martedì 4 settembre 2012

Spiritualis Communio


Spiritualis Communio

"Mi Iésu,/ crédo Te in Sanctìssimo Sacraménto adésse,/
Te ànte òmnia àmo,/ Tùi desidério tòto còrde flàgro./
Quìa nunc per sacraméntum Te accìpere néqueo,/
sàltem, spìritu tàntum, quæso,/ in cor méum véni...

Quàsi iàm præséntem Te ampléctor,/ Totùmque me Técum iùngo;/
ne ùmquam sìnas ut a Te discédam".

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>







lunedì 3 settembre 2012

Nell’anno della fede e per la nuova evangelizzazione è necessaria una forte ripresa del fondamento teologico della liturgia pastorale


IL senso teologico della liturgia

Autore: Oliosi, Don Gino  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
venerdì 27 luglio 2012

Nell’anno della fede e per la nuova evangelizzazione è necessaria una forte ripresa del fondamento teologico della liturgia pastorale
«Alla vigilia del Concilio, infatti, appariva sempre più viva in campo liturgico l’urgenza di una riforma, postulata anche dalle richieste avanzate dai vari episcopati…Inoltre, si rivelava chiara fin dall’inizio la necessità di studiare in modo approfondito ilfondamento teologico della Liturgia, per evitare di cadere nel ritualismo o di favorire il soggettivismo, il protagonismo del celebrante e affinché la riforma fosse ben giustificata nell’ambito della Rivelazione divina e in continuità con la tradizione della Chiesa» [Benedetto XVI, Discorso al pontificio istituto liturgico, 7 maggio 2011].

Importante il connubio tra storia, teologia e pastorale della liturgia. Ma occorre rilevare che la storia della liturgia, indispensabile e preziosa, potrebbe però tendere anche verso l’archeologismo liturgico, per il quale si vorrebbe una dimensione rituale del tutto identica alle origini, con la mancanza di un dinamismo a scapito degli sviluppi successivi nella continuità o Tradizione viva. Il cammino della Chiesa cioè della persona viva del Risorto presente tra i suoi con una ontologia sacramentale soprattutto quando convengono nella preghiera liturgica con il dono del Suo Spirito, non solo memorizza nel presente ma spinge in avanti: non posso fare riferimento alla tradizione della Chiesa assolutizzando un momento. Ritornare alla forma classica romana antica è certo un buon criterio per comprendere i riti nelle loro linee essenziali e primarie e valutare il senso dello sviluppo e il valore degli elementi di sviluppo. Tuttavia una ‘mitizzazione’ dell’epoca antica potrebbe negare la legittimità a sviluppi nella continuità altrettanto necessari e oggi irrinunciabili nella crescita organica del complesso rituale. Fu un pericolo, comprensibile e reale, che portò a una spogliazione talvolta eccessiva. Anche la forte considerazione pastorale può aver spinto, insieme alle legittime esigenze consone con l’intento fondamentale della riforma di ridonare al popolo la liturgia, a non tener conto la tradizione contenuta in forme specifiche consacrate dall’uso dottrinale e liturgico e non facilmente sostituibili. La ricerca di moduli simbolici, gestuali e linguistici conformi alle culture odierne antimetafisiche e quindi incapaci di comprendere l’ontologia sacramentale e l’accentuazione di quei contenuti psicologici e sociali che toccano con maggior immediatezza la sensibilità dell’uomo d’oggi ha prodotto certamente una grande sforzo pastorale, ma a prezzo, talvolta, di un impoverimento o un oscuramento dell’immensa ricchezza liturgica fluente nei secoli. Potrebbe essersi verificato, insomma, in taluni momenti della riforma e certamente nella sua attuazione pratica, una specie di cortocircuito tra storia liturgica e pastorale liturgica, senza un passaggio altrettanto robusto attraverso la teologia liturgica. I Padri Conciliari nell’elaborare la Sacrosanctum Concilium avevano sottomano Il Senso teologico della liturgia di Vagaggini. La teologia liturgica in realtà è quella che consente di individuare la legittimità degli sviluppi secolari, distinguendo quelli dottrinalmente coerenti e conforma alla continuità dinamica della Tradizione apostolica, da quelli incoerenti e difformi dal dogma della fede, e dalla sua espressione organica, coerente e progressiva. Non tutto ciò che avvenne nella storia dei riti fu anche sempre nobile e mirabile. Vi furono epoche di decadenza, come oggi accade per il fondamento teologico di tutta la pastorale, e la liturgia ne subì l’influsso. Occorre oggi ridare fiato al fondamento teologico di tutta la pastorale, a cominciare dalla liturgia, ritornare allo spirito della liturgia, come direbbe Benedetto XVI. E questo per evitare gli scogli sia dell’archeologismo, che fa della liturgia un museo dell’antichità, della riforma tridentina, di san Pio X senza nessuna possibilità di sviluppo, sia del pastoralismo, che spinge la liturgia verso una tale attualizzazione in luoghi e ambienti che spinge la liturgia verso una tale attualizzazione da dissolversi nell’invenzione. 
E’ in questa completa prospettiva che la Chiesa oggi con serena e grata esultanza recupera alcune forme medioevali del culto eucaristico, del realismo ontologico tridentino della dimensione sacrificale e della presenza reale nell’eucaristia, che non furono esplicitate nel primo millennio, ma il mistero, l’ontologia sacramentale, a esse sotteso fu sempre creduto e vissuto fin dalle origini apostoliche. 
Analogo discorso per il realismo ontologico tridentino della Messa come Sacrificio, dell’altare non riducibile a mensa, della prece eucaristica celebrata in silenzio da chi agisce in persona Christi, trovano la loro legittimazione nella teologia sacrificale, che è parte ineliminabile, anzi centrale, di una vera e completa teologia liturgica. E sarà sulla base della teologia liturgica che si potranno prospettare, con l’apporto sia oggi della forma extra ordina e ordinaria dell’unico rito romano nuovi sviluppi unitari del rito, come già avvenne mediante la dottrina espressa sia nella Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium e in modo ancora più esteso nell’ecclesiologia sacramentale della Lumen gentium. In questa superiore sintesi, nella quale la teologia ritorna ad essere il fondamento sia della pastorale in generale, sia della pastorale liturgica, potranno preparare quegli sviluppi ulteriori che l’itinerario vivo del popolo di Dio, per la presenza in esso del Risorto con il dono del suo Spirito, potranno maturare.
*

