sabato 5 aprile 2014

Analisi del Messaggio di La Salette



ANALISI DEL MESSAGGIO DI MELANIA

(Tratto da: “Scoperti in Vaticano i segreti de la Salette” - L'Apparizione, le polemiche, le profezie apocalittiche - Monsignor Antonio Galli - © 2007 Sugarco Edizioni, euro: 16.59, Cap. 10, pagg. 61-90)

 «Melania, sto per dirti qualcosa che non dirai a nessuno ».
Ad eccezione del papa, s'intende, giacché proprio per liberarla dal segreto nei confronti del sommo pontefice la Vergine le rivolgerà nuo­vamente la parola.
« Il tempo della collera divina è arrivato; se, quando avrai detto ai popoli ciò che ho detto adesso e che ti dirò di dire ancora; se, dopo ciò, essi non si convertiranno, non si farà penitenza e non si cesserà di la­vorare la domenica e si continuerà a bestemmiare il nome santo di Dio, in una parola, se la faccia della terra non cambia, Dio si vendicherà contro il popolo ingrato e schiavo del demonio. Il mio Figlio sta per manifestare la sua potenza ».
Queste parole confermano che si tratta di una nuova Apparizione, e la Vergine ne annuncia altre in seguito, sicché il vaticinio è suscettibile d'aggiunte, di aggiornamenti. Ed è importante segnalare che, mentre il segreto, rivelato subito dopo l'Apparizione, è rivolto « à mon peuple », ossia al popolo francese, tanto è vero che fu pronunciato nel dialetto di Corps, questo deve essere fatto conoscere « aux peuples », al plurale, per il suo contenuto d'interesse universale. Ed era stato comunicato in francese, benché la pastorella non capisse allora quell'idioma.
« Conversione », « Penitenza ». Queste parole indicano lo scopo prin­cipale per cui avvengono i contatti prodigiosi fra l'uomo e il mondo so­prannaturale. Lo ha detto la Vergine di recente anche alla contadinella di Kérizinen: « Le profezie sono sempre grazie che vi avvertono dei pe­ricoli e vi consolano, facendovi meglio comprendere il disegno della Provvidenza divina. Si tratta d'avvertimenti paterni da parte di Dio, per­ché gli uomini, scossi dal timore, ritornino a lui. Devono essere divul­gate come strumenti di salvezza ».
Lo stesso linguaggio usa Melania verso l'abate Combe, parroco di Diou, troppo smanioso di conoscere la data degli eventi pronosticati. « Ella », scrive il Combe nel suo diario, « insiste soprattutto contro la curiosità. Invece di fare ciò che la S. Vergine ha chiesto, si vuole sape­re il futuro, si pensa solo ad arrangiarsi, per soffrire il meno possibile ». E alla richiesta da parte di lui di certi dettagli si sente rispondere: « Quando il genere umano è sotto la collera di Dio, perché ha deviato dalla via della giustizia e non zela più l'onore del suo Creatore, questa domanda sarebbe peccaminosa, se la buona intenzione non ne mitigas­se la responsabilità. Ciò che preme non è scrutare l'avvenire, ma ricon­durre il mondo a Dio ».

« Il tempo della collera di Dio è arrivato... Dio si vendicherà ». Collera, ira, vendetta, castigo. Termini ostici alla cultura moderna, se riferiti a Dio.
È stato bandito dai libri liturgici il Dies irae, la sublime sequenza medievale, rivestita di note stupende dal genio musicale di Giuseppe Verdi. Né piace che il Manzoni nell'inno sacro La Passione abbia defi­nito i fedeli « i tementi dell'ira ventura ».
Eppure la S. Scrittura è piena di simili espressioni. Per limitarci a po­chissimi esempi, nel salmo 89 leggiamo: « Siamo distrutti dalla tua ira, siamo atterriti dal tuo furore ». E ancora: « Chi conosce l'impeto della tua ira e del tuo sdegno col timore a te dovuto? ». Ed il salmo 75: «TU sei terribile quando si scatena la tua ira »; « L'uomo colpito dal tuo fu­rore ti dà gloria, gli scampati dall'ira ti festeggiano »; « Quanti lo cir­condano portino doni al terribile. È lui che toglie il respiro ai potenti, è terribile con i re della terra». Questo nel Vecchio Testamento, ma non mancano espressioni del genere anche nel Nuovo. S. Giovanni, l'apo­stolo dell'amore, scrive nell'Apocalisse (15, 71) che « le coppe d'oro sono piene della collera del Dio vivente » e nel capitolo undici, verset­to 18, rivolto a Dio: « È giunto il tempo del tuo furore, il tempo di ster­minare gli sterminatori della terra ».

Nell'incapacità di conoscere ontologicamente da parte dell'uomo la natura divina siamo costretti ad usare nei suoi confronti un linguaggio antropomorfico.
Mentre lo diciamo e lo scriviamo, sappiamo bene che Dio non si ar­rabbia, non si vendica, non incrudelisce con le sue creature. Il male, il dolore, frutto del peccato, è permesso dall'Eterno quale stimolo alla conversione o mezzo di espiazione, di santificazione, come fu per Cri­sto, anzi di compimento della passione di Cristo, non ancora completa. Solo chi si ostina nel peccato sarà escluso per sua colpa dal godimento nei cieli nuovi e nella terra nuova. Lo esige la Giustizia divina. Incom­mensurabile come la Misericordia, giacché in un Essere perfettissimo non può esservi un meno e un più. In lui tutto è assoluto.
La grandezza della sua Misericordia l'ha manifestata con l'umaniz­zazione del suo Figlio, perché non c'era altro modo di risarcire l'offesa recata da Adamo alla sua Maestà. Non lo consentiva l'immenso divario esistente fra il Creatore e la creatura. Soltanto la morte di un Dio pote­va soddisfare il torto recato ad una Giustizia veramente senza limiti, co­me la Misericordia.
Perciò non merita credito una corrente teologica oggi in voga, la qua­le minimizza l'entità della colpa e presenta un Dio tutto latte e miele, che perdona sempre e non castiga mai. Chi la pensa così non si rende conto del danno che reca nell'illudere le anime sul loro destino eterno.

« Parigi, questa città macchiata da ogni sorta di crimini, perirà in­fallibilmente ».
Nel testo pubblicato nel 1879 è detto semplicemente: « Parigi sarà bruciata ».
Preoccupa l'avverbio « infallibilmente », di cui Melania domandò il significato, mentre redigeva il segreto. Si tratta d'una sentenza irrevo­cabile?
Certo grandi sono le colpe della Ville lumière. Al tempo degli Enci­clopedisti e della Rivoluzione fu all'avanguardia nella lotta contro la Chiesa cattolica e nella scristianizzazione della società. Diventò poi lo scandalo del mondo con la sua sfacciata corruzione morale.
Tempo addietro ci fu chi fece dell'ironia sulle previsioni della pasto­rella. Il cardinale Billot, alla richiesta di apporre l'imprimatur in un li­bro del filosofo Jacques Maritain su La Salette, rispose che lo avrebbe fatto quando avrebbe visto Parigi in fiamme e Marsiglia sommersa dal mare. Cambiò poi idea e lasciò scritto: « Quanto sono mutati i miei sen­timenti verso La Salette. Come Lourdes, essa trahit in odorem unguen­torum suorum ». Già varie profezie, annuncianti quella catastrofe, cir­colavano in Francia all'epoca dell'apparizione de La Salette. Una di provenienza bretone usa frasi impressionanti. Ne diamo uno stralcio: « Questa città così vasta, ricca e ammirata, questo centro, oggetto d'in­vidia da parte dei sovrani d'Europa, questa Babele moderna, cento vol­te più impura dell'antica Babilonia, sarà distrutta dalle fiamme [...]. Sul­la vecchia capitale s'innalzeranno turbini di fumo e colonne di fuoco [...]. Fra il crepitio delle fiamme e gli scrosci degli edifici crollanti si udranno le grida disperate di coloro che l'incendio divora [...]. Il ferro, il bronzo, l'oro, l'argento, tutti gli altri metalli accumulati nei magazzi­ni e nei cantieri scorreranno liquefatti dal calore intenso [...]. Per otto giorni il fumo oscurerà i raggi del sole e per un mese intero avvolgerà la città annientata »

Non meno spaventosa un'altra profezia circolante sempre nei primi decenni dell'Ottocento. Ne è autore il padre gesuita Nektou, vissuto tra l'ultimo scorcio del 1700 e i primi decenni del 1800. Durante la Rivo­luzione espatriò in Spagna e fece ritorno in patria durante la Restaura­zione. Visse per lungo tempo a Poitiers, da tutti apprezzato per le sue virtù. Trascorse gli ultimi anni a Bordeaux, dove morì. Egli trasmise questo vaticinio ad un non meglio specificato abate di Raux, prima del­la Rivoluzione: « Parigi sarà totalmente distrutta, tanto che, vent'anni dopo, passeggiando i padri con i loro figli sulle rovine, quando questi domanderanno che luogo era, i padri risponderanno: "Figlio mio, qui sorgeva una grande città, che Dio ha distrutto per i suoi peccati" ».
Melania scese a particolari ancora più raccapriccianti, quando in se­guito sviluppò il discorso su questa grande tragedia.

« Vedete la Senna? [...] Un gran numero di gente verrà a buttarcisi sgomenta, fuggendo il fuoco che sarà come sospeso sulla città. Ci si butteranno, pazzi di terrore ». Sembra il racconto, fatto da un testi­mone oculare, di ciò che accadde ad Hiroshima in quel fatale mattino del 6 agosto 1945: « Alle 8 e 20, un fuoco rovente mandava Hiroshi­ma completamente in fiamme. Una folla, rossa di sangue, correva al­l'impazzata verso il fiume Otagawa. Quei poveri forsennati credeva­no di salvarsi dall'inferno di fuoco, invece andavano incontro alla morte per radiazione. Le rive del fiume erano gremite di migliaia di persone, il cui corpo appariva come il colore delle arance sbucciate. Gridavano "acqua, acqua!" e si gettavano nel fiume divenuto un "im­pasto di sangue" ».

Potrebbe però trattarsi d'un fuoco diverso da quello provocato da un bombardamento atomico, perché Melania aggiunge questo dettaglio: « Vi saranno case in cui il fuoco sarà sospeso su di esse, senza distrug­gerle, mentre in altre perfino le pietre si polverizzeranno »
Il citato padre Nektou fa sapere che i buoni si metteranno in salvo fuori città in seguito a provvidenziali premonizioni.
Ho tenuto per ultimo il vaticinio più autorevole, quello di S. Giovan­ni Bosco. «Parigi, Parigi!, invece di armarti del nome del Signore ti cir­condi di case d'immoralità. Esse saranno da te stessa distrutte, l'idolo tuo, il Pantheon, sarà incenerito, affinché si avveri che mentita est ini­quitas sibi. Cadrai in mano straniera. I tuoi nemici vedranno di lontano i tuoi palagi in fiamme. Le tue abitazioni diventeranno un cumulo di rovi­ne ». Il Pantheon è il tempio della Francia volterriana, massonica, anti­clericale, dove sono sepolti gli esponenti più illustri della cultura laica.

