venerdì 5 gennaio 2018

Gertrude è una studentessa straordinaria... Nasce il 6 gennaio del 1256, festa dell’Epifania

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BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 6 ottobre 2010
 

Santa Gertrude la Grande


Cari fratelli e sorelle,

Santa Gertrude la Grande, della quale vorrei parlarvi oggi, ci porta anche questa settimana nel monastero di Helfta, dove sono nati alcuni dei capolavori della letteratura religiosa femminile latino-tedesca. A questo mondo appartiene Gertrude, una delle mistiche più famose, unica donna della Germania ad avere l’appellativo di “Grande”, per la statura culturale ed evangelica: con la sua vita e il suo pensiero ha inciso in modo singolare sulla spiritualità cristiana. È una donna eccezionale, dotata di particolari talenti naturali e di straordinari doni di grazia, di profondissima umiltà e ardente zelo per la salvezza del prossimo, di intima comunione con Dio nella contemplazione e di prontezza nel soccorrere i bisognosi.

A Helfta si confronta, per così dire, sistematicamente con la sua maestra Matilde di Hackeborn, di cui ho parlato nell’Udienza di mercoledì scorso; entra in rapporto con Matilde di Magdeburgo, altra mistica medioevale; cresce sotto la cura materna, dolce ed esigente, della Badessa Gertrude. Da queste tre consorelle attinge tesori di esperienza e sapienza; li elabora in una propria sintesi, percorrendo il suo itinerario religioso con sconfinata confidenza nel Signore. Esprime la ricchezza della spiritualità non solo del suo mondo monastico, ma anche e soprattutto di quello biblico, liturgico, patristico e benedettino, con un timbro personalissimo e con grande efficacia comunicativa.

Nasce il 6 gennaio del 1256, festa dell’Epifania, ma non si sa nulla né dei genitori né del luogo di nascita. Gertrude scrive che il Signore stesso le svela il senso di questo suo primo sradicamento: “L'ho scelta per mia dimora perché mi compiaccio che tutto ciò che c'è di amabile in lei sia opera mia […]. Proprio per questa ragione io l'ho allontanata da tutti i suoi parenti perché nessuno cioè l'amasse per ragione di consanguineità e io fossi il solo motivo dell'affetto che le si porta” (Le Rivelazioni, I, 16, Siena 1994, p. 76-77).

All’età di cinque anni, nel 1261, entra nel monastero, come si usava spesso in quella epoca, per la formazione e lo studio. Qui trascorre tutta la sua esistenza, della quale lei stessa segnala le tappe più significative. Nelle sue memorie ricorda che il Signore l’ha prevenuta con longanime pazienza e infinita misericordia, dimenticando gli anni della infanzia, adolescenza e gioventù, trascorsi - scrive - “in un tale accecamento di mente che sarei stata capace […] di pensare, dire o fare senza alcun rimorso tutto ciò che mi fosse piaciuto e dovunque avessi potuto, se tu non mi avessi prevenuta, sia con un insito orrore del male ed una naturale inclinazione per il bene, sia con la vigilanza esterna degli altri. Mi sarei comportata come una pagana […] e ciò pur avendo tu voluto che fin dall'infanzia e cioè dal mio quinto anno di età, abitassi nel santuario benedetto della religione per esservi educata fra i tuoi amici più devoti” (Ibid., II, 23, p. 140s).

Gertrude è una studentessa straordinaria, impara tutto ciò che si può imparare delle scienze del Trivio e del Quadrivio, la formazione di quel tempo; è affascinata dal sapere e si dà allo studio profano con ardore e tenacia, conseguendo successi scolastici oltre ogni aspettativa. Se nulla sappiamo delle sue origini, molto ella ci dice delle sue passioni giovanili: letteratura, musica e canto, arte della miniatura la catturano; ha un carattere forte, deciso, immediato, impulsivo; sovente dice di essere negligente; riconosce i suoi difetti, ne chiede umilmente perdono. Con umiltà chiede consiglio e preghiere per la sua conversione. Vi sono tratti del suo temperamento e difetti che l’accompagneranno fino alla fine, tanto da far stupire alcune persone che si chiedono come mai il Signore la prediliga tanto.

