domenica 17 agosto 2014

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (5)

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (5)

PARTE   SECONDA

"NATO DA MARIA VERGINE"


LA VERGINITÀ DI MARIA "NEL PARTO"




II. LE NEGAZIONI E I DUBBI DI OGGI


"Fra tutti i punti della dottrina mariana - ha rilevato giustamente il Prof. Laurentin - questo è il più misconosciuto" [Court Traité de Théologie mariale, P. II, nota 5). Questo misconoscimento è stato ed è fonte di errori e di dubbi. La verginità di Maria " nel parto " infatti è, oggi, la più bersagliata.

1) II Prof. Sac. ALBERT MITTERER, specializzato nel campo delle scienze biologiche, nel 1952 pubblicava un'opera dal titolo: Dogme und Biologie der heiligen Familien nach dem Weltbild des hl. Thomas von Aquin und dem der Gegenwart ("Wien, Herder, 1952, pp. 224).

Quest'opera consta di una introduzione e di quattro libri. Nel primo libro tratta dell'Immacolata Concezione di Gesù e di Maria (Gesù fu concepito senza macchia di peccato originale perché Maria, Madre sua, fu concepita, a sua volta, senza una tale colpa); nel secondo libro parla dell'Incarnazione del Verbo nel seno di Maria; nel terzo parla della divina maternità di Maria; e nel quarto, infine, tratta della soprannaturale paternità di San Giuseppe.

Parlando, nel terzo libro, della divina maternità di Maria, il Mitterer, contro l'opinione comune (di S. Tommaso e di altri) ammette in Maria sia la frattura dell'integrità fisica (dell'imene) nel parto, sia i dolori del parto per la semplice ragione che - secondo lui – la frattura dell'integrità fisica e i dolori del parto, mentre non si richiedono per la perfetta verginità, si richiedono invece per la perfetta maternità. La frattura dell'integrità fisica (dell'imene) - secondo il Mitterer - non va per se stessa contro la perfetta verginità se non quando è conseguenza dell'atto sessuale (non già quando è conseguenza del parto) (op. cit., p. 106).

Si tratterebbe perciò di integrità morale, non già di integrità fisica.
L'integrità fisica è soltanto un segno (e neppure sicuro) della perfetta verginità.
L'integrità fisica - secondo il Mitterer - va contro la perfetta maternità. La frattura dell'integrità fisica a causa del parto – dice Mitterer - è invece uno dei segni della perfetta maternità. Se per la perfetta verginità si esige il segno della verginità (l'integrità fisica), con lo stesso diritto - dice il Mitterer - per la perfetta maternità si potrà esigere il segno della maternità (la frattura dell'integrità fisica).

Segno per segno. Alla perfetta verginità - dice - appartiene che l'integrità fisica non sia violata da un atto sessuale. Alla perfetta maternità appartiene che l'integrità fisica sia violata dal bambino che nasce o dall'atto del parto (op. cit., p. 116) (4). L'integrità fisica o corporale - secondo lui - non rientra nel concetto di verginità, di modo che il parto che avviene nel modo ordinario non toglierebbe la verginità. Egli è costretto a coniare questo nuovo concetto della verginità (del tutto contrario a quello tradizionale) per salvare la perpetua verginità di Maria. Ma... la salva realmente?... Egli non salva la perfetta verginità di Maria (che è morale insieme e corporale). Conseguentemente se egli salva la verginità prima del parto, non salva, anzi distrugge, la verginità (l'integrità fisica) nel parto, ossia, la svuota del suo contenuto. L'effato tradizionale (verginità " prima " del parto, " nel " parto e " dopo " il parto) esprime una verità rivelata con un contenuto specifico proprio. Se il parto di Maria SS. si realizzò come quello di qualsiasi altra donna, l'espressione " vergine nel parto " non avrebbe più nessun proprio contenuto. Sarebbe verginale solo perché sussegue il concepimento verginale, e perciò si identificherebbe col concepimento verginale (con la verginità " prima del parto ").
Il concetto di " verginità " va stabilito partendo dai dati forniti dalla rivelazione e dalla tradizione, non già dai dati della scienza biologica moderna (come ha fatto il Mitterer, onde accusare i Padri e i Teologi di aver attribuito alla verginità una cosa - l'integrità fisica - che non le appartiene).

Non omette poi il Mitterer di svuotare le prove che si è soliti addurre in favore della verginità di Maria nel parto.

Riguardo all'argomento desunto dalla tradizione, il Mitterer si chiede: i Santi Padri, allorché parlano di una tale prerogativa, parlano come testimoni di una verità rivelata ricevuta per eredità, oppure parlano come teologi i quali tirano le loro conclusioni guidati dalle proprie speculazioni? Si dà, in realtà, la unanimità che si richiede perché costituiscano un criterio teologico? Il Mitterer lascia la risposta agli specializzati nella teologia positiva (come se la risposta non fosse stata già data). Si domanda, inoltre: perché insistere nella piena maternità meno tenacemente che nella verginità (prima del parto, nel parto e dopo il parto) dal momento che la sua maternità appartiene ad un ordine superiore a quello della sua verginità. E risponde dicendo che ciò dipende forse dal fatto che nei tempi passati era più conveniente mettere in risalto la verginità ed era meno urgente che ai nostri tempi insistere di più sull'aspetto della maternità!...

Questa nuova teoria del Mitterer ha suscitato le simpatie di Padre Jean Galot S. ., di Carlo Davis, di P. Schillebeeckx, di P. Carlo Rahner S.J., di Clifford E.L. Henry, ecc.


2) Il P. JEAN GALOT S.J., si è lasciato impressionare dalla Opera del Prof. A. Mitterer, e ha ritenuto suo dovere tendergli una mano, sforzandosi di dimostrare che la teoria del Professore viennese non si oppone alla tradizione (cfr. La virginité de Marie et la naissance de Jésus, in " Nouv. Rev. Théol. ", 82, 1960, pp. 449-725). Egli presenta la questione della " verginità nel parto " come un " problema teologico delicatissimo " (mentre in realtà si tratta non già di un " problema " ma di una verità rivelata da Dio, proposta dalla Chiesa per lo mero col suo Magistero ordinario e universale, infallibile come quello straordinario).

P. Galot ritiene che " l'idea di una nascita miracolosa " pare che non sia richiesta dalla verginità corporale considerata in se stessa, ma che è stata spesso affermata dopo il sec. V, dagli scrittori ecclesiastici ".
Il Mitterer - dice P. Galot - ha preso di fronte il problema, e si è sforzato di dimostrare che la verginità, non solo non esigeva in Maria che la nascita di Gesù avvenisse in modo miracoloso, ma anche che la maternità corporale, per essere vera e completa, supponeva una nascita in condizione normale, col dolore che vi è ordinariamente unito.

Secondo il P. Galot, la tradizione patristica, fino alla fine del sec. IV, ossia, fino a S. Ambrogio, avrebbe affermato che Gesù è nato da Maria SS. come tutti gli altri uomini. A partire poi da S. Ambrogio, si sarebbe cominciato a parlare, contro Gioviniano, di un parto prodigioso, verginale. S. Ambrogio sarebbe poi stato seguito in ciò da Sant'Agostino, dal Papa S. Ormisda, da S. Gregorio M. e da molti altri. Secondo il P. Galot, sarebbero stati gli apocrifi (l'Ascensione di Isaia, della fine del sec. I; le Odi di Salomone, dell'inizio del sec. II; il Protovangelo di Giacomo, della metà del sec. II) a parlare, per primi, di un parto prodigioso, verginale. Ciò nonostante la verginità di Maria - secondo il P. Galot - " non si opporrebbe minimamente ad una nascita (di Cristo) in modo normale " (art. cit., p. 465). Una nascita prodigiosa - si domanda P. Galot - " sarebbe ancora una vera nascita? " (ibid.). E risponde: " Se si ammette un parto prodigioso, si ha pena a darne una rappresentazione possibile e intelligibile, e si rischia di sfociare in un certo docetismo " (ibid., p. 466). E conclude asserendo che sarebbe erroneo pensare che per un tale parto (anche normale, ordinario), la maternità di Maria abolirebbe il segno della verginità. Se un segno deve rimanere scolpito nel corpo di Maria, e persistere attualmente nel suo corpo glorioso, è quello della sua maternità verginale; questo segno è quello dell'apertura, da parte di Gesù, del seno materno, seno chiuso agli uomini, e che non ha lasciato il passaggio altro che di Dio " (art. cit., p, 467). Al " segno " della verginità (proprio di Maria), P. Galot preferisce, evidentemente, il " segno " della maternità (comune a Maria e a tutte le altre donne!...).

P. Galot, ammette anche che il parto della Vergine è stato accompagnato da dolori. E termina il suo articolo asserendo che un tale parto normale, anziché diminuire l'onore della Vergine, sembra che l'aumenti (p. 469). Va anzi più in là, e arriva ad asserire che, con l'abbassamento di Maria al livello di tutte le altre madri, " la dignità di tutte le madri viene rialzata " !... (ibid.).
Ci troviamo perciò dinanzi ad un parto ordinario (uguale a quello di tutte le altre madri). Questo parto, tuttavia, si deve dire verginale, ma solo perché il concepimento del divin Bambino è stato verginale, per opera cioè dello Spirito Santo, e perciò la verginità " nel parto " viene identificata con la verginità " prima del parto ".

