venerdì 5 gennaio 2018

CONTEMPLA - UOMO DEL TERZO MILLENNIO d. C. - IL DOLCE MISTERO DELL'EPIFANIA

 A.D. 18 Terzo Millennio d. C.


83 34. Adorazione dei Magi. È "vangelo della fede". Mt 2, 1-12 


Il mio interno ammonitore mi dice: «Chiama queste contemplazioni, che avrai e che ti dirò, "i vangeli della fede", perché a te e agli altri verranno ad illustrare la potenza della fede e dei suoi frutti e a confermarvi nella fede in Dio». 

(La prima delle quali è l’unica a far parte dell’opera. Le altre, chiamate anch’esse “vangeli della fede”, non sono episodi propriamente del Vangelo e si trovano nel volume “I quaderni del 1944”). 


Vedo Betlemme piccola e bianca, raccolta come una chiocciata sotto al lume delle stelle. Due vie principali la tagliano a croce, l'una venendo da oltre il paese, ed è la via maestra che poi prosegue oltre il paese, l'altra andando da un'estremità all'altra dello stesso, ma non oltre. Altre viuzze lo segmentano, questo piccolo paese, senza la più piccola norma di piano stradale come noi lo concepiamo, ma anzi adattandosi al suolo che è a dislivelli ed alle case sorte qua e là, secondo i capricci del suolo e del loro costruttore. Volte quali a destra e quali a manca, chi messa per spigolo, rispetto alla via che le costeggia, obbligano questa ad essere come un nastro che si sgomitola sinuosamente e non un rettilineo che va da qua a là senza deviare. 
Ogni tanto una piazzetta, sia per un mercato, sia per una fontana, sia perché, costruito qui e là senza regola, è rimasto uno scampolo di suolo sghimbescio su cui non è possibile costruire più nulla. 

Nel punto dove mi pare di sostare particolarmente è proprio una di queste piazzette irregolari. Dovrebbe essere quadrata o quanto meno rettangolare. Invece è venuta un trapezio tanto strano da parere un triangolo acuto smusso nel vertice. Nel lato più lungo - la base del triangolo - vi è un fabbricato largo e basso. Il più largo del paese. Di fuori è un muraglione liscio e nudo, sul quale si aprono appena due portoni, ora ben serrati. 
Dentro invece, nel suo largo quadrato, si aprono molte finestre al primo piano, mentre sotto vi sono porticati che cingono cortili sparsi di paglia e detriti, con delle vasche per abbeverare cavalli e altri animali. Alle rustiche colonne dei portici sono anelli per tenere legate le bestie, e su un lato vi è una vasta tettoia per ricoverare mandre e cavalcature. 

Comprendo che è l'albergo di Betlemme. 
Sugli altri due lati uguali sono case e casette, quali precedute e quali no da un poco d'orto, perché fra esse vi è quella che è con la facciata sulla piazza, e quella col retro della casa sulla piazza. Sull'altro lato più stretto, fronteggiante il caravanserraglio, un'unica casetta dalla scaletta esterna che entra a metà facciata nelle camere del piano abitato. Sono tutte chiuse perché è notte. Non vi è nessuno per le vie, data l'ora. Vedo aumentare la luce notturna piovente dal cielo pieno di stelle, così belle nel cielo orientale, così vive e grandi che paiono vicine e che sia facile raggiungerle e toccare quei fiori splendenti nel velluto del firmamento. 



Alzo lo sguardo per comprendere la fonte di questo aumento di luce. Una stella, di insolita grandezza che la fa parere una piccola luna, si avanza nel cielo di Betlemme. E le altre paiono eclissarsi e farle largo come ancelle al passare della regina, tanto il suo splendore le soverchia e annulla. Dal globo, che pare un enorme zaffiro pallido, acceso internamente da un sole, parte una scia nella quale, al predominante colore dello zaffiro chiaro, si fondono i biondi dei topazi, i verdi degli smeraldi, gli opalescenti degli opali, i sanguigni bagliori dei rubini e i dolci scintillii delle ametiste. Tutte le pietre preziose della terra sono in quella scia, che spazza il cielo con un moto veloce e ondulante come fosse viva. Ma il colore che predomina è quello piovente dal globo della stella: il paradisiaco colore di pallido zaffiro che scende a fare di argento azzurro le case, le vie, il suolo di Betlemme, culla del Salvatore. 

Non è più la povera città, per noi meno di un paese rurale. È una fantastica città di fiaba in cui tutto è d'argento. E l'acqua delle fonti e delle vasche è di liquido diamante. Con un più vivo raggiare di splendori la stella si ferma sulla piccola casa che è sul lato più stretto della piazzetta. Né i suoi abitanti, né i betlemmiti la vedono, perché dormono nelle chiuse case, ma essa accelera i suoi palpiti di luce, e la sua coda vibra e ondeggia più forte tracciando quasi dei semicerchi nel cielo, che si accende tutto per questa rete d'astri che essa trascina, per questa rete piena di preziosi che splendono tingendo dei più vaghi colori le altre stelle, quasi a comunicare loro una parola di gioia. 

La casetta è tutta bagnata da questo fuoco liquido di gemme. Il tetto della breve terrazza, la scaletta di pietra scura, la piccola porta, tutto è come un blocco di puro argento sparso di polvere di diamanti e perle. 

Nessuna reggia della terra ha mai avuto od avrà una scala simile a questa, fatta per ricevere il passo degli angeli, fatta per esser usata dalla Madre che è Madre di Dio. I suoi piccoli piedi di Vergine Immacolata possono posarsi su quel candido splendore, i suoi piccoli piedi destinati a posarsi sui gradini del trono di Dio. 

Ma la Vergine non sa. Essa veglia presso la cuna del Figlio e prega. Nell'anima ha splendori che superano gli splendori di cui la stella decora le cose. 

Dalla via maestra si avanza una cavalcata. Cavalli bardati ed altri condotti a mano, dromedari e cammelli cavalcati o portanti il loro carico. 

Il suono degli zoccoli fa un rumore di acqua che frusci e schiaffeggi le  pietre di un torrente. Giunti sulla piazza, tutti si fermano. 
La cavalcata, sotto il raggio della stella, è fantastica di splendore. I finimenti delle ricchissime cavalcature, gli abiti dei loro cavalcatori, i volti, i bagagli, tutto splende unendo e ravvivando il suo splendore di metallo, di cuoio, di seta, di gemma, di pellame, al brillio stellare. 

E gli occhi raggiano e ridono le bocche, perché un altro splendore si è acceso nei cuori, quello di una gioia soprannaturale. 

Mentre i servi si avviano verso il caravanserraglio con gli animali, tre della carovana smontano dalle rispettive cavalcature, che un servo subito conduce altrove, e a piedi vanno verso la casa. 
E si prostrano, fronte a terra, a baciare la polvere. 
Sono tre potenti. Lo dicono le vesti ricchissime. 

Uno, di pelle molto scura, sceso da un cammello, si avvolge tutto in uno sciamma di candida seta splendente, stretto alla fronte ed alla vita da un cerchio prezioso, da cui pende un pugnale o una spada dall'elsa tempestata di gemme. 
Gli altri, scesi da due splendidi cavalli, sono vestiti l'uno di una stoffa rigata, bellissima, in cui predomina il color giallo, fatto quest'abito come un lungo domino ornato di cappuccio e di cordone, che paiono un sol lavoro di filigrana d'oro tanto sono trapunti di ricami in oro. 
Il terzo ha una camicia setosa, che sbuffa da larghe e lunghe brache strette al piede, e si avvolge in uno scialle finissimo, che pare un giardino fiorito tanto sono vivi i fiori che lo decorano tutto. In testa ha un turbante trattenuto da una catenella tutta a castoni di diamanti. 



Dopo avere venerato la casa dove è il Salvatore, si rialzano e vanno al caravanserraglio, dove i servi hanno bussato e fatto aprire. E qui cessa la visione. 

Che riprende, tre ore dopo, con la scena dell'adorazione dei Magi a Gesù. 

È giorno, ora. Un bel sole splende nel cielo pomeridiano. Un servo dei tre traversa la piazza e sale la scaletta della piccola casa. Entra. Esce. Torna all'albergo. 

Escono i tre Savi, seguiti ognuno dal proprio servo. Traversano la piazza. I rari passanti si volgono a guardare i pomposi personaggi che passano molto lentamente, con solennità. Fra l'entrata del servo e quella dei tre è passato un buon quarto d'ora, che ha dato modo agli abitanti della casetta di prepararsi a ricevere gli ospiti. 

Questi sono ancor più riccamente vestiti della sera avanti. Le sete splendono, le gemme brillano, un gran pennacchio di penne preziose, sparse di scaglie ancor più preziose, tremola e sfavilla sul capo di colui che ha il turbante. 

I servi portano 
l'uno un cofano tutto intarsiato, le cui rinforzature metalliche sono in oro bulinato; 
il secondo un lavoratissimo calice, coperto da un ancor più lavorato coperchio tutto d'oro; 
il terzo una specie di anfora larga e bassa, pure in oro, e tappata da una chiusura fatta a piramide, che al vertice porta un brillante. 

Devono essere pesanti, perché i servi li portano con fatica, specie quello del cofano. I tre montano la scala ed entrano. Entrano in una stanza che va dalla strada al dietro della casa. Si vede l'orticello posteriore da una finestra aperta al sole. Delle porte si aprono nelle due altre pareti, e da queste sbirciano coloro che sono i proprietari: un uomo, una donna e tre o quattro fra giovinetti e bimbi. 

Maria è seduta col Bambino in grembo ed ha vicino Giuseppe in piedi. Però si alza Ella pure e si inchina quando vede entrare i tre Magi. 

È tutta vestita di bianco. Così bella nella sua semplice veste candida che la copre dalla radice del collo ai piedi, dalle spalle ai polsi sottili, così bella nella testina coronata di trecce bionde, nel viso che l'emozione fa più vivamente roseo, negli occhi che sorridono con dolcezza, nella bocca che s'apre al saluto: «Dio sia con voi», che i tre si arrestano un istante colpiti. Poi procedono e le si prostrano ai piedi. E la pregano di sedere. 

