giovedì 21 febbraio 2013

Domenica 24 Febbraio 2013, II Domenica di Quaresima - Anno C



"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 24 Febbraio 2013, II Domenica di Quaresima - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 9,28-36.
Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia,
apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura.
E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo».
Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 349 pagina 354.
1Chi mai fra gli uomini non ha visto, almeno per una volta, un’alba serena di marzo? Se quest’uno c’è, è un grande infelice, perché ignora una delle grazie più belle della natura risveglia­ta da primavera, tornata vergine, fanciulla, quale doveva esserlo nel primo giorno.
In questa grazia, che è pura in ogni suo aspetto e cosa - dalle erbe novelle e rugiadose ai fioretti che si dischiudono, co­me bimbi che nascono, al primo ridere della luce del giorno; agli uccelli che si destano con un frullo d’ali e dicono il primo cip? interrogativo, preludio a tutti i loro canori discorsi della giornata; all’odore stesso dell’aria che ha perduto nella notte, per il lavacro delle rugiade e l’assenza dell’uomo, ogni corruzio­ne di polvere, fumo e sentore di corpi umani -vanno Gesù, gli apostoli e i discepoli. È con essi anche Simone d’Alfeo.
Vanno in direzione sud est, valicando i colli che fanno coro­na a Nazaret, superando un torrente, traversando una pianura stretta fra i colli nazareni e un gruppo di monti verso est. 2Questi monti sono preceduti dal cono semitronco del Tabor che mi ricorda stranamente, nella sua vetta, la lucerna dei nostri ca­rabinieri vista di profilo.
Lo raggiungono. Gesù si ferma e dice: «Pietro, Giovanni e Giacomo di Zebedeo vengano con Me sul monte. Voi spargetevi alla sua base, dividendovi verso le strade che la costeggiano, e predicate il Signore. Verso sera voglio essere di nuovo a Naza­ret. Non allontanatevi dunque molto. La pace sia con voi». E volgendosi ai tre chiamati dice: «Andiamo».
E prende la salita senza più volgersi indietro e con un passo così sollecito che fa faticare Pietro a stargli dietro.
In un momento di sosta Pietro, rosso e sudato, gli chiede col fiato grosso: «Ma dove andiamo? Non ci sono case sul monte. Sul­la cima quella vecchia fortezza. Vuoi andare a predicare là?».
«Avrei preso l’altro versante. Ma tu vedi che gli volgo le spalle. Non andremo alla fortezza, e chi è in essa non ci vedrà neppure. Vado ad unirmi col Padre mio, e vi ho voluti con Me perché vi amo. Su, lesti!».
«Oh! mio Signore! Non potremmo andare un poco più ada­gio, invece, e parlare di quanto abbiamo sentito e visto ieri, che ci ha tenuti desti tutta la notte per parlarne?».
«Agli appuntamenti di Dio si va sempre veloci. Forza, Simon Pietro! Lassù vi farò riposare». E riprende a salire...
3(Dice Gesù: «Qui innestate la Trasfigurazione avuta il 5 agosto 1944, ma senza il dettato unito alla stessa. Finito di co­piare la Trasfigurazione dello scorso anno, P. M. copierà ciò che ti mostro ora»).
5 agosto 1944.
4Sono col mio Gesù su un alto monte. Con Gesù sono Pietro, Giacomo e Giovanni. Salgono ancor più in alto e l’occhio spazia per aperti orizzonti che un bel giorno sereno rende netti nei particolari fino nelle lontananze.
Il monte non fa parte di un sistema montano come è quello della Giudea; sorge isolato avendo, rispetto al luogo dove ci tro­viamo, l’oriente in faccia, il nord alla sinistra, il sud a destra e dietro, a ovest, la vetta che si alza di ancora qualche centinaio di passi. È molto elevato e l’occhio è libero di vedere per un lar­go raggio.
Il lago di Genezaret pare un lembo di cielo sceso a incasto­narsi fra il verde della terra, una turchese ovale chiusa da sme­raldi di diverse gradazioni, uno specchio che tremula e si incre­spa a un vento lieve e sul quale scivolano, con agilità di gabbia­ni, le barche dalle vele spiegate, leggermente curvate verso l’onda azzurrina, proprio con la grazia del volo candido di un alcione, scorrente l’onda in cerca di preda. Poi ecco che dalla vasta turchese esce una vena, di un azzurro più pallido là dove il greto è più ampio, e più scuro là dove le rive si stringono e l’acqua è più profonda e cupa per l’ombra che vi gettano gli al­beri che crescono vigorosi presso il fiume, nutriti dal suo umo­re. Il Giordano pare una pennellata quasi rettilinea nel verde della pianura.
Dei paeselli sono sparsi per la pianura al di qua e al di là del fiume. Alcuni sono proprio un pugno di case, altri sono più vasti, già arieggianti a cittadine. Le vie maestre sono rughe giallognole fra il verde. Ma qua, dalla parte del monte, la pia­nura è molto più coltivata e fertile, molto bella. Si vedono le di­verse colture coi loro diversi colori ridere al bel sole che scende dal cielo sereno.
Deve essere primavera, forse marzo, se calcolo la latitudine della Palestina, perché vedo i grani già alti, ma ancora verdi, ondulare come un mare glauco, e vedo i pennacchi dei più pre­coci fra gli alberi da frutto mettere come delle nuvolette bianche e rosee su questo piccolo mare vegetale, poi prati tutti in fiore per gli alti fieni sui quali pecorelle pascolanti paiono mucchietti di neve ammucchiata qua e là sul verde.
Proprio vicino al monte, sulle colline che ne sono la base, basse e brevi colline, sono due cittadine, una verso sud, una verso nord. La pianura fertilissima si estende specialmente e più ampiamente verso il sud.
5Gesù, dopo una breve sosta al fresco di un ciuffo di alberi, certo concessa per pietà di Pietro che nelle salite fatica palese­mente, riprende a salire. Va fin quasi sulla vetta, là dove è un pianoro erboso che ha un semicerchio di alberi verso la costa.
«Riposate, amici. Io vado là a pregare». E accenna con la mano ad un ampio sasso, una roccia che affiora dal monte e che si trova perciò non verso la costa ma verso l’interno, la vetta.
Gesù si inginocchia sulla terra erbosa e appoggia le mani e il capo al masso, nella posa che prenderà anche nella preghiera del Getsemani. Il sole non lo colpisce perché la vetta lo ripara. Ma il resto dello spiazzo erboso è tutto lieto di sole, sino al limi­te d’ombra dello scrimolo alberato sotto il quale si sono seduti gli apostoli.
Pietro si leva i sandali e ne scuote via polvere e sassolini e sta così, scalzo, coi piedi stanchi fra l’erba fresca, quasi steso, col ca­po su un ciuffo smeraldino che sporge più degli altri sulla sua zolla come un guanciale. Giacomo lo imita, ma per stare comodo cerca un tronco d’albero al quale appoggia il suo mantello e su questo le spalle. Giovanni resta seduto e osserva il Maestro. Ma la calma del luogo, il venticello fresco, il silenzio e la stanchezza vincono anche lui, e la testa gli si abbassa sul petto e così le pal­pebre sugli occhi. Non dormono profondamente nessuno dei tre, ma sono in quella sonnolenza estiva che intontisce.
6Li scuote una luminosità così viva che annulla quella del sole e dilaga e penetra fin sotto il verde dei cespugli e alberi sotto cui si sono messi.
