Maria e il Padre celeste
- LA SANTITÀ DI MARIA SUPERA DI GRAN LUNGA OGNI ALTRA SANTITÀ
ED È LA PIÙ SIMILE A QUELLA DI DIO
P. LANTERI
Ci sono state in tutti i tempi due qualità di devoti di Maria: i devoti che potremmo chiamare paurosi e i devoti che chiameremo coraggiosi.
I devoti paurosi, e mettiamo tra costoro soltanto i devoti in buona fede (escludendo fin da principio, e per sempre, i devoti finti, i non-devoti, i nemici in pratica della devozione a Maria), sono sempre in ansia, presi dalla paura che la devozione a Maria non faccia troppo ombra a Gesù; che il parlare spesso della Madre non ridondi a danno del Figlio; che insistere troppo sui privilegi, sui favori e sulla potenza della Regina del ciclo e della terra non convogli verso di Lei le schiere dei sudditi fedeli facendo disertare le strade che portano al trono del Re del ciclo e della terra...
Preoccupazioni, queste, che hanno avuto gli eretici di tutti i tempi — quindi i non-devoti di Maria — dall'epoca di Nestorio, di Vigilanzio, di Luterò, di Calvino, dei giansenisti, degli illuministi, e giù giù fino ai tempi di Pio IX e del dogma dell'Immacolata, e, perché nulla esiste di nuovo sotto il sole, fino ai nostri tempi recentissimi prima e dopo il Vaticano II. È ora di farla finita con Maria, dicono i non-devoti, farla finita col Rosario, coi santuari, coi pellegrinaggi, con le novene... È ora di farla finita con certe esagerazioni, dicono i devoti paurosi di rincalzo, dobbiamo ridimensionare la devozione mariana, parlarne poco o niente, e parlare invece molto di Gesù, centro della nostra fede e della nostra pietà, unico Redentore, unico Mediatore tra Dio e gli uomini.
Padre Lanteri non apparteneva certamente alla categoria dei devoti paurosi di Maria. Egli era un devoto autentico, perciò scriveva:
« Siccome la Chiesa trionfante canta: Santo, Santo, Santo, così la Chiesa militane canta a Maria: Saneta Maria, Sanata Dei Genetrix, Sancta Virgo Virginum, dicendola così santa, santa, santa, santo di nome, santa di officio, santa di costumi, ed in questo modo vien predicata santa a somiglianzà della santità di Dio, e ciò perché la santità di Maria supera di gran lunga ogni altra santità ed è la più simile a quella di Dio ».
C'è un detto di mariologia che è diventato un assioma: De Maria numquam satis: non si parla mai abbastanza di Maria perché a parlare di Maria non si esaurisce mai l'argomento e al già detto resta sempre da aggiungere qualche cosa. Assioma che è stato, ed è, acremente impugnato dai non-devoti di Maria o dai devoti paurosi, ma che conserva tutta la sua validità se non trasborda fuori dai giusti limiti, come talvolta è avvenuto e tuttora avviene.
Infatti a parlare di Maria non si esagera mai quando si tengono presenti due verità fondamentali, cioè da una parte che anch'Essa è una creatura, quindi non è Dio e non Le si deve un culto di adorazione ed è stata anch'essa redenta da Cristo; e dall'altra che Essa è la « piena di grazia » fin dal primo istante della sua concezione, e quindi non è una creatura comune come tutte le altre. Tenendo ben fissi nelle mani questi due capi della catena, abbiamo larghissimo spazio per parlare di Maria, alla quale « ha fatto grandi cose Colui che è potente, e Santo è il suo nome », senza nulla esagerare di Lei e senza nulla togliere a Colui di cui Essa è stata Madre, ostensorio, ponte, tempio.
Un secondo criterio deve essere tenuto presente quando si parla o si scrive di Maria per non eccedere nelle sue lodi o non restar sotto ai suoi meriti: attenersi fedelmente e docil-mente all'insegnamento del magistero ecclesiastico. L'autorità magisteriale della Chiesa ha determinato tutto ormai ciò che riguarda la sostanza della teologia mariana, o come dogma definito o come dottrina comune della Chiesa e dei teologi ortodossi.
Basta mantenersi entro questi limiti, senza cercare pericolose avventure o novità peregrine, per non errare in materia così delicata e così importante. Docili all'insegnamento della Chiesa, si eviterà anche il pericolo a cui pare particolarmente inclinato il tempo presente, di prendere cioè per autentici certi presunti messaggi o certe presunte apparizioni della Vergine, che non sono in ultima analisi che o invenzioni di gente interessata, o pie fantasie di gente malata, atte più a portare confusione che chiarezza e pace nelle schiere dei veri credenti e dei veri devoti di Maria.
Nell'esaltare le grandezze di Maria non si fa, in pratica, che glorificare la potenza e la munificenza di Colui che ha fatto in Lei queste grandezze. È Dio che ha fatto Maria « piena di grazia » in vista della divina maternità. E affinchè in ogni circostanza della sua vita Maria potesse amare il suo Figlio con tutta la perfezione concepibile, con tutta la purezza, con tutta la forza, con tutta la continuità possibile, Dio le concesse, insieme a tanta pienezza di grazia, una moltitudine di altri privilegi assolutamente eccezionali. Perché potesse amarlo fin dal primo istante la creò immacolata; perché potesse amarlo senza impedimenti, nello slancio del suo amore la esentò dalla concupiscenza; perché potesse amarlo senza alcuna defezione, la preservò da ogni colpa attuale e da ogni imperfezione; perché potesse amarlo di un amore esclusivo, ne fece la Vergine delle vergini; perché potesse dargli la prova suprema del proprio amore la associò alla sua passione redentrice; perché in ciclo potesse amarlo con tutte le facoltà della sua persona glorificata riunì senza indugio quel corpo glorioso alla sua anima beata; perché potesse comunicare il suo amore a tutte le creature la istituì Madre degli uomini e dispensatrice di tutte le grazie (NEUBERT, 43).
Se Dio non ha avuto paura di conferire a Maria un capitale di grazie singolari ed eccezionali, di innalzarla a una sommità capace di far venire le vertigini a chiunque altro meno fondato di Maria nella fede e nell'umiltà; di prepararla fin dal principio del mondo a una missione unica, la divina maternità, ed alla lotta vittoriosa contro il serpente, perché dobbiamo avere paura noi di parlarne? che significato può avere questa reticenza, questa esitazione?...