Essi no, non siedono, per quanto Ella li preghi di farlo. Essi restano in ginocchio, rilassati sui calcagni. Dietro a loro, pure in ginocchio, sono i tre servi. Essi sono subito dopo il limitare. Hanno posato davanti a loro i tre oggetti che portavano, e attendono. 
I tre Savi contemplano il Bambino, che mi pare possa avere dai nove mesi ad un anno, tanto è vispo e robusto. Egli sta seduto in grembo alla Mamma, e sorride e cinguetta con una vocina di uccellino. È vestito tutto di bianco come la Mamma, con sandaletti ai piedini minuscoli. Una vestina molto semplice: una tunichella da cui escono i bei piedini irrequieti, le manine grassottelle che vorrebbero afferrare tutto, e soprattutto la bellissima faccina nella quale splendono gli occhi azzurro cupi, e la bocca fa le fossette ai lati ridendo e scoprendo i primi dentini minuti. I ricciolini sembrano una polvere d'oro tanto sono splendenti e vaporosi. 
Il più vecchio dei Savi parla per tutti. Spiega a Maria che essi hanno visto, una notte del passato dicembre, accendersi una nuova stella nel cielo, di inusitato splendore. Mai le carte del cielo avevano portato quell'astro e parlato di esso. Il suo nome non era conosciuto, perché essa non aveva nome. Nata allora dal seno di Dio, essa era fiorita per dire agli uomini una verità benedetta, un segreto di Dio. Ma gli uomini non le avevano fatto caso, perché avevano l'anima confitta nel fango. Non alzavano lo sguardo a Dio e non sapevano leggere le parole che Egli traccia, ne sia in eterno benedetto, con astri di fuoco sulla volta dei cieli. 

Essi l'avevano vista e si erano sforzati a capirne la voce. Perdendo contenti il poco sonno che concedevano alle loro membra, dimenticando il cibo, s'erano sprofondati nello studio dello zodiaco
E le congiunzioni degli astri, il tempo, la stagione, il calcolo delle ore passate e delle combinazioni astronomiche avevano a loro detto il nome e il segreto della stella. Il suo nome: «Messia». Il suo segreto: «Essere il Messia venuto al mondo». 

E si erano partiti per adorarlo. Ognuno all'insaputa dell'altro. Per monti e deserti, per valli e fiumi, viaggiando la notte, erano venuti verso la Palestina, perché la stella andava in tal senso. Per ognuno, da tre punti diversi della terra, andava in tal senso. E si erano trovati poi oltre il Mar Morto. 

Il volere di Dio li aveva riuniti là, ed insieme avevano proceduto, intendendosi, nonostante ognuno parlasse la sua lingua, e intendendo e potendo parlare la lingua del Paese per un miracolo dell'Eterno. 

E insieme erano andati a Gerusalemme, poiché il Messia doveva essere il Re di Gerusalemme, il Re dei giudei. 

Ma la stella si era celata, sul cielo di quella città, ed essi avevano sentito frangersi di dolore il loro cuore e si erano esaminati per sapere se avevano demeritato di Dio. Ma avendoli rassicurati la coscienza, si erano rivolti a re Erode per chiedergli in quale reggia era il nato Re dei giudei che essi erano venuti ad adorare. 
E il re, convocati i principi dei sacerdoti e gli scribi, aveva chiesto dove poteva nascere il Messia. Ed essi avevano risposto: «A Betlemme di Giuda»
Ed essi erano venuti verso Betlemme e la stella era riapparsa ai loro occhi, lasciata la Città santa, e la sera avanti aveva aumentato gli splendori - il cielo era tutto un incendio - e poi si era fermata, adunando tutta la luce delle altre stelle nel suo raggio, sopra questa casa. Ed essi avevano compreso esser lì il Nato divino. 

Ed ora lo adoravano, offrendo i loro poveri doni e più che altro offrendo il loro cuore, che mai avrebbe cessato di benedire Iddio della grazia concessa e di amare il suo Nato, di cui vedevano la santa Umanità. 

Dopo sarebbero tornati a riferire al re Erode, perché egli desiderava adorarlo esso pure. «Ecco intanto l'oro come a re si conviene possedere, ecco l'incenso come a Dio si conviene, ed ecco, o Madre, ecco la mirra, poiché il tuo Nato è Uomo oltre che Dio, e della carne e della vita umana conoscerà l'amarezza e la legge inevitabile del morire. 
-Il nostro amore vorrebbe non dirle, queste parole, e pensarlo eterno anche con la carne come eterno è lo Spirito suo. Ma, o Donna, se le nostre carte, e più le nostre anime, non errano, Egli è, il Figlio tuo, il Salvatore, il Cristo di Dio, e perciò dovrà, per salvare la terra, levare su Sé il male della terra, di cui uno dei castighi è la morte. - Questa resina è per quell'ora. Perché le carni, che son sante, non conoscano putredine di corruzione e conservino integrità sino alla loro risurrezione. E per questo nostro dono Egli di noi si ricordi, e salvi i suoi servi dando loro il suo Regno». 
Per intanto, per esserne santificati, Ella, la Madre, dia il suo Pargolo «al nostro amore. Che baciando i suoi piedi scenda in noi benedizione celeste». 

Maria, che ha superato lo sgomento suscitato dalle parole del Sapiente e ha celato la tristezza della funebre evocazione sotto un sorriso, offre il Bambino. Lo pone sulle braccia del più vecchio, che lo bacia e ne è accarezzato, poi lo passa agli altri due. Gesù sorride e scherza colle catenelle e le frange dei tre, e guarda curiosamente lo scrigno aperto pieno di una cosa gialla che luccica, e ride vedendo che il sole fa un arcobaleno battendo sul brillante del coperchio della mirra. 

Poi i tre rendono a Maria il Bambino e si alzano. Si alza anche Maria. Si inchinano a vicenda, dopo che il più giovane ha dato un ordine al servo, che esce. I tre parlano ancora un poco. Non sanno decidersi a staccarsi da quella casa. Lacrime di emozione sono negli occhi. Infine si dirigono all'uscita, accompagnati da Maria e Giuseppe. 

Il Bambino ha voluto scendere e dare la manina al più vecchio dei tre, e cammina così, tenuto per mano da Maria e dal Savio, che si curvano per tenerlo per mano. Gesù ha il passetto ancora incerto dell'infante e ride picchiando i piedini sulla striscia che il sole fa sul pavimento. 
Giunti alla soglia - non si deve dimenticare che la stanza era lunga quanto la casa - i tre si accomiatano inginocchiandosi ancora una volta e baciando i piedini di Gesù. Maria, curva sul Piccino, gli prende la manina e la guida, facendole fare un gesto di benedizione sul capo di ogni singolo Mago. È già un segno di croce tracciato dalle ditine di Gesù, guidate da Maria. 
(Che è il “Tau”. Lettera dell’alfabeto greco a forma di croce, il “tau” è il segno dei salvati indicato in: Ezechiele 9, 4-6. Lo incontreremo ancora, per esempio nel Vol 6 Cap 397, 413, nel Vol 7 Cap 491, nel Vol 9 Cap 567 e nel Vol 10 Cap 635) 

Poi i tre scendono la scala. La carovana è già li pronta che attende. Le borchie dei cavalli splendono al sole del tramonto. 

La gente si è affollata sulla piazzetta a vedere l'insolito spettacolo. 

Gesù ride battendo le manine. La Mamma lo ha sollevato e appoggiato al largo parapetto che limita il pianerottolo e lo tiene con un braccio contro il suo petto perché non caschi. Giuseppe è sceso con i tre e regge ad ognuno la staffa mentre salgono sui cavalli e sul cammello.  

Ora servi e padroni sono tutti a cavallo. L'ordine di marcia viene dato. 
I tre si curvano fin sul collo della cavalcatura in un ultimo saluto. Giuseppe si inchina, Maria pure e torna a guidare la manina di Gesù in un gesto di addio e di benedizione. 





Dice Gesù:

«Ed ora? Che dirvi ora, o anime che sentite morire la fede? Quei Savi d'oriente non avevano nulla che li assicurasse della verità. Nulla di soprannaturale. Solo il calcolo astronomico e la loro riflessione che una vita integra faceva perfetta. 

Eppure hanno avuto fede. Fede in tutto: fede nella scienza, fede nella coscienza, fede nella bontà divina. 

Per la scienza hanno creduto al segno della stella nuova, che non poteva che esser "quella", attesa da secoli dall'umanità: il Messia. 

Per la coscienza hanno avuto fede nella voce della stessa che, ricevendo   "voci" celesti, diceva loro: "È quella stella che segna l'avvento del Messia". 

Per la bontà hanno avuto fede che Dio non li avrebbe ingannati e, poiché la loro intenzione era retta, li avrebbe aiutati in ogni modo per giungere allo scopo. E sono riusciti. 

Essi soli, fra tanti studiosi dei segni, hanno compreso quel segno, perché essi soli avevano nell'anima l'ansia di conoscere le parole di Dio con un fine retto, che aveva a principale pensiero quello di dare subito a Dio lode ed onore. 
Non cercavano un utile proprio. Anzi vanno incontro a fatiche e spese, e nulla chiedono di compenso che sia umano. Chiedono soltanto che Dio di loro si ricordi e li salvi per l'eternità. 
Come non hanno nessun pensiero di futuro compenso umano, così non hanno, quando decidono il viaggio, nessuna umana preoccupazione. Voi vi sareste messi mille cavilli: "Come farò a fare tanto viaggio in paesi e fra popoli di lingua diversa? Mi crederanno o mi imprigioneranno come spia? Che aiuto mi daranno nel passare deserti e fiumi e monti? E il caldo? E il vento degli altipiani? E le febbri stagnanti lungo le zone paludose? E le fiumane gonfiate dalle piogge? E il cibo diverso? E il diverso linguaggio? E... e... e ". Così ragionate voi. Essi non ragionano così. 
Dicono con sincera e santa audacia: "Tu, o Dio, ci leggi nel cuore e vedi che fine perseguiamo. Nelle tue mani ci affidiamo. Concedici la gioia sovrumana di adorare la tua Seconda Persona fatta Carne per la salute del mondo". Basta. E si mettono in cammino dalle Indie lontane. 