Queste stesse idee, il P. Galot l'ha ripetute, recentemente, nell'articolo: Nato dalla Vergine Maria, in " Civiltà Cattolica " 120 (1969) p. 134-144. Egli ha cercato di appoggiare la sua tesi con argomenti presi dal Magistero Ecclesiastico, dalla S. Scrittura, dalla Tradizione e dalla convenienza; ma invano, come vedremo. Nel surriferito articolo, dopo aver difeso il concepimento verginale di Cristo (la verginità " ante partum "), P. Galot passa a parlare della verginità " nel parto ", e dice: " Tuttavia, è necessario aggiungere che nella dottrina della verginità perpetua, un problema non ha ancora ricevuto una definitiva soluzione; concerne la verginità di Maria nel parto ". E lo prova appellandosi alla primitiva tradizione patristica. " Fin verso la fine del IV secolo [asserisce con impressionante sicumera] i Padri non vedevano alcuna difficoltà ad affermare, per Gesù, un modo di nascere uguale a quello degli altri bambini " (p. 137). E adduce le testimonianze di Origene, di S. Ireneo e di S. Epifanio (nelle quali si asserisce che Gesù " aprì il seno " della madre). Però - aggiunge - " Fin dalla fine del IV secolo, ha cominciato a prevalere un'altra rappresentazione della nascita: si è legata l'idea della nascita verginale a quella d'un parto miracoloso. Questa rappresentazione è diventata tradizionale e si è spesso paragonata al raggio di sole che attraversa il cristallo senza lederlo" (ibid.). Dopo questa candida ammissione, P. Galot passa a parlare di alcuni i quali, recentemente, han negato una tale interpretazione. " Recentemente - dice - alcuni autori hanno proposto un modo di intendere il parto verginale che, in effetti, si ricollega a quello dei primi secoli [cioè, alle pretese asserzioni dei Padri fin verso la fine del secolo IV]: il bambino Gesù sarebbe nato come nascono gli altri bambini e non avrebbe tolto nulla alla verginità, anche fisica, di sua madre, perché la verginità corporale consiste nella preservazione del corpo non nei riguardi di qualsiasi azione fisica, ma nei riguardi delle relazioni sessuali [si noti qui, di passaggio, la deplorevole confusione tra verginità corporale e verginità morale).


Un parto non potrebbe togliere, per se stesso, la verginità [quella morale: toglie però quella corporale] e d'altra parte è logico che Maria, perché sia veramente e pienamente madre, abbia veramente partorito il suo bambino [ come se il modo o processo ordinario della nascita sia essenziale alla maternità, mentre è evidente che il modo della nascita non appartiene all'essenza. Se un bambino, per esempio, nasce per parto chirurgico, ossia, cesareo, non per questo la madre di lui cessa di essergli " veramente e pienamente " madre].


Secondo questo modo di vedere, Maria porterebbe nel suo corpo, in seguito al parto, il segno della sua maternità verginale [ma non già - si può e si deve aggiungere - il segno del parto verginale], e questo segno risponderebbe all'intenzione fondamentale della verginità che è apertura a Dio [ma è anche consacrazione totale, anima e corpo, a Dio]... Bisogna tuttavia stare attenti a non identificare l'affermazione della nascita verginale [ma può dirsi " verginale " una nascita ordinaria?! ] con la rappresentazione di un parto miracoloso [se il parto è " verginale ", non ordinario, non è forse necessariamente miracoloso?] (art. cit., p. 137-138). " Questa rappresentazione – conclude P. Galot - non è implicata nella fede [eppure la Tradizione e il Magistero Ecclesiastico han parlato - come vedremo - ripetutamente di parto verginale, mirabile, miracoloso!...]. E non è necessariamente legata all'affermazione della verginità di Maria [è però legata all'affermazione della verginità corporale). E' necessario dunque distinguere bene tra la certezza di fede e il valore da attribuire ad una rappresentazione, che pur avendo una lunga tradizione [dunque, per tanti secoli, la Chiesa avrebbe creduto ad una "rappresentazione" falsa] non si impone come una verità da credere [e allora quale verità è da credere?!] " (art. cit., p. 138).


3) CARLO DAVIS (recentemente, apostata dal sacerdozio e dalla fede), dopo aver riferito sinteticamente la sentenza del Mitterer, si è limitato a dire; " In molti modi le idee del Mitterer sono molto attrattive: al giorno d'oggi noi troviamo particolarmente difficile vedere la rilevanza della verginità in par fu come è abitualmente esposta. Similmente, la reinterpretazione della tradizione coinvolge, al momento, un augurio non tollerato " (cfr. " Clergy Review " 41, 1956,p. 543).

4) II P. ENRICO SCHILLEBEECKX O.P., in una lettera (o " Memorandum ") inviata all'Episcopato Olandese nonché ai Provinciali e agli Abati dei monasteri di quella nazione, metteva in dubbio la verginità fisica della Madonna.

5) II P. CARLO RAHNER S.J., nella rivista " Zeitschrift fur Katholische Theologie " 75, 1953, p. 500 s., ammetteva che gli argomenti addotti dal Mitterer sono forti e si impongono all'attenzione dei teologi positivi. Nei " Saggi di Cristologia e di Mariologia " (Roma, Ediz. Paoline, II ediz., 1967), nel capitolo " Virginitas in partu ", un contributo al problema dello sviluppo e della tradizione del dogma (p. 361-411), ha precisato meglio il suo pensiero sulla teoria del Mitterer. Pur riconoscendo in lui un errore fondamentale di metodo, e pur allontanandosi da lui in cose più o meno accidentali, dimostra come la verginità nel parto, praticamente sia senza solido fondamento. Dopo aver sintetizzato il pensiero del Mitterer e dopo aver riferito, brevemente, il giudizio di alcuni teologi intorno al medesimo, P. Rahner si limita ad aggiungere " alcune osservazioni a questo nuovo problema "(p. 365).
P. Rahner rileva, innanzitutto, " nella più recente teologia cattolica ", " una maggiore riservatezza nella qualificazione teologica e (soprattutto) nella determinazione del suo contenuto ": cosa falsa, come vedremo.

Riguardo poi al " contenuto " della verginità nel parto (come pure riguardo alla definizione della medesima) " è consigliabile – dice P. Rahner - prudenza e riservatezza " (p. 368). Non sappiamo però quanta " prudenza e riservatezza " abbia usato egli stesso quando asseriva: " se si vuole vedere espressa " (la " virginitas in partu ") " nel semper virgo " della tradizione e anche in molte espressioni dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, allora non bisogna soltanto chiedersi se il magistero con un tale titolo (" semper virgo ") col quale caratterizza Maria, voglia già definire il contenuto del titolo stesso, ma bisogna specialmente far notare che il contenuto più preciso della " virginitas "in partu" forse in esso incluso rimane ancora completamente aperto " (Le., p. 368), ossia, completamente indeterminato. Dopo aver Svuotato i vari documenti del Magistero Ecclesiastico sulla verginità nel parto, P. Rahner conclude: " Tenendo presente la posizione del Magistero quindi, è perfettamente comprensibile questa maggiore riservatezza nella recente teologia per quanto riguarda la qualifica e la definizione del contenuto della dottrina... " (l.c. p. 372-3). Bisogna... far rilevare... che il problema della più esatta definizione del contenuto non è ancora risolto... Infatti attraverso un'accurata storia della dottrina si potrebbe mostrare che la definizione del suo contenuto non è stata sempre unitaria, chiara e non sempre priva di elementi sospetti, per cui non si può dire semplicemente: la prudente, un po' indefinita e globale affermazione della " virginitas in partu " nel magistero ordinario, nelle posizioni prese finora dal magistero straordinario e nella normale predicazione della fede intende proprio e sempre quello che viene espresso rigorosamente e in particolare dai Padri e dai Teologi (e in qualche scritto edificante) " (l.c., p. 373).

Passa quindi a dimostrare come la " virginitas in partu " non si possa provare con certezza né per via storico-critica (dimostrando cioè che risale al tempo degli apostoli) (p. 376-390) né per via dogmatica (dimostrando che è implicita in verità rivelate dagli apostoli) (pagine 390-395). "Non dobbiamo considerare come dogma e verità vincolante tutto quello che al riguardo (nella "virginitas in partu") la tradizione dice " (p. 409).

Dopo aver proposto varie riflessioni sopra " difficoltà e su questi problemi insoluti ", P. Rahner conclude: " Non possiamo certo dire che ci troviamo con evidenza di fronte alla necessità o di poter dedurre e di dedurre questi elementi concreti ("esenzione dal dolore, permanenza dell'imene, il " sine sordibus ", che i Padri identificano anzitutto con la placenta"), dal nostro punto di partenza, oppure di abbandonarlo come insufficiente e non conforme alla tradizione. Noi perciò non diciamo (come Mitterer): questi elementi concreti non ci sono stati. Diciamo soltanto: la dottrina della Chiesa dice con il vero nocciolo della Tradizione: il parto attivo di Maria - visto da parte del bambino e di sua madre - considerato nell'insieme della realtà è come atto integralmente umano di questa "Vergine", è anche in sé (e non soltanto in virtù della fecondazione, come per Mitterer) corrispondente a questa madre e perciò unico, misterioso, "verginale", senza che da questa proposizione (se in sé però è comprensibile) abbiamo la possibilità di dedurre, in maniera sicura e obbligante per tutti [é P. Rahner che sottolinea] delle osservazioni circa le particolarità concrete di questo processo " (p. 411) (5).
Anche P. Rahner perciò tende a svuotare completamente la verginità di Maria " nel parto ", ossia, ad identificarla con la verginità " prima del parto " (col concepimento verginale), ammettendo in Maria SS. la sola incorruzione morale, non già quella corporale.

