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mercoledì 14 dicembre 2016

San Giovanni della Croce - BENEDETTO XVI - UDIENZA GENERALE

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BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 16 febbraio 2011

San Giovanni della Croce
Cari fratelli e sorelle,
due settimane fa ho presentato la figura della grande mistica spagnola Teresa di Gesù. Oggi vorrei parlare di un altro importante Santo di quelle terre, amico spirituale di santa Teresa, riformatore, insieme a lei, della famiglia religiosa carmelitana: san Giovanni della Croce, proclamato Dottore della Chiesa dal Papa Pio XI, nel 1926, e soprannominato nella tradizione Doctor mysticus, “Dottore mistico”.

Giovanni della Croce nacque nel 1542 nel piccolo villaggio di Fontiveros, vicino ad Avila, nella Vecchia Castiglia, da Gonzalo de Yepes e Catalina Alvarez. La famiglia era poverissima, perché il padre, di nobile origine toledana, era stato cacciato di casa e diseredato per aver sposato Catalina, un'umile tessitrice di seta. Orfano di padre in tenera età, Giovanni, a nove anni, si trasferì, con la madre e il fratello Francisco, a Medina del Campo, vicino a Valladolid, centro commerciale e culturale. Qui frequentò il Colegio de los Doctrinos, svolgendo anche alcuni umili lavori per le suore della chiesa-convento della Maddalena. Successivamente, date le sue qualità umane e i suoi risultati negli studi, venne ammesso prima co­me infermiere nell'Ospedale della Concezione, poi nel Collegio dei Gesuiti, appena fondato a Medina del Campo: qui Giovanni entrò diciottenne e studiò per tre anni scienze umane, retorica e lingue classiche. Alla fine della formazione, egli aveva ben chiara la propria vocazione: la vita religiosa e, tra i tanti ordini presenti a Medina, si sentì chiamato al Carmelo.
Nell’estate del 1563 iniziò il noviziato presso i Carmelitani della città, assumendo il nome religioso di Giovanni di San Mattia. L’anno seguente venne destinato alla prestigiosa Università di Salamanca, dove studiò per un triennio arti e filosofia. Nel 1567 fu ordinato sacerdote e ritornò a Medina del Campo per celebrare la sua Prima Messa circondato dall'affetto dei famigliari. Proprio qui avvenne il primo incontro tra Giovanni e Teresa di Gesù. L’incontro fu decisivo per entrambi: Teresa gli espose il suo piano di riforma del Carmelo anche nel ramo maschile dell'Ordine e propose a Giovanni di aderirvi “per maggior gloria di Dio”; il giovane sacerdote fu affascinato dalle idee di Teresa, tanto da diventare un grande sostenitore del progetto. I due lavorarono insieme alcuni mesi, condividendo ideali e proposte per inaugurare al più presto possibile la prima casa di Carmelitani Scalzi: l’apertura avvenne il 28 dicembre 1568 a Duruelo, luogo solitario della provincia di Avila. Con Giovanni formavano questa prima comunità maschile riformata altri tre compagni. Nel rinnovare la loro professione religiosa secondo la Regola primitiva, i quattro adottarono un nuovo nome: Giovanni si chiamò allora “della Croce”, come sarà poi universalmente conosciuto. Alla fine del 1572, su richiesta di santa Teresa, divenne confessore e vicario del monastero dell’Incarnazione di Avila, dove la Santa era priora. Furono anni di stretta collaborazione e amicizia spirituale, che arricchì entrambi. Α quel periodo risalgono anche le più importanti opere teresiane e i primi scritti di Giovanni.

L’adesione alla riforma carmelitana non fu facile e costò a Giovanni anche gravi sofferenze. L’episodio più traumatico fu, nel 1577, il suo rapimento e la sua incarcerazione nel convento dei Carmelitani dell'Antica Osservanza di Toledo, a seguito di una ingiusta accusa. Il Santo rimase imprigionato per mesi, sottoposto a privazioni e costrizioni fisiche e morali. Qui compose, insieme ad altre poesie, il celebre Cantico spirituale. Finalmente, nella notte tra il 16 e il 17 agosto 1578, riuscì a fuggire in modo avventuroso, riparandosi nel monastero delle Carmelitane Scalze della città. Santa Teresa e i compagni riformati celebrarono con immensa gioia la sua liberazione e, dopo un breve tempo di recupero delle forze, Giovanni fu destinato in Andalusia, dove trascorse dieci anni in vari conventi, specialmente a Granada. Assunse incarichi sempre più importanti nell'Ordine, fino a diventare Vicario Provinciale, e completò la stesura dei suoi trattati spirituali. Tornò poi nella sua terra natale, come membro del governo generale della famiglia religiosa teresiana, che godeva ormai di piena autonomia giuridica. Abitò nel Carmelo di Segovia, svolgendo l'ufficio di superiore di quella comunità. Nel 1591 fu sollevato da ogni responsabilità e destinato alla nuova Provincia religiosa del Messico. Mentre si preparava per il lungo viaggio con altri dieci compagni, si ritirò in un convento solitario vicino a Jaén, dove si ammalò gravemente. Giovanni affrontò con esemplare serenità e pazienza enormi sofferenze. Morì nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1591, mentre i confratelli recitavano l'Ufficio mattutino. Si congedò da essi dicendo: “Oggi vado a cantare l'Ufficio in cielo”. I suoi resti mortali furono traslati a Segovia. Venne beatificato da Clemente X nel 1675 e canonizzato da Benedetto XIII nel 1726.

Giovanni è considerato uno dei più importanti poeti lirici della letteratura spagnola. Le opere maggiori sono quattro: Ascesa al Monte Carmelo, Notte oscura, Cantico spirituale Fiamma d'amor viva.
Nel Cantico spirituale, san Giovanni presenta il cammino di purificazione dell’anima, e cioè il progressivo possesso gioioso di Dio, finché l’anima perviene a sentire che ama Dio con lo stesso amore con cui è amata da Lui. La Fiamma d'amor viva prosegue in questa prospettiva, descrivendo più in dettaglio lo stato di unione trasformante con Dio. Il paragone utilizzato da Giovanni è sempre quello del fuoco: come il fuoco quanto più arde e consuma il legno, tanto più si fa incandescente fino a diventare fiamma, così lo Spirito Santo, che durante la notte oscura purifica e “pulisce” l'anima, col tempo la illumina e la scalda come se fosse una fiamma. La vita dell'anima è una continua festa dello Spirito Santo, che lascia intravedere la gloria dell'unione con Dio nell'eternità.

L’Ascesa al Monte Carmelo presenta l'itinerario spirituale dal punto di vista della purificazione progressiva dell'anima, necessaria per scalare la vetta della perfezione cristiana, simboleggiata dalla cima del Monte Carmelo. Tale purificazione è proposta come un cammino che l’uomo intraprende, collaborando con l'azione divina, per liberare l'anima da ogni attaccamento o affetto contrario alla volontà di Dio. La purificazione, che per giungere all'unione d’amore con Dio dev’essere totale, inizia da quella della vita dei sensi e prosegue con quella che si ottiene per mezzo delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità, che purificano l'intenzione, la memoria e la volontà. La Notte oscura descrive l'aspetto “passivo”, ossia l'intervento di Dio in questo processo di “purificazione” dell'anima. Lo sforzo umano, infatti, è incapace da solo di arrivare fino alle radici profonde delle inclinazioni e delle abitudini cattive della persona: le può solo frenare, ma non sradicarle completamente. Per farlo, è necessaria l’azione speciale di Dio che purifica radicalmente lo spirito e lo dispone all'unione d'amore con Lui. San Giovanni definisce “passiva” tale purificazione, proprio perché, pur accettata dall'anima, è realizzata dall’azione misteriosa dello Spirito Santo che, come fiamma di fuoco, consuma ogni impurità. In questo stato, l’anima è sottoposta ad ogni genere di prove, come se si trovasse in una notte oscura.