«Sono ugualmente errati l’archeologismo e il pragmatismo pastorale. I due si potrebbero definire come una fatale coppia di gemelli. I liturgisti della prima generazione erano prevalentemente degli storici. Erano quindi inclini all’archeologismo: essi volevano dissotterrare la forma più antica nella sua purezza; consideravano gli attuali libri liturgici, con i riti ivi prescritti, come espressione di escrescenze storiche, prodotte da equivoci e da ignoranza del passato. Si cercava di ricostruire la più antica liturgia romana e di ripulirla da tutti gli aggiuntivi posteriori. In questo vi era qualcosa di giusto, ma la riforma liturgica è tuttavia qualcosa di diverso da una attività archeologica, e non ogni sviluppo di ciò che è vivo deve seguire logicamente un criterio razionalistico – storicistico. Questo è anche il motivo per cui l’ultima parola nella riforma liturgica non deve spettare agli esperti. Esperti e pastori hanno gli uni come gli altri una loro propria funzione (come nella politica specialisti e responsabili delle decisioni rappresentano due piani diversi)» [J. Ratzinger, Opera omnia, pp. 791 – 792].
“Si possono individuare – don Enrico Finotti Vaticano II 50 anni dopo, pp. 381 – 383 – molti sintomi che rivelano che i sacramenti non abbiano un’equilibrata integrazione e ancor meno il loro primato in settori importanti della pastorale ecclesiale e nel tessuto della vita del cristiano:

il facile rimando nel tempo del battesimo dei bambini che si traduce in una esorbitante attesa, oppure, nel caso peggiore, in una negazione di tale sacramento in vista di una richiesta consapevole nell’età adulta:
«Fin da piccoli, i bambini hanno bisogno di Dio, perché ogni uomo dall’inizio ha bisogno di Dio, ed hanno la capacità di percepire la sua grandezza; sanno apprezzare il valore della preghiera – del parlare con questo Dio – e dei riti, così come intuire la differenza fra il bene e il male. Sappiate, allora, accompagnarli nella fede, in questa conoscenza di Dio, in questa amicizia con Dio, in questa differenza fra il bene e il male. Accompagnateli nella fede sin dalla più tenera età. E come coltivare il germe della vita eterna a mano a mano che il bambino cresce? San Cipriano ci ricorda: ‘Nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre’» [Benedetto XVI, Discorso a san Giovanni in Laterano, 15 giugno 2011].

