sabato 22 settembre 2012

Papa Benedetto XVI: Il Viaggio apostolico in Libano


BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 19 settembre 2012

Il Viaggio apostolico in Libano


Cari fratelli e sorelle,
oggi vorrei riandare brevemente, con il pensiero e con il cuore, alle straordinarie giornate del Viaggio apostolico che ho compiuto in Libano. Un Viaggio che ho fortemente voluto, nonostante le circostanze difficili, considerando che un padre dev’essere sempre accanto ai suoi figli quando incontrano gravi problemi. Sono stato mosso dal vivo desiderio di annunciare la pace che il Signore risorto ha lasciato ai suoi discepoli con le parole: «Vi dono la mia pace - سَلامي أُعطيكُم» (Gv 14,27). Questo mio Viaggio aveva come scopo principale la firma e la consegna dell’Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente ai rappresentanti delle Comunità cattoliche del Medio Oriente, come pure alle altre Chiese e Comunità ecclesiali e anche ai Capi musulmani.
È stato un evento ecclesiale commovente e, al tempo stesso, una provvida occasione di dialogo vissuta in un Paese complesso ma emblematico per tutta la regione, a motivo della sua tradizione di convivenza e di operosa collaborazione tra le diverse componenti religiose e sociali. Di fronte alle sofferenze e ai drammi che permangono in quella zona del Medio Oriente, ho manifestato la mia sentita vicinanza alle legittime aspirazioni di quelle care popolazioni, recando loro un messaggio di incoraggiamento e di pace. Penso in particolare al terribile conflitto che tormenta la Siria, causando, oltre a migliaia di morti, un flusso di profughi che si riversano nella regione alla ricerca disperata di sicurezza e di futuro; e non dimentico la situazione difficile dell’Irak. Durante la mia Visita, la gente del Libano e del Medio Oriente - cattolici, rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e delle diverse Comunità musulmane - ha vissuto, con entusiasmo e in un clima disteso e costruttivo, un’importante esperienza di rispetto reciproco, di comprensione e di fraternità, che costituisce un forte segno di speranza per tutta l’umanità. Ma è soprattutto l’incontro con i fedeli cattolici del Libano e del Medio Oriente, presenti a migliaia, che ha suscitato nel mio animo un sentimento di profonda gratitudine per l’ardore della loro fede e della loro testimonianza.
Ringrazio il Signore per questo dono prezioso, che dà speranza per il futuro della Chiesa in quei territori: giovani, adulti e famiglie animati dal tenace desiderio di radicare la loro vita in Cristo, rimanere ancorati al Vangelo, camminare insieme nella Chiesa. Rinnovo la mia riconoscenza anche a quanti hanno lavorato instancabilmente per questa mia Visita: i Patriarchi e i Vescovi del Libano con i loro collaboratori, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, le persone consacrate, i fedeli laici, i quali sono una realtà preziosa e significativa nella società libanese. Ho potuto constatare direttamente che le Comunità cattoliche libanesi, mediante la loro presenza bimillenaria e il loro impegno pieno di speranza, offrono un significativo e apprezzato contributo nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del Paese. Un pensiero grato e deferente va alle Autorità libanesi, alle istituzioni e associazioni, ai volontari e a quanti hanno offerto il sostegno della preghiera. 

Non posso dimenticare la cordiale accoglienza che ho ricevuto dal Presidente della Repubblica, Signor Michel Sleiman, come anche dalle varie componenti del Paese e dalla gente: è stata un’accoglienza calorosa, secondo la celebre ospitalità libanese. I musulmani mi hanno accolto con grande rispetto e sincera considerazione; la loro costante e partecipe presenza mi ha dato modo di lanciare un messaggio di dialogo e di collaborazione tra Cristianesimo e Islam: mi sembra che sia venuto il momento di dare insieme una testimonianza sincera e decisa contro le divisioni, contro la violenza, contro le guerre. I cattolici, venuti anche dai Paesi confinanti, hanno manifestato con fervore il loro profondo affetto al Successore di Pietro.

Dopo la bella cerimonia al mio arrivo all’aeroporto di Beirut, il primo appuntamento era di particolare solennità: la firma dell’Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente, nella Basilica Greco-Melkita di San Paolo ad Harissa. In quella circostanza ho invitato i cattolici mediorientali a fissare lo sguardo su Cristo crocifisso per trovare la forza, anche in contesti difficili e dolorosi, di celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta e dell’unità sulla divisione. A tutti ho assicurato che la Chiesa universale è più che mai vicina, con l’affetto e la preghiera, alle Chiese in Medio Oriente: esse, pur essendo un «piccolo gregge», non devono temere, nella certezza che il Signore è sempre con loro. Il Papa non li dimentica.