Queste indicazioni sulle opere principali del Santo ci aiutano ad avvicinarci ai punti salienti della sua vasta e profonda dottrina mistica, il cui scopo è descrivere un cammino sicuro per giungere alla santità, lo stato di perfezione cui Dio chiama tutti noi. Secondo Giovanni della Croce, tutto quello che esiste, creato da Dio, è buono. Attraverso le creature, noi possiamo pervenire alla scoperta di Colui che in esse ha lasciato una traccia di sé. La fede, comunque, è l’unica fonte donata all'uomo per conoscere Dio così come Egli è in se stesso, come Dio Uno e Trino. Tutto quello che Dio voleva comunicare all'uomo, lo ha detto in Gesù Cristo, la sua Parola fatta carne. Gesù Cristo è l’unica e definitiva via al Padre (cfr Gv 14,6). Qualsiasi cosa creata è nulla in confronto a Dio e nulla vale al di fuori di Lui: di conseguenza, per giungere all'amore perfetto di Dio, ogni altro amore deve conformarsi in Cristo all’amore divino. Da qui deriva l'insistenza di san Giovanni della Croce sulla necessità della purificazione e dello svuotamento interiore per trasformarsi in Dio, che è la meta unica della perfezione. Questa “purificazione” non consiste nella semplice mancanza fisica delle cose o del loro uso; quello che rende l'anima pura e libera, invece, è eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose. Tutto va collocato in Dio come centro e fine della vita. Il lungo e faticoso processo di purificazione esige certo lo sforzo personale, ma il vero protagonista è Dio: tutto quello che l'uomo può fare è “disporsi”, essere aperto all'azione divina e non porle ostacoli. Vivendo le virtù teologali, l’uomo si eleva e dà valore al proprio impegno. Il ritmo di crescita della fede, della speranza e della carità va di pari passo con l’opera di purificazione e con la progressiva unione con Dio fino a trasformarsi in Lui. Quando si giunge a questa meta, l'anima si immerge nella stessa vita trinitaria, così che san Giovanni afferma che essa giunge ad amare Dio con il medesimo amore con cui Egli la ama, perché la ama nello Spirito Santo. Ecco perché il Dottore Mistico sostiene che non esiste vera unione d’amore con Dio se non culmina nell’unione trinitaria. In questo stato supremo l'anima santa conosce tutto in Dio e non deve più passare attraverso le creature per arrivare a Lui. L’anima si sente ormai inondata dall'amore divino e si rallegra completamente in esso.

Cari fratelli e sorelle, alla fine rimane la questione: questo santo con la sua alta mistica, con questo arduo cammino verso la cima della perfezione ha da dire qualcosa anche a noi, al cristiano normale che vive nelle circostanze di questa vita di oggi, o è un esempio, un modello solo per poche anime elette che possono realmente intraprendere questa via della purificazione, dell'ascesa mistica? Per trovare la risposta dobbiamo innanzitutto tenere presente che la vita di san Giovanni della Croce non è stata un “volare sulle nuvole mistiche”, ma è stata una vita molto dura, molto pratica e concreta, sia da riformatore dell'ordine, dove incontrò tante opposizioni, sia da superiore provinciale, sia nel carcere dei suoi confratelli, dove era esposto a insulti incredibili e a maltrattamenti fisici. E’ stata una vita dura, ma proprio nei mesi passati in carcere egli ha scritto una delle sue opere più belle. E così possiamo capire che il cammino con Cristo, l'andare con Cristo, “la Via”, non è un peso aggiunto al già sufficientemente duro fardello della nostra vita, non è qualcosa che renderebbe ancora più pesante questo fardello, ma è una cosa del tutto diversa, è una luce, una forza, che ci aiuta a portare questo fardello. Se un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli dà quasi ali, e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù. Questo lasciarsi amare è la luce che ci aiuta a portare il fardello di ogni giorno. E la santità non è un'opera nostra, molto difficile, ma è proprio questa “apertura”: aprire e finestre della nostra anima perché la luce di Dio possa entrare, non dimenticare Dio perché proprio nell'apertura alla sua luce si trova forza, si trova la gioia dei redenti. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a trovare questa santità, lasciarsi amare da Dio, che è la vocazione di noi tutti e la vera redenzione. Grazie.