L’eccessiva considerazione del ruolo della catechesi (senza la preminenza fondamentale dell’avvenimento dell’incontro sacramentale con la persona viva del Risorto) e delle mutevoli ipotesi metodologiche tende a ritardare il più possibile sia la recezione della prima Confessione e della prima Comunione, sia della Confermazione: si nota una tendenza tipica dell’errore giansenista, già superato dal decreto Quam singulari (1910) di S. Pio X, secondo il quale l’efficacia dell’azione formativa umana è ritenuta di fatto superiore a quella dell’azione sacramentale della grazia, che non accompagna il cammino, ma lo corona soltanto;

L’estensione sproporzionata del carattere didascalico della liturgia della Parola della Messa, rispetto alla celebrazione troppo breve, veloce e subito terminata della successiva liturgia sacrificale e sacramentale, ridotta talvolta ad una questione di orologio;

L’acquiescenza verso la convivenza come esperienza previa al matrimonio: il sacramento è prospettato in un futuro che mai arriva ed è inteso come coronamento di un itinerario, piuttosto che come base iniziale di un edificio quale è la famiglia cristiana, che Cristo stesso edifica con la sua grazia;

L’impostazione pastorale della parrocchia a prevalente carattere umanitario, nella quale i sacramenti e la liturgia tendono alla marginalità in favore di attività a forte impatto sociologico, culturale e folcloristico: si pensi a talune feste patronali in cui la predicazione, la preghiera, la degna recezione dei sacramenti e la centralità della liturgia sono sommerse da programmi solidaristici, sportivi, musicali e ricreativi;

La riduzione della missione a promozione umana, sia promuovendo l’impegno caritativo senza la connessione ai sacramenti, sia rapportandosi col mondo sui soli valori condivisi, senza mai giungere a un annunzio esplicito di Cristo e all’incontro con la celebrazione sacramentale della sua opera di salvezza.

All’inizio degli anni settanta c’è stata una giusta valutazione critica verso unasacramentalizzazione formale, senza l’accompagnamento mirato alle concrete persone e alla loro coscienza e libera accoglienza attraverso l’ascolto della Parola di Dio. Ma oggi c’è il rischio dell’oblio della fondamentale centralità dell’ontologia sacramentale, fondamento della fede e quindi della moralità conseguente come della nuova evangelizzazione..

Articoli correlati

COR MARIAE, 
COR JUSTISSIMUM
ora pro nobis.

Fascino del latino sui giovani sul Bollettino Salesiano. * In Vaticano traducono «indirizzo email» con «inscriptio cursus electronici»; mountain bike è “bírota montāna”, paracadute diventa “umbrella descensória”. ...


Nel 50° della Veterum Sapientia di Giovanni XXIII nascera una nuova 'Pontificia Academia Latinitatis' - Così Benedetto XVI vuole promuovere il latino

Così il Papa vuole promuovere il latino-
A lezione di latino - Benedetto XVI pubblicherà un motu proprio per istituire la «Pontificia Academia Latinitatis». E in Vaticano traducono «indirizzo email» con «inscriptio cursus electronici»di A. Tornielli, da Vatican Insider del 31.08.2012





Città del Vaticano
«Foveatur lingua latina». Papa Ratzinger vuole far crescere la conoscenza della lingua di Cicerone, di Agostino e di Erasmo da Rotterdam, nell’ambito della Chiesa ma anche della società civile e della scuola e sta per pubblicare un motu proprio che istituisce la nuova «Pontificia Academia Latinitatis». Fino ad oggi Oltretevere ad occuparsi di mantenere in vita l’antico idioma era stata una fondazione, «Latinitas» [qui anche il link alla pagina in latino del sito della Santa Sede, n.d.r.], rimasta sotto l’egida della Segreteria di Stato e ora destinata a scomparire: oltre a pubblicare l’omonima rivista e a organizzare il concorso internazionale «Certamen Vaticanum» di poesia e prosa latina negli anni si è occupata di tradurre in latino parole moderne.
L’imminente istituzione della nuova accademia pontificia che si affianca alle undici già esistenti – tra le quali ci sono le più note dedicate alle scienze e alla vita – è confermata in una lettera che il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura, ha inviato a don Romano Nicolini, un sacerdote riminese grande propugnatore del ritorno dell’ora di latino nella scuola media inferiore. Ravasi ha ricordato che l’iniziativa dell’Accademia è «voluta dal Santo Padre» ed è promossa dal dicastero vaticano della cultura [di cui il Card. Ravasi è presidente, n.d.r.]: vi faranno parte «eminenti studiosi di varie nazionalità, con finalità di promuovere l’uso e la conoscenza della lingua latina sia in ambito ecclesiale sia in ambito civile e quindi scolastico». Un modo per rispondere, conclude il cardinale nella lettera, «a numerose sollecitazioni che ci giungono da diverse parti del mondo».