Nel secondo giorno del mio Viaggio apostolico ho incontrato i rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e del mondo della cultura, il Corpo diplomatico e i Capi religiosi. Ad essi, tra l’altro, ho indicato una via da percorrere per favorire un futuro di pace e di solidarietà: si tratta di operare affinché le differenze culturali, sociali e religiose approdino, nel dialogo sincero, ad una nuova fraternità, dove ciò che unisce è il senso condiviso della grandezza e dignità di ogni persona, la cui vita va sempre difesa e tutelata. Nella stessa giornata ho avuto un incontro con i Capi delle Comunità religiose musulmane, che si è svolto in uno spirito di dialogo e di benevolenza reciproca. Ringrazio Dio per questo incontro. Il mondo di oggi ha bisogno di segni chiari e forti di dialogo e di collaborazione, e di ciò il Libano è stato e deve continuare ad essere un esempio per i Paesi arabi e per il resto del mondo.

Nel pomeriggio, presso la residenza del Patriarca Maronita, sono stato accolto dall’entusiasmo incontenibile di migliaia di giovani libanesi e dei Paesi vicini, che hanno dato vita ad un festoso e orante momento, che rimarrà indimenticabile nel cuore di molti. Ho sottolineato la loro fortuna di vivere in quella parte del mondo che ha visto Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, e lo sviluppo del Cristianesimo, esortandoli alla fedeltà e all’amore per la loro terra, nonostante le difficoltà causate dalla mancanza di stabilità e di sicurezza. Inoltre, li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, fiduciosi in Cristo, fonte della nostra gioia, e ad approfondire il rapporto personale con Lui nella preghiera, come anche ad essere aperti ai grandi ideali della vita, della famiglia, dell’amicizia e della solidarietà. Vedendo giovani cristiani e musulmani fare festa in grande armonia, li ho spronati a costruire insieme il futuro del Libano e del Medio Oriente e ad opporsi insieme alla violenza e alla guerra. La concordia e la riconciliazione devono essere più forti delle spinte di morte.

Nella mattina della domenica, c’è stato il momento molto intenso e partecipato della Santa Messa nel City Center Waterfront di Beirut, accompagnata da suggestivi canti, che hanno caratterizzato anche le altre celebrazioni. Alla presenza di numerosi Vescovi e di una grande folla di fedeli, provenienti da ogni parte del Medio Oriente, ho voluto esortare tutti a vivere la fede e a testimoniarla senza paura, nella consapevolezza che la vocazione del cristiano e della Chiesa è quella di portare il Vangelo a tutti senza distinzione, sull’esempio di Gesù. In un contesto segnato da aspri conflitti, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di servire la pace e la giustizia, diventando strumenti di riconciliazione e costruttori di comunione. Al termine della Celebrazione eucaristica, ho avuto la gioia di consegnare l’Esortazione apostolica che raccoglie le conclusioni dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Medio Oriente. Attraverso i Patriarchi e i Vescovi orientali e latini, i sacerdoti, i consacrati e i laici, questo Documento vuole raggiungere tutti i fedeli di quella cara regione, per sostenerli nella fede e nella comunione e spronarli sulla via della tanto auspicata nuova evangelizzazione. Nel pomeriggio, presso la sede del Patriarcato Siro-cattolico, ho avuto poi la gioia di un fraterno incontro ecumenico con i Patriarchi ortodossi e ortodossi orientali e i rappresentanti di quelle Chiese, come pure delle Comunità ecclesiali.

Cari amici, i giorni trascorsi in Libano sono stati una stupenda manifestazione di fede e di intensa religiosità e un segno profetico di pace. La moltitudine di credenti, provenienti dall’intero Medio Oriente, ha avuto l’opportunità di riflettere, di dialogare e soprattutto di pregare insieme, rinnovando l’impegno di radicare la propria vita in Cristo. Sono certo che il popolo libanese, nella sua multiforme ma ben amalgamata composizione religiosa e sociale, saprà testimoniare con nuovo slancio la vera pace, che nasce dalla fiducia in Dio. Auspico che i vari messaggi di pace e di stima che ho voluto dare, possano aiutare i governanti della Regione a compiere passi decisivi verso la pace e verso una migliore comprensione delle relazioni tra cristiani e musulmani. Da parte mia continuo ad accompagnare quelle amate popolazioni con la preghiera, affinché rimangano fedeli agli impegni assunti. Alla materna intercessione di Maria, venerata in tanti ed antichi santuari libanesi, affido i frutti di questa Visita pastorale, come anche i propositi di bene e le giuste aspirazioni dell’intero Medio Oriente. Grazie.




Saluti:
Je salue cordialement les pèlerins francophones, en particulier l’Association catholique internationale de services pour la jeunesse féminine ! Je vous invite, tous, à vous unir à moi pour confier à la Vierge Marie les fruits de ma Visite pastorale au Liban et les justes aspirations de tous les habitants du Moyen-Orient. Merci pour vos prières et bon pèlerinage à tous !
I greet all the English-speaking pilgrims present today at this audience, including those from England, Scotland, Ireland, Denmark, Norway, Sweden, Malta, Australia, Taiwan and the United States. Upon all of you, I invoke God’s blessings of joy and peace!
Ein herzliches Grüß Gott sage ich allen Pilgern und Besuchern deutscher Sprache. Besonders begrüße ich die Seminaristen des Collegium Canisianum zu Innsbruck. Der mütterlichen Fürsorge Marias, der Schutzpatronin des Libanon, vertraue ich die Früchte dieser Reise an. Auf ihre Fürsprache schenke der Herr diesem geliebten Land und dem Nahen Osten in all seinen Nöten und Schwierigkeiten den Frieden, den nur Er geben kann. Gott segne euch alle!

