"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
lunedì 25 febbraio 2019
La GRAZIA !!!
24 maggio 1945
1 Gesù parla agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e sorvegliare la folla, che sale fin dalle prime ore del mattino con malati portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è Stefano ed Erma.
L'aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare di aria montanina che, rendendo mite il sole, se ne avvantaggia però, facendosi di una purezza fresca ma non rigida. La gente si siede sui sassi e pietroni che sono sparsi nella valletta fra le due cime, altri attendono che il sole asciughi l'erba rugiadosa per sedersi sul suolo. E’ molta la gente e di tutte le plaghe palestinesi e di tutte le condizioni. Gli apostoli si sperdono nella moltitudine ma, come api che vanno e vengono dai prati all'alveare, ogni tanto tornano presso il Maestro per riferire, per chiedere, per il piacere di essere guardati da vicino dal Maestro.
Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta, addossandosi alla parete, e inizia a parlare.
2 «Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predicazione: "Ma Tu, che ti dici il Figlio di Dio, dicci cosa è il Cielo, cosa il Regno, cosa è Dio. Perché noi abbiamo idee confuse. Sappiamo che vi è il Cielo con Dio e con gli angeli. Ma nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti". Mi hanno chiesto anche cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non perché mi fosse difficile a spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la verità che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute nei secoli e, per quanto è Dio, contro la sublimità della sua Natura.
Altri ancora mi hanno chiesto: "Va bene. Questo è il Regno e questo è Dio. Ma come si conquistano questo e quello?". Anche qui Io ho cercato di spiegarvi, senza stanchezze, l'anima vera della Legge del Sinai. Chi fa sua quell'anima fa suo il Cielo. Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna anche far sentire il tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono benedizioni agli osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai disubbidienti. La epifania del Sinai fu tremenda e la sua terribilità si riflette in tutta la Legge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte le anime.
Ma Dio non è solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di immensa bontà.
Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal peccato d'origine, dalle passioni, dai peccati, da molti egoismi vostri e altrui - facendovi gli altrui un'anima irritata, i vostri un'anima chiusa - non possono elevarsi a contemplare le infinite perfezioni di Dio, meno di ogni altra la bontà, perché è la virtù che con l'amore è meno dote dei mortali. La bontà! Oh! dolce essere buoni, senza odio, senza invidie, senza superbie! Avere occhi che solo guardano per amare, e mani che si tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole d'amore, e cuore, cuore soprattutto che colmo unicamente d'amore sforza occhi, mani e labbra ad atti d'amore!
3 I più dotti fra voi sanno di quali doni Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e per i suoi discendenti. Anche i più ignoranti fra i figli d'Israele sanno che in noi vi è lo spirito. Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale, questo soffio vitale, questa luce celeste che santifica e vivifica il nostro corpo. Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo, allo spirito dell'uomo.
Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al sangue della creatura da Lui fatta con poco fango e col suo alito. E come dette i doni naturali di bellezza e integrità, di intelligenza e di volontà, di capacità di amarsi e di amare, così dette i doni morali con la soggezione del senso alla ragione, di modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio aveva beneficato Adamo, non si insinuava la malvagia prigionia dei sensi e delle passioni, ma libero era l'amarsi, libero il volere, libero il godere in giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di questo veleno che Satana sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo limpido su campi fangosi, in putrefacenti stagni, dove fermentano le febbri dei sensi carnali e dei sensi morali. Perché sappiate che è senso anche la concupiscenza del pensiero. Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore, la visione di Dio.
4 La Grazia santificante: la vita dell'anima. Quella spiritualissima cosa deposta nella spirituale anima nostra. La Grazia che ci fa figli di Dio perché ci preserva dalla morte del peccato, e chi morto non è "vive" nella casa del Padre: il Paradiso; nel regno mio: il Cielo. Cosa è questa Grazia che santifica e che dà Vita e Regno? Oh! non usate molte parole! La Grazia è amore. La Grazia è, perciò, Dio. E Dio che ammirando Se stesso nella creatura creata perfetta si ama, si contempla, si desidera, si dà ciò che è suo per moltiplicare questo suo avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se stesso.
Oh! figli! Non defraudate Dio di questo suo diritto! Non derubate Dio di questo suo avere! Non deludete Dio in questo suo desiderio! Pensate che Egli opera per amore. Se anche voi non foste, Egli sarebbe sempre l'Infinito, né sarebbe sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua misura infinita, immisurabile, vuole non per Sé e in Sé - non lo potrebbe perché è già l'Infinito - ma per il Creato, sua creatura, Egli vuole aumentare l'amore per quanto esso Creato di creature contiene, onde vi dà la Grazia: l'Amore, perché voi in voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro, tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la sua Grazia e aumentato di tutte le vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi, nell'Oceano infinito dove Dio è: nel Cielo.
Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! Voi siete, né vi è data al vostro essere morte, perché siete eterne come Dio, dio essendo. Voi sarete, né vi sarà data al vostro essere termine, perché immortali come gli spiriti santi che vi hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti. Voi vivete e nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quella santissima cosa che è la Comunione degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il materno seno.
Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: "Costui è folle, Costui è menzognero! Perché come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per la Colpa. Perché mente dicendoci già uni con Dio". Sì, la Colpa è; sì, la separazione è. Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione crudele sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone; già Io l'ho afferrata e la scrollo ed essa vacilla, e Satana trema d'ira e di impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi strappare tanta preda e farsi più difficile il trascinare l'uomo al peccato. Perché quando Io vi avrò, attraverso di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti, tornerà viva, desta, potente la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete.
Non vi violenta Iddio nel pensiero e neppure nella santificazione. Voi siete liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la libertà sull'impero di Satana. A voi riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi, con Me a fratello per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale.
5 "Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso
AMDG et DVM
giovedì 21 febbraio 2019
LA PASSIONE DEL SIGNORE VISTA DAI MISTICI
LA PASSIONE DEL SIGNORE VISTA DAI MISTICI
Teresa Neumann (1898-1962)
E' guarita miracolosamente da S. Teresa di Gesù Bambino. La stimmatizzata di
Konnersreuth vive solo di eucaristia, senza cibarsi e in anuria come Maria Alexandrina
da Costa e Marthe Robin.
Descrive e rivive, nel rapimento estatico, l'intera Passione del Signore, in modo cruento.
Il sangue della flagellazione, della coronazione di spine, della Via Crucis e della
crocifissione è visibile, come in S. Gemma Galgani, ed è stato visto ripetutamente da molti
testimoni.
Per la ripetizione delle sue visioni - 700 volte ognuna - e per la loro descrizione
dettagliata, è forse la testimone più privilegiata della Passione del Signore.
Ogni visione è da lei narrata nella sosta tra una visione e l'altra. Gesù viene flagellato
prima posteriormente, poi anteriormente.
Anche Teresa, come Caterina Emmerick, indica tre coppie di sgherri che flagellano Gesù
e il dolore del Salvatore nel non riuscire a ricoprirsi dopo la flagellazione, perché per
gioco gli sono gettati via gli indumenti.
La corona di spine è descritta come un casco, un copricapo dei patriarchi orientali.
Per quanto è stato possibile controllare, queste visioni corrispondevano così bene al
paesaggio di Gerusalemme, all'abbigliamento dell'epoca, agli oggetti dell'arredamento usati
allora, che anche il resoconto delle visioni ne acquista in verosimiglianza. A ciò si aggiunge
che le visioni non comparvero una volta sola, ma si ripeterono tutti gli anni e, quella della
Passione, addirittura ogni settimana sempre con lo stesso decorso. Questi elementi, pur
tenendo conto dei fattori d'incertezza riguardo alle visioni, nel nostro caso depongono perciò
a favore della fedeltà storica di molte visioni.
La visione più impressionante e anche più conosciuta in tutto il mondo, perché per alcuni
decenni i visitatori affluirono da ogni parte per assistervi, era la visione del venerdì, la
cosiddetta Passione del venerdì.
A differenza delle altre, che si ripetevano nel giro dell'anno liturgico ed erano stret
Il primo caso si verificò mentre stava nel castello di Zeil, il secondo mentre era ad Eichstätt.
Le visioni del venerdì si distinguevano dalle altre, per il fatto che Teresa soffriva anche nel
corpo. Con la contemplazione del Monte Oliveto il sangue cominciava a scorrere dagli
angoli degli occhi sulle guance, sanguinavano le stimmate, le ferite della flagellazione
impregnavano la camicia e la giacca da notte, quelle delle spine sulla fronte sanguinavano
da nove punti più o meno profondi intridendo il bianco fazzoletto da testa. Durante il
trasporto della Croce, nella settimana Santa, la spalla si gonfiava e formava una macchia
visibile sulla giacca.
