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domenica 17 agosto 2014

La Verginità di Maria (4) "Nel parto". S. Agostino: "Una vergine ha concepito: meravigliatevi! Una vergine ha partorito: meravigliatevi ancora di più!"...

...Parte Seconda. "Nato da Maria Vergine". La Verginità di Maria "Nel parto". Il concetto preciso di Verginità nel parto. Ha scritto S. Agostino: "Una vergine ha concepito: meravigliatevi! Una vergine ha partorito: meravigliatevi ancora di più!"...



LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (4)

PARTE   SECONDA

"NATO DA MARIA VERGINE"


LA VERGINITÀ DI MARIA "NEL PARTO"

Ha scritto S. Agostino: "Una vergine ha concepito: meravigliatevi! Una vergine ha partorito: meravigliatevi ancora di più!" (1). Il parto verginale è ancora più mirabile del concepimento verginale. Per questo è stato ed è, anche oggi, tanto contestato.

I. IL CONCETTO PRECISO DI VERGINITÀ NEL PARTO

Secondo il Mitterer e seguaci, la verginità di Maria " nel parto " si identifica con la verginità " prima del parto ", e perciò non importa alcun nuovo elemento. Viene così completamente svuotata. Che dire? Siccome si tratta di una verginità concreta - quella della Madre di Cristo - e non già di una verginità astratta, il concetto preciso di una tale verginità nel parto va determinato secondo i dati forniti dalla teologia (non già - come ha fatto il Mitterer – con i dati forniti dalla biologia). E' la scienza che si deve adattare alla fede, non già la fede alla scienza. Non si tratta, infatti, di una maternità qualunque, ma di una maternità speciale (di una maternità divina) la quale esige condizioni e prerogative speciali, e alla quale non si possono applicate le leggi ordinarie della biologia (2).
Prima perciò di applicare tali leggi al mistero della maternità verginale di Maria, è necessario mettere in chiaro il significato preciso che, secondo la Rivelazione, ha un tale dogma.
1) L'integrità fisica della verginità " nel parto ". Ciò posto, secondo i dati forniti dalla Rivelazione (secondo l'insegnamento del Magistero e della Tradizione della Chiesa) la verginità nel parto, oltre all'aspetto Spirituale o morale (che è essenziale) richiede anche l'aspetto materiale o fisico (che è accidentale) consistente nell'integrità fisica, corporale. La tradizione dogmatica attesta, nel parto di Maria SS., anche questo aspetto fisico, ossia, l'integrità corporale. Ciò si comprende bene se si tiene presente l'unione sostanziale (non già accidentale) dell'anima col corpo. Il corpo infatti non è già un vestito o una prigione dell'anima, ma è l'organo vivente e trasparente dell'anima.

La verginità corporale di Maria " nel parto " perciò non è altro che un'irradiazione della sua verginità morale. In forza dell'unione sostanziale dell'anima Col corpo, come vi è relazione vitale, inscindibile, tra l'anima e il corpo, così vi è una specie di relazione vitale, inscindibile, tra la verginità morale e la verginità corporale: due realtà che costituiscono la verginità integrale, perfetta.

La verginità integrale, perfetta di Maria SS. " nel parto ", conseguentemente, esclude due cose: esclude, in primo luogo, che il parto abbia compromesso l'integrità della sua verginità corporale; ed esclude, in secondo luogo, conseguentemente, tutti quei fenomeni fisiologici che accompagnano un parto ordinario (lesioni somatiche, dolori, ecc.).

Viene esclusa perciò nella Vergine, nel dare alla luce Gesù, qualsiasi attività capace di compromettere la sua integrità fisica, non già qualsiasi attività materna. Tutto ciò suppone, evidentemente, nella nascita del Salvatore (come pure nel concepimento di Lui) un intervento miracoloso di Dio, ossia, un parto miracoloso (oltreché un concepimento miracoloso).

Contrariamente a quanto ritiene - come diremo - il Mitterer, i fenomeni fisiologici che accompagnano il parto ordinario (lesioni somatiche, dolori, ecc.) non sono essenziali al concetto di vera maternità. Maria fu vera madre di Gesù, come tutte le madri lo sono dei loro figli; ma non lo fu come le altre madri: oltreché nel concepimento verginale, Ella fu diversa da esse anche nel parto verginale. Madre, infatti, è colei che concepisce e dà alla luce un figlio: questo, scientificamente, è il concetto di madre. Il modo poi di concepirlo e di darlo alla luce non appartiene all'essenza della maternità. Se ilmodo di dare alla luce un figlio fosse essenziale alla maternità, ne seguirebbe che la madre la quale da alla luce un figlio non già nel modo ordinario, ma mediante un taglio chirurgico (parto cesareo), non sarebbe vera madre o pienamente madre di quel figlio: cosa dinanzi alla quale lo stesso buon senso si ribella. Tanto meno poi può dirsi parte essenziale della maternità il dolore del parto, dal momento che nello stato di giustizia originale (prima del peccato) le madri avrebbero dato alla luce i propri figli senza dolore, e anche oggi si parla di parto indolore.

2) La particolare importanza e le funzioni di una tale integrità.
Per il fatto poi che la integrità corporale (la verginità materiale), è soltanto un elemento accidentale della verginità (S. Th., II, II, a. 152, a. 1), non ne segue affatto che essa sia una cosa di ben poca importanza e non abbia le sue funzioni: essa ha la sua particolare importanza ed ha le sue alte funzioni.