Saluti:
Je salue cordialement les pèlerins francophones, en particulier les jeunes et les formateurs du séminaire de Bayonne, accompagnés de leur Évêque, Monseigneur Marc Aillet! Recueillant le message de saint Jean de la Croix, je vous invite à approfondir votre vie chrétienne et à expérimenter les vertus théologales, source d’une vraie transformation de vos vies et d’une progressive union avec Dieu. Avec ma Bénédiction!
I extend a warm welcome to all the English-speaking pilgrims and visitors, especially those students from Saint Benedict’s School, Saint Aloysius College, Saint Patrick’s Grammar School, and students and parishioners from the United States. Upon you all, I invoke God’s blessings of joy and peace!
Sehr herzlich heiße ich alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache willkommen, besonders die Pilger aus der Diözese Eisenstadt in Begleitung von Bischof Ägidius Zsifkovics. Der heilige Johannes vom Kreuz lädt uns ein, unser ganzes Dasein mit allen Freuden und Mühsalen im Licht des Herrn zu sehen und mit ihm den Aufstieg zum wahren Leben in Gott zu wagen. Lassen wir uns also von der Liebe Christi formen, damit Er in uns und durch uns wirkt. Die Heiligkeit ist kein Privileg weniger, sondern Berufung und Geschenk eines jeden Christen. Gottes Gnade führe euch auf allen euren Wegen.
Saludo cordialmente a los fieles de lengua española. En particular, a las Esclavas del Sagrado Corazón de Jesús, así como a los peregrinos de España, México y otros países latinoamericanos. Siguiendo las enseñanzas de san Juan de la Cruz, os exhorto a que recorráis el camino hacia la santidad, a la que el Señor os ha llamado con el bautismo, abriendo vuestro corazón al amor de Dios y dejándoos transformar y purificar por su gracia. Muchas gracias.
Amados peregrinos de língua portuguesa: a todos saúdo cordialmente e recordo, com São João da Cruz, que a santidade não é privilégio de poucos, mas vocação a qual todo cristão é chamado. Por isso, exorto-vos a entrardes de modo sempre mais decidido no caminho de purificação do coração e da vida, para irdes ao encontro de Cristo. Somente nele jaz a verdadeira felicidade. Ide em paz!
Saluto in lingua ceca:
Srdečně vítám skupinu kněží a mladých ministrantů z Prahy a okolí, kteří na své pouti do Říma prosí Pána o nová kněžská povolání.
Rád žehnám vám i vašim drahým!
Chvála Kristu!
Traduzione italiana:
Un cordiale benvenuto al gruppo di Sacerdoti e di giovani ministranti, di Praga e dintorni, che sono venuti in pellegrinaggio a Roma a pregare il Signore per le nuove vocazioni sacerdotali!
Volentieri benedico voi e i vostri cari!
Sia lodato Gesù Cristo!
Saluto in lingua polacca:
Z serdecznym pozdrowieniem zwracam się do Polaków. Św. Jan od Krzyża uczy, że nasze życie jest drogą ku spotkaniu z Chrystusem. Wszystkie nasze radości i troski, całe nasze istnienie powinniśmy widzieć w Jego świetle, otwierając serce na działanie Jego łaski, abyśmy byli coraz bardziej z Nim zjednoczeni. Świętość nie jest przywilejem nielicznych, ale powołaniem każdego chrześcijanina. Na tej drodze niech Bóg wam błogosławi.
Traduzione italiana:
Con un cordiale saluto mi rivolgo ai polacchi. San Giovanni della Croce insegna che tutta la nostra vita è un cammino verso l’incontro con Cristo. Dobbiamo vedere nella sua luce tutte le nostre gioie e preoccupazioni, tutta la nostra esistenza, aprendo i cuori all’azione della sua grazia, affinché siamo sempre più uniti a Lui. La santità non è privilegio di pochi, ma è la vocazione di ogni cristiano. In questo cammino Dio vi benedica.
* * *
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al Capitolo generale dei Chierici Mariani dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, augurando di continuare con generosità il servizio a Cristo e alla Chiesa, seguendo fedelmente la via tracciata dal venerato Fondatore. Saluto con affetto le Missionarie della Carità e le ringrazio per la gioiosa testimonianza cristiana che rendono nei diversi Continenti, sulle orme della loro indimenticabile Fondatrice la beata Teresa di Calcutta. Saluto i coordinatori regionali dell’Apostolato del mare, in occasione del convegno promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e li incoraggio a individuare adeguate risposte pastorali ai problemi dei marittimi e delle loro famiglie. Saluto i rappresentanti della Banca di Viterbo Credito Cooperativo ed auspico che il centenario di fondazione dell’Istituto susciti sempre maggiore impegno a servizio degli autentici bisogni sociali.
Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Voi, cari giovani, fate spazio nel vostro cuore a Gesù e diffondete la sua gioia e la sua pace. Voi, cari malati, offrite al Signore i vostri momenti di prova perché si aprano le porte dei cuori all'annuncio del Vangelo. E voi, cari sposi novelli, siate sempre testimoni dell'amore di Cristo, che vi ha chiamati a realizzare un comune progetto di vita.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana


giovedì 24 novembre 2016

«Signore, patire ed essere disprezzato per amor tuo!»





San Giovanni della Croce nacque in Spagna a Fontiveros, da genitori molto religiosi. Fin da piccolo apparve evidente come sarebbe stato caro alla vergine Madre di Dio: infatti, a 5 anni, cadde in un pozzo, e si salvò perché la Madonna ve lo estrasse con le proprie mani. 

Da giovane si offrì come servo nell'ospedale dei poveri a Medina del Campo. Poi entrò nell'ordine dei Carmelitani e dovette sottomettersi all'obbedienza ed essere consacrato sacerdote. Osservò l'antica regola dell'Ordine. 

Per il suo amore di una regola monastica più severa, fu dato come collaboratore, per disegno di Dio, a santa Teresa, che lo stimava come una delle persone più buone e più nobili che la Chiesa di Dio avesse in quei tempi; così poté propagare tra i frati l'osservanza della regola primitiva. 

Poiché aveva tanto lavorato e sofferto per questa riforma, Cristo gli chiese quale premio desiderava per tanta fatica; egli rispose: «Signore, patire ed essere disprezzato per amor tuo!». Scrisse opere di mistica, piene di sapienza celeste. 

Alla fine, dopo aver sopportato coraggiosamente una malattia molto dolorosa, morì a Ubeda, nel 1591, a 49 anni di età. Pio XI, su indicazione della Congregazione dei Riti, lo dichiarò dottore della Chiesa universale.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