Sono passati cinquant’anni da quando Giovanni XXIII, ormai alla vigilia del Concilio, promulgò la costituzione apostolica «Veterum sapientia» per definire il latino come lingua immutabile della Chiesa e ribadirne l’importanza, chiedendo alle scuole e università cattoliche di ripristinarlo nel caso fosse stato abbandonato o ridotto. Il Vaticano II stabilirà di mantenere il latino in alcune parti della messa, ma la riforma liturgica post-conciliare ne avrebbe abolito ogni traccia nell’uso comune. Così, mentre mezzo secolo fa prelati di ogni parte del mondo riuscivano a capirsi parlando l’idioma di Cesare e i fedeli mantenevano un contatto settimanale con esso, oggi nella Chiesa il latino non gode di buona salute. E sono altri ambiti, laici, interessati a promuoverla.

Oltretevere continuano comunque a lavorare studiosi che propongono neologismi per tradurre le encicliche papali e i documenti ufficiali. Un lavoro non facile è stato quello di tradurre in latino l’ultima enciclica di Benedetto XVI, «Caritas in veritate» (luglio 2009), dedicata alle emergenze sociali e alla crisi economico finanziaria. Alcune scelte dei latinisti della Santa Sede sono state criticate da «La Civiltà Cattolica», l’autorevole rivista dei gesuiti, che ha ritenuto discutibile la scelta dei termini «delocalizatio», «anticonceptio» e «sterilizatio», approvando invece le scelte di «plenior libertas» per liberalizzazione, e di «fanaticus furor» per fanatismo». Tra le curiosità, l’espressione «fontes alterius generis» per tradurre le fonti alternative e «fontes energiae qui non renovantur» per le risorse energetiche non rinnovabili.

L’iniziativa del Papa di istituire una nuova Pontificia Accademia è un segnale significativo, di rinnovata attenzione. «Il latino educa ad avere stima delle cose belle – spiega don Nicolini, che ha diffuso nelle scuole medie diecimila copie di un opuscolo gratuito introduttivo alla lingua latina e sta diffondendo l’appello per farla tornare tra le materie curricolari – e ci educa anche a dare importanza alle nostre radici».

Tra coloro che si occupano di rinnovare il lessico latino per poter comunicare ancora oggi nella lingua ciceroniana c’è don Roberto Spataro, 47 anni, [qui un'intervista a padre Spataro a cura di S. Cernuzio, Zenit, e qui un'altra sua intervista sul fascino del latino sui giovani uscita proprio sul Bollettino Salesiano; n.d.r.] è docente di Letteratura cristiana antica e segretario del Pontificium Institutum Altioris latinitatis, voluto da Paolo VI presso l’attuale Università Pontificia Salesiana di Roma. [presso cui lo scorso febbraio è stato organizzato un convegno di alto profilo proprio in occasione del 50° della Costituzione Veterum sapientia; si veda anche qui, un altro nostro post sulla ricorrenza, n.d.r.]. «Come tradurrei “corvo”? Mi aspettavo questa domanda… Ecco, direi: “Domesticus delator” o “Intestinus proditor”», risponde il sacerdote. E spiega come nascono i neologismi latini: «Esistono due scuole di pensiero. La prima, che potremmo definire anglosassone, ritiene che prima di creare un neologismo per tradurre parole moderne bisogna passare al setaccio tutto ciò che è stato scritto in latino lungo i secoli, non soltanto il latino classico. L’altra scuola, che per comodità definirei latina, ritiene che si possa essere più liberi nel creare una circonlocuzione che renda bene l’idea e il significato della parola moderna, mantenendo però il sapore del latino classico, ciceroniano».
Spataro appartiene alla seconda scuola e invita «a sfogliare l’ultima edizione del “Lexicon recentis latinitatis”, curato da don Cleto Pavanetto, eccellente latinista salesiano, e pubblicato nel 2003, con ben 15.000 vocaboli moderni resi in lingua latina». [edito Libreria Editrice Vaticana, QUI sul sito della Santa Sede l'elenco dei termini "recenti" tradotti in latino, n.d.r.]. Ad esempio, fotocopia si traduce “exemplar luce expressum”, banconota diventa “charta nummária”, basket-ball “follis canistrīque ludus”, best seller è “liber máxime divénditus”, i blue-jeans sono “bracae línteae caerúleae”, mentre goal è “retis violátio”. Gli hot pants diventano “brevíssimae bracae femíneae”, l’IVA si traduce “fiscāle prétii additamentum”, mountain bike è “bírota montāna”, paracadute diventa “umbrella descensória”. Nel Lexicon mancano però i riferimenti al web. «In effetti non ci sono – spiega don Spataro – ma negli ultimi nove anni tra chi scrive e parla in latino si sono coniate nuove espressioni. Così internet è “inter rete”, e l’indirizzo email “inscriptio cursus electronici”».