6) CLIFFORD E.L. HENRY, M.D., considera il parto verginale (preso in senso stretto, astraendo dal concepimento verginale) come qualcosa che in se stessa è in pieno accordo con le leggi comuni della natura, e come miracoloso soltanto in causa, vale a dire, " per mezzo della concezione " (A Doctor considers the Birth of Jesus, in " The Homiletic and Pastoral Review ", 54, 1953, p. 219-223) (6).
Il retto insegnamento sulla verginità fisica " nel parto " viene riferito, dall'Henry, come una mera "congettura" (art. cit., p. 222-223).

7) P. Rahner ci fa sapere che è stata presentata all'Università di Innsbruck una tesi di laurea (non pubblicata) nella quale W. ZAUNER (Untersuchungen zum Begriff der Virginitas in partu, Innsbruck 1955) avrebbe confermato, " cautamente ", usando un metodo del tutto diverso, più storico-dogmatico e speculativo, la teoria del Mitterer.

8) II " Nuovo Catechismo Olandese " non ha neppure un accenno alla verginità " nel parto ". Dopo aver messo in discussione il concepimento verginale, era logico evitare di prendere in considerazione il parto verginale (7).

9) VECCHI ERRORI PRESENTATI COME NUOVE CONQUISTE

Anche tutti questi odierni contestatari della Verginità di Maria " nel parto " non hanno neppure il pregio della novità, poiché non han fatto altro che ripetere un errore già proposto nei secoli III e IV. Tertulliano, nel secolo III, nella sua lotta contro gli Gnostici e i Doceti (i quali ritenevano che il corpo di Cristo non era reale, ma apparente), nell'intento dì provare la realtà del corpo di Cristo, negò la verginità di Maria nel parto (De carne Christi, c. 23, PL 2, 790). Negò perciò il prodigioso parto di Maria, e ammise un parto comune a tutti gli uomini, con lesione dell'integrità fisica. Conseguentemente, insegnò che la Madonna " fu vergine riguardo all'uomo, non già riguardo al parto " (il quale non può essere, per se stesso, verginale) (8).

Altrettanto ripeteva a Roma, nel 392, con le stesse parole di Tertulliano, l'eretico Gioviniano, il quale poneva sullo stesso piano la donna vergine e la donna maritata. La Madonna, secondo Gioviniano, " fu vergine riguardo all'uomo, non già riguardo al parto ". Gioviniano - riferisce S. Agostino - impugnava la dottrina cattolica del parto verginale, perché per lui dire che Cristo era nato dalla madre lasciando incorrotta la sua verginità equivaleva a credere, coi Manichei, che Cristo era un fantasma (9).

Roma - riferisce San Girolamo - " non potè tollerare la scelleraggine di questa asserzione " (10), per cui Gioviniano fu condannato, prima nel Sinodo Romano sotto il Papa S. Siricio (a. 393) e poi, nello stesso anno (393) dal Sinodo di Milano sotto Sant'Ambrogio. " Dalla loro aberrazione - riferisce S. Ambrogio nella sua Lettera al Papa Silicio - sono indotti ad affermare: concepì vergine, ma non partorì vergine. Una vergine dunque avrebbe potuto concepire, pur restando vergine, ma non avrebbe potuto partorire, pur restando vergine, per la semplice ragione che il concepimento precede il parto? In tal caso, se non si vuole prestar fede agli insegnamenti dei sacerdoti, si creda almeno alle profezie riguardanti Cristo; si creda agli avvertimenti degli angeli, i quali dicono che nulla è impossibile a Dio. Si dovrebbe accettare in pieno il simbolo di fede degli apostoli, che la Chiesa romana ha sempre conservato intatto e ha sempre difeso " (11).

La negazione della verginità di Maria nel parto (a causa della condizione del medesimo) fatta nel sec. IV dall'eretico Gioviniano, fece inorridire, nel sec. V, persino l'eretico Giuliano, Vescovo di Belano, negatore, a sua volta, del peccato originale. Giuliano, in polemica con S. Agostino, gli opponeva che Egli, Agostino, con la sua teoria sulla universalità del peccato originale, cadeva in un'eresia ancora più detestabile di quella di Gioviniano: mentre infatti Gioviniano negava, " per la condizione del parto ", l'integrità del corpo di Maria, Egli, Agostino, negava invece, in Maria, " per la condizione della nascita ", l'integrità dello spirito (ancora più nobile) " assoggettandola al demonio " (facendola cioè nascere con la colpa originale) (12).
Anche nel sec. XI - come ci riferisce Radberto Pascasio – alcuni negavano il parto verginale di Cristo, perché, " se non fosse nato come nascono tutti gli altri bambini, non si avrebbe una vera nascita " (RADBERTO, De partu virginis, 1, PL 96, 208 A).

Si tratta perciò di ripetizione di errori antichi, già regressi, e perciò, si tratta di regressismo, non già di progressismo.
E qui è necessario rilevare che questi negatori della verginità di Maria " nel parto ", per difendere se stessi, si sono sentiti costretti persino a difendere gli eretici (Tertulliano, Gioviniano) asserendo che costoro non hanno errato negando la verginità fisica di Maria " nel parto ". Essi suppongono perciò che, fino ad oggi, ingiustamente, sarebbero stati considerati " eretici " perché non hanno combattuto la verginità " nel parto ". Avrebbero ammesso la verginità morale (a viro) non già quella corporale (a partu). Così, per esempio, P. Rahner ha scritto: " Tertulliano non combatte propriamente la " virginità in partu", ma semplicemente premette come ovvio il contrario... " (l.c., p, 387).

Eppure Tertulliano - come pure Gioviniano - era pienamente consapevole di aver negato la verginità nel parto, a causa della perdita dell'integrità fisica. Coloro che lo difendono, invece, non se ne vogliono rendere consapevoli. Per salvare quindi, per lo meno a parole, la verginità di Maria " nel parto ", si vedono costretti a dire che la Madre di Dio è " vergine ": corporalmente però non è più vergine e perciò non è più integralmente vergine (sia spiritualmente sia corporalmente).
Sembra perciò che abbiano fatto causa comune con gli eretici...

Note alla seconda parte

(4) II Mitterer travisa qui - a proprio comodo- il concetto stesso di verginità.
(5) Anche qui bisogna distinguere tra la realtà concreta del fatto (la non-frattura dell'integrità fisica) e la realtà concreta del modo (in che modo si è verificata la non-frattura dell'integrità fisica).
(6) L'Henry è stato confutato da MONS. JOSEPH C. FENTON (Our Lady's virginity in partu, in " American Ecclesiastical Review ", 130, 1953, p. 46-55) e dal P. J.B. CAROL O.F.M, (Mary's virginity in partu, in " The Homiletic and Pastoral Review ", 54, 1954, p. 446-447).
(7) Secondo il P. Galot, avrebbero accolto con simpatia la teoria del Mitterer, O. SEMMELROTH S.J. (in " Scholastik ", 28, 1953, p. 310), R. VALKANOVER O.F.M. (in " Antonianum ", 39, 1955, p. 71-74), H, DOMS (Ein Kapitel aus der gegenwàrtigen Beziehung zwischen Theologie und Biologie, in " Theologische Revue " 48, 1952, p. 201 e 212), W. DETTLOFF O.F.M. (Virgo-Mater; Kirchenvàter und moderne Biologie zur jungfraulichen Mutterschaft Mariens, in " Wissenschaft und Weisheit", 20, 1957, p. 221 e 226), D. RYAN (Perpetual virginity in K.M. Mc Namara, Mother of the Redeemer, Dublin, 1959, p. 119, n. 53). L. OTT menziona le idee di Mitterer, senza disapprovarle, nell'opera Grundriss der Katholischen Dogmatik, Freiburg, II ed., 1957, vers. it. Marietti, Torino.
(8) Ecco le parole di Tertulliano: " Peperit (Maria) et non peperit; virgo (fuit) et non virgo. Peperit enim, quae ex sua carne; et non peperit, quae non ex viri semine. Et virgo, quantum a viro; non virgo, quantum a partu " (TERTULLIANO, De carne Christi, 23, 2; C.S.E.L. 2, 914). Secondo il Mitterer e compagni, Tertulliano non avrebbe negato la verginità " nel parto ".
(9) " Tamquam Christum cum Manichaeis phantasma crederemus, si Matris incorrupta virginitate diceremus exortum " (S. AGOSTINO, Contra lulianum pelagianum, 1, 2, 4, PL  44, 643). È degna di nota la risposta data dallo stesso S. Agostino a Gioviniano: " (Catholici) nec sanctam Mariam pariendo fuisse corruptam, nec Dominum phantasmam fuisse crediderunt; sed et illam virginem mansisse post partum, et ex illa tamen verum Christi corpus exortum " (ibid.).
(10) " Si idipsum virgo putatur et nupta, cur piaculum vocis huius Roma audire non potuit? Virgo a viro, non vir a virgine generatur " (S. GIROLAMO, Apologeticum ad Pammachium, 2, PL 22, 494 a).
(11) "De via perversitatis produntur dicere: Virgo concepit, sed non virgo generavit. Potuit ergo virgo concipere, non potuit virgo generare, cum semper conceptus praecedat, partus sequatur? Sed si doctrinis non creditur sacerdotum, credatur oraculis Christi; credatur monitis angelorum dicentium: quia non est impossibile Deo omne verbum; credatur Symbolo apostolorum, quod Ecclesia Romana intemeratum semper custodit et servat " (S. AMBROGIO, Epist. 42, PL 16, 1173-1174).
(12) " Ille (lovinianus) virginitatem Mariae partus conditione dissolvit; tu (Augustine) ipsam Mariam diabolo nascendi conditione transcribis... " (S. AGOSTINO, Opus imperfectum contra lulianum, VI, 122, PL 45, 1417).