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos venidos de España, México, Colombia, Venezuela, Argentina, y otros países latinoamericanos. Invito a todos a dar gracias al Señor que me ha concedido vivir esta visita apostólica. Confiemos a la materna intercesión de María los propósitos de bien y las justas aspiraciones de todo el Oriente Medio. Muchas gracias.

Queridos amigos e irmãos de língua portuguesa, que hoje participais neste Encontro com o Sucessor de Pedro: Obrigado pela vossa presença! A todos saúdo, especialmente aos grupos brasileiros de São Paulo, confiando às vossas orações o «pequenino rebanho» dos cristãos do Médio Oriente, para que permaneçam fiéis aos compromissos assumidos e que são também os vossos. Para vós e vossas famílias, a minha Bênção!

Saluto in lingua polacca:
Witam polskich pielgrzymów. Wam tu obecnym i wszystkim Polakom, którzy wspierali mnie modlitwą podczas podróży do Libanu, bardzo dziękuję. Ufam, że to spotkanie z wiernymi z całego Bliskiego Wschodu umocni ich, doda otuchy i zaowocuje trwałym pokojem. Proszę was, abyście nadal podtrzymywali ich wysiłki waszymi modlitwami. Niech Bóg wam błogosławi!
Traduzione italiana:
Saluto i pellegrini polacchi. Ringrazio voi qui presenti e tutti i polacchi che mi hanno sostenuto con la preghiera durante il viaggio in Libano. Spero che quest’incontro con i fedeli di tutto il Medio Oriente li rafforzi, li incoraggi nell’impegno di una pace duratura. Vi chiedo di continuare a sorreggere i loro sforzi con le vostre preghiere. Dio vi benedica!

Saluto in lingua croata:
Radosno pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Svete Jelene iz Šenkovca. Dragi prijatelji, neka vam posjet grobovima svetih apostola i njihov primjer mučeništva budu nadahnuće za još jače svjedočenje vjere u Isusa Krista, jedinog Spasitelja. Hvaljen Isus i Marija!
Traduzione italiana:
Saluto con gioia tutti i pellegrini Croati particolarmente i fedeli della parrocchia di Santa Elena di Šenkovac. Cari amici, la vostra visita alle tombe dei Santi Apostoli e il loro esempio di martirio, vi siano d’ispirazione per testimoniare sempre più la fede in Gesù Cristo, l’unico Salvatore Salvatore. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:
Zo srdca vítam slovenských veriacich. Osobitne pozdravujem pútnikov z Farnosti Výčapy - Opatovce.
Bratia a sestry, v nedeľu som sa vrátil z apoštolskej cesty v Libanone. Ďakujem za vaše modlitby a pozornosť, ktorými ste ma sprevádzali počas tejto návštevy a všetkých vás žehnám.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:
Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua slovacca. In particolare saluto i pellegrini provenienti dalla Parrocchia di Výčapy - Opatovce.
Fratelli e sorelle, domenica ho concluso il mio viaggio Apostolico in Libano. Vi ringrazio per le vostre preghiere e per l’attenzione con le quali mi avete accompagnato durante questa visita e vi benedico tutti.
Sia lodato Gesù Cristo!


Saluto in lingua lituana:
Nuoširdžiai sveikinu piligrimus iš Lietuvos!
Šiame amžinajame mieste buvo išlietas Apaštalų ir kankinių kraujas. Tai dovana ir šiandienos Bažnyčiai, kad vieni kitiems mokėtume liudyti Jėzų Kristų.
Viešpats jus visus gausiai telaimina. Garbė Jėzui Kristui!

Traduzione italiana:
Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Lituania!
In questa città eterna è stato sparso il sangue degli Apostoli e dei martiri. Ancora oggi questo è un dono per la Chiesa, perché sappiamo testimoniare Gesù Cristo gli uni agli altri.
Che il Signore vi benedica tutti! Sia lodato Gesù Cristo!

* * *
Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare agli Abati Benedettini provenienti da tutto il mondo, come pure ai partecipanti ai Capitoli Generali dei Fratelli e delle Suore della Congregazione dei Sacri Cuori e dell’Adorazione Perpetua. Saluto i laici carmelitani, che partecipano ad un congresso internazionale, e i Seminaristi della Basilicata. Su ciascuno invoco la continua protezione di Dio e della Vergine Santissima per un fecondo servizio al Vangelo e alla Chiesa.
Con speciale affetto il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. L'amicizia con Gesù, cari giovani, sia per voi fonte di gioia e sostegno nel compiere scelte impegnative; sia di conforto per voi, cari malati, nei momenti difficili e vi dia sollievo al corpo e allo spirito. Cari sposi novelli, rimanete costantemente uniti a Cristo per realizzare fedelmente la vostra vocazione nell'amore reciproco.

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana


AVE AVE AVE MARIA!