(Gesù mi dice poi che per Indie vuol dire l'Asia meridionale, dove ora è Turchestan, Afganistan e Persia). 

Dalle catene mongoliche sulle quali spaziano unicamente le aquile e gli avvoltoi e Dio parla col rombo dei venti e dei torrenti e scrive parole di mistero sulle pagine sterminate dei nevai. 

Dalle terre in cui nasce il Nilo e procede, vena verde azzurra, incontro all'azzurro cuore del Mediterraneo, né picchi, né selve, né arene, oceani asciutti e più pericolosi di quelli marini, fermano il loro andare. 

E la stella brilla sulle loro notti, negando loro di dormire. Quando si cerca Dio, le abitudini animali devono cedere alle impazienze e alle necessità sopraumane. 
La stella li prende da settentrione, da oriente e da meridione, e per un miracolo di Dio procede per tutti e tre verso un punto, come, per un altro miracolo, li riunisce dopo tante miglia in quel punto, e per un altro dà loro, anticipando la sapienza pentecostale, il dono di intendersi e di farsi intendere così come è nel Paradiso, dove si parla un'unica lingua, quella di Dio. 
Un unico momento di sgomento li assale quando la stella scompare e, umili perché sono realmente grandi, non pensano che sia per la malvagità altrui che ciò avviene, non meritando i corrotti di Gerusalemme di vedere la stella di Dio. Ma pensano di avere demeritato di Dio loro stessi, e si esaminano con tremore e contrizione già pronta a chiedere perdono. 

Ma la loro coscienza li rassicura. Anime use alla meditazione, hanno una coscienza sensibilissima, affinata da una attenzione costante, da una introspezione acuta, che ha fatto del loro interno uno specchio su cui si riflettono le più piccole larve degli avvenimenti giornalieri. Ne hanno fatto una maestra, una voce che avverte e grida al più piccolo, non dico errore, ma sguardo all'errore, a ciò che è umano, al compiacimento di ciò che è io. Perciò, quando essi si pongono di fronte a questa maestra, a questo specchio severo e nitido, sanno che esso non mentirà. Ora li rassicura ed essi riprendono lena. 

"Oh! dolce cosa sentire che nulla è in noi di contrario a Dio! Sentire che Egli guarda con compiacenza l'animo del figlio fedele e lo benedice. Da questo sentire viene aumento di fede e fiducia, e speranza, e fortezza, e pazienza. Ora è tempesta. Ma passerà, poiché Dio mi ama e sa che lo amo, e non mancherà di aiutarmi ancora"

Così parlano coloro che hanno la pace che viene da una coscienza retta, che è regina di ogni loro azione. 

Ho detto che erano "umili perché erano realmente grandi". 
Nella vostra vita, invece, che avviene? Che uno, non perché è grande, ma perché è più prepotente, e si fa potente per la sua prepotenza e per la vostra idolatria sciocca, non è mai umile. 
Ci sono dei disgraziati che, solo per essere maggiordomi di un prepotente, uscieri di un ufficio, funzionari in una frazione, servi insomma di chi li ha fatti tali, si dànno delle pose da semidei. E fanno pietà!... 
Essi, i tre Savi, erano realmente grandi. Per virtù soprannaturali per prima cosa, per scienza per seconda cosa, per ricchezza per ultima cosa. 

Ma si sentono un nulla, polvere sulla polvere della terra, rispetto al Dio altissimo, che crea i mondi con un suo sorriso e li sparge come chicchi di grano per saziare gli occhi degli angeli coi monili delle stelle. 
Ma si sentono nulla rispetto al Dio altissimo, che ha creato il pianeta su cui vivono e lo ha fatto variato mettendo, Scultore infinito d'opere sconfinate, qua, con una ditata del suo pollice, una corona di dolci colline, e là un'ossatura di gioghi e di picchi, simili a vertebre della terra, di questo corpo smisurato a cui sono vene i fiumi, bacini i laghi, cuori gli oceani, veste le foreste, veli le nubi, decorazioni i ghiacciai di cristallo, gemme le turchesi e gli smeraldi, gli opali e i berilli di tutte le acque che cantano, con le selve e i venti, il grande coro di laude al loro Signore. 

Ma si sentono nulla nella loro sapienza rispetto al Dio altissimo, da cui la loro sapienza viene e che ha dato loro occhi più potenti di quelle due pupille per cui vedono le cose: occhi dell'anima, che sanno leggere nelle cose la parola non scritta da mano umana, ma incisa dal pensiero di Dio. Ma si sentono nulla nella loro ricchezza: atomo rispetto alla ricchezza del Possessore dell'universo, che sparge metalli e gemme negli astri e pianeti e soprannaturali dovizie, inesauste dovizie, nel cuore di chi l'ama. 

E, giunti davanti ad una povera casa, nella più meschina delle città di Giuda, essi non crollano il capo dicendo: "Impossibile", ma curvano la schiena, le ginocchia, e specie il cuore, e adorano. Là, dietro quel povero muro, è Dio. Quel Dio che essi hanno sempre invocato, non osando mai, neppur lontanamente, sperare di averlo a vedere. Ma invocato per il bene di tutta l'umanità, per il "loro" bene eterno. Oh! questo solo si auguravano. Di poterlo vedere, conoscere, possedere nella vita che non conosce più albe e tramonti
Egli è là, dietro quel povero muro. Chissà se il suo cuore di Bambino, che è pur sempre il cuore di un Dio, non sente questi tre cuori che, proni nella polvere della via, squillano: "Santo, Santo, Santo. Benedetto il Signore Iddio nostro. Gloria a Lui nei Cieli altissimi e pace ai suoi servi. Gloria, gloria, gloria e benedizione"
Essi se lo chiedono con tremore di amore. 
E per tutta la notte e la seguente mattina preparano con la preghiera più viva lo spirito alla comunione con il Dio-Bambino. Non vanno a questo altare, che è un grembo verginale portante l'Ostia divina, come voi vi andate con l'anima piena di sollecitudini umane. Essi dimenticano sonno e cibo e, se prendono le vesti più belle, non è per sfoggio umano ma per fare onore al Re dei re. 

Nelle regge dei sovrani i dignitari entrano con le vesti più belle. E non dovrebbero essi andare da questo Re con le loro vesti di festa? E quale festa più grande di questa per loro? 

Oh! nelle loro terre lontane, più e più volte si sono dovuti ornare per degli uomini pari a loro. Per far loro festa e onore. Giusto dunque umiliare ai piedi del Re supremo porpore e gioielli, sete e preziose piume. Mettergli ai piedi, ai dolci piccoli piedi, le fibre della terra, le gemme della terra, le piume della terra, i metalli della terra - sono ancora opera sua - perché esse pure, queste cose della terra, adorino il loro Creatore. 

E sarebbero felici se la Creaturina ordinasse loro di stendersi al suolo e fare un vivo tappeto ai suoi passetti di Bambino, e li calpestasse, Egli che ha lasciato le stelle per loro, polvere, polvere, polvere. Umili e generosi. 

E ubbidienti alle " voci " dell'Alto. Esse comandano di portare doni al Re neonato. Ed essi portano doni. Non dicono: " Egli è ricco e non ne ha bisogno. È Dio e non conoscerà la morte ". Ubbidiscono. E sono coloro che per primi sovvengono la povertà del Salvatore. Come provvido quell'oro per chi domani sarà fuggiasco! Come significativa quella resina a chi presto sarà ucciso! Come pio quell'incenso a chi dovrà sentire il lezzo delle lussurie umane ribollenti intorno alla sua purezza infinita! Umili, generosi, ubbidienti e rispettosi l'uno dell'altro. Le virtù generano sempre altre virtù. 

Dalle virtù volte a Dio, ecco le virtù volte al prossimo. 

Rispetto, che è poi carità. Al più vecchio è deferito di parlare per tutti, di ricevere per primo il bacio del Salvatore, di sorreggerlo per la manina. Gli altri potranno vederlo ancora. Ma egli no. È vecchio, e prossimo è il suo giorno di ritorno a Dio. Lo vedrà, questo Cristo, dopo la sua straziante morte e lo seguirà, nella scia dei salvati, nel ritorno al Cielo. Ma non lo vedrà più su questa terra. E allora per suo viatico gli rimanga il tepore della piccola mano, che si affida alla sua già rugosa. Nessuna invidia negli altri. Ma anzi un aumento di venerazione per il vecchio sapiente. Ha meritato certo più di loro e per più lungo tempo. Il Dio-Infante lo sa. Ancora non parla, la Parola del Padre, ma il suo atto è parola. E sia benedetta la sua innocente parola, che designa costui come il suo prediletto. 

Ma, o figli, vi sono altri due insegnamenti da questa visione. 

Il contegno di Giuseppe che sa stare al "suo" posto. Presente come custode e tutore della Purezza e della Santità. Ma non usurpatore dei diritti di queste. È Maria col suo Gesù che riceve omaggi e parole. 

Giuseppe ne giubila per Lei e non si accora d'esser figura secondaria. Giuseppe è un giusto, è il Giusto. Ed è giusto sempre. Anche in quest'ora. I fumi della festa non gli salgono al capo. Resta umile e giusto. È felice di quei doni. Non per sé. Ma perché pensa che con essi potrà fare più comoda la vita alla Sposa e al dolce Bambino. Non vi è avidità in Giuseppe. Egli è un lavoratore e continuerà a lavorare. Ma che "Loro"' i suoi due amori, abbiano agio e conforto. 