San Giovanni della Croce

Quando S. Giovanni della Croce morì, il fratello Francesco, anima eletta. ebbe una visione e lo vide in Paradiso accanto alla Madonna, circondato da Angeli.
Così lo vide, nella gloria dei cieli. E così è bello cominciare a guardarlo, per vedere la continuità della sua vita mariana sulla terra e in Paradiso.
La Madonna fu particolarmente accanto a S. Giovanni della Croce sulla terra, e il Santo si ritrova anche nel Regno dei cieli accanto alla sua amatissima Madre e Regina.
Nascita e fanciullezza
S. Giovanni della Croce nacque nel 1549, probabilmente il 24 giugno, festa di S. Giovanni Battista, di cui ebbe il nome nel Battesimo ricevuto poche ore dopo la nascita.
Nacque a Hontiberos, un piccolo centro fra Salamanca e Medina del Campo, nella Diocesi di Avila.
Quando il santo nasceva, nella vicina Avila S. Te.. resa, ventisettenne, stava portando a maturazione quella sua radicale dedizione a Dio, che poi la spingerà a riformare il Carmelo.
La famiglia di S, Giovanni della Croce era molto modesta, famiglia di poveri tessitori, anche se di nobili origini, dal casato degli Jepes, il papà, degli Alvarez, I la mamma.
Dopo la nascita di Giovanni, terzo figlio, il papà morì, lasciando la giovane vedova a lottare con la povertà per nutrire e allevare i tre figli.
La mamma di S. Giovanni della Croce era un modello di mamma cristiana, dal grande spirito di fede e di abnegazione. Lavoro, preghiera, educazione dei figli, riempirono tutta la sua vita. Il santo timor di Dio, la conoscenza del Vangelo, l’amore del cielo, il disprezzo del mondo, il fervore della preghiera: queste cose ella inculcava con cura materna nei cuori dei suoi figli, tra i quali Giovannino cresceva con il candore di un angelo, la prudenza di un adulto, il fare sempre modesto, un’obbedienza non comune.
In particolare, la mamma inculcò nei figli una tenerissima devozione alla Madonna, tanto che Giovannino, più dei fratelli, non lasciava passare giorno senza rivolgerle speciali preghiere. Come era bello vederlo con le manine giunte e gli occhi fissi nell’immagine della Madonna! Già da allora poteva lasciar presagire · che sarebbe diventato il cavaliere della Regina del Carmelo.
La manina sporca
Indubbiamente la Madonna dovette avere molto caro questo figliolo, se gli apparirà immancabilmente vicina nei momenti più tragici.
Fin da piccolo, un giorno, mentre Giovannino giocava con alcuni compagni vicino a un laghetto, scivolò e cadde nel laghetto. I compagni non seppero fare altro che spaventarsi e scappare. Giovannino stava ormai per affogare, quando ecco apparirgli la Madonna che gli porge la sua mano materna.
Il bambino però non le dà la sua manina. Perché? Perché la vede sporca, mentre la mano della Madonna è purissima. È un particolare delicatissimo. La Madonna lo prende lo stesso e lo sostiene a fior d’acqua, finché qualcuno lo tira a riva sano e salvo.
Alcuni anni dopo, lo stesso, Giovanni lavora da infermiere in un ospedale. Una volta va a caricare acqua al pozzo, ma scivola e precipita nel pozzo. Tutti lo danno per morto. Ma quando si affacciano a guardare nel pozzo, lo vedono placido e sereno a fior d’acqua. Come mai? Appena tirato su, egli dice che di nuovo, mentre stava affogando, la Madonna gli è apparsa e lo ha sostenuto con la testa fuori dell’acqua.
Qualcuno ha scritto che il demonio assaliva S. Giovanni della Croce con questi pericoli di morte, perché non riusciva ‘a fargli commettere un peccato mortale per rovinargli l’anima piena di innocenza e difesa dalla mortificazione. Ma la Madonna vegliò materna e immancabile su questo figliolo prediletto, destinato a una grande missione per la Sua gloria.
« Tu mi servirai »
Dopo le prime scuole, a 13 anni, questo figliuolo prediletto di Maria, a cui piace moltissimo pregare, leggere, studiare, deve invece impegnarsi in un mestiere per aiuare la povera famigliola, portata avanti da mamma Caterina con tanti stenti.
Giovanni cominciò a cercare di imparare prima un lavoro nelle officine; ma non gli riuscì. Tentò di fare il legnaiuolo; ma fallì lo stesso. Cercò allora di imparare qualunque altro mestiere: il sarto, l’intagliato-re, il pittore… Ma gli fallivano tutti fra le mani! Come fare? Che cosa fare? C’era proprio da avvilirsi.
Ma la Madonna vegliava, e al momento giusto gli fece incontrare un signore che rimase subito colpito dall’intelligenza e dalla bontà di questo ragazzo. Seppe della penosa situazione familiare. Pensò di aiutarlo nel lavoro e negli studi, ottenendogli un posto di infermiere nell’ospedale di Medina, con la possibilità di studiare nelle ore libere presso i Gesuiti. Fu una grazia immensa per Giovanni. Si apriva una strada, quella degli · studi, su cui gli riusciva di correre agile e instancabile.
Cosi, portò avanti sempre brillantemente gli studi, imponendosi all’ammirazione dei Padri Gesuiti, che 10 sollecitavano a una scelta per la vita religiosa.
Giovanni aveva 20 anni. Si rendeva conto dell’ora di scegliere la sua strada. Pregò molto la B. Vergine. E durante la preghiera, la Madonna gli fece udire queste precise parole: « Tu mi servirai in una religione . in cui ristabilirai la primitiva osservanza ».
Da lei attendeva l’indicazione giusta, secondo Dio.
Con l’abito della Madonna
L’anno seguente, a 21 anni, Giovanni chiese di entrare fra i Carmelitani di Medina. E prese l’abito il 24 febbraio 1563, festa di S. Mattia apostolo, con il nome di Fra’ Giovanni di S. Mattia.
B significativo che nella cerimonia della vestizione dell’abito, quando il Superiore gli domandava che cosa voleva, Giovanni rispondeva che chiedeva di essere ammesso nell’Ordine della B. Vergine. In tal modo egli diventava membro di un Ordine tutto mariano, che ha cantato nei secoli le glorie della Celeste Regina, e che ora accoglieva nel suo grembo chi avrebbe rinnovato gli splendori della più alta santità carmelitana, a gloria della Regina decoro del Carmelo.
Intanto, S. Teresa d’Avila da 6 mesi aveva iniziato la riforma delle Carmelitane con l’osservanza perfetta della Regola primitiva.
Come mai questa Riforma? Le ragioni sono storiche.
L’Ordine Carmelitano vanta le sue origini dal Profeta Elia, sul monte Carmelo. Ebbe la sua regola da S. Alberto, approvata dai Pontefici Onorio III (l226) e Innocenzo IV (1248). Fu fecondo di Santi e Sante in misura invidiabile.
In seguito, però, a causa di situazioni storiche particolari, si fu nella necessità di mitigare alquanto la Regola primitiva; e la Regola così mitigata fu approvata da Papa Eugenio IV nel 1432.
S. Teresa, però, dopo più di un secolo, avvertì il tempo adatto a riproporre l’osservanza fedele della Regola primitiva nella sua integrità. E si accinse all’opera per le Suore.
Incontro con S. Teresa
Con l’abito della Madonna addosso, il novello novizio ha un ardore senza pari nel santificarsi. Vuole per sé i lavori più umili. È disposto a fare la volontà di tutti, eccetto la propria. Trascorre ore intere davanti al Tabernacolo. Ama particolarmente la cella, anche perché ha una finestrella che dà nella Chiesa. Porta constantemente una catenella a punte ai fianchi.
Dopo il Noviziato, viene mandato a Salamanca per gli studi, e deve accettare per obbedienza di prepararsi anche al Sacerdozio. Egli ne è sgomento. Si ritiene assolutamente indegno. Proprio lui, di cui S. Teresa dirà un giorno che « era una delle anime più pure e sante che Dio contava nella sua Chiesa ».
Mn dopo il Sacerdozio egli avverte non meno acuto il bisogno di una vita più austera e soprannaturale, più solitaria ed elevata. Perciò pensa a una Certosa in cui nascondersi. E fa i primi passi per abbracciare la : vita certosina.
Ma viene invitato a incontrarsi con S. Teresa di Gesù ad Avila. L’incontro di queste due anime eccezionali è mirabile per elevatezza di contenuti e per fecondità di propositi.
Appena S. Teresa sente dirsi da Fra’ Giovanni che sta per entrare in una Certosa, con fare materno dolcissimo e persuasivo gli chiede di aspettare almeno un po’, perché, dice, « a me sembra cosa molto santa che voi procuriate la vostra perfezione, anche a costo di lasciar la religione in cui avete professato; ma pure se in questa religione vi si presentasse il mezzo di soddisfare il vostro fervore, non mi negherete che ciò sarebbe assai più conforme al consiglio di S. Paolo, che ci esorta a perseverare nella propria vocazione.