Aprono gli occhi stupiti e vedono Gesù trasfigurato. Egli è ora tale e quale come lo vedo nelle visioni del Paradiso. Natu­ralmente senza le Piaghe e senza il vessillo della Croce. Ma la maestà del Volto e del Corpo è uguale, uguale ne è la lumino­sità, e uguale la veste che da un rosso cupo si è mutata nel diamantifero e perlifero tessuto immateriale che lo veste in Cielo. Il suo Viso è un sole dalla luce siderale ma intensissima, nel quale raggiano gli occhi di zaffiro. Sembra più alto ancora, co­me la sua glorificazione ne avesse aumentato la statura. Non saprei dire se la luminosità, che rende persino fosforescente il pianoro, provenga tutta da Lui o se alla sua propria si mesca quella che ha concentrata sul suo Signore tutta la luce che è nell’universo e nei cieli. So che è qualche cosa di indescrivibile.
Gesù è ora in piedi, direi anzi che è alzato da terra, perché fra Lui e il verde del prato vi è come un vaporare di luce, uno spazio dato unicamente da una luce sul quale pare Egli si eri­ga. Ma è tanto viva che potrei anche ingannarmi, e il non vede­re più il verde dell’erba sotto le piante di Gesù potrebbe esser provocato da questa luce intensa che vibra e fa onde come si ve­de talora nei grandi fuochi. Onde, qui, di un colore bianco, in­candescente. Gesù sta col Volto alzato verso il cielo e sorride ad una sua visione che lo sublima.
Gli apostoli ne hanno quasi paura e lo chiamano, perché non pare più a loro che sia il loro Maestro tanto è trasfigurato. «Mae­stro, Maestro», chiamano piano ma con ansia. Egli non sente.
«È in estasi» dice Pietro tremante. «Che vedrà mai?».
I tre si sono alzati in piedi. Vorrebbero accostarsi a Gesù, ma non osano.
7La Luce aumenta ancora per due fiamme che scendono dal cielo e si collocano ai lati di Gesù. Quando sono stabilite sul pianoro, il loro velo si apre e ne appaiono due maestosi e lumi­nosi personaggi. L’uno più anziano, dallo sguardo acuto e seve­ro e da una lunga barba bipartita. Dalla sua fronte partono cor­ni di luce che me lo indicano per Mosè. L’altro è più giovane, scarno, barbuto e peloso, su per giù come il Battista, al quale direi assomiglia per statura, magrezza, conformazione e seve­rità. Mentre la luce di Mosè è candida come è quella di Gesù, specie nei raggi della fronte, quella che emana Elia è solare, di fiamma viva.
I due Profeti prendono una posa di riverenza davanti al loro Dio Incarnato e, sebbene Questi parli loro con famigliarità, essi non abbandonano la loro posa riverente. Non comprendo nep­pure una delle parole dette.
I tre apostoli cadono a ginocchio tremanti, col volto fra le mani. Vorrebbero vedere, ma hanno paura.
Finalmente Pietro parla: «Maestro, Maestro. Odimi». Gesù gira lo sguardo con un sorriso verso il suo Pietro, che si rinfran­ca e dice: «È bello lo stare qui con Te, Mosè e Elia. Se vuoi fac­ciamo tre tende per Te, per Mosè e per Elia, e noi stiamo qui a servirvi...».
Gesù lo guarda ancora e sorride più vivamente. Guarda an­che Giovanni e Giacomo. Uno sguardo che li abbraccia con amore. Anche Mosè e Elia guardano i tre fissamente. I loro oc­chi balenano. Devono essere come raggi che penetrano i cuori.
Gli apostoli non osano dire altro. Intimoriti, tacciono. Sem­brano un poco ebbri come chi è sbalordito. Ma quando un velo che non è nebbia, che non è nuvola, che non è raggio, avvolge e separa i Tre gloriosi dietro uno schermo ancor più lucido di quello che già li circondava e li nasconde alla vista dei tre, e una Voce potente e armonica vibra ed empie di sé lo spazio, i tre cadono col volto contro l’erba.
«Questo è il mio Figliuolo diletto, nel quale mi sono compia­ciuto. Ascoltatelo».
Pietro nel gettarsi bocconi esclama: «Misericordia di me, peccatore! È la Gloria di Dio che scende!». Giacomo non fiata. Giovanni mormora con un sospiro, come fosse prossimo a sve­nire: «Il Signore parla!».
8Nessuno osa alzare la testa anche quando il silenzio si è rifatto assoluto. Non vedono perciò neppure il tornare della luce alla sua naturalezza di luce solare e mostrare Gesù rimasto so­lo e tornato il Gesù solito nella sua veste rossa.
Egli cammina verso loro sorridendo e li scuote e tocca e chiama per nome.
«Alzatevi. Sono Io. Non temete» dice, perché i tre non osano alzare il volto e invocano misericordia sui loro peccati, temendo che sia l’Angelo di Dio che vuol mostrarli all’Altissimo.
«Levatevi, dunque. Ve lo comando» ripete Gesù con imperio. Essi alzano il volto e vedono Gesù che sorride.
«Oh! Maestro, Dio mio!» esclama Pietro. «Come faremo a viverti accanto ora che abbiamo visto la tua gloria? Come fare­mo a vivere fra gli uomini, e noi, uomini peccatori, ora che ab­biamo udito la voce di Dio?».
«Dovrete vivermi accanto e vedere la mia gloria sino alla fi­ne. Siatene degni perché il tempo è vicino. Ubbidite al Padre mio e vostro. Torniamo ora fra gli uomini, perché sono venuto per stare fra essi e per portare essi a Dio. Andiamo. Siate santi per ricordo di quest’ora, forti, fedeli. Avrete parte alla mia più completa gloria. Ma non parlate ora di questo che avete visto ad alcuno. Neppure ai compagni. Quando il Figlio dell’uomo sarà risuscitato dai morti e tornato nella gloria del Padre, allo­ra parlerete. Perché allora occorrerà credere per aver parte nel mio Regno».
«Ma non deve venire Elia per preparare al tuo Regno? I rabbi dicono così».
«Elia è già venuto ed ha preparato le vie al Signore. Tutto avviene come è stato rivelato. Ma coloro che insegnano la Rive­lazione non la conoscono e non la comprendono, e non vedono e riconoscono i segni dei tempi e i messi di Dio. Elia è tornato una volta. La seconda verrà quando il tempo ultimo sarà vicino per preparare gli ultimi a Dio. Ma ora è venuto per preparare i primi al Cristo, e gli uomini non lo hanno voluto riconoscere e lo hanno tormentato e messo a morte. Lo stesso faranno col Fi­glio dell’uomo, perché gli uomini non vogliono riconoscere ciò che è loro bene».
I tre chinano la testa pensosi e tristi, e scendono per la via dalla quale sono saliti insieme a Gesù.
[3 dicembre 1945].
9...Ed è ancora Pietro che dice, in una sosta a mezza via: «Ah! Signore! Dico anche io come tua Madre ieri: “Perché ci hai fatto questo?”; e anche dico: “Perché ci hai detto questo?”. Le tue ultime parole hanno cancellato la gioia della gloriosa vista dai nostri cuori! Gran giorno di paure questo! Prima ci ha fatto paura la grande luce che ci ha destati, più forte che se il monte ardesse o che se la luna fosse scesa a raggiare sul ripiano, sotto i nostri occhi; poi il tuo aspetto e il tuo staccarti dal suolo come fossi per volare via. Ho avuto paura che Tu, disgustato dalle nequizie di Israele, te ne tornassi ai Cieli, magari per ordine dell’Altissimo. Poi ho avuto paura di vedere apparire Mosè, che i suoi del suo tempo non potevano più vedere senza velo tanto splendeva sul suo volto il riflesso di Dio, e ancora era uomo, mentre ora è spirito beato e acceso di Dio, e Elia... Misericordia divina! Ho creduto essere giunto al mio ultimo momento, e tut­ti i peccati della mia vita, da quando rubavo le frutta nella di­spensa da piccino, all’ultimo di averti mal consigliato giorni so­no, mi sono venuti alla mente. Con che tremore me ne sono pentito! Poi mi parve che mi amassero quei due giusti... e ho osato parlare. Ma anche il loro amore mi faceva paura, perché io non merito l’amore di simili spiriti. E dopo... e dopo!... La paura delle paure! La voce di Dio!... Geové che ha parlato! A noi! Ci ha detto: “Ascoltatelo!». Tu. E ti ha proclamato “suo Fi­glio diletto nel quale Egli si compiace”. Che paura! Geové!... a noi!... Certo solo la tua forza ci ha tenuti in vita!... Quando Tu ci hai toccato, e le tue dita ardevano come punte di fuoco, io ho avuto l’ultimo spavento. Ho creduto che fosse l’ora di essere giudicato e che l’Angelo mi toccasse per prendermi l’anima e portarla all’Altissimo... Ma come ha fatto tua Madre a vedere... a sentire... a vivere, insomma, quell’ora che Tu hai detto ieri, senza morire, Lei che era sola, giovanetta, senza di Te?».