Né lui né i Magi sanno che quei doni serviranno ad una fuga e ad una vita d'esilio, nelle quali le sostanze dileguano come nube percossa dai venti, e ad un ritorno in patria dopo aver tutto perduto, clienti e suppellettili, e salvate solo le mura della casa, protetta da Dio perché là Egli si è congiunto alla Vergine e si è fatto Carne. Giuseppe è umile, egli, custode di Dio e della Madre di Dio e Sposa dell'Altissimo, sino a reggere la staffa a questi vassalli di Dio. È un povero legnaiuolo, perché la prepotenza umana ha spogliato gli eredi di Davide dei loro averi regali. Ma è sempre stirpe di re ed ha tratti di re. Anche per lui va detto: Era umile perché era realmente grande. 

Ultimo, soave, indicatore insegnamento. È Maria che prende la mano di Gesù, che non sa ancora benedire, e la guida nel gesto santo. È sempre Maria che prende la mano di Gesù e la guida. Anche ora. Ora Gesù sa benedire. Ma delle volte la sua mano trafitta cade stanca e sfiduciata, perché sa che è inutile benedire. Voi distruggete la mia benedizione. Cade anche sdegnata, perché voi mi maledite. E allora è Maria che leva lo sdegno a questa mano col baciarla. Oh! il bacio di mia Madre! Chi resiste a quel bacio? E poi prende con le sue dita sottili, ma così amorosamente imperiose, il mio polso e mi forza a benedire. Non posso respingere mia Madre. Ma bisogna andare da Lei per farla Avvocata vostra. Essa è la mia Regina prima d'esser la vostra, ed il suo amore per voi ha indulgenze che neppure il mio conosce. Ed Essa, anche senza parole ma con le perle del suo pianto e col ricordo della mia Croce, il cui segno mi fa tracciare nell'aria, perora la vostra causa e mi ammonisce: Sei il Salvatore. "Salva". 

Ecco, figli, il "vangelo della fede" nell'apparizione della scena dei Magi. Meditate e imitate. Per il vostro bene».



AMDG et DVM

Messaggi integrali a Madeleine (Maddalena) AUMONT

"Ecce Crucem Domini"
28 marzo 1972
Solennità Mondiale
giorno beato e santo della Nuova Era
*

Messaggi integrali a Madeleine (Maddalena) AUMONT :        

PROLOGO                               
Maddalena Aumont : 

"Da quel 12 aprile 1970, per me, è la resurrezione."
"Una presenza che non è di questo mondo."


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Madeleine Aumont
Il 29 marzo 1970, per l’insistenza di sua madre, che visse fino a 94 anni, dopo Maddalena decide di confessarsi e comunicarsi per la Pasqua, cosa che aveva tralasciato da quattro anni perchè nella chiesa di Putôt-en-Auge non vi era più il sacerdote.
    La domenica dopo Pasqua, dopo essersi comunicata, tornando ad inginocchiarsi "mi accade qualche cosa che non sapevo spiegare ... provavo un senso di debolezza ... ero ebbra di gioia, di felicità. Mi pareva di scoprire un altro mondo." Tutto questo si è protratto sino al suo ritorno a casa. Era il 5 aprile.
   La domenica seguente, 12 aprile 1970 "questa gioia interiore mi riempì, ma questa volta sentivo una presenza che non era di questo mondo ... la presenza di Gesù, dello Spirito Santo, una forza soprannaturale mi possedeva, presenza dolce ... il mondo non esisteva più. Il mio corpo non esisteva più, non restava che Dio in me e io in Dio."
   La terza domenica dopo Pasqua, 19 aprile, "questa gioia meravigliosa si riprodusse ancora." Decise di confidarsi col Parroco, poiché: "Non sono più io che vivo, è Gesù che vive in me." Il sacerdote le concede la facoltà di comunicarsi anche durante la settimana, "è così lunga l’attesa da una domenica all’altra... niente può sostituire una messa. E' Gesù-Ostia che mi ha salvata dal dubbio, ed in ogni messa vedo veramente Gesù attraverso il sacerdote, nei suoi gesti della vigilia della Passione e vedo lo Spirito di Dio venire sull’Altare per donarsi a tutti noi."
    "Tutto si trasforma se si offre tutto a Dio ogni mattina per "amore di Lui" che ha donato la Sua vita per ciascuno di noi. Cristo è Riesuscitato ed è veramente vivo: tutti i giorni io vivo questa risurrezione ... Non lasciate mai trascorrere una giornata senza pregare, senza pensare a Gesù, a tutti coloro che soffrono, che piangono ... La preghiera ci unisce a Gesù e ci dona la gioia spirituale che nessun bene materiale può sostituire ... nè la scienza, nè la saggezza umana, nè le belle parole che possono dirvi, hanno il potere di aprire il cuore di un incredulo a Dio. La conversione non è opera dell’uomo, bisogna che sia Dio ad attirarlo con il Suo Spirito. Senza lo Spirito Santo, l’uomo è nulla e non può nulla. Bisogna pregare "per amore" poiché senza lo Spirito di Dio noi siamo niente. Egli veglia su di noi in ogni momento, ditelo a tutti: Dio veglia su di noi in ogni istante e, se lo sappiamo e l’abbiamo ben compreso, noi possiamo dire grazie a Dio. Solo Dio può trasformare così il cuore dell’uomo, ma per ricevere delle grazie dal Signore bisogna pregare molto, con fiducia, con fede."
    "Nel mio spirito, tutto canta la lode del Signore, i fiori, il loro profumo, gli alberi, la rugiada del mattino, tutto quello che esiste, tutto quello che vive, è il soffio di Dio, poiché qui, su questa terra, tutto canta le lodi del Signore ... Prima, dubitavo dell’esistenza di Dio, la mia vita non aveva alcun interesse, lugubre, cinque figli da allevare, la mancanza di denaro ... ma da quel 12 aprile 1970, per me è stata la risurrezione del mio spirito, della mia anima, le preocuppazioni materiali sono sparite, questa pace interiore si eleva al di sopra di tutto quello che esiste su questa terra... Il cielo è lo scopo della nostra vita terrestre..."
       

