sabato 8 dicembre 2018

«Salve, piena di grazia; il Signore è con te: la benedetta tu sei fra le donne» Luc. 1,28.


Sermone di san Girolamo Prete
Sull'Assunz. della D. V. M.
Chi e quanto grande sia la beata e gloriosa sempre Vergine Maria ci è dichiarato dall'Angelo da parte di Dio quando dice: «Salve, piena di grazia; il Signore è con te: la benedetta tu sei fra le donne» Luc. 1,28. E conveniva che tali doni fossero assicurati alla Vergine, sì da essere piena di grazia lei, che ha dato la gloria ai cielo, il Signore alla terra, che ha fatto risplendere la pace, ha portato la fede alle Genti, un fine ai vizi, una regola di vita, una disciplina per i costumi. E veramente piena, perché mentre agli altri si dona con misura, in Maria invece discese tutta insieme la pienezza della grazia. Veramente piena, perché sebbene la grazia si trovò nei santi Padri e Profeti, non ci fu però nella sua pienezza; in Maria invece discese tutta la pienezza della grazia ch'è in Cristo, sebbene in maniera differente. E perciò dice: «La benedetta tu sei fra le donne»; cioè benedetta più di tutte le altre donne. Ond'è che tutta la maledizione attirata da Eva fu tutta tolta dalla benedizione di Maria. Di lei Salomone nella Cantica, quasi in sua lode dice: «Vieni, colomba mia, immacolata mia. Poiché l'inverno è già passato, la pioggia è cessata e sparita» Cant. 2,10. E poi soggiunge; «Vieni dal Libano, vieni, sarai incoronata» Eccli. 24,5.



Non immeritatamente dunque si invita a venire dal Libano, significandosi per il Libano il candore. Ella infatti era risplendente per i molti meriti e virtù, e più candida della neve, più bianca per i doni dello Spirito Santo, e presentava in tutto la semplicità della colomba; poiché quanto è avvenuto in lei, è tutto purezza e semplicità, tutto verità e grazia; tutto misericordia e giustizia che venne dal cielo; e perciò immacolata, perché al tutto senza macchia. Ella infatti divenne madre, come attesta san Geremia, ma rimanendo vergine. «Il Signore, dice, farà una novità sulla terra una donna chiuderà in sé un uomo» Jerem. 31,22. Novità veramente inaudita, novità delle virtù eccedente ogni altra novità, che un Dio (che il mondo non può contenere, e nessuno vedere senza morire) sia entrato nel seno d'una vergine come in un asilo, senza essere prigioniero di questo corpo; e tuttavia Dio vi sia contenuto tutto intero: e che ne sia uscito lasciando come dice Ezechiele) la porta del tutto chiusa (Ezech. 44,2. Onde si canta di lei nella stessa Cantica «Orto chiuso, fonte sigillata, le tue emanazioni sono un paradiso» Cat. 4,12. Vero giardino di delizie, che aduna tutte le specie di fiori, e i profumi di virtù; e chiuso siffattamente, che né la violenza né l'astuzia possono forzarne l'entrata. Quindi fonte sigillata col sigillo di tutta la Trinità.


Dagli Atti di Papa Pio IX

Ora la vittoria della Vergine Madre di Dio nella sua Concezione sul crudelissimo nemico del genere umano, la quale le divine scritture, la venerabile tradizione, il sentimento perpetuo della Chiesa, l'accordo singolare dei vescovi e dei fedeli, come pure gli atti insigni e le costituzioni dei sommi Pontefici avevano già meravigliosamente illustrato, Pio IX Pontefice massimo annuendo ai voti di tutta la Chiesa risolva di proclamarla solennemente col suo supremo e infallibile oracolo. Pertanto l'otto Dicembre dell'anno mille ottocento cinquantaquattro, nella basilica Vaticana, davanti a una immensa assemblea di Padri di santa Romana Chiesa, di Cardinali e di Vescovi anche di lontanissime regioni, plaudendo l'orbe intero, solennemente proclamò e definì: La dottrina che tiene la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua Concezione essere stata, per singolare privilegio di Dio, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, essere stata rivelata da Dio, e perciò doversi credere da tutti i fedeli fermamente e invariabilmente.


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

AVE MARIA PURISSIMA!

Anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene.

Salve, Sancte Pater, Patriae Lux...