Iniziare una Riforma è aprire la strada della salute ad innumerevoli anime che seguiranno il vostro esempio, è servizio maggiore di quello che potreste rendere a Dio, ritirandovi in una Certosa: perché l’utilità comune precede il l bene di uno solo. Non fate caso delle difficoltà, che noi, tardi di cuore a credere, esageriamo sempre. Non vedete con quanta facilità si stanno fondando i monasteri di religiose? È il Signore che lo fa.
Se noi siamo i figli dei nostri veri fondatori, i santi profeti Elia ed Eliseo e i loro discepoli; se la corte del nostro gran Re e della Vergine Sua Madre, Signora e Patrona nostra, I è popolata di figli di questa religione che intercedono per la sua santità e per la sua duratura posterità, perchè noi dobbiamo perdere la speranza? ».
Queste parole ardenti e materne della Santa fanno riecheggiare potentemente e chiaramente nel cuore di Fra’ Giovanni la voce misteriosa della Madonna che gli aveva detto un giorno: « Tu mi servirai in una religione, in cui ristabilirai la primitiva osservanza·. Fra’ Giovanni vede chiaro dentro di sè. Non solo non si tira indietro, ma dice con generosa esultanza il suo Fiat. .
Così iniziò il cammino della Riforma dei Carmelitani.
I primi grandi fervori
Il 30 settembre 1568 Fra’ Giovanni era a Durvelo, leI primo nido della riforma, consacrato a Nostra Signora del Monte Carmelo. È la prima pietra angolare iella riforma. Non per niente porta il nome della Regina del Carmelo.
Per due mesi S. Giovanni inaugurò da solo questo eremo scelto e preparato con cura da S. Teresa. Una Cappellina, due celluzze, una stanzina per cucina e refettorio. Tanta povertà e austerità. Tanto silenzio e solitudine.
Fra’ Giovanni esultò per tale luogo e per tale vita; . e all’arrivo del primo compagno, trovato anch’esso da S. Teresa, il P. Antonio, tutti e due fecero, ai piedi della Madonna, la rinuncia alla Regola mitigata, giurando di osservare fino alla morte la Regola primitiva. Si misero a piedi scalzi. Indossarono il nuovo abito confezionato da S. Teresa. Si chiamarono da allora in poi Fra’ Giovanni della Croce e P. Antonio di Gesù.
P. Giovanni della Croce assunse il compito di maestro dei novizi per i nuovi candidati che cominciarono ad arrivare molto presto. E il fervore della novella vita religiosa era così grande che S. Giovanni potè esclamare: « lo prego sua Divina Maestà che in avvenire conservi sempre, come adesso, il grande fervore del nostro Ordine per il suo santo servizio ».
Meno di due anni dopo erano già in dieci. Impossibile stare in quel bugigattolo. Si trasferirono a Mancera, dove un benefattore donava loro un convento e una Cappella, in cui si venerava una meravigliosa immagine della Madonna.
Il cammino era iniziato, e proseguiva spedito. Da Mancera ad Alcalà. Da maestro dei novizi a direttore dei giovani. S. Giovanni della Croce è in piena attività di vita religiosa e di formazione delle anime. Diviene anche confessore delle Carmelitane scalze, e sarà fino alla morte un maestro di perfezione come pochi ne ha mai avuto la Chiesa, che un giorno lo innalzerà al grado sommo di Dottore mistico.
U n figlio prediletto della Madonna diviene il più grande maestro della perfezione. Non poteva esse diversamente, perché la Madonna è la « Sede della Sapienza» e la « Madre della Grazia », In tutto il cammino della perfezione, dice S. Giovanni della Croce, la Madonna è il modello supremo della Fede, Speranza e ‘ i Carità, ed è la sorgente della Grazia che ci dona ogni , vita, e santità.
Tempesta e prigione…
Le opere di Dio vengono tutte passate al vaglio. Quest’opera della riforma, carissima a Dio e a Maria, ebbe anch’essa la sua lunga ora di tempesta e di travaglio.
Quando i Carmelitani mitigati videro l’avanzarsi della riforma e il moltiplicarsi dei nuovi conventi riformati, cominciarono ad alzare la voce, seriamente preoccupati. Essi non ritenevano adatti i tempi per una riforma, non riconoscevano in S. Teresa e in S. Giovanni della Croce due santi, e ci tenevano a difendere soprattutto l’unità dell’Ordine.
Intervennero perciò contro gli scalzi per fermarli; ma questi cercarono di difendersi.
Le cose si imbrogliarono sempre di più, e drammaticamente, perché nella questione intervenivano troppe persone variamente interessate. Protettori di ogni tipo da una parte e dall’altra, gerarchie, autorità religiose e civili, soprattutto il Re Filippo II (difensore della riforma), amici e dotti studiosi: tutti entrarono a interessarsi e a complicare le cose, e si arrivò a un punto tale che gli scalzi non sapevano più a chi dovessero obbedire senza disobbedire a qualcuno!
La tensione crebbe burrascosa. I mitigati pensarono di ricorrere anche a metodi violenti, e fecero rapire incarcerare S. Giovanni della Croce, che venne rinchiuso in una fetida prigione del convento di Toledo. Per nove mesi, il coraggioso e pacifico santo soffrì pene terribili e dolori disumani con inalterabile mitezza, ritenendosi sempre meritevole di castighi maggiori per i suoi peccati.
La sofferenza più cruda fu la privazione della S. Messa e della Comunione. Ma, in compenso, i ebbe le ispirazioni più alte a scrivere i due supremi ‘I cantici dell’esperienza mistica: «Il cantico spirituale » e «La fiamma d’amore viva ». Nè dovettero mancargli l consolazioni celesti con rapimenti e visioni ineffabili I del Signore e della B. Vergine, come appariva dagli I splendori che a volte inondavano 1’angusta prigione, i irradiandosi fuori dalle fessure della porta.
« Uscirai da questa prigione »
Il 14 agosto 1578, dopo circa nove mesi di carcere, S. Giovanni supplicò il Priore del Convento di volergli concedere di celebrare la S. Messa in onore della dolce Regina del Cielo. Ma non gli fu accordata neppure questa grazia. Umile e mite, il santo accettò anche questo doloroso rifiuto.
Ma la notte stessa del 15 agosto gli apparve la B. Vergine e gli disse: «Figlio mio, abbi ancora pazienza, presto finiranno i tuoi travagli, uscirai da questa prigione, dirai la. S. Messa e sarai consolato ».
Dopo qualche giorno, di nuovo gli apparve la Madonna con Gesù, e questa volta gli ingiunse di fuggire. Per dove? S. Giovanni si sentì spinto ad accostarsi a una finestra, nei brevi momenti di sosta fuori prigione; si affacciò, era molto alta la finestra, e dava sul fiume Tago. A sera egli allentò le viti della porta della prigione, e in piena notte, dopo aver tagliato le coperte a grandi liste per fare una corda, si accostò silenzioso alla finestra e cominciò la discesa attaccato a quella specie di corda. Ma a metà discesa la corda finì. Egli si affidò alla Madonna, e si lasciò andare giù.
Cadde incolume. Scavalcò miracolosamente un muro di cinta, e si trovò su una piazzetta. Si riposò un po’ in un cortile, e poi si recò al monastero delle Carmelitane scalze. Qui successe un delirio di gioia, appena le monache si resero conto che si trattava del P. Giovanni della Croce; e siccome c’era una monaca in agonia, bisognosa dei Sacramenti, S. Giovanni entrò subito nel Monastero per assistere quella monaca, e si trovò anche al sicuro dalla caccia furiosa che subito gli fecero i carmelitani calzati.
Raggiunse presto, poi, una dimora sicura nel convento di Almodovar, e di là continuò a partecipare alle dolorose vicende di lotta fra calzati e scalzi, mentre I lavorava intensamente alla formazione spirituale dei nuovi candidati alla vita carmelitana, quasi tutti da lui I preparati e curati con somma maestria.
Intanto, arrivò la tanto sospirata alba di pace, il 22 giugno 1580. Il Papa Gregorio XIII, dopo aver esaminato attentamente la grave questione, decise la separazione netta fra scalzi e calzati, per donare a tutti la possibilità di vivere secondo la Regola primitiva o la Regola mitigata.
Grande fu il giubilo dei carmelitani scalzi, che si strinsero attorno alla loro Regina per far rifiorire il suo Ordine, nella fedeltà pura ed eroica alla Regola primitiva.
Più grande di tutti, però, dovette essere il giubilo di S. Giovanni della Croce, che vedeva finalmente realizzate in pieno le parole profetiche della Celeste Regina: « Tu mi servirai in una religione, in cui ristabilirai la primitiva osservanza ».
Mia è la Madre di Dio
Il nostro Santo non ha scritto molto sulla Madonna, ma quel che ha scritto è più che sufficiente per gettare tanta luce nelle anime sul mistero dolcissimo di Maria.
È lui che afferma della Madonna la perfezione altissima nello stato di unione trasformante fin dal suo immacolato concepimento: « Essendo fin dal principio della sua vita innalzata a questo sublime stato, non ebbe mai impressa nell’anima forma d’alcuna creatura, nè fu mossa da essa; ma fu sempre mossa dallo Spirito Santo ».