"Farete conoscere questa Croce e la porterete"
Martedì 28 marzo 1972 ore 4.35 del mattino. Haute Butte.
Ecco il martedì della settimana santa 1972.
    Mio marito ripartiva per andare a lavorare alle 4.30 del mattino.
    Come la vigilia e le giornate precedenti, mi sono alzata, e sono scesa a chiudere la porta, dopo la sua partenza. Sono risalita in camera ed ho aperto la finestra.  
    Il cielo era coperto da grosse nubi che andavano veloci da Nord-Ovest a Sud-Est. C’era un forte vento. Non pioveva ed era abbastanza chiaro. Doveva esserci la luna. Guardavo il cielo, quelle grosse nubi che passavano veloci.
    Mi accingevo a recitare la preghiera alla Santa Trinità. Non avevo ancora iniziato la prima parola.
    Improvvisamente, scorgo in fondo all’orizzonte, un po’ a destra, un chiarore abbagliante che illumina tutto l’orizzonte come quando vi è un lampo durante un temporale. Ma questa luminosità rimaneva, mentre quella di un lampo non dura che un attimo.
    Ho avuto paura.
    Ho spinto la finestra e mi sono ricoricata. Mi sono coperta per non vedere più nulla.
    Otto o dieci minuti dopo, mi sono sollevata sul letto. Non vi era più il chiarore alla finestra. Era talmente abbagliante che l’avrei visto senza muovermi.
    Mi sono dunque alzata e sono ritornata alla finestra. Non vi era assolutamente niente.
    E qualche istante dopo, di nuovo, vedevo qualche cosa formarsi nel cielo, nel punto dove avevo appena visto quella luce.
    Tutto si formava contemporaneamente, così:
    La base, i bracci, la parte superiore si formavano insieme lentamente congiungendosi al centro della Croce.
    Quando questa Croce fu formata, era immensa, meravigliosa, più brillante del giorno, tutta semplice, tutta diritta, un po' più grande della Croce del calvario di Dozulé quando la vedo da vicino.
    Era impressionante ma meravigliosamente bella, dolce da guardare sebbene fosse di una luminosità abbagliante.
    Oh! com’era bello sulla piccola collina davanti alla mia casa, il martedì 28 marzo tra le ore 4.30 e 4.50 del mattino.
    Non vi era che la Croce. Il Cristo non c’era.
    E sulla piccola collina, l’insieme aveva la forma del calvario.
    Qualche secondo dopo, ho udito queste tre parole:
    "Ecce Crucem Domini." (Ecco la Croce del Signore)
    Queste tre parole risuonavano come in una chiesa. Riecheggiavano, erano sonore. Mi sembrava che fossero dette al mondo intero e che il nostro globo avrebbe tremato al suono di questa voce grave.
    Questa immensa Croce, questa voce nel mezzo della notte, erano impressionanti.
    Poi ho fatto il segno della Croce.
    La meravigliosa Croce era sempre presente davanti a me, immensa e bella. Oh! com’era bella, per la sua luminosità. Ho mai visto nulla di così bello e di così luminoso.
    Ho poi sentito qualcuno che parlava vicino a me. Questa voce era così dolce, nessun essere su questa terra mi ha mai parlato così lentamente, così dolcemente.
    Ho pensato che fosse Gesù.
    Ho udito:
   "Farete conoscere questa Croce e la porterete"
    Ancora qualche secondo, poi tutto è sparito in un attimo.
    Quando è apparsa, si è formata a poco a poco, ma è sparita in un attimo, poi non ho visto più nulla.
    E' il Giovedì Santo, durante la confessione, che l’ho detto al Signor Parroco.
    Egli ha un po' insistito per sapere; gli avevo chiesto, tre giorni prima, cosa volesse dire:
    "Ecce Crucem Domini."
   Se non avesse insistito per sapere, credo che non glielo avrei detto così presto. Ma doveva pur saperlo. Senza alcun dubbio, erano destinate a lui quelle tre parole e gli dovevo dire tutto. Non dubitavo della sua discrezione. Un sacerdote deve mantenere il segreto. E credo, pure, che tutti avrebbero dovuto saperlo.
    Il Signore non si è mostrato e fatto intendere per una sola persona.
    Sul momento, avevo detto a Don L’Horset (Parroco di Dozulé nel 1972) di non parlarne a nessuno. Ma un po' più tardi gli ho detto: "Vi lascio libero di parlarne a chi voi crederete necessario, ma che non sia rivelato il mio nome."
    Se non desidero che il mio nome venga rivelato, non crediate innanzi tutto che sia per vergogna, per scrupolo, per pudore, no. Ma tutto questo mi è stato donato da Gesù l'Onnipotente.  Io non possiedo nulla in me stessa, non ho alcuna capacità, alcun potere, il mio nome non è niente.  Non è a me che bisogna guardare in tutto questo. E' Dio, Gesù, lo Spirito Santo che è tutto, che può tutto. Io temo che mi si guardi per la strada come un fenomeno, un essere straordinario che si segna a dito e di cui si dica: "E' colei che ha visto la Croce di Gesù, che ha udito quelle parole..."
    Io non c’entro per nulla.
    Io sono una creatura molto semplice, perciò non voglio che questa cosa sia resa pubblica per il mio nome che non è niente.
   "Farete conoscere questa Croce."
Incrustatione della Croce et del Sanctuario sulla Haute Butte            croixper.GIF (18967 oct)    
      ... Senza dubbio, per mezzo delle mie parole, ricordare alla gente che incontro che Gesù ha sofferto per salvarci; che si ricordino:
    - Che la Sua Croce è un trionfo,
    - Che la Sua Croce è la nostra unica speranza,
    - Che la Sua Croce deve essere sempre presente in noi, nei nostri cuori,
    - Che la Sua Croce è sempre innalzata sull’universo.
    Oh! Croce adorata di Gesù che fu macchiata di sangue per salvare tutti gli uomini!
Credetemi, è con il cuore e con fede che parlerò di GESÙ e della SUA CROCE. E inoltre :
   "Voi la porterete."
   Talvolta è molto difficile portare la croce.
    Intendo dire accettare tutte le miserie, tutte le tristezze, tutte le preoccupazioni, tutte le difficoltà di ogni giorno, tutte le sofferenze. Sì, è molto difficile.
    Ma quando si ha la certezza che Gesù esiste, che Egli è vivente, che Egli è presente in ogni momento della nostra vita, che la Sua presenza si fa talmente sentire, questo deve addolcire tutte queste miserie, tutte queste tristezze, tutte queste preoccupazioni, tutte queste sofferenze.
    Gesù stesso non ha sofferto per tutti noi?
    E quali sofferenze ha subìto, moralmente e fisicamente. E’ stato picchiato, schernito, Gli hanno sputato in faccia, Gli hanno dato da bere aceto, e in questo stato pietoso, ha detto:
    "Padre, perdona loro, essi non sanno quello che fanno."
    Chi di noi avrebbe il coraggio, in un simile momento, di perdonare il suo carnefice?
    Bisognava che fosse Gesù ad accettare tali sofferenze per salvare l’Umanità.
    A questo pensiero, ci verrebbero le lacrime agli occhi.
    Eppure, quanta gente ignora Gesù, dimentica Gesù.
    Nessuno pensa alla Croce di Gesù, che domina il mondo, questa immensa Croce, meravigliosa, risplendente di luce che appare all’orizzonte.
    Simbolo della potenza, la Croce domina il nostro globo.
    Questo globo deve essere molto piccolo paragonato alla Potenza di Dio.
    Dovremmo tutti tremare davanti a un tale spettacolo.
    Tutto ciò che esiste su questa terra è nulla, paragonato a quello che ho visto e udito il 28 marzo alle 4.35 del mattino.
Il 28 maggio 1998 sulla Haute Butte              HBE98m1.GIF (348607 ottetti)

"E' tempo di salvare tutti quei peccatori che non amano Gesù."
Mercoledì 8 novembre 1972 ore 4.35 del mattino, alla Haute Butte.
    Durante la settimana di lunedì 6 novembre, mio marito lavorava al mattino alle 4.30.
    A quell’ora non manco di ringraziare Dio mettendomi alla finestra, le braccia in croce, di fronte al luogo in cui avevo visto questa meravigliosa Croce.
    Pensavo, d’altronde, che non l’avrei mai più rivista.
    Il mercoledì 8, mi metto alla finestra con le braccia in croce. Qualche minuto dopo, quando ero ancora in questa posizione, questa Croce meravigliosa si forma di nuovo davanti a me, come la volta precedente. Le quattro estremità della Croce si formavano ravvicinandosi verso il centro.
    Qualche secondo dopo, ho udito questo:
    "Penitenza, penitenza."   Qualche secondo più tardi:
   "E' tempo di salvare tutti quei peccatori che non amano Gesù."
(Nel momento in cui ero immobile per l’ammirazione, ho ricevuto un segreto concernente una minaccia prossima per l’umanità.)
    Questa voce mi parlava molto dolcemente e sembrava molto triste.
    Questa Croce è meravigliosamente bella, di una chiarezza e di una limpidezza che non sono paragonabili a nessuna luce di quaggiù, nè alla luce del sole, nè alla più bella luce elettrica che esista.
    Questa luce celeste non fa male agli occhi, essa non abbaglia che lo spirito.
    Quando mi lascia, divento tutta triste. Mi sembra, poi, di essere nelle tenebre anche se splende il sole.
    Desidererei morire per trovarmi in questa luce di Dio, per poterla contemplare per sempre.
  neigem1.GIF (300184 ottetti)       Pasqua 1998 a Lonlay le Tesson
    Oh! Voi tutti che leggerete queste righe:
    Fate penitenza, purificatevi, è tempo di salvare il proprio spirito,è tempo che vi volgiate verso Gesù.
    Vi supplico, Gesù ve lo domanda.
   Non dite : "E' troppo tardi."
    Non dite : "Sono troppo avanti negli anni, ho rovinato la mia vita."
    Non dite : "Ho troppo peccato."
    Non dite : "Tanto peggio, si vedrà."
    Non è mai troppo tardi per volgersi verso Gesù.
    Gesù è buono, Lui vi perdonerà, anche all’ultimo minuto della vostra vita.
    Ma non aspettate.
    E’ oggi, è subito, Dio ve lo chiede.
    E’ quasi un S.O.S. che Dio domanda poiché Lui dice:
    "E’ tempo di salvare tutti quei peccatori che non amano Gesù."
    Voi, Signor Canonico (Girès), che leggerete queste pagine, d’ora in avanti predicate la penitenza a tutti coloro che vi avvicineranno, e dite a tutti coloro che hanno la fededi fare penitenza, per salvare tutti quei peccatori che non amano Gesù, che non hanno mai avuto uno sguardo verso Gesù, che non vedono che le cose superficiali - il denaro, il lusso, il benessere.
    Dite loro di far penitenza per salvare tutta questa gente che non ha cuore, che non ha carità.
    Ma quando si ha veramente la fede, tutto è così diverso.
    La vita monotona che prima vivevo con tante le preoccupazioni, si è trasformata in un solo istante.
    Io vedo Gesù in tutto.
    Poiché la più piccola cosa su questa terra, è Gesù che ce l’ha donata.
    Tutto ciò che vive, tutto ciò che respira, è il Soffio di Dio, e senza questo Soffio quaggiù è il nulla.
    Tutti dimenticano questo.
    Chi pensa alla Croce di Cristo?
    Il mondo è così sconvolto per il crescente progresso, che ha dimenticato il Creatore: Dio.
Tuttavia, è per mezzo della Croce che Gesù è venuto a liberarci dal peccato.    
    E’ per mezzo della Croce, quella che io ho visto con i mei propri occhi, che Gesù verrà ban presto a salvare il mondo. E’ per mezzo di questa Croce Gloriosa che avranno fine tutte le tristezze, tutte le sofferenze, tutte le miserie.
    Allora sarà la fine, sarà la pace, la felicità immensa.
    Noi scopriremo tutte queste meraviglie di Dio nella luce celeste che non avrà sera.
  
     Ma per ottenere tutte queste meraviglie che Dio ci ha annunciato, bisogna convertirsi, è ora di fare penitenza, penitenza.
    Mi chiedevo come avrei fatto a raccontare l’accaduto al Signor Parroco.
    Come poteva credermi dato che questa volta non avevo un messaggio per lui?
    Ma sono certa che è la provvidenza che ha agito, e poiché Dio mi aveva detto questo, bisognava che Don L’Horset lo sapesse.
    Mi sono recata alla messa come d'abitudine, quel mercoledì mattina, giorno in cui non vi è scuola, e quando sono uscita dalla cappellina del pensionato San Giuseppe, anche il Signor Parroco è uscito, cosa che non fa mai dopo la messa.
    Mi ha chiesto: "Perchè siete cosi triste?"
    Mi sono chiesta come aveva fatto ad accorgersi che ero triste.
    Questa Croce è cosi imponente, cosi meravigliosa, cosi impressionante, che dopo non posso non piangere e non riesco ad addormentarmi.
    Il Signor Parroco ha letto questo sul mio viso. Ma non gliel’ho detto subito, d’altra parte, avevo fretta di rientrare a casa per dare la colazione ai miei bambini e a mia madre che è inferma nel suo letto e ripartire per andare poi a fare il catechismo alle 9.30.
    Sono andata a trovarlo il giorno dopo per dirgli tutto.
    So che il Signor Parroco non dubita della mia parola.
    Io stessa, se non avessi visto questa meravigliosa Croce, mi domanderei se non sia un incubo, un’illusione, un sogno. Ma no, sò benissimo che questa Croce è presente poiché quello che non inganna sono le parole così distinte e così dolci:
    E' la parola di Gesù, la Parola di Dio.
   