"Totus tuus ego sum, o Maria, 
et omnia mea tua sunt. [...] 
Accipio te in mea omnia, 
praebe mihi cor tuum, o Maria"


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La Verginità di Maria (4) "Nel parto". S. Agostino: "Una vergine ha concepito: meravigliatevi! Una vergine ha partorito: meravigliatevi ancora di più!"...

...Parte Seconda. "Nato da Maria Vergine". La Verginità di Maria "Nel parto". Il concetto preciso di Verginità nel parto. Ha scritto S. Agostino: "Una vergine ha concepito: meravigliatevi! Una vergine ha partorito: meravigliatevi ancora di più!"...



LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (4)

PARTE   SECONDA

"NATO DA MARIA VERGINE"


LA VERGINITÀ DI MARIA "NEL PARTO"

Ha scritto S. Agostino: "Una vergine ha concepito: meravigliatevi! Una vergine ha partorito: meravigliatevi ancora di più!" (1). Il parto verginale è ancora più mirabile del concepimento verginale. Per questo è stato ed è, anche oggi, tanto contestato.

I. IL CONCETTO PRECISO DI VERGINITÀ NEL PARTO

Secondo il Mitterer e seguaci, la verginità di Maria " nel parto " si identifica con la verginità " prima del parto ", e perciò non importa alcun nuovo elemento. Viene così completamente svuotata. Che dire? Siccome si tratta di una verginità concreta - quella della Madre di Cristo - e non già di una verginità astratta, il concetto preciso di una tale verginità nel parto va determinato secondo i dati forniti dalla teologia (non già - come ha fatto il Mitterer – con i dati forniti dalla biologia). E' la scienza che si deve adattare alla fede, non già la fede alla scienza. Non si tratta, infatti, di una maternità qualunque, ma di una maternità speciale (di una maternità divina) la quale esige condizioni e prerogative speciali, e alla quale non si possono applicate le leggi ordinarie della biologia (2).
Prima perciò di applicare tali leggi al mistero della maternità verginale di Maria, è necessario mettere in chiaro il significato preciso che, secondo la Rivelazione, ha un tale dogma.
1) L'integrità fisica della verginità " nel parto ". Ciò posto, secondo i dati forniti dalla Rivelazione (secondo l'insegnamento del Magistero e della Tradizione della Chiesa) la verginità nel parto, oltre all'aspetto Spirituale o morale (che è essenziale) richiede anche l'aspetto materiale o fisico (che è accidentale) consistente nell'integrità fisica, corporale. La tradizione dogmatica attesta, nel parto di Maria SS., anche questo aspetto fisico, ossia, l'integrità corporale. Ciò si comprende bene se si tiene presente l'unione sostanziale (non già accidentale) dell'anima col corpo. Il corpo infatti non è già un vestito o una prigione dell'anima, ma è l'organo vivente e trasparente dell'anima.

La verginità corporale di Maria " nel parto " perciò non è altro che un'irradiazione della sua verginità morale. In forza dell'unione sostanziale dell'anima Col corpo, come vi è relazione vitale, inscindibile, tra l'anima e il corpo, così vi è una specie di relazione vitale, inscindibile, tra la verginità morale e la verginità corporale: due realtà che costituiscono la verginità integrale, perfetta.

La verginità integrale, perfetta di Maria SS. " nel parto ", conseguentemente, esclude due cose: esclude, in primo luogo, che il parto abbia compromesso l'integrità della sua verginità corporale; ed esclude, in secondo luogo, conseguentemente, tutti quei fenomeni fisiologici che accompagnano un parto ordinario (lesioni somatiche, dolori, ecc.).

Viene esclusa perciò nella Vergine, nel dare alla luce Gesù, qualsiasi attività capace di compromettere la sua integrità fisica, non già qualsiasi attività materna. Tutto ciò suppone, evidentemente, nella nascita del Salvatore (come pure nel concepimento di Lui) un intervento miracoloso di Dio, ossia, un parto miracoloso (oltreché un concepimento miracoloso).

Contrariamente a quanto ritiene - come diremo - il Mitterer, i fenomeni fisiologici che accompagnano il parto ordinario (lesioni somatiche, dolori, ecc.) non sono essenziali al concetto di vera maternità. Maria fu vera madre di Gesù, come tutte le madri lo sono dei loro figli; ma non lo fu come le altre madri: oltreché nel concepimento verginale, Ella fu diversa da esse anche nel parto verginale. Madre, infatti, è colei che concepisce e dà alla luce un figlio: questo, scientificamente, è il concetto di madre. Il modo poi di concepirlo e di darlo alla luce non appartiene all'essenza della maternità. Se ilmodo di dare alla luce un figlio fosse essenziale alla maternità, ne seguirebbe che la madre la quale da alla luce un figlio non già nel modo ordinario, ma mediante un taglio chirurgico (parto cesareo), non sarebbe vera madre o pienamente madre di quel figlio: cosa dinanzi alla quale lo stesso buon senso si ribella. Tanto meno poi può dirsi parte essenziale della maternità il dolore del parto, dal momento che nello stato di giustizia originale (prima del peccato) le madri avrebbero dato alla luce i propri figli senza dolore, e anche oggi si parla di parto indolore.

2) La particolare importanza e le funzioni di una tale integrità.
Per il fatto poi che la integrità corporale (la verginità materiale), è soltanto un elemento accidentale della verginità (S. Th., II, II, a. 152, a. 1), non ne segue affatto che essa sia una cosa di ben poca importanza e non abbia le sue funzioni: essa ha la sua particolare importanza ed ha le sue alte funzioni.

Ha, in primo luogo, la sua particolare importanza, ossia, è importante in se stessa. Anche l'integrità corporale (la verginità materiale) infatti, è, indubbiamente, una perfezione, e perciò ha la sua reale, positiva importanza, in se stessa. Il fatto che il Cristo abbia voluto rispettarla, nascendo, nella Madre sua, dimostra la squisita delicatezza del suo amore per la propria madre, alla quale non volle togliere, nel nascere da Lei, una tale perfezione. Cristo perciò volle che la Madre sua fosse una vergine perfetta, e perciò vergine non solo moralmente ma anche corporalmente, non solo in ciò che è essenziale alla verginità ma anche in ciò che è accidentale. Negare la verginità corporale e ammettere in Maria SS. soltanto la verginità morale, equivale a negarle la perfetta verginità.
Dice P. Galot che nessuno dirà che una operazione chirurgica possa togliere ad una giovane la sua verginità (art. cit., p. 464). Certo: un'operazione chirurgica non le potrà togliere ciò che è essenziale alla verginità; non si può negare però che le tolga ciò che è accidentale alla verginità, e che, pur essendo accidentale, rimane sempre una perfezione positiva d'ordine fisico, con funzione di " segno " (attestante l'assenza di relazioni sessuali) per cui un medico coscienzioso solo per motivi proporzionati si decide a compiere tali operazioni chirurgiche.
Oltre ad avere una sua particolare importanza, l'integrità corporale (la verginità materiale) ha anche, in Maria SS., una funzione speciale di " segno ", anzi ha una triplice funzione di " segno ": verso il Verbo incarnato, verso Maria stessa e verso la Chiesa.

L'integrità corporale nel parto ha una funzione di " segno ", in primo luogo, verso il Verbo incarnato: il parto verginale è anzi più un appannaggio del Figlio che un privilegio per la Madre. Come il Verbo, nascendo dal seno del Padre, non lese minimamente la natura di Lui, così nascendo dal seno della Madre, non lese minimamente la perfetta verginità di Lei. E' un rilievo, questo, non infrequente presso i Padri e gli Scrittori Ecclesiastici. " A Dio - ha detto scultoreamente S. Ambrogio - conveniva un tale parto " (quello verginale); " Talis decet partus Deum " (Hymnus, IV, PL 16, 1474). E S. Agostino: " Deus sic nasci oportuit " (Serm. 181, in Nativ. Dom. n.s., PL 38,999).

