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domenica 2 febbraio 2014

Sulla via delle beatitudini.

ECCO A VOI TUTTI , in questo giorno mariano, LA MAGISTRALE 
RIFLESSIONE-MEDITAZIONE DELLA MAMMA CELESTE





Vacallo (Svizzera), 2 febbraio 1997. Presentazione di Gesù Bambino al Tempio, 
e vigilia del mio viaggio in sud America.


Sulla via delle beatitudini.

«Contemplatemi nel momento in cui presento Gesù Bambino al Tempio di 
Gerusalemme.
È così piccolo, tenue, fragile: sono solo quaranta giorni che è nato. Lo porto 
fra le mie braccia; lo stringo con amore al mio cuore; contemplo estasiata i suoi 
occhi, che mi guardano e mi avvolgono della sua luce divina. Così vengo io 
stessa portata  da Lui sulla via delle Beatitudini.


Beati i poveri di spirito.

Il Signore, Dio onnipotente e onnisciente, è tutto presente, quasi annientato, sotto le
sembianze di questo mio piccolo Figlio.
Nasce, fra tanta povertà, in una Grotta; viene deposto in una mangiatoia; vive i 
suoi primi giorni di vita in una dimora povera e disadorna.
Ora lo conduco al Tempio del Signore, sostenuta dal mio castissimo sposo 
Giuseppe ed offriamo, per il suo riscatto, due piccole colombe, che è il prezzo 
stabilito per la povera gente.


Beati gli afflitti.

Quando il mio Bambino mi viene ridato dal Sacerdote e deposto fra le mie 
braccia, il vecchio Simeone, illuminato dallo Spirito del Signore, svela alla mia 
anima che il suo disegno è soprattutto quello di un grande patire: "Ecco, Egli 
è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, 
perché siano svelati i pensieri di molti cuori. Ed anche a te una spada 
trapasserà l'anima." (Lc. 2,33).
Come Mamma vengo così a Lui associata sul cammino della afflizione.


Beati i miti.

Contemplate in questo mio Bambino il riflesso della mansuetudine e 
della bontà.
Le sue mani si aprono come divina carezza su ogni umano patire; 
i suoi occhi fanno scendere la Luce su ogni ombra di peccato e di male; 
i suoi piedi si formano per percorrere strade aride ed insicure a cercare i 
lontani, a trovare gli smarriti, a soccorrere i bisognosi, a guarire gli
ammalati, ad accogliere i peccatori, a donare a tutti speranza e salvezza. 
Il suo Cuore batte con palpiti di divino amore, per formare i cuori di tutti alla 
mitezza ed alla compassione.


Beati i misericordiosi.

Vedete nel Bambino che porto al Tempio della sua gloria l'Amore 
misericordioso del Padre fatto Uomo.
Il Padre ha tanto amato il mondo da donargli il suo Figlio Unigenito, 
perché fosse salvato per mezzo di Lui.
Allora nella fragile sembianza di questo Bambino contemplate la vittima scelta 
e preparata, che dovrà essere immolata per la vostra salvezza.
È Lui che porta nel mondo l'Amore misericordioso del Padre.
È Lui l'Amore Misericordioso che rinnova i cuori di tutti.


Beati i puri di cuore.

Dio è presente nel mio Bambino Gesù. 
Il suo cuore è un cuore di un Dio. 
Ha assunto da Me la natura umana, ma la sua Persona è divina. 
Così il cuore che batte in questo Bambino è il cuore stesso di Dio.
Vedete Dio nel Figlio che porto fra le mie braccia materne.
Sentite il battito del cuore di Dio nel suo che pulsa ed imparate ad amare.
La purezza del cuore nasce dalla perfezione dell'amore. 
Per questo solo chi ama può giungere alla purezza del cuore, e solo chi è puro di 
cuore può vedere Dio.


Beati i pacifici.

Ecco a voi il Bambino che è la stessa Pace. 
Il suo nome è Pace. 
La sua missione è di portare la pace fra Dio e la umanità. 
Il suo disegno è di pacificare tutto il mondo.
Lui solo può portare la pace e può rendere pacifico il cuore di tutti, chiamati a 
formare parte di una sola famiglia dei figli di Dio. 
Se lo rifiuta, il mondo non conoscerà mai la pace.

Beati i perseguitati a causa della giustizia.

Vedete in questo Bambino la vittima, chiamata a percorrere la strada del rifiuto e della
persecuzione.
Da piccolo deve fuggire in esilio, perché Erode ordina che venga ucciso; 
da giovane vive in una povera casa ed è sottoposto ad umile e pesante lavoro; 
durante la sua pubblica missione è ostacolato, emarginato e minacciato, fino ad 
essere catturato, giudicato e condannato a morte. 
È Lui il perseguitato ed il percosso che porta la guarigione a tutti.
Per questo oggi, mentre lo porto fra le mie braccia al Tempio della sua gloria, 
guardo i suoi occhi, da cui traspare la luce di una beatitudine immensa. 
È Lui la sola beatitudine per voi. 
È Lui che vi indica la via delle beatitudini, che ciascuno deve percorrere per 
giungere alla salvezza ed alla pace.
È il Verbo eterno del Padre, sotto le sembianze di questo piccolo Bambino, 
che vi traccia la via della Verità e della Vita.
È il Figlio Unigenito in cui il Padre dall'eterno si compiace.
È il Figlio della vergine Madre, che oggi porto al Tempio della sua gloria e a 
tutti vi ripeto: ascoltatelo.