Da studentessa passa a consacrarsi totalmente a Dio nella vita monastica e per vent’anni non accade nulla di eccezionale: lo studio e la preghiera sono la sua attività principale. Per le sue doti eccelle tra le consorelle; è tenace nel consolidare la sua cultura in svariati campi. Ma, durante l’Avvento del 1280, inizia a sentire disgusto di tutto ciò, ne avverte la vanità e il 27 gennaio del 1281, pochi giorni prima della festa della Purificazione della Vergine, verso l’ora di Compieta, la sera, il Signore illumina le sue dense tenebre. Con soavità e dolcezza calma il turbamento che l’angoscia, turbamento che Gertrude vede come un dono stesso di Dio “per abbattere quella torre di vanità e di curiosità che, pur portando ahimè e il nome e l'abito di religiosa, io ero andata innalzando con la mia superbia, onde almeno così trovar la via per mostrarmi la tua salvezza” (Ibid., II,1, p. 87). Ha la visione di un giovanetto che la guida a superare il groviglio di spine che opprime la sua anima, prendendola per mano. In quella mano, Gertrude riconosce “la preziosa traccia di quelle piaghe che hanno abrogato tutti gli atti di accusa dei nostri nemici” (Ibid., II,1,  p. 89), riconosce Colui che sulla Croce ci ha salvati con il suo sangue, Gesù.

Da quel momento la sua vita di comunione intima con il Signore si intensifica, soprattutto nei tempi liturgici più significativi - Avvento-Natale, Quaresima-Pasqua, feste della Vergine - anche quando, ammalata, era impedita di recarsi in coro. È lo stesso humus liturgico di Matilde, sua maestra, che Gertrude, però, descrive con immagini, simboli e termini più semplici e lineari, più realistici, con riferimenti più diretti alla Bibbia, ai Padri, al mondo benedettino.

La sua biografa indica due direzioni di quella che potremmo definire una sua particolare “conversione”: negli studi, con il passaggio radicale dagli studi umanistici profani a quelli teologici, e nell’osservanza monastica, con il passaggio dalla vita che ella definiscenegligente alla vita di preghiera intensa, mistica, con un eccezionale ardore missionario. Il Signore, che l’aveva scelta dal seno materno e fin da piccola l’aveva fatta partecipare al banchetto della vita monastica, la richiama con la sua grazia “dalle cose esterne alla vita interiore e dalle occupazioni terrene all'amore delle cose spirituali”. Gertrude comprende di essere stata lontana da Lui, nella regione della dissomiglianza, come ella dice con sant’Agostino; di essersi dedicata con troppa avidità agli studi liberali, alla sapienza umana, trascurando la scienza spirituale, privandosi del gusto della vera sapienza; ora è condotta al monte della contemplazione, dove lascia l’uomo vecchio per rivestirsi del nuovo. “Da grammatica diventa teologa, con l'indefessa e attenta lettura di tutti i libri sacri che poteva avere o procurarsi, riempiva il suo cuore delle più utili e dolci sentenze della Sacra Scrittura. Aveva perciò sempre pronta qualche parola ispirata e di edificazione con cui soddisfare chi veniva a consultarla, e insieme i testi scritturali più adatti per confutare qualsivoglia opinione errata e chiudere la bocca ai suoi oppositori”(Ibid., I,1, p. 25).

Gertrude trasforma tutto ciò in apostolato: si dedica a scrivere e divulgare la verità di fede con chiarezza e semplicità, grazia e persuasività, servendo con amore e fedeltà la Chiesa, tanto da essere utile e gradita ai teologi e alle persone pie. Di questa sua intensa attività ci resta poco, anche a causa delle vicende che portarono alla distruzione del monastero di Helfta. Oltre all’Araldo del divino amore o Le rivelazioni, ci restano gli Esercizi Spirituali, un raro gioiello della letteratura mistica spirituale.