L'integrità corporale " nel parto " ha una funzione di " segno ", in secondo luogo, verso Maria SS.: la verginità materiale esterna (l'incorrotto sigillo della verginità) è " segno " della sua perfetta ed inviolata verginità interna; l'incorruzione esterna del corpo è " segno " dell'incorruzione interna dell'anima. Anche questa funzione della verginità materiale è stata sottolineata da vari Padri e Scrittori Ecclesiastici. Tanto più che Maria doveva essere l'esemplare, il prototipo della verginità, la Regina delle vergini, e una verginità soltanto morale, non già anche corporale, sarebbe stata una verginità imperfetta, e perciò l'avrebbe resa imperfetta nell'ordine del " segno ".
L'integrità corporale " nel parto " ha una funzione di " segno ", in terzo luogo,  verso la Chiesa; Maria infatti è il prototipo della Chiesa nel dare alla luce il Capo e perciò l'incorrotta verginità di Maria è " segno " dell'incorrotta verginità della Chiesa nel dare alla luce i membri di quel Capo (3).


In breve: senza una tale verginità materiale, corporale, Maria non potrebbe essere un " segno " perfetto sia della divinità di Colui che è nato da Lei, sia della sua perfetta incorruttibilità verginale, sia della perfetta incorruttibilità verginale della Chiesa.
3) La distinzione tra il " fatto " e il " modo " dell'integrità fisica nel parto verginale. Il P. Rahner, nell'intento di svalutare i vari documenti del Magistero Ecclesiastico e della Tradizione sulla verginità fisica di Maria SS. " nel parto ", ha asserito che " se la si vuole vedere espressa (una tale dottrina) nel " semper virgo " della tradizione e anche in molte espressioni dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, allora bisogna specialmente far notare che il contenuto più preciso della " virginitas in partu " forse in esso incluso rimane ancora completamente aperto [non determinato, non precisato] " (op. cit., p. 368).

Ma è necessario osservare subito che qui il chiarissimo P. Rahner gioca di equivoco sul termine " contenuto " (sul " contenuto " della " virginitas in partu "). E' necessario infatti tener presente che il termine generico " contenuto " può essere preso in due sensi, vale a dire: in quanto esprime ilfatto (cioè la non frattura dell'integrità fisica) e in quanto significa il modo (cioè, in che modo si è realizzata la non-frattura dell'integrità fisica). Orbene, l'indeterminatezza del Magistero Ecclesiastico e dei documenti della Tradizione riguarda soltanto il modo (cioè, in che modo si è realizzata la non-frattura della integrità fisica), non già il fatto stesso (cioè, la non-frattura dell'integrità fisica). P. Rahner, invece, fa ricadere sul fatto l'indeterminatezza del " contenuto " (il quale riguarda soltanto il modo), che ha avuto ed ha diverse spiegazioni.

Un esempio analogo a quello della verginità " nel parto ", lo troviamo nel dogma dell'Assunzione corporea di Maria SS. alla gloria del cielo. Il fatto dell'Assunzione (che il corpo della Vergine, unito all'anima, si trovi incorrotto in cielo) è certo, di fede; il modo dell'Assunzione, invece (se cioè il corpo della Vergine fu preservato dalla morte oppure risuscitato dopo la morte) è stato lasciato indeterminato dalla definizione dogmatica dell'Assunzione.
L'indeterminatezza del " contenuto " perciò, sia riguardo alla verginità nel parto sia riguardo all'Assunzione psico-somatica al cielo, riguarda non già il fatto (an sit) ma solo il modo (quomodo sit).

Note alla seconda parte

(1) " Virgo concepit, miramini. Virgo peperit, plus miramini " (S. AGOSTINO, Sermo 196, 1, n. 1, PL 38, 1019).
(2) Lo stesso Mitterer, del resto, si è domandato se, trattandosi di una maternità speciale, soprannaturale, le si debbano attribuire condizioni, prerogative speciali, soprannaturali. Invece però di rispondere a questa sua legittima domanda, egli lascia la risposta (come se non fosse stata già data) agli storici dei dogmi e ai dogmatici " coi quali sta pienamente d'accordo in ciò che concerne le verità rivelate " (Dogme und Biologie der heiligen Familien nach dem Weltbild des hl. Thomas von Aquin und dem der Gegenwart; Wien, Herder, 1952, p. 128).
Egli si limita a proporre alcune osservazioni che tendono a svalutare gli argomenti che sogliono addursi per provare la verginità fisica di Maria " nel parto " (p. 125-126, 128-129). Riguardo all'argomento di Tradizione, il Mitterer fa questa osservazione: i Santi Padri, quando parlano di una tale prerogativa, parlano come testimoni di una verità rivelata ricevuta per eredità, o parlano come teologi che tirano le condizioni guidati dalle proprie speculazioni? Si dà, in realtà, l'unanimità che si richiede perché costituiscano un criterio teologico?... ".
(3) Si ha quindi una triplice nascita del Verbo: Egli nasce spiritualmente dal Padre, nell'eternità. Egli nasce corporalmente da Maria Vergine, nel tempo; Egli nasce misticamente, nella Chiesa e in ogni membro della Chiesa (mistico corpo di Lui) mediante la fede e il Battesimo. La prima nascita (quella dal Padre) ha valore di segno relativamente alle altre due (da Maria e dalla Chiesa): la seconda (la nascita temporale) è l'affermazione e la replica della prima (la nascita eterna del Verbo) nonché pegno e modello della terza (la nascita spirituale, mistica nella Chiesa e nelle anime). Ciò posto. Dio ha fatto sì che la seconda nascita del Verbo (quella corporale da Maria) partecipasse della condizione soprannaturale e spirituale delle altre due nascite, ossia, fosse una nascita verginale (sia all'inizio, nel concepimento, sia alla fine, nel parto). Una tale nascita verginale ci attesta che Colui il quale nacque nell'eternità è quello stesso che nasce nel tempo, corporalmente (da Maria) e spiritualmente (in noi).



MARIA


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LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (3)

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (3)

PARTE   PRIMA

"CONCEPITO DI SPIRITO SANTO "


LA VERGINITÀ' DI MARIA " PRIMA DEL PARTO "




III. LA CONFUTAZIONE DEGLI ERRORI E DEI DUBBI


1. L'INSEGNAMENTO DEL MAGISTERO ECCLESIASTICO
(attraverso l'antichissima " Regola della Fede ", attraverso i vari " simboli della fede ", attraverso i Concili Ecumenici, attraverso l'insegnamento dei Papi e attraverso le testimonianze della Sacra Liturgia).

1 ) La " Regola della fede " e il concepimento verginale. L'esistenza di una " Regola della fede " è testimoniata fin dall'inizio del secolo II. È infatti questa " Regola della fede " che S. Ignazio d'Antiochia (+ 107 - 110) opponeva ai Doceti allorché enunziava " in formole già stereotipate e fissate dall'uso liturgico " (cfr. CAMELOT TH., O.P., in Ignace d'Antiochie, Lettres, ed. " Sources Chrétiennes ", 10, 27; cfr. p. 118, n. 2), la generazione verginale, la morte e la resurrezione di Cristo: " Nostro Signore - diceva nella lettera agli Smirnesi (1, 2) - è veramente della stirpe di David secondo la carne, figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio, veramente nato da una vergine ". Si tratta, in forza del contesto, di una verità di fede, di una verità cioè della quale i cristiani dovevano essere " fermamente convinti ". Parlando poi contro gli stessi Doceti, e asserendo che Dio è nato " veramente " (ossia, corporalmente, non già apparentemente) " da una vergine ", S. Ignazio parla, evidentemente, di una verginità corporale (cfr. JOUASSARD G., Marie à travers la patristique, in Maria del P. H. Manoir, I, Paris 1949, 73, n. 6).

Secondo S. IRENEO (+ 202 c.) la fede della Chiesa universale, ricevuta dagli Apostoli e dai loro discepoli, aveva per oggetto, in modo particolare, " la generazione di Cristo dalla (ek) vergine ", nonché la sua passione, la sua risurrezione, la sua ascensione e la sua parusia (Her. 1, 10, s.; ed. Harvey, I, p. 91). Ed aggiunge immediatamente: " Avendo ricevuto questo Kerigma e questa fede, come noi abbiamo già detto, la Chiesa, quantunque sparsa in tutto il mondo, lo custodisce con cura, come se essa non avesse che una sola dimora; ed ella vi crede come se non avesse che un'anima sola e un cuor solo, ella la predica unanimemente, la insegna e la trasmette, come se essa non avesse che una sola bocca " (Her. 1, 10, 2; ed. Harvey, I, 92). Per S. Ireneo, una tale verità è da aversi " come regola della fede, da credersi da tutti " (5).

