<<"Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso altra più dolce
via che non la severa del Sinai?" voi dite.
Non vi è altra via. Quella è. Ma però guardiamola non attraverso il
colore della minaccia, ma attraverso il colore dell'amore. Non diciamo:
"Guai se non farò questo!" rimanendo tremanti in attesa di peccare,
di non essere capaci di non peccare. Ma diciamo: "Beato me se farò
questo!" e con slancio di soprannaturale gioia, giubilando, lanciamoci
verso queste beatitudini, nate dall'osservanza della Legge come corolle di
rose da un cespuglio di spine.
1-Beato me se sarò povero di spirito perché mio allora è il Regno dei Cieli!
2-Beato me se sarò mansueto perché erediterò la Terra!
3-Beato me se sarò capace di piangere senza ribellione perché sarò consolato!
4-Beato me se più del pane e del vino per saziare la carne avrò fame e sete
di giustizia. La Giustizia mi sazierà! Beato me se sarò misericordioso perché
mi sarà usata divina misericordia!
5-Beato me se sarò puro di cuore perché Dio si piegherà sul mio cuore
puro ed io lo vedrò!
6-Beato me se avrò spirito di pace perché sarò da Dio chiamato suo
figlio, perché nella pace è l'amore, e Dio è Amore che ama chi è simile a Lui!
7-Beato me se per fedeltà alla giustizia sarò perseguitato, perché a
compensarmi delle terrene persecuzioni Dio, mio Padre, mi darà il
Regno dei Cieli!
8-Beato me se sarò oltraggiato e accusato bugiardamente per
saper essere tuo figlio, o Dio! Non desolazione ma gioia mi deve venire
da questo, perché questo mi uguaglia ai tuoi servi migliori, ai Profeti,
per la stessa ragione perseguitati, e coi quali io credo fermamente di
condividere la stessa ricompensa grande, eterna, nel Cielo che è mio!
Guardiamo così la via della salute. Attraverso la gioia dei santi.
(1) Beato me se sarò povero di spirito Oh! delle ricchezze, arsura
satanica, a quanti deliri tu porti! Nei ricchi, nei poveri. Il ricco che
vive per il suo oro: l'idolo infame del suo spirito rovinato.
Il povero che vive dell'odio al ricco perché egli ha l'oro, e se anche
non fa materiale omicidio lancia i suoi anatema sul capo dei ricchi,
desiderando loro male d'ogni sorta.
Il male non basta non farlo,
bisogna anche non desiderare di farlo. Colui che maledice augurando
sciagure e morti non è molto dissimile da colui che materialmente
uccide, poiché ha in lui il desiderio di veder perire colui che odia.
In verità vi dico che il desiderio non è che un atto trattenuto,
come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso.
Il desiderio malvagio avvelena e guasta, poiché permane più a lungo
dell'atto violento, più in profondità dell'atto stesso.
Il povero di spirito se è ricco non pecca per l'oro, ma del suo oro fa la sua
santificazione poiché ne fa amore. Amato e benedetto, egli è
simile a quelle sorgive che salvano nei deserti e che si danno,
senza avarizia, liete di potersi dare per sollevare le disperazioni.
Se è povero, è lieto nella sua povertà, e mangia il suo pane dolce della
ilarità del libero dall'arsione dell'oro, e dorme il suo sonno scevro
da incubi, e sorge riposato al suo sereno lavoro che pare sempre
leggero se viene fatto senza avidità e invidia.
Le cose che fanno ricco l'uomo sono l'oro come materia, gli affetti come morale.
Nell'oro sono comprese non solo le monete ma anche le case, i campi, i
gioielli, i mobili, le mandrie, tutto quanto insomma fa materialmente
doviziosa la vita.
Nelle affezioni: i legami di sangue o di coniugio, le amicizie, le dovizie
intellettuali, le cariche pubbliche.
Come vedete, se per la prima categoria il povero può dire: " Oh! per me!
Basta che io non invidi chi ha e poi sono a posto perché
io sono povero e perciò a posto per forza ", per la seconda anche
il povero ha da sorvegliarsi, potendo, anche
il più miserabile fra gli uomini, divenire peccaminosamente ricco di spirito.
Colui che si affeziona smoderatamente ad una cosa,
ecco che pecca. Voi direte: "Ma allora dobbiamo odiare il bene che
Dio ci ha concesso? Ma allora perché comanda di amare il padre e
la madre, la sposa, i figli, e dice: 'Amerai il tuo prossimo come te stesso?
Distinguete. Amare dobbiamo il padre e la madre e la sposa e il
prossimo, ma nella misura che Dio ha dato: " come noi stessi ". Mentre
Dio va amato sopra ogni cosa e con tutti noi stessi. Non amare Dio come
amiamo fra il prossimo i più cari, questa perché ci ha allattato,
l'altra perché dorme sul nostro petto e ci procrea i figli, ma amarlo
con tutti noi stessi, ossia con tutta la capacità di amare che è
nell'uomo: amore di figlio, amore di sposo, amore di amico e, oh!
non vi scandalizzate! e amore di padre.
Sì, per l'interesse di Dio
dobbiamo avere la stessa cura che un padre ha per la sua prole,
per la quale con amore tutela le sostanze e le accresce, e si
occupa e preoccupa della sua crescita fisica e culturale e della sua riuscita
nel mondo. L'amore non è un male e non lo deve divenire.
Le grazie che Dio ci concede non sono un male e non lo devono
divenire. Amore sono. Per amore sono date. Occorre con amore
usarne di queste ricchezze che Dio ci concede in affetti e in bene.
E solo chi non se ne fa degli idoli ma dei mezzi per servire in santità
Dio, mostra di non avere un attaccamento peccaminoso ad esse.
Pratica allora la santa povertà dello spirito, che di tutto si spoglia per
essere più libero di conquistare Iddio santo, suprema Ricchezza.
Conquistare Dio, ossia avere il Regno dei Cieli. >>