Chi ha potuto assistere a quella visione ne ha riportato l'immagine di un martire perfetto e
impressionante, ma pur sempre nobile, commovente e composto. Si vedevano le mani
muoversi intorno alla fronte, come per allontanare le spine, le dita delle mani contrarsi nello
spasimo doloroso dei chiodi della crocifissione, la lingua che cercava di umettare le labbra
arse. Non tutti i venerdì la comparsa del sangue era uguale, ma aumentava nella settimana
Santa per raggiungere il colmo il venerdì Santo. Nei giorni di giovedì e venerdì Santo le
contemplazioni avevano un'estensione più ampia del solito. Mentre abitualmente
incominciavano poco prima della mezzanotte con la salita sul Monte Oliveto e finivano
all'una dopo mezzogiorno del venerdì con la morte di Gesù, il giovedì Santo
incominciavano con i preparativi dell'ultima Cena e finivano il venerdì con la deposizione
nel sepolcro. L'ora della morte, cioè l'una dopo mezzogiorno, corrisponde esattamente
all'ora della morte di Gesù, cioè le 3, per la differenza del fuso orario. All'epoca dei Romani
quella era chiamata "ora nona", perché le ore si contavano incominciando dalle 6 del
mattino.
Le ultime visioni della morte di Gesù avvenivano talvolta già prima della domenica delle
Palme, cioè il cosiddetto venerdì doloroso (che liturgicamente commemora i sette dolori di
Maria). La lavanda dei piedi e l'istituzione del SS. Sacramento si ripetevano non solo il
giovedì Santo sera, ma qualche volta anche la mattina del Corpus Domini.
Col passare degli anni le sofferenze del venerdì vennero talvolta a mancare, oltre che nei
periodi festivi, anche nell'Avvento, o quando Teresa era ammalata o esausta per le pene di
espiazione. Negli ultimi anni di vita, oltre che nella Quaresima, la visione della Passione si
verificava solo nel venerdì del S. Cuore di Gesù.
Un'unica volta i patimenti del venerdì si presentarono in modo diverso dal solito e fu il
venerdì Santo 1951. (In quel giorno io mi trovavo, come tanti altri venerdì, a Konnersreuth;
N.d.A.). Teresa vide allora la Passione come al solito, ma non vi partecipò con sofferenze
fisiche, per modo che né gli occhi, né le stimmate, né le altre parti del corpo sanguinarono.
Quel giorno migliaia di curiosi (e non curiosi) si presentarono, ma ebbero la delusione di
non poter vedere Teresa. La stampa s'impadronì dell'episodio sensazionale, annunciando
che lo stato di grazia di Teresa Neumann era evidentemente finito.
30 Visione
Teresa esterrefatta volge il capo da destra a sinistra. Vede la flagellazione. Il Salvatore,
spogliato degli abiti, si guarda intorno molto rattristato.
Gli legano di nuovo i polsi e poi, con la faccia rivolta alla colonna, lo legano a questa con la
corda che gli stringe i polsi. Le braccia sono così tirate che tocca terra solo con la punta dei
piedi. Tre gruppi di sgherri ubriachi (di due uomini ciascuno), cominciano a flagellarlo a
tutta forza con sferze di diverse forme. Quando vedono che ogni parte del corpo
raggiungibile è gonfia e comincia a lacerarsi, lo voltano e riprendono a flagellarlo sul
davanti. Alla fine il Salvatore è tanto spossato che non può neanche chinarsi per raccogliere
le proprie vesti. Per beffa un ragazzotto gliele getta lontano con un calcio. Teresa è
furibonda contro quel ragazzo e si esprime vivacemente dicendo: "Se potessi acchiapparlo,
gliene darei una…!". Durante la flagellazione a Teresa si aprono ferite sul petto e sulla
schiena impregnando di sangue la giacca.
31 Visione
La coronazione di spine. Non è la corona di spine che viene rappresentata abitualmente, ma
una specie di copricapo chiuso, come quello dei patriarchi orientali; una sorta di cesta con
molte spine lunge e acute, che i servi calcano sulla testa del Salvatore con bastoni, per non
ferirsi le mani. Da quel momento sanguinano le ferite della fronte di Teresa, intridendo il
fazzoletto da testa su cui spiccano, come tutti i venerdì, nove grosse macchie di sangue.
32 Visione
Condanna di Gesù. "L'uomo calvo" (Pilato, che altre volte sarà chiamato "quello che non
vuol impicciarsi") si lava le mani. Gesù viene consegnato ai Giudei.
33 Visione
Teresa crede che si carichi sulla schiena del Salvatore legna da costruzione; sono invece i tre
pezzi della croce non ancora congiunti, ma legati con una corda. Il tronco più lungo non è
squadrato, i due pezzi più corti sì. (Anzi essi appaiono squadrati già da qualche tempo,
perché Teresa nota che portano il segno delle intemperie). Le spalle, già lacerate dalla
flagellazione, cominciano a sanguinare sotto quel peso. Sulla giacca di Teresa compare una
grossa macchia di sangue alla spalla destra.