Altrettanto ripete TERTULLIANO (+ 222-223 c.) appellandosi anche lui alla " Regola della fede ": " La regola di fede - dice - è del tutto una, sola, immutabile e irreformabile: è necessario credere in un Dio unico onnipotente, creatore del mondo, e nel suo figlio Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria, crocifisso sotto Ponzio Filato, risuscitato dai morti il terzo giorno, ricevuto nei cieli, assise ora alla destra del Padre, e che verrà a giudicare i vivi e i morti per la risurrezione della carne " (De virg. vel., 1,3; C.S.E.L. 2, p. 1209). Tertulliano sottolinea la continuità di questa " Regola della fede "; essa viene da Cristo, ed " ha iniziato il suo corso fin dal principio del Vangelo " (De praescript. haer., 13, 3: C.S.E.L. 1, p. 197).
2) I " Simboli della fede " propriamente detti sono sorti un po' più tardi della " Regola della fede ". Il concepimento verginale viene ricordato nel Simbolo Apostolico, sia nella forma occidentale (tanto in quella antica che in quella più recente) sia nella forma orientale, nel Simbolo di Epifanie (lo formola più lunga).
La più antica formola di " Simbolo Apostolico " può farsi risalire agli ultimi decenni del secolo II, o agli inizi del secolo III. Tale è il Simbolo Apostolico secondo la forma occidentale più antica (detta " Romana ") in cui si dice: " Credo... in Gesù Cristo... nato da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo " (cfr. DENZINGER, 2).
Nel Simbolo di Epifania, secondo la forma più lunga (del sec. IV) si dice: " Crediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato dal Padre, unigenito... il quale per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e s'incarnò, cioè, perfettamente generato da Maria sempre Vergine per opera dello Spirito Santo, si è fatto uomo " (Denzinger, 13). Questa formula di Epifanio va più in là del concepimento verginale: enunzia la verginità perfetta. È un'esplicitazione della formula primitiva " nato dalla Vergine ". Il termine " la Vergine ", infatti, sembra indicare una verginità senza restrizioni, senza limiti di tempo. Era, evidentemente, una risposta a coloro che, pur ammettendo che Maria era stata vergine nel concepire Gesù (vergine " prima del parto ") non lo sarebbe poi stata in seguito.
Dalle testimonianze unanimi e costanti della " Regola della fede " e dei vari " Simboli della fede " si può legittimamente concludere che il concepimento verginale di Cristo da Maria, per opera dello Spirito Santo (non già per opera d'uomo) appartenga alla fede della Chiesa. Si tratta di una verginità fisica, corporale, come fisico, corporale fu il concepimento di Cristo; viene perciò esclusa qualsiasi interpretazione " morale " o " spirituale ", ossia, l'idea di un dono supremo della grazia (di cui il concepimento verginale non sarebbe altro che un rivestimento poetico). Un tale significato non sarebbe " un'interpretazione ", ma un'aperta negazione di quanto viene asserito dalla " Regola della Fede " e dai " Simboli della Fede ". Non può perciò esser proposta neppure come ipotesi (a fortiori come tesi).

3) I Concili Ecumenici e il concepimento verginale, a) II Concilio Lateranense, del 649, sotto S. Martino I, nel canone terzo parla della verginità di Maria, e dice che Maria " senza seme umano per opera dello Spirito Santo ha concepito propriamente e veramente lo stesso Verbo di Dio generato dal Padre da tutta l'eternità " (DENZINGER, 256).
Si tratta - come dimostreremo quando tratteremo della verginità nel parto - di una definizione dogmatica, poiché una tale verità viene imposta sotto pena di scomunica e il Papa S. Martino I intendeva definire la perpetua verginità di Maria.

b) II Concilio Ecumenico Lateranense IV del 1215 definiva: " II Figlio unico di Dio Gesù Cristo... (fu) concepito da Maria sempre vergine con la cooperazione dello Spirito Santo " (DENZINGER, 801).

c) Il II Concilio Ecumenico di Lione del 1274, nella professione di fede di Michele Paleologo diceva: " Noi crediamo al Figlio di Dio, verbo di Dio... nato temporalmente dallo Spirito Santo e da Maria sempre vergine" (DENZINGER, 852).
Si tratta perciò di una verità di fede definita.

4) Le affermazioni dei Papi. Vari Sommi Pontefici hanno insegnato, come verità di fede, il concepimento verginale.
S. LEONE MAGNO (440-461), nella Lettera dogmatica " Lectis dilectionis tuae " (del 13 giugno 449) a Flaviano Patriarca di Costantinopoli, insegnava che Cristo " fu concepito di Spirito Santo nel seno della Madre Vergine " e che una tale dottrina è contenuta " nella fonte purissima della fede " che è il " Simbolo degli Apostoli " (" nato da Maria Vergine "). (Epistola ad flavianum, 5, PL 54, 759).
S. ORMISDA (514-529), nella Lettera " Inter ea " all'Imperatore Giustino, asseriva che Dio aveva " operato un concepimento senza seme " (Epist. 79, PL 63, 513-516).
S. LEONE III (795-816), nell'811, approvava una professione di fede secondo la quale " la vergine aveva generato in modo soprannaturale ed ineffabile " (cfr. DENZINGER, 3029).
PAOLO IV, nella Costituzione " Cum quorundam " del 1555, condannava coloro i quali credevano che Gesù fosse stato concepito non già " per opera dello Spirito Santo ", " ma dal seme di Giuseppe, come gli altri uomini " (DENZINGER, 993).


5) Le testimonianze della Sacra Liturgia. Nessuna verità, come la verginità di Maria, è attestata con maggiore insistenza nella Sacra Liturgia.
A) Nella Liturgia Romana. I testi che si incontrano su tale argomento nell'arco di tutto l'anno liturgico, nelle Messe e nell'Ufficio divino, sono innumerevoli, tanti da formare un volume (cfr. GARRIDO M., O.S.B., La virginidad de Maria en la Liturgia, in " Est. Mar. " 21 [1960] p. 183-208). Ci limiteremo perciò ad alcuni soltanto, ai più espressivi.
Nel Prefazio della prima festa della Madonna che veniva celebrata, nella Liturgia Romana, il primo di gennaio, si diceva: " non conobbe uomo ed è Madre, e dopo aver avuto un figlio è vergine. Godette infatti di un duplice dono: si meraviglia di aver concepito rimanendo vergine, e si rallegra per aver dato alla luce il Redentore... " (6). Anche nel Prefazio della Messa della Madonna e nelle nuove " Preci Eucastistiche " (nella II e nella IV) si ricorda che il Verbo " si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ".
Nell'Ufficio divino, in una delle antifone maggiori, " l'Alma Redemptoris Mater ", la Madonna, viene detta " vergine sia prima sia dopo " l'annunzio dell'Angelo; " Virgo prius ac posterius Gabrielis ab ore ".
Nel responsorio III del II notturno dell'Ufficio dell'Ottava di Natale si dice: " Benedetta e degna di venerazione sei tu, o Vergine Maria, che senza offesa della tua purezza, sei diventata madre del Salvatore " (7).
Negli inni poi è frequentissima l'esaltazione della verginità di Maria nel concepimento di Cristo: " Rimanendo vergine generasti il Dio-uomo " (8).

B) Nella liturgia bizantina. Presenta innumerevoli perle preziose sul concepimento verginale.
In un " tropario " dell'Ufficio della domenica dopo Natale, vi è questo grazioso invito rivolto a San Giuseppe: " O Giuseppe, annunzia a David che tu hai veduto una vergine incinta... " (cfr. SALAVILLE S., Maria dans la Liturgie Byzantine ou Greco-slave, in Maria del P.H. du Manoir, vol. I, p. 256), E in un " tropario " dell' "Orthros " del 1° gennaio, si dice: " Chi potrà celebrare degnamente il mistero soprannaturale della concezione operata nel vostro seno? " (ibid.). Nel celebre inno liturgico " Akathistos ", riferita la domanda della Vergine all'Angelo e la risposta dell'Angelo alla Vergine, si dice: " La virtù dell'Altissimo - adombrò e rese madre - la Vergine ignara di nozze: - quel seno, fecondo dall'alto, - divenne quel campo ubertoso per tutti, - che voglion coglier salvezza... " (cfr. TONIOLO E., O.S.M., Akathistos. Inno alla Madre di Dio, Catania, Ediz. Paoline, 1968, p. 14).
Nella nona Ode dell' "Othros " del Sabato Santo vengono poste sulle labbra del Figlio queste parole: " Non vi lamentate su di me, o Madre mia, nel vedere nella tomba il Figlio che voi avete verginalmente concepito nel vostro seno... " (cfr. Maria del P.H. du Manoir, I, p. 268). In un " Theotokion " si dice: " Dio si è degnato incarnarsi in voi, o Madre di Dio, senza padre umano, onde restaurare, nell'uomo, la sua immagine, che era stata corrotta dal peccato... " (ibid., p. 299). Viene applicato alla Vergine il simbolo del Mar Rosso:
" Israele attraversò a piede secco l'abisso marino; la Vergine ora ha generato il Cristo per opera dello Spirito Santo " (ibid., p. 299). In un " Theotokion ", la Vergine viene praticamente paragonata ad una " terra divinamente feconda per produrre senza coltura la spiga che assicura la salvezza al mondo". E conclude: "Rendetemi degno di essere salvato, io che la mangio " (ibid., p. 322).

C) Nella Liturgia Siro-Maronita (derivata dalla Chiesa Antiochiana), si asserisce che Maria è diventata Madre di Dio per un  " miracolo ineffabile ", senza opera d'uomo (ibid., p. 337). Ella è la " lettera sigillata ", la " porta chiusa ", il " giardino chiuso " (p. 337).