Nell'osservanza religiosa la nostra Santa è “una salda colonna […], fermissima propugnatrice della giustizia e della verità” (Ibid., I, 1, p. 26), dice la sua biografa. Con le parole e l’esempio suscita negli altri grande fervore. Alle preghiere e alle penitenze della regola monastica ne aggiunge altre con tale devozione e tale abbandono fiducioso in Dio, da suscitare in chi la incontra la consapevolezza di essere alla presenza del Signore. E di fatto Dio stesso le fa comprendere di averla chiamata ad essere strumento della sua grazia. Di questo immenso tesoro divino Gertrude si sente indegna, confessa di non averlo custodito e valorizzato. Esclama: “Ahimè! Se Tu mi avessi dato per tuo ricordo, indegna come sono, anche un filo solo di stoppa, avrei pur dovuto riguardarlo con maggior rispetto e reverenza di quanto ne abbia avuta per questi tuoi doni!” (Ibid., II,5, p. 100). Ma, riconoscendo la sua povertà e la sua indegnità, ella aderisce alla volontà di Dio, “perché – afferma - ho così poco approfittato delle tue grazie che non posso risolvermi a credere che mi siano state elargite per me sola, non potendo la tua eterna sapienza venir frustrata da alcuno. Fa’ dunque, o Datore di ogni bene che mi hai gratuitamente elargito doni così indebiti, che, leggendo questo scritto, il cuore di uno almeno dei tuoi amici sia commosso al pensiero che lo zelo delle anime ti ha indotto a lasciare per tanto tempo una gemma di valore così inestimabile in mezzo al fango abominevole del mio cuore” (Ibid., II,5, p. 100s).

In particolare due favori le sono cari più di ogni altro, come Gertrude stessa scrive: “Le stimmate delle tue salutifere piaghe che mi imprimesti, quasi preziosi monili, nel cuore, e la profonda e salutare ferita d'amore con cui lo segnasti. Tu mi inondasti con questi Tuoi doni di tanta beatitudine che, anche dovessi vivere mille anni senza nessuna consolazione né interna né esterna, il loro ricordo basterebbe a confortarmi, illuminarmi, colmarmi di gratitudine. Volesti ancora introdurmi nell’inestimabile intimità della tua amicizia, aprendomi in diversi modi quel sacrario nobilissimo della tua Divinità che è il tuo Cuore divino […]. A questo cumulo di benefici aggiungesti quello di darmi per Avvocata la santissima Vergine Maria Madre Tua, e di avermi spesso raccomandata al suo affetto come il più fedele degli sposi potrebbe raccomandare alla propria madre la sposa sua diletta” (Ibid., II, 23, p. 145).

Protesa verso la comunione senza fine, conclude la sua vicenda terrena il 17 novembre del 1301 o 1302, all’età di circa 46 anni. Nel settimo Esercizio, quello della preparazione alla morte, santa Gertrude scrive: “O Gesù, tu che mi sei immensamente caro, sii sempre con me, perché il mio cuore rimanga con te e il tuo amore perseveri con me senza possibilità di divisione e il mio transito sia benedetto da te, così che il mio spirito, sciolto dai lacci della carne, possa immediatamente trovare riposo in te. Amen” (Esercizi, Milano 2006, p. 148).
Mi sembra ovvio che queste non sono solo cose del passato, storiche, ma l’esistenza di santa Gertrude rimane una scuola di vita cristiana, di retta via, e ci mostra che il centro di una vita felice, di una vita vera, è l’amicizia con Gesù, il Signore. E questa amicizia si impara nell’amore per la Sacra Scrittura, nell’amore per la liturgia, nella fede profonda, nell’amore per Maria, in modo da conoscere sempre più realmente Dio stesso e così la vera felicità, la meta della nostra vita. Grazie.

Gasparre, Melchiorre e Baldassarre

Siamo venuti per adorarLo 
(Mt 2,2)




Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua chiamata; fate salire verso di Lui l’incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amato fino a morire come un malfattore sul Golgotha.

