venerdì 22 settembre 2017

IL PECCATO VENIALE

MICROBI DEL CORPO E DELL'ANIMA

Una nave, carica di merci preziose, usciva dal porto per recarsi ai celebri mercati di oriente. Era fortissima, fornita di robusti fianchi e pareva sfidare i venti e le tempeste. Nella stiva si formò una piccola spaccatura, appena visibile, e l'acqua cominciò a filtrare. Nessuno si accorse; e la fessura andò sempre più ingrandendosi, finchè una notte la nave calò a fondo. Ecco la storia delle tristi conseguenze del peccato veniale. Qui spernit modica, paulatim decidet (Eceli. XIX, 1). Chi disprezza le cose piccole, chi non tien conto delle venialità a poco a poco andrà in rovina, cadrà in peccato mortale.

Seguitiamo pure a commettere difetti ad occhi aperti: Dio ritirerà le sue grazie, l'anima resterà indebolita e presto avremo a piangere qualche caduta fatale.

La scienza moderna ha indagato arditamente le cause delle malattie contagiose e scoperto che traggono origine dai microbi, ossia esseri piccolissimi ed invisibili, che entrano nel corpo umano e si moltiplicano a dismisura consumando e distruggendo le membra. 

Poniamo la tisi. Che cosa è mai questa infermità, che divora tanta gioventù nel fiore degli anni? E' un bacillo o microbo che invade i polmoni ed a poco a poco li consuma.
L'infelice giovane comincia a tossire, scolorisce, dimagra; ed in breve tempo col cader delle foglie di autunno, discende nella tomba.

Se il male è preso in tempo, la medicina potrà isolare od uccidere il bacillo micidiale; ma, se si aspetta che abbia preso stanza e si sia moltiplicato, i rimedi non faranno che tormentare il povero ammalato, e non allontaneranno da lui la morte.

Il peccato veniale è il bacillo, il microbo dell'anima, e se non si vince in tempo, la disporrà al mortale.
Se gli Angeli potessero piangere, verserebbero lacrime amare al vedere l'uomo offendere con tanta facilità il suo Creatore, il suo Padre celeste, il suo Redentore, che per amore di lui prese la croce e s'incamminò per l'erta sanguinosa del Golgota, per essere crocifisso.
Il demonio, sempre pieno di quell'astuzia e malizia con cui sedusse Eva, non ci tenta subito di peccato mortale, perchè noi lo ributteremmo con orrore. Cerca di farci cadere in colpe veniali, le une più gravi delle altre, ci indebolisce e ci snerva a poco a poco. Quando vede che siamo privi degli aiuti soprabbondanti del Signore, svogliati nelle pratiche religiose, ormai deboli, allora ci assale arditamente e ci fa precipitare in colpa grave.

Cosi un capitano esperto, prima di assalire la città, abbatte le fortificazioni avanzate, i terrapieni ed i parapetti; e passo passo avanza sotto le mura per dare l'assalto definitivo.
Si narra che un prigioniero, rinchiuso in un'altissima torre, inventò questo stratagemma per fuggire. Legò ad uno ad uno i suoi lunghi capelli: e lanciandoli giù dalla finestra con un leggero peso al fondo, tirò a sè un filo di seta che un suo amico gli porse. Col filo di seta tirò su una funicella più forte, e con questa infine una grossa corda, con la quale si calò giù e si pose in libertà.

Lo spirito maligno ci domanda un nonnulla, poi qualche cosa più considerevole, e così via via fino a chiederci una grave trasgressione della legge divina.
E perciò lo Spirito Santo ci avverte per bocca del grande Apostolo S. Paolo, di non dar adito al diavolo: Nolite locum dare diabulo.

Narrasi che Semiramide, regina di Assiria, con le sue scaltrezze ottenne da Nino di poter comandare e farla da imperatore per un giorno solo. Appena ebbe nelle mani le redini del governo, fece gettare in una prigione e poi decollare il disgraziato marito e regnò da sola su Ninive e sul vasto impero.