« Marsiglia sarà inghiottita poco tempo dopo ».
Quel « poco tempo dopo », che la veggente aveva dimenticato di scri­vere nella prima stesura, lo aggiunse nella seconda, per indicare che l'affondamento di Marsiglia avverrebbe dopo la rovina di Parigi e fissò anche il tempo, circa due anni.
Si tratterà d'un maremoto? Lo prevede il De Novage e precisa che la catastrofe avverrà poco prima di grandi avvenimenti che sconvolge­ranno la faccia della terra. Che il suolo della città presenti pericolosi ce­dimenti lo afferma il recentissimo libro Découverte du secret de La Sa­lette di René Laurentin e Michel Corteville (p. 148). Vi si legge che in seguito a una lottizzazione, seguita da scavi, si ebbero delle inondazioni, una delle quali il 19 settembre 2000, anniversario dell'apparizione de La Salette.

Melania informò in seguito l'abbé Combe che insieme alla città fran­cese sarà inghiottita Gallipoli, presso Lecce, e danneggiato il Pireo, il porto d'Atene. Parzialmente in rovina andrà infine Lione.
Lo stesso Combe, il 16 maggio 1902, trovò fra le carte da bruciare della veggente una lettera indirizzata a certa signora Bernaches, in data 1 maggio, e non spedita perché nel frattempo era morta la destinataria. Nel retro della lettera uno scritto attirò l'attenzione dell'abbé. Indub­biamente illuminata dall'alto, Melania vi prediceva ciò che sarebbe ac­caduto nella colonia francese della Martinique (Piccole Antille). Il fat­to che il foglio che conteneva una profezia, perfettamente avveratasi, stava per essere distrutto, denota una volta di più quanto la Calvat ci te­nesse a nascondere i carismi di cui era dotata.
Lo scritto parlava della pazienza di Dio verso gli uomini, nell'av­vertirli paternamente dei pericoli cui sono esposti e proseguiva: « Così sarà nel possedimento francese delle Piccole Antille. Per sei giorni man­derà piccole scosse insieme ad altre di maggiore grandezza. Ahimè, ahimè! Gli uomini hanno orecchie e non sentono. Infine l'8 maggio 1902 il fuoco divoratore cade su una delle principali città della Martini­ca, St. Pierre, la copre di cenere e d'altri detriti. Oltre la distruzione di quella città, il fuoco farà altre vittime in tre paesi, senza contare i danni subiti dalle proprietà e dai beni stabili. Il fuoco non rientrerà mai inte­ramente nel suo cratere. Dodici giorni dopo il primo cataclisma, Fort de France piangerà e così altri luoghi ».
L'abbé Combe, sempre cauto, volle accertarsi se si trattava effettiva­mente di una predizione e domandò alla pastorella: - Voi avete scritto tutto questo prima dell'8 maggio, prima dell'eruzione?
Ella rispose modestamente: - Sì.
- Fin qui soltanto la città di St. Pierre è stata distrutta e si parla di 30.000 vittime.
- Sono 40.000.
Non del tutto soddisfatto, egli insistette: - Poiché voi avete visto in anticipo la distruzione di St. Pierre, po­treste dirmi il nome di uno di quei paesi che subiranno la stessa sorte? - Curbet o Curbat. Un nome così.
« Desideravo una località, la cui anteriorità (alla rovina) fosse per me matematicamente certa e fui servito a dovere. Il dispaccio giunto questa mattina, 22 maggio, dice: "Parigi, 21 maggio. I cablogrammi ufficiali sull'eruzione del 19 e 20 maggio sono molto succinti, tuttavia si sa che, CARBET, situata sulla costa, a qualche chilometro da St. Pierre, è stata in parte distrutta. Il signor Lhuerre, infatti, trasmette per cablogramma che, dopo un'informazione ricevuta dal luogotenente Roussel, comandante del Distretto del Carbet, una colonna di fuoco si è abbattuta sulla cittadina la mattina del 20. Invece un dispaccio da Fort-de-France all'a­genzia Havas dice che la parziale distruzione di Carbet è avvenuta la mattina del 20 in seguito ad un maremoto ».
Eruzione del vulcano Pelée o maremoto, il disastro ci fu e il vatici­nio, a parte la leggera differenza del nome, si avverò in pieno, convin­cendo il cauto intervistatore che ella era veramente dotata del carisma profetico.
« Quando queste cose succederanno, il disordine sarà completo sul­la terra; il mondo si abbandonerà alle sue empie passioni ».
Al paragrafo 14 il testo apocalittico dice: « Dimentico della santa fe­de di Dio, ogni individuo vorrà governarsi da sé e comportarsi come se fosse superiore ai suoi simili. Si aboliranno i poteri civili ed ecclesiasti­ci, ogni ordine, ogni giustizia sarà calpestata. Non si vedranno che omi­cidi, odio, gelosia, menzogna, discordia, senza amore per la patria e per la famiglia ».

È il quadro esatto della società attuale, è il trionfo del relativismo eti­co, causa principale dei mali che affliggono l'epoca nostra. Non cre­dendo più in Dio, ignorandolo, rifiutando la sua legge, ognuno si forma un codice di comportamento su misura personale, senza tabù. Così l'o­micidio, talora legalizzato, non conosce limiti. Amor di patria, amor di famiglia sono ritenuti sentimentalismi d'altri tempi, imperversa l'anar­chia, esplode la criminalità organizzata. Dal fermento d'odio, di gelo­sia, di discordia, di menzogna che impregna l'aria, rendendola mefitica, è oscurato ogni ideale nobile, generoso. E dove affiora è soffocato dal discredito e dalla derisione dei mass media, che monopolizzano l'infor­mazione.
Scrivo mentre sullo schermo televisivo scorrono le immagini del­l'immane disastro che un ciclone di proporzioni mai viste ha fatto di New Orléans, richiamando alla memoria il non meno apocalittico tsu­nami che, il 26 dicembre 2004, ha seminato centinaia di migliaia di ca­daveri e colossali rovine nell'Asia sud-orientale. Siamo entrati nella fa­se dei castighi biblici? Non potrebbe essere vicino il turno di Marsiglia, di Gallipoli e del Pireo?
È scritto nel paragrafo 24 del grande messaggio: « La natura chiede vendetta per gli uomini, e freme di spavento in at­tesa di ciò che deve accadere alla terra insozzata di crimini ».
Come può essere diversamente quando « i governanti civili hanno tutti un medesimo programma: di abolire e far scomparire ogni princi­pio religioso e innanzitutto cristiano, per far posto al materialismo, al­l'ateismo, allo spiritismo e ad ogni specie di vizio »? E ancora: « I cattivi useranno tutta la loro malizia, si uccideranno, si massacreranno, perfino nelle case »?
Perfino nelle case.

Poteva l'incolta pastorella nel 1846 immaginare lo spettacolo orren­do che ci offre oggi la società nell'ambito familiare? Poteva predire sen­za un'illuminazione dall'alto la spaventosa carneficina quasi quotidiana che si sta consumando dentro le nostre case? Uno scempio al quale pur­troppo ci stiamo assuefacendo?
Nel 1902, l'uccisione del conte Francesco Bonmartini a Bologna, da parte del cognato Tullio Murri, suscitò in tutta Italia un vero choc. Mau­ro Bolognini ne ricavò un celebre film. Non sono lontano dal credere che oggi quel crimine non solleverebbe grandi sussulti, entrerebbe an­ch'esso nella routine della « mattanza domestica », divenuta cronaca giornaliera.
« Il Papa sarà perseguitato da ogni parte, gli si sparerà addosso, lo si vorrà mettere a morte, ma non gli potranno far nulla. Il Vicario di Cristo trionferà ancora una volta ».
Ecco perché alla lettura di questo presagio Pio IX manifestò l'emo­zione di cui parla il canonico Rousselot, testimone oculare. Tre anni pri­ma, nel 1848, era stato ucciso con una stilettata alla carotide il capo del governo dello Stato pontificio, Pellegrino Rossi, da un esponente delle forze repubblicane e, il giorno seguente, il 16 novembre, durante l'as­sedio del Quirinale, residenza del pontefice, si era sparato contro una fi­nestra, uccidendo il prelato mons. Palma. In quel pontefice del segreto, Pio IX ravvisava se stesso.
Invece lo sguardo della Madonna si spingeva molto lontano, le sue parole alludevano ad un altro pontefice, sul quale si sarebbe rovesciato l'odio dei senza Dio, assetati di vendetta, perché per colpa sua comin­ciava a traballare il loro impero, a scricchiolare la sua compagine, rite­nuta indistruttibile. Quell'ecclesiastico, vestito di bianco, sorretto da un minuscolo picchetto di guardie che aveva fatto sorridere sarcasticamen­te Gromyko, il potente ministro degli Esteri dell'Urss in una sua visita in Vaticano, stava conquistando il mondo con la sua presenza, con la sua parola. Doveva essere eliminato, prima che fosse troppo tardi. Ma sba­gliarono nello scegliere la data. Non sapevano che il 13 maggio rievo­cava l'intervento di un'altra Potenza, capace di polverizzare gli eserciti più formidabili, di gettare nella polvere i padroni più agguerriti del mondo.

Chi non ricorda quel tragico pomeriggio del 13 maggio 1981? Men­tre in un'altra parte di Roma gli alti esponenti del laicismo italiano fe­steggiavano, con palese ostentazione anti-clericale, la vittoria del refe­rendum sull'aborto, in Piazza S. Pietro un turco, evaso dal carcere, dove scontava la pena per un omicidio, grazie ad una trama ordita dagli agenti del KGB, sparò addosso al pastore, buono e indifeso, che aveva appena accarezzato una bambina tra la folla plaudente. Seguì il suo ac­casciarsi sulla vettura, la quale partiva a tutta velocità, diretta all'ospe­dale Gemelli. Sulla piazza, gremita di fedeli, si stese un velo di mesti­zia, ma fulminea scattò la reazione. Gli spettatori stessi catturarono l'autore del crimine e lo consegnarono alla polizia. In un baleno la no­tizia fece il giro del mondo, suscitando orrore e rimpianto. Fortunata­mente all'ospedale Gemelli i sanitari esclusero che fossero state colpite parti vitali. Eppure l'attentatore - Alì Agka - era sicuro d'avere spa­rato con mano esperta, mirando al cuore. Giovanni Paolo II non si è mai stancato di dire che in ciò che gli era successo egli scorgeva uno spe­ciale intervento della Madonna. Il proiettile che l'ha colpito, per suo de­siderio, ora è incastonato nel serto della Vergine di Fatima.
Melania, 130 anni prima, aveva predetto la tragica vicenda (« on lui tirera dessus ») e il fortunato epilogo (« mais ne lui pourra rien »). 