«Maria, la Senza Macchia, non poteva avere paura di Dio. Eva non ne aveva paura finché fu innocente. Ed Io c’ero. Io, il Padre e lo Spirito, Noi, che siamo in Cielo e in Terra e in ogni luogo, e che avevamo il nostro Tabernacolo nel cuore di Maria» dice dolcemente Gesù.
«Che cosa! Che cosa!... Ma dopo Tu hai parlato di morte... E ogni gioia è finita... Ma perché proprio a noi tre tutto questo? Non era bene darla a tutti questa visione della tua gloria?».
«Appunto perché tramortite udendo parlare di morte, e morte per supplizio, del Figlio dell’uomo, l’Uomo-Dio vi ha vo­luto fortificare per quell’ora e per sempre con la precognizione di ciò che Io sarò dopo la Morte. Ricordatevi tutto questo, per dirlo a suo tempo... Avete capito?».
«Oh! sì, Signore. Non è possibile dimenticare. E sarebbe inutile raccontare. Ci direbbero “ebbri”».
10Tornano ad andare verso la valle. Ma, giunti ad un punto, Gesù piega per un viottolo ripido in direzione di Endor, ossia dal lato opposto di quello nel quale ha lasciato i discepoli.
«Non li troveremo» dice Giacomo. «Il sole inizia la discesa. Si staranno radunando in tua attesa nel luogo dove li lasciasti».
«Vieni e non crearti stolti pensieri».
Infatti, come la boscaglia si apre in una prateria che scende mollemente a toccare la via maestra, vedono tutta la massa dei discepoli, accresciuta da viandanti curiosi, da scribi venuti da non so dove, agitarsi alla base del monte.
«Ohimè! Scribi!... E disputano già!» dice Pietro accennando­li. E scende gli ultimi metri a malincuore.
Ma anche quelli giù in basso li hanno visti e se li accennano e poi si danno a correre verso Gesù, gridando: «Come mai, Maestro, da questa parte? Stavamo per venire al posto detto. Ma ci hanno trattenuti in dispute gli scribi e in suppliche un padre affannato».
«Di che disputavate fra voi?».
«Per un indemoniato. Gli scribi ci hanno scherniti perché non abbiamo potuto liberarlo. Ci si è messo Giuda di Keriot da capo, di puntiglio. Ma fu inutile. Allora abbiamo detto: “Mettetevici voi”. Hanno risposto: “Non siamo esorcisti”. Per caso sono passati alcuni venienti da Caslot-Tabor, fra i quali erano due esorcisti. Ma anche loro niente. Ecco il padre che viene a pre­garti. Ascoltalo».
11Un uomo, infatti, viene avanti supplichevole e si inginocchia davanti a Gesù rimasto sul prato in pendenza, di modo che è più alto della via di almeno tre metri e ben visibile a tutti, perciò.
«Maestro» gli dice l’uomo, «io venivo a Cafarnao con il figlio mio per cercare Te. Te lo portavo, l’infelice figlio mio, perché Tu lo liberassi, Tu che cacci i demoni e guarisci ogni malattia. Egli è preso spesso da uno spirito muto. Quando lo prende, egli non può più che fare gridi rochi, come una bestia che si strozza. Lo spirito lo butta a terra ed egli là si rotola digrignando i denti, spumando come un cavallo che morda il morso, e si ferisce o ri­schia di morire affogato o bruciato, oppure sfracellato, perché lo spirito più di una volta lo ha buttato nell’acqua, nel fuoco, o giù dalle scale. I tuoi discepoli ci si sono provati, ma non hanno potuto. Oh! Signore buono! Pietà di me e del mio fanciullo!».
Gesù fiammeggia di potenza mentre grida: «O generazione perversa, o turba satanica, legione ribelle, popolo dell’inferno incredulo e crudele, fino a quando dovrò stare a contatto con te? Fino a quando ti dovrò sopportare?». È imponente, tanto che si fa un silenzio assoluto e cessano i sogghigni degli scribi.
12Gesù dice al padre: «Alzati e portami qui tuo figlio».
L’uomo va e torna con altri uomini, al centro dei quali è un ragazzo sui dodici-quattordici anni. Un bel fanciullo, ma dallo sguardo un poco ebete, come fosse sbalordito. Sulla fronte ros­seggia una lunga ferita e più sotto biancheggia una cicatrice antica. Non appena vede Gesù che lo fissa coi suoi occhi ma­gnetici, ha un grido roco e un contorcimento convulsivo di tutto il corpo, mentre cade a terra spumando e rotando gli occhi, di modo che appare solo il bulbo bianco, mentre si rotola per terra nella caratteristica convulsione epilettica.
Gesù viene avanti qualche passo per giungergli vicino e di­ce: «Da quando gli avviene ciò? Parla forte, che tutti sentano».
E l’uomo, urlando, mentre il cerchio della folla si stringe e gli scribi si mettono più in alto di Gesù per dominare la scena, dice: «Fin da bambino. Te l’ho detto: spesso cade nel fuoco, nell’acqua o giù dalle scale e dagli alberi, perché lo spirito lo as­sale all’improvviso e lo scaraventa così per finirlo. È tutto pieno di cicatrici e di bruciature. Molto è se non è rimasto acciecato dalle fiamme del focolare. Nessun medico, nessun esorcista, neppure i tuoi discepoli lo hanno potuto guarire. Ma Tu, se, co­me credo fermamente, puoi qualche cosa, abbi pietà di noi e soccorrici».
«Se puoi credere così, tutto mi è possibile, perché tutto è concesso a chi crede».
«Oh! Signore, se io credo! Ma se ancora non credo a suffi­cienza, aumenta Tu la mia fede, perché sia completa e ottenga il miracolo» dice l’uomo piangendo, inginocchiato presso il fi­glio più che mai in convulsione.
13Gesù si raddrizza, si tira indietro due passi e, mentre la folla più che mai stringe il suo cerchio, grida forte: «Spirito ma­ledetto, che fai sordo e muto il fanciullo e lo tormenti, Io te lo comando: esci da lui e non rientrarvi mai più!».
Il fanciullo, pur stando coricato al suolo, fa dei balzi paurosi, puntando testa e piedi ad arco, e ha gridi disumani; poi, dopo un ultimo balzo, nel quale si rivolta bocconi battendo la fronte e la bocca su un masso emergente dall’erba, che si fa rossa di sangue, resta immoto.
«È morto!» gridano in molti. «Povero fanciullo!», «Povero padre!» compiangono i migliori. E gli scribi, ghignando: «Ti ha servito bene il Nazareno!», oppure: «Maestro, come è? Questa volta Belzebù ti ha fatto fare brutta figura...», e ridono veleno­samente.
Gesù non risponde a nessuno. Neppure al padre, che ha ri­voltato il figlio e gli asciuga il sangue della fronte e delle labbra ferite, gemendo, invocando Gesù. Ma si china, il Maestro, e prende per mano il fanciullo. E questo apre gli occhi con un sospirone, come si destasse da un sonno, si siede e sorride. Gesù lo attira a Sé, lo fa alzare in piedi e lo consegna al padre, men­tre la folla grida di entusiasmo e gli scribi fuggono, inseguiti dalle beffe della folla...
«E ora andiamo» dice Gesù ai suoi discepoli. E, congedata la folla, gira il fianco del monte portandosi sulla via già fatta al mattino.