Si racconta parimenti che la regina Didone approdò alle spiagge Africane; e domandò al re Jarba tanto terreno quanto ne poteva chiudere una pelle di bue. Il monarca acconsentì ridendo; ma la scaltra donna prese la più grossa pelle che gli venne fatto di trovare, fece filare i peli, tagliò il cuoio in liste sottilissime e le distese in modo da chiudere un'area. amplissima, ove edificò la potente città, di Cartagine, che soggiogò tutta l'Africa. Il disgraziato Jarba si avvide troppo tardi dell'inganno; e maledisse quella concessione.

Il perfido tentatore usa le stesse arti domanda poco per ottenere il molto, chiede da noi il peccato veniale e poi passa, al mortale. Guai a noi se gli diamo ascolto! Non si diventa grandi in un giorno: nemo repente fit summus; e neppure si diventa cattivi tutto un tratto: nemo nepente fit pessimus
E perciò il dottore S. Gregorio Magno dice che, sotto un certo" aspetto, vi è maggior pericolo nelle piccole colpe che non nelle grandi; perché le grandi quanto più chiaramente si conoscono, tanto maggiormente con la cognizione del maggior male muovono ad evitarle e ad emendarsene; ma le colpe piccole quanto meno si conoscono tanto meno si fuggono, e non facendone conto, si replicano e si continuano e l'uomo se ne sta giacendo in esse, senza mai risolversi virilmente di scacciarle da sé e liberarsene; e perciò da piccole diventano grandi. S. Giovanni Grisostomo va più in là ed osa dire che alle volte dobbiamo badar più alle piccole colpe che non alle ,grandi, perché le gravi di loro propria natura recano di per sé un certo orrore che induce ad odiarle e a fuggirle; ma le altre, per la ragione che son piccole, ci tengono negligenti e siccome le valutiamo poco, non pensiamo di uscirne e così ci vengono a recare gran danno. 

Chi ha veramente cura della salute, bada bene a curare i primi assalti delle malattie, le indisposizioni anche leggere, i piccoli raffreddori, per timore di peggio. Cosî dobbiamo far noi:  Bada ai primi sintomi, perchè la medicina è inutile, quando il male per lunga trascuranza ha preso stabile piede.

AMDG et BVM

lunedì 18 settembre 2017

E' VICINA LA FESTA DI SAN PIO DA PIETRELCINA

 VIVI SEMPRE ALLA PRESENZA DI DIO
"DIO MI VEDE"

23 settembre S. Pio da Pietrelcina 
PREGHIERA per ottenere la sua intercessione

“O Gesù, pieno di grazia e di carità e vittima per i peccati, che, spinto dall’amore per le anime nostre, volesti morire sulla croce, io ti prego umilmente di glorificare, anche su questa terra, il servo di Dio, San Pio da Pietrelcina che, nella partecipazione generosa ai tuoi patimenti, tanto ti amò e tanto si prodigò per la gloria del Padre tuo e per il bene delle anime.
Ti supplico perciò di volermi concedere, per la sua intercessione,
la grazia (esporre), che ardentemente desidero”.
3 Gloria al Padre

AMDG et BVM

Caro dottor Barth

Joseph Ratzinger a Heinz-Lothar Barth: "Credo che a lungo termine la Chiesa romana debba avere di nuovo un solo rito romano"



Lettera del 2003, dell'allora Card. Joseph Ratzinger, in cui sostiene, come teologo privato, che in futuro preferirebbe un solo Rito romano, più o meno come l'attuale Rito Extraordinario. Le decisioni del recente Motu proprio, intese a liberalizzare l'uso del Messale antico, potrebbero pertanto implicare che tale rito non deve essere solo eccezione.