VAS AUREUM, 
OMNI LAPIDE PRETIOSO ORNATUM!

La Cintura della Madre di Dio






Notizia del 31/08/2012 stampata 
dal sito web www.lucisullest.it

La Cintura della Madre di Dio, che è stata ritrovata, non si sa molto bene come, nel Vescovato di Zela, nelle vicinanze di Amasée, nell'Ellesponto, fu trasferita a Costantinopoli sotto il regno di Giustiniano (nel 530 circa), e depositata nella chiesa di Chalcoprateia, situata non lontano da Santa Sofia. Vi si celebra, in questo giorno, la Consacrazione della chiesa e le due insigni Reliquie che vi si trovavano: la Santa Cintura e le Fasce di Nostro Signore.

Molti anni dopo, verso l'888, Zoè, sposa dell'imperatore Leone il Saggio, essendo gravemente malata, trovandosi sotto l'effetto di uno spirito maligno, nel corso di una rivelazione, le fu confidato che avrebbe ottenuto la guarigione, con l'imposizione della Cintura della Madre di Dio. L'imperatore fece immediatamente infrangere i sigilli della cassa che conteneva la Reliquia e vi si scoprì, con stupore, che la Santa Cintura, si trovava in uno stato da sembrare nuova e brillante, come se fosse appena stata tessuta.
Si trovò, di lato, un documento che indicava esattamente la data nella quale era stata portata a Costantinopoli e come, lo stesso imperatore, l'aveva riposta nella cassa e sigillata con le sue proprie mani. L'imperatore Leone, baciò la Reliquia con venerazione e la consegnò al Patriarca. Quando il prelato impose la Cintura sul capo dell'imperatrice, questa fu liberata dalla malattia. Tutti resero gloria a Cristo Salvatore e alla sua Santissima Madre e si ricollocò la Reliquia nella cassa, dopo che l'imperatrice l'ebbe impreziosita con fili d'oro.
Tratto dal Synaxario di Constantinopoli, Confermato dal Ménologio* Imperiale (Xe s.) libro liturgico che raccoglie, mese per mese, le preghiere liturgiche, gli inni e le preghiere dedicati a ciascun santo per tutti i giorni dell'anno.

Tropario del Santo del giorno

Madre di Dio sempre vergine,
protezione degli uomini, hai donato
alla tua città, come potente riparo,
la veste e la cintura del tuo corpo immacolato,
rimaste incorrotte grazie al tuo parto senza seme:
in te infatti natura e tempo sono rinnovati.
Noi dunque ti supplichiamo di donare a tutta la terra
la pace, e alle anime nostre la grande misericordia.

Tropario del Santo della Chiesa
Cantiamo la sposa di Cristo degna di ogni lode,
la divina Caterina, protettrice del Sinai,
nostro aiuto e soccorso:
essa ha splendidamente chiuso la bocca
con la spada dello spirito ai più abili
tra gli empi, ed ora incoronata come martire,
chiede per tutti la grande misericordia.


AVE AVE AVE MARIA!


«La mia ora arriverà quando Io, in modo sorprendente, detronizzerò l’orgoglioso e maledetto Satana, schiacciandolo sotto il mio piede e incatenandolo negli abissi infernali».


Nostra Signora del Buon Successo
- 400° anniversario -
di Franco Adessa

Il 400° anniversario dell’approvazione della devozione a Nostra Signora del Buon Successo, da parte della Chiesa, sarà celebrato a Quito (Ecuador), il 2 febbraio 2010, con una grande cerimonia. Questo giorno di festa di Nostra Signora del Buon Successo cade in un giorno festivo, riconosciuto dalla Chiesa Cattolica: la Festa della Purificazione o giorno della Candelora.


