mercoledì 6 gennaio 2016

PRODIGI LEGATI AL TEMPO NATALIZIO. PER NON SCORDARLI RIPUBBLICHIAMO .

San Bonaventura: I prodigi della notte di Natale

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San Bonaventura è una delle figure più alte della Chiesa nell’epoca medioevale.

Nato nel 1217 a Bagnoregio (VT), entrò nel 1243 nell’ordine francescano, per conto del quale insegnò come maestro di teologia all’Università di Parigi. Nel 1257 il capitolo generale dei frati minori, riunito a Roma, lo elesse ministro generale, e come tale nel 1260 fu uno degli artefici delle prime costituzioni generali dell’ordine. Nel 1273 venne nominato cardinale e vescovo di Albano da Papa Gregorio X, che lo fece partecipare al Concilio ecumenico di Lione; ma proprio alla fine del Concilio, nel 1274, Bonaventura morì.
Canonizzato nel 1492, nel 1588 fu proclamato Dottore della Chiesa, e ricevette il titolo di Doctor Seraphicus per la luminosità della sua dottrina e per l’ardore del suo insegnamento. Oltre a scrivere numerose opere, il santo predicò celebri sermoni, fra i quali il Sermone XXI De nativitate Domini, pronunciato nella chiesa di Santa Maria della Porziuncola, che illustrava alcuni fatti miracolosi accaduti nel momento del Santo Natale.
Ne presentiamo qui sotto una traduzione dal testo originale latino.
«Questi, secondo diverse testimonianze, sono i miracoli manifestatisi al popolo peccatore il giorno della Natività di Cristo.
Primo – Una stella splendente apparve nel cielo verso Oriente, e dentro di essa si vedeva la figura di un bellissimo bambino sul cui capo rifulgeva una croce, per manifestare la nascita di Colui che veniva a illuminare il mondo con la sua dottrina, la sua vita e la sua morte.
Secondo – In Roma, a mezzo giorno, apparve sopra il Campidoglio un cerchio dorato attorno al sole – che fu visto dall’Imperatore e dalla Sibilla raffigurante al centro una Vergine bellissima che portava un Bambino, volendo così rivelare che Colui che stava nascendo era il Re del mondo che si manifestava come lo «splendore della gloria del Padre e la figura della sua stessa sostanza» (Ebrei 1,3).
Vedendo questo segnale, il prudente Imperatore (Augusto) offrì incenso al Bambino, e da allora rifiutò di essere chiamato dio.
Terzo – In Roma venne distrutto il “tempio della Pace”, sul quale, quando era stato costruito, i demoni si domandavano per quanto tempo sarebbe durato. Il vaticinio fu: «fino al momento in cui una vergine concepirà». Questo segnale rivelò che stava nascendo Colui che avrebbe distrutto gli edifici e le opere della vanità.
Quarto – Una fonte di olio di oliva sgorgò improvvisamente a Roma e fluì abbondantemente, per molto tempo, fino al Tevere, per dimostrare che stava nascendo la Fonte della pietà e della misericordia.
Quinto – Nella notte della Natività, le vigne di Engadda, che producevano balsamo e aromi, si coprirono di foglie e produssero nettare, per significare che stava nascendo Colui che avrebbe fatto fiorire, rinnovare, fruttificare spiritualmente e attirare con il suo profumo il mondo intero.
Sesto – Circa trentamila ribelli furono uccisi per ordine dell’Imperatore, per manifestare la nascita di Colui che avrebbe conquistato alla sua Fede il mondo intero e avrebbe precipitato i ribelli nell’inferno.
Settimo – Tutti i sodomiti, uomini e donne, morirono su tutta la terra, secondo quanto ricordò San Gerolamo commentando il salmo:«È nata una luce per il giusto», per evidenziare che Colui che stava nascendo veniva a riformare la natura e a promuovere la castità.
Ottavo – Nella Giudea un animale parlò, e lo stesso fecero anche due buoi, affinché si comprendesse che stava nascendo Colui che avrebbe trasformato gli uomini bestiali in esseri razionali.
Nono – Nel momento in cui la Vergine partorì, tutti gli idoli dell’Egitto caddero in frantumi, realizzando il segno che il profeta Geremia aveva dato agli egiziani quando viveva tra loro, affinché si intendesse che stava nascendo Colui che era il vero Dio, l’unico che doveva essere adorato assieme al Padre e allo Spirito Santo.
Decimo – Nel momento in cui nacque il Bambino Gesù, e venne deposto nella mangiatoia, un bue e un asino si inginocchiarono e, come se fossero dotati di ragione, Lo adorarono, affinché si capisse che era nato Colui che chiamava al suo culto i giudei e i pagani.