D) Nella Liturgia Caldea. In un inno di Giorgio Warda (secolo XIII) si canta: " Si è mai veduta una figlia vergine - perpetuare il nome di vergine - e avere un figlio, senza unione? - O prodigio che trascende qualsiasi espressione! " (ibid., p. 345). Ella è "la roccia senza fessura - dalla quale è sgorgata una sorgente " (ibid., p. 346).

E) Nella Liturgia Armena. In un Inno dell' "Hymnodium " (Venezia 1898, p. 99) si afferma la perpetua verginità di Maria in questi termini; " Tre misteri formidabili si sono manifestati in voi, o Madre di Dio: la concezione verginale, il parto immacolato, la verginità dopo il parto " (ibid., p. 558). I cantori armeni paragonano il concepimento
verginale alla " pietra " staccata dalla roccia del monte senza l'aiuto delle mani dell'uomo, al " vello di Gedeone " ecc...

F) Nella Liturgia Etiopica. In un " saluto " (Salam) per la natività del Signore, viene così esaltato il concepimento verginale: " Salve, alla tua natività, o Dio Altissimo - la quale (ebbe luogo) dalla Vergine senza unione carnale, senza seme... La terra produsse l'erba verde, come tu avevi comandato, - senza che la pioggia cadesse e senza che la rugiada l'irrorasse " (ibid., p. 407).



2. TESTIMONIANZE BIBLICHE

Secondo gli avversari del concepimento verginale di Cristo, alla base della credenza costante e universale della Chiesa, in una tale verità, vi sarebbe una errata interpretazione del dato scritturistico, di modo che questa errata interpretazione iniziale della Sacra Scrittura avrebbe viziato in radice tutta la credenza tradizionale. La Chiesa - si dice - non avrebbe tenuto nel debito conto il genere letterario dei Vangeli dell'Infanzia. Ciò che gli Evangelisti dicono in senso poetico, improprio, la Chiesa - dicono - l'ha inteso in senso proprio. Il falso punto di partenza, perciò, avrebbe fatto camminare la Chiesa su di una via falsa, verso una meta falsa.
Ma questa pretesa opposizione tra la dottrina della Chiesa e la S. Scrittura intorno al verginale concepimento di Cristo appare del tutto chimerica; e ciò in base, precisamente, ai cosiddetti " Vangeli dell'Infanzia ": Matteo (1, 18-25) e Luca (1, 26-38) (9).

Checché ne sia del " genere letterario " dell'annunzio a Giuseppe (riferito da San Matteo) e dell'annunzio a Maria (riferito da Luca), è necessario riconoscere che questi due racconti comportano una chiara affermazione del fatto storico del concepimento verginale di Cristo da parte di Maria, per opera dello Spirito Santo. Nelle due narrazioni, infatti, viene chiaramente escluso un concepimento di Cristo dovuto a relazioni coniugali, e viene chiaramente ammesso un concepimento dovuto all'azione prodigiosa dello Spirito Santo. Si tratta di due racconti diversi (quello di Matteo e quello di Luca), indipendenti l'uno dall'altro, e provenienti da fonti diverse: Giuseppe (per Matteo) e Maria (per Luca).

Si tratta, in primo luogo, di due racconti diversi, poiché descrivono due situazioni del tutto diverse. Il racconto di Matteo infatti ci riferisce l'angoscioso imbarazzo di Giuseppe dinanzi alla evidente gravidanza di Maria, imbarazzo dal quale venne poi liberato dalla rivelazione fattagli dall'Angelo, il quale l'assicurò che il bambino atteso da Maria era stato " generato per opera dello Spirito Santo ". Il racconto di Luca invece ci riferisce il dialogo svoltosi tra Maria e l'Angelo, ossia, la domanda di Maria: " Come avverrà ciò (che io avrò un figlio) dal momento che non conosco uomo? ", e la risposta dell'Angelo:

" lo Spirito Santo scenderà sopra di te... ". Si tratta perciò di due situazioni diverse, non già parallele; ciò nonostante vi è in esse un accordo fondamentale sul concepimento verginale di Cristo, " per opera dello Spirito Santo ". Abbiamo qui semplici narrazioni storiche, non già esposizioni dottrinali.

Si tratta, in secondo luogo, di due racconti indipendenti: descrivendo infatti due situazioni diverse, ne segue che una di esse non abbia potuto influire o riflettersi sull'altra, per cui si hanno qui due testimonianze indipendenti del concepimento verginale, tutte e due di una notevole sobrietà, senza fare alcuna benché minima parte alla fantasia, all'immaginazione. Né è ammissibile, in queste due testimonianze, un influsso di racconti di maternità prodigiose veterotestamentarie sulla maternità verginale di Maria. È necessario infatti tener presente che le suddette maternità prodigiose veterotestamentarie vengono tutte presentate come frutto di relazioni matrimoniali, mentre la verginale maternità di Maria viene presentata come frutto dell'azione dello Spirito Santo. Ne è verosimile che la profezia di Isaia (7, 74) abbia provocato l'idea e il racconto della generazione verginale di Gesù. San Matteo non ha fatto altro che rilevare l'adempimento, in Cristo, della profezia di Isaia (l'adduce perciò a conferma del fatto); S. Luca invece sembra semplicemente alludervi (" Ecco che concepirai e partorirai un figlio... "). La profezia di Isaia non può spiegare il contenuto dell'annunzio dell'Angelo a Giuseppe: non si è potuto trovare alcun testo di rabbino che abbia interpretato Isaia nel senso di annunzio di un concepimento verginale. Inoltre, l'avveramento della profezia oltrepassa la profezia stessa, poiché introduce la venuta e l'opera dello Spirito Santo (non contenute nella profezia di Isaia). Infine, se i racconti di Matteo e di Luca fossero il risultato di una loro riflessione sulla profezia di Isaia, questa profezia, nel racconto, avrebbe dovuto apparire in primo piano, non già in secondo piano (come avveramento di quanto era stato predetto). In conclusione: i due racconti dipendono unicamente dalla realtà dei fatti tramandati dalla primitiva tradizione cristiana.

Ma oltreché diversi ed indipendenti, i due racconti (quello di Matteo e quello di Luca) hanno fonti diverse: la storia dell'infanzia infatti (e la stessa genealogia di Gesù) è ben diversa nel Vangelo di San Matteo e in quello di San Luca; ne segue perciò che essi dovettero servirsi di fonti diverse.
Si può infine rilevare che non si tratta - come vorrebbe il P. Schoonenberg - di una " nuova interpretazione " del racconto evangelico fatto da S. Matteo e da S. Luca, ma si tratta, in definitiva, di una " nuova negazione " di ciò che è stato narrato da S. Matteo e da S. Luca, di ciò che è stato sempre creduto ed insegnato nella Chiesa (asserire infatti che Cristo è stato concepito per opera d'uomo, equivale a negare che è stato concepito senza opera d'uomo, per opera dello Spirito Santo). Questa " negazione " non ha neppure - come ho già rilevato - il pregio della novità, essendo la ripetizione di una negazione (con la conseguente "demitizzazione") fatta già verso la metà del secolo II dall'ebreo Trifone, per cui anziché di progressismo, si deve parlare, più propriamente, di regressismo.

Riguardo poi al preteso influsso dei " miti " pagani delle cosiddette " vergini-madri " sulla Vergine-Madre Maria, è necessario rilevare alcune differenze essenziali tra questi miti e la narrazione evangelica sulla "Vergine-Madre ". I pagani, infatti, riconoscevano apertamente un carattere " mitico " all'idea della dee-madri ed ai grandi, (agli) eroi da esse generati (espressioni di servilismo e dell'adulazione dei rètori di corte); i cristiani, invece, all'idea di Vergine-Madre riconoscevano un carattere " storico ": cosa inspiegabile, se avessero desunto l'idea di concepimento verginale dai miti del paganesimo. Nei " miti " ellenici, inoltre, le cosiddette " vergini-madri " entravano in relazioni sessuali con gli dei sotto forma umana corporea, di modo che gli eroi che ne risultavano erano il frutto di tali relazioni; erano quindi vergini-madri solo di nome, non già di fatto; nella narrazione evangelica, invece, vengono esplicitamente escluse relazioni di tale genere.

È perciò impossibile passare dai suddetti " miti " ellenici al concepimento verginale di Cristo narrato dagli evangelisti. Si tratta di un'opera puramente spirituale, attribuita allo Spirito Santo il quale copre Maria con la sua ombra. Tanto più che lo Spirito Santo, nella sua forma primitiva ebraica (la lingua in cui fu redatto il testo originale) è di genere femminile: ruah. Non può perciò essere una specie di principio maschile.

Anche il Genesi (1, 2) riferisce che " sopra le acque aleggiava il soffio (lo Spirito Santo) di Dio ", per realizzare l'opera meravigliosa della creazione. La formazione del Verbo Incarnato nel seno purissimo di Maria era una nuova creazione, più meravigliosa della prima, poiché con essa Dio riformava in modo ancora più mirabile ciò che aveva formato in modo mirabile: " humanae sustantiae dignitatem mirabiliter condidisti et mirabilius reformasti ".
Si può davvero ripetere con l'autore del celebre Inno " Akathistos ": " per Te vengono meno autori di miti " (cfr. TONIOLO E., O.S.M.; Akathistos, Inno della Madre di Dio. Catania, ediz. Paoline, 1968, p. 27).