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
PER LA XX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
(COLONIA, AGOSTO 2005) 
Siamo venuti per adorarlo (Mt 2,2)

Carissimi giovani!
1. Quest’anno abbiamo celebrato la XIX Giornata Mondiale della Gioventù meditando sul desiderio espresso da alcuni greci, giunti a Gerusalemme in occasione della Pasqua: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). Ed eccoci ora in cammino verso Colonia, dove nell’agosto 2005 si terrà la XX Giornata Mondiale della Gioventù.

Siamo venuti per adorarlo (Mt 2,2): questo è il tema del prossimo incontro mondiale giovanile. E’ un tema che permette ai giovani di ogni continente di ripercorrere idealmente l’itinerario dei Magi, le cui reliquie secondo una pia tradizione sono venerate proprio in quella città, e di incontrare, come loro, il Messia di tutte le nazioni.

In verità, la luce di Cristo rischiarava già l’intelligenza e il cuore dei Magi. “Essi partirono” (Mt 2,9), racconta l’evangelista, lanciandosi con coraggio per strade ignote e intraprendendo un lungo e non facile viaggio. Non esitarono a lasciare tutto per seguire la stella che avevano visto sorgere in Oriente (cfr Mt 2,1). Imitando i Magi, anche voi, cari giovani, vi accingete a compiere un “viaggio” da ogni regione del globo verso Colonia. E’ importante non solo che vi preoccupiate dell’organizzazione pratica della Giornata Mondiale della Gioventù, ma occorre che ne curiate in primo luogo la preparazione spirituale, in un’atmosfera di fede e di ascolto della Parola di Dio.

2. “Ed ecco la stella … li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo in cui si trovava il bambino” (Mt 2,9). I Magi arrivarono a Betlemme perché si lasciarono docilmente guidare dalla stella. Anzi, “al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia” (Mt2,10). E’ importante, carissimi, imparare a scrutare i segni con i quali Dio ci chiama e ci guida. Quando si è consapevoli di essere da Lui condotti, il cuore sperimenta una gioia autentica e profonda, che si accompagna ad un vivo desiderio di incontrarlo e ad uno sforzo perseverante per seguirlo docilmente.
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre” (Mt 2,11). Niente di straordinario a prima vista. Eppure quel Bambino è diverso dagli altri: è l’unigenito Figlio di Dio che si è spogliato della sua gloria (cfr Fil 2,7) ed è venuto sulla terra per morire in Croce. E’ sceso tra noi e si è fatto povero per rivelarci la gloria divina, che contempleremo pienamente in Cielo, nostra patria beata.
Chi avrebbe potuto inventare un segno d’amore più grande? Restiamo estasiati dinanzi al mistero di un Dio che si abbassa per assumere la nostra condizione umana sino ad immolarsi per noi sulla croce (cfr Fil 2,6-8). Nella sua povertà, è venuto ad offrire la salvezza ai peccatori Colui che - come ci ricorda san Paolo - “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9). Come rendere grazie a Dio per tanta accondiscendente bontà?

3. I Magi incontrano Gesù a “Bêt-lehem”, che significa “casa del pane”. Nell’umile grotta di Betlemme giace, su un po’ di paglia, il “chicco di grano” che morendo porterà “molto frutto” (cfr Gv 12,24). Per parlare di se stesso e della sua missione salvifica Gesù, nel corso della sua vita pubblica, farà ricorso all’immagine del pane. Dirà: “Io sono il pane della vita”, “Io sono il pane disceso dal cielo”, “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 35.41.51).
Ripercorrendo con fede l’itinerario del Redentore dalla povertà del Presepio all’abbandono della Croce, comprendiamo meglio il mistero del suo amore che redime l’umanità. Il Bambino, adagiato da Maria nella mangiatoia, è l’Uomo-Dio che vedremo inchiodato sulla Croce. Lo stesso Redentore è presente nel sacramento dell’Eucaristia. Nella stalla di Betlemme si lasciò adorare, sotto le povere apparenze di un neonato, da Maria, da Giuseppe e dai pastori; nell’Ostia consacrata lo adoriamo sacramentalmente presente in corpo, sangue, anima e divinità, e a noi si offre come cibo di vita eterna. La santa Messa diviene allora il vero appuntamento d’amore con Colui che ha dato tutto se stesso per noi. Non esitate, cari giovani, a rispondergli quando vi invita “al banchetto di nozze dell’Agnello” (cfr Ap 19,9). Ascoltatelo, preparatevi in modo adeguato e accostatevi al Sacramento dell’Altare, specialmente in quest’Anno dell’Eucaristia (ottobre 2004-2005) che ho voluto indire per tutta la Chiesa.