14Dice Gesù:
«E ora qui P. M. può mettere il commento alla visione del 5 agosto 1944 (quaderno A 930) cominciando dalle parole: “Non ti eleggo soltanto a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve avere parte meco nel­la gloria”. E tu riposa, fedele, piccolo Giovanni, ché il tuo riposo è ben meritato. La mia pace sia gioia in te».
[5 agosto 1944].
15Dice Gesù:
«Ti ho preparata a meditare la mia Gloria. Domani la Chiesa la celebra. Ma Io voglio che il mio piccolo Giovanni la veda nella sua verità per comprenderla meglio. Non ti eleggo soltan­to a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve aver parte meco nella gioia.
Voglio che tu, davanti al tuo Gesù che ti si mostra, abbia gli stessi sentimenti di umiltà e pentimento dei miei apostoli.
Mai superbia. Saresti punita perdendomi.
Continuo ricordo di Chi sono Io e di chi sei tu.
Continuo pensiero alle tue manchevolezze e alla mia perfe­zione per avere un cuore lavato dalla contrizione. Ma insieme anche tanta fiducia in Me.
Io ho detto: “Non temete. Alzatevi. Andiamo. Andiamo fra gli uomini perché sono venuto per stare con essi. Siate santi, forti e fedeli per ricordo di quest’ora”. Lo dico anche a te e a tutti i miei prediletti fra gli uomini, a quelli che mi hanno in maniera speciale.
Non temete di Me. Mi mostro per elevarvi, non per incene­rirvi.
Alzatevi: la gioia del dono vi dia vigoria e non vi ottunda nel sopore del quietismo, credendovi già salvi perché vi ho mostra­to il Cielo.
Andiamo insieme fra gli uomini. Vi ho invitati a sovrumane opere con sovrumane visioni e lezioni perché possiate essermi di maggiore aiuto. Vi associo alla mia opera. Ma Io non ho cono­sciuto e non conosco riposo. Perché il Male non riposa mai e il Bene deve essere sempre attivo per annullare il più che si può l’opera del Nemico. Riposeremo quando il Tempo sarà compiu­to. Ora occorre andare instancabilmente, operare continuamen­te, consumarsi indefessamente per la messe di Dio. Il mio con­tatto continuo vi santifichi, la mia lezione continua vi fortifichi, il mio amore di predilezione vi faccia fedeli contro ogni insidia.
Non siate come gli antichi rabbini che insegnavano la Rive­lazione e poi non le credevano al punto da non riconoscere i se­gni dei tempi e i messi di Dio. Riconoscete i precursori del Cri­sto nel suo secondo avvento, poiché le forze dell’Anticristo sono in marcia e, facendo eccezione alla misura che mi sono imposta, perché conosco che bevete a certe verità non per spirito sopran­naturale ma per sete di curiosità umana, vi dico in verità che quello che molti crederanno vittoria sull’Anticristo, la pace or­mai prossima, non sarà che sosta per dare tempo al Nemico del Cristo di ritemprarsi, medicarsi delle ferite, riunire il suo esercito per una più crudele lotta.
Riconoscete, voi che siete le “voci” di questo vostro Gesù, del Re dei re, del Fedele e Verace che giudica e combatte con giusti­zia e sarà il Vincitore della Bestia e dei suoi servi e profeti, ri­conoscete il vostro Bene e seguitelo sempre. Nessun bugiardo aspetto vi seduca e nessuna persecuzione vi atterri. La vostra “voce” dica le mie parole. La vostra vita sia per quest’opera. E se avrete sorte, sulla terra, comune al Cristo, al suo Precursore e ad Elia, sorte cruenta o sorte tormentata da sevizie morali, sorridete alla vostra sorte futura e sicura che avrete comune con Cristo, con il suo Precursore, col suo Profeta.
Pari nel lavoro, nel dolore e nella gloria. Qui Io Maestro ed Esempio. Là Io Premio e Re. Avermi sarà la vostra beatitudine. Sarà dimenticare il dolore. Sarà quanto ogni rivelazione è an­cora insufficiente a farvi capire, perché troppo superiore è la gioia della vita futura alla possibilità di immaginare della crea­tura ancora unita alla carne».