Preghiera nel giorno della solennità 
(23 settembre)

<<O san Pio, eletto figlio del serafico Padre san Francesco e padre di tante anime rigenerate alla vita della grazia con la tua immolazione quotidiana, guarda con benevolenza alle necessità spirituali e materiali in cui ci troviamo, vieni in nostro aiuto e intercedi per noi le grazie di cui abbiamo bisogno per la salute dell'anima e del corpo. 
     Al tuo cuore paterno facciamo ricorso fiduciosi e tu soccorrici benigno con la potente intercessione della tua preghiera e delle tue piaghe presso il Cuore di Dio e il Cuore della dolcissima Madre di tutte le grazie.
     A te ci affidiamo, o san Pio, in te confidiamo e siamo certi di non essere mai confusi. Amen.>>
   Gloria.
   San Pio, prega per noi.

La regola di S. Agostino: Scopo e fondamento della vita comune. La preghiera. Frugalità e mortificazione. Custodia della castità e correzione fraterna. Il condono delle offese. Spirito dell'autorità e dell'obbedienza. Osservanza della Regola.


La regola di S. Agostino

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Premessa
1. Fratelli carissimi, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo, perché sono questi i precetti che ci vennero dati come fondamentali.
2. Questi poi sono i precetti che prescriviamo a voi stabiliti nel monastero.
Capitolo 1 - Scopo e fondamento della vita comune
3. Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riuniti è che viviate unanimi nella casa e abbiate una sola anima e un sol cuore protesi verso Dio.
4. Non dite di nulla: "E' mio", ma tutto sia comune fra voi. Il superiore distribuisca a ciascuno di voi il vitto e il vestiario; non però a tutti ugualmente, perché non avete tutti la medesima salute, ma ad ognuno secondo le sue necessità. Infatti così leggete negli Atti dagli Apostoli: Essi avevano tutto in comune e si distribuiva a ciascuno secondo le sue necessità'.
5. Chi, da secolare, possedeva dei beni, entrato che sia nel monastero, li trasmetta volentieri alla Comunità.
6. Chi poi non ne possedeva, non ricerchi nel monastero ciò che nemmeno fuori poteva avere. Tuttavia si vada incontro ai bisogni della sua insufficienza, anche se, quando egli si trovava fuori, la sua povertà non era neppure in grado di procurargli l'indispensabile. Solo che non si ritenga felice per aver conseguito quel vitto e quelle vesti che fuori non si poteva permettere.
7. Né si monti la testa per il fatto di essere associato a chi, nel mondo, nemmeno osava avvicinare, ma tenga il cuore in alto e non ricerchi le vanità della terra, affinché i monasteri, se ivi i ricchi si umiliano e i poveri si vantano, non comincino ad essere utili ai ricchi e non ai poveri.
8. D'altra parte, quelli che credevano di valere qualcosa nel mondo, non disdegnino i loro fratelli che sono pervenuti a quella santa convivenza da uno stato di povertà. Vogliano anzi gloriarsi non della dignità di ricchi genitori ma della convivenza con i fratelli poveri. Né si vantino per aver trasferito alla Comunità qualche parte dei loro beni; né il fatto di distribuire al monastero le loro ricchezze, anziché averle godute nel mondo, costituisca per essi motivo di maggiore orgoglio. Se infatti ogni altro vizio spinge a compiere azioni cattive, la superbia tende insidie anche alle buone per guastarle; e che giova spogliarsi dei propri beni dandoli ai poveri e diventare povero, se la misera anima nel disprezzare le ricchezze diviene più superba che non quando le possedeva?
9. Tutti dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio.
Capitolo 2 - La preghiera
10. Attendete con alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti.
11. L'oratorio sia adibito esclusivamente allo scopo per cui è stato fatto e che gli ha dato il nome. Se perciò qualcuno, avendo tempo, volesse pregare anche fuori dalle ore stabilite, non ne sia ostacolato da chi abbia ritenuto conveniente adibire l'oratorio a scopi diversi.
12. Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel cuore ciò che proferite con la voce.
13. E non vogliate cantare se non quanto è prescritto per il canto. Evitate quindi ciò che al canto non è destinato.
Capitolo 3 - Frugalità e mortificazione
14. Domate la vostra carne con digiuni ed astinenza dal cibo e dalle bevande, per quanto la salute lo permette. Ma se qualcuno non può digiunare, non prenda cibi fuori dell'ora del pasto se non quando è malato.
15. Sedendo a mensa e finché non vi alzate, ascoltate senza rumore e discussioni ciò che secondo l'uso vi si legge, affinché non si sfami soltanto la gola, ma anche le orecchie appetiscano la parola di Dio.
16. Se alcuni vengono trattati con qualche riguardo nel vitto perché più delicati per il precedente tenore di vita, ciò non deve recare fastidio né sembrare ingiusto a quegli altri che un differente tenore ha reso più forti. Né devono crederli più fortunati perché mangiano quel che non mangiano essi; debbono anzi rallegrarsi con se stessi per essere capaci di maggiore frugalità
17. Così pure, se a quanti venuti in monastero da abitudini più raffinate si concedono abiti, letti e coperte che non si danno agli altri che sono più robusti e perciò veramente più fortunati, quest'ultimi devono considerare quanto i loro compagni siano scesi di livello passando dalla loro vita mondana a questa, benché non abbiano potuto eguagliare la frugalità di coloro che sono di più forte costituzione fisica. E poi, non debbono tutti pretendere quelle cose che sono concesse in più ad alcuni non per onore ma per tolleranza, onde evitare quel disordine detestabile per cui in monastero i ricchi si mortificano quanto più possono, mentre i poveri si fanno schizzinosi.