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La Haute Butte vista da Criqueville en Auge       


"Dite al sacerdote di far innalzare in questo luogo
la Croce Gloriosa e, ai suoi piedi, un Santuario."

Giovedì 7 dicembre 1972 ore 4.35, alla Haute Butte.
    Ho visto di nuovo la Croce meravigliosa, si innalzava nel cielo, nello stesso modo, come le due volte precedenti, alla stessa ora ed esattamente nello stesso posto. Quando questa meravigliosa Croce fu formata, ho udito:
   "Audivi vocem de caelo dicentem mihi..." (Ho udito una voce dal cielo che mi diceva):
    "Dite al sacerdote di far innalzare in questo luogo la Croce Gloriosa e,
ai suoi piedi, un Santuario. Tutti verranno a pentirsi e a trovarvi la pace e la gioia."



"Vedrete questa Croce ancora tre volte."
Martedì 19 dicembre 1972, ore 4.35, alla Haute Butte.
La meravigliosa Croce mi è apparsa di nuovo e ho udito:
"Vedrete questa Croce ancora tre volte."
                                      CroixLm4.GIF (156276 oct)          Croce di Lonlay le Tesson


"Dite al sacerdote che la Croce Gloriosa,
innalzata in questo luogo, sia paragonabile a Gerusalemme."
Mercoledì 20 dicembre 1972, ore 4.35, alla Haute Butte.
Come il giorno prima, ho visto la Croce allo stesso modo delle volte precedenti, alla stessa ora, nello stesso posto, e ho di nuovo udito:
"Dite al sacerdote che la Croce Gloriosa, innalzata in questo luogo, sia paragonabile a Gerusalemme."



"Trovate tre persone e recitate insieme il rosario per l’elevazione della Croce Gloriosa,
qui, al limite del territorio di Dozulé."
Giovedì 21 dicembre 1972, ore 4.35, alla Haute Butte.
     Terzo giorno consecutivo che la Croce mi appare, nello stesso posto, alla stessa ora, nello stesso modo. E mentre ero, come le volte precedenti, con le braccia in croce, ho udito una voce dolce che sembrava essere al mio fianco:
"Abbiate la bontà di dire alla curia vescovile che il sacerdote non deve lasciare la sua Parrocchia prima di aver adempiuto il compito che gli è stato chiesto.
Trovate tre persone e recitate insieme il rosario per l’elevazione della Croce Gloriosa, qui, al limite del territorio di Dozulé."(1)
Questa volta, la Croce Gloriosa mi è apparsa per un tempo più lungo, dai 15 ai 18 minuti circa.

Nessuna luce su questa terra è paragonabile a questa luce del cielo. Questa luce meravigliosa non fa male agli occhi, eppure è più abbagliante del sole, ma non abbaglia gli occhi, essa non abbaglia che lo spirito. Quando la si vede, la morte sarebbe auspicabile per poter vivere sempre in questa meravigliosa luce celeste.

1- Don l'Horset e le suore B. e M. lo fecero ogni giorno, ma nella cappella chiusa a chiave!
 HB96-39m15.GIF (244454 ottetti)                    La Haute Butte vista da Putot en Auge

"Non abbiate paura, Io sono Gesù di Nazareth
il Figlio dell’Uomo Risuscitato."
Mercoledì sera 27 dicembre 1972 (2), ore 19, nei pressi della chiesa Festa di San Giovanni Apostolo.
     Mi restava dunque una sola volta per vedere questa Croce; ero impaziente di arrivare alla settimana del 1° gennaio, settimana in cui mio marito parte alle 4.30 del mattino, per mettermi nuovamente con le braccia in croce e aspettare, forse in quella stessa settimana, un’ultima apparizione.
    Sono venuta per vedere il Signor Parroco mercoledì sera. La direttrice del pensionato San Giuseppe, suor B. mi aveva chiesto di prepare la chiesa per un matrimonio che doveva aver luogo il sabato successivo.
Sono dunque venuta in sacrestia con il Signor Parroco mercoledì sera 27, erano esattamente le 19. Lo attendevo davanti alla porta della sacrestia mentre chiudeva la porta a chiave.
    In quel momento, la Croce si è presentata davanti a me, come al solito, sembrava più alta nel cielo, ma meno grande e non al medesimo posto. Qualche secondo dopo, ai piedi della Croce, si è formata una nuvola ovale che fungeva da piedistallo. La Croce è sparita. Una forma umana ha preso il Suo posto e i piedi poggiavano su questa nuvola.
    Non ho mai visto nulla di così bello, la Sua testa era inclinata e le Sue mani tese verso di me come per accogliermi.
    Ho udito una voce molto dolce che mi diceva :
    "Non abbiate paura, Io sono Gesù di Nazareth, il Figlio dell’Uomo resuscitato."
Qualche secondo dopo, la stessa voce mi ha detto:
   "Abbiate la bontà di ripetere questo: O Sorte Nupta Prospera Magdalena! Annonciate virtutes ejus qui vos de tenebris in admirabile Lumen Suum vocavit." (O Maddalena che una sorte felice ha fatto sposa! Annunciate le meraviglie di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla Sua ammirabile luce.)
    Ho potuto ammirare questa meraviglia ancora per qualche istante, poi tutto è scomparso in un attimo.
    Mi sembrava di ritrovarmi nelle tenebre.
    Se voi sapeste come il mio cuore è pieno d’amore per Gesù che si è degnato di visitare me, povera creatura indegna. Fino al mio ultimo giorno su questa terra, resterò abbagliata da questa meravigliosa visione, questa presenza di Gesù in quella sera del 27 dicembre.
    Non mi rimane che un solo desiderio: rivederLo, rivedere Gesù di Nazareth, il Figlio dell’Uomo resuscitato. Sarebbe stato dolce per me morire in quell'istante. Aveva le mani aperte come per accogliermi, ma è durato così poco tempo.
    Avrei voluto che tutto si fermasse, che il tempo si fermasse, che non ci fosse più il tempo, affinché tutto il mondo, tutta l’umanità potesse vederLo, come io L’ho visto.
    Vorrei poterLo contemplare per sempre nel suo splendore, contemplare questa meravigliosa luce, questo Gesù d’amore pieno di dolcezza, di bontà, risplendente di luce.
    Tutto è così meraviglioso, così grande che non riesco a esprimere ciò che ho sentito fino alle estremità del mio corpo, del mio spirito. In tutta la mia persona sento Gesù pieno d’amore, di dolcezza, di luce.
    Che meravigliosa bellezza, che luce limpida, che tesoro, che grandezza hanno visto i miei occhi quella sera del 27 dicembre. Quale gioia, quale piacere avremo quando potremo contemplare :     "Gesù per l’eternità."
     Se il mondo sapesse, se il mondo avesse visto, se il mondo vedesse. E il mondo vedrà un giorno non molto lontano. E quel giorno tutta la faccia della terra sarà totalmente abbagliata, vedendo :
                                            "Gesù di Nazareth, il Figlio dell’Uomo"
risplendente di luce, come io L’ho visto con i miei stessi occhi, venire su di una nuvola in tutta la Sua grandezza. Sì, tutti Lo vedranno, è per questo che è tempo che vi convertiate.
    E’ il tempo di alzare la testa. Potete ancora essere salvati.
    Gesù è amore, Gesù è buono, Egli perdona.
    Pentitevi nel profondo del cuore, fate una breve preghiera, Gesù sarà contento.
    Abbiate uno sguardo verso di Lui e vedrete che sarete molto felici, il vostro spirito sarà in una estrema gioia, una gioia che non potrete definire, poiché questa gioia spirituale è più bella di tutte le gioie materiali.
    Su questa terra noi non troviamo mai la perfetta felicità. Proprio quando si crede di raggiungerla tutto crolla.
    Ma la gioia spirituale che noi troviamo nella persona di Gesù, quella gioia, quando la si possiede è veramente inesauribile.
    Oh mio Gesù, come siete risplendente di bellezza in questa meravigliosa luce; come siete buono, Voi siete amore, come sono dolci le Vostre parole; mai nessuno mi ha parlato così dolcemente.
    La luce e le parole di Gesù sono incomparabili per dolcezza e bellezza.
    Per tutta la mia vita proclamerò questa meraviglia, nella quale bisogna vivere continuamente, dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina; da quando mi sveglio, Gesù è con me, in me.
    Bisogna vivere sempre con Gesù, come una fiamma interna che non si spegne mai.
   Oh mio Gesù, com’è dolce vivere sempre con Voi, in Voi.
    Quale gioia meravigliosa donate a coloro che Vi amano.
    Non pensate assolutamente che io sia privilegiata da Dio.
    Dio ama tutte le Sue creature.
    E’ Lui che ci ha donato la vita.
    Senza il soffio di Dio non saremmo niente, sarebbe il nulla.
    Ma lo Spirito Santo è presente e ci rialza, ci ama. Dio ama tutte le Sue creature, senza eccezione.
    Dio ci chiama tutti, ma pochi L’ascoltano.
    Riflettete, ritiratevi soli un istante.
    Ammirate dunque questa natura, questi fiori, questo profumo, la rugiada del mattino, e potrete ben dirvi che tutto ciò non si è fatto da solo.
    Tutto ciò che cresce, tutto ciò che si forma, tutto ciò che vive, è il soffio di Dio.
    La natura è un miracolo costante del Creatore, ma noi non vi prestiamo attenzione, perchè vi siamo abituati.
    E’ quando si è soli che si trova la presenza di Gesù, quando ci si raccoglie, quando si ammira questa natura, la meraviglia della Creazione.
    E’ in tutto questo che si trova il Creatore, Dio, Gesù, lo Spirito Santo, il volto di Cristo.
    Quando un’anima vede un raggio della luce di Dio, vorrebbe morire per poterLa vedere eternamente.
    Ho potuto ammirare questa meraviglia ancora per qualche istante, poi tutto è sparito in un attimo.
   2- Il 27 dicembre 1673, Gesù apparve a Paray-le-Monial.
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Pelegrini al bacino il 14 settembre 1997

"Far erigere la Croce Gloriosa e il Santuario della Riconciliazione."
Martedì 12 giugno 1973 ore 19, nella cappella.
     Mi trovavo nella cappella con le suore del pensionato San Giuseppe e il Signor Parroco, avevamo appena terminato di recitare il rosario e i vespri; d'improvviso ho sentito un vento sfiorarmi il viso; pensavo che si fosse aperta la porta e questo avesse provocato una corrente d’aria con la piccola finestra, ma non era stato così. Mi sono quindi avvicinata al Signor Parroco che sedeva davanti a me; gli ho chiesto se lui avesse sentito il vento, poiché questa cosa mi sembrava poco normale. Mi ha risposto di no, poi d’improvviso è apparso un bagliore al posto del tabernacolo, e subito è apparso Gesù come L’avevo visto la prima volta, le mani tese verso di me, come per accogliermi. Era meravigliosamente bello; questa luce era risplendente di bellezza.
    Gesù mi dice:
    "Abbiate la bontà di avvicinarvi fin qui."
   Mi sono quindi avvicinata. Gesù mi dice:
   "Dite questo ad alta voce."
    "Io sono il Primo e l’ultimo e il vivente, e Tutto ciò che vi è stato dato:
    Io sono l’amore, la pace, la gioia, la resurrezione e la vita.
    Baciate le persone qui presenti per amore e carità verso il prossimo."