4. “E prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11). Se nel bambino che Maria stringe fra le sue braccia i Magi riconoscono e adorano l’atteso delle genti annunziato dai profeti, noi oggi possiamo adorarlo nell’Eucaristia e riconoscerlo come nostro Creatore, unico Signore e Salvatore.
Aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra” (Mt 2,11). I doni che i Magi offrono al Messia simboleggiano la vera adorazione. Mediante l’oro essi ne sottolineano la regale divinità; con l’incenso lo confessano come sacerdote della nuova Alleanza; offrendogli la mirra celebrano il profeta che verserà il proprio sangue per riconciliare l’umanità con il Padre.
Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua chiamata; fate salire verso di Lui l’incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amato fino a morire come un malfattore sul Golgotha.

5. Siate adoratori dell’unico vero Dio, riconoscendogli il primo posto nella vostra esistenza! L’idolatria è tentazione costante dell’uomo. Purtroppo c’è gente che cerca la soluzione dei problemi in pratiche religiose incompatibili con la fede cristiana. E’ forte la spinta a credere ai facili miti del successo e del potere; è pericoloso aderire a concezioni evanescenti del sacro che presentano Dio sotto forma di energia cosmica, o in altre maniere non consone con la dottrina cattolica.
Giovani, non cedete a mendaci illusioni e mode effimere che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale! Rifiutate le seduzionidel denaro, del consumismo e della subdola violenza che esercitano talora i mass-media.
L’adorazione del vero Dio costituisce un autentico atto di resistenza contro ogni forma di idolatria. Adorate Cristo: Egli è la Roccia su cui costruire il vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il Principe della pace, la fonte di perdono e di riconciliazione, che può rendere fratelli tutti i membri della famiglia umana.

6. “Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). Il Vangelo precisa che, dopo aver incontrato Cristo, i Magi tornarono al loro paese “per un’altra strada”. Tale cambiamento di rotta può simboleggiare la conversione a cui coloro che incontrano Gesù sono chiamati per diventare i veri adoratori che Egli desidera (cfr Gv 4,23-24). Ciò comporta l’imitazione del suo modo di agire facendo di se stessi, come scrive l’apostolo Paolo, un “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. L’Apostolo aggiunge poi di non conformarsi alla mentalità di questo secolo, ma di trasformarsi rinnovando la mente, “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto” (cfr Rm 12,1-2).
Ascoltare Cristo e adorarlo porta a fare scelte coraggiose, a prendere decisioni a volte eroiche. Gesù è esigente perché vuole la nostra autentica felicità. Chiama alcuni a lasciare tutto per seguirlo nella vita sacerdotale o consacrata. Chi avverte quest’invito non abbia paura di rispondergli “sì” e si metta generosamente alla sua sequela. Ma, al di là delle vocazioni di speciale consacrazione, vi è la vocazione propria di ogni battezzato: anch’essa è vocazione a quella “misura alta” della vita cristiana ordinaria che s’esprime nella santità (cfr Novo millennio ineunte, 31). Quando si incontra Cristo e si accoglie il suo Vangelo, la vita cambia e si è spinti a comunicare agli altri la propria esperienza.
Sono tanti i nostri contemporanei che non conoscono ancora l’amore di Dio, o cercano di riempirsi il cuore con surrogati insignificanti. E’ urgente, pertanto, essere testimoni dell’amore contemplato in Cristo. L’invito a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù è anche per voi, cari amici che non siete battezzati o che non vi riconoscete nella Chiesa. Non è forse vero che pure voi avete sete di Assoluto e siete in ricerca di “qualcosa” che dia significato alla vostra esistenza? Rivolgetevi a Cristo e non sarete delusi.