Ha, in primo luogo, la sua particolare importanza, ossia, è importante in se stessa. Anche l'integrità corporale (la verginità materiale) infatti, è, indubbiamente, una perfezione, e perciò ha la sua reale, positiva importanza, in se stessa. Il fatto che il Cristo abbia voluto rispettarla, nascendo, nella Madre sua, dimostra la squisita delicatezza del suo amore per la propria madre, alla quale non volle togliere, nel nascere da Lei, una tale perfezione. Cristo perciò volle che la Madre sua fosse una vergine perfetta, e perciò vergine non solo moralmente ma anche corporalmente, non solo in ciò che è essenziale alla verginità ma anche in ciò che è accidentale. Negare la verginità corporale e ammettere in Maria SS. soltanto la verginità morale, equivale a negarle la perfetta verginità.
Dice P. Galot che nessuno dirà che una operazione chirurgica possa togliere ad una giovane la sua verginità (art. cit., p. 464). Certo: un'operazione chirurgica non le potrà togliere ciò che è essenziale alla verginità; non si può negare però che le tolga ciò che è accidentale alla verginità, e che, pur essendo accidentale, rimane sempre una perfezione positiva d'ordine fisico, con funzione di " segno " (attestante l'assenza di relazioni sessuali) per cui un medico coscienzioso solo per motivi proporzionati si decide a compiere tali operazioni chirurgiche.
Oltre ad avere una sua particolare importanza, l'integrità corporale (la verginità materiale) ha anche, in Maria SS., una funzione speciale di " segno ", anzi ha una triplice funzione di " segno ": verso il Verbo incarnato, verso Maria stessa e verso la Chiesa.

L'integrità corporale nel parto ha una funzione di " segno ", in primo luogo, verso il Verbo incarnato: il parto verginale è anzi più un appannaggio del Figlio che un privilegio per la Madre. Come il Verbo, nascendo dal seno del Padre, non lese minimamente la natura di Lui, così nascendo dal seno della Madre, non lese minimamente la perfetta verginità di Lei. E' un rilievo, questo, non infrequente presso i Padri e gli Scrittori Ecclesiastici. " A Dio - ha detto scultoreamente S. Ambrogio - conveniva un tale parto " (quello verginale); " Talis decet partus Deum " (Hymnus, IV, PL 16, 1474). E S. Agostino: " Deus sic nasci oportuit " (Serm. 181, in Nativ. Dom. n.s., PL 38,999).

L'integrità corporale " nel parto " ha una funzione di " segno ", in secondo luogo, verso Maria SS.: la verginità materiale esterna (l'incorrotto sigillo della verginità) è " segno " della sua perfetta ed inviolata verginità interna; l'incorruzione esterna del corpo è " segno " dell'incorruzione interna dell'anima. Anche questa funzione della verginità materiale è stata sottolineata da vari Padri e Scrittori Ecclesiastici. Tanto più che Maria doveva essere l'esemplare, il prototipo della verginità, la Regina delle vergini, e una verginità soltanto morale, non già anche corporale, sarebbe stata una verginità imperfetta, e perciò l'avrebbe resa imperfetta nell'ordine del " segno ".
L'integrità corporale " nel parto " ha una funzione di " segno ", in terzo luogo,  verso la Chiesa; Maria infatti è il prototipo della Chiesa nel dare alla luce il Capo e perciò l'incorrotta verginità di Maria è " segno " dell'incorrotta verginità della Chiesa nel dare alla luce i membri di quel Capo (3).


In breve: senza una tale verginità materiale, corporale, Maria non potrebbe essere un " segno " perfetto sia della divinità di Colui che è nato da Lei, sia della sua perfetta incorruttibilità verginale, sia della perfetta incorruttibilità verginale della Chiesa.
3) La distinzione tra il " fatto " e il " modo " dell'integrità fisica nel parto verginale. Il P. Rahner, nell'intento di svalutare i vari documenti del Magistero Ecclesiastico e della Tradizione sulla verginità fisica di Maria SS. " nel parto ", ha asserito che " se la si vuole vedere espressa (una tale dottrina) nel " semper virgo " della tradizione e anche in molte espressioni dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, allora bisogna specialmente far notare che il contenuto più preciso della " virginitas in partu " forse in esso incluso rimane ancora completamente aperto [non determinato, non precisato] " (op. cit., p. 368).

Ma è necessario osservare subito che qui il chiarissimo P. Rahner gioca di equivoco sul termine " contenuto " (sul " contenuto " della " virginitas in partu "). E' necessario infatti tener presente che il termine generico " contenuto " può essere preso in due sensi, vale a dire: in quanto esprime ilfatto (cioè la non frattura dell'integrità fisica) e in quanto significa il modo (cioè, in che modo si è realizzata la non-frattura dell'integrità fisica). Orbene, l'indeterminatezza del Magistero Ecclesiastico e dei documenti della Tradizione riguarda soltanto il modo (cioè, in che modo si è realizzata la non-frattura della integrità fisica), non già il fatto stesso (cioè, la non-frattura dell'integrità fisica). P. Rahner, invece, fa ricadere sul fatto l'indeterminatezza del " contenuto " (il quale riguarda soltanto il modo), che ha avuto ed ha diverse spiegazioni.