Un'altra mistica, dieci anni prima del gesto efferato, lo aveva an­ch'essa predetto. Si tratta di Teresa Musco, la stigmatizzata di Caiazzo (Napoli).
In un venerdi di settembre del 1971, essa riviveva la Passione del Re­dentore. Ad un tratto, entrata in estasi, gridò: « Fermatevi! Che volete fare? Perché volete ucciderlo? Vogliono uccidere il Papa! In Piazza S. Pietro succede questo ».
Notiamo che la Musco è morta il 19 agosto 1976, cinque anni prima dell'attentato.
L'episodio è riportato nel numero di luglio del 2000 dal periodico Mes­saggio d'amore e di dolore, edito dalla fondazione « Teresa Musco ». Anche il terzo segreto di Fatima presenta il papa in una cornice di sofferenza, di persecuzione, di morte. « Il Santo Padre, [...] giunto alla sommità del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, viene ucciso da un gruppo di soldati, che gli sparano addosso [viene in mente 1`on lui tirera dessus" di Melania] con colpi d'arma da fuoco e frecce ».
Se si prendesse questa profezia alla lettera dovremmo ammettere che non risponde alla realtà. Gli autori del libro Découverte du Secret de La Salette (pp. 158-59), René Laurentin e Michel Corteville, lo affermano esplicitamente: « La predizione de La Salette e più precisa di quella di Fatima [...]. L'attentato non avvenne in vetta alla montagna, sulla quale il Papa era salito, ma in Piazza S. Pietro. In quel momento il Papa non era stanco e angosciato, né circondato da soldati nemici, ma da una fol­la acclamante [...]. Il tiro non partiva da un plotone, ma da un killer, pa­gato a questo scopo ».
Ma il card. Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e oggi successore di Giovanni Paolo II, ritiene il terzo segreto di Fatima « una visione profetica paragonabile a quelle della storia sacra nelle quali è tipico l'addensamento di tempi e spazi in un'u­nica immagine ». E spiega: « Il Papa sembra precedere gli altri, treman­do e soffrendo per gli orrori che lo circondano [...]. La via della Chiesa viene così descritta come una Via Crucis, come un cammino in un tem­po di violenza, di distruzioni, di persecuzioni [...]. Nella visione anche il Papa viene ucciso sulla via dei martiri [...]. Che una mano materna ab­bia deviato la pallottola mortale, mostra solo ancora una volta che non esiste un destino immutabile, che fede e preghiera sono potenze che possono influire sulla storia e che alla fine la preghiera è più forte del proiettile, la fede più potente delle divisioni [militari] ».

In questa chiave di lettura la figura di Giovanni Paolo II assume quindi un valore emblematico. Hanno colpito in lui tanti suoi figli con i fucili, ma anche con le frecce, tra le tribù selvagge, perché l'odio ver­so Cristo non conosce frontiere ed ogni angolo della terra ha il suo Gol­gota.
Melania nel messaggio apocalittico, riferendosi sempre, a quanto pa­re, al misterioso Vicario di Cristo, cui avrebbero sparato addosso, usa queste parole: « I cattivi attenteranno più volte alla sua vita, senza però poter nuocere ai suoi giorni ». E così è stato.
Nel primo anniversario dell'attentato romano, ossia il 13 maggio 1982, proprio a Fatima, dove il papa Wojtyla si era recato per ringra­ziare la Madonna d'avergli salvato la vita, terminata la messa, mentre egli s'allontanava dall'altare, vide un sacerdote per terra, come se fosse stato colto da malore. Stava per chinarsi su di lui, ma venne bloccato da un agente addetto alla sua sicurezza. Quello sventurato aveva estratto una baionetta nascosta sotto la veste talare e stava per conficcargliela nel petto. Era un prete tradizionalista, di nome Juan Fernandez Krohn, ostile al papa che, secondo lui, portava la Chiesa alla rovina.
Un altro attentato a Manila, nelle Filippine, venne sventato grazie al­l'intervento del presidente degli Stati Uniti, Clinton, che era stato infor­mato del complotto dalla CIA.
E si parla d'altre trame provvidenzialmente eluse.

Quel grande pontefice non doveva morire. Aveva una missione im­portante da compiere. Durante la sua degenza al Gemelli egli ap­profondì l'arcana vicenda di Fatima. Notò che l'attentato coincideva con la data della prima visione alla Cova da Iria, il 13 maggio 1917. Pre­se in seria considerazione la richiesta fatta dalla Madonna a Lucia del­la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato insieme ai ve­scovi di tutto il mondo, purtroppo mai eseguita.
E il 25 marzo 1984, festa dell'annunzio dell'Incarnazione del Verbo, egli compie a Roma, insieme a tutti i vescovi del mondo, ciò che la Ma­donna aveva chiesto fin dal 1929, quale garanzia che il mondo si sareb­be salvato dalla diffusione del comunismo ateo e oppressore.
Come la Vergine aveva predetto, la consacrazione fu compiuta tardi­vamente, quando la Russia aveva già effettuato nel mondo la sua opera deleteria. Ciò nonostante i frutti non tardarono a manifestarsi. L'anno seguente, Gorbaciov occupò il posto che era stato tenuto da Lenin, da Stalin e, grazie a lui, alla sua glasnost, alla sua perestroika, cinque an­ni dopo crollava il muro di Berlino, senza spargimento di sangue, sen­za violenti tumulti. Il comunismo nell'Europa dell'Est svanì come neb­bia al sole e Giovanni Paolo II, con l'animo colmo di gioia, poté escla­mare: « Dio ha vinto all'Est ».
«Il Vicario di Cristo trionferà ancora una volta», aveva scritto l'i­gnara pastorella in quel fatidico 6 luglio 1851. E quale trionfo! Accla­mato in tutte le parti del mondo, dove si è recato con la sua figura iera­tica e la sua parola di pace, d'amore. Al centro del memorabile Giubi­leo dell'anno 2000, imponente per le grandiose manifestazioni e la partecipazione di folle provenienti da ogni parte del globo. Ideatore del­le affollatissime giornate mondiali della gioventù. In un'apoteosi mai vista si sono svolti i suoi funerali. La sua tomba, spoglia e disadorna, ha la visita ininterrotta di folle di devoti, e non è immaginabile quello che succederà quando verrà proclamato santo.

« I sacerdoti, i religiosi e i vari servi del mio Figlio saranno perse­guitati e molti moriranno per la fede in Gesù Cristo. Regnerà in quel tempo una grande fame ».
Anche nel paragrafo 13, il messaggio apocalittico predice: « Per un tempo la Chiesa sarà abbandonata a grandi persecuzioni ».
In realtà esse hanno contrassegnato in modo macroscopico l'epoca nostra. Ci limitiamo alle più feroci e sanguinose.
Dopo la proclamazione del regime repubblicano in Messico si acce­se un'accanita lotta alla Chiesa cattolica, tranne che nel periodo in cui fu presidente Porfirio Diaz (1877-1912). I soprusi non si limitarono al­la soppressione degli Ordini religiosi, alla riduzione delle diocesi, alla confisca dei beni ecclesiastici, ma trascesero alle carcerazioni, allo spar­gimento di sangue. La fase più critica si ebbe durante la presidenza di Plutarco Calles (1924-28). La pena di morte fu comminata a chi fosse stato sorpreso a compiere atti di culto. Fece il giro del mondo la foto­grafia di due sposi uccisi col sacerdote mentre celebravano il matrimo­nio religioso. Pio XI approvò allora la « liturgia delle catacombe ». Es­sa consentiva la celebrazione della messa ovunque, anche senza i para­menti sacri, nei tuguri, nei garages, nelle soffitte. I cattolici reagirono, costituendo gruppi di combattenti, detti Cristeros. Il governo rispose con gli arresti e le fucilazioni in massa. Fra i sacerdoti splende la figu­ra eroica del gesuita Padre Pro, fucilato il 23 novembre 1927, con tre esponenti laici della Chiesa messicana. Il numero complessivo dei sop­pressi per la loro fede supera le cinquemila unità. Fra essi il fanciullo Agostino Rios assassinato mentre, moderno Tarcisio, consumava le ostie consacrate per impedire che venissero profanate, e il coetaneo Ce­cilio Cervantes, al quale tagliarono la lingua, perché, mentre stavano per sopprimerlo, non cessava di gridare: « Viva Cristo Re ». Il regime per­secutorio cessò nel 1940, con l'avvento al potere del presidente Lazza­ro Cardenas.

Non meno cruento il martirio della Chiesa spagnola, prima e du­rante la guerra civile, scoppiata nel 1936 con la rivolta del generale Francisco Franco contro il governo marxista di Madrid. Vi furono ec­cessi da una parte e dall'altra. Il clero, nei territori dominati dalle trup­pe rosse, subì un vero bagno di sangue. Dodici vescovi, circa 4.200 sa­cerdoti e circa 2.500 religiosi e religiose furono barbaramente massa­crati. Quella carneficina presentò aspetti allucinanti. Un vescovo fu bruciato vivo, un altro, prima di essere ucciso, fu trascinato nudo per le vie. Cadaveri di suore vennero esposti al ludibrio sulle piazze. Il fuoco venne appiccato a numerose chiese, conventi, istituti cattolici. Infine il colmo della sacrilega stupidità: la fucilazione di una statua del Redentore. Pio XI, piangendo, rese omaggio a « questi martiri nel ve­ro senso della parola » e nell'enciclica Divini Redemptoris usò parole di fuoco contro « il furore comunista », che « non si è limitato ad ucci­dere vescovi e migliaia di sacerdoti, di religiosi e religiose, ma fece un numero molto maggiore di vittime tra i laici [...], trucidati a schiere per il fatto di essere buoni cristiani, o almeno contrari all'ateismo comu­nista. E una tale spaventevole distruzione viene eseguita con un odio, una barbarie, un'efferatezza, che non si sarebbe creduta possibile nel nostro secolo ».
Ma il ciclone della seconda guerra mondiale stava per scaraventare sul pianeta lutti e crudeltà ancor più terribili ed anche la Chiesa era chia­mata a pagare un duro tributo.
Hitler, corifeo del nazionalsocialismo, lasciò libertà di culto, ma si affrettò a chiudere in Germania le scuole cattoliche e a sopprimere la stampa sia cattolica che protestante, consentendo soltanto i mezzi di co­municazione in linea col nazismo. Il peggio si ebbe quando egli occupò i paesi cattolici centroeuropei: Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia. Mo­nasteri e seminari furono chiusi e il clero, renitente a piegarsi ai con­quistatori, venne mandato a languire nei famigerati lager. A Dachau i preti cattolici internati erano, nell'ultima fase del conflitto, ben 1.500, fra essi l'arcivescovo di Praga card. Beran. Spicca la fulgida figura di S. Massimiliano Kolbe, il sacerdote polacco che nel lager di Oswiecim sacrificò la sua vita per salvare quella di un padre di famiglia suo conna­zionale.
Ancor più dura fu la condizione della Chiesa oltre la cortina di fer­ro, la « Chiesa del Silenzio », come la chiamò Pio XII, in balia del regi­me comunista.