Lezione ai discepoli sul potere di vincere i demoni.
1Sono ora nella casa di Nazaret, nuovamente. Anzi, per essere più precisi, sono sparsi sul balzo degli ulivi in attesa di se­pararsi per il riposo. E hanno acceso un piccolo falò per rischia­rare la notte, perché è già sera e la luna si alza tardi. Ma la se­ra è tiepida «fin troppo», sentenziano i pescatori prevedendo prossime piogge, ed è bello stare lì, tutti uniti, le donne nell’or­to fiorito intorno a Maria, gli uomini quassù; e sullo scrimolo del balzo, di modo da essere ugualmente di questi e di quelle, Gesù, che risponde a questo o a quello, mentre le discepole ascoltano attente. Deve essere stato raccontato del lunatico guarito ai piedi del monte e ancora ne durano i commenti.
«Ci sei voluto proprio Tu!» esclama il cugino Simone.
«Oh! ma neppure vedendo che anche i loro esorcisti non po­tevano nulla, pure confessando di avere usato le formule più forti, li ha persuasi quei gheppi!» dice crollando il capo il tra­ghettatore Salomon.
«E neppure dicendo agli scribi le loro conclusioni, li persua­deranno».
«Già! Mi pareva che parlassero bene, non è vero?» domanda uno che non conosco.
«Molto bene. Hanno escluso ogni sortilegio demoniaco nel potere di Gesù, dicendo che essi si sono sentiti invasi da pace profonda quando il Maestro fece il miracolo, mentre, dicevano, quando esce, da uno, potere malvagio essi lo sentono come un a sofferenza» risponde Erma.
2«Però, eh? che spirito forte! Non se ne voleva andare! Ma come mai, poi, non lo teneva sempre? Era uno spirito scacciato, sperduto, oppure è tanto santo il fanciullo che di suo lo caccia­va?» chiede un altro discepolo del quale non so il nome.
Gesù risponde di spontanea volontà: «Ho più volte spiegato che ogni malattia, essendo un tormento e un disordine, può ce­lare Satana, e Satana può celarsi in una malattia, usarla, crearla per tormentare e fare bestemmiare Dio. Il fanciullo era un malato, non un posseduto. Un’anima pura. Per questo tanto con gioia l’ho liberata dall’astutissimo demonio che voleva do­minarla tanto da renderla impura».
3E perché, allora, se era una semplice malattia, noi non ci siamo riusciti?» chiede Giuda di Keriot.
«Già! Gli esorcisti si capisce che non potessero nulla se non era un indemoniato! Ma noi...» osserva Tommaso.
E Giuda di Keriot, al quale non va giù lo scacco di aver pro­vato molte volte sul fanciullo, ottenendo soltanto di farlo cade­re in smanie se non in convulsioni, dice: «Ma noi, anzi, sembra­va gli si facesse peggio. Ti ricordi, Filippo? Tu che mi aiutavi hai sentito e visto i lazzi che egli mi faceva. Mi ha persino det­to: “Va’ via! Fra me e te il più demonio sei tu”. Il che ha fatto ri­dere alle mie spalle gli scribi».
«E te ne sei dispiaciuto?» chiede Gesù come con noncuranza.
«Certo! Non è bello essere beffati. E non è utile quando si è tuoi apostoli. Ci si perde di autorità».
«Quando si ha Dio con sé, si è autorevoli anche se tutto il mondo beffa, Giuda di Simone».
«Va bene. Ma però Tu aumenta, almeno in noi apostoli, il potere. Perché certe disfatte non ci succedano più».
«Che Io aumenti il potere non è giusto e non servirebbe. Voi lo dovete fare di vostro, per riuscire. È per vostra insufficienza che non siete riusciti, e anche per avere sminuito quanto vi avevo dato con elementi non santi, che avete voluto aggiungere sperando maggiori trionfi».
«Lo dici per me, Signore?» chiede l’Iscariota.
«Tu saprai se lo meriti. Io parlo a tutti».
Bartolomeo chiede: «Ma allora cosa è necessario avere per vincere questi demoni?».
«La preghiera e il digiuno. Non necessita altra cosa. Orate e digiunate. E non solo nella carne. Perciò bene è che il vostro or­goglio sia rimasto digiuno di soddisfazione. L’orgoglio sazio rende apatica la mente e l’anima, e diviene tiepida, inerte l’ora­zione, così come il corpo troppo sazio è sonnolento e pesante. 4E ora andiamo pure noi al giusto riposo. Domani all’alba tutti, meno Mannaen e i discepoli pastori, siano sulla via di Cana. Andate. La pace sia con voi».
Ma poi trattiene Isacco e Mannaen e da particolari istruzio­ni per il domani, giorno di partenza per le discepole e Maria, che insieme a Simone d’Alfeo e Alfeo di Sara iniziano il pelle­grinaggio pasquale.
«Passerete da Esdrelon perché Marziam veda il vecchio. Da­rete ai contadini la borsa che vi ho fatto dare da Giuda di Keriot. E per il viaggio soccorrerete con l’altra, che Io vi ho dato poco fa, quanti poveri incontrate. Giunti a Gerusalemme, anda­te a Betania e dite di attendermi per la neomenia di nisam. Po­trò tardare ben poco da quel giorno. Vi affido la persona a Me più cara e le discepole. Ma sto tranquillo che esse saranno sicu­re. Andate. Ci rivedremo a Betania e staremo a lungo insieme».
Li benedice e, mentre essi si allontanano nella notte, Egli balza giù, nell’orto, ed entra in casa dove già sono le discepole e la Madre, che con Marziam stanno stringendo i cordoni delle sacche da viaggio e disponendo ogni cosa per l’assenza la cui durata non è nota.
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