Un esempio analogo a quello della verginità " nel parto ", lo troviamo nel dogma dell'Assunzione corporea di Maria SS. alla gloria del cielo. Il fatto dell'Assunzione (che il corpo della Vergine, unito all'anima, si trovi incorrotto in cielo) è certo, di fede; il modo dell'Assunzione, invece (se cioè il corpo della Vergine fu preservato dalla morte oppure risuscitato dopo la morte) è stato lasciato indeterminato dalla definizione dogmatica dell'Assunzione.
L'indeterminatezza del " contenuto " perciò, sia riguardo alla verginità nel parto sia riguardo all'Assunzione psico-somatica al cielo, riguarda non già il fatto (an sit) ma solo il modo (quomodo sit).

Note alla seconda parte

(1) " Virgo concepit, miramini. Virgo peperit, plus miramini " (S. AGOSTINO, Sermo 196, 1, n. 1, PL 38, 1019).
(2) Lo stesso Mitterer, del resto, si è domandato se, trattandosi di una maternità speciale, soprannaturale, le si debbano attribuire condizioni, prerogative speciali, soprannaturali. Invece però di rispondere a questa sua legittima domanda, egli lascia la risposta (come se non fosse stata già data) agli storici dei dogmi e ai dogmatici " coi quali sta pienamente d'accordo in ciò che concerne le verità rivelate " (Dogme und Biologie der heiligen Familien nach dem Weltbild des hl. Thomas von Aquin und dem der Gegenwart; Wien, Herder, 1952, p. 128).
Egli si limita a proporre alcune osservazioni che tendono a svalutare gli argomenti che sogliono addursi per provare la verginità fisica di Maria " nel parto " (p. 125-126, 128-129). Riguardo all'argomento di Tradizione, il Mitterer fa questa osservazione: i Santi Padri, quando parlano di una tale prerogativa, parlano come testimoni di una verità rivelata ricevuta per eredità, o parlano come teologi che tirano le condizioni guidati dalle proprie speculazioni? Si dà, in realtà, l'unanimità che si richiede perché costituiscano un criterio teologico?... ".
(3) Si ha quindi una triplice nascita del Verbo: Egli nasce spiritualmente dal Padre, nell'eternità. Egli nasce corporalmente da Maria Vergine, nel tempo; Egli nasce misticamente, nella Chiesa e in ogni membro della Chiesa (mistico corpo di Lui) mediante la fede e il Battesimo. La prima nascita (quella dal Padre) ha valore di segno relativamente alle altre due (da Maria e dalla Chiesa): la seconda (la nascita temporale) è l'affermazione e la replica della prima (la nascita eterna del Verbo) nonché pegno e modello della terza (la nascita spirituale, mistica nella Chiesa e nelle anime). Ciò posto. Dio ha fatto sì che la seconda nascita del Verbo (quella corporale da Maria) partecipasse della condizione soprannaturale e spirituale delle altre due nascite, ossia, fosse una nascita verginale (sia all'inizio, nel concepimento, sia alla fine, nel parto). Una tale nascita verginale ci attesta che Colui il quale nacque nell'eternità è quello stesso che nasce nel tempo, corporalmente (da Maria) e spiritualmente (in noi).



MARIA


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LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (3)

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI (3)

PARTE   PRIMA

"CONCEPITO DI SPIRITO SANTO "


LA VERGINITÀ' DI MARIA " PRIMA DEL PARTO "




III. LA CONFUTAZIONE DEGLI ERRORI E DEI DUBBI


1. L'INSEGNAMENTO DEL MAGISTERO ECCLESIASTICO
(attraverso l'antichissima " Regola della Fede ", attraverso i vari " simboli della fede ", attraverso i Concili Ecumenici, attraverso l'insegnamento dei Papi e attraverso le testimonianze della Sacra Liturgia).

1 ) La " Regola della fede " e il concepimento verginale. L'esistenza di una " Regola della fede " è testimoniata fin dall'inizio del secolo II. È infatti questa " Regola della fede " che S. Ignazio d'Antiochia (+ 107 - 110) opponeva ai Doceti allorché enunziava " in formole già stereotipate e fissate dall'uso liturgico " (cfr. CAMELOT TH., O.P., in Ignace d'Antiochie, Lettres, ed. " Sources Chrétiennes ", 10, 27; cfr. p. 118, n. 2), la generazione verginale, la morte e la resurrezione di Cristo: " Nostro Signore - diceva nella lettera agli Smirnesi (1, 2) - è veramente della stirpe di David secondo la carne, figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio, veramente nato da una vergine ". Si tratta, in forza del contesto, di una verità di fede, di una verità cioè della quale i cristiani dovevano essere " fermamente convinti ". Parlando poi contro gli stessi Doceti, e asserendo che Dio è nato " veramente " (ossia, corporalmente, non già apparentemente) " da una vergine ", S. Ignazio parla, evidentemente, di una verginità corporale (cfr. JOUASSARD G., Marie à travers la patristique, in Maria del P. H. Manoir, I, Paris 1949, 73, n. 6).

Secondo S. IRENEO (+ 202 c.) la fede della Chiesa universale, ricevuta dagli Apostoli e dai loro discepoli, aveva per oggetto, in modo particolare, " la generazione di Cristo dalla (ek) vergine ", nonché la sua passione, la sua risurrezione, la sua ascensione e la sua parusia (Her. 1, 10, s.; ed. Harvey, I, p. 91). Ed aggiunge immediatamente: " Avendo ricevuto questo Kerigma e questa fede, come noi abbiamo già detto, la Chiesa, quantunque sparsa in tutto il mondo, lo custodisce con cura, come se essa non avesse che una sola dimora; ed ella vi crede come se non avesse che un'anima sola e un cuor solo, ella la predica unanimemente, la insegna e la trasmette, come se essa non avesse che una sola bocca " (Her. 1, 10, 2; ed. Harvey, I, 92). Per S. Ireneo, una tale verità è da aversi " come regola della fede, da credersi da tutti " (5).