Dove poté esercitare il suo dominio procurò indicibili sofferenze a vescovi, sacerdoti e fedeli. Pio XII nell'enciclica Orientales Omnes del 23 dicembre 1945 denunciò la triste condizione dei cattolici ruteni, co­stretti ad entrare nella Chiesa ortodossa. Quattro cardinali subirono il carcere. Il card. Stepinac, arcivescovo di Zagabria, perseguitato da Tito sotto l'accusa di collaborazionismo con i nazisti, morì agli arresti do­miciliari nel 1960. Il card. Mindszenty, primate d'Ungheria, subì un umi­liante processo e una dura prigionia. Liberato dai patrioti ungheresi du­rante la ribellione al regime sovietico (1956), trovò asilo politico nel­l'ambasciata degli Stati Uniti a Budapest. Il card. Beran, arcivescovo di Praga, reduce dal lager nazista di Dachau, fu costretto dai bolscevichi a rinunciare all'alta carica e a vivere, isolato, agli arresti domiciliari. An­che il card. Wyszynski venne imprigionato nel 1963 con la metà dei suoi vescovi e ben 2.000 sacerdoti. Noie ebbe pure Karol Wojtyla, il futuro Giovanni Paolo II. Nessuno immaginava che proprio lui avrebbe fatto crollare nell'Europa dell'Est il comunismo come un castello di carta. I cattolici degli Stati baltici, annessi con la violenza all'Urss, vennero de­portati in massa nei famigerati gulag, dove molti perirono di stenti e di fame.
In Cina il comunista Mao-tse-tung espulse i missionari stranieri e co­strinse il clero indigeno a dar vita ad una Chiesa scismatica.

E l'Italia? Al paragrafo 9 del messaggio apocalittico leggiamo un fu­nesto presagio: « L'Italia sarà punita per l'ambizione di voler scuotere il giogo del Signore, per questo finirà in guerra e il sangue scorrerà da ogni parte; le chiese saranno chiuse o profanate; i sacerdoti, i religiosi, saranno cacciati via o li faranno morire di morte crudele. Parecchi ab­bandoneranno la fede e il numero dei sacerdoti che si separeranno dal­la vera religione sarà grande; fra costoro vi saranno anche dei vescovi ».
Il Risorgimento italiano, manipolato da forze liberal-massoniche, diede al nuovo Stato l'etichetta della laicità e una forte impronta anti­clericale. In seguito la penetrazione della dottrina marxista, col suo piat­to materialismo e le sue spinte demagogiche, rivoluzionarie, ha contri­buito alla scristianizzazione del paese. Se ne sono raccolti i frutti fune­sti nel referendum sull'aborto e nella diffusione del relativismo etico, deplorato a più riprese da Giovanni Paolo II e ora da Benedetto XVI. I castighi non sono mancati.
Il messaggio parla di guerre. Quante dal tempo de La Salette ad oggi! Le tre guerre d'Indipendenza, le guerre coloniali (Eritrea, Libia, Abissinia), la guerra di Spagna, le due guerre mondiali, quelle del Medio Orien­te... Il sangue è scorso a fiumi.
Quanto alla grande persecuzione vaticinata, le premesse esistono. La politica governativa dall'unificazione ad oggi, tranne qualche breve parentesi, è stata caratterizzata, come si è detto, da uno spirito più o meno marcato di anticlericalismo che affiora quando sono in gioco i valori difesi dalla Chiesa e osteggiati dalla cultura dominante, atea, materialistica.
Nella biografia di Teresa Musco, la stigmatizzata di Caiazzo, è pre­detta la scalata in Italia dei comunisti al potere con l'appoggio di certe correnti cattoliche. « Si manifesteranno solo quando potranno comanda­re liberamente, senza ostacoli. Allora vi sarà lo spargimento di sangue innocente ». Avverrà in quel tempo la profanazione delle chiese, la sop­pressione degli Ordini religiosi, il martirio di sacerdoti e fedeli? Il nu­mero degli apostati sarà grande, afferma il messaggio, anche fra i preti e i vescovi. Le avvisaglie non mancano, soprattutto se consideriamo le numerose defezioni sacerdotali e monastiche avvenute nella crisi post­conciliare. Preoccupante la rarefazione delle vocazioni e la diminuzio­ne, accentuata, del clero. Altra insidia formidabile la secolarizzazione della società, la spinta d'un laicismo responsabile dell'affievolirsi del sentimento religioso, e un fondamentalismo mirante allo sfaldamento dei valori della civiltà cristiana, mediante il terrore e le spaventose car­neficine.
Il messaggio del 1879 accenna all'imperversare d'una fame d'incre­dibile virulenza. In realtà oggi essa miete innumerevoli vittime, soprat­tutto nel continente africano.

Riporto dal quotidiano Avvenire del 7 settembre 2005 questi dati im­pressionanti.
« Più di un miliardo di persone sul pianeta vive con meno di un dol­laro al giorno. Due miliardi e settecento milioni non superano due dolla­ri al giorno. Ecco le conseguenze di una tale situazione. Ogni anno sei milioni di bambini muoiono a causa della malnutrizione prima di com­piere i cinque anni, metà della popolazione africana è colpita da malat­tie, legate all'acqua inquinata, dal colera alla diarrea infantile. Ogni gior­no l'Aids uccide seimila persone, altre ottomiladuecento vengono conta­giate. Più di ottocento milioni di persone vanno a letto affamate ogni sera, di cui trecento milioni sono bambini. Ogni tre secondi e mezzo una persona muore di fame, in maggioranza bambini sotto i cinque anni. Più di due miliardi e mezzo di persone, circa il 40 per cento della popola­zione mondiale, non possono usufruire dei servizi igienici per scarsità d'acqua e un miliardo di persone non ha accesso ad alcuna acqua».
Cifre che dovrebbero far riflettere i popoli che navigano nell'abbondanza, indifferenti alla disperazione di quei poveri Lazzari, che neppu­re le briciole ricevono dagli Epuloni. Ed è inimmaginabile la carestia che esploderebbe a livello planetario se disgraziatamente dovesse de­flagrare un conflitto atomico.
« Dopo che saranno avvenute tutte queste cose, molte persone rico­nosceranno la mano di Dio e si convertiranno e faranno penitenza dei loro peccati ».
« Sotto la mano di Dio », ossia sotto i suoi castighi. Melania, il 23 febbraio 1851, aveva scritto alla sua padrona degli Abladins, mamma Carron, che la Madonna non ce la faceva più a trattenere il braccio del suo Figlio, tanto era pesante. Ma oggi la perversità umana ha raggiunto livelli insopportabili e quel braccio può ancora essere trattenuto? Ecco ciò che annuncia la Vergine, per bocca della pastorella nel messaggio apocalittico:

« Al primo colpo della sua spada folgorante, le montagne e tutta la natura tremeranno dallo spavento perché i disordini e i delitti degli uo­mini squarceranno la volta del cielo. [...] Varie grandi città saranno scosse e inghiottite dai terremoti; si crederà che tutto sia perduto; non si vedranno che omicidi, non si sentirà che rumore d'armi e bestemmie.
« 1 giusti soffriranno molto; le loro preghiere, le loro penitenze e le loro lacrime saliranno fino al Cielo, e tutto il popolo di Dio domanderà perdono e misericordia, e chiederà il mio aiuto e la mia intercessione ».
Non molto diverso è il linguaggio usato dalla Vergine con la contadi­nella di Kérizinen: « Dio distribuisce nel tempo e nello spazio manife­stazioni di carattere punitivo nell'intento di far aprire gli occhi a questa generazione cieca e ribelle, d'indurla alla resipiscenza. Se così non sarà, terribili calamità, imprevedibili, subitanee, irresistibili, catastrofiche, procureranno una mortalità spaventosa. L'ultimo flagello non sarà uni­versale come il diluvio, ma lo supererà per l'intensità dei dolori che pro­curerà: quel diluvio fu d'acqua, questo di fuoco ». Non apre certo l'a­nimo all'ottimismo il fatto che oggi si sta toccando il colmo del tra­sgressivismo, l'apice del degrado morale, dell'apostasia religiosa. Si assiste a deviazioni mostruose dell'ordine stabilito da Dio: legalizzazio­ne dell'aborto, matrimoni fra omosessuali, eutanasia, embrioni umani ri­dotti a cavie, manipolazioni genetiche, omicidi, stupri, rapine, oscena pa­rodia del connubio benedetto da Dio nell'Eden all'alba della creazione.

Veramente la Madonna a Fatima, il 13 luglio 1917, promise che do­po la consacrazione della Russia al suo Cuore immacolato sarebbe se­guito un periodo di pace!
Ma, benché la consacrazione sia stata compiuta, come si è detto, da Giovanni Paolo II, il 25 marzo 1984, cui segui il crollo del comunismo nell'Est europeo, la pace promessa è tuttora un miraggio lontano. Dopo i grandiosi eventi dell'autunno 1989, quando sembrava che essa stesse per fiorire con miracolosa rapidità, il cielo si è chiuso di nuovo in un grigiore plumbeo e la guerra è continuata ad imperversare in un cre­scendo d'orrori e di barbarie.
Grande è lo smarrimento per ciò che ci riserva il futuro.
Quanta verità in questo messaggio, che la Madonna ha lanciato il 29 aprile 1959: « Il comunismo cadrà, io trionferò, ma vi sarà ancora un'o­ra di passione ».
Nel diario di Teresa Musco, in data 10 ottobre 1973, si legge questa impressionante profezia. È la Madonna che parla: « Sta per iniziare una nuova guerra nella terra dove è nato il Salvatore, cioè il mio Figlio ama­tissimo, e non si fermerà. Sembra che fanno (sic) la pace, ma non è ve­ro, perché da lì nascerà la grande guerra, il grande castigo dal cielo e dalla terra ».

La guerra che stava per iniziare era quella del Kippur, scoppiata ap­punto in quei giorni. Dopo d'allora quante volte si è tentato di giunge­re alla pace fra israeliani e palestinesi, ma sempre senza risultato. Ed og­gi siamo arrivati al punto che il presidente dell'Iran minaccia di cancel­lare Israele dalla faccia della terra! Le prospettive non sono certo rosee. Quel castigo per cielo e per terra potrebbe disgraziatamente esplodere.
Nella sciagurata ipotesi che ciò si avveri è prevista da attendibili va­ticini l'invasione dell'Europa occidentale da parte di truppe non meglio precisate.
Fin dal 1947 la Vergine, apparendo a Jeanne-Louise Ramonet a Ké­rizinen, aveva avvertito la Francia del grave pericolo che correva per non aver cessato d'offendere gravemente Dio. « Francia, perché resti sorda ai miei appelli? Preferisci che le tue terre diventino campi di bat­taglia? Che i tuoi nemici si lascino dietro mucchi di cadaveri e solchi in­sanguinati? Ti alletta lo spettacolo di città distrutte, annientate? ».
(…)

Non solo la Francia, ma altri paesi europei andrebbero soggetti a ta­le invasione e sarebbe facile a quegli invasori aver ragione di nazioni, che, come scrive una mistica belga, saranno « esangui, senza più alcun ordine e autorità », vittime della civiltà del consumismo.
E alla guerra si accompagneranno, come è predetto, catastrofi apocalittiche da parte d'una natura impazzita. Lo tsunami del 26 dicembre 2004 per la sua violenza e per la spaventosa mortalità che ha procurato è stato un campanello d'allarme. Siamo già entrati nella fase dei cata­clismi che caratterizzeranno gli ultimi tempi? Questo cumulo d'avver­sità aprirà gli occhi alla gente, la porterà ad una sincera conversione? Non sembra. Certo « vi saranno giusti », come scrive Melania nel mes­saggio apocalittico, « le cui preghiere, le cui penitenze, le cui lacrime saliranno fino al Cielo ». Ma i più, anziché mutare vita, riverseranno su Dio il loro odio Il loro comportamento peggiorerà. « Non si sentirà che rumori d'armi e bestemmie ».
Gesù ha previsto questa perversione e ha già detto quale sarà la ri­sposta. Come al tempo di Noè gli uomini si abbandonavano unicamen­te ai piaceri della vita e alla ricerca dei beni mondani, finché non venne il diluvio e tutti, tranne Noè e la sua famiglia, perirono, così sarà al suo apparire improvviso (Lc 17, 26-27). Che i nostri tempi siano maturi per questa immane tragedia lo ha rivelato la Madonna alla sua confidente Teresa Museo: « Una grande guerra [la terza mondiale] succederà. Mor­ti e feriti ce ne saranno tanti. Satana grida la sua vittoria e quello è il mo­mento in cui tutti vedranno apparire il mio Figlio sulle nubi del cielo e allora giudicherà quanti hanno calpestato il suo sangue e allora il mio Cuore trionferà ».