Perché è così importante questa devozione per i nostri tempi?
Tra il 1582 e il 1634, la Madonna apparve, a Quito (Ecuador), ad una Suora di clausura delle Concezioniste, Madre Mariana de Jesús Torres, chiedendo di essere conosciuta e invocata sotto il titolo di “Nostra Signora del Buon Successo”.
Ella parlava a Madre Mariana dei tempi futuri della Chiesa cattolica, in particolare nel periodo “dalla metà del secolo XX in poi”. La Madonna le descrisse la grave crisi che avrebbe subìto la Chiesa Cattolica e la società in generale, condannando, in diverse occasioni, l’opera satanica, demolitrice e devastatrice della Massoneria, sia nei confronti della Chiesa Cattolica che della società.
Nell’Apparizione del 1582, con la SS. Trinità, la Madonna chiese e ottenne da Madre Mariana il suo consenso di offrirsi come vittima sacrificale non solo per il suo Convento e il suo Paese, ma, soprattutto, per la Chiesa Cattolica Universale e la società che, nel periodo profetizzato del secolo XX, sarebbero precipitati in una crisi drammatica e profonda.

La Madonna insistette sulla necessità della preghiera, della mortificazione, della penitenza e della sofferenza, non solo come dono gradito a Dio, ma come unico strumento col quale Madre Mariana e il suo Convento sarebbero state in grado di aiutare la Chiesa Cattolica e il mondo.
Le Apparizioni di Nostra Signora del Buon Successo a Madre Mariana contengono molte profezie, inerenti alla società, al Governo e alla Chiesa dell’Ecuador, ma offrono anche una visione dello stato disastroso in cui la Chiesa Cattolica Universale e il mondo intero sarebbero precipitati nel secolo XX ed oltre. Nel corso di questi ultimi 400 anni, la maggior parte di queste profezie si sono avverate, ed anche questo dimostra l'autenticità di queste Apparizioni. Ma ve ne sono altre che si devono ancora realizzare, in particolare quella della “Restaurazione completa della Chiesa Cattolica”.

Sin dall’approvazione del Vescovo di Quito, avvenuta nel 1610, tutti i Vescovi che si sono succeduti nella diocesi hanno sempre promosso ufficialmente e pubblicamente questa devozione. Ora, ci si domanda: perché dopo 400 anni i fedeli della Chiesa Cattolica Universale dovrebbero coltivare questa devozione e rivolgersi alla Madonna sotto l’invocazione di Nostra Signora del Buon Successo?

In queste sue profezie, la Madonna chiese a Madre Mariana di adoperarsi perché i popoli, che sarebbero stati colpiti dall’ira di Dio, si potessero rivolgere al Padre Celeste “supplicandolo con insistenza” di accorciare i tempi di questo “castigo divino”, promettendo che Lei stessa, un giorno, avrebbe, in modo meraviglioso, operato la “Restaurazione completa della Chiesa Cattolica”.
Per promuovere questa devozione, più volte la Madonna aveva ordinato a Madre Mariana di far scolpire una statua a sua immagine, fino a quando, il 21 gennaio 1610, le disse:
«... Ora ti comando di far costruire la mia statua per la consolazione e la preservazione del mio Convento e per le anime di quel tempo, che vivranno in un’epoca in cui vi sarà una grande devozione per Me, perché Io sono la Regina del Cielo sotto molte invocazioni. Questa devozione sarà lo scudo tra la Giustizia Divina e il mondo prevaricatore, per impedire l’attuazione della terribile punizione di Dio, che questa terra colpevole si merita».

Questa Sacra Statua fu completata nel corso di un anno e fu consacrata dal Vescovo di Quito, il 2 febbraio del 1611. Questa è la Sacra Statua di Nostra Signora del Buon Successo, miracolosamente completata dai tre Arcangeli Gabriele, Raffaele e Michele, e che risiede tuttora nel Convento del’Immacolata Concezione di Quito.