Il consenso dato dalla Madonna all’Incarnazione I del Verbo nel suo seno verginale, S. Giovanni della Croce lo tratta più volte in termini di alta poesia e pensiero. L’adorazione, lo stupore, l’arcano amore della B. Vergine di fronte al mistero del Verbo che si incarna in lei, suscita sentimenti di incanto verso la Divina Maternità di Maria.
Ci parla anche del culto dovuto alle immagini della Madonna, del contenuto dei titoli di Maria, delle locuzioni e apparizioni della Madonna, dei santuari mariani, dei pellegrinaggi, delle feste, e soprattutto della vera devozione che fa amare e imitare in Maria il modello sublime dell’anima perfetta.
Come ogni vero amante, S. Giovanni della Croce fa puntare l’anima alla vita d’unione, al possesso d’amore della Madonna.
La devozione e il culto che non conducano a questa meta, sono sterili. Il vero amore alla Madonna deve portare al grido di gioia: Mia è la Madre di Dio!
Questo grido di gioia noi troviamo nell’orazione dell’anima innamorata, in cui S. Giovanni esclama con esultanza incontenibile: « Miei sono i cieli e mia la terra, miei sono gli uomini, i giusti sono miei e miei i peccatori. Gli Angeli sono miei e la Madre di Dio è mia… ».
La Madonna lo salva ancora
Ancora due volte la Madonna interviene a salvare da sicura morte S. Giovanni della Croce.
Una volta egli si trova a Cordova per portare a termine una nuova fondazione. Alcuni operai stanno ab)attendo un vecchio muro. Ma il muro crolla all’improvviso e precipita nella cella in cui si trova S. Giovanni della Croce. Tutti accorrono temendolo schiacciato dal crollo. E invece, egli appare sereno e illeso fra le macerie. Spiega la cosa dicendo che la Madonna nel momento del crollo lo ha coperto con il suo manto salvandolo da sicura morte.
Qualche tempo dopo, in viaggio per un’altra fondazione, di fronte a un fiume in piena, egli fa fermare’ i compagni, e si inoltra solo, inspiegabilmente, sull’asinello. A metà guado, però, viene travolto dalla corrente del fiume con l’asinello. I compagni gridano atterriti. Ma poco dopo vedono S. Giovanni della Croce aldilà del fiume; la sua Divina Protettrice e Madre l’ha trasportato incolume sull’altra riva.
Ma perché tanta fretta di attraversare il fiume? Pareva fretta inspiegabile. E invece, aldilà del fiume, S. Giovanni della Croce si imbatte in un infelice pugnalato e ridotto già in fin di vita. Il Santo comprende I allora la fretta che l’ha spinto ad attraversare il fiume e la protezione della Madonna nel salvarlo dalle acque perché assistesse questo moribondo. Si accosta al povero infelice,ne ascolta la confessione e lo assiste nel passaggio al mondo di là.
S. Giovanni della Croce intanto è il primo definitore della Provincia. Lavora instancabilmente alla fondazione di nuovi conventi, tanto che alla sua morte la Riforma ha già 78 conventi. Egli fa il maestro delle nuove leve da formare e rivestire dell’abito della Madonna. È modello di virtù.Ha il dono dei miracoli. È confessore e direttore di più monasteri delle Carmelitane scalze. Completa i suoi mirabili scritti di teologia mistica. Quale portento, questo santo mite e ardente!
Ma ormai si avvicina anche per lui la meta del Regno de Cieli. lo avverte, e per prepararsi meglio egli vuole chiedere al Signore tre grazie: 1. morire da semplice e umile suddito; 2. soffrire per amor suo; 3. morire in un convento dove non fosse conosciuto.
Il Signore lo esaudì molto presto.
Ancora una tempesta
Frutto delle debolezze umane, anche fra i Carmelitani scalzi si scatenò una brutta tempesta di lotte che venne a colpire pure S. Giovanni della Croce a causa di gravi calunnie, architettate soprattutto da qualche frate risentito nei suoi confronti.
Nel Capitolo Generale del 1591, infatti, il Santo venne messo in un cantuccio senza più cariche, proprio come egli aveva chiesto al Signore per prepararsi a morire. Ottenne per sé il convento del deserto della Penuela.
E qui egli si beava delle lunghe ore di solitudine fra le balze pietrose, i dirupi, nelle grotte. Se c’era chi sbalordiva a quel suo amore alla solitudine, egli diceva: « Non vi stupite, perché quando tratto con i sassi trovo meno di che confessarmi, che conversando con gli uomini ».
Pochi mesi dopo S. Giovanni della Croce fu assalito da violenta febbre per una grave infiammazione nella gamba sinistra.
I frati cercarono con ogni premura di farlo curare. Ma il Priore disse al P. Provinciale che in quel convento il Santo non avrebbe potuto ricevere mai tutte le cure necessarie per la guarigione.
Il P. Provinciale comunicò subito di fare scegliere a S. Giovanni della Croce uno dei due Conventi, quello di Ubeda o quello di Baeza, dove andarsi a curare. S. Giovanni della Croce scelse il convento di Ubeda. Perché? Solo perché questo convento era povero e piccolo, i e perché vi era come superiore il P. Francesco Crisostomo, uno di quei frati che nutriva risentimenti personali contro S. Giovanni della Croce: nelle mani di questo superiore egli si metteva per arricchirsi di dolori e di meriti in preparazione alla morte.
Il puro cavaliere di Maria non teme gli eroismi. Al contrario, li cerca, li sceglie, li fa suoi con coraggio. Così fece S. Giovanni della Croce scegliendo questo convento per gli ultimi due mesi di vita.
Arrivò a Ubeda più morto che vivo per gli strapazzi del viaggio. Ma il Priore lo accolse con il volto gelido e seccato, che contrastava tanto con il volto sofferente ma sorridente di S. Giovanni della Croce.
Messo su un giaciglio, in una celletta, cominciarono davvero per S. Giovanni della Croce i due mesi di preparazione alla morte fra dolori lancinanti e strazianti. Il dottore, sperando di guarirlo, interveniva con cauteri e tagli che straziarono la gamba al collo del piede fino a scoprire le ossa. I frati della comunità gli volevano bene e cercavano di alleviargli un po’ di pene.
Ma il Priore non faceva che rimproverare i frati per le premure verso l’infermo; arrivò a imprecare contro le sofferenze del santo, proibì persino di fargli lavare le bende per le fasciature, e infine gli tolse anche il frate infermiere.
Povero S. Giovanni della Croce! Solo e derelitto nelle sua pace e crocifissione!
Ma qualche frate scrisse al P. Provinciale sull’ignobile trattamento riservato al santo dal Priore. Il Provinciale, P. Antonio di Gesù, primo compagno i S. Giovanni della Croce, accorse subito alletto dell’infermo; riprese severamente il Priore tanto crudele quanto incosciente nel non rendersi conto del tesoro che aveva in casa; diede ordini precisi di garantire la massima ‘ assistenza all’augusto infermo, e assistette lui personalmente il santo finché poté restare lì.
Ma ormai il santo era in prossimità della meta.
Un sabato per il Cielo
Il 7 dicembre, vigilia della festa dell’Immacolata, i medici e i superiori decisero di far portare il Viatico al Santo. Era di sabato. Il Santo aveva detto che sarebbe morto di sabato, ma non era quello il sabato dell’entrata in Paradiso.
Il viatico egli lo ricevette in onore dell’Immacolata concezione. Fu un pensiero filiale tanto nobile e dolce!
Perché morire di sabato? Per una grazia di predilezione della Madonna. « Penso – diceva il Santo – alla grandezza del beneficio che fa Maria Vergine ai religiosi del suo Ordine, che portano degnamente il suo scapolare ». E quando si arrivò al venerdì successiva, 13 dicembre, dal tramonto in poi il Santo chiedeva ogni tanto: « Che ora è? perché io andrò a cantare il Mattutino in Cielo ».
Qualche ora dopo udì la campanella di un monastero vicino. Chiese perché suonava. Gli risposero che chiamava quella comunità alla recita anticipata del Mattutino. E il Santo esclamò: « Oh. io pure andrò a cantarlo in cielo con la Vergine! ». Sembrava che non avesse altro pensiero che questo: trovarsi fra poco in Paradiso con la Madonna. E poco dopo con voce piena di gratitudine aggiunse: « Grazie, grazie, o Regina e Signora mia, per il favore che mi fate di chiamarmi a voi nel giorno vostro! ».
Deve essere davvero una grande grazia morire di sabato o in altro giorno dedicato alla Madonna. S. Giovanni della Croce, il sommo mistico, ce lo assicura con la sua morte e con la speciale gratitudine che esprime alla Madonna per questa predilezione, Del resto, è naturale che la Madonna venga a prendersi questo figliolo da lei custodito premurosamente e salvato più volte da sicura morte; ed è anche giusto che chi ha glorificato la Madonna rinnovando il Carmelo, che è l’Ordine mariano per eccellenza, sia accolto in cielo in un giorno mariano a cantare lassù le glorie di Maria.