La parabola del buon grano e della zizzania conoscerà il suo pieno adempimento (Mt 15, 24-30). « Come si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà al­la fine del mondo. Il Figlio dell'uomo invierà i suoi angeli ed essi cac­ceranno via dal suo regno tutti coloro che dettero scandalo e che opera­rono iniquamente, e li getteranno nella fornace ardente ». La Vergine, per bocca di Melania, usa quasi le stesse parole: « Allora Gesù Cristo comanderà ai suoi angeli che tutti i suoi nemici siano messi a morte. Ad un tratto i persecutori della Chiesa di Gesù Cristo e tutti gli uomini de­diti al peccato periranno e la terra diventerà come un deserto ». Quelle dodici legioni d'angeli, che Gesù avrebbe potuto chiamare in sua dife­sa, quando era in balia dei giudici iniqui, avranno il compito, prima del­la sua apparizione nella gloria, di ripulire il mondo dalle sue sozzure, dai suoi crimini.
Anche in un altro passo del Vangelo (Mt 24, 37-41) si annuncia que­sta selezione. « Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne saranno alla macina: una sarà presa e l'altra lasciata ». Ovviamente ad essere lasciati saranno i buoni.
Numerosi vaticini fanno coincidere questa tragica mietitura con i tre giorni di tenebre che dovrebbero oscurare il mondo intero.

Così la pen­sa la beata Anna Maria Taigi: « Nelle ore di tenebre sarete protetti dagli apostoli, mentre gli angeli sconfiggeranno tutti i satelliti [di Satana] av­versi al Regno di Dio ».
Più esplicita suor Maria di Gesù Crocifisso, che Giovanni Paolo II ha beatificato. Come Melania, ella ebbe una vita tribolatissima, osteggiata dai suoi superiori con incredibile animosità. In compenso Dio l'arricchì di straordinari doni. Fu la fondatrice del Carmelo di Betlemme. Il suo messaggio, dettato da Gesù, risale al 1878: « Vi darò un segno che v'in­dicherà l'ora del giudizio. In una fredda notte invernale il tuono rim­bomberà così forte da scuotere gli alberi, voi allora dovete chiudere por­te e finestre, senza guardare fuori. Il vostro occhio non deve vedere il più terribile dei castighi, non lo dovete profanare con sguardi curiosi, perché santa è la mia ira. Essa purificherà per voi, piccolo gregge rima­sto fedele. Raccoglietevi spiritualmente davanti ad un Crocifisso, met­tetevi sotto il patrocinio della mia santa Madre e la paura, qualunque co­sa vediate o sentiate, scomparirà. Perseverate dunque. Un giorno e una notte... e un giorno e ancora una notte... e ancora un giorno. La notte che seguirà dissiperà lo spavento e porterà il riposo. Con l'alba del nuovo giorno risplenderà ancora il sole ».
Durante i giorni tenebrosi, così esorta un prelato tedesco: « Chiude­te le finestre, inginocchiatevi davanti al Crocifisso e pregate. Solo il Crocifisso e la candela benedetta [da cui verrà unicamente la luce] non tremeranno. Non guardate fuori, non sopportereste di vedere in atto la Giustizia divina. L'acqua benedetta potrà alleviare la vostra pena, l'olio santo, le medaglie e le statue religiose allontaneranno i flagelli ».

Fra tanto orrore una nota consolante: « Nei tre giorni di tenebre non dovete restare privi del necessario. I vostri bambini dormiranno di un sonno misterioso e voi pregate. I demoni non potranno avvicinarsi nep­pure un istante. I bambini si sveglieranno al ritorno del primo raggio di luce ».

Gli scienziati, gli astronomi vorranno dare una spiegazione scientifi­ca a questa catastrofe, ma poco convincente.
È doveroso a questo punto notare che la cernita di coloro che saran­no rapiti e di coloro che saranno lasciati è suscettibile di un'altra spie­gazione.
S. Paolo nella prima lettera ai Corinzi (15, 51-52) scrive: «Ecco, io vi annunzio un mistero: non tutti moriremo, ma saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba».
Questo avverrà nel gran giorno del Rapimento. Il corpo di « coloro che sono di Cristo » risorgerà e si riunirà all'anima, dando inizio ad un'esistenza priva di dolori, d'angustie, senza lo spettro della morte, mentre i vivi vedranno il loro corpo assumere le caratteristiche del cor­po glorificato e, con i risorti, « saranno rapiti sulle nubi nell'aria incon­tro al Signore» (1 Ts 4, 16-17).

Secondo Mary Jane Even, una veggente americana assai discussa ma, sembra, non del tutto inattendibile, il felice Rapimento avverrebbe dopo il grande miracolo, preconizzato a Garabandal e, si dice, anche a Medjugorje, e prima del grande castigo, ossia dei tre giorni di buio?
Se fosse così ovviamente i rapiti sarebbero i buoni e i lasciati, in at­tesa del castigo, sarebbero i reprobi.
« La luce che risplenderà dopo le tenebre darà una gioia indicibile a chi ha sopportato con cuore puro e umile quei giorni di penitenza », co­sì afferma la stigmatizzata Marie Julie Jahenny.
A parte il rapimento dei giusti, il quadro che abbiamo tracciato as­somiglia alla « selva selvaggia ed aspra e forte », attraversata da Dante nel primo canto della Divina Commedia. Usciamo ora in « più spirabil aere », che ci trasporta a visioni serene, consolatrici, beatificanti.
Questo radicale cambiamento non dovrebbe tardare, se Giovanni Paolo II nel suo libro Varcare la soglia della speranza ha predetto che le parole dette dalla Vergine ai tre pastorelli di Fatima, con la fine del secolo XX, « sembrano avvicinarsi al loro compimento ».
Entro pochi anni dunque?
« Poi vi sarà la pace, la riconciliazione di Dio con gli uomini; Gesù Cristo sarà servito, adorato, glorificato; la carità fiorirà dovunque. I nuovi re saranno il braccio destro della Chiesa, che sarà forte, umile, pia, povera, zelante, imitando le virtù di Gesù Cristo. Il Vangelo sarà predicato dovunque e gli uomini faranno grandi passi nella fede, perché vi sarà unità fra gli operai di Gesù Cristo e gli uomini vivranno nel ti­mor di Dio ». Così Melania nel grande segreto.

Rivivrà in quel tempo beato la nuova Chiesa di Filadelfia, la mi­gliore delle sette Chiese, cui S. Giovanni indirizza le sue lettere nel­l'Apocalisse. Per la veggente suor Beghe, essa sarà « il Paradiso in ter­ra, fedele alla sua missione, ansiosa di eseguire fedelmente la volontà di Dio ».
E stupisce il vaticinio del carismatico don Dolindo Ruotolo, morto nel 1970, famoso per aver previsto che Giovanni Paolo II, come il suo connazionale Giovanni Sobieski, avrebbe riportato una grande vittoria sui nemici di Cristo. E aggiunge: « Si dovrà avere un periodo di trionfo per la Chiesa, una prima risurrezione di tutto in Gesù Cristo e questo si rileva dall'Apocalisse, ma questo periodo sarà quasi come un giorno se­reno per la semina e la raccolta di novelli fiori per il Cielo. Il male ter­ribile che già ci soffoca rimarrà come incatenato, ed avrà poi una recru­descenza anche più terribile al tempo dell'Anticristo ».
Sì, questa beata pacis visio non sarà durevole. La Madonna a La Sa­lette ha parlato di 25 anni, poi il Maledetto tornerà all'assalto, schieran­do in campo l'Uomo del peccato, il figlio della perdizione, come lo chiama S. Paolo (2 Ts 2, 3), la cui sconfitta aprirà il grandioso scenario della catarsi finale e dell'avvento del nuovo mondo.
« Un grande Re salirà sul trono e regnerà per alcuni anni. La religio­ne rifiorirà e si spanderà su tutta la terra e la fertilità sarà grande, il mondo, contento di non mancare di nulla, ricomincerà con i suoi disor­dini e abbandonerà Dio e si darà in braccio alle sue passioni criminali ».
Nel messaggio apocalittico Melania parla genericamente dei nuovi re « che saranno il braccio destro della Chiesa » ma non di questo « grande Re ». È probabile che questo annuncio profetico di straordina­rio interesse sia stato dato dalla Madonna alla pastorella, quando scris­se il riassunto da mandare al papa Pio IX.
Molto più esplicita la rivelazione fatta dalla Vergine a Jeanne-Loui­se Ramonet a Kérizinen il 29 maggio 1984: « Io donerò alla Francia un grande capo, un re. Allora essa conoscerà un cambiamento tale che la sua influenza risulterà preponderante nell'intero universo ».
Percorrendo un prontuario di profezie, è stupefacente constatare co­me questa restaurazione monarchica sia avallata da una quantità di te­sti, a cominciare dall'età più remota. Ne riportiamo alcuni a semplice ti­tolo esemplificativo, non soffermandoci sulle Centurie di Nostradamus, che tratta ampiamente questo argomento.
S. Remigio, vescovo di Reims, dalle cui mani Clodoveo ricevette il battesimo insieme a 3.000 suoi guerrieri, la notte di Natale del 496, ha la­sciato questo vaticinio: « Verso la fine dei tempi, un discendente dei re di Francia regnerà su tutto l'antico impero romano. Egli sarà il più grande dei re di Francia e l'ultimo della sua stirpe » (Historia Ecclesiae Remensis, 1. I, cap. XIII. Bibl. Nazionale, Parigi)?' Gli fa eco S. Cesario, vescovo di Arles (469-542), in una profezia che fu trovata fra le carte dell'arcive­scovo di Arles, mons. De Lau, martirizzato durante la Rivoluzione fran­cese. Reca il titolo Magna Sancti Cesarii Arelatensis Ecclesiae Episcopi praedictio: « Splende finalmente il raggio della misericordia divina. Ec­co, viene il nobile esiliato, il predestinato di Dio. Egli sale sul trono dei suoi antenati dal luogo dove la malizia di uomini depravati l'aveva cac­ciato. Egli ricupera la corona del giglio rifiorito [...]. Posta la sua sede nel­la città pontificia, rimetterà la tiara sul capo d'un santo pontefice, colmo d'amarezza per le tribolazioni sofferte, il quale condurrà il clero a vivere secondo la disciplina dei tempi apostolici. Ambedue uniti di cuore e d'a­nimo, faranno trionfare la riforma nel mondo ».
Questa profezia richiama alla mente il famoso vaticinio di S. Gio­vanni Bosco: « Ecco il gran Guerriero del Nord porta uno stendardo nel­la destra che lo regge, dove sta scritto: Irresistibile mano del Signore. In quel momento il Venerabile Vecchio del Lazio, gli andò incontro, agi­tando una fiaccola ardentissima. Allora lo stendardo si dilatò e da nero che era divenne bianco come la neve. Nel mezzo dello stendardo a ca­ratteri d'oro stava scritto il nome di Chi tutto può. Il Guerriero con i suoi fece un profondo inchino al Vecchio e si strinsero la mano ».
Il gran Monarca e il Sommo Pontefice, vittoriosi per l'intervento ce­leste, saranno così uniti nel riaffermare nel mondo i valori cristiani. Questa benefica alleanza è predetta anche da una profezia che va sot­to il nome di Giovanni di Vatiguerro, inclusa nel primo volume del Li­ber mirabilis (1524), la quale stupisce per la chiara visione dei futuri eventi. Ecco ciò che predice del grande monarca: « Quel santo pontefi­ce avrà con sé un imperatore, personaggio dotato di eminenti virtù, del sangue nobilissimo dei Re di Francia. Questo principe gli sarà d'aiuto, secondandolo in tutto, per rifare il mondo. Esso sotto la loro domina­zione sarà riformato, perciò lo sdegno di Dio si placherà »
S. Metodio, vescovo d'Olimpia, da non confondere col santo omo­nimo, apostolo degli slavi, martirizzato (sembra) sotto Diocleziano, au­tore di vari scritti, fra cui un Symposium Virginum, vissuto nel secolo IV, contrariamente a quanto scrive S. Girolamo, è ritenuto autore d'una profezia, inserita nella Maxima Bibliotheca Patrum Ve m, volume 3, p. 527, pubblicata a Lione nel 1677. « Lieti gl'infedeli per le vittorie ri­portate sopra i cristiani, si daranno in preda alle gozzoviglie, ma muo­verà contro di essi il re dei Romani [il grande monarca], che li sconfig­gerà col valore delle sue armi. Fatti prigionieri, saranno trattati dai cri­stiani con molte pene. Allora si moltiplicheranno gli uomini sulla terra, che era rimasta deserta [forse per l'uso delle armi atomiche, o più pro­babilmente in seguito alla mietitura dei giorni di buio] e vi sarà una grande pace e tranquillità, quale non fu mai veduta ».
« Vi saranno anche dei ministri di Dio e delle spose di Gesù Cristo che si abbandoneranno ai disordini e questo sarà una cosa terribile; in­fine un inferno regnerà sulla terra: sarà allora che nascerà l'Anticristo da una religiosa, ma guai ad essa; molte persone gli crederanno, per­ché si dirà venuto dal cielo; il tempo non è molto lontano; non passe­ranno due volte 50 anni ».