Sei ancora alla vigilia di un lungo e faticoso viaggio, che devi fare per Me 
in alcune Nazioni dell'America Latina, mio piccolo figlio.
Non temere del programma così pesante che ti hanno preparato.
I miei Angeli di Luce ti sono accanto in ogni momento e, nella tua stessa debolezza, 
si renderà più manifesta la potenza della tua Mamma Celeste.
Porta tutti nel rifugio del mio Cuore Immacolato, perché vi possa aiutare a 
percorrere il difficile cammino delle vostre beatitudini».
(Mov. Sac. Mariano)


GESU', MARIA, AMORE: VENITE
INSIEME NEL MIO CUORE

giovedì 23 gennaio 2014

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI - L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio. « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9).


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA CELEBRAZIONE DELLA 
XLVI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 

1° GENNAIO 2013

BEATI GLI OPERATORI DI PACE

1. Ogni anno nuovo porta con sé l’attesa di un mondo migliore. In tale prospettiva, prego Dio, Padre dell’umanità, di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera.

A 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, che ha consentito di rafforzare la missione della Chiesa nel mondo, rincuora constatare che i cristiani, quale Popolo di Dio in comunione con Lui e in cammino tra gli uomini, si impegnano nella storia condividendo gioie e speranze, tristezze ed angosce [1], annunciando la salvezza di Cristo e promuovendo la pace per tutti.

In effetti, i nostri tempi, contrassegnati dalla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, nonché da sanguinosi conflitti ancora in atto e da minacce di guerra, reclamano un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo.

Allarmano i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato. Oltre a svariate forme di terrorismo e di criminalità internazionale, sono pericolosi per la pace quei fondamentalismi e quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione, chiamata a favorire la comunione e la riconciliazione tra gli uomini.

E tuttavia, le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. In altri termini, il desiderio di pace corrisponde ad un principio morale fondamentale, ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo integrale, sociale, comunitario, e ciò fa parte del disegno di Dio sull’uomo. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio.

Tutto ciò mi ha suggerito di ispirarmi per questo Messaggio alle parole di Gesù Cristo: « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9).



La beatitudine evangelica


2. Le beatitudini, proclamate da Gesù (cfr Mt 5,3-12 e Lc 6,20-23), sono promesse. Nella tradizione biblica, infatti, quello della beatitudine è un genere letterario che porta sempre con sé una buona notizia, ossia un vangelo, che culmina in una promessa. Quindi, le beatitudini non sono solo raccomandazioni morali, la cui osservanza prevede a tempo debito – tempo situato di solito nell’altra vita – una ricompensa, ossia una situazione di futura felicità. La beatitudine consiste, piuttosto, nell’adempimento di una promessa rivolta a tutti coloro che si lasciano guidare dalle esigenze della verità, della giustizia e dell’amore. Coloro che si affidano a Dio e alle sue promesse appaiono spesso agli occhi del mondo ingenui o lontani dalla realtà. Ebbene, Gesù dichiara ad essi che non solo nell’altra vita, ma già in questa scopriranno di essere fi gli di Dio, e che da sempre e per sempre Dio è del tutto solidale con loro. Comprenderanno che non sono soli, perché Egli è dalla parte di coloro che s’impegnano per la verità, la giustizia e l’amore. Gesù, rivelazione dell’amore del Padre, non esita ad offrirsi nel sacrificio di se stesso. Quando si accoglie Gesù Cristo, Uomo-Dio, si vive l’esperienza gioiosa di un dono immenso: la condivisione della vita stessa di Dio, cioè la vita della grazia, pegno di un’esistenza pienamente beata. Gesù Cristo, in particolare, ci dona la pace vera che nasce dall’incontro fiducioso dell’uomo con Dio.

La beatitudine di Gesù dice che la pace è dono messianico e opera umana ad un tempo. In effetti, la pace presuppone un umanesimo aperto alla trascendenza. È frutto del dono reciproco, di un mutuo arricchimento, grazie al dono che scaturisce da Dio e permette di vivere con gli altri e per gli altri. L’etica della pace è etica della comunione e della condivisione. È indispensabile, allora, che le varie culture odierne superino antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici, in forza dei quali i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere o di profitto, i mezzi diventano fini e viceversa, la cultura e l’educazione sono centrate soltanto sugli strumenti, sulla tecnica e sull’efficienza. Precondizione della pace è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo. La pace è costruzione della convivenza in termini razionali e morali, poggiando su un fondamento la cui misura non è creata dall’uomo, bensì da Dio. « Il Signore darà potenza al suo popolo, benedirà il suo popolo con la pace », ricorda il Salmo 29 (v. 11).



La pace: dono di Dio e opera dell’uomo


3. La pace concerne l’integrità della persona umana ed implica il coinvolgimento di tutto l’uomo. È pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato. Comporta principalmente, come scrisse il beato Giovanni XXIIInell’Enciclica Pacem in terris, di cui tra pochi mesi ricorrerà il cinquantesimo anniversario, la costruzione di una convivenza fondata sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia [2]. La negazione di ciò che costituisce la vera natura dell’essere umano, nelle sue dimensioni essenziali, nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ultima analisi, Dio stesso, mette a repentaglio la costruzione della pace. Senza la verità sull’uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l’amore sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio.
Per diventare autentici operatori di pace sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio, Padre misericordioso, mediante il quale si implora la redenzione conquistataci dal suo Figlio Unigenito. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste.