«La mia ora arriverà quando Io,
in modo sorprendente,
detronizzerò l’orgoglioso e maledetto Satana,
schiacciandolo sotto il mio piede
e incatenandolo negli abissi infernali».
(Nostra Signora del Buon Successo, 2 febbraio 1634)

NB.
Per saperne di più sulla devozione a Nostra Signora del Buon Successo, leggete il file PDF del Numero Speciale di “Chiesa viva” n. 413, allegato,




...Alla fine del secolo scorso [XIX], tutto ciò si è puntualmente realizzato. Nel 1873, infatti il valoroso Presidente dell’Equador, Gabriel Garcia Moreno, fece consacrare solennemente la sua nazione al Sacro Cuore di Gesù, dopo aver combattuto energicamente l’influenza della Massoneria nella vita pubblica del suo Paese con il suo santo esempio, col governo e con le leggi. Pochi anni dopo la setta anticristiana si vendicò facendo assassinare il Presidente mentre usciva da una chiesa, proprio di fronte al monastero dell’Immacolata Concezione, come la Madonna aveva profetizzato. Più tardi si scatenò ferocemente la persecuzione delle congregazioni religiose.

Ma la parte più impressionante, e più interessante per noi, del messaggio profetico, è quella che riguarda la situazione del mondo e della Chiesa. 
La notte del 2 febbraio 1634, mentre madre Mariana pregava nel coro della cappella, notò che la lampada del Tabernacolo si era spenta, lasciandola al buio quasi completo. Stava per andare a riaccenderla, quando si sentì come bloccata da una forza sconosciuta e restò quindi in attesa. Improvvisamente apparve per la terza volta la Madonna, vincendo le tenebre col suo splendore e illuminando la chiesa come se fosse giorno pieno. 
Confidando alla veggente un suo segreto, la Beatissima Vergine le spiegò il significato di questa apparizione.
“Lo spegnersi della lampada che arde davanti all’Amore prigioniero ha molti significati. Il primo è questo: alla fine del XIX secolo e per grande parte del XX, si diffonderanno varie eresie, e, sotto il loro potere, la luce preziosa della Fede si spegnerà nelle anime per opera della quasi totale corruzione dei costumi. In quel tempo vi saranno grandi calamità fisiche e morali, pubbliche e private. Le poche anime rimaste fedeli alla grazia soffriranno un martirio tanto crudele e indicibile quanto prolungato; molte di esse scenderanno nella tomba per la violenza delle loro sofferenze e verranno considerate come martiri sacrificatisi per la Chiesa e per la Patria. (…)

“Il terzo significato dello spegnimento della lampada è dovuto allo spirito avvelenato di impurità che in quel tempo dominerà, percorrendo le strade, le piazze e i luoghi pubblici come un mare immondo e godendo di una libertà talmente sorprendente che quasi non resteranno più nel mondo anime vergini.

“Il quarto significato è il riconoscimento del potere delle sette, che abilmente si introdurrà nelle famiglie estinguendo l’innocenza nei cuori dei piccoli, soffocando in tal modo anche le vocazioni sacerdotali. (...) Disgraziatamente, la Chiesa passerà allora attraverso una notte oscura in cui mancherà un prelato e un padre che vegli con amore, con dolcezza e forza, perspicacia e prudenza, e molte anime si perderanno mettendo in pericolo la loro stessa salvezza eterna.

“Il quinto motivo dell’estinzione della lampada sta nell’insensibilità e nel disinteresse di quella gente che, pur possedendo abbondanti ricchezze, resterà indifferente all’oppressione della Chiesa, alla persecuzione della virtù e al trionfo dei malvagi, trascurando di impiegare santamente le loro ricchezze per ottenere la distruzione del male e la restaurazione della Fede”.!!!! !!!! !!!

Questa epoca di tenebre culminerà con “una guerra terribile e spaventosa, in cui scorrerà sangue di ogni nazione. Questa sarà la più orribile delle notti perché, secondo umane apparenze, la malvagità sarà trionfante. Eppure sarà giunta la mia ora, in cui io, in maniera meravigliosa, detronizzerò il superbo e maledetto Satana, ponendolo sotto il mio piede e incatenandolo nell’abisso infernale, liberando infine la Chiesa e la Patria dalla sua crudele tirannia”.