Nel messaggio pubblicato nel 1879 si leggono parole ancora più for­ti e sconvolgenti.
« I sacerdoti per la loro vita cattiva, le loro irriverenze e la loro man­canza di pietà nel celebrare i santi misteri, per l'amore del denaro, l'a­more degli onori e dei piaceri, sono diventati cloache di impurità.
« Sì, i sacerdoti chiedono vendetta, e la vendetta è sospesa sulle loro teste. Guai ai preti e alle persone consacrate a Dio che per la loro infe­deltà e la loro cattiva condotta, crocifiggono di nuovo mio Figlio!
« I peccati delle persone consacrate a Dio gridano al Cielo, attirano la vendetta, ed ecco che la vendetta è alla loro porta, perché non vi è più nessuno che implori misericordia e perdono per il popolo; non vi sono più anime generose, non vi è più alcuno degno di offrire la Vittima sen­za macchia all'Eterno in favore del mondo ».
È il passo che ha sollevato tanto scalpore, che ha fatto insorgere compatto l'episcopato francese contro la « pazza », la « mitomane », la « visionaria », che ha spinto non pochi vescovi a reclamare la condanna dell'aborrito « segreto ».
Fa orrore la parola « cloaca ». Ma il Massignon ricorda che anche S. Gregorio Magno usa una simile espressione, « sudicia cloaca ». Léon Bloy scrive nel capitolo XII di Celle qui pleure, intitolato I preti ed il segreto di Melania: « Se Maria [evidentemente anche per lui chi parla è la Madonna] dice che noi siamo dei "cani" è la Sapienza eterna che par­la. Se le piace d'aggiungere che i preti sono "cloache d'impurità", la co­sa migliore da fare è di credere che è così [...]. Che pensare d'un prete che dicesse: "Ciò non vale per me"? S. Francesco di Sales, S. Filippo Neri, S. Vincenzo de' Paoli, il Curato d'Ars, cinquantamila altri, senza risalire ai martiri, avrebbero detto piangendo: "Ah, com'è vero! Come la nostra Sovrana mi conosce, e come è inutile la mia ipocrisia!". Non vi sono più anime generose. La verità stretta è che ogni prete che non tende alla santità, è realmente, rigorosamente, assolutamente un Giuda, una pattumiera ».
E Melania dice in termini meno crudi la stessa cosa. « La Madonna non intendeva recare offesa al clero. Si limitava a indicare le malattie che contagiano le anime dei pastori del popolo di Dio. Invece di ribel­larsi, avrebbero dovuto rientrare in se stessi, vivificare la loro fede, la loro carità, regolare saggiamente la loro condotta conforme agli esempi di Gesù, nostro divino Maestro e Modello ».


Appunti e richiami ai preti infedeli c'erano stati nei secoli passati, ma senza suscitare lo sdegno ed il risentimento che ha sollevato Me­lania.
Mons. Zola ricorda, oltre la Scrittura e i SS. Padri, S. Ildegarda, S. Brigida, S. Caterina da Siena, S. Margherita Alacoque, la ven. Maria de Agreda, la beata Caterina Emmerick e possiamo aggiungere, fra i mo­derni, S. Gemma Galgani, S. Pio da Pietrelcina, Teresa Musco, alla qua­le la Vergine ha parlato di preti che profanano l'eucarestia, celebrando riti satanici. Nessuno ha protestato, nessuno ha richiesto all'autorità ec­clesiastica sanzioni per la propalazione di questi messaggi.
Rimane davvero un mistero il caso di Melania Calvat.


Peraltro va osservato che la Madonna spingeva lontano il suo sguar­do, le era presente la grave crisi postconciliare, con le massicce defe­zioni del clero, quarantamila, si dice, nell'arco di pochi anni, per tacere degli scandali offerti da ecclesiastici anche posti nelle alte sfere, di cer­te spinte centrifughe, d'un certo prurito di novità, di mondanità, d'aggiornamento, che si è insinuato nelle canoniche, nei monasteri, negli episcòpi.
Del resto la stessa Melania precisa che « la SS. Vergine non si è af­fatto rivolta ai preti preti, ma unicamente a quei poveri preti che hanno perduto con la fede la carità, cioè che non hanno in sé la grazia di Dio ».
La prima a dolersi delle carenze del clero fu proprio lei, fino ad addossarsi i peccati delle persone consacrate onde espiarli duramen­te. « Per loro ha pregato, sofferto e lottato in prima fila. Ha dato la sua vita per loro, con la certezza di ottenere la rappacificazione di molti. [...] Come Caterina da Siena, incolpa i perversi e redarguisce i debo­li, utilizzando, giacché pensa al torto fatto a Dio, qualifiche peggio­rative, accidentali e condizionate, che non s'imprimono sulla perso­na interpellata. [...] È chiaro che, così facendo, si esponeva à scanda­lizzare la rispettabilità della gente perbene, con il rischio d'attirarsi pubbliche deplorazioni, ingiurie ed azioni ostili. [...] Del resto co­s'altro poteva giungerle con quello stile senz'arte, con quel lessico privo di sfumature, con quell'umiltà totale, così maldestramente pro­vocatoria? ».

Quando « l'inferno regnerà sulla terra », ed oggi è tale il dominio di Satana nel mondo, da far pensare che si riferisca ai nostri tempi, Mela­nia dice che « nascerà l'Anticristo ». Nel messaggio escatologico, al pa­ragrafo 26, ella dà questi dettagli: « Durante questo tempo nascerà l'Anticristo, da una religiosa ebrea, da una falsa vergine che sarà in comunicazione col vecchio serpente, il maestro d'impurità; suo padre, sarà Ev.; nascendo, vomiterà bestemmie, avrà denti; in una parola sarà il diavolo incarnato; emetterà grida spa­ventose, farà prodigi, non si nutrirà che di impudicizie. Avrà dei fratel­li che, sebbene, non come lui, demoni incarnati, saranno essi pure figli del male; a dodici anni si faranno notare per le valorose vittorie che ri­porteranno; in poco tempo ciascuno sarà alla testa di armate, assistiti da legioni dell'inferno ».
La parola « Anticristo » è usata per la prima volta da S. Giovanni Evan­gelista. S. Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi lo chiama « l'uomo iniquo », « il figlio della perdizione ». Si opporrà ad ogni forma di religio­sità, essendo suo scopo autodeificarsi. Prima del suo avvento si verificherà nel mondo una generale apostasia (già in atto). « Verrà nella potenza di Sa­tana », dice S. Paolo.


« Sembra essere l'ultimo sostegno e strumento del Tentatore. Questo nuovo Giuda otterrà una morte apparente della Chiesa ». Così René Laurentin.
Secondo la veggente Jeanne Dixon « sarà la personificazione di un fal­so umanesimo, attraverso cui l'uomo adorerà se stesso, ponendosi come legge suprema e ritrovando nell'Anticristo il simbolo della segreta aspi­razione della sua natura decaduta ».
La pastorella non fissa la data della sua nascita, come la Dixon, che lo fa nascere nel 1962, ma in una lettera al canonico de Brandt, scritta nel 1892, preconizza che « son temps de paraître n'est pas très éloi­gné ». Lontananza che può essere quantificata in 60 o 70 anni, tenuto conto della precisazione contenuta nel messaggio: « Durante questo tempo ». Ossia il tempo della falsa pace, prima del terzo conflitto mon­diale e del trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Se così fosse, l'An­ticristo sarebbe già fra noi. Infatti nel segreto di Massimino è detto: « Alla fine del secolo XX o nel 2000 ».