La realizzazione della pace dipende soprattutto dal riconoscimento di essere, in Dio, un’unica famiglia umana. Essa si struttura, come ha insegnato l’Enciclica Pacem in terris, mediante relazioni interpersonali ed istituzioni sorrette ed animate da un « noi » comunitario, implicante un ordine morale, interno ed esterno, ove si riconoscono sinceramente, secondo verità e giustizia, i reciproci diritti e i vicendevoli doveri. La pace è ordine vivificato ed integrato dall’amore, così da sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, fare partecipi gli altri dei propri beni e rendere sempre più diffusa nel mondo la comunione dei valori spirituali. È ordine realizzato nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di persone, che per la loro stessa natura razionale, assumono la responsabilità del proprio operare [3].

La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo è creato ad immagine di Dio e chiamato a crescere, contribuendo all’edificazione di un mondo nuovo. Infatti, Dio stesso, mediante l’incarnazione del Figlio e la redenzione da Lui operata, è entrato nella storia facendo sorgere una nuova creazione e una nuova alleanza tra Dio e l’uomo (cfr Ger 31,31-34), dandoci la possibilità di avere « un cuore nuovo » e « uno spirito nuovo » (cfr Ez 36,26).

Proprio per questo, la Chiesa è convinta che vi sia l’urgenza di un nuovo annuncio di Gesù Cristo, primo e principale fattore dello sviluppo integrale dei popoli e anche della pace. Gesù, infatti, è la nostra pace, la nostra giustizia, la nostra riconciliazione (cfr Ef 2,14; 2 Cor 5,18). L’operatore di pace, secondo la beatitudine di Gesù, è colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani.
Da questo insegnamento si può evincere che ogni persona e ogni comunità – religiosa, civile, educativa e culturale –, è chiamata ad operare la pace. La pace è principalmente realizzazione del bene comune delle varie società, primarie ed intermedie, nazionali, internazionali e in quella mondiale. Proprio per questo si può ritenere che le vie di attuazione del bene comune siano anche le vie da percorrere per ottenere la pace.



Operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la vita nella sua integralità

4. Via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita.

Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita.

Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.

Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace.

Perciò, è anche un’importante cooperazione alla pace che gli ordinamenti giuridici e l’amministrazione della giustizia riconoscano il diritto all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia.

Tra i diritti umani basilari, anche per la vita pacifica dei popoli, vi è quello dei singoli e delle comunità alla libertà religiosa. In questo momento storico, diventa sempre più importante che tale diritto sia promosso non solo dal punto di vista negativo, come libertà da – ad esempio, da obblighi e costrizioni circa la libertà di scegliere la propria religione –, ma anche dal punto di vista positivo, nelle sue varie articolazioni, come libertà di: ad esempio, di testimoniare la propria religione, di annunciare e comunicare il suo insegnamento; di compiere attività educative, di beneficenza e di assistenza che permettono di applicare i precetti religiosi; di esistere e agire come organismi sociali, strutturati secondo i principi dottrinali e i fini istituzionali che sono loro propri. Purtroppo, anche in Paesi di antica tradizione cristiana si stanno moltiplicando gli episodi di intolleranza religiosa, specie nei confronti del cristianesimo e di coloro che semplicemente indossano i segni identitari della propria religione.

L’operatore di pace deve anche tener presente che, presso porzioni crescenti dell’opinione pubblica, le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato che questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a cominciare da quelli civili e politici.

Tra i diritti e i doveri sociali oggi maggiormente minacciati vi è il diritto al lavoro. Ciò è dovuto al fatto che sempre più il lavoro e il giusto riconoscimento dello statuto giuridico dei lavoratori non vengono adeguatamente valorizzati, perché lo sviluppo economico dipenderebbe soprattutto dalla piena libertà dei mercati. Il lavoro viene considerato così una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari. A tale proposito, ribadisco che la dignità dell’uomo, nonché le ragioni economiche, sociali e politiche, esigono che si continui « a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti » [4]. In vista della realizzazione di questo ambizioso obiettivo è precondizione una rinnovata considerazione del lavoro, basata su principi etici e valori spirituali, che ne irrobustisca la concezione come bene fondamentale per la persona, la famiglia, la società. A un tale bene corrispondono un dovere e un diritto che esigono coraggiose e nuove politiche del lavoro per tutti.



Costruire il bene della pace mediante un nuovo modello di sviluppo e di economia

5. Da più parti viene riconosciuto che oggi è necessario un nuovo modello di sviluppo, come anche un nuovo sguardo sull’economia. Sia uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile, sia il bene comune esigono una corretta scala di beni-valori, che è possibile strutturare avendo Dio come riferimento ultimo. Non è sufficiente avere a disposizione molti mezzi e molte opportunità di scelta, pur apprezzabili. Tanto i molteplici beni funzionali allo sviluppo, quanto le opportunità di scelta devono essere usati secondo la prospettiva di una vita buona, di una condotta retta che riconosca il primato della dimensione spirituale e l’appello alla realizzazione del bene comune. In caso contrario, essi perdono la loro giusta valenza, finendo per assurgere a nuovi idoli.
Per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico. Quello prevalso negli ultimi decenni postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività. In un’altra prospettiva, invece, il vero e duraturo successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellettuali, della propria intraprendenza, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono [5]. Concretamente, nell’attività economica l’operatore di pace si configura come colui che instaura con i collaboratori e i colleghi, con i committenti e gli utenti, rapporti di lealtà e di reciprocità. Egli esercita l’attività economica per il bene comune, vive il suo impegno come qualcosa che va al di là del proprio interesse, a beneficio delle generazioni presenti e future. Si trova così a lavorare non solo per sé, ma anche per dare agli altri un futuro e un lavoro dignitoso.