Al dott. Heinz-Lothar Barth, 23 giugno 2003

Caro dottor Barth,

la ringrazio cordialmente per la sua lettera del 6 aprile cui trovo il tempo di rispondere solo ora. Lei mi chiede di attivarmi per una più ampia disponibilità del rito romano antico.
In effetti, lei sa da sé che non sono sordo a tale richiesta. Nel contempo, il mio lavoro a favore di questa causa è ben noto.
Al quesito se la Santa Sede «riammetterà l’antico rito ovunque e senza restrizioni», come lei desidera e ha udito mormorare, non si può rispondere semplicemente o fornire conferma senza qualche fatica.
È ancora troppo grande l’avversione di molti cattolici, insinuata in essi per molti anni, contro la liturgia tradizionale che con sdegno chiamano «preconciliare». E si dovrebbe fare i conti con la considerevole resistenza da parte di molti vescovi contro una riammissione generale. 
Diverso è tuttavia pensare a una riammissione limitata. La stessa domanda verso l’antica liturgia è limitata.
So che il suo valore, naturalmente, non dipende dalla domanda nei suoi confronti, ma la questione del numero di sacerdoti e laici interessati, ciononostante, gioca un certo ruolo. Oltre a ciò, una tale misura, a soli 30 anni dalla riforma liturgica di Paolo VI, può essere attuata solo per gradi.
Qualunque ulteriore fretta non sarebbe di sicuro buona cosa.
Credo tuttavia, che a lungo termine la Chiesa romana deve avere di nuovo un solo rito romano. 
L’esistenza di due riti ufficiali per I vescovi e per i preti è difficile da «gestire» in pratica. Il rito romano del futuro dovrebbe essere uno solo, celebrato in latino o in vernacolo, ma completamente nella tradizione del rito che è stato tramandato. Esso potrebbe assumere qualche elemento nuovo che si è sperimentato valido, come le nuove feste, alcuni nuovi prefazi della Messa, un lezionario esteso – più scelta di prima, ma non troppa –, una «oratio fidelium», cioè una litania fissa di intercessioni che segue gli Oremus prima dell’offertorio dove aveva prima la sua collocazione.
Caro dott. Barth, se lei si impegnerà a lavorare per la causa della liturgia in questa maniera», sicuramente non si troverà solo, e preparerà «l’opinione pubblica ecclesiale» a eventuali misure in favore di un uso esteso dei libri liturgici di prima.
Tuttavia bisogna essere attenti a non risvegliare aspettative troppo alte o massimali tra i fedeli tradizionali.
Colgo l’occasione per ringraziarla del suo apprezzabile impegno per la liturgia della Chiesa romana nei suoi libri e nelle sue lezioni, anche se qua e là desidererei ancora più carità e comprensione verso il magistero del papa e dei vescovi. Possa il seme da lei seminato germinare e portare molto frutto per la rinnovata vita della Chiesa la cui «sorgente e culmine», davvero il suo vero cuore, è e deve rimanere la liturgia.
Con piacere le impartisco la benedizione che lei ha domandato. Saluti sinceri.

+ Joseph Cardinal Ratzinger

AMDG et BVM

Tabella caratteri ASCII - Curiosità

Misteri dei numeri!

Dal 65 al 90 cercate il valore delle seguenti lettere BEGGILOOR e sommate.

TABELLA COMPLETA
Tabella caratteri codice ASCII

Per inserire il carattere prescelto tenere premuto il tasto Alt e digitare il numero corrispondente, quindi rilasciare il tasto Alt.
I caratteri evidenziati nella cornice rossa possono risultare differenti a seconda del software utilizzato.

ASCII - American Standard Code for Information Interchange è un codice standard a 7-bit che fu proposto dall'ANSI nel 1963 e diventò definitivo nel 1968.
ASCII (si pronuncia "askii") è il codice standard per i microcomputer e consiste di 128 numeri decimali che vanno da 0 a 127.
I numeri che vanno da 128 a 255 costituiscono il set di caratteri estesi che comprendono caratteri speciali, matematici, grafici e di lingue straniere.