Si ritiene che apparterrà alla tribù di Dan, secondo il vaticinio di Gia­cobbe: « Sarà Dan un serpente sulla via, una cerasta sul sentiero, che morde il piede del cavallo e fa cadere all'indietro il cavaliere. Oh, Si­gnore, io aspetterò la tua salvezza! » (Gn 49, 17).
Come sappiamo da Melania, avrà per madre « una religiosa ebrea » e per padre « un vescovo », ma non è specificato se cattolico o d'altra con­fessione cristiana.
Fin da piccolo dimostrerà una perversione diabolica.
Così Satana, dopo avere schierato nel corso dei secoli degli antesi­gnani, giocherà l'ultima carta, mettendo in campo il figlio della perdi­zione, rendendolo invitto in guerra, dotandolo di poteri straordinari, perfino, come dice S. Giovanni, della facoltà di compiere prodigi. Porrà la sua sede a Roma, la quale avrà perduto la fede ricevuta dagli aposto­li Pietro e Paolo, a prezzo del loro sangue, e dall'Urbe estenderà la sua egemonia sul mondo intero.
« I demoni con l'Anticristo faranno grandi prodigi sulla terra e nel­l'aria, e gli uomini si pervertiranno sempre più ». Con queste parole la Vergine pone l'accento sulla perversione che l'Anticristo, con l'aiuto dei demoni, diffonderà nel mondo.
Usando una tattica raffinata, dapprima si dimostrerà affabile, umano. Proteggerà i deboli, difenderà gli oppressi, guarirà gli ammalati. Ma poi rivelerà il suo vero volto. « Dopo aver predicato l'amore, non avrà mi­sericordia, dopo aver condannato l'ingiustizia, diventerà il persecutore dei giusti ».

Fin dai tempi antichi Daniele aveva previsto il suo trionfo: « La sua superbia si rafforzerà ma non per virtù propria, egli causerà inaudite ro­vine, avrà successo nelle imprese, distruggerà i potenti e il popolo dei santi. Per la sua astuzia la frode prospererà nelle sue mani, si insuper­birà in cuor suo e con inganno farà perire molti » (Dn 8, 23-24).
La superbia lo porterà a ritenersi Dio, come dice S. Paolo: « S'inse­dierà nel tempio di Dio, proclamandosi Dio » e dimostrandolo coi pro­digi di cui il Maligno lo renderà capace.
Avverte Melania che « verrà come la folgore, e massacrerà i cristia­ni che non porteranno il segno della Bestia».
È il segno, di cui parla S. Giovanni, accoppiato al numero 666. L'a­postolo preannuncia che « piccoli e grandi, ricchi e poveri, schiavi e li­beri, si faranno imprimere un segno sulla mano destra o sulla fronte, sic­ché nessuno potrà comprare o vendere, se non ha il contrassegno del no­me della Bestia o della cifra del suo nome » (Ap 13, 16). Ciò sarebbe parso un'utopia, qualche anno fa, non oggi.
Il mito del Grande Fratello, creato dalla fervida fantasia di Orwell, il cui occhio tutto scruta e penetra fin negli angoli più remoti, si sta stu­pefacentemente realizzando.


È interessante ciò che scrive al riguardo Piero Mantero nel suo Gran libro delle profezie (pp. 199-244):
« Nella sede belga del Mercato Comune Europeo esiste un su computer con la capacità di due miliardi di numeri. Lo scopo dei pro­grammatori è di assegnare questi numeri a tutte le persone che appar­tengono al mondo industrializzato. Ciò significa che queste persone han­no già pronto un numero personale col quale si può sapere tutto di esse. Questo super computer è stato chiamato molto significativamente "La Bestia" e i numeri che contiene hanno un prefisso internazionale che, guarda caso, corrisponde al numero 666. Ciò vuol dire che un futuro de­spota, dittatore o leader dell'Europa unita, potrà sapere tutto d'una per­sona, facendo il suo numero personale, preceduto dal prefisso 666 ».

Mantero cita il giornale americano San José Mercury del 7 agosto 1975, secondo il quale « La Bestia » occupa tre piani nel Quartiere ge­nerale del MEC. Ma gli scienziati progettano un computer di tali pro­porzioni da contenere un numero personale di tutti gli abitanti del mon­do. Il colosso informatico che si trova nel « Monet Building » del Lus­semburgo sembra destinato a raggiungere questo superbo traguardo.
Commenta Mantero: « Stiamo vivendo, a quanto pare, una realtà profetica senza precedenti nella storia. Il super computer del MEC è il primo passo concreto verso la realizzazione pratica del "Marchio della Bestia", ossia il sigillo dell'Europa unita che consentirà l'identificazio­ne d'ognuno e il tipo di vita di tutti ».
Ma c'è di più. Il progresso moderno metterà a disposizione d'un fu­turo « Dominatore del mondo » altri sussidi per esercitare il controllo sui sudditi.
Un sussidio validissimo sarà la Carta internazionale di credito che mira ad abolire la moneta corrente, sicché diventerà insostituibile per le operazioni di compravendita. Per evitare sotterfugi o imbrogli, Mante­ro prevede che « il numero della carta di credito internazionale sarà ri­portato sotto la pelle della mano destra o della fronte, con una micro operazione chirurgica, in modo da risultare invisibile ad occhio nudo.
Nei punti di compravendita, il controllo sarà eseguito con mezzi di rile­vamento elettronico a raggi infrarossi. Nessuno, nemmeno con plastiche facciali, potrà nascondere la sua identità di uomo-numero ».
Una simile operazione sarebbe stata sperimentata con successo da una compagnia industriale del Connecticut.
Naturalmente in regime persecutorio sarebbe negata la carta di cre­dito a chi è privo del marchio della « Bestia », sulla mano destra o sulla fronte, per fargli mancare i mezzi di sostentamento. Così si avverereb­be alla lettera il vaticinio dell'apostolo.
La Chiesa sarà posta in stato di soggezione e ai fedeli s'imporrà l'a­dorazione del nuovo dio. Questo stato di cose durerà tre anni e mezzo, come preannuncia la Sacra Scrittura. Un'immensa moltitudine, insuffi­cientemente preparata, abbandonerà la fede e seguirà quella falsa divi­nità. Chi non si adeguerà verrà seguitato fino all'effusione del san­gue, come al tempo dei Cesari.