Nell’ambito economico, sono richieste, specialmente da parte degli Stati, politiche di sviluppo industriale ed agricolo che abbiano cura del progresso sociale e dell’universalizzazione di uno Stato di diritto e democratico. È poi fondamentale ed imprescindibile la strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali; essi vanno stabilizzati e maggiormente coordinati e controllati, in modo da non arrecare danno ai più poveri. La sollecitudine dei molteplici operatori di pace deve inoltre volgersi – con maggior risolutezza rispetto a quanto si è fatto sino ad oggi – a considerare la crisi alimentare, ben più grave di quella finanziaria. Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari è tornato ad essere centrale nell’agenda politica internazionale, a causa di crisi connesse, tra l’altro, alle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole, a comportamenti irresponsabili da parte di taluni operatori economici e a un insufficiente controllo da parte dei Governi e della Comunità internazionale. Per fronteggiare tale crisi, gli operatori di pace sono chiamati a operare insieme in spirito di solidarietà, dal livello locale a quello internazionale, con l’obiettivo di mettere gli agricoltori, in particolare nelle piccole realtà rurali, in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico.


Educazione per una cultura di pace: il ruolo della famiglia e delle istituzioni

6. Desidero ribadire con forza che i molteplici operatori di pace sono chiamati a coltivare la passione per il bene comune della famiglia e per la giustizia sociale, nonché l’impegno di una valida educazione sociale.
Nessuno può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico. Essa ha una naturale vocazione a promuovere la vita: accompagna le persone nella loro crescita e le sollecita al mutuo potenziamento mediante la cura vicendevole. In specie, la famiglia cristiana reca in sé il germinale progetto dell’educazione delle persone secondo la misura dell’amore divino. La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace. Bisogna tutelare il diritto dei genitori e il loro ruolo primario nell’educazione dei figli, in primo luogo nell’ambito morale e religioso. Nella famiglia nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore [6].

In questo immenso compito di educazione alla pace sono coinvolte in particolare le comunità religiose. La Chiesa si sente partecipe di una così grande responsabilità attraverso la nuova evangelizzazione, che ha come suoi cardini la conversione alla verità e all’amore di Cristo e, di conseguenza, la rinascita spirituale e morale delle persone e delle società. L’incontro con Gesù Cristo plasma gli operatori di pace impegnandoli alla comunione e al superamento dell’ingiustizia.

Una missione speciale nei confronti della pace è ricoperta dalle istituzioni culturali, scolastiche ed universitarie. Da queste è richiesto un notevole contributo non solo alla formazione di nuove generazioni di leader, ma anche al rinnovamento delle istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali. Esse possono anche contribuire ad una riflessione scientifica che radichi le attività economiche e finanziarie in un solido fondamento antropologico ed etico. Il mondo attuale, in particolare quello politico, necessita del supporto di un nuovo pensiero, di una nuova sintesi culturale, per superare tecnicismi ed armonizzare le molteplici tendenze politiche in vista del bene comune. Esso, considerato come insieme di relazioni interpersonali ed istituzionali positive, a servizio della crescita integrale degli individui e dei gruppi, è alla base di ogni vera educazione alla pace.

Una pedagogia dell’operatore di pace

7. Emerge, in conclusione, la necessità di proporre e promuovere una pedagogia della pace. Essa richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati. Difatti, le opere di pace concorrono a realizzare il bene comune e creano l’interesse per la pace, educando ad essa. Pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità. Bisogna, allora, insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza. Incoraggiamento fondamentale è quello di « dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare » [7], in modo che gli sbagli e le offese possano essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. Il male, infatti, si vince col bene, e la giustizia va ricercataimitando Dio Padre che ama tutti i suoi fi gli (cfr Mt 5,21-48). È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta nell’indifferenza. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza.

Gesù incarna l’insieme di questi atteggiamenti nella sua esistenza, fi no al dono totale di sé, fino a « perdere la vita » (cfr Mt 10,39; Lc 17,33; Gv 12,25). Egli promette ai suoi discepoli che, prima o poi, faranno la straordinaria scoperta di cui abbiamo parlato inizialmente, e cioè che nel mondo c’è Dio, il Dio di Gesù, pienamente solidale con gli uomini. In questo contesto, vorrei ricordare la preghiera con cui si chiede a Dio di renderci strumenti della sua pace, per portare il suo amore ove è odio, il suo perdono ove è offesa, la vera fede ove è dubbio. Da parte nostra, insieme al beatoGiovanni XXIII, chiediamo a Dio che illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alla sollecitudine per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il prezioso dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, a rafforzare i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri e a perdonare coloro che hanno recato ingiurie, così che in virtù della sua azione, tutti i popoli della terra si affratellino e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace [8].

Con questa invocazione, auspico che tutti possano essere veri operatori e costruttori di pace, in modo che la città dell’uomo cresca in fraterna concordia, nella prosperità e nella pace.
Dal Vaticano, 8 Dicembre 2012

BENEDICTUS PP XVI
  

[1] Cfr CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 1.
[2] Cfr Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963): AAS 55 (1963), 265-266.
[3] Cfr ibid.: AAS 55 (1963), 266.
[4] BENEDETTO XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 32AAS 101 (2009), 666-667.
[5] Cfr ibid., 34 e 36AAS 101 (2009), 668-670 e 671-672.
[6] Cfr GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1994 (8 dicembre 1993): AAS 86 (1994), 156-162.
[8] Cfr Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963): AAS 55 (1963), 304.

sabato 2 novembre 2013

BEATI PAUPERES SPIRITU, QUI LUGENT, MITES, QUI ESURIUNT ET SITIUNT JUSTITIAM, MISERICORDES, MUNDO CORDE, PACIFICI, QUI PERSECUTIONEM PATIUNTUR PROPTER JUSTITIAM, quoniam ipsorum est Regnum Caelorum




3
“ Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum.