18. D'altra parte, siccome gli ammalati devono mangiar meno per non aggravarsi, durante la loro convalescenza dovranno esser trattati in modo da potersi ristabilire al più presto, anche se provenissero da una povertà estrema; infatti la recente malattia ha loro procurato quello stato di debolezza che il precedente tenore di vita aveva lasciato nei ricchi. Ma appena si siano ristabiliti, tornino alla loro vita normale, che è certamente più felice, poiché è tanto più consona ai servi di Dio quanto meno è esigente. Ormai guariti, il piacere non li trattenga in quella vita comoda a cui li avevano sollevati le esigenze della malattia. Si considerino anzi più ricchi se saranno più forti nel sopportare la frugalità, perché è meglio aver meno bisogni che possedere più cose.
Capitolo 4 - Custodia della castità e correzione fraterna
19. Il vostro abito non sia appariscente; non cercate di piacere per le vesti ma per il contegno.
20. Quando uscite, andate insieme ed insieme rimanete quando sarete giunti a destinazione.
21. Nel modo di procedere o di stare, in ogni vostro atteggiamento, non vi sia nulla che offenda lo sguardo altrui ma tutto sia consono al vostro stato di consacrazione.
22. Gli occhi, anche se cadono su qualche donna, non si fissino su alcuna. Certo, quando uscite, non vi è proibito veder donne, ma sarebbe grave desiderarle o voler essere da loro desiderati, perché non soltanto con il tatto e l'affetto ma anche con lo sguardo la concupiscenza di una donna ci provoca ed è a sua volta provocata. E perciò non dite di avere il cuore pudico se avete l'occhio impudico, perché l'occhio impudico è rivelatore di un cuore impudico. Quando poi due cuori si rivelano impuri col mutuo sguardo, anche senza scambiarsi una parola, e si compiacciono con reciproco ardore del desiderio carnale, la castità fugge ugualmente dai costumi anche se i corpi rimangono intatti dall'immonda violazione,
23. Ed inoltre chi fissa gli occhi su una donna e si diletta di essere da lei fissato, non si faccia illusione che altri non notino questo suo comportamento; è notato certamente e persino da chi non immaginava. Ma supposto che rimanga nascosto e nessuno lo veda, che conto farà di Colui che scruta dall'alto e al quale non si può nascondere nulla? Dovrà forse credere che non veda, perché nel vedere è tanto più paziente quanto più è sapiente? L'uomo consacrato tema dunque di spiacere a Dio per non piacere impuramente ad una donna; pensi che Dio vede tutto, per non desiderare di vedere impuramente una donna, ricordando che anche in questo caso si raccomanda il Suo santo timore dov'è scritto: E' detestato dal Signore chi fissa lo sguardo.
24. Quando dunque vi trovate insieme in chiesa e dovunque si trovino pure donne, proteggete a vicenda la vostra pudicizia. Infatti quel Dio che abita in voi, vi proteggerà pure in questo modo, per mezzo cioè di voi stessi .
25. E se avvertite in qualcuno di voi questa petulanza degli occhi di cui parlo, ammonitelo subito, affinché il male non progredisca ma sia stroncato fin dall'inizio.
26. Se poi, anche dopo l'ammonizione, lo vedrete ripetere la stessa mancanza in quel giorno o in qualsiasi altro, chiunque se ne accorga lo riveli come se si trattasse di un ferito da risanare. Prima però lo indichi ad un secondo o a un terzo, dalla cui testimonianza potrà essere convinto e quindi, con adeguata severità, indotto ad emendarsi. Non giudicatevi malevoli quando segnalate un caso del genere; al contrario non sareste affatto più benevoli se tacendo permetteste che i vostri fratelli perissero, mentre potreste salvarli parlando. Se infatti tuo fratello avesse una ferita e volesse nasconderla per paura della cura, non saresti crudele nel tacerlo e pietoso nel palesarlo? Quanto più dunque devi denunziarlo perché non imputridisca più rovinosamente nel cuore?
27. Tuttavia, qualora dopo l'ammonizione abbia trascurato di correggersi, prima di indicarlo agli altri che dovrebbero convincerlo se nega, si deve parlarne preventivamente al superiore: si potrebbe forse evitare così, con un rimprovero più segreto, che lo sappiano altri. Se negherà, allora al preteso innocente si opporranno gli altri testimoni: alla presenza di tutti dovrà essere incolpato non più da uno solo ma da due o tre persone e, convinto, sostenere, a giudizio del superiore o anche del presbitero competente, la punizione riparatrice. Se ricuserà di subirla, anche se non se ne andrà via spontaneamente, sia espulso dalla vostra comunità. Neppure questo è atto di crudeltà ma di pietà, per evitare che rovini molti altri col suo contagio pestifero.
28. Quanto ho detto sull'immodestia degli occhi, si osservi con diligenza e rettitudine anche nello scoprire, proibire, giudicare, convincere e punire le altre colpe, usando amore per le persone e odio per i vizi.
29. Chiunque poi fosse andato tanto oltre nel male da ricevere di nascosto da una donna lettere o qualsiasi dono anche piccolo, se lo confesserà spontaneamente gli si perdoni pregando per lui; se invece sarà colto sul fatto e convinto, lo si punisca molto severamente, a giudizio del presbitero o del superiore.
Capitolo 5 - Oggetti d'uso quotidiano e loro custodi
30. Conservate i vostri abiti in un luogo unico, sotto uno o due custodi o quanti baste ranno a ravviarli per preservarli dalle tarme; e, come siete nutriti da una sola dispensa, così vestitevi da un solo guardaroba. Se possibile, non curatevi di quali indumenti vi vengano dati secondo le esigenze della stagione, se cioè riprendete quello smesso in passato o uno diverso già indossato da un altro; purché non si neghi a nessuno l'occorrente. Se invece da ciò sorgono tra voi discussioni e mormorazioni, se cioè qualcuno si lamenta di aver ricevuto una veste peggiore della precedente e della sconvenienza per lui di vestire come si vestiva un altro suo confratello, ricavatene voi stessi una prova di quanto vi manchi del santo abito interiore del cuore, dato che litigate per gli abiti del corpo. Comunque, qualora questa vostra debolezza venga tollerata e vi si consenta di riprendere quello che avevate deposto, lasciate nel guardaroba comune e sotto comuni custodi quello che deponete.