Quello che i demitizzatori chiamavano un " mito ", è, in realtà, un "mistero " (un fatto storico pieno di mistero); e il mistero trascende qualsiasi umana esperienza, e sfugge da ogni parte alle normali esigenze della critica storica.
Il mistero del concepimento, essendosi verificato in Maria (attraverso il fatto storico di essersi trovata madre senza opera d'uomo, per opera di Dio) è stato da Lei stessa reso noto alla primitiva comunità cristiana e, attraverso questa, agli Evangelisti (il Vangelo vissuto, che servì di base a quello scritto).

L'origine cristiano-palestinese del Vangelo dell'Infanzia, e perciò del racconto del concepimento verginale, è innegabile; ne è prova abbastanza evidente il Vangelo dell'Infanzia di San Luca: il colorito semitico dei primi due capitoli, lo stile ritmico proprio dei semiti, l'ambiente culturale che sta alla base di tutta la narrazione, rivelano uno scrittore cristiano-palestinese (il quale scrisse in aramaico o in ebraico), e non già un cristiano ellenista (come era San Luca). Ben presto, un tale racconto primitivo dovette essere tradotto in greco, onde facilitargli la diffusione. San Luca poi dovette incorporarlo, con lievi ritocchi, nel suo Vangelo. Ciò posto, viene da chiedersi: quale fonte utilizzò quel cristiano-palestinese nella sua redazione (aramaica o ebraica) del Vangelo dell'Infanzia, ove si parla del concepimento verginale?... La risposta sembra ovvia: l'unico testimonio immediato e autorizzato non poteva essere altri che Maria, nella quale un tale concepimento verginale si era realizzato. La Vergine, forse, rivelò un tale mistero in una cerchia molto intima di pie donne, oppure a San Giovanni, o anche allo stesso Evangelista San Luca. Scrive infatti P. A. Vaccari: " Luca, oltre l'essersi servito di fonti scritte, ha interrogato anche le fonti orali più accreditate, cioè, i testimoni oculari, specialmente gli Apostoli e la Vergine " (La Sacra Bibbia tradotta dai testi originali con note a cura del Pont. Ist. Biblico di Roma, Ed. Salani, 1961, p. 1871, note 1-4). S. Efrem, fin dal secolo IV, riferiva questa opinione dicendo: " Maria ammirava, si dice, la nascita di Lui e il concepimento di Lui, ed Ella raccontava agli altri in che modo aveva concepito o in che modo Ella aveva dato alla luce (Cristo), e l'ammirazione che suscitavano le parole di Lei, rinvigoriva coloro che avevano dubitato ". (cfr. ÉPHREM DE NISIBE, Commentaire de l'Evangile Concordant, ou Diatessaron, traduit du syriaque et de l'arméniem par L. Laloir, Paris, 1966, p. 75).

Si obietta da alcuni (per es. Campenhausen), contro il concepimento verginale di Cristo, il silenzio sul medesimo degli altri due Evangelisti (S. Marco e S. Giovanni). Ma si può rispondere che non manca, anche negli altri due Evangelisti (S. Marco e S. Giovanni) un accenno al concepimento verginale di Cristo. SAN MARCO infatti, evita di appellare Gesù " figlio di Giuseppe "; mentre l'appella " figlio di Maria " (Mc. 6,3); espressione che, in quei tempi, equivaleva, implicitamente, ad un concepimento privo di padre umano. " II fatto di dover ritenere criticamente " figlio di Maria " - dice P. B. Rigaux - e le tradizioni che han dato origine ai Vangeli dell'Infanzia in Mt. e Lc., sono argomenti validi in favore della fede dei cristiani nella nascita verginale " (Sens et portée de Me 3,31-35 dans la Mafiologie neotestamentaire, in " Maria in S. Scriptura ", vol. IV, Roma 1967, pp. 534-535).

SAN GIOVANNI è più esplicito di San Marco. Egli parla del concepimento verginale nel versetto 13 del prologo del suo Vangelo (secondo la lettura al singolare - non già al plurale) -  che è, criticamente, la più attendibile): " lui (Gesù) che non è nato dal sangue, né da voglia di carne, né da volontà d'uomo, ma da Dio " (cfr. GALOT J., Etre né de Dieu (Ju 1,13), in " Analecta biblica " 37 [1969]). Le tre negazioni esprimono con vigore le condizioni di una nascita ordinaria, comune a tutti gli altri uomini, ma non già a Gesù. Maria non è nominata, ma è evidentemente supposta (essendo Gesù nato da Maria).


3. LA TRADIZIONE
Ci limitiamo a tre Padri dei primi due secoli: S. Ignazio, S. Giustino e S. Ireneo. Dopo di loro le testimonianze abbondano.
1) S. IGNAZIO DI ANTIOCHIA, nella sua Lettera agli Efesini (scritta verso l'a. 110), scrivendo contro i Doceti e opponendo loro la " Regola della fede ", asseriva che Cristo era " nato da una Vergine " (SMYRN. 1,1, PG 5,707-708), non già " da una donna " qualunque (come avrebbe dovuto dire). E' perciò falso asserire che il concepimento verginale sia sorto nella Chiesa sotto l'influsso dei Doceti, poiché S. Ignazio (un Padre Apostolico della fine del I secolo) era un antidoceta.
Altrettanto hanno insegnato i Padri greci del secolo II contro gli errori nascenti degli Ebioniti e degli Gnostici (S. Giustino M., S. Ireneo).

2) S. GIUSTINO usava tutti gli argomenti possibili per sostenere energicamente come verità di fede il concepimento verginale (contro gli Ebioniti e gli Gnostici i quali ritenevano che Gesù fosse figlio di Giuseppe) nell'Apologia ad Antonino Pio (dal 150 al 154) e nel Dialogo con Trifone (tra il 155 e il 161). Egli insegna che sono stati i demoni ad inventare il " mito " del concepimento verginale presso i pagani, onde fare scacco, scimmiottandolo, al " mistero " del concepimento verginale di Cristo (Apol, 5,54, PG 6,407-12). Il concepimento di Cristo si è realizzato " senza operazione carnale " o " senza seme umano " (Apol, I, 21,32,33, PG 6,359-60, 379-80, 381-82; Dial. 54,63 PG 6, 593-94, 619-20). Anche S. Giustino, come S. Ignazio di Antiochia, considera questo punto di dottrina come una verità intangibile, trasmessa dalla catechesi ufficiale corrente e dalla Tradizione primitiva.

3) S. IRENEO, Vescovo di Lione (t e. 202), sviluppa in modo più ricco il tema del concepimento verginale, ch'egli considera verità di fede (Adv. haer. Ili, 12,7, PG 7, 900-901; I, 10,1, PG 7, 549-52; III, 4,2, PG 7, 855-56). Per lui è un fatto basato sopra un complesso imponente di testi biblici, e sull'insegnamento della Chiesa universale ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli (Adv. haer. I, 10, 1-2, PG 7, 549-52). Anche se i Libri sacri non ci avessero trasmesso il concepimento verginale, sarebbe stata sufficiente, per ammetterla, la Tradizione Apostolica. Questa conclusione è ammessa anche da alcuni teologi protestanti, per es. da MACHEN J.G., The Virgin Birth of Christ, 3 London (1958), XI, pp. 2-43 e da ED. WARDS D., Thè Virgin Birth in History and Faith, London 1943, pp. 27-44. (cfr. GAUTHIER R., C.S.C., La verginité de Marie " ante partum " selon la Tradition primitive, in "Maria in Sacra Scriptura", vol. IV, Romae 1967, pp. 475-492).

Note alla prima parte

(5) "Ut regula fidei ab omnibus credendo" (S. IRENEO, Adv. haer., 3, 19, 1-8;
21, 10; 22, 4).
(6) O magna clementia deitatis quae virum non cognovit et mater est et post filium virgo est. Duobus enim gavisa est muneribus, miratur quod virgo concepit, laetatur quod edidit redemptorem " (cfr. CHAVASSE A., Le Sacramentaire Gélasien, Desclée, Belgio, 1957, p.656).
(7) " Benedicta et venerabilis es, Virgo Maria, quae sine tactu pudoris, inventa es mater salvatoris ".
(8) " Dum Virgo, Deum et hominem genuisti " (Respons. del III notturno del mattutino della festa della Purificazione).
(9)   Ha scritto Max Thurian: " Le chiare precisazioni di S. Matteo (1, 18-25) e di S. Luca (1, 27, 34-35) ed anche la versione (= lezione) apparentemente più coerente di Giovanni (1, 13), obbligano la fede cristiana autentica a confessare la verginità di Maria prima della nascita di Cristo. La negazione di questa verginità di Maria procede il più delle volte da motivi non teologici, ed i teologi protestanti, che talora hanno messo in dubbio la verginità di Maria nel concepimento di Gesù, possono difficilmente invocare la tradizionale fedeltà riformata alla Sacra Scrittura " (MAX THURIAN, Maria Madre del Signore, Immagine della Chiesa. Trad. di E. Marini, Morcelliana, 1964, p. 41).



NOS CUM PROLE PIA
BENEDICAT VIRGO MARIA
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