4
Beati, qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur.



5
Beati mites, quoniam ipsi possidebunt terram.


6

Beati, qui esuriunt et sitiunt iustitiam, quoniam ipsi saturabuntur.


7

Beati misericordes, quia ipsi misericordiam consequentur.


8

Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt.



9
Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur.



10
Beati, qui persecutionem patiuntur propter iustitiam, quoniam ipsorum est regnum caelorum.


11

Beati estis cum maledixerint vobis et persecuti vos fuerint et dixerint omne malum adversum vos, mentientes, propter me. 


12

Gaudete et exsultate, quoniam merces vestra copiosa est in caelis; sic enim persecuti sunt prophetas, qui fuerunt ante vos".  (Mt. 5)





3
Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum.
4
Beati, qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur.


5
Beati mites, quoniam ipsi possidebunt terram.

6
Beati, qui esuriunt et sitiunt iustitiam, quoniam ipsi saturabuntur.
7
Beati misericordes, quia ipsi misericordiam consequentur.
8
Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt.
9
Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur.
10
Beati, qui persecutionem patiuntur propter iustitiam, quoniam ipsorum est regnum caelorum.
11
Beati estis cum maledixerint vobis et persecuti vos fuerint et dixerint omne malum adversum vos, mentientes, propter me
12
Gaudete et exsultate, quoniam merces vestra copiosa est in caelis; 
sic enim persecuti sunt prophetas, 
qui fuerunt ante vos"
(Mt 5, 3-12)


MATER BONI CONSILII, o.p.n.

giovedì 31 ottobre 2013

LAS BIENAVENTURANZAS



  




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DIOS NO OS HACE FUERZA EN EL PENSAMIENTO...
SOIS LIBRES

Dios no os hace fuerza en el pensamiento y ni siquiera en que seáis santos. Sois libres. Pero os da fuerzas. Os restituye la libertad del imperio de Satanás. Toca a vosotros el imponeros el yugo infernal o colocaros alas angelicales. Yo, vuestro hermano, os guiaré y nutriré con el alimento inmortal.

¿CÓMO SE CONQUISTA A DIOS Y SU REINO POR UN
CAMINO MÁS DULCE QUE NO SEA EL DURO DEL SINAÍ?

"¿Cómo se conquista a Dios y su Reino por un camino más dulce que no sea el duro del Sinaí? preguntáis. No hay otro. Es éste. Pero mirémoslo no a través del color de las amenazas, sino a través del amor. No digamos: "¡Ay de mí, si no hiciere esto!" quedando temblorosos ante la posibilidad de pecar, de no ser capaces de no pecar. Sino digamos: "¡Bienaventurado de mí si hago esto!" y con el empuje de la alegría sobrenatural, gozosos, lancémonos hacia estas bienaventuranzas que nacen al observar la Ley, como nacen las corolas de las rosas de entre un montón de espinas.

LAS BIENAVENTURANZAS

"Bienaventurado si soy pobre de espíritu porque entonces el Reino de los cielos es mío.
Bienaventurado de mí si soy manso porque heredaré la tierra.
Bienaventurado de mí si soy capaz de llorar sin rebelarme porque seré consolado.
Bienaventurado de mí si tengo más hambre y sed de justicia que del pan y del vino.
Bienaventurado de mí si soy misericordioso porque se usará misericordia divina conmigo.
Bienaventurado de mí si soy puro de corazón porque Dios se inclinará sobre mi corazón y lo veré.
Bienaventurado de mí si tengo espíritu de paz porque Dios me llamará hijo suyo, porque en la paz está el amor, y Dios es Amor que ama a quien se le asemeja.
Bienaventurado de mí si por ser fiel a la justicia, soy yo perseguido, porque Dios, mi Padre me dará el Reino de los cielos para premiarme de las persecuciones terrenas.
Bienaventurado de mí si soy ultrajado, y acusado mentirosamente porque sé que soy tu hijo, oh Dios. De esto me vendrá no dolor, sino alegría, porque esto me iguala a tus mejores siervos, a los profetas, que fueron perseguidos por la misma razón y con los cuales creo firmemente participar de la misma recompensa grande, eterna, en el cielo que es mío".
Contemplemos así el camino de la salvación, a través de la alegría de los santos.



BIENAVENTURADO DE MÍ SI SOY
POBRE DE ESPÍRITU

¡Oh fiebre satánica, a cuántos delirios de riquezas conduces a ricos y a pobres! El rico que vive para su dinero: el ídolo infame de su espíritu en ruinas. El pobre que vive odiando al rico porque tiene dinero y si es verdad que no lo mata de hecho, sin embargo lanza contra la cabeza de los ricos anatemas, y les desea toda clase de males. No basta no hacer el mal, es menester no desearlo. El que maldice y desea desgracias y muertes no es muy diverso del que mata realmente, porque tiene deseo de que perezca la persona odiada. En verdad os digo que el deseo no es sino un acto no realizado, algo así como el feto que existe ya en el vientre, pero que todavía no sale. El deseo perverso envenena y arruina, porque dura más que el acto violento, y es más intenso.