31. Allo stesso modo nessuno mai lavori per se stesso ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggior impegno e più fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. Infatti, la carità di cui è scritto che non cerca il proprio tornaconto, va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Per cui vi accorgerete di aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene comune anteponendolo al vostro. E così su tutte le cose di cui si serve la passeggerà necessità, si eleverà l'unica che permane: la carità.
32. Ne consegue pure che, se qualcuno porterà ai propri figli o ad altri congiunti stabiliti in monastero un oggetto, come un capo di vestiario o qualunque altra cosa, non venga ricevuto di nascosto, anche se ritenuto necessario; sia invece messo a disposizione del superiore perché, posto fra le cose comuni, venga distribuito a chi ne avrà bisogno. Perciò se qualcuno avrà tenuto nascosto l'oggetto donatogli, sia giudicato colpevole di furto.
33. I vostri indumenti siano lavati secondo le disposizioni del superiore da voi o dai lavandai: eviterete così che un eccessivo desiderio di vesti troppo pulite contagi l'anima di macchie interiori.
34. Anche la lozione del corpo, quand'è necessaria per ragioni di malattia, non si deve mai negare, ma si faccia su consiglio del medico e senza critiche; per cui, anche contro la propria volontà, al comando del superiore il malato faccia quanto si deve fare per la salute. Se invece lui lo vuole e può risultargli dannoso, non si accondiscenda al suo desiderio: talvolta ciò che piace è ritenuto utile, anche se nuoce.
35. Infine, trattandosi di sofferenze fisiche nascoste, si dovrà credere senza esitazione servo di Dio chi manifesta la propria indisposizione. Si consulti però il medico, se non si è certi che per guarirlo giova ciò che gli piace.
36. Ai bagni o dovunque sarà necessario andare, non si vada in meno di due o tre. E chi ha necessità di portarsi in qualche luogo, dovrà andarvi non con chi vuole ma con chi gli sarà indicato dal superiore.
37. La cura degli ammalati, dei convalescenti e degli altri che anche senza febbre soffrano qualche indisposizione, sia affidata ad uno solo, che ritiri personalmente dalla dispensa quel che avrà giudicato necessario a ciascuno.
38. I custodi della dispensa, del guardaroba e della biblioteca servano con animo sereno i loro fratelli,
39. I libri si chiedano giorno per giorno alle ore stabilite; e non si diano a chi li chiederà fuori orario.
40. Ma vesti e calzature, se necessarie a chi le chiede, vengano date senza indugio da chi le ha in custodia.
Capitolo 6 - Il condono delle offese
41. Liti non abbiatene mai, o troncatele al più presto; altrimenti l'ira diventa odio e trasforma una paglia in trave e rende l'anima omicida. Così infatti leggete: Chi odia il proprio fratello è un omicida.
42. Chiunque avrà offeso un altro con insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi di riparare al più presto il suo atto. E a sua volta l'offeso perdoni anche lui senza dispute. In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più dovranno essere sincere. Tuttavia chi, pur tentato spesso dall'ira, è però sollecito a impetrare perdono da chi riconosce d'aver offeso, è certamente migliore di chi si adira più raramente ma più difficilmente si piega a chiedere perdono. Chi poi si rifiuta sempre di chiederlo o non lo chiede di cuore, sta nel monastero senza ragione alcuna, benché non ne sia espulso. Astenetevi pertanto dalle parole offensive; ma se vi fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre i rimedi da quella stessa bocca che diede origine alle ferite.
43. Quando però per esigenze di disciplina siete indotti a usare parole dure nel correggere gli inferiori, non si esige da voi che ne chiediate perdono, anche se avvertire di aver ecceduto: per salvare un'umiltà sovrabbondante non si può spezzare il prestigio dell'autorità presso chi deve starvi soggetto. Bisogna però chiederne perdono al Signore di tutti, che sa con quanta benevolenza amiate anche coloro che forse rimproverate più del giusto. L'amore tra voi, però, non sia carnale, ma spirituale.
Capitolo 7 - Spirito dell'autorità e dell'obbedienza
44. Si obbedisca al superiore come ad un padre, col dovuto onore per non offendere Dio nella persona di lui. Ancor più si obbedisco al presbitero che ha cura di tutti voi.
45. Sarà compito speciale del superiore far osservare tutte queste norme; non trascuri per negligenza le eventuali inosservanze ma vi ponga rimedio con la correzione. Rimetta invece al presbitero, più autorevole su di voi, ciò che supera la sua competenza o le sue forze.
46. Chi vi presiede non si stimi felice perché domina col potere ma perché serve con la carità. Davanti a voi sia tenuto in alto per l'onore; davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi. Si offra a tutti come esempio di buone opere; moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente con tutti. Mantenga con amore la disciplina, ne imponga il rispetto; e, sebbene siano cose necessarie entrambe, tuttavia preferisca piuttosto di essere amato che temuto, riflettendo continuamente che dovrà rendere conto di voi a Dio.
47. Perciò, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà non solo di voi stessi ma anche di lui, che si trova in un pericolo tanto più grave quanto più alta è la sua posizione tra voi.
Capitolo 8 - Osservanza della Regola
48. Il Signore vi conceda di osservare con amore queste norme, quali innamorati della bellezza spirituale ed esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, non come servi sotto la legge, ma come uomini liberi sotto la grazia.
49. Perché poi possiate rimiravi in questo libretto come in uno specchio onde non trascurare nulla per dimenticanza, vi sia letto una volta la settimana. Se vi troverete ad adempiere tutte le cose che vi sono scritte, ringraziatene il Signore, donatore di ogni bene. Quando invece qualcuno si avvedrà di essere manchevole in qualcosa, si dolga del passato, si premunisca per il futuro, pregando che gli sia rimesso il debito e non sia ancora indotto in tentazione.