Altrettanto ripete TERTULLIANO (+ 222-223 c.) appellandosi anche lui alla " Regola della fede ": " La regola di fede - dice - è del tutto una, sola, immutabile e irreformabile: è necessario credere in un Dio unico onnipotente, creatore del mondo, e nel suo figlio Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria, crocifisso sotto Ponzio Filato, risuscitato dai morti il terzo giorno, ricevuto nei cieli, assise ora alla destra del Padre, e che verrà a giudicare i vivi e i morti per la risurrezione della carne " (De virg. vel., 1,3; C.S.E.L. 2, p. 1209). Tertulliano sottolinea la continuità di questa " Regola della fede "; essa viene da Cristo, ed " ha iniziato il suo corso fin dal principio del Vangelo " (De praescript. haer., 13, 3: C.S.E.L. 1, p. 197).
2) I " Simboli della fede " propriamente detti sono sorti un po' più tardi della " Regola della fede ". Il concepimento verginale viene ricordato nel Simbolo Apostolico, sia nella forma occidentale (tanto in quella antica che in quella più recente) sia nella forma orientale, nel Simbolo di Epifanie (lo formola più lunga).
La più antica formola di " Simbolo Apostolico " può farsi risalire agli ultimi decenni del secolo II, o agli inizi del secolo III. Tale è il Simbolo Apostolico secondo la forma occidentale più antica (detta " Romana ") in cui si dice: " Credo... in Gesù Cristo... nato da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo " (cfr. DENZINGER, 2).
Nel Simbolo di Epifania, secondo la forma più lunga (del sec. IV) si dice: " Crediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato dal Padre, unigenito... il quale per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e s'incarnò, cioè, perfettamente generato da Maria sempre Vergine per opera dello Spirito Santo, si è fatto uomo " (Denzinger, 13). Questa formula di Epifanio va più in là del concepimento verginale: enunzia la verginità perfetta. È un'esplicitazione della formula primitiva " nato dalla Vergine ". Il termine " la Vergine ", infatti, sembra indicare una verginità senza restrizioni, senza limiti di tempo. Era, evidentemente, una risposta a coloro che, pur ammettendo che Maria era stata vergine nel concepire Gesù (vergine " prima del parto ") non lo sarebbe poi stata in seguito.
Dalle testimonianze unanimi e costanti della " Regola della fede " e dei vari " Simboli della fede " si può legittimamente concludere che il concepimento verginale di Cristo da Maria, per opera dello Spirito Santo (non già per opera d'uomo) appartenga alla fede della Chiesa. Si tratta di una verginità fisica, corporale, come fisico, corporale fu il concepimento di Cristo; viene perciò esclusa qualsiasi interpretazione " morale " o " spirituale ", ossia, l'idea di un dono supremo della grazia (di cui il concepimento verginale non sarebbe altro che un rivestimento poetico). Un tale significato non sarebbe " un'interpretazione ", ma un'aperta negazione di quanto viene asserito dalla " Regola della Fede " e dai " Simboli della Fede ". Non può perciò esser proposta neppure come ipotesi (a fortiori come tesi).

3) I Concili Ecumenici e il concepimento verginale, a) II Concilio Lateranense, del 649, sotto S. Martino I, nel canone terzo parla della verginità di Maria, e dice che Maria " senza seme umano per opera dello Spirito Santo ha concepito propriamente e veramente lo stesso Verbo di Dio generato dal Padre da tutta l'eternità " (DENZINGER, 256).
Si tratta - come dimostreremo quando tratteremo della verginità nel parto - di una definizione dogmatica, poiché una tale verità viene imposta sotto pena di scomunica e il Papa S. Martino I intendeva definire la perpetua verginità di Maria.

b) II Concilio Ecumenico Lateranense IV del 1215 definiva: " II Figlio unico di Dio Gesù Cristo... (fu) concepito da Maria sempre vergine con la cooperazione dello Spirito Santo " (DENZINGER, 801).

c) Il II Concilio Ecumenico di Lione del 1274, nella professione di fede di Michele Paleologo diceva: " Noi crediamo al Figlio di Dio, verbo di Dio... nato temporalmente dallo Spirito Santo e da Maria sempre vergine" (DENZINGER, 852).
Si tratta perciò di una verità di fede definita.

4) Le affermazioni dei Papi. Vari Sommi Pontefici hanno insegnato, come verità di fede, il concepimento verginale.
S. LEONE MAGNO (440-461), nella Lettera dogmatica " Lectis dilectionis tuae " (del 13 giugno 449) a Flaviano Patriarca di Costantinopoli, insegnava che Cristo " fu concepito di Spirito Santo nel seno della Madre Vergine " e che una tale dottrina è contenuta " nella fonte purissima della fede " che è il " Simbolo degli Apostoli " (" nato da Maria Vergine "). (Epistola ad flavianum, 5, PL 54, 759).
S. ORMISDA (514-529), nella Lettera " Inter ea " all'Imperatore Giustino, asseriva che Dio aveva " operato un concepimento senza seme " (Epist. 79, PL 63, 513-516).
S. LEONE III (795-816), nell'811, approvava una professione di fede secondo la quale " la vergine aveva generato in modo soprannaturale ed ineffabile " (cfr. DENZINGER, 3029).
PAOLO IV, nella Costituzione " Cum quorundam " del 1555, condannava coloro i quali credevano che Gesù fosse stato concepito non già " per opera dello Spirito Santo ", " ma dal seme di Giuseppe, come gli altri uomini " (DENZINGER, 993).