giovedì 14 gennaio 2016

San Giovanni della Croce: Cantico Spirituale (A)


STROFA 10 

Estingui i miei affanni,  
ché nessuno vale ad annientarli,  
ti vedan i miei occhi,  
perché ne sei la luce,  
per te solo desidero serbarli! 

SPIEGAZIONE 

1. L’anima prosegue in questa strofa chiedendo all’Amato di voler finalmente porre termine alle sue ansie e alle sue pene. Non vi è nessuno, infatti, all’infuori di lui, in grado di farlo, e allora faccia in modo che gli occhi dell’anima possano vederlo, perché solo lui è la luce a cui essi guardano e non vuole fissarli su nient’altro che non sia lui. Gli dice dunque: Estingui i miei affanni! 

2. Come si è detto, la concupiscenza d’amore possiede questa proprietà: tutto quello che non si accorda, a fatti e a parole, con ciò che la volontà ama, la stanca, l’annoia e la turba, lasciandola disgustata, perché non vede realizzarsi ciò che desidera. Qui chiama affanni tutto questo e le fatiche che affronta per vedere Dio, e nulla può annientarli se non il possesso dell’Amato. Per questo gli chiede di eliminarli con la sua presenza, dando il suo refrigerio, come fa l’acqua fresca a chi è spossato dal caldo. Usa per l’appunto il termine estinguere, per far capire che essa sta soffrendo a causa di questo fuoco d’amore. Ché nessuno vale ad annientarli. 

3. Per meglio commuovere e convincere l’Amato a esaudire le sue richieste, l’anima invita lo stesso Amato a estinguere le sue pene, perché nessun altro è in grado di soddisfare quanto lei chiede. Notiamo qui che Dio è ben disposto a consolare l’anima e a soddisfare i suoi bisogni e le sue sofferenze, quando lei non ha né pretende altra soddisfazione o conforto al di fuori di lui. Così l’anima che non ha nulla che la trattenga all’infuori di Dio, non può rimanere a lungo senza la visita dell’Amato. Ti vedan i miei occhi
  
4. Cioè fa’ che ti possa vedere faccia a faccia (1Cor 13,12), con gli occhi della mia anima, perché ne sei la luce. 

5. Dio, oltre a essere luce soprannaturale degli occhi dell’anima, senza la quale essa è nelle tenebre, è affettuosamente chiamato dall’anima luce dei suoi occhi, come l’innamorato suole chiamare la persona amata «luce degli occhi miei» per dimostrare l’affetto che le porta. Nei due versi citati sopra è come se dicesse: poiché gli occhi della mia anima non hanno altra luce, né per natura né per amore, se non te, ti vedan i miei occhi, perché in ogni modo ne sei la luce. Davide sentiva la mancanza di questa luce quando, desolato, esclamava: Lumen oculorum meorum, et ipsum non est mecum: Si spegne la luce dei miei occhi! (Sal 37,11). Per te solo desidero serbarli! 

6. Nel verso precedente l’anima ha lasciato intendere come i suoi occhi erano nelle tenebre dal momento che non vedevano l’Amato, perché solo lui ne è la luce. Con tale espressione l’anima vuole obbligare lo Sposo a donarle questa luce di gloria. Nel presente verso vuole obbligarlo ancora di più dicendogli che se ne servirà solo per lui. Se è giusto, infatti, che l’anima sia privata di questa luce quando getta lo sguardo della sua volontà su qualcosa al di fuori di Dio, poiché vi frappone degli ostacoli, è altrettanto giusto che il suo merito venga ricompensato quando chiude i suoi occhi a tutte le cose create per aprirli solo al suo Dio. 

Cantico Spirituale 
S. GIOVANNI DELLA CROCE 
(A) 
“CUORE AMOROSISSIMO DI GESÙ,
PER LA TUA SOFFERENZA DI CROCE,
IN QUEST’ORA DI OSCURITÀ,
SII TU LA LUCE PER L’UMANITÀ”.

giovedì 10 dicembre 2015

IL DOTTOR MISTICO

San Giovanni della Croce 


Collaboratore di S. Teresa d'Avila nella fondazione dei Carmelitani Scalzi, Dottore della Chiesa , universalmente riconosciuto come mistico per eccellenza, Giovanni della Croce risulta sempre più un affascinante maestro: le sue parole e il suo messaggio sanno di mistero, del mistero di Dio.

Nasce a Fontiveros in Castiglia (Spagna) nel 1542, da una famiglia poverissima. Orfano molto presto del padre; una madre laboriosa e intraprendente per far fronte alla fame. Il piccolo Juan viene subito colpito dalla durezza della vita. Provato nel fisico, ma temprato nello spirito, si dà da fare come infermiere per mantenersi agli studi cui si sente portato.

Emerge ben presto la sua voglia di Dio e di Assoluto. A 20 anni decide di entrare nel noviziato dei Carmelitani. Arriva al Sacerdozio a 24 anni, ma si scopre dentro una gran voglia di una vita rigorosamente consacrata nel silenzio e nella contemplazione, una voglia che neppure i brillanti studi teologici nella prestigiosa università di Salamanca riescono a sopire. Ci pensa Santa Teresa ad offrirgli una soluzione, invitandolo a partecipare alla Riforma dell’Ordine Carmelitano.
Maestro dei novizi, attira tanti giovani che desiderano condurre una vita come lui. Nello spazio di pochi anni, pieni di fatiche apostoliche sulle strade assolate o ghiacciate di Spagna, accanto a profonde sofferenze, incredibili ed esaltanti esperienze mistiche.