   Ho quindi baciato le persone presenti.
    "Abbiate la bontà di ripetere questo:
    "Attendite, quod in aure auditis, praedicate super tecta. Per te Magdalena civitas Dozulea decorabitur per Sanctam Crucem. Et aedificet Sanctuarium Domino in monte ejus. Terribilis est locus iste." (Attenzione! Ciò che sentite all’orecchio, proclamatelo sui tetti. Tramite voi, Maddalena, la città di Dozulé sarà ornata dalla Santa Croce. E che edifichi un Santuario al Signore sulla Sua montagna. Terribile è questo luogo!) (3)
   "Baciate la terra tre volte per penitenza a causa dell’iniquità."
    Quando ho rialzato la testa, Gesù aveva un’espressione molto triste. Ha guardato a lungo le tre persone presenti e mi ha detto:
    "Dite questo ad alta voce, alle persone che dicono il rosario con voi" :
    "Affrettatevi ad annunciare al mondo ciò che avete visto e sentito in Mio nome. Date l’ordine alla curia vescovile di annunciare la Mia legge, allo scopo di far elevare la Croce Gloriosa e il Santuario della Riconciliazone nel posto preciso dove Maddalena l’ha vista sei volte, e veniteci tutti in processione."

   Gesù ha poi alzato le braccia, le mani rivolte verso di me, e ha detto:
   "Quando questa Croce sarà innalzata da terra, Io attirerò tutto a Me."
    Quando Gesù ha detto questo, il Suo sguardo era lontano, quasi levato al cielo.
    Poi ha rimesso le Sue braccia e le Sue mani come per accogliermi e mi ha detto:
   "Abbiate la bontà di venire qui ogni primo venerdì del mese, Io vi visiterò fino all’elevazione della Croce Gloriosa."
   
Poi è scomparso.
  3 : "Ella" significa la Città,di Dozule.
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Il 20 settembre 1998
"La serva del Signore avrà parlato una lingua che le è sconosciuta."
 6 luglio 1973, primo venerdì del mese, ore 19, alla cappella.
     Una luce, poi Gesù mi è apparso come la volta precedente, al posto del tabernacolo, le mani tese verso di me per accogliermi; il Suo sguardo è di una meravigliosa bontà e il Suo sorriso è dolcissimo. Tutto questo è difficile da descrivere, talmente è bello.
    Qualche istante dopo, Gesù alza il braccio destro verso di me, posa l’altra mano sul Suo petto. Dice:
    "Abbiate la bontà di ripetere questo" :
    "Misit Dominus Manum Suam et dixit mihi: Spiritus, Dominus docebit vos quaecumque dixero vobis." (
Il Signore ha steso la Sua mano e mi ha detto: "Lo Spirito, il Signore vi insegnerà tutto quello che Io vi avrò detto.)
    Poi, sempre con il braccio alzato verso di me e la Sua mano sinistra sul petto, mi ha detto:
"Andate a dire alla curia vescovile tutte la parole che Io vi ho dettato. E la serva del Signore avrà parlato una lingua che le è estranea."
   Non ricordandomi alcuna parola in latino che il Signore mi aveva detto dall’inizio, Gli ho detto:
    "Ma Signore, non me ne ricordo più." Egli mi ha detto:  
    "Ricordatevi della Mia parola: Voi testimonierete a causa del Mio nome e non avrete bisogno di esercitarvi per sapere quello che dovrete dire perchè Io sarò con voi."
    Poi Gesù è scomparso.
    Bisognava dunque che mi recassi a trovare il vescovo e, sebbene Gesù mi avesse assicurato che non avevo nulla da temere, esitavo ad andarci e poi, quando sarei andata? Non lo sapevo proprio, però sapevo con certezza che dovevo andarci. Non potevo andarci sola, inoltre spettava al Signor Parroco decidere; non devo fare nulla di mia iniziativa.
Primo venerdì del mese di agosto 1973.
    Quando furono le ore 18, nella cappellina, davanti al Santissimo Sacramento esposto, per questo primo vernerdì del mese, il mio spirito era in una grande pace e nella gioia.
    Attendevo con impazienza "Gesù", questo Gesù d’amore che si era degnato visitarmi il venerdì precedente. Quale tesoro, quale meravigliosa bellezza i miei occhi e il mio spirito scoprivano in Sua presenza! Ciò non durava che qualche minuto ogni volta, ma quando questi minuti in presenza di Gesù dureranno un’eternità, oh! come sarà dolce e meravigliosa questa eternità in questa "splendida" luce.   
    Ma erano quasi le ore 19, i secondi mi sembravano interminabili. Ho atteso così fino alle ore 19.45, poi mi sono resa conto che Gesù non sarebbe venuto, era troppo tardi. Il mio cuore era molto triste, mi sembrava che tutto crollasse.
    Sono ripartita dalla cappellina piangendo come una bambina.
    Quando sono entrata in casa i miei bambini mi hanno chiesto che cosa avessi. Non ho loro risposto. Fortunatamente mio marito non c’era. In quella settimana lavorava il pomeriggio e rientrava alle 21.30.
    Quella notte non ho quasi dormito. Mi chiedevo cosa avessi fatto al Signore per far sì che Lui non fosse venuto a visitarmi, poiché Lui mi aveva detto: "Ogni venerdì, Io vi visiterò", e pensavo, tra me, che se Egli non mi aveva visitato era, forse, a causa di un signore che la mattina mi aveva parlato quasi ad alta voce, davanti al Santissimo Sacramento, e mi aveva detto delle cose che non avrebbe dovuto dire poiché, quanto mi diceva mancava di carità e, ne ero molto dispiaciuta a causa del Santissimo Sacramento che era là, davanti a noi; e in quel momento ho pensato che bisognava avere un grande raccoglimento e un grande rispetto davanti al Santissimo Sacramento.
    Poi ho anche pensato che, forse, era per il fatto che non avevo eseguito quanto il Signore mi aveva chiesto la volta precedente. Gesù mi aveva detto: "Andate a dire alla Curia tutte le parole che vi ho dettato" e questo non era stato fatto.
    L’indomani mattina sono andata a trovare il Signor Parroco, per dirgli che desideravo andare il più presto possibile a dire alla curia vescovile tutto quello che il Signore mi aveva detto di dire, era una missione che dovevo compiere poiché il Signore me l’aveva domandato e desideravo andarci al più presto, bisognava che facessi la volontà di Gesù.
    Sono dunque andata con il Signor Parroco e suor Bruno a incontrare un membro della curia vescovile, come Gesù mi aveva domandato.
    Non ricordandomi nulla del latino, vi assicuro che esitavo e mi domandavo cosa gli avrei detto e domando ancora perdono al Signore di aver esitato, poiché Egli mi aveva detto: "Io sarò con voi."
    In effetti, Gesù era proprio con me.
    Improvvisamente, mi sono ricordata di tutte le parole in latino che Gesù mi aveva dettato dall’inizio, lo Spirito Santo mi guidava, è Lui che mi ha fatto ricordare tutto.
    Ero tutta commossa e sorpresa di vedere come, all’improvviso, ho potuto dire tutte quelle parole sconosciute. Non ho alcuna istruzione, e voi potete ben immaginare come il latino per me sia una lingua del tutto sconosciuta.
    Non so se è stata volontà dello Spirito Santo, ma quando sono salita in macchina uscendo dalla curia vescovile, ho detto tutto a suor Bruno e al Signor Parroco, tutte le parole strane (in latino) che il Signore mi aveva detto dall’inizio.

    E’ lo Spirito Santo che mi ha fatto ricordare tutto.
    Senza di Lui, non sarei stata capace di profferire parola. E so che il Signor Parroco e suor Bruno si sono commossi entrambi nell’ascoltarmi.
    Ritornando da Bayeux ero in una grande pace.
    Ero soprattutto molto felice di aver compiuto ciò che Gesù mi aveva chiesto e ringraziavo lo Spirito Santo di avermi fatto ricordare tutto.
    Senza di Voi, Spirito Santo, nulla esiste, nulla è possibile, noi non siamo che tenebre. Ma quando Vi si possiede, tutto è gioia, tutto è amore, tutto è possibile.
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"Rallegratevi, rallegratevi incessantemente nel Signore,
come la serva del Signore qui presente
sovrabbonda di gioia nella luce che scopre."
Venerdì 7 settembre 1973, ore 19.05, nella cappella.
    Vi erano alcune persone nella cappella davanti al Santissimo Sacramento esposto.
    Quando ho visto la luce, ma questa volta al posto del Santissimo Sacramento, non ho potuto trattenermi dall’esclamare ad alta voce, talmente ero felice: "EccoLa."
    Ero così felice, Gesù non mi aveva visitata il mese precedente.
    Subito dopo questa luce, Gesù appare come il solito. Mi sorride con un sorriso dolcissimo. Mi dice:
   "Fate la genuflessione e salutate." 
   Poi Gesù mi dice:
   "Dite questo ad alta voce":
    "Rallegratevi, Gesù di Nazareth, il Figlio dell’Uomo resuscitato, è lì, davanti a me, circondato di luce. Le Sue mani e il Suo viso risplendono come il sole. Il Suo sguardo è amore e bontà. Ed ecco ciò che dice il Primo e l’ultimo e il vivente, a voi tutti che ne siete i testimoni:
    Rallegratevi, rallegratevi incessantemente nel Signore, come la serva del Signore qui presente sovrabbonda di gioia nella luce che scopre."