EL POBRE DE ESPÍRITU SI ES RICO, NO PECA
PORQUE TENGA DINERO

El pobre de espíritu si es rico, no peca porque tenga dinero, antes bien lo emplea para ser santo. Todos le aman y bendicen porque es semejante a aquellas fuentes que en los desiertos salvan a uno, sin avaricia alguna; alegre dan para aliviar la desesperación de los demás. Si es pobre se alegra en su pobreza, come su pan con la alegría que no sabe del ansia de dinero, y duerme tranquilamente sin pesadillas, y descansando se levanta a su trabajo que le parece más llevadero, porque lo hace sin ambición ni envidia.

LAS COSAS QUE HACEN RICO AL HOMBRE, SON
EL DINERO COMO OBJETO MATERIAL,
LOS AFECTOS COMO ALGO MORAL.

Las cosas que hacen rico al hombre son el dinero como objeto material, los afectos como algo moral. Por oro se entiende no sólo el dinero, sino casa, campos, joyas, muebles, rebaños, todo lo que materialmente hace acaudalada una vida. En los afectos se cuentan los lazos de sangre o de matrimonio, las amistades, la capacidad intelectual, los cargos públicos. Como veis en la primera parte el pobre puede decir: "Oh, en cuanto a mí, me basta que no envidie a quien tiene, que así me siento bien"; en la segunda también el pobre tiene que estar atento, porque aun el más miserable en el mundo, puede llegar a ser pecaminosamente rico de espíritu. Quien inmoderadamente se aficiona a alguna cosa, ese tal peca.

¿DEBEMOS ODIAR LOS BIENES QUE DIOS
NOS REGALÓ?

Diréis: "Luego ¿debemos odiar los bienes que Dios nos regaló? Entonces ¿por qué ordena que amemos a nuestro padre, madre, esposa, hijos y añade: Amarás a tu prójimo como a tí mismo?" Distinguid. Debemos amar a nuestro padre y madre, a la esposa y al prójimo, pero en la medida que Dios ha determinado: "como a nosotros mismos". A Dios se le debe amar sobre toda las cosas, con todo nuestro ser. Debemos amar a Dios no como a los seres más queridos, por ejemplo, a esta persona porque nos amamantó, a la otra porque duerme sobre nuestro pecho y cría nuestros hijos, sino amarlo con todo nuestro ser, esto es, con toda la capacidad de amar que hay en el hombre: con amor de hijo, de esposo, de amigo, y no os escandalicéis, de padre. Sí, debemos tener el mismo cuidado de los intereses de Dios que tiene un padre por sus hijos, cuya hacienda cuida con amor y la aumenta; que ante sus ojos tiene su vida física y cultural, así como éxito en el mundo.

EL AMOR NO ES UN MAL Y NO DEBE SERLO

El amor no es un mal y no debe serlo. Las gracias que Dios nos concede tampoco lo son y tampoco deben serlo. Son amor. Por amor se han concedido. Es menester emplear con amor estas riquezas de afectos y bienes que Dios nos concedió. Y sólo el que no los convierte en ídolos, sino en medios para servir santamente a Dios, ese tal demuestra que no tiene inclinación pecaminosa. Pone en práctica la santa pobreza del espíritu que se despoja de todo para poder más libremente conquistar a Dios santo, suprema riqueza. Conquistar a Dios significa: tener el reino de los cielos.

BIENAVENTURADO DE MÍ, SI SOY MANSO

Esto puede parecer contrario a la vida cotidiana. Los que no son mansos parece que triunfan en sus familias, en su ciudad, en su nación. Pero ¿es verdadero triunfo? No lo es. Es el miedo que hace que los súbditos se inclinen en apariencia ante el déspota, pero en realidad no existe sino un velo en fermento de rebelión contra el tirano. Quienes son iracundos y prepotentes no son dueños de los corazones de sus familiares, ni de sus conciudadanos, ni de sus súbditos. No doblegan las inteligencias ni los corazones a sus doctrinas los maestros que repiten: "lo he dicho, lo he dicho", antes bien forman autodidactas, buscadores de una llave apta para abrir las puertas cerradas de una sabiduría o de una ciencia que saben que existe y que es contraria a la que se les impone.

AQUELLOS SACERDOTES QUE NO VAN A LA
CONQUISTA DE LOS ESPÍRITUS CON LA PACIENTE,...

Aquellos sacerdotes que no van a la conquista de los espíritus con la paciente, humilde y amorosa dulzura, sino que parecen guerreros armados que se lanzan a un asalto feroz -tanta es su impetuosidad e intransigencia contra almas- esos tales no llevan a Dios. ¡Oh, pobres almas! Si fueran santas, no tendrían necesidad de vosotros, sacerdotes, para llegar a la luz; la tendrían ya dentro de sí. Si fuesen justos no tendrían necesidad de vosotros como jueces para mantenerse en el freno de la justicia. Ya tendrían ésta consigo. Si fueran sanos no tendrían necesidad de quien los curase. Sed, pues, mansos. No ahuyentéis a las almas. Atraedlas amorosamente, porque la mansedumbre es amor, así como lo es la pobreza de espíritu.

SI SOIS ASÍ, HEREDARÉIS LA TIERRA

Si sois así, heredaréis la tierra y llevaréis a Dios este lugar, que era de Satanás, porque vuestra mansedumbre, que además de amor es humildad, habrá vencido al odio y la soberbia matando en los corazones al rey abyecto de la soberbia y del odio, y el mundo será vuestro, esto es de Dios porque seréis justos que reconoceréis a Dios como a Dueño absoluto de lo creado, a quien se debe dar alabanza y bendición.