7. Cari giovani, la Chiesa ha bisogno di autentici testimoni per la nuova evangelizzazione: uomini e donne la cui vita sia stata trasformata dall’incontro con Gesù; uomini e donne capaci di comunicare quest’esperienza agli altri. La Chiesa ha bisogno di santi. Tutti siamo chiamati alla santità, e solo i santi possono rinnovare l’umanità. Su questo cammino di eroismo evangelico tanti ci hanno preceduto ed è alla loro intercessione che vi esorto a ricorrere spesso. Incontrandovi a Colonia, imparerete a conoscere meglio alcuni di loro, come san Bonifacio, l’apostolo della Germania, e i Santi di Colonia, in particolare Orsola, Alberto Magno, Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) e il beato Adolph Kolping. Fra questi, vorrei particolarmente citare sant’Alberto e santa Teresa Benedetta della Croce che, con lo stesso atteggiamento interiore dei Magi, hanno appassionatamente cercato la verità. Essi non hanno esitato a mettere le loro capacità intellettuali al servizio della fede, testimoniando così che fede e ragione sono legate e si richiamano a vicenda.
Carissimi giovani incamminati idealmente verso Colonia, il Papa vi accompagna con la sua preghiera. Maria, “donna eucaristica” e Madre della Sapienza, sostenga i vostri passi, illumini le vostre scelte, vi insegni ad amare ciò che è vero, buono e bello. Vi porti tutti a suo Figlio, il solo che può soddisfare le attese più intime dell’intelligenza e del cuore dell’uomo.
Con la mia Benedizione!
Da Castel Gandolfo, 6 Agosto 2004
IOANNES PAULUS PP. II

AMDG et DVM

Santa Messa dell'Immacolato Cuore di Maria Santissima

“Quodcumque dixerit vobis, facite”

“Fate tutto quello che Egli vi dirà”

SACRATISSIMI IMMACULATI CORDIS BEATISSIMAE MARIAE VIRGINIS

*

Introitus Hebr. 4, 16 ADEÁMUS cum fidúcia ad thronum grátiae, ut misericórdiam consequámur, et grátiam inveniámus in auxílio opportúno. Ps. 44, 2 Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi. V/. Glória Patri.


Oratio

OMNÍPOTENS sempitérne Deus, qui in Corde beátae Maríae Vírginis dignum Spíritus Sancti habitáculum praeparásti: concéde propítius ; ut ejúsdem immaculáti Cordis festivitátem devóta mente recoléntes, secúndum Cor tuum vívere valeámus. Per Dóminum... in unitáte ejúsdem.


Léctio libri Sapiéntiae.
Eccli. 24, 23-31

EGO quasi vitis fructificávi suavitátem odóris: et flores mei, fructus honóris et honestátis. Ego mater pulchrae dilectiónis, et timóris, et agnitiónis, et sanctae spei. In me grátia omnis viae et veritátis: in me omnis spes vitae et virtútis. Transíte ad me, omnes qui concupíscitis me, et a generatiónibus meis implémini. Spíritus enim meus super mel dulcis, et heréditas mea super mel et favum. Memória mea in generatiónes saeculórum. Qui edunt me, adhuc esúrient: et qui bibunt me, adhuc sítient. Qui audit me, non confundétur: et qui operántur in me, non peccábunt. Qui elúcidant me, vitam aetérnam habébunt.

Graduale Ps. 12, 6 Exsultábit cor meum in salutári tuo: cantábo Dómino, qui bona tríbuit mihi: et psallam nómini Dómini altíssimi. V/. Ps. 44, 18 Mémores erunt nóminis tui in omni generatióne et generatiónem: proptérea pópuli confitebúntur tibi in aetérnum.
Allelúja, allelúja. V/. Luc. 1, 46-47 Magníficat ánima mea Dóminum: et exsultávit spíritus meus in Deo salutári meo. Allelúja.