34 Visione
Gesù va verso il Calvario. Cade sotto il legno della croce e viene rialzato con violenza.
35 Visione
Lungo la strada Gesù vede sua Madre accompagnata da Giovanni e da alcune donne. Teresa
lo sente chiamare "Immi" (mia madre). Uno dei monelli che accompagnano i carnefici,
scorgendo la Madre di Gesù, toglie dalla cassetta degli arnesi due chiodi da crocifissione e
glieli mostra per scherno. Maria sviene ed è sorretta da Giovanni.
http://www.passionisti.org/wp-content/uploads/downloads/2012/03/Teresa-Neumann.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Teresa_Neumann#Biografia
AMDG et DVM
mercoledì 20 febbraio 2019
Il modernismo proponeva «un’apostasia universale dalla fede e dalla disciplina della Chiesa»
Il vero volto di san Pio X
31 Agosto 2014 adminAttualità
di Roberto de Mattei
Cento anni dopo la sua morte la figura di san Pio X si erge dolente e maestosa, nel firmamento della Chiesa. La tristezza che vela lo sguardo di Papa Sarto nelle ultime fotografie, non lascia solo intravedere le catastrofiche conseguenze della guerra mondiale, iniziata tre settimane prima della sua morte. Ciò che la sua anima sembra presagire è una tragedia di portata ancora maggiore delle guerre e delle rivoluzioni del Novecento: l’apostasia delle nazioni e degli stessi uomini di Chiesa, nel secolo che sarebbe seguito.
Il principale nemico che san Pio X dovette affrontare aveva un nome, con cui lo stesso Pontefice lo designò: modernismo. La lotta implacabile al modernismo caratterizzò indelebilmente il suo pontificato e costituisce un elemento di fondo della sua santità. «La lucidità e la fermezza con cui Pio X condusse la vittoriosa lotta contro gli errori del modernismo – affermò Pio XII nel discorso di canonizzazione di Papa Sarto – attestano in quale eroico grado la virtù della fede ardeva nel suo cuore di santo (…)».
Al modernismo, che si proponeva «un’apostasia universale dalla fede e dalla disciplina della Chiesa», san Pio X opponeva un’autentica riforma che aveva il suo punto principale nella custodia e nella trasmissione della verità cattolica. L’enciclica Pascendi (1907),con cui fulminò gli errori del modernismo, è il documento teologico e filosofico più importante prodotto dalla Chiesa cattolica nel XX secolo. Ma san Pio X non si limitò a combattere il male nelle idee, come se esse fossero disincarnate dalla storia. Egli volle colpire i portatori storici degli errori, comminando censure ecclesiastiche, vigilando nei seminari e nelle università pontificie, imponendo a tutti i sacerdoti il giuramento antimodernista.
Questa coerenza tra la dottrina e la prassi pontificia suscitò violenti attacchi da parte degli ambienti cripto-modernisti. Quando Pio XII ne promosse la beatificazione (1951) e la canonizzazione (1954), Papa Sarto fu definito dagli oppositori estraneo ai fermenti rinnovatori del suo tempo, colpevole di aver represso il modernismo con metodi brutali e polizieschi. Pio XII affidò a mons. Ferdinando Antonelli, futuro cardinale, la redazione di una Disquisitio storica dedicata a smontare le accuse rivolte al suo predecessore sulla base di testimonianze e di documenti,. Ma oggi queste accuse riaffiorano perfino nella “celebrazione” che l’“Osservatore Romano” ha dedicato a san Pio X, per la penna di Carlo Fantappié, proprio il 20 agosto, anniversario della sua morte.
Il prof. Fantappié recensendo sul quotidiano della Santa Sede, il volume di Gianpaolo Romanato Pio X. Alle origini del cattolicesimo contemporaneo (Lindau, Torino 2014), nella sua preoccupazione di prendere le distanze dalle «strumentalizzazioni dei lefebvriani», come scrive in maniera infelice, utilizzando un termine privo di qualsiasisignificato teologico, arriva ad identificarsi con le posizioni degli storici modernisti. Egli attribuisce infatti a Pio X, «un modo autocratico di concepire il governo della Chiesa», accompagnato «da un atteggiamento tendenzialmente difensivo nei confronti dell’establishment e diffidente nei riguardi degli stessi collaboratori, della cui fedeltà e obbedienza non di rado dubitava». Ciò «fa comprendere anche come sia stato possibile che il Papa abbia sconfinato in pratiche dissimulatorie o esercitato una particolare sospettosità e durezza nei confronti di taluni cardinali, vescovi e chierici. Avvalendosi delle indagini recenti sulle carte vaticane, Romanato elimina definitivamente quelle ipotesi apologetiche che cercavano di addebitare le responsabilità delle misure poliziesche agli stretti collaboratori anziché direttamente al Papa». Si tratta delle medesime critiche riproposte qualche anno fa, in un articolo dedicato a Pio X flagello dei modernisti, da Alberto Melloni, secondo cui «le carte ci consentono di documentare l’anno con cui Pio IX era stato parte cosciente ed attiva della violenza istituzionale attuata dagli antimodernisti» (“Corriere della Sera”, 23 agosto 2006).