Cor Sanctissimum Mariae,
Cor amantissimum,
Cor mitissimum,
Ora pro nobis!

Beato John Henry Newman

Così il  Padre ci ama

"Iddio ci vede e ci conosce tutti, uno a uno.

Chiunque tu sia, egli ti vede individualmente.
Egli ti chiama col tuo nome. 
Egli ti comprende
quale realmente ti ha fatto.

Egli conosce ciò che è in te, 
tutti i tuoi sentimenti 
pensieri più intimi, 
le tue disposizioni e preferenze,
la tua forza e la tua debolezza.

Egli ti guarda nel giorno della gioia
e nel giorno della tristezza,
ti ama nella speranza e nella tua tentazione,
s'interessa di tutte le tue ansietà,
di tutti i tuoi ricordi,
di tutti gli alti e bassi del tuo spirito.

Egli ha perfino contato i capelli del tuo capo
e misurato la tua statura,
ti circonda e ti sostiene con le sue braccia,
ti solleva e ti depone.

Egli osserva i tratti del tuo volto,
quando piangi e sorridi,
quando sei malato e quando godi buona salute.
Con tenerezza Egli guarda le tue mani e i tuoi piedi;
sente la tua voce, il battere del tuo cuore,
ode perfino il tuo respiro.

Tu non ami te stesso più di  quanto Egli ti ama.

Tu non puoi fremere innanzi al dolore
come Egli freme vedendolo venire sopra di te,
e se tuttavia te lo impone,
è perchè anche tu,
se fossi davvero sapiente,
lo sceglieresti per un maggior bene futuro..."


(
John Henry Newman)


<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>
Dignare, dulcis Maria, nunc, et semper: 
 * nos sine delicto conservare.

MACARIO d'Egitto: CONSIGLI SPIRITUALI


Pseudo Macario: Consigli spirituali

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CONSIGLI SPIRITUALI 

1. Quando l'Apostolo ci dice: "Spogliatevi del vecchio uomo" (Efes. 4, 22), intende l'uomo totale, quello che aderisce ai nostri occhi, alle nostre mani e ai nostri sensi. Il maligno inquinò e fece deviare tutto l'uomo, anima e corpo, e lo ricoprì con la realtà dell'uomo vecchio, cioè con quella dell'uomo profanato, contaminato, ostile a Dio e ribelle alla sua legge; in questo consiste il primo peccato. Cosicchè l'uomo non vede più in modo conforme alla sua natura, ma il suo vedere, udire, camminare, agire e sentire sono legati al male.

Preghiamo Dio che ci renda nudi dell'uomo vecchio; Lui solo può liberarci dal peccato. Le forze del male che ci tengono schiavi nel regno del maligno sono più forti di noi; ma il Signore ci ha promesso di liberarci da questa schiavitù (Migne 34, 464 C).

2. L'anima si volge dalle maligne divagazioni conservando la vigilanza del cuore; ciò impedisce ai sensi ed ai pensieri di vagare nel mondo esteriore (Migne 34, 473 D).