5) Le testimonianze della Sacra Liturgia. Nessuna verità, come la verginità di Maria, è attestata con maggiore insistenza nella Sacra Liturgia.
A) Nella Liturgia Romana. I testi che si incontrano su tale argomento nell'arco di tutto l'anno liturgico, nelle Messe e nell'Ufficio divino, sono innumerevoli, tanti da formare un volume (cfr. GARRIDO M., O.S.B., La virginidad de Maria en la Liturgia, in " Est. Mar. " 21 [1960] p. 183-208). Ci limiteremo perciò ad alcuni soltanto, ai più espressivi.
Nel Prefazio della prima festa della Madonna che veniva celebrata, nella Liturgia Romana, il primo di gennaio, si diceva: " non conobbe uomo ed è Madre, e dopo aver avuto un figlio è vergine. Godette infatti di un duplice dono: si meraviglia di aver concepito rimanendo vergine, e si rallegra per aver dato alla luce il Redentore... " (6). Anche nel Prefazio della Messa della Madonna e nelle nuove " Preci Eucastistiche " (nella II e nella IV) si ricorda che il Verbo " si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ".
Nell'Ufficio divino, in una delle antifone maggiori, " l'Alma Redemptoris Mater ", la Madonna, viene detta " vergine sia prima sia dopo " l'annunzio dell'Angelo; " Virgo prius ac posterius Gabrielis ab ore ".
Nel responsorio III del II notturno dell'Ufficio dell'Ottava di Natale si dice: " Benedetta e degna di venerazione sei tu, o Vergine Maria, che senza offesa della tua purezza, sei diventata madre del Salvatore " (7).
Negli inni poi è frequentissima l'esaltazione della verginità di Maria nel concepimento di Cristo: " Rimanendo vergine generasti il Dio-uomo " (8).

B) Nella liturgia bizantina. Presenta innumerevoli perle preziose sul concepimento verginale.
In un " tropario " dell'Ufficio della domenica dopo Natale, vi è questo grazioso invito rivolto a San Giuseppe: " O Giuseppe, annunzia a David che tu hai veduto una vergine incinta... " (cfr. SALAVILLE S., Maria dans la Liturgie Byzantine ou Greco-slave, in Maria del P.H. du Manoir, vol. I, p. 256), E in un " tropario " dell' "Orthros " del 1° gennaio, si dice: " Chi potrà celebrare degnamente il mistero soprannaturale della concezione operata nel vostro seno? " (ibid.). Nel celebre inno liturgico " Akathistos ", riferita la domanda della Vergine all'Angelo e la risposta dell'Angelo alla Vergine, si dice: " La virtù dell'Altissimo - adombrò e rese madre - la Vergine ignara di nozze: - quel seno, fecondo dall'alto, - divenne quel campo ubertoso per tutti, - che voglion coglier salvezza... " (cfr. TONIOLO E., O.S.M., Akathistos. Inno alla Madre di Dio, Catania, Ediz. Paoline, 1968, p. 14).
Nella nona Ode dell' "Othros " del Sabato Santo vengono poste sulle labbra del Figlio queste parole: " Non vi lamentate su di me, o Madre mia, nel vedere nella tomba il Figlio che voi avete verginalmente concepito nel vostro seno... " (cfr. Maria del P.H. du Manoir, I, p. 268). In un " Theotokion " si dice: " Dio si è degnato incarnarsi in voi, o Madre di Dio, senza padre umano, onde restaurare, nell'uomo, la sua immagine, che era stata corrotta dal peccato... " (ibid., p. 299). Viene applicato alla Vergine il simbolo del Mar Rosso:
" Israele attraversò a piede secco l'abisso marino; la Vergine ora ha generato il Cristo per opera dello Spirito Santo " (ibid., p. 299). In un " Theotokion ", la Vergine viene praticamente paragonata ad una " terra divinamente feconda per produrre senza coltura la spiga che assicura la salvezza al mondo". E conclude: "Rendetemi degno di essere salvato, io che la mangio " (ibid., p. 322).

C) Nella Liturgia Siro-Maronita (derivata dalla Chiesa Antiochiana), si asserisce che Maria è diventata Madre di Dio per un  " miracolo ineffabile ", senza opera d'uomo (ibid., p. 337). Ella è la " lettera sigillata ", la " porta chiusa ", il " giardino chiuso " (p. 337).

D) Nella Liturgia Caldea. In un inno di Giorgio Warda (secolo XIII) si canta: " Si è mai veduta una figlia vergine - perpetuare il nome di vergine - e avere un figlio, senza unione? - O prodigio che trascende qualsiasi espressione! " (ibid., p. 345). Ella è "la roccia senza fessura - dalla quale è sgorgata una sorgente " (ibid., p. 346).