BIENAVENTURADO SI SÉ LLORAR
SIN REBELARME.

El dolor existe en la tierra, y arranca lágrimas al hombre. No existía el dolor, pero el hombre lo puso en la tierra y por depravación de su inteligencia trata siempre de aumentarlo con todos los medios. Además de las enfermedades, de las desgracias que acarrea vienen rayos, tempestades, terremotos. Ved que el hombre más que para sufrir viene sobre todo para hacer sufrir, pues quisiéramos que los otros sufriesen, mas no nosotros, con los medios que buscamos para atormentarlos, ved que cavila en fabricar armas cada vez más mortíferas e intransigencias morales cada vez más astutas. ¡Cuántas lágrimas acarrea el hombre al hombre a instigación de su oculto rey que es Satanás! Y en verdad os digo que estas lágrimas no son una mengua, sino una perfección del hombre.

EL HOMBRE ES UN NIÑO DISTRAÍDO

El hombre es un niño distraído, es un despreocupado, es una creatura de inteligencia retardada hasta que el llanto lo hace adulto, reflexivo, inteligente. Sólo los que lloran, o quienes han llorado, saben amar y comprender. Aman a los que gimen, los entienden en sus dolores, los ayudan con una bondad que sabe cuán duro es estar solos en el llanto. Ellos saben amar a Dios porque han comprendido que todo fuera de Dios es dolor; que el dolor se mitiga si se llora en el corazón de Dios; que el llanto resignado, que no destroza la fe, que no seca la oración, que no conoce la rebelión, sirve para transformarse, y que del dolor viene el consuelo.
Sí. Los que lloran amando al Señor, serán consolados.

BIENAVENTURADOS SI TENGO HAMBRE
Y SED DE JUSTICIA

Desde el momento en que el hombre nace, hasta el que muere busca el alimento. Al nacer abre su boquita para coger el pecho, abre los labios para tomar consuelo en su agonía. Trabaja para alimentarse. Hace de la tierra un lugar del que absorbe su sustento sin cansarse. Pero ¿qué es el hombre? ¿Un animal? No, es un hijo de Dios. Está en el destierro por pocos o muchos años, y su vida no termina al cambiar de domicilio.

HAY UNA VIDA EN LA VIDA

Hay una vida en la vida, así como en la cáscara de nuez, están los gajos. La nuez no es la cáscara, sino los gajos y pulpa que están en ella. Si sembráis la cáscara de nuez, no nace nada, pero si sembráis los gajos o pulpa nacerá un árbol grande. Así es el hombre. No es la carne la que se hace inmortal, es el alma. Se le alimenta para llevarla a la inmortalidad, a la que, por amor, ella después llevará la carne a una resurrección bienaventurada.

EL ALIMENTO DEL ALMA ES LA SABIDURÍA,
LA JUSTICIA.

El alimento del alma es la sabiduría, la justicia. Se les toma cual líquido y alimento y fortalecen. Cuanto más se gusta, tanto más crece el santo deseo de poseer la sabiduría y de conocer la justicia. Pero vendrá un día en que el alma ya insaciable verá satisfecha del todo su hambre. Dios se dará a su hijo, lo llevará directamente a su pecho, y se saciará en el paraíso de la madre admirable que es Dios mismo y no tendrá más hambre, sino que descansará en el divino seno. Ninguna ciencia humana puede suplantar a la divina. La curiosidad de la inteligencia puede extinguirse, pero no la necesidad del espíritu. Y sucede que el espíritu encuentra disgusto en la diversidad del sabor y separa la boca del pecho amargo, prefiriendo sufrir el hambre que llenarse de comida que no venga de Dios.
No tengáis miedo, vosotros que tenéis sed y hambre de Dios. Sed fieles y seréis saciados por quien os ama.


BIENAVENTURADO DE MÍ,
SI SOY MISERICORDIOSO

¿Entre los hombres quién puede decir: "No tengo necesidad de compasión"? Nadie. Si en la antigua Ley está escrito: "Ojo por ojo y diente por diente", ¿por qué en la Nueva no deba decirse: "Quien sea misericordioso encontrará misericordia"? Todos tienen necesidad de perdón.

NO SON NI LA FÓRMULA, NI LA FORMA DE UN RITO,
LAS QUE OBTIENEN PERDÓN,
SINO EL RITO INTERNO DEL AMOR,
O MEJOR DICHO, DE LA MISERICORDIA.

Pues bien, no son ni la fórmula, ni la forma de un rito, figuras externas que se han concedido a causa de la opaca mentalidad humana, las que obtienen perdón, sino el rito interno del amor, o mejor dicho, de la misericordia. La razón porque se ordenó el sacrificio de un cabro o de un cordero y la oferta de algunas monedas, se debió al hecho de que en la raíz de todo mal se encuentran siempre: la avaricia y la soberbia. La primera encuentra su castigo al comprar la oferta, la segunda con la confesión clara de lo que se va a hacer: "Hago este sacrificio porque he pecado". Se impuso además para adelantarse a tiempos y señales de los tiempos, y en la sangre que se esparce está la figura de la sangre que será derramada para borrar los pecados de los hombres.

BIENAVENTURADO, PUES, EL QUE SABE SER
MISERICORDIOSO CON LOS HAMBRIENTOS,
DESNUDOS,...