Molti saranno i fattori che cooperano alla rivincita di Maria e alla restaurazione della Chiesa e della Cristianità, ma uno solo, determinante, viene enunciato dalla Madonna: il ruolo che avrà un uomo privilegiato, un “gran prelato”:

“Prega con insistenza, reclama senza stancarti e piangi con lacrime amare nel segreto del tuo cuore, chiedendo al nostro Padre celeste che, per amore del Cuore Eucaristico del mio santissimo Figlio, ponga fine quanto prima a questi tempi funesti inviando alla Chiesa quel prelato che dovrà restaurare lo spirito dei suoi sacerdoti. 
Questo mio amatissimo figlio verrà dotato di una capacità rara, di umiltà di cuore, di docilità alle divine ispirazioni, di fortezza per difendere i diritti della Chiesa e di un animo tenero e compassionevole, affinché, come un altro Cristo, provveda al grande e al piccolo, senza disprezzare i più infelici. (…) 
In sua mano verrà posta la bilancia del Santuario, affinché tutto venga fatto con peso e misura e affinché Dio venga glorificato. Alla rapida venuta di questo padre e prelato, però, sarà di ostacolo quella timidezza di tutte le anime consacrate a Dio, che è anche causa del dominio di Satana su queste terre”.
                                       ***
Racconta il biografo che la madre Mariana, terribilmente impressionata dallo scenario di tenebre e di apostasia che la Madonna le aveva dipinto, si prostrò a terra tremante e le chiese arditamente di concederle il miracolo di mantenerla in vita fino al XX secolo, affinché potesse combattere sulla terra contro quell’ondata di empietà. La Beatissima Vergine non le concesse questa grazia, ma la rassicurò ripetendole che avrebbe Ella stessa assunto il comando della battaglia decisiva, confermando di essere “Regina delle vittorie”.
***
Volendo lasciare alla veggente e alle suore del monastero un segno tangibile della sua visita e della sua protezione, la Madonna comandò a madre Mariana di far scolpire una statua che la rappresentasse il più fedelmente possibile.

 L’immagine doveva avere nella mano destra un bastone apostolico e le chiavi della clausura, in segno della autorità e della proprietà della Vergine sulla congregazione, sorreggendo invece nella mano sinistra il Bambino Gesù benedicente. Tutto fu fatto com’era stato comandato, e, al momento dell’intronizzazione della statua nella cappella, la mattina del 16 gennaio 1611, mentre le suore si avviavano in chiesa per recitare il Piccolo Officio della Madonna, udirono risuonare armoniose melodie: nell’entrare nella cappella, videro il coro illuminato di luce soprannaturale, mentre alcuni Angeli, cantando il “Salve sancta Parens” al suono di musiche celestiali, ponevano al suo posto la statua appena terminata. Questa immagine può ancor oggi essere venerata nella stessa cappella del monastero, sopravvissuto a molte persecuzioni e rovine.

La Chiesa ha sempre considerato queste apparizioni come attendibili, e quanto al messaggio che annunciano, il fatto stesso che in parte si sia già realizzato da tempo e in parte si stia ormai realizzando sotto i nostri occhi, è da solo una garanzia della sua veridicità. 
E’ facile inoltre mettere in evidenza la piena armonia che esiste tra questa profezia e quella di Fatima: entrambe descrivono il nostro secolo come l’epoca della grande apostasia, della persecuzione dei fedeli e del terribile castigo divino, ma entrambe aprono anche uno spiraglio per farci intravedere l’alba dell’immenso trionfo della Vergine sull’antico Serpente, della restaurazione della Chiesa e della Cristianità sulle rovine della Rivoluzione anticristiana: annunciano insomma il Regno di Maria e del suo Cuore Immacolato. Se la Madonna ha voluto turbare il cuore della sua veggente e di noi tutti facendoci vedere lo spegnersi della lampada che ardeva davanti al Tabernacolo, ossia l’estinzione quasi totale della vera Fede ad opera delle potenze delle tenebre, lo ha fatto non solo per mettere in guardia i fedeli da facili ma fallaci certezze e per spronarli alla vigilanza più rigorosa, ma anche per rassicurarli preavvisandoli dei tempi oscuri che dovranno attraversare e per dare loro in anticipo la certezza dell’imminente trionfo sulle avversità che dovranno affrontare.
Anche se per un certo tempo la lampada del Santuario resterà spenta, sappiamo già che la Madonna stessa avrà cura di riaccenderla, più splendente di prima. Resta allo zelo dei cattolici rimasti fedeli il compito di pregare e di agire per affrettare quel benedetto giorno del trionfo che madre Mariana agognò di vedere.

 Con una delle sue frasi folgoranti, sant’Agostino ci consola affermando che, se avremo l’animo di sperare in ciò che non possiamo ancora vedere, otterremo forse da Dio la grazia di vedere con i nostri occhi ciò che abbiamo eroicamente sperato.


AVE MARIA! 
Magna es Domina, 
et laudabilis nimis, 
in civitate Dei nostri, 
et universa Ecclesia electorum eius!