MICROBI DEL CORPO E DELL'ANIMA
Una nave, carica di merci preziose, usciva dal porto per recarsi ai celebri mercati di oriente. Era fortissima, fornita di robusti fianchi e pareva sfidare i venti e le tempeste. Nella stiva si formò una piccola spaccatura, appena visibile, e l'acqua cominciò a filtrare. Nessuno si accorse; e la fessura andò sempre più ingrandendosi, finchè una notte la nave calò a fondo. Ecco la storia delle tristi conseguenze del peccato veniale. Qui spernit modica, paulatim decidet (Eceli. XIX, 1). Chi disprezza le cose piccole, chi non tien conto delle venialità a poco a poco andrà in rovina, cadrà in peccato mortale.
Seguitiamo pure a commettere difetti ad occhi aperti: Dio ritirerà le sue grazie, l'anima resterà indebolita e presto avremo a piangere qualche caduta fatale.
La scienza moderna ha indagato arditamente le cause delle malattie contagiose e scoperto che traggono origine dai microbi, ossia esseri piccolissimi ed invisibili, che entrano nel corpo umano e si moltiplicano a dismisura consumando e distruggendo le membra.
Poniamo la tisi. Che cosa è mai questa infermità, che divora tanta gioventù nel fiore degli anni? E' un bacillo o microbo che invade i polmoni ed a poco a poco li consuma.
L'infelice giovane comincia a tossire, scolorisce, dimagra; ed in breve tempo col cader delle foglie di autunno, discende nella tomba.
Se il male è preso in tempo, la medicina potrà isolare od uccidere il bacillo micidiale; ma, se si aspetta che abbia preso stanza e si sia moltiplicato, i rimedi non faranno che tormentare il povero ammalato, e non allontaneranno da lui la morte.
Il peccato veniale è il bacillo, il microbo dell'anima, e se non si vince in tempo, la disporrà al mortale.
Se gli Angeli potessero piangere, verserebbero lacrime amare al vedere l'uomo offendere con tanta facilità il suo Creatore, il suo Padre celeste, il suo Redentore, che per amore di lui prese la croce e s'incamminò per l'erta sanguinosa del Golgota, per essere crocifisso.
Il demonio, sempre pieno di quell'astuzia e malizia con cui sedusse Eva, non ci tenta subito di peccato mortale, perchè noi lo ributteremmo con orrore. Cerca di farci cadere in colpe veniali, le une più gravi delle altre, ci indebolisce e ci snerva a poco a poco. Quando vede che siamo privi degli aiuti soprabbondanti del Signore, svogliati nelle pratiche religiose, ormai deboli, allora ci assale arditamente e ci fa precipitare in colpa grave.
Cosi un capitano esperto, prima di assalire la città, abbatte le fortificazioni avanzate, i terrapieni ed i parapetti; e passo passo avanza sotto le mura per dare l'assalto definitivo.
Si narra che un prigioniero, rinchiuso in un'altissima torre, inventò questo stratagemma per fuggire. Legò ad uno ad uno i suoi lunghi capelli: e lanciandoli giù dalla finestra con un leggero peso al fondo, tirò a sè un filo di seta che un suo amico gli porse. Col filo di seta tirò su una funicella più forte, e con questa infine una grossa corda, con la quale si calò giù e si pose in libertà.
Lo spirito maligno ci domanda un nonnulla, poi qualche cosa più considerevole, e così via via fino a chiederci una grave trasgressione della legge divina.
E perciò lo Spirito Santo ci avverte per bocca del grande Apostolo S. Paolo, di non dar adito al diavolo: Nolite locum dare diabulo.
Narrasi che Semiramide, regina di Assiria, con le sue scaltrezze ottenne da Nino di poter comandare e farla da imperatore per un giorno solo. Appena ebbe nelle mani le redini del governo, fece gettare in una prigione e poi decollare il disgraziato marito e regnò da sola su Ninive e sul vasto impero.
Si racconta parimenti che la regina Didone approdò alle spiagge Africane; e domandò al re Jarba tanto terreno quanto ne poteva chiudere una pelle di bue. Il monarca acconsentì ridendo; ma la scaltra donna prese la più grossa pelle che gli venne fatto di trovare, fece filare i peli, tagliò il cuoio in liste sottilissime e le distese in modo da chiudere un'area. amplissima, ove edificò la potente città, di Cartagine, che soggiogò tutta l'Africa. Il disgraziato Jarba si avvide troppo tardi dell'inganno; e maledisse quella concessione.
Il perfido tentatore usa le stesse arti domanda poco per ottenere il molto, chiede da noi il peccato veniale e poi passa, al mortale. Guai a noi se gli diamo ascolto! Non si diventa grandi in un giorno: nemo repente fit summus; e neppure si diventa cattivi tutto un tratto: nemo nepente fit pessimus.
E perciò il dottore S. Gregorio Magno dice che, sotto un certo" aspetto, vi è maggior pericolo nelle piccole colpe che non nelle grandi; perché le grandi quanto più chiaramente si conoscono, tanto maggiormente con la cognizione del maggior male muovono ad evitarle e ad emendarsene; ma le colpe piccole quanto meno si conoscono tanto meno si fuggono, e non facendone conto, si replicano e si continuano e l'uomo se ne sta giacendo in esse, senza mai risolversi virilmente di scacciarle da sé e liberarsene; e perciò da piccole diventano grandi. S. Giovanni Grisostomo va più in là ed osa dire che alle volte dobbiamo badar più alle piccole colpe che non alle ,grandi, perché le gravi di loro propria natura recano di per sé un certo orrore che induce ad odiarle e a fuggirle; ma le altre, per la ragione che son piccole, ci tengono negligenti e siccome le valutiamo poco, non pensiamo di uscirne e così ci vengono a recare gran danno.
Chi ha veramente cura della salute, bada bene a curare i primi assalti delle malattie, le indisposizioni anche leggere, i piccoli raffreddori, per timore di peggio. Cosî dobbiamo far noi: Bada ai primi sintomi, perchè la medicina è inutile, quando il male per lunga trascuranza ha preso stabile piede.
AMDG et BVM