 CAPITOLO II

DELL'ACCETTAZIONE E DELLE VESTI DEI FRATI

[5] Se qualcuno, per divina ispirazione, volendo scegliere questa vita, verrà dai nostri frati, sia da essi benignamente accolto.
E se sarà deciso nell'accettare la nostra vita, si guardino bene i frati dall'intromettersi nei suoi affari temporali, ma, quanto prima possono, lo presentino al loro ministro.
Il ministro poi lo riceva con bontà e lo conforti e diligentemente gli esponga il tenore della nostra vita. Dopo di che, il predetto, se vuole e lo può spiritualmente, senza impedimento, venda tutte le cose sue e procuri di distribuire tutto ai poveri.

[6] Si guardino i frati e il ministro dei frati dall'intromettersi in alcun modo nei suoi affari, né accettino denaro né direttamente né per interposta persona. Se tuttavia fossero nel bisogno, possono i frati ricevere le altre cose necessarie al corpo, ma non denaro, come gli altri poveri, per ragione della necessità.

[7] E quando sarà ritornato, il ministro gli conceda i panni della prova, per un anno, e cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i calzoni e il capperone fino al cingolo. Finito l'anno e il periodo della prova, sia ricevuto all'obbedienza. Dopo di che non potrà passare ad altra Religione, né andar vagando fuori dell'obbedienza, secondo la prescrizione del signor Papa, e secondo il Vangelo, poiché nessuno che mette mano all'aratro e guarda indietro è adatto al regno di Dio.
Se però venisse qualcuno che non può dar via le cose sue senza impedimento, pur desiderandolo spiritualmente, le abbandoni, e ciò è sufficiente.
Nessuno sia ricevuto contro le norme e le prescrizioni della santa Chiesa.

[8] Gli altri frati poi che hanno promesso obbedienza, abbiano una sola tonaca con il cappuccio e un'altra senza cappuccio, se sarà necessario, e il cingolo e i calzoni.
E tutti i frati portino vesti umili e sia loro concesso di rattopparle con stoffa di sacco e di altre pezze con la benedizione di Dio, poiché dice il Signore nel Vangelo: "Quelli che indossano abiti preziosi e vivono in mezzo alle delizie e quelli che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re". E anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene; né cerchino vesti preziose in questo mondo perché possano avere una veste nel regno dei cieli. 

PAX et BONUM

Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che Lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili Lei e Cristo.

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CAPPELLA PAPALE NEL 40° ANNIVERSARIO
DELLA CONCLUSIONE DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
OMELIA DI 
SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Giovedì, 8 dicembre 2005

Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Fratelli e Sorelle,

Quarant'anni fa, l'8 dicembre 1965, sulla Piazza antistante questa Basilica di San Pietro, Papa Paolo VI concluse solennemente il Concilio Vaticano II. Era stato inaugurato, secondo la volontà di Giovanni XXIII, l'11 ottobre 1962, allora festa della Maternità di Maria, ed ebbe la sua conclusione nel giorno dell'Immacolata. 
Una cornice mariana circonda il Concilio. In realtà, è molto di più di una cornice: è un orientamento dell'intero suo cammino. Ci rimanda, come rimandava allora i Padri del Concilio, all'immagine della Vergine in ascolto, che vive nella Parola di Dio, che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle (cfr Lc 2,19.51); ci rimanda alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla Sua volontà; ci rimanda all'umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte e, al contempo, alla donna coraggiosa che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la croce. Paolo VI, nel suo discorso in occasione della promulgazione della Costituzione conciliare sulla Chiesa, aveva qualificato Maria come "tutrix huius Concilii" – "protettrice di questo Concilio" (cfr Oecumenicum Concilium Vaticanum II, Constitutiones Decreta Declarationes, Città del Vaticano 1966, pag. 983) e, con un'allusione inconfondibile al racconto di Pentecoste tramandato da Luca (At 1,12-14), aveva detto che i Padri si erano riuniti nell'aula del Concilio "cum Maria, Matre Iesu" e, pure nel suo nome, ne sarebbero ora usciti (pag. 985).

Resta indelebile nella mia memoria il momento in cui, sentendo le sue parole: "Mariam Sanctissimam declaramus Matrem Ecclesiae" – "dichiariamo Maria Santissima Madre della Chiesa", spontaneamente i Padri si alzarono di scatto dalle loro sedie e applaudirono in piedi, rendendo omaggio alla Madre di Dio, a nostra Madre, alla Madre della Chiesa. Di fatto, con questo titolo il Papa riassumeva la dottrina mariana del Concilio e dava la chiave per la sua comprensione. Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un "esserci per noi". Cristo, dicono i Padri, come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando insieme con essa, per così dire, un unico soggetto vivente. La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata da se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa.