AMDG et BVM

Trasfigurazione di Gesù Cristo



In qual modo narra S. Matteo la Trasfigurazione di Gesù Cristo.

Quattro volte Gesù Cristo si è trasfigurato.
Cinque grandi miracoli avvengono nella trasfigurazione.
Ammaestramenti.





Ecco in qual modo narra S. Matteo la Trasfigurazione di Gesù Cristo: Presi un giorno con sé tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, e condottili in luogo appartato su la vetta di un alto monte, il Salvatore si trasformò sotto gli occhi loro in modo che il suo volto divenne splendido come il sole, e le sue vesti apparvero bianche più che neve; e in quel punto comparvero Mosè ed Elia i quali parlavano con lui. A tal vista, Pietro mette un grido di stupore e di gioia, e dice a Gesù: oh! come si sta bene qui! se ce lo permetti, alziamo qui tre tende. Mentre Pietro così parlava, una nube luminosa li coperse, e dalla nube uscì una voce che disse: Questi è il Figliuolo mio diletto nel quale ho posto le mie compiacenze; ascoltatelo. All'udire quella voce, gli Apostoli caddero tramortiti a terra e vi stettero finché Gesù non li toccò e disse: Orsù, alzatevi e non temete: e allora, alzato lo sguardo, non videro più altri che Gesù (MATTH. XVII, 8). I tre Apostoli che assistono alla trasfigurazione, sono figura dei tre grandi Patriarchi...; e della Trinità. S. Pietro è figura di quelli che sono ardenti nella fede e nella carità...; Giovanni rappresenta i vergini...; Giacomo gli afflitti e i martiri... Mosè ed Elia compaiono nella trasfigurazione, per rendere testimonianza che in Gesù Cristo si adempiono la legge e le profezie.

Quattro volte Gesù Cristo si è trasfigurato: 1° nell'incarnazione...; 2° su la croce dove, al dire d'Isaia, si eclissò in lui talmente ogni bellezza e splendore, che non si poteva più raffigurare (ISAI. LIII, 2); 3° nella risurrezione...; 4° nell'Eucaristia. Del resto, la vita intiera di Gesù Cristo è stata una continua trasfigurazione, perché essendo Dio, doveva comparire nella sua maestà divina...; ed egli questa maestà tenne continuamente nascosta sotto il velo dell'umanità.

Cinque grandi miracoli avvengono nella trasfigurazione, e noi possiamo trarne parecchi ammaestramenti a nostra utilità. Il primo miracolo è la trasfigurazione di Gesù Cristo; il secondo, l'apparizione di Mosè e di Elia; il terzo, la nube luminosa che involge i tre Apostoli; il quarto, la voce del padre che si fa sentire; il quinto, il subitaneo scomparire di ogni visione, così che gli Apostoli non videro più che Gesù.

Ammaestramenti: 1° Gesù sceglie tre discepoli; l'elezione e la vocazione vengono da Dio. 
2° Gli avventurati testimoni della trasfigurazione sono presi dal numero dei discepoli, per indicare che deve appartenere a Gesù Cristo chi desidera che Gesù operi meraviglie in lui, per lui, e innanzi a lui. 
3° Gesù trae i suoi discepoli in luogo solitario; deve separarsi dalla turba chi vuole vedere e contemplare Gesù Cristo. 
4° Li conduce su di un alto monte. Noi vedremo la trasfigurazione di Gesù e saremo trasfigurati noi medesimi in lui, solamente quando rinunzieremo alle cose terrene, e attenderemo alle divine. 5° S. Luca nota che la trasfigurazione avvenne mentre Gesù pregava (IX, 29). Per mezzo della preghiera noi saremo trasfigurati, cesseremo di essere carnali e diventeremo celesti e divini. 
6° Noi vedremo Mosè ed Elia, cioè avremo l'intelligenza della legge e dei profeti, comprenderemo gli altri misteri compiutisi in Gesù Cristo per la salute del mondo, quando ci troveremo nella solitudine, su la montagna, con Gesù Cristo e trasformati in lui. Volete voi vedere Gesù, Mosè, Elia? siate fermi nella fede e ardenti di amore come Pietro; siate Giovanni per la purezza e la castità; siate Giacomo per la mortificazione dei vizi. 
7° Pietro è rapito fuori di sé dall'estasi e, volto a Gesù, esclama: come si sta bene qui! restiamoci. La felicità non si trova altrove eccetto che nell'allontanamento del mondo, nell'elevazione dell'anima, nella compagnia di Gesù. 
8° Una nube luminosa copre gli Apostoli: chi sta in compagnia di Gesù, è coperto dalla nube che illumina e da cui piove la grazia. 9° Una voce si fa udire, che dice: Questo è il Figliuolo mio diletto, l'oggetto delle mie compiacenze; anche noi saremo figli prediletti di Dio, se ci trasfiguriamo in Gesù Cristo. 
10° Ascoltate mio Figlio, ordina il Padre: nell'obbedienza a Gesù sta la trasfigurazione dell'anima in Dio. 
11° I discepoli caddero a terra, colpiti da spavento. L'uomo umile e timorato di Dio è quello che si vede aprire il cielo. 
12° Avvicinatosi, Gesù li toccò e loro disse: Alzatevi e non temete. Gesù si avvicina ai piccoli, agli umili, a quelli che temono il Signore; tocca loro il cuore, parla loro, li alza, facendoli uscire dalle strade del peccato, ed in quel punto una voce grida loro in fondo dell'anima: non temete. 
13° A quel tocco e a quella voce, gli Apostoli alzarono gli occhi e non videro altri fuorché Gesù solo. Quelli che tengono gli occhi dell'anima e del cuore alzati al cielo, altro non vedono che Gesù solo; tutto il rimanente è per essi un bel nulla. Qui sta il merito, la felicità, il bene, la salute, la corona dell'immortalità, la gloria eterna.
Da: I tesori di Cornelio  A Lap.  
AVE MARIA!

mercoledì 20 febbraio 2013

4. La fede di Maria. « Crede veramente colui che nella sua vita mette in pratica ciò che crede ».


4. La fede di Maria


Come la beata Vergine è madre dell'amore e della speranza, così è anche madre della fede. « Io sono la madre del bello amore, del timore e della scienza e della santa speranza » (Eccli [= Sir] 24,24 Volg.). E con ragione, dice sant'Ireneo, poiché quel danno che Eva fece con la sua incredulità, Maria lo riparò con la sua fede Eva, conferma Tertulliano, poiché volle credere al serpente preferendolo a quello che aveva detto Dio, apportò la morte. 

Ma la nostra Regina, col credere, come le aveva detto l'angelo, che sarebbe divenuta Madre del Signore pur restando vergine, apportò al mondo la salvezza. Sant'Agostino dice che, dando il suo consenso all'Incarnazione del Verbo, Maria, per mezzo della sua fede, aprì agli uomini il paradiso. Spiegando questo passo di san Paolo: « Il marito non credente è santificato dalla moglie credente» (1Cor 7,14), Riccardo di san Lorenzo scrive: « Questa è la donna fedele, per la cui fede è stato salvato Adamo, uomo infedele, e tutta la sua discendenza ». 