Undicesimo -–Tutto il mondo godette della pace e si trovò nell’ordine, affinché fosse palese che stava nascendo Colui che avrebbe amato e promosso la pace universale e impresso il sigillo sui propri eletti per sempre.
Dodicesimo – In Oriente apparvero tre stelle che in breve si trasformarono in un unico astro, affinché fosse a tutti manifesto che stava per essere rivelata l’unità e trinità di Dio, e anche che la Divinità, l’Anima e il Corpo si sarebbero congiunti in una sola Persona.
Per tutti questi motivi la nostra anima deve benedire Dio e venerarlo, per averci liberato e per avere manifestato la sua maestà, con così grandi miracoli, a noi poveri peccatori».

martedì 5 gennaio 2016

EPIFANIA CON SANT'ANTONIO. 1

III. l’offerta dei tre magi

5. “Ed ecco, la stella che avevano visto in oriente...” (Mt 2,9). O misericordia di Dio, che mai dimentica di aver pietà! Infatti è subito vicino a chi ritorna a lui. Dice Isaia: “Tu invocherai, e il Signore ti esaudirà; chiamerai, ed egli dirà: èccomi!” (Is 58,9), “perché io, il Signore Dio tuo, sono misericordioso” (Dt 4,31).
“Ed ecco la stella”. I Magi erano andati da Erode, e avevano perduto di vista la stella. E questo sta ad indicare i recidivi che, ritornando al diavolo, ossia al peccato mortale, perdono la grazia; quando invece se ne liberano, allora la riacquistano. Dice infatti Geremia: “Si dice comunemente: Se un uomo ripudia la moglie ed essa, allontanatasi da lui, si sposa con un altro uomo, forse che ritornerà ancora da lui? Quella donna non è forse immonda e contaminata? Tu invece, che pure hai fornicato con molti amanti”, cioè con i demoni e i peccati, “tuttavia ritorna da me, dice il Signore?” (Ger 3,1).
“Ed ecco che la stella li precedeva” (Mt 2,9). Troviamo la concordanza nell’Esodo: “Il Signore li precedeva per indicare loro la strada: di giorno con una colonna di nubi, di notte con una colonna di fuoco, per essere loro di guida nel cammino in entrambi i tempi” (Es 13,21). Di giorno la colona di nubi era contro l’ardore del sole, di notte la colonna di fuoco era contro le tenebre, perché potessero difendersi dai serpenti. Osserva che l’illuminazione della grazia divina è detta “colonna” perché sostiene, “di nubi”, perché raffredda il calore del sole, cioè il calore della prosperità terrena, “di fuoco”, contro il freddo dell’infedeltà, contro le tenebre delle avversità e contro il veleno della suggestione diabolica.
“Finché giunse e si fermò sopra la casa dov’era il bambino” (Mt 2,9). Ecco la fine della fatica, la meta del viaggio, la gioia di chi cerca, il premio di chi trova. “Gioisca il cuore di coloro che ti cercano” (Sal 104,3, o Gesù; e se gioiscono quelli che ti cercano, quanto più gioiranno quelli che ti trovano? La stella procede, la colonna precede. Quella indica la strada alla culla del Salvatore, questa alla Terra Promessa: e nella culla c’è la Terra Promessa dove scorre il miele della divinità e il latte dell’umanità. Corri dunque dietro alla stella, affrettati dietro alla colonna, perché ti guidano alla vita. Faticherai poco, arriverai presto, e troverai il desiderio dei santi, il gaudio degli angeli.