Il Concilio intendeva dirci questo: Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull'anima. Papa Paolo VI, nel contesto della promulgazione della Costituzione sulla Chiesa, ha messo in luce tutto questo mediante un nuovo titolo radicato profondamente nella Tradizione, proprio nell'intento di illuminare la struttura interiore dell'insegnamento sulla Chiesa sviluppato nel Concilio. Il Vaticano II doveva esprimersi sulle componenti istituzionali della Chiesa: sui Vescovi e sul Pontefice, sui sacerdoti, i laici e i religiosi nella loro comunione e nelle loro relazioni; doveva descrivere la Chiesa in cammino, "che comprende nel suo seno peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione…" (Lumen gentium, 8). 
   Ma questo aspetto "petrino" della Chiesa è incluso in quello "mariano". In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi "anime ecclesiali", così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di san Paolo, presentarci "immacolati" al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio (Col 1,21; Ef 1,4).

Ma ora dobbiamo chiederci: Che cosa significa "Maria, l'Immacolata"? Questo titolo ha qualcosa da dirci? La liturgia di oggi ci chiarisce il contenuto di questa parola in due grandi immagini. C'è innanzitutto il racconto meraviglioso dell'annuncio a Maria, la Vergine di Nazaret, della venuta del Messia. Il saluto dell'Angelo è intessuto di fili dell'Antico Testamento, specialmente del profeta Sofonia. Esso fa vedere che Maria, l'umile donna di provincia che proviene da una stirpe sacerdotale e porta in sé il grande patrimonio sacerdotale d'Israele, è "il santo resto" d'Israele a cui i profeti, in tutti i periodi di travagli e di tenebre, hanno fatto riferimento. In lei è presente la vera Sion, quella pura, la vivente dimora di Dio. In lei dimora il Signore, in lei trova il luogo del Suo riposo. Lei è la vivente casa di Dio, il quale non abita in edifici di pietra, ma nel cuore dell'uomo vivo. Lei è il germoglio che, nella buia notte invernale della storia, spunta dal tronco abbattuto di Davide. In lei si compie la parola del Salmo: "La terra ha dato il suo frutto" (67,7). 
   Lei è il virgulto, dal quale deriva l'albero della redenzione e dei redenti. Dio non ha fallito, come poteva apparire già all'inizio della storia con Adamo ed Eva, o durante il periodo dell'esilio babilonese, e come nuovamente appariva al tempo di Maria quando Israele era diventato un popolo senza importanza in una regione occupata, con ben pochi segni riconoscibili della sua santità. Dio non ha fallito. Nell'umiltà della casa di Nazaret vive l'Israele santo, il resto puro. Dio ha salvato e salva il Suo popolo. Dal tronco abbattuto rifulge nuovamente la sua storia, diventando una nuova forza viva che orienta e pervade il mondo. Maria è l'Israele santo; ella dice "sì" al Signore, si mette pienamente a Sua disposizione e diventa così il tempio vivente di Dio.