Leggiamo nel Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica: « Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una fase finale, che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il "Mistero d'ini­quità" sotto la forma di un'impostura religiosa, che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell'Anticristo, cioè uno pseudo-messianismo in cui l'uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne (675). La Chiesa non entrerà nella gloria del Regno che attraverso quest'ultima Pasqua, nella quale seguirà il suo Signore nella Sua morte e Risurrezione » (n. 676).
D'inaudita violenza sarà la guerra che l'Anticristo muoverà all'eu­carestia. Fermamente convinto che nella forza arcana di quel mistero sta principalmente il segreto che ha consentito e consentirà alla Chiesa d'u­scire vittoriosa dagli assalti ostili. L'empio tenterà di sopprimere que­st'energia, nascosta e dirompente, che più d'ogni altra cosa lo turba. Va­ri messaggi profetici sottolineano questo aspetto peculiare dell'ultima persecuzione.
« Toglierà il Pane del Padre e si farà pane egli stesso, ma pieno di ser­pi sarà quel pane ».
« Rovinerà templi e altari, sopprimerà il S. Sacrificio ».
« Annullerà il mio perpetuo Sacrificio, gettandolo a terra, calpestan­dolo, distruggendolo ».
« La Chiesa non sarà più libera di celebrare il Sacrificio perpetuo ». « Guai a quei mercanti che stanno lottando per erigere nel mio San­tuario la loro abominazione devastatrice ed abolire il mio Sacrificio per­petuo, costringendovi a mangiare il loro cibo profanato ».
Si contrapporranno a lui quei sacerdoti santi che sfideranno la morte perché il sacrificio prosegua e perché le anime dei giusti ricevano il conforto della comunione. Lo assicura questo messaggio d'un carisma­tico: « Anche se le sante Comunioni non ci saranno più, non preoccupate­vi. Il mio Sacrificio si celebrerà nel più assoluto nascondimento ».
A risollevare la Chiesa dalla crisi profonda in cui sarà caduta, Dio tie­ne in serbo due formidabili antagonisti dell'Anticristo per l'ultima bat­taglia: il patriarca Enoch ed il profeta Elia.
Enoch, il settimo patriarca, fu il padre di Matusalemme, l'uomo più longevo, essendo vissuto 969 anni. Il libro, che va sotto il suo nome, ap­partiene alla letteratura apocalittica e sembra risalga al tempo della lot­ta dei Maccabei (167-164 a.C.). Lo cita la lettera di S. Giuda (14-15).
Ecco le parole del testo sacro: « Enoch aveva 65 anni quando generò Matusalemme. Dopo aver generato Matusalemme, visse ancora 300 an­ni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoch fu di 365 anni. Poi Enoch camminò con Dio e non fu più [visto], perché Dio l'aveva preso» (Gn 5, 18-24).
A queste parole fa eco il Siracide: « Enoch piacque al Signore e fu rapito, modello ed esempio per tutte le generazioni » (49, 14).
Anche S. Paolo lo addita quale uomo di fede, premiato da Dio: « In virtù della fede Enoch fu trasferito senza che vedesse la morte e non lo si trovò perché Dio lo trasferì. Infatti, prima che fosse trasferito, rice­vette la testimonianza d'essere piaciuto a Dio » (Eb 11, 15).
S. Paolo dà per certo che il patriarca non vide la morte. Perché tanta difficoltà ad ammettere che colui che risuscita i morti non possa tenere in vita un essere mortale oltre ogni limite di tempo?
Numerosi i riferimento biblici anche sulla sopravvivenza d'Elia, tra­sportato in luogo ignoto sopra un carro di fuoco, secondo il racconto bi­blico.
Scrive il Siracide, rivolgendosi direttamente al profeta: « Fosti as­sunto in un turbine su un carro di cavalli di fuoco, per rimproverare i tempi futuri, per placare l'ira prima che divampi, per ricondurre il cuo­re dei padri verso i figli e ristabilire le tribù di Giacobbe » (Sir 48, 9-10). Da queste parole si arguisce che il profeta ritornerà per una missio­ne di pace e di salvezza, ma anche di rimprovero, d'ammonimento nei « tempi futuri ». Egli « vive fuori del tempo, rapito in estasi », scrive Melania. Oggi si tende a identificarlo con S. Giovanni Battista.
Si cita al riguardo la profezia di Malachia, « intimamente legata alla funzione svolta da S. Giovanni Battista come precursore del Messia ». Effettivamente nel Nuovo Testamento esistono locuzioni che sem­brano avallare questa tesi.
L'arcangelo Gabriele, annunciando a Zaccaria la nascita del futuro precursore, usa espressioni desunte dal Siracide e riferentisi al Tesbita: « Egli precederà [il Messia] con lo spirito e la potenza d'Elia, per ri­condurre il cuore dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giu­sti» (Lc 1, 17).
Gesù agli apostoli, che gli domandavano perché gli scribi dicevano che prima del Messia deve venire Elia, rispose: « "Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto, anzi l'hanno trattato come hanno voluto" [uccidendolo]. Così gli apostoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il Battista » (Mt 17, 10-13). Ma questa identificazione non regge.
Interrogato dai Giudei se fosse Elia, lo stesso Giovanni rispose cate­goricamente: « Non lo sono ».
Cristo disse sì che Elia era venuto e non lo avevano riconosciuto, ma prima aveva detto ben altro. « Certo, Elia verrà e riordinerà tutte le co­se ». È una profezia grandiosa, alla quale pare non si dia l'importanza che merita (Mt 17, 11).
Il Battista ha compiuto egregiamente la sua missione, coronandola col martirio, ma non si può asserire che abbia riordinato tutte le cose. Questa restaurazione a livello universale è serbata al Tesbita che verrà nell'ora più critica della storia umana a cimentarsi con l'Anticristo. Né lui, né Enoch sfuggiranno al martirio, ma la loro morte segnerà la di­sfatta del Nemico e il riassetto del mondo, finalmente divenuto il Regno di giustizia, d'amore, di pace, predetto dai profeti.
Quanto alla profezia di Malachia, se ben si studia il testo, risulta che parla di due distinti messaggeri.
Il primo, Giovanni Battista, sarà mandato per « preparare la via » da­vanti al Signore « e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi aspettate, l'angelo dell'alleanza che voi cercate» (MI 3, 1).
Il secondo, di cui si dà il nome, Elia, invece apparirà prima che « giunga il giorno grande e terribile del Signore », allo scopo di conver­tire gli ebrei, di farne degli affiliati al regno di Cristo (Ml 3, 23-24).
Due inviati con ampie credenziali quindi, il primo per aprire la stra­da alla Redenzione e l'altro per schiudere il varco al redde rationem. S. Giovanni nel capitolo XI dell'Apocalisse preannuncia due testi­moni, che Dio manderà a contrastare la Bestia nei 1260 giorni in cui es­sa imperverserà nel mondo. Li chiama i due candelabri, i due ulivi che stanno al cospetto del Signore.
Uno scritto che risale, secondo l'opinione degli esperti, alla fine del primo secolo dell'era cristiana o all'inizio del secondo, perciò contem­poraneo agli scritti di S. Giovanni o di poco posteriore, individua in quei portatori di luce e di pace Enoch ed Elia. Si tratta del vangelo apo­crifo di Nicodemo. Esso comprende due testi: Gesta Pilati e Descensus Christi ad inferos. Quest'ultimo è « il più noto e quello di maggiore in­teresse culturale e letterario ». Vi è scritto:
« Ed il Signore, tenendo per mano Adamo, lo consegnò all'arcange­lo Michele: e tutti i santi seguivano Michele arcangelo, che li intro­dusse tutti nella grazia gloriosa del Paradiso. E corsero loro incontro due uomini vecchi di giorni. [Furono] interrogati dai santi: "Chi siete voi, che non siete mai stati tra i morti con noi negli inferi e vi trovate in Paradiso con il corpo?". Uno di essi rispose e disse loro: "Io sono Enoch e sono stato trasportato qui per mezzo della parola del Signore; questo qui con me è Elia tesbita, che è stato assunto con il carro di fuo­co. Fino ad ora non abbiamo ancora gustato la morte, siamo stati inve­ce risparmiati per l'avvento dell'Anticristo, per combattere contro di lui con prodigi e segni divini per essere poi uccisi da lui a Gerusalem­me ed infine, dopo tre anni e mezzo, essere nuovamente assunti vivi tra le nubi" ».
Benché i vangeli apocrifi non siano ispirati, tuttavia rivestono gran­de importanza, sotto il profilo culturale, tanto che alcune loro interpre­tazioni sono entrate a far parte del nostro patrimonio storico-religioso.
Perché non tener conto di questa « interpretazione », che risale alla prima comunità cristiana, e non ravvisare nei due candelabri, nei due uli­vi Enoch ed Elia, antagonisti dell'Uomo del peccato, del Figlio della perdizione, da cui saranno perseguitati ed uccisi, ma sul quale riporte­ranno un clamoroso trionfo, risorgendo alla pari del loro Maestro e co­me lui salendo al Cielo?
« I loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città [...], do­ve anche il loro Signore fu crocefisso. Gente di tutti i popoli e tribù e lingue e nazioni guarderà quei cadaveri per tre giorni e mezzo, senza che sia permesso di seppellirli. E gli abitanti della terra ne fanno festa e se ne rallegrano e si scambiano regali, perché quei due profeti aveva­no tormentato gli abitanti della terra. Ma, trascorsi quei tre giorni e mezzo, un soffio di vita che veniva da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, e un grande spavento piombò su quelli che li guardavano. Ed udi­rono una voce possente che diceva loro dal Cielo: "Venite quassù!". E salirono in Cielo avvolti in una nube, ed i loro nemici ne furono spa­ventati» (Ap 11, 8-12).
Nell'era della TV sarà possibile agli uomini del mondo intero assiste­re alla morte e risurrezione dei due avversari del « Padrone del mondo ». E sarà il principio della fine. Seguirà, infatti, la disfatta della Bestia. Nel volume più volte citato di René Laurentin e Michel Corteville La découverte du secret de La Salette (pp. 70-72) è riportata questa frase che si legge nel segreto scritto per imposizione di mons. Ginoulhiac dal­la pastorella il 14 agosto 1853: « Qui la Vergine mi diede la regola, poi aggiunse un segreto sulla fine dei tempi ». 1 due autori mettono in rilievo che quest'ultimo segreto è stato tenuto in poca o nessuna considera­zione dagli storici di La Salette. Eppure Melania accenna ad esso anche in una lettera del 20 giugno 1872. Giustamente quindi l'abbé Bliard pre­cisa che « nessuno perciò conosce l'intero segreto della pastorella ». Da ciò è indotto a pensare che nella sua integrità esso sia un quadro ammi­rabile, in cui gli eventi della storia umana sono previsti fino alla fine del mondo.

Sia pure in riassunto l'abbé Combe è stato messo a parte di questo mistero e lo riporta nel suo libro Le secret de Mélanie et la crise actuelle (Roma 1906).
Ecco la parte che riguarda la fine dell'Anticristo.
« L'Anticristo renderà noto al mondo il giorno della sua ascensione al Cielo in modo che tutti possano recarsi a Gerusalemme ad assistere al prodigio ».
Ovviamente sarà incalcolabile il numero di coloro che andranno nel­la città di Davide per lo straordinario appuntamento. Ma immensamen­te di più saranno quelli che vi assisteranno davanti allo schermo televi­sivo.

Torniamo al testo del Combe.
« Egli [l'Anticristo] s'innalzerà fra una corona d'angeli dalla falsa luce. Già raggiungerà una certa altezza e gioirà all'udire le acclamazio­ni dei suoi testimoni e adoratori, ma apparirà S. Michele arcangelo con un esercito d'angeli, splendenti d'una luce incomparabile, al grido: "Quis ut Deus? - Chi è come Dio?".
« All'improvviso i demoni perderanno il loro impulso, la loro ener­gia e abbandoneranno l'Anticristo, che sorreggevano con le loro forze. Si aprirà la terra e ne uscirà un fuoco grandioso, lambendo i piedi degli spettatori seduti nelle prime file per la loro dignità ed opulenza. Essi con l'Anticristo e i demoni saranno inghiottiti in un vasto cratere che si chiuderà su di loro. Subito dopo gli ebrei si convertiranno, diventando cristiani i più fedeli e ferventi. Tutta la terra diventerà seguace di Cristo e il mondo intero conserverà la fede nel Salvatore fino alla fine del mon­do. Non vi saranno più persecuzioni legalizzate. Per un assai gran nu­mero di generazioni gli uomini dimostreranno d'essere buoni cristiani; ma a poco a poco cadranno di nuovo nella tiepidezza, per giungere alla dimenticanza di Dio e a condurre una vita grandemente peccaminosa. Le leggi cristiane, che il potere secolare farà osservare, dapprima non saranno più protette e i giusti diventeranno oggetto d'offese umilianti, d'ogni sorta di soperchieria; soffriranno molto da parte della società, per l'oppressione dei cattivi e diminuiranno di numero..
« Allora Dio colpirà con la sua collera. 1 flagelli del Cielo saranno spaventosi: le acque saranno avvelenate, i terremoti e le deflagrazioni più micidiali che nel passato, il sole si oscurerà e il mondo finirà nello spavento di Dio. 1 poveri, gli umili, quanti sono destituiti d'ogni soc­corso alzeranno gli occhi e le mani verso Dio, invocando il suo aiuto. La venuta di Cristo sarà improvvisa.
« Tutti gli uomini moriranno senza eccezione. Gli eletti risusciteran­no per primi e con loro coloro che soggiornano nel limbo. Dio nella sua misericordia è più grande di quanto pensano gli uomini. Egli ha fatto conoscere a quelle anime la loro origine, il peccato del nostro primo progenitore ed esse si sono umiliate, annichilite davanti a Dio ed egli le ha riabilitate, ha ridonato a loro l'innocenza in virtù del sangue di No­stro Signore, di cui hanno beneficiato. Tuttavia i risorti del limbo non avranno la gloria degli eletti, riguardo a questi saranno come in una zo­na d'ombra. Gli eletti, avendo sofferto con il Signore, godranno d'una gloria molto superiore a quella che il genere umano avrebbe avuto nel [solo] stato d'innocenza. [Senza la grazia infusa che ci eleva alla dignità di figli di Dio.]  ~
« Quando i "riabilitati" vedranno passare i dannati, si umilieranno ancora di più e non assisteranno al giudizio.
« Quindi i reprobi saranno inghiottiti fino al centro della terra e gli eletti saliranno [al Cielo], si realizzeranno queste parole del segreto: "L'acqua e il fuoco purificheranno la terra e distruggeranno tutte le ope­re dell'orgoglio umano". La superficie della terra sarà ridotta un fango ardente ».


Quest'altro quadro della fine dei tempi lo tracciò Melania in una let­tera al canonico de Brandt.
« Dopo la caduta dell'Anticristo, la Chiesa fiorirà più bella che mai. Tutti gli ebrei rimasti in vita si convertiranno alla fede. Tutti i cristiani, rimasti vivi, saranno rinnovati, [dotati] d'una fede viva. Non vi sarà nes­sun'altra religione o setta fuori dalla religione cattolica. La pace più bel­la, più universale regnerà per secoli. Ma poi la Fede di nuovo si raf­fredderà ».37
E molto prima di lei S. Ireneo nell'Adversus haereses (35, 1) aveva scritto così del fortunato millennio, rivelato da S. Giovanni nell'Apoca­lisse (20, 4-6):
« Dopo la venuta dell'Anticristo e di tutti i popoli a lui soggetti, re­gneranno sulla terra i giusti, crescendo grazie alla manifestazione del Signore, e per mezzo di lui si abitueranno ad accogliere la gloria del Pa­dre ed insieme con i santi angeli prenderanno il modo di fare e la co­munione e l'unità degli spirituali. E coloro di cui il profeta dice: "Quel­li che verranno lasciati", saranno sia quelli che il Signore troverà nella carne ad attenderlo dal cielo, dopo aver subito la tribolazione ed essere sfuggiti alla mano dell'empio, sia quelli che Dio preparerà, prendendo­li dai pagani, affinché si moltiplichino sulla terra e siano governati dai santi ».
(Tratto da: “Scoperti in Vaticano i segreti de la Salette” - L'Apparizione, le polemiche, le profezie apocalittiche - Monsignor Antonio Galli - © 2007 Sugarco Edizioni, euro: 16.59, Cap. 10, pagg. 61-90)