La sua perfezione ascetica, la sua vita d'orazione, la sua elevatezza. di spirito e d'ingegno, l'esperienza mistica personale e la conoscenza dell'ampia esperienza mistica del Carmelo Riformato, la vasta dottrina, la profonda interiorità, e soprattutto la viva fiamma d'amore che lo vivificava e lo consumava fecero di lui non solo un grande santo, ma anche un grande maestro.
Scrive poemi e trattati che sprigionano la sua sapienza mistica, quella che non viene dai libri e dagli studi, ma che si "sa per amore". Muore a Ubeda il 14 dicembre 1591, a soli 49 anni, facendo sue, in un trasporto d’amore, le parole del Cantico dei cantici: "Rompi la tela ormai al dolce incontro!".

Il suo messaggio: "Su, coraggio, alzati: non stagnare in una pietà superficiale o in un debole impegno virtuoso. Affrontate decisamente le avversità della notte, salite il sentiero aspro del nulla per attingere l’incandescenza dell’Amore. Sul monte, al di là del nulla-non-Dio c’è godibile per te il Tutto-Dio".

Il suo linguaggio: poetico e pieno di immagini e simboli, il linguaggio della passione e dell’amore. Con spirito nuovo, da umanista rinascimentale, offre un valido aiuto per il cammino cristiano dell’uomo moderno. Il cammino che propone è necessario e il risultato possibile anche se può sembrare una cosa ardua.

Giovanni della Croce invita alla rinuncia, che non è negazione di sé o abdicazione da sé, ma promozione del meglio di sé. L’opera di Giovanni della Croce, se non invita ad un approccio immediato, ridesta tuttavia sempre almeno curiosità e fascino. Sono molte le persone comunque che l’hanno preso sul serio, come Teresa di Gesù Bambino, Elisabetta della Trinità, Edith Stein ... e tanti altri, ci assicurano che l’itinerario proposto da Giovanni della Croce è accessibile. La sua spiritualità non sradica e non impone un programma fisso di vita. Pur rimanendo nei nostri quotidiani impegni, ci chiede di vivere nell’attenzione amorosa, un orientamento a Dio totale e rigorosamente esclusivo.

Il suo magistero orale e scritto, illumina tutto il percorso cui l’anima è chiamata per il raggiungimento del "Monte", dei vertici della spiritualità ove si compie il mistero amoroso dell’unione con Dio. 

La Chiesa ha riconosciuto il valore universale della dottrina ascetica e mistica di S. Giovanni della Croce procamandolo Dottore Mistico della Chiesa Universale.
Quel che è certo è che tutti i pensieri, tutti i detti di S. Giovanni della Croce sono proprio articoli che regolano il modo di camminare sulle orme di Cristo. Un codice della strada, sì, della vera strada: l'imitazione di Cristo, di Colui che è Egli stesso via. Ed è altrettanto certo che il passaggio obbligato è quello della Croce.



GLI SCRITTI DI SAN GIOVANNI DELLA CROCE

Come per S.Teresa d'Avila gli scritti di San Giovanni vengono raccolti in un libro col nome di "OPERE". Le Opere maggiori sono: la "Salita del Monte Carmelo", la "Notte Oscura", il "Cantico Spirituale" e la "Fiamma viva d'Amore", che costituiscono la grande sintesi dottrinale del Dottore mistico. 

Le minori, Poesie, Cautele, Avvisi, Massime e le Lettere, mettono in luce una ricchissima serie di dettagli molto preziosi per la conoscenza personale del Santo ed anche per la retta interpretazione della sua dottrina.

S. Giovanni della Croce è un poeta e il suo modo di esprimersi è poesia.
Le Opere maggiori non sono che un commento ad alcune sue elevazioni poetiche che narrano il desiderio e quindi la realizzazione dell'anima di unirsi a Dio.
La Salita del Monte Carmelo e la Notte Oscura commentano le otto strofe della poesia "In una notte oscura".

LA SALITA DEL MONTE CARMELO spiega il modo di raggiungere la cima del monte, cioè l'alto stato di perfezione che sarebbe proprio l'unione dell'anima con Dio.Viene trattato perciò il cammino e il modo con cui l'anima deve disporsi per giungere in breve a questa unione. E' il lavoro dell'anima, chiamato attivo, perché è la volontà che coerente alla grazia di Dio opera o coopera con Lui per la sua purificazione.Vi sono consigli utilissimi per liberarsi da ogni bene naturale, per raggiungere la perfetta nudità che porterà alla piena libertà di spirito. 
E' il famoso "nulla" si San Giovanni della Croce per raggiungere il "tutto" che è Dio e Dio solo.

Un famoso grafico del Santo illustra bene questo cammino con strade inizialmente parallele, ma divergenti o bloccate che non giungono alla meta, mentre ad essa conduce solo quella centrale.Soltanto le prime due strofe vengono effettivamente commentate. Nel primo libro di quindici capitoli tratta della notte dei sensi, mentre il libro secondo in trentadue capitoli illustra la notte attiva dello spirito per quanto riguarda l'intelletto, mentre la purificazione attiva della memoria e della volontà è analizzata nel libro terzo di quarantacinque capitoli.

LA NOTTE OSCURA riprendendo le stesse strofe (ne commenta anch'esso due sole) considera che l'anima le pronunzi vivendo ormai nella perfezione, che è l'unione di amore con Dio, "dopo essere già passata per le strette di travagli e di angosce, mediante l'esercizio spirituale della via angusta della vita eterna di cui parla Nostro Signore nel Vangelo, via per la quale l'anima passa ordinariamente per giungere a questa alta e beata unione con Dio".
Secondo il proposito del Santo nelle prime due strofe si doveva parlare degli effetti delle due purificazioni spirituali, quella della parte sensitiva e quella della parte spirituale dell'uomo in senso passivo, cioè operata da Dio. Nelle altre sei dovevano essere esaminati i vari e mirabili effetti dell'illuminazione spirituale e dell'unione di amore con Dio, ma effettivamente l'Opera termina con un brevissimo commento alla sola terza strofa.

IL CANTICO SPIRITUALE, "Dove ti nascondesti", tratta dell'amore tra l'anima e Cristo suo Sposo, con descrizioni e spiegazioni su alcuni effetti dell'orazione.Il tutto sempre attraverso il commento di una sua poesia di ben 40 strofe che compose in gran parte durante la sua prigionia di Toledo.
Questo commento non procede per sviluppi logici e sistematici, ma racconta in modo descrittivo le esperienze mistiche degli stati contemplativi infusi (donati da Dio), in particolare del fidanzamento e del matrimonio spirituale.

LA FIAMMA VIVA D'AMORE è una spiegazione delle quattro strofe della poesia "O fiamma d'amor viva" che trattano dell'intima e peculiare unione e trasformazione dell'anima in Dio.E' la più breve poesia tra gli scritti maggiori, ma la più traboccante di luce e di fuoco. 
il supremo stato mistico, possibile in terra è analizzato e descritto con tanta verità di espressione da sembrare un racconto autobiografico, e del resto tale è da considerarsi, al di fuori di ogni intenzione del santo.