    Qualche secondo dopo:
    "Siate umili, pazienti, caritatevoli."
   Gesù, con lo sguardo più grave, dice:
   "Baciate la terra tre volte come penitenza per l’iniquità."
   Quando ho rialzato la testa, dopo aver baciato la terra, Gesù aveva lo sguardo molto triste. Guarda la gente nella cappella poi, lo sguardo sempre molto triste, guarda lontano come se vedesse il mondo.
    Gli ho chiesto perchè fosse cosi triste. Gesù mi ha risposto:
    "Sono triste a causa della mancanza di fede nel mondo, a causa di tutti quelli che non amano il Padre Mio."
    Poi Gesù dice:
   "Dite questo ad alta voce":
    "Andate tutti in processione nel luogo preciso dove la serva del Signore ha visto la Croce Gloriosa, e ogni giorno dite questa umile preghiera, seguita da una decina del rosario."

   Poi Gesù mi dice:
    "Dite il rosario per intero, così anche le persone che lo dicono con voi."
   Gesù mi dettava la preghiera, frase per frase, e il Suo sguardo era molto triste e molto lontano.
    Ecco la preghiera che Gesù mi ha dettato lentamente:

"Pietà Mio Dio, per quelli che Ti bestemmiano,
Perdona loro, essi non sanno quello che fanno."
"Pietà Mio Dio, per lo scandalo del mondo,
Liberali dallo spirito di Satana."
"Pietà Mio Dio per quelli che fuggono da Te.
Dona loro il gusto della Santa Eucarestia."
"Pietà Mio Dio, per quelli che verrano a pentirsi
ai piedi della Croce Gloriosa,
che essi vi trovino la pace e la gioia in Dio nostro Salvatore."
"Pietà Mio Dio, perchè il Tuo regno arrivi,
ma salvali, c'è ancora tempo
- poiché il tempo è vicino, ed ecco che Io vengo.
Amen. Vieni, Signore Gesù."
ChristPm.GIF (146708 ottetti) Il Christo salito (fine del 1978)
       Poi ho recitato il rosario come il Signore me l'ha domandato. Gesù mi ha guardato con tristezza tutto il tempo in cui ho recitato il rosario. Dopo, alla fine del rosario, mi ha detto:
   "Signore riversa sul mondo intero i tesori della Tua infinita misericordia."
   Ho ripetuto questa frase per terminare la preghiera. Poi Gesù mi ha detto:
    "Abbiate la bontà di ripetere questo:
    "Vos amici Mei estis, si feceritis quae Ego praecipio vobis." 

   (Voi siete Miei amici se fate ciò che Io vi comando.)
   "Ogni volta che renderete testimonianza nel Mio nome, abbiate la bontà di ripetere questo."
    Poi, con uno sguardo triste, Gesù mi ha lasciata ed è scomparso.



DOZULE'

DECIMA APPARIZIONE
"Rallegratevi, rallegratevi incessantemente nel Signore,
come la serva del Signore qui presente
sovrabbonda di gioia nella luce che scopre."
Venerdì 7 settembre 1973, ore 19.05, nella cappella.
    Vi erano alcune persone nella cappella davanti al Santissimo Sacramento esposto.
    Quando ho visto la luce, ma questa volta al posto del Santissimo Sacramento, non ho potuto trattenermi dall’esclamare ad alta voce, talmente ero felice: "EccoLa."
    Ero così felice, Gesù non mi aveva visitata il mese precedente.
    Subito dopo questa luce, Gesù appare come il solito. Mi sorride con un sorriso dolcissimo. Mi dice:
   "Fate la genuflessione e salutate." 
   Poi Gesù mi dice:
   "Dite questo ad alta voce":
    "Rallegratevi, Gesù di Nazareth, il Figlio dell’Uomo resuscitato, è lì, davanti a me, circondato di luce. Le Sue mani e il Suo viso risplendono come il sole. Il Suo sguardo è amore e bontà. Ed ecco ciò che dice il Primo e l’ultimo e il vivente, a voi tutti che ne siete i testimoni:
    Rallegratevi, rallegratevi incessantemente nel Signore, come la serva del Signore qui presente sovrabbonda di gioia nella luce che scopre."

    Qualche secondo dopo:
    "Siate umili, pazienti, caritatevoli."
   Gesù, con lo sguardo più grave, dice:
   "Baciate la terra tre volte come penitenza per l’iniquità."
   Quando ho rialzato la testa, dopo aver baciato la terra, Gesù aveva lo sguardo molto triste. Guarda la gente nella cappella poi, lo sguardo sempre molto triste, guarda lontano come se vedesse il mondo.
    Gli ho chiesto perchè fosse cosi triste. Gesù mi ha risposto:
    "Sono triste a causa della mancanza di fede nel mondo, a causa di tutti quelli che non amano il Padre Mio."
    Poi Gesù dice:
   "Dite questo ad alta voce":
    "Andate tutti in processione nel luogo preciso dove la serva del Signore ha visto la Croce Gloriosa, e ogni giorno dite questa umile preghiera, seguita da una decina del rosario."

   Poi Gesù mi dice:
    "Dite il rosario per intero, così anche le persone che lo dicono con voi."
   Gesù mi dettava la preghiera, frase per frase, e il Suo sguardo era molto triste e molto lontano.
   
Ecco la preghiera che Gesù mi ha dettato lentamente:

"Pietà Mio Dio, per quelli che Ti bestemmiano,
Perdona loro, essi non sanno quello che fanno."
"Pietà Mio Dio, per lo scandalo del mondo, 
Liberali dallo spirito di Satana."
"Pietà Mio Dio per quelli che fuggono da Te.
Dona loro il gusto della Santa Eucarestia."
"Pietà Mio Dio, per quelli che verranno a pentirsi
ai piedi della Croce Gloriosa,
che essi vi trovino la pace e la gioia in Dio nostro Salvatore."
"Pietà Mio Dio, perchè il Tuo regno arrivi,
ma salvali, c'è ancora tempo
- poiché il tempo è vicino, ed ecco che Io vengo.
Amen. Vieni, Signore Gesù."
ChristPm.GIF (146708 ottetti) Il Christo salito (fine del 1978)
       Poi ho recitato il rosario come il Signore me l'ha domandato. Gesù mi ha guardato con tristezza tutto il tempo in cui ho recitato il rosario. Dopo, alla fine del rosario, mi ha detto:
   "Signore riversa sul mondo intero i tesori della Tua infinita misericordia."
   Ho ripetuto questa frase per terminare la preghiera. Poi Gesù mi ha detto:
    "Abbiate la bontà di ripetere questo:
    "Vos amici Mei estis, si feceritis quae Ego praecipio vobis." 

   (Voi siete Miei amici se fate ciò che Io vi comando.)

   "Ogni volta che renderete testimonianza nel Mio nome, abbiate la bontà di ripetere questo."
    Poi, con uno sguardo triste, Gesù mi ha lasciata ed è scomparso.



giovedì 4 gennaio 2018

GUARIGIONE DEI BUOI DI SANT' ELIA

Dalla Vita di san Francesco d'Assisi

GUARIGIONE DEI BUOI DI SANT' ELIA 

1607/57. Durante un suo soggiorno nell'eremitaggio di Fonte Colombo, scoppiò una epidemia dei bovini, detta dal popolo "basabove", e da cui le bestie solitamente non scampano. 

Il contagio si abbatté sui bovini del paese di Sant'Elia, situato nei paraggi di quell'eremo, così che gli animali cominciarono ad ammalarsi e morire.

Una notte fu detto in visione a un uomo spirituale di quel villaggio: 
« Va' al romitorio dove dimora il beato Francesco, fatti dare l'acqua dove si è lavato mani e piedi, e aspergila sopra tutti i bovini, e saranno liberati all'istante ». 
Allo spuntar del giorno quell'uomo si levò e venuto all'eremo disse la cosa ai compagni di Francesco. 

Costoro, raccolsero in un recipiente l'acqua con cui si era lavato le mani all'ora del pranzo; e di nuovo, a sera, lo pregarono di lasciarsi lavare i piedi, senza nulla rivelargli della loro intenzione. 

Il recipiente con l'acqua fu consegnato all'uomo, che lo portò con sé e ne asperse, come si fa con l'acqua benedetta, gli animali che giacevano moribondi e gli altri tutti. 
Immediatamente, per grazia del Signore e per i meriti di Francesco, tutti furono liberati dalla malattia. 
 A quel tempo, Francesco aveva le cicatrici alle mani, ai piedi e al petto. 


Benedicamus Domino. Deo gratias et Mariae

Ancora per poco sono con voi




[18]Or l’ira di Dio si manifesta dal cielo contro ogni empietà ed ingiustizia degli uomini che soffocano la verità di Dio nell’ingiustizia, 19perché ciò che può conoscersi di Dio è in essi manifesto, avendolo Dio loro manifestato. (Ai Romani, cap. 1, versetto 18)

NB. <L'ora della Grazia, viene, sosta in attesa. Ma se l'uomo non la invita: "Resta con noi", passa e non torna>

AMDG et DVM