3. Il fondamento vero della preghiera è questo: vigilare sui pensieri, e abbandonarsi all'orazione in grande quiete e pace così da non turbare gli altri. Sicuramente chi porta avanti al suo pieno sviluppo la grazia di Dio ricevuta, con un modo silenzioso di ascesa orante, è di maggior aiuto agli altri, perchè il nostro Dio, non è un Dio di confusione ma di pace (1 Cor. 14, 33).
Chi è solito pregare ad alta voce è simile ai banditori, e non può pregare ovunque, certo non nelle adunanze e nei luoghi abitati, ma solo nei posti solitari a sua scelta. Chi prega in silenziosa compostezza, lo può fare ovunque con edificazione di tutti. Costui deve portare tutto il suo sforzo sui pensieri, spezzare la turma dei pensieri maligni che l'attorniano, mettersi davanti a Dio; non eseguire le velleità di essi (pensieri), cercare invece di raccoglierli dalla dispersione separando i pensieri conformi alla natura da quelli malvagi (Migne 34, 520 B).

4. Alle volte basta che uno pieghi le ginocchia per pregare e subito il suo corpo si trova inondato dalla divina energia e gioisce l'anima della presenza del Signore come di quella dello Sposo. Altre volte invece, dopo un giorno intero di impegni laboriosi e dissipatori, uno, in una breve ora di preghiera, trova il suo io interiore rapito nell'orazione e immerso nello sconfinato mare dell'eterno; con dolcezza grande la sua mente, assorta e sospesa, dimora in quella regione ineffabile. 
In quel momento tacciono tutte le preoccupazioni esteriori, le forze mentali attratte dalle incommensurabili e inesprimibili realtà celesti, ricolme di stupore indicibile, riescono solo a formulare questa preghiera: Possa l'anima mia insieme alla preghiera emigrare all'altra sponda! (Migne 34, 528c).

5. L'anima, quando vien ritenuta degna di aver parte alla chiarità luminosa dello Spirito, venendo illuminata da questo splendore ineffabile si trasforma nella dimora adatta a riceverlo. Essa è allora tutta luce e nessuna parte in lei è priva dello spirituale occhio della luce. Niente è tenebroso in lei, essa è luce, spirito e capacità visiva. Tutto in lei è chiaro e semplice, essendo accesa dalla luce di Cristo che in lei ha stabilito la sua dimora. (Migne 34, 451 a).

6. Se uno, dopo aver rinunciato alle realtà esteriori, non ha sostituito, in tutta la sua pienezza, la comunione carnale propria degli esseri terreni con la comunione delle realtà celesti, e non ha avvicendato la gioia illusoria del mondo con quella interiore dello Spirito, conforto derivante dalla grazia celeste e placazione interiore che nasce dalla contemplazione della chiarità luminosa del Signore... Costui è un sale che ha perduto il sapore. (Migne 812 d).







7. Segno della presenza del Cristianesimo è questo: dopo aver affrontato ogni sorta di travagli e aver compiuto opere di verità, il riconoscersi incapace di alcunchè di bene. Ed anche se uno è giusto davanti a Dio la sua coscienza deve dirgli: "ogni giorno incomincio di nuovo".
Ogni giorno sia accompagnato dalla speranza, dalla gioia, dalla fiducia di giungere al regno futuro della salvezza. Ripetersi spesso: "Se oggi non ho raggiunto la liberazione, vi riuscirò domani !". Chi ha intenzione di piantare una vigna, avanti di accingersi al lavoro è nutrito dalla speranza e dalla gioia, e nella sua mente sogna la vendemmia e calcola i guadagni prima che il vino sia fatto; con questo animo può affrontare la fatica. (Migne 34, 681 b).


8. Il Cristianesimo è cibo e bevanda; quanto più uno se ne nutre, tanto più dalla sua dolcezza la mente è attratta trovandosene sempre insaziabilmente bisognosa. in verità lo Spirito è cibo e bevanda che mai dà sazietà. (Migne 34, 682 c).

9. Una cosa è parlare del cibo e della tavola imbandita, altra cosa è prendere e mangiare il pane saporoso e dar vigore a tutte le membra del corpo. Una cosa è discorrere della più soave bevanda, altra è andare ad attingere alla fonte e saziarsi col bere il soave liquore... Una cosa è rimuginare discorsi nella mente con una certa conoscenza, altra è portare la grazia, il sapore e la forza dello Spirito Santo in una partecipazione personale viva e fattiva, così da mostrare di possedere il tesoro delle realtà spirituali con pienezza nella mente e in tutto l'uomo interiore. (Migne, 34, 701 b).


10. Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne deve avere davanti Il volto, cosicchè quando il re posa davanti a lui con abilità e grazia lo ritrae: ma se il re è girato dalla parte opposta, il pittore non può compiere l'opera sua, perchè il suo occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono verso di Lui costantemente orientati. Se qualcuno non lo fissa di continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà in se stesso l'immagine del Signore disegnata dalla sua luce.
Il nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando tutto per essere solo in Lui intenti, affinchè nel nostro intimo si imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo giungere alla vita senza fine (Migne 34 724a).


 <<Maria Madre di grazia 
e Madre di misericordia:
 Difendici dal nemico 
e accoglici nell’ora della morte>>