6. “Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia” (Mt 2,10). Fa’ attenzione, perché in queste parole è indicata una triplice gioia, quella che deve provare colui che riacquista la grazia perduta. Deve gioire perché non è morto mentre era in peccato mortale e si sarebbe dannato eternamente; perché è stato riportato alla grazia, che non ha meritato; perché, se persevererà, sarà condotto alla gloria. Di questa triplice gioia dice Isaia: “Esultando gioirò nel Signore, e l’anima mia si allieterà nel mio Dio” (Is 61,10).
“Ed entrando nella casa” (Mt 2,11). Racconta Luca che “il figlio maggiore, indignato, non voleva entrare in casa” (Lc 15,25.28); invece il figlio prodigo vi era già entrato, perché era già rientrato in se stesso (cf. Lc 15,17). È stato detto agli apostoli: “Per via non salutate nessuno” (Lc 10,4). Chi è sulla via, è fuori, e chi è fuori, è fuori di casa, e quindi è indegno di essere salutato. Anzi, come dice Amos: “In tutte le piazze ci sarà pianto, e a tutti coloro che sono fuori si dirà: Guai, guai!” (Am 5,16).
“Trovarono il fanciullo con Maria, sua Madre, e prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11). Poiché entrano, trovano; e perché trovano, si prostrano e adorano. Nel fanciullo e in Maria sono indicate l’innocenza e la purezza; nel fatto che si prostrano il disprezzo di sé; e nel fatto che adorano l’ossequio della fede. Ecco dunque che i penitenti entrano nella casa della propria coscienza e trovano l’innocenza (l’innocuità) nei riguardi del prossimo, la purezza nei riguardi di se stessi; e di ciò non si insuperbiscono, ma si prostrano con la faccia a terra e adorano devotamente e fedelmente colui che ha dato loro tutte queste grazie.
“Ed entrati nella casa” – forse era quel diversorio, albergo, di cui parla Luca –, “trovarono il bambino con Maria, sua madre”. Osserva la Glossa: Perché, insieme con Maria, non fu trovato dai Magi anche Giuseppe? Perché da quel fatto non fosse dato motivo di ingiusto sospetto a quei popoli che sùbito, appena nato il Salvatore, gli avevano mandato sùbito “le loro primizie”, i loro primi rappresentanti, ad adorarlo.
“Aprirono i loro scrigni” (i loro tesori) (Mt 2,11). La Glossa: Guardiamoci bene dallo scoprire i nostri tesori lungo la via; aspettiamo che siano passati i nemici, per poterli offrire solo a Dio dal segreto del cuore. Il re Ezechia, che mostrò agli stranieri i tesori [del tempio], venne punito nei suoi discendenti (cf. 4Re 20,12-19). Desidera essere derubato, colui che porta un tesoro pubblicamente per la via (Gregorio).

7. “Gli offrirono i doni: oro, incenso e mirra” (Mt 2,11)

L’oro si richiama al tributo (che si pagava al re), l’incenso ai sacrifici, e la mirra alla sepoltura dei morti. 

Per mezzo di questi tre doni vengono proclamate in Cristo la potestà regale, la maestà divina e la mortalità umana. 

In altro senso: nell’oro, che è lucente e compatto, e quando è battuto non scricchiola, è indicata la vera povertà, che non viene oscurata dalla fuliggine dell’avari­zia, non si gonfia al vento delle cose temporali. Una virtù salda (in lat. res solida, una sostanza compatta, un monastero concorde) fa lo stesso: davanti agli scandali non si turba e non replica con mormorazioni.

In Arabia, nome che significa “sacra”, ci sono delle piante dalle quali si ricavano l’in­censo e la mirra. Coloro che ne sono proprietari vengono chiamati in arabo sacri. Quando incidono o vendemmiano queste piante, essi non partecipano a funerali e non si contaminano in rapporti con donne. 
L’incenso, una pianta grandissima e frondosa, con una corteccia leggerissima, produce un succo aromatico come quello del mandorlo. L’incenso è chiamato in lat. thus, da tùndere, pestare, o anche dal termine greco Theòs, Dio, in onore del quale viene bruciato. L’incenso viene spesso mescolato con resina e altre sostanze gommose, ma si distingue lo stesso per le sue proprietà. Infatti l’incen­so, posto sulla brace, arde, mentre la resina fuma e le sostanze gommose si liquefano.
L’albero dell’incenso raffigura la preghiera devota, che è grandissima per la contemplazione, frondosa per la carità fraterna, giacché intercede sia per l’amico che per il nemico; ha una scorza sottilissima, cioè si manifesta all’esterno con la benevolneza; ed emette il succo delle lacrime, profumatissimo e olezzante al cospetto di Dio.
È detto nel Cantico dei Cantici: “Sorgi, o aquilone!”, vale a dire: Allontànati, o diavolo!, “e vieni tu, o austro”, cioè Spirito Santo; “soffia nel mio giardino”, cioè nella mia mente, “e si effondano i suoi aromi”, cioè le lacrime! (Ct 4,16). Questo succo è il ristoro dei peccatori, come il latte di mandorlo è il ristoro degli ammalati. Colui che prega si batte il petto e la preghiera sale a Dio. Ma ahimè! Oggi l’orazione devota viene guastata con una mescolanza avariata, cioè con la resina della vanagloria, come negli ipocriti, e con la gomma del denaro come nei chierici sventurati che pregano e celebrano le messe per i soldi. La vera devozione si infiamma del fuoco dell’amore divino, mentre quella guastata dalla vanità manda fumo, e quella corrotta dalla cupidigia si squaglia.