In Missis votivis post Septuagesimam, omissis Allelúja et Versu sequenti, dicitur

Tractus Prov. 8, 32-35 Nunc ergo, fílii, audíte me: Beáti, qui custódiunt vias meas. Audíte disciplínam et estóte sapiéntes, et nolíte abjícere eam. V/. Beátus homo qui audit me, et qui vígilat ad fores meas quotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. V/. Qui me invénerit, invéniet vitam, et háuriet salútem a Dómino.

Tempore autem Paschali, omittitur Graduale, et ejus loco dicitur:
Allelúja, allelúja. V/. Luc. 1, 46-48 Magníficat ánima mea Dóminum: et exsultávit spíritus meus in Deo salutári meo. Allelúja. V/. Beátam me dicent omnes generatiónes, quia ancíllam húmilem respéxit Deus. Allelúja.


+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joann. 19, 25-27

IN illo témpore: Stabant juxta crucem Jesu mater ejus, et soror matris ejus María Cléophae, et María Magdaléne. Cum vidísset ergo Jesus matrem, et discípulum stantem, quem diligébat, dicit matri suae: Múlier, ecce fílius tuus. Deínde dicit discípulo: Ecce mater tua. Et ex illa hora accépit eam discípulus in sua.

Credo.

Offertorium Luc. 1, 47 et 49 Exsultávit spíritus meus in Deo salutári meo ; quia fecit mihi magna qui potens est, et sanctum nomen ejus.


Secreta

MAJESTÁTI tuae, Dómine, Agnum immaculátum offeréntes, quaésumus: ut corda nostra ignis ille divínus accéndat, qui Cor beatae Maríae Vírginis ineffabíliter inflammávit. Per eúmdem Dóminum.


Praefatio de beata Maria Virgine Et te in Festivitáte.


Communio Joann. 19, 26-27 Dixit Jesus matri suae: Múlier, ecce fílius tuus: deínde dixit discípulo: Ecce mater tua. Et ex illa hora accepit eam discípulus in sua.


Postcommunio

DIVÍNIS refécti munéribus te, Dómine, supplíciter exorámus: ut beátae Maríae Vírginis intercessióne, cujus immaculáti Cordis solémnia venerándo égimus, a praeséntibus perículis liberáti, aetérnae vitae gáudia consequámur. Per Dóminum.


AMDG et DVM

Santa Messa del Sacro Cuore di Gesù

Qui la Devozione al Cuore di Gesù ha preso vita
per donare al mondo possibilità di salvezza e conversione.
Sì… riparte da qui, da questo luogo incantevole la Grande Devozione…
affinché l’uomo possa rigenerarsi dal di dentro
partendo proprio dal cuore.

Se non si cambiano i cuori 
non si cambierà il mondo

SACRATISSIMI CORDIS JESU

Duplex I classis cum Octava privilegiata III Ordinis

Introitus Ps. 32, 11 et 19
COGITATIÓNES Cordis ejus in generatióne et generatiónem: ut éruat a morte ánimas eórum, et alat eos in fame. Ps. ibid., 1 Exsultáte, justi, in Dómino, rectos decet collaudátio. V/. Glória Patri.
Oratio

DEUS, qui nobis, in Corde Fílii tui, nostris vulneráto peccátis, infinítos dilectiónis thesáuros misericórditer largíri dignáris ; concéde, quaésumus ; ut illi devótum pietátis nostrae praestántes obséquium, dignae quoque satisfactiónis exhibeámus offícium. Per eúmdem Dóminum.
Léctio Epístolae beáti Pauli Apóstoli ad Ephésios.

Ephes. 3, 8-12 ; 14-19

FRATRES, mihi ómnium sanctórum mínimo data est grátia haec, in géntibus evangelizáre investigábiles divítias Christi: et illumináre omnes, quae sit dispensátio sacraménti abscónditi a saéculis in Deo qui ómnia creávit: ut innotéscat principátibus et potestátibus in caeléstibus per Ecclésiam multifórmis sapiéntia Dei: secúndum praefinitiónem saeculórum quam fecit in Christo Jesu Dómino nostro, in quo habémus fidúciam et accéssum in confidéntia per fidem ejus. Hujus rei grátia flecto génua mea ad Patrem Dómini nostri Jesu Christi, ex quo omnis patérnitas in caelis et in terra nominátur: ut det vobis secúndum divítias glóriae suae, virtúte corroborári per Spíritum ejus in interiórem hóminem: Christum habitáre per fidem in córdibus vestris: in caritáte radicáti et fundáti: ut possítis comprehéndere, cum ómnibus sanctis, quae sit latitúdo, et longitúdo, et sublímitas et profúndum: scire étiam supereminéntem sciéntiae caritátem Christi, ut impleámini in omnem plenitúdinem Dei.