E) Nella Liturgia Armena. In un Inno dell' "Hymnodium " (Venezia 1898, p. 99) si afferma la perpetua verginità di Maria in questi termini; " Tre misteri formidabili si sono manifestati in voi, o Madre di Dio: la concezione verginale, il parto immacolato, la verginità dopo il parto " (ibid., p. 558). I cantori armeni paragonano il concepimento
verginale alla " pietra " staccata dalla roccia del monte senza l'aiuto delle mani dell'uomo, al " vello di Gedeone " ecc...

F) Nella Liturgia Etiopica. In un " saluto " (Salam) per la natività del Signore, viene così esaltato il concepimento verginale: " Salve, alla tua natività, o Dio Altissimo - la quale (ebbe luogo) dalla Vergine senza unione carnale, senza seme... La terra produsse l'erba verde, come tu avevi comandato, - senza che la pioggia cadesse e senza che la rugiada l'irrorasse " (ibid., p. 407).



2. TESTIMONIANZE BIBLICHE

Secondo gli avversari del concepimento verginale di Cristo, alla base della credenza costante e universale della Chiesa, in una tale verità, vi sarebbe una errata interpretazione del dato scritturistico, di modo che questa errata interpretazione iniziale della Sacra Scrittura avrebbe viziato in radice tutta la credenza tradizionale. La Chiesa - si dice - non avrebbe tenuto nel debito conto il genere letterario dei Vangeli dell'Infanzia. Ciò che gli Evangelisti dicono in senso poetico, improprio, la Chiesa - dicono - l'ha inteso in senso proprio. Il falso punto di partenza, perciò, avrebbe fatto camminare la Chiesa su di una via falsa, verso una meta falsa.
Ma questa pretesa opposizione tra la dottrina della Chiesa e la S. Scrittura intorno al verginale concepimento di Cristo appare del tutto chimerica; e ciò in base, precisamente, ai cosiddetti " Vangeli dell'Infanzia ": Matteo (1, 18-25) e Luca (1, 26-38) (9).

Checché ne sia del " genere letterario " dell'annunzio a Giuseppe (riferito da San Matteo) e dell'annunzio a Maria (riferito da Luca), è necessario riconoscere che questi due racconti comportano una chiara affermazione del fatto storico del concepimento verginale di Cristo da parte di Maria, per opera dello Spirito Santo. Nelle due narrazioni, infatti, viene chiaramente escluso un concepimento di Cristo dovuto a relazioni coniugali, e viene chiaramente ammesso un concepimento dovuto all'azione prodigiosa dello Spirito Santo. Si tratta di due racconti diversi (quello di Matteo e quello di Luca), indipendenti l'uno dall'altro, e provenienti da fonti diverse: Giuseppe (per Matteo) e Maria (per Luca).

Si tratta, in primo luogo, di due racconti diversi, poiché descrivono due situazioni del tutto diverse. Il racconto di Matteo infatti ci riferisce l'angoscioso imbarazzo di Giuseppe dinanzi alla evidente gravidanza di Maria, imbarazzo dal quale venne poi liberato dalla rivelazione fattagli dall'Angelo, il quale l'assicurò che il bambino atteso da Maria era stato " generato per opera dello Spirito Santo ". Il racconto di Luca invece ci riferisce il dialogo svoltosi tra Maria e l'Angelo, ossia, la domanda di Maria: " Come avverrà ciò (che io avrò un figlio) dal momento che non conosco uomo? ", e la risposta dell'Angelo:

" lo Spirito Santo scenderà sopra di te... ". Si tratta perciò di due situazioni diverse, non già parallele; ciò nonostante vi è in esse un accordo fondamentale sul concepimento verginale di Cristo, " per opera dello Spirito Santo ". Abbiamo qui semplici narrazioni storiche, non già esposizioni dottrinali.

Si tratta, in secondo luogo, di due racconti indipendenti: descrivendo infatti due situazioni diverse, ne segue che una di esse non abbia potuto influire o riflettersi sull'altra, per cui si hanno qui due testimonianze indipendenti del concepimento verginale, tutte e due di una notevole sobrietà, senza fare alcuna benché minima parte alla fantasia, all'immaginazione. Né è ammissibile, in queste due testimonianze, un influsso di racconti di maternità prodigiose veterotestamentarie sulla maternità verginale di Maria. È necessario infatti tener presente che le suddette maternità prodigiose veterotestamentarie vengono tutte presentate come frutto di relazioni matrimoniali, mentre la verginale maternità di Maria viene presentata come frutto dell'azione dello Spirito Santo. Ne è verosimile che la profezia di Isaia (7, 74) abbia provocato l'idea e il racconto della generazione verginale di Gesù. San Matteo non ha fatto altro che rilevare l'adempimento, in Cristo, della profezia di Isaia (l'adduce perciò a conferma del fatto); S. Luca invece sembra semplicemente alludervi (" Ecco che concepirai e partorirai un figlio... "). La profezia di Isaia non può spiegare il contenuto dell'annunzio dell'Angelo a Giuseppe: non si è potuto trovare alcun testo di rabbino che abbia interpretato Isaia nel senso di annunzio di un concepimento verginale. Inoltre, l'avveramento della profezia oltrepassa la profezia stessa, poiché introduce la venuta e l'opera dello Spirito Santo (non contenute nella profezia di Isaia). Infine, se i racconti di Matteo e di Luca fossero il risultato di una loro riflessione sulla profezia di Isaia, questa profezia, nel racconto, avrebbe dovuto apparire in primo piano, non già in secondo piano (come avveramento di quanto era stato predetto). In conclusione: i due racconti dipendono unicamente dalla realtà dei fatti tramandati dalla primitiva tradizione cristiana.