A causa della sua fede la Vergine fu proclamata beata da Elisabetta: « Te beata, che hai creduto; perché si compiranno le cose dette a te dal Signore » (Lc 1,45). Sant'Agostino aggiunge: « Maria fu più beata nell'accogliere la fede di Cristo, che nel concepire la carne di Cristo ». Il padre Suarez dice che la' santa Vergine ebbe più fede di tutti gli uomini e tutti gli angeli. Vedeva il Figlio suo nella stalla di Betlemme e lo credeva il creatore del mondo. Lo vedeva fuggire da Erode e non cessava di credere che era il re dei re. Lo vide nascere e lo credette eterno. Lo vide povero, bisognoso di cibo e lo credette Signore dell'universo; coricato sul fieno e lo credette onnipotente. Osservò che non parlava e credette che era la Sapienza infinita. Lo sentiva piangere e credeva che era il gaudio del paradiso. Lo vide infine morire vilipeso e crocifisso, ma benché negli altri vacillasse la fede, Maria continuò a credere fermamente che egli era Dio.

 « Vicino alla croce di Gesù stava sua madre » (Gv 19,25). Meditando su queste parole sant'Antonino scrive: « Maria stava salda nella fede, che conservò incrollabile, nella divinità di Cristo ». Per questo, aggiunge il santo, nell'ufficio delle Tenebre si lascia una sola candela accesa. A tale proposito san Leone applica alla Vergine questo passo dei Proverbi: 
« Non si spegne di notte la sua lampada » (Pro 31,18).  

Commentando le parole di Isaia: « Da me solo ho spremuto il torchio e delle genti nessun uomo è con me » (Is 63,3), san Tommaso scrive: « Dice: nessun uomo, a causa della Vergine, nella quale non venne mai meno la fede ». Il beato Alberto Magno esclama: « Ebbe fede in sommo grado colei che, mentre i discepoli dubitavano, non dubitò ». Quindi per la sua grande fede Maria meritò di essere la luce di tutti i fedeli. Così san Metodio la chiama: « La fiaccola dei fedeli » e san Cirillo Alessandrino: « Lo scettro della vera fede ». 

Per merito della fede di lei la santa Chiesa attribuisce alla Vergine la sconfitta di tutte le eresie: « Rallégrati, Vergine Maria, tu sola hai debellato tutte le eresie nel mondo intero ». San Tommaso da Villanova, spiegando le parole dello Spirito Santo: « Mi hai ferito il cuore, sorella mia sposa... con un solo sguardo dei tuoi occhi » (Ct 4,9), dice che questi occhi furono la fede di Maria, per cui ella molto piacque a Dio.

  Sant'Ildefonso ci esorta: « Imitate la fede di Maria » Ma come possiamo im(tare questa fede di Maria? La fede è insieme dono e virtù. E dono di Dio in quanto è una luce che Dio infonde nell' anima; è virtù in quanto l'anima la mette in pratica. Perciò la fede ci deve servire da regola non solo per credere, ma anche per agire. 

Così san Gregorio diceva: « Crede veramente colui che nella sua vita mette in pratica ciò che crede ». E sant'Agostino: « Tu dici: credo. Fa' quello che dici: questa è la fede ». Questo è l'avere una fede viva, cioè il vivere secondo quel che si crede: « Il mio giusto vive di fede » (Eb 10,38). Così visse la beata Vergine, a differenza di coloro che non vivono secondo quel che credono e la cui fede è morta, come dice san Giacomo: « La fede senza le opere è morta » (Gc 2,26). 

Diogene andava cercando dappertutto un uomo: « Cerco un uomo ». Ma Dio, fra tanti fedeli che vi sono, par che vada cercando un cristiano: 
« Cerco un cristiano ». 
Pochi sono quelli che ne compiono le opere; la maggior parte ne porta soltanto il nome. A costoro si dovrebbe dire ciò che Alessandro Magno disse a un soldato codardo che si chiamava anch'egli Alessandro: «Cambia nome o cambia comportamento». 
Ma, diceva San Giovanni Avila, questi sciagurati dovrebbero essere rinchiusi come pazzi in un carcere poiché, pur credendo che sia preparata un'eternità felice per chi vive bene e un'eternità infelice per chi vive male, vivono tuttavia come se non vi credessero. 

Quindi sant'Agostino ci esorta a vedere le cose con occhi cristiani, cioè che vedono secondo la fede: « Abbiate occhi cristiani». Dalla mancanza di fede, diceva santa Teresa, nascono tutti i peccati. Perciò preghiamo la santa Vergine affinché per i meriti della sua fede ci ottenga una fede viva: « Signora, aumenta la nostra fede! » (cfr. Lc 17,5).



Venite ad Mariam omnes, 
qui laboratis et tribulati estis: 
* et refrigerium dabit animabus vestris.


"La celebración de la Santa Misa tiene tanto valor como la muerte de Jesús en la Cruz".



Los Santos,
la Eucaristía y la
 La Misa   

La vida de TODOS los santos se centra en la Eucaristía. Meditemos algunos ejemplos entre ellos.Editado por SCTJMVer también: Dichos de los santos

La Eucaristía según los santos Santa Angela de Foligno"Si tan solo pausáramos por un momento para considerar con atención lo que ocurre en este Sacramento, estoy seguro que pensar en el amor de Cristo por nosotros transformaría la frialdad de nuestros corazones en un fuego de amor y gratitud."
San Agustín:
"Cristo se sostuvo a si mismo en Sus manos cuando dio Su Cuerpo a Sus discípulos diciendo: "Este es mi Cuerpo". Nadie participa de esta Carne sin antes adorarla"


"Reconoce en este pan lo que colgó en la cruz, y en este caliz lo que fluyó de Su costado... todo lo que en muchas y variadas maneras anunciado antemano en los sacrificios del Antiguo Testamento pertenece a este singular sacrificio que se revela en el Nuevo Testamento" -Sermón 3, 2; Circa 410 A.D.
San Efrén:
Oh Señor, no podemos ir a la piscina de Siloé a la que enviaste el ciego. Pero tenemos el cáliz de tu Preciosa Sangre, llena de vida y luz. Cuanto mas puros somos, mas recibimos.
San Francisco de Sales:"Cuando la abeja ha recogido el roció del cielo y el néctar de las flores mas dulce de la tierra, se apresura a su colmena. De la misma forma, el sacerdote, habiendo del altar al Hijo de Dios (que es como el rocío del cielo y verdadero hijo de María, flor de nuestra humanidad), te lo da como manjar delicioso"
San Juan Bosco: 
"El objetivo principal es promover veneración al Santísimo Sacramento y devoción a María Auxilio de los Cristianos. Este título parece agradarle mucho a la augusta Reina del Cielo"