La seconda immagine è molto più difficile ed oscura. Questa metafora tratta dal Libro della Genesi parla a noi da una grande distanza storica, e solo a fatica può essere chiarita; soltanto nel corso della storia è stato possibile sviluppare una comprensione più profonda di ciò che lì viene riferito. Viene predetto che durante tutta la storia continuerà la lotta tra l'uomo e il serpente, cioè tra l'uomo e le potenze del male e della morte. Viene però anche preannunciato che "la stirpe" della donna un giorno vincerà e schiaccerà la testa al serpente, alla morte; è preannunciato che la stirpe della donna – e in essa la donna e la madre stessa – vincerà e che così, mediante l'uomo, Dio vincerà. 
   Se insieme con la Chiesa credente ed orante ci mettiamo in ascolto davanti a questo testo, allora possiamo cominciare a capire che cosa sia il peccato originale, il peccato ereditario, e anche che cosa sia la tutela da questo peccato ereditario, che cosa sia la redenzione.
Qual è il quadro che in questa pagina ci vien posto davanti? L'uomo non si fida di Dio. Egli, tentato dalle parole del serpente, cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra libertà. 
L'uomo vive nel sospetto che l'amore di Dio crei una dipendenza e che gli sia necessario sbarazzarsi di questa dipendenza per essere pienamente se stesso. 
L'uomo non vuole ricevere da Dio la sua esistenza e la pienezza della sua vita. Vuole attingere egli stesso dall'albero della conoscenza il potere di plasmare il mondo, di farsi dio elevandosi al livello di Lui, e di vincere con le proprie forze la morte e le tenebre. 
Non vuole contare sull'amore che non gli sembra affidabile; egli conta unicamente sulla conoscenza, in quanto essa gli conferisce il potere. Piuttosto che sull'amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in modo autonomo la propria vita. E nel fare questo, egli si fida della menzogna piuttosto che della verità e con ciò sprofonda con la sua vita nel vuoto, nella morte. 
Amore non è dipendenza, ma dono che ci fa vivere. La libertà di un essere umano è la libertà di un essere limitato ed è quindi limitata essa stessa. Possiamo possederla soltanto come libertà condivisa, nella comunione delle libertà: solo se viviamo nel modo giusto l'uno con l'altro e l'uno per l'altro, la libertà può svilupparsi. Noi viviamo nel modo giusto, se viviamo secondo la verità del nostro essere e cioè secondo la volontà di Dio. Perché la volontà di Dio non è per l'uomo una legge imposta dall'esterno che lo costringe, ma la misura intrinseca della sua natura, una misura che è iscritta in lui e lo rende immagine di Dio e così creatura libera. 
Se noi viviamo contro l'amore e contro la verità – contro Dio –, allora ci distruggiamo a vicenda e distruggiamo il mondo. Allora non troviamo la vita, ma facciamo l'interesse della morte. Tutto questo è raccontato con immagini immortali nella storia della caduta originale e della cacciata dell'uomo dal Paradiso terrestre.

Cari fratelli e sorelle! Se riflettiamo sinceramente su di noi e sulla nostra storia, dobbiamo dire che con questo racconto è descritta non solo la storia dell'inizio, ma la storia di tutti i tempi, e che tutti portiamo dentro di noi una goccia del veleno di quel modo di pensare illustrato nelle immagini del Libro della Genesi. Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale. Proprio nella festa dell'Immacolata Concezione emerge in noi il sospetto che una persona che non pecchi affatto sia in fondo noiosa; che manchi qualcosa nella sua vita: la dimensione drammatica dell'essere autonomi; che faccia parte del vero essere uomini la libertà del dire di no, lo scendere giù nelle tenebre del peccato e del voler fare da sé; che solo allora si possa sfruttare fino in fondo tutta la vastità e la profondità del nostro essere uomini, dell'essere veramente noi stessi; che dobbiamo mettere a prova questa libertà anche contro Dio per diventare in realtà pienamente noi stessi. Con una parola, noi pensiamo che il male in fondo sia buono, che di esso, almeno un po', noi abbiamo bisogno per sperimentare la pienezza dell'essere. Pensiamo che Mefistofele – il tentatore – abbia ragione quando dice di essere la forza "che sempre vuole il male e sempre opera il bene" (J.W. v. Goethe, Faust I, 3). Pensiamo che patteggiare un po' col male, riservarsi un po' di libertà contro Dio, in fondo, sia bene, forse sia addirittura necessario.

Guardando però il mondo intorno a noi, possiamo vedere che non è così, che cioè il male avvelena sempre, non innalza l'uomo, ma lo abbassa e lo umilia, non lo rende più grande, più puro e più ricco, ma lo danneggia e lo fa diventare più piccolo. Questo dobbiamo piuttosto imparare nel giorno dell'Immacolata: l'uomo che si abbandona totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente; egli non perde la sua libertà. Solo l'uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà, la vastità grande e creativa della libertà del bene. L'uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente se stesso. L'uomo che si mette nelle mani di Dio non si allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò benevola ed aperta.

Più l'uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini. Lo vediamo in Maria. Il fatto che ella sia totalmente presso Dio è la ragione per cui è anche così vicina agli uomini. Per questo può essere la Madre di ogni consolazione e di ogni aiuto, una Madre alla quale in qualsiasi necessità chiunque può osare rivolgersi nella propria debolezza e nel proprio peccato, perché ella ha comprensione per tutto ed è per tutti la forza aperta della bontà creativa. È in lei che Dio imprime la propria immagine, l'immagine di Colui che segue la pecorella smarrita fin nelle montagne e fin tra gli spini e i pruni dei peccati di questo mondo, lasciandosi ferire dalla corona di spine di questi peccati, per prendere la pecorella sulle sue spalle e portarla a casa. 
Come Madre che compatisce, Maria è la figura anticipata e il ritratto permanente del Figlio. E così vediamo che anche l'immagine dell'Addolorata, della Madre che condivide la sofferenza e l'amore, è una vera immagine dell'Immacolata. Il suo cuore, mediante l'essere e il sentire insieme con Dio, si è allargato. In lei la bontà di Dio si è avvicinata e si avvicina molto a noi. 
Così Maria sta davanti a noi come segno di consolazione, di incoraggiamento, di speranza. Ella si rivolge a noi dicendo: "Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui! Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, allora vedrai che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai!".