Ma oltreché diversi ed indipendenti, i due racconti (quello di Matteo e quello di Luca) hanno fonti diverse: la storia dell'infanzia infatti (e la stessa genealogia di Gesù) è ben diversa nel Vangelo di San Matteo e in quello di San Luca; ne segue perciò che essi dovettero servirsi di fonti diverse.
Si può infine rilevare che non si tratta - come vorrebbe il P. Schoonenberg - di una " nuova interpretazione " del racconto evangelico fatto da S. Matteo e da S. Luca, ma si tratta, in definitiva, di una " nuova negazione " di ciò che è stato narrato da S. Matteo e da S. Luca, di ciò che è stato sempre creduto ed insegnato nella Chiesa (asserire infatti che Cristo è stato concepito per opera d'uomo, equivale a negare che è stato concepito senza opera d'uomo, per opera dello Spirito Santo). Questa " negazione " non ha neppure - come ho già rilevato - il pregio della novità, essendo la ripetizione di una negazione (con la conseguente "demitizzazione") fatta già verso la metà del secolo II dall'ebreo Trifone, per cui anziché di progressismo, si deve parlare, più propriamente, di regressismo.

Riguardo poi al preteso influsso dei " miti " pagani delle cosiddette " vergini-madri " sulla Vergine-Madre Maria, è necessario rilevare alcune differenze essenziali tra questi miti e la narrazione evangelica sulla "Vergine-Madre ". I pagani, infatti, riconoscevano apertamente un carattere " mitico " all'idea della dee-madri ed ai grandi, (agli) eroi da esse generati (espressioni di servilismo e dell'adulazione dei rètori di corte); i cristiani, invece, all'idea di Vergine-Madre riconoscevano un carattere " storico ": cosa inspiegabile, se avessero desunto l'idea di concepimento verginale dai miti del paganesimo. Nei " miti " ellenici, inoltre, le cosiddette " vergini-madri " entravano in relazioni sessuali con gli dei sotto forma umana corporea, di modo che gli eroi che ne risultavano erano il frutto di tali relazioni; erano quindi vergini-madri solo di nome, non già di fatto; nella narrazione evangelica, invece, vengono esplicitamente escluse relazioni di tale genere.

È perciò impossibile passare dai suddetti " miti " ellenici al concepimento verginale di Cristo narrato dagli evangelisti. Si tratta di un'opera puramente spirituale, attribuita allo Spirito Santo il quale copre Maria con la sua ombra. Tanto più che lo Spirito Santo, nella sua forma primitiva ebraica (la lingua in cui fu redatto il testo originale) è di genere femminile: ruah. Non può perciò essere una specie di principio maschile.

Anche il Genesi (1, 2) riferisce che " sopra le acque aleggiava il soffio (lo Spirito Santo) di Dio ", per realizzare l'opera meravigliosa della creazione. La formazione del Verbo Incarnato nel seno purissimo di Maria era una nuova creazione, più meravigliosa della prima, poiché con essa Dio riformava in modo ancora più mirabile ciò che aveva formato in modo mirabile: " humanae sustantiae dignitatem mirabiliter condidisti et mirabilius reformasti ".
Si può davvero ripetere con l'autore del celebre Inno " Akathistos ": " per Te vengono meno autori di miti " (cfr. TONIOLO E., O.S.M.; Akathistos, Inno della Madre di Dio. Catania, ediz. Paoline, 1968, p. 27).

Quello che i demitizzatori chiamavano un " mito ", è, in realtà, un "mistero " (un fatto storico pieno di mistero); e il mistero trascende qualsiasi umana esperienza, e sfugge da ogni parte alle normali esigenze della critica storica.
Il mistero del concepimento, essendosi verificato in Maria (attraverso il fatto storico di essersi trovata madre senza opera d'uomo, per opera di Dio) è stato da Lei stessa reso noto alla primitiva comunità cristiana e, attraverso questa, agli Evangelisti (il Vangelo vissuto, che servì di base a quello scritto).

L'origine cristiano-palestinese del Vangelo dell'Infanzia, e perciò del racconto del concepimento verginale, è innegabile; ne è prova abbastanza evidente il Vangelo dell'Infanzia di San Luca: il colorito semitico dei primi due capitoli, lo stile ritmico proprio dei semiti, l'ambiente culturale che sta alla base di tutta la narrazione, rivelano uno scrittore cristiano-palestinese (il quale scrisse in aramaico o in ebraico), e non già un cristiano ellenista (come era San Luca). Ben presto, un tale racconto primitivo dovette essere tradotto in greco, onde facilitargli la diffusione. San Luca poi dovette incorporarlo, con lievi ritocchi, nel suo Vangelo. Ciò posto, viene da chiedersi: quale fonte utilizzò quel cristiano-palestinese nella sua redazione (aramaica o ebraica) del Vangelo dell'Infanzia, ove si parla del concepimento verginale?... La risposta sembra ovvia: l'unico testimonio immediato e autorizzato non poteva essere altri che Maria, nella quale un tale concepimento verginale si era realizzato. La Vergine, forse, rivelò un tale mistero in una cerchia molto intima di pie donne, oppure a San Giovanni, o anche allo stesso Evangelista San Luca. Scrive infatti P. A. Vaccari: " Luca, oltre l'essersi servito di fonti scritte, ha interrogato anche le fonti orali più accreditate, cioè, i testimoni oculari, specialmente gli Apostoli e la Vergine " (La Sacra Bibbia tradotta dai testi originali con note a cura del Pont. Ist. Biblico di Roma, Ed. Salani, 1961, p. 1871, note 1-4). S. Efrem, fin dal secolo IV, riferiva questa opinione dicendo: " Maria ammirava, si dice, la nascita di Lui e il concepimento di Lui, ed Ella raccontava agli altri in che modo aveva concepito o in che modo Ella aveva dato alla luce (Cristo), e l'ammirazione che suscitavano le parole di Lei, rinvigoriva coloro che avevano dubitato ". (cfr. ÉPHREM DE NISIBE, Commentaire de l'Evangile Concordant, ou Diatessaron, traduit du syriaque et de l'arméniem par L. Laloir, Paris, 1966, p. 75).