Bienaventurado, pues, el que sabe ser misericordioso con los hambrientos, desnudos, con los que no tienen techo, con los infelices que lo son tanto más cuanto que poseen un mal carácter, con los que sufren y hacen sufrir a quien con ellos convive. Tened misericordia. Perdonad, compadeced, socorred, enseñad, levantad. No os encerréis en una torre de cristal diciendo: "Soy puro y no desciendo entre los pecadores". No digáis: "Soy rico y feliz, y no quiero oír las miserias de los demás". Ved que vuestra riqueza, salud, bienestar familiar, pueden desaparecer más presto que el humo al soplo de un fuerte viento. Recordad que el cristal es lente, y lo que pasaría desapercibido si os mezcláis entre la multitud, al meteros en una torre de cristal, solos, separados, iluminados por todas partes, no lo podéis ocultar.
Misericordia para realizar un sacrificio de expiación secreto, continuo, santo y para obtener misericordia.



BIENAVENTURADO DE MÍ
SI SOY PURO DE CORAZÓN

Dios es pureza. El paraíso es reino de pureza. Nada impuro puede entrar en el cielo donde está Dios. Por esto, si sois impuros no podréis entrar en el reino de Dios. Pero, ¡oh alegría que el Padre anticipadamente concede a los hijos! El que es puro tiene ya desde la tierra un principio de cielo porque Dios se inclina sobre el puro y el hombre desde la tierra va a su Dios. No conoce sabor de amores humanos, sino que gusta, hasta el éxtasis, el sabor del amor divino y puede decir: "Estoy contigo y Tú estás en mí, por lo cual te poseo y conozco cual esposo amantísimo de mi alma". Y creedlo, que quien tiene a Dios alcanza cambios radicales e inexplicables aun en sí mismo, para los que se hace santo, sabio, fuerte, y en sus labios florecen palabras, y sus acciones se revisten de una fuerza que no viene de la creatura, sino de Dios que en ella vive.

¿QUÉ COSA ES LA VIDA DE QUIEN VE A DIOS?

¿Qué cosa es la vida de quien ve a Dios? Bienaventuranza. ¿Y querríais privaros de un premio tan grande por una fétida impureza?

BIENAVENTURADO SI TENGO ESPÍRITU DE PAZ

La paz es una de las características de Dios. Él no es más que paz, porque la paz es amor, mientras la guerra es odio. Satanás es odio. Dios es paz. No puede uno llamarse hijo de Dios, ni puede Dios decir que un hombre es su hijo, si éste tiene espíritu irascible siempre dispuesto a desencadenar tempestades. Pero tampoco puede llamarse Hijo de Dios el que sin desencadenar propiamente tempestades, no contribuya con su gran paz a calmar las que otros han suscitado. El que es pacífico difunde la paz aún sin palabras. Es dueño de sí mismo y me atrevo a decir: "dueño de Dios, pues lo lleva como una lámpara lleva su flama, como el incensario despide su perfume, como el odre contiene su líquido. Debido a este suave aceite que es el espíritu de paz que emana de los hijos de Dios, se produce luz en medio de la neblina llena de humo de rencores, y se purifica el alma de las miasmas de rencores y se calman las ondas enfurecidas.
Haced que Dios y los hombres os puedan llamar así.

BIENAVENTURADO SI SE ME PERSIGUE
POR AMOR DE  LA JUSTICIA.

El hombre se deja llevar tanto de Satanás que odia el bien donde quiera que lo encuentra, odia al bueno, como al que con su silencio lo acusa y reprenda. De hecho, la bondad de uno hace aparecer más negra la perversidad del malvado. La fe del creyente verdadero, hace aparecer más viva la hipocresía del falso. No pueden los injustos menos de odiar al que con su modo de vivir es un constante testimonio de justicia y entonces, ved que se enfurecen contra los que aman la justicia.

TAMBIÉN EN ESTO ES COMO EN LAS GUERRAS.

También en esto es como en las guerras. El hombre progresa más en su arte satánico de perseguir que en el santo arte de amar. Pero no puede perseguir sino lo que tiene vida breve. Lo eterno que existe en el hombre escapa a sus asechanzas, y hasta adquiere una vitalidad más robusta que las persecuciones. La vida escapa por las heridas que abren las venas o por las fatigas que lleva el perseguido. Pero la sangre teje la púrpura del futuro rey las fatigas son escalones para subir a los tronos que el Padre ha preparado a sus mártires, a los que están reservados los reales asientos del reino de los cielos.

BIENAVENTURADO SI SE ME
ULTRAJA Y CALUMNIA.

Procurad que vuestro nombre pueda ser escrito en los libros celestiales, allí donde no se consignan los nombres según la mentira humana, que alaba a los que no son dignos. En esos libros también se consignan con justicia y amor, las obras de los buenos para darles el premio que Dios ha prometido a los que ha bendecido.

HASTA AHORA FUERON CALUMNIADOS
Y ULTRAJADOS LOS PROFETAS

Hasta ahora fueron calumniados y ultrajados los profetas, pero cuando se abran las puertas de los cielos, cual reyes imponentes, entrarán en la ciudad de Dios, y ante ellos se doblarán los ángeles, cantando de alegría. También vosotros, también vosotros, ultrajados y perseguidos por haber sido de Dios, tendréis un triunfo celestial, y cuando llegue el tiempo, y esté completo el paraíso, entonces os será muy querida cada lágrima con que conseguisteis esta gloria eterna que os prometo en nombre del Padre.
Idos. Mañana os hablaré de nuevo. Que queden tan solo los enfermos, para que los socorra en sus dolores. La paz sea con vosotros, y el meditar en la salvación, por medio del amor, os guíe en el camino cuya meta es el cielo".
III. 154-165


 A. M. D. G. et B.V.M.