Graduale Ps. 24, 8-9 Dulcis et rectus Dóminus, propter hoc legem dabit delinquéntibus in via. V/. Díriget mansuétos in judício, docébit mites vias suas.
Allelúja, allelúja. V/. Matth. 11, 29 Tóllite jugum meum super vos et díscite a me, quia mitis sum et húmilis Corde, et inveniétis réquiem animábus vestris. Allelúja.


In Missis votivis post Septuagesimam, omissis Allelúja et Versu sequenti, dicitur:

Tractus Ps. 102, 8-10 Miséricors et miserátor Dóminus, longánimis et multum miséricors. V/. Non in perpétuum irascétur, neque in aetérnum comminábitur. V/. Non secúndum peccáta nostra fecit nobis, neque secúndum iniquitátes nostras retríbuit nobis.

Tempore autem Paschali, omissis Graduali et Tractu, dicitur:

Allelúja, allelúja. V/. Matth. 11, 29 et 28 Tóllite jugum meum super vos et díscite a me, quia mitis sum et húmilis Corde, et inveniétis réquiem animábus vestris. Allelúja. V/. Veníte ad me, omnes qui laborátis, et oneráti estis, et ego refíciam vos. Allelúja.
+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joann. 19, 31-37

IN illo témpore: Judaéi, quóniam Parascéve erat, ut non remanérent in cruce córpora sábbato, erat enim magnus dies ille sábbati, rogavérunt Pilátum ut frangeréntur eórum crura et tolleréntur. Venérunt ergo mílites, et primi quidem fregérunt crura, et altérius qui crucifíxus est cum eo. Ad Jesum autem cum veníssent, ut vidérunt eum jam mórtuum, non fregérunt ejus crura: sed unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua. Et qui vidit, testimónium perhíbuit: et verum est testimónium ejus. Et ille scit, quia vera dicit: ut et vos credátis. Facta sunt enim haec, ut Scriptúra implerétur: Os non comminuétis ex eo. Et íterum ália Scriptúra dicit: Vidébunt in quem transfixérunt.

Credo.

Offertorium Ps. 68, 21 Impropérium exspectávit Cor meum et misériam, et sustínui qui simul mecum contristarétur, et non fuit ; consolántem me quaesívi, et non invéni.


Tempore vero Paschali, in Missis votivis, sic mutatur Offertorium:

Offertorium Ps. 39, 7-9 Holocáustum et pro peccáto non postulásti ; tunc dixi: Ecce vénio. In cápite libri scriptum est de me ut fácerem voluntátem tuam: Deus meus, vólui et legem tuam in médio Cordis mei, allelúja.
Secreta

RÉSPICE, quaésumus, Dómine, ad ineffábilem Cordis dilécti Fílii tui caritátem: ut quod offérimus sit tibi munus accéptum, et nostrórum expiátio delictórum. Per eúmdem Dóminum.

Praefatio de Sacratissimo Corde Jesu, quae dicitur per totam Octavam, juxta Rubricas.


Communio Joann. 19, 34 Unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua.

Tempore autem Paschali, in Missis votivis, sic mutatur Communio:
Communio Joann. 7, 37 Si quis sitit, véniat ad me et bibat, allelúja, allelúja.
Postcommunio

PRAEBEANT nobis, Dómine Jesu, divínum tua sancta fervórem ; quo dulcíssimi Cordis tui suavitáte percépta, discámus terréna despícere, et amáre caeléstia: Qui vivis.


AMDG et DVM