L’albero della mirra si spinge fino a cinque cubiti di altezza. Il succo che da esso emana spontaneamente è ritenuto più pregiato, mentre lo è meno quello estratto tagliando la corteccia. 
La mirra, così chiamata da “amarezza”, simboleggia l’amara sofferenza del cuore o del corpo, il cui primo cùbito è il pensiero della morte, il secondo la presenza del giudice severo nel giudizio, il terzo la sua sentenza irrevocabile, il quarto la geen­na inestinguibile, il quinto la compagnia di tutti gli uomini perversi e la penitenza (lat. poena tenax), cioè i tormenti assolutamente inevitabili e continui inflitti dai demoni.
Se la sofferenza esce spontaneamente da quest’albero, è più preziosa, cioè più accètta a Dio; invece quella che è prodotta dalle ferite delle infermità o delle avversità, ha minor valore.


8. I Magi dunque “offrirono al Signore oro, incenso e mirra”. Così anche i veri penitenti gli offrono l’oro della totale povertà, l’incenso della devota orazione, la mirra della volontaria sofferenza
E fa’ attenzione che l’incenso della devota orazione e la mirra della salutare penitenza non si trovano se non in Arabia, cioè nella santa chiesa. 
Quelli che vogliono conservarle e coglierne i frutti, devono allontanare se stessi dal cadavere del denaro accumulato ingiustamente, sul quale gli avari si gettano come il corvo sulla carogna, e dai contatti lussuriosi.
Supplichiamo dunque il Signore che ci conceda di offrirgli questi tre doni, per poter poi regnare con lui, che è benedetto nei secoli. Amen.
AMDG et BVM

"O immacolato Cuore, Madre del mio Signore, Sorgente di Olio Santo della Perenne Unzione, a Te io domando da grande peccatore: il Tuo segreto mostrami ed oggi a Te consacrami"



Rivelazioni pubbliche (cessate con il 23 ottobre 2005) e rivelazioni private (che ancora oggi la veggente Debora riceve dalla Vergine dell'Eucaristia in date particolari, e che può essere autorizzata a diffondere in particolari casi) costituiscono il fulcro dell'ammaestramento della Mamma Celeste che ci vuole condurre a Suo Figlio Gesù e salvare.  Conoscere, meditare, vivere questi insegnamenti significa non solo rispondere all'appello della Vergine, ma porsi seriamente e coerentemente in un cammino di conversione, come richiedono questi tempi difficili e perigliosi.

I cinque volumi "La Sapienza Rivelata del Dio Vivente" contengono tutti i messaggi e le rivelazioni pubbliche sino ad anni recenti, e un sesto volume più recente (al momento esaurito) comprende  i messaggi dal 23 gennaio 2000 al 23 settembre 2004.

I messaggi dell'ultimo anno di Apparizioni pubbliche non sono stati invece ancora pubblicati. Per tale motivo negli Allegati sono stati inseriti anche i messaggi inediti che la Vergine dell'Eucaristia ha dato alla Sua confidente Debora. Il testo  contiene i messaggi dal 23 gennaio 2000 al 23 ottobre 2005, data dell'ultima Apparizione pubblica della Vergine dell'Eucaristia nella Celeste Verdura o Getsemani Santo, luogo da Lei prescelto e prediletto, ed anche i pochi messaggi personalmente ricevuti da Debora e da lei resi noti (Debora conserva i doni della visione e della locutio cordis).

In realtà è stata promessa un'ulteriore Apparizione futura, in un tempo indeterminato, in cui la Madonna apparirà anche a molti dei presenti: in attesa di tale sublime momento di incontro, predisponiamo i nostri animi e prepariamoci con la preghiera, la devozione, la conversione, la costituzione dei Focolari d'Amore e di riparazione che più volte la Vergine ha chiesto.


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lunedì 4 gennaio 2016

Sicut nix

Mi bone Jesu, libera nos ab igne inferni...

58. Doctor quidam Parisiensis, episcopo post mortem apparens, ei propriam damnationem manifestavit, et addidit paucis diebus post mortem suam adeo repletum fuisse infernum, ut neminem putaret vivum in mundo remansisse. Visae sunt etiam a sancta quadam muliere animae in infernum descendentes sicut nix, cum in magna quantitate cadit e caelo. ldem, ibidem, cap. 18.

p.157-8. Hortus Caelestium Deliciarum Ex Omnigena ...

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