me consolaban siempre de mi destino de dolor, de experiencias inhumanas, de lo que es el mundo corrompido. ¡Gracias, oh Madre! Llegué satisfecho al pensar en tus consuelos. ¡Descendí sintiéndote a ti sola! ¡Tu, perfume! ¡Tu, canto! ¡Tu, amor!... ¡Alegría, júbilo mío!

ESCUCHAD LA SEGUNDA TRANSFIGURACIÓN DE MARÍA, LA ELEGIDA DE DIOS.

Ahora que habéis escuchado, ahora que sabéis que una sola es la mujer en que no hay mancha, una sola la creatura que no hiere al Redentor, escuchad la segunda transfiguración de María, la elegida de Dios.
Era una tarde serena de Adar. Había flores en los árboles del huerto silencioso, y María, prometida de José, había cortado un ramo del árbol en flor para cambiarlo por el anterior que había en la habitación. Hacía poco que había llegado a Nazaret, del templo para honrar una casa de santos. Y con el alma dividida entre el templo, su casa y el cielo, miraba el ramo en flor, pensando que uno semejante, que se había abierto de improviso, un ramo cortado en este jardincito en lo duro del invierno, que había florecido como en primavera delante del Arca del Señor -tal vez le había dado luz y calor el Sol-Dios, radiante en su gloria- le había manifestado su voluntad... Y pensaba todavía que en el día de las nupcias José le había llevado otras flores, pero nunca semejante a la flor en  cuyos pétalos vio escrito: "Quiero que te cases con José"... Pensaba tantas cosas... y pensando subió a Dios. Sus manos trabajaban en la rueca y el huso. Hilaban un hilo más sutil que el cabello más fino de su juvenil cabeza...
Su alma tejía una alfombra de amor, siempre solícita en ir de la tierra al cielo, de los quehaceres de la casa, del cuidado por su esposo, a los de su alma, a los de Dios. Cantaba y oraba. La alfombra se formaba en el místico telar, se alargaba de la tierra al cielo, subía hasta perderse en las alturas... ¿Con qué estaba formada? Con hilos sutiles, perfectos, fuertes de sus virtudes, del hilo de la lanzadera que creía "suya", mientras que era de Dios: la lanzadera de la voluntad de Dios en la que había envuelto su voluntad desde pequeña, Ella la grande virgen de Israel, la desconocida al mundo, pero conocida a Dios. Su voluntad se había envuelto, se había hecho una con la voluntad del Señor. Y la alfombra se adornaba de flores de amor, de pureza, con palmas de paz, palmas de gloria, de almendros, de jazmines... Todas las virtudes florecían en su alfombra de amor que la Virgen de Dios desenrollaba, invitadora, desde la tierra al cielo. Y como la alfombra no alcanzaba, lanzaba su corazón cantando: "Venga mi amado a su jardín, a su huerto de aromas, a pasearse entre jardines, a cortar lirios. ¡Yo soy de mi Amado, y mi Amado es mío, El que apacienta entre lirios!" Y de las lejanías infinitas, entre torrentes de luz, se oyó una voz que el oído humano no puede escuchar, ni garganta humana pronunciar. Decía: "¡Qué bella eres, amiga mía!" ¡Que bella!... ¡Tus labios destilan miel!... Un jardín cerrado eres. Una fuente sellada, hermana, esposa mía..." y las dos voces se unían para cantar la eterna verdad: "¡El amor es más fuerte que la muerte!. ¡Nada puede extinguir o ahogar nuestro amor!" Y la Virgen se transfiguraba así... así... mientras bajaba Gabriel y la llamaba a la tierra. Hacía que su espíritu volviese a la carne, para que pudiera escuchar, comprender la petición del que la había llamado "hermana", pero que la haría su "esposa".
Y el misterio se realizó. Una púdica, la más púdica de todas las mujeres, la que ni siquiera conocía o conoce el estímulo instintivo de la carne, se sintió turbada ante el ángel de Dios, porque aun un ángel turba la humildad y pudor de la Virgen, y sólo se calmó al oírlo hablar, y creedme, dijo la palabra por la que "su" amor se convirtió en carne y vencerá a la muerte, y ningún agua podrá extinguirlo, ni perversidad alguna sumergirlo en lo profundo..."

Jesús se inclina dulcemente sobre María que se ha puesto a sus pies como extática, recordando aquella lejana hora, llena de una luz especial que parece brotase de su alma, y sumisamente le pregunta: "¿Cuál fue tu respuesta, oh Purísima, a quien te aseguró que siendo Madre de Dios, no perderías tu perfecta virginidad?"

Y María, como en sueño, despacio, sonriente, con los ojos dilatados por lágrimas de júbilo responde: "¡He aquí a la esclava del Señor! ¡Se haga de mí según su palabra!" y reclina su cabeza sobre las rodillas de Jesús, adorándolo.

"Y SE HIZO. Y SE HARÁ HASTA EL FIN. 
HASTA LA OTRA Y LA OTRA DE SUS TRANSFIGURACIONES. 
SERÁ SIEMPRE "LA ESCLAVA DEL DIOS". 
HARÁ SIEMPRE COMO DIRÁ "LA PALABRA". 
¡MI MADRE" 
¡ESTA ES MI MADRE! 

Jesús le pone su manto. La esconde a los ojos de los circunstantes y dice: "Y se hizo. Y se hará hasta el fin. Hasta la otra y la otra de sus transfiguraciones. Será siempre "la esclava del Dios". Hará siempre como dirá "la Palabra". ¡Mi Madre" ¡Esta es mi Madre! Y está bien que empecéis a conocerla en toda su santa figura... ¡Madre! ¡Madre! ¡Levanta tu rostro, Amada mía! Haz que vuelvan a la tierra donde estamos por ahora tus devotos..." dice descubriendo a María después de algún tiempo, durante el que no se escuchó el zumbido de las abejas y el chorrito de la fuentecita, que melodiosamente caía.

María levanta su rostro bañado en lágrimas y susurra: "¿Por qué, Hijo mío, me has hecho esto? Los secretos del Rey son sagrados..."

"Pero el Rey puede revelarlos cuando quiera. Madre, lo he hecho para que se comprenda lo que dijo un profeta: "Una mujer encerrará dentro de sí al Hombre", y lo de otro: "La Virgen concebirá y dará a luz su Hijo". Y también para que estos que se horrorizan de muchas cosas que suceden al Verbo de Dios, por parecerles humillantes, tengan en cambio otras cosas que los confirmen en su alegría de ser "míos". De este modo no se escandalizarán más y también por ello conquistarán el cielo... Quien tenga que ir a donde deba hospedarse, puede irse. Quédense las mujeres y Marziam. Mañana al amanecer estén todos los varones, que quiero llevarlos no muy lejos, luego regresaremos a despedirnos de las discípulas para regresar a Cafarnaum, reunir a los otros discípulos y enviarlos después de ellas."

VI. 217-228

AMDG et DVM