San Juan Eudes:
"Para ofrecer bien una Eucaristía se necesitarían tres eternidades: una para prepararla, otra para celebrarla y una tercera para dar gracias".
San Alfonso Ligorio:"Tened por cierto el tiempo que empleéis con devoción delante de este divinísimo Sacramento, será el tiempo que más bien os reportará en esta vida y más os consolará en vuestra muerte y en la eternidad. Y sabed que acaso ganaréis más en un cuarto de hora de adoración en la presencia de Jesús Sacramentado que en todos los demás ejercicios espirituales del día." 
San Cirilo de Jerusalén:"Así como dos pedazos de cera derretidos juntos no hacen más que uno, de igual modo el que comulga, de tal suerte está unido con Cristo, que él vive en Cristo y Cristo en él."
San Ignacio de LoyolaPreparando el altar, y después de revestirme, y durante la Misa, movimientos internos muy intensos y muchas e intensas lágrimas y llanto, con frecuente pérdida del habla, y también al final de la Misa, y por largos períodos durante la misa, en la preparación y después, la clara visión de nuestra Señora, muy propicia ante el Padre, hasta tal grado, que las oraciones al Padre y al Hijo y en la consagración, no podía sino sentir y verla, como si fuera parte o la puerta, para toda la gracia que sentía en mi corazón. En la consagración de la Misa, ella me enseñó que su carne estaba en la de su Hijo, con tanta luz que no puedo escribir sobre ello. No tuve duda de la primera oblación ya hecha"

La MISA según los santos

El santo cura de Ars, San Juan María Vianney:
“Si conociéramos el valor de La Santa Misa nos moriríamos de alegría”.
"Sí supiéramos el valor del Santo Sacrificio de la Misa, qué esfuerzo tan grande haríamos por asistir a ella".
"Qué feliz es ese Ángel de la Guarda que acompaña al alma cuando va a Misa".

"La Misa es la devoción de los Santos".

San Anselmo: “Una sola misa ofrecida y oída en vida con devoción, por el bien propio, puede valer más que mil misas celebradas por la misma intención, después de la muerte.”

Santo Tomás de Aquino: "La celebración de la Santa Misa tiene tanto valor como la muerte de Jesús en la Cruz".
San Francisco de Asís: "El hombre debería temblar, el mundo debería vibrar, el Cielo entero debería conmoverse profundamente cuando el Hijo de Dios aparece sobre el altar en las manos del sacerdote".

Santa Teresa de Jesús: "Sin la Santa Misa, ¿que sería de nosotros? Todos aquí abajo pereceríamos ya que únicamente eso puede detener el brazo de Dios. Sin ella, ciertamente que la Iglesia no duraría y el mundo estaría perdido sin remedio".
En cierta ocasión, Santa Teresa se sentía inundada de la bondad de Dios. Entonces le hizo esta pregunta a Nuestro Señor: “Señor mío, “¿cómo Os podré agradecer?” Nuestro Señor le contestó: “ASISTID A UNA MISA”.
San Alfonso de Ligorio: "El mismo Dios no puede hacer una acción más sagrada y más grande que la celebración de una Santa Misa".

Padre Pío de Pieltrecina: "Sería más fácil que el mundo sobreviviera sin el sol, que sin la Santa misa"
La Misa es infinita como Jesús... pregúntenle a un Angel lo que es la misa, y El les contestará, en
verdad yo entiendo lo que es y por qué se ofrece, mas sin embargo, no puedo entender cuánto valor tiene. Un Angel, mil Angeles, todo el Cielo, saben esto y piensan así".
San Lorenzo Justino:"Nunca lengua humana puede enumerar los favores que se correlacionan al Sacrificio de la Misa. El pecador se reconcilia con Dios; el hombre justo se hace aún más recto; los pecados son borrados; los vicios eliminados; la virtud y el mérito crecen, y las estratagemas del demonio son frustradas.

San Leonardo de Port Maurice: "Oh gente engañada, qué están haciendo? Por qué no se apresuran a las Iglesias a oír tantas Misas como puedan? Por qué no imitan a los ángeles, quienes cuando se celebra una Misa, bajan en escuadrones desde el Paraíso y se estacionan alrededor de nuestros altares en adoración, para interceder por nosotros?".
"Yo creo que sí no existiera la Misa, el mundo ya se hubiera hundido en el abismo, por el peso de su iniquidad. La Misa es el soporte poderoso que lo sostiene ".
“una misa antes de la muerte puede ser más provechosa que muchas después de ella…
San Felipe Neri:"Con oraciones pedimos gracia a Dios; en la Santa Misa comprometemos a Dios a que nos las conceda ".
San Pedro Julián Eymard:"Sepan, oh Cristianos, que la Misa es el acto de religión más sagrado. No pueden hacer otra cosa para glorificar más a Dios, ni para mayor provecho de su alma, que asistir a Misa devotamente, y tan a menudo como sea posible ".

San Bernardo"Uno obtiene más mérito asistiendo a una Santa Misa con devoción, que repartiendo todo lo suyo a los pobres y viajando por todo el mundo en peregrinación ".
San Francisco Javier Bianchi: "Cuando oigan que yo no puedo ya celebrar la Misa, cuéntenme como muerto".

San Buenaventura: "La Santa Misa es una obra de Dios en la que presenta a nuestra vista todo el amor que nos tiene; en cierto modo es la síntesis, la suma de todos los beneficios con que nos ha favorecido".
"Hay en la Santa Misa tantos misterios como gotas de agua en el mar, como átomos de polvo en el aire y como ángeles en el cielo; no sé si jamás ha salido de la mano del Altísimo misterio más profundo."

San Gregorio el Grande: "El sacrificio del altar será a nuestro favor verdaderamente aceptable como nuestro sacrificio a Dios, cuando nos presentamos como víctimas".

Cuando Santa Margarita María Alacoque asistía a la Santa Misa, al voltear hacia el altar, nunca dejaba de mirar al Crucifijo y las velas encendidas. Por qué? Lo hacía para imprimir en su mente y su corazón, dos cosas: El Crucifijo le recordaba lo que Jesús había hecho por ella; las velas encendidas le recordaban lo que ella debía hacer por Jesús, es decir, sacrificarse consumirse por El y por las almas.

San Andrés Avellino:
 "No podemos separar la Sagrada Eucaristía de la Pasión de Jesús".

AVE MARIA PURISSIMA! 

Coincidenze banali?




Dopo Lourdes allagata ecco anche Fatima. 

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Temporal causa estragos no Santuário de Fátima  2013-01-19




AVE MARIA VIRGO POTENS!