Il problema di fondo, non sarebbe «quello del metodo con cui fu represso il modernismo, bensì quello della opportunità e validità della sua condanna». La visione di san Pio X era “superata” dalla storia, perché egli non comprese gli sviluppi della teologia e dell’ecclesiologia del Novecento. La sua figura in fondo ha il ruolo dialettico di un’antitesi rispetto alla tesi della “modernità teologica”. Perciò Fantappié conclude che il ruolo di Pio X sarebbe stato quello di«traghettare il cattolicesimo dalle strutture e dalla mentalità della Restaurazione alla modernità istituzionale, giuridica e pastorale».
Per cercare di uscire da questa confusione possiamo ricorrere ad un altro volume, quello di Cristina Siccardi, appena pubblicato dalle edizioni San Paolo, con il titolo San Pio X. Vita del Papa che ha ordinato e riformato la Chiesa, e con una preziosa prefazione di Sua Eminenza il cardinale Raymond Burke, prefetto del Supremo tribunale della Segnatura Apostolica.
Il cardinale ricorda come fin dalla sua prima Lettera enciclica E supremi apostolatus del 4 ottobre 1903, san Pio X annunciava il programma del suo pontificato che affrontava una situazione nel mondo di confusione e di errori sulla fede e, nella Chiesa, di perdita della fede da parte di molti. A questa apostasia egli contrapponeva le parole di san Paolo: Instaurare omnia in Christo, ricondurre a Cristo tutte le cose. «Instaurare omnia in Christo – scrive il cardinale Burke – è veramente la cifra del pontificato di san Pio X, tutto teso a ricristianizzare la società aggredita dal relativismo liberale, che calpestava i diritti di Dio in nome di una “scienza” svincolata da ogni tipo di legame con il Creatore» (p. 9).
E’ in questa prospettiva che si situa l’opera riformatrice di san Pio X, che è innanzitutto un’opera catechetica, perché egli comprese che agli errori dilaganti occorreva contrapporre una conoscenza sempre più profonda della fede, diffusa ai più semplici, a cominciare dai bambini. Verso la fine del 1912, il suo desiderio si realizzò con la pubblicazione del Catechismo che da lui prende il nome, destinato in origine alla Diocesi di Roma, ma poi diffuso in tutte le diocesi di Italia e del mondo.
La gigantesca opera riformatrice e restauratrice di san Pio X si svolse nella incomprensione degli stessi ambienti ecclesiastici. «San Pio X – scrive Cristina Siccardi – non cercò il consenso della Curia romana, dei sacerdoti, dei vescovi, dei cardinali, dei fedeli, e soprattutto non cercò il consenso del mondo, ma sempre e solo il consenso di Dio, anche a danno della propria immagine pubblica e, così facendo, è indubbio, si fece molti nemici in vita e ancor più in morte» (p. 25).
Oggi possiamo dire che i peggiori nemici non sono coloro che lo attaccano frontalmente, ma quelli che cercano di svuotare il significato della sua opera, facendone un precursore delle riforme conciliari e postconciliari. Il quotidiano “La Tribuna di Treviso”, ci informa che in occasione del centenario della morte di san Pio X, la diocesi di Treviso ha «aperto le porte a divorziati e coppie di fatto», invitandole, in cinque chiese, tra cui la chiesa di Riese, paese natale di Papa Giuseppe Sarto, al fine di pregare per la buona riuscita del Sinodo di Ottobre sulla famiglia, di cui il cardinale Kasper ha dettato la linea, nella sua relazione al Concistoro del 20 febbraio. Fare di san Pio X il precursore del cardinale Kasper è un’offesa di fronte a cui la sprezzante definizione melloniana di «flagello dei modernisti» diviene un complimento.
(Roberto de Mattei, per Corrispondenza Romana – 26/08/2014)
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