Vogliamo, in questo giorno di festa, ringraziare il Signore per il grande segno della Sua bontà che ci ha donato in Maria, Sua Madre e Madre della Chiesa. Vogliamo pregarlo di porre Maria sul nostro cammino come luce che ci aiuta a diventare anche noi luce e a portare questa luce nelle notti della storia. Amen.

© Copyright 2005 - Libreria Editrice Vaticana

AVE MARIA PURISSIMA!

venerdì 7 dicembre 2018

AI PICCOLI SARANNO SVELATI

Risultati immagini per Madonna piu venerata in Dongo

Dongo, 7 dicembre 1974. 
Primo sabato del mese.

Ai piccoli saranno svelati.

«Sei venuto, figlio, davanti alla mia Immagine, che tu fin da piccolo veneravi con un amore particolare e che era già segno della mia speciale predilezione verso di te.

Hai celebrato la Santa Messa per consolare il mio Cuore Immacolato e Addolorato e per tutti i Sacerdoti del Movimento Sacerdotale Mariano.

Non temere: Io stessa da ogni parte del mondo sto radunando questi figli nella mia schiera: tutti mi stanno rispondendo.

Se talvolta trovi qualche ostacolo, delle difficoltà o delle incomprensioni, offri tutto al mio Cuore.
Ti ho già detto, e te lo ripeto, che nessuna esterna interferenza potrà nuocere a questa mia Opera. Essa è il segno che oggi Io do alla mia Chiesa.

Nel momento della sua più grande confusione, alla vigilia di grandi avvenimenti che turberanno
la fede di tanti miei figli, ecco il segno che Io vi do: Me stessa!

Io, Madre della Chiesa, che intervengo personalmente ed inizio la mia Opera di salvezza. La
inizio così: con semplicità, nel nascondimento, in modo tanto umile da non avvertirsi neppure dai più. Ma questo, figli, è sempre stato il modo di agire della vostra Mamma.

Per riconoscere perciò questa mia azione voi dovete avere occhi di bimbi, mente di bimbi, cuore di bimbi. 

Dovete tornare ad essere semplici, umili, raccolti, poveri, candidi: dovete veramente tornare ad essere quei piccoli ai quali solo saranno svelati i disegni di Dio, i misteri del Regno di Dio.

Così ad illuminarsi sarà il cielo interiore delle vostre anime, e i vostri cuori saranno veramente 
trasfigurati, perché in essi Io stessa stamperò la mia immagine.

I vostri cuori saranno il mio Regno, e per mezzo di voi, Sacerdoti del mio Movimento, darò alla
Chiesa di oggi un segno, che sarà sempre più chiaro e avvertito da tutti, della mia presenza, della mia assistenza e della mia azione che è destinata alla vittoria, al trionfo del mio Cuore Immacolato».



AVE MARIA PURISSIMA!

REGOLA DI SAN FRANCESCO



PRIMA REGOLA

[1] Questa è la prima Regola che il beato Francesco compose, e il signor papa Innocenzo gli confermò senza bolla.

PROLOGO

[2] Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo! Questa è la vita del Vangelo di Gesù Cristo, che frate Francesco chiese che dal signor papa Innocenzo gli fosse concessa e confermata. Ed egli la concesse e la confermò per lui e per i suoi frati presenti e futuri.
[3] Frate Francesco e chiunque sarà a capo di questa Religione, prometta obbedienza e reverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi successori.
E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.

CAPITOLO I

CHE I FRATI VIVANO IN OBBEDIENZA, IN CASTITA'
E SENZA NULLA Dl PROPRIO

[4] La regola e vita dei frati è questa, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire la dottrina e l'esempio del Signore nostro Gesù Cristo, il quale dice: 
"Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e poi vieni e seguimi"
e: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua"
e ancora: "Se qualcuno vuole venire a me e non odia il padre, la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle e anche la sua vita stessa non può essere mio discepolo"
E: "Chiunque avrà lasciato il padre o la madre, i fratelli o le sorelle, la moglie o i figli, le case o i campi per amore mio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna".

AMDG et DVM