Si obietta da alcuni (per es. Campenhausen), contro il concepimento verginale di Cristo, il silenzio sul medesimo degli altri due Evangelisti (S. Marco e S. Giovanni). Ma si può rispondere che non manca, anche negli altri due Evangelisti (S. Marco e S. Giovanni) un accenno al concepimento verginale di Cristo. SAN MARCO infatti, evita di appellare Gesù " figlio di Giuseppe "; mentre l'appella " figlio di Maria " (Mc. 6,3); espressione che, in quei tempi, equivaleva, implicitamente, ad un concepimento privo di padre umano. " II fatto di dover ritenere criticamente " figlio di Maria " - dice P. B. Rigaux - e le tradizioni che han dato origine ai Vangeli dell'Infanzia in Mt. e Lc., sono argomenti validi in favore della fede dei cristiani nella nascita verginale " (Sens et portée de Me 3,31-35 dans la Mafiologie neotestamentaire, in " Maria in S. Scriptura ", vol. IV, Roma 1967, pp. 534-535).

SAN GIOVANNI è più esplicito di San Marco. Egli parla del concepimento verginale nel versetto 13 del prologo del suo Vangelo (secondo la lettura al singolare - non già al plurale) -  che è, criticamente, la più attendibile): " lui (Gesù) che non è nato dal sangue, né da voglia di carne, né da volontà d'uomo, ma da Dio " (cfr. GALOT J., Etre né de Dieu (Ju 1,13), in " Analecta biblica " 37 [1969]). Le tre negazioni esprimono con vigore le condizioni di una nascita ordinaria, comune a tutti gli altri uomini, ma non già a Gesù. Maria non è nominata, ma è evidentemente supposta (essendo Gesù nato da Maria).


3. LA TRADIZIONE
Ci limitiamo a tre Padri dei primi due secoli: S. Ignazio, S. Giustino e S. Ireneo. Dopo di loro le testimonianze abbondano.
1) S. IGNAZIO DI ANTIOCHIA, nella sua Lettera agli Efesini (scritta verso l'a. 110), scrivendo contro i Doceti e opponendo loro la " Regola della fede ", asseriva che Cristo era " nato da una Vergine " (SMYRN. 1,1, PG 5,707-708), non già " da una donna " qualunque (come avrebbe dovuto dire). E' perciò falso asserire che il concepimento verginale sia sorto nella Chiesa sotto l'influsso dei Doceti, poiché S. Ignazio (un Padre Apostolico della fine del I secolo) era un antidoceta.
Altrettanto hanno insegnato i Padri greci del secolo II contro gli errori nascenti degli Ebioniti e degli Gnostici (S. Giustino M., S. Ireneo).

2) S. GIUSTINO usava tutti gli argomenti possibili per sostenere energicamente come verità di fede il concepimento verginale (contro gli Ebioniti e gli Gnostici i quali ritenevano che Gesù fosse figlio di Giuseppe) nell'Apologia ad Antonino Pio (dal 150 al 154) e nel Dialogo con Trifone (tra il 155 e il 161). Egli insegna che sono stati i demoni ad inventare il " mito " del concepimento verginale presso i pagani, onde fare scacco, scimmiottandolo, al " mistero " del concepimento verginale di Cristo (Apol, 5,54, PG 6,407-12). Il concepimento di Cristo si è realizzato " senza operazione carnale " o " senza seme umano " (Apol, I, 21,32,33, PG 6,359-60, 379-80, 381-82; Dial. 54,63 PG 6, 593-94, 619-20). Anche S. Giustino, come S. Ignazio di Antiochia, considera questo punto di dottrina come una verità intangibile, trasmessa dalla catechesi ufficiale corrente e dalla Tradizione primitiva.

3) S. IRENEO, Vescovo di Lione (t e. 202), sviluppa in modo più ricco il tema del concepimento verginale, ch'egli considera verità di fede (Adv. haer. Ili, 12,7, PG 7, 900-901; I, 10,1, PG 7, 549-52; III, 4,2, PG 7, 855-56). Per lui è un fatto basato sopra un complesso imponente di testi biblici, e sull'insegnamento della Chiesa universale ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli (Adv. haer. I, 10, 1-2, PG 7, 549-52). Anche se i Libri sacri non ci avessero trasmesso il concepimento verginale, sarebbe stata sufficiente, per ammetterla, la Tradizione Apostolica. Questa conclusione è ammessa anche da alcuni teologi protestanti, per es. da MACHEN J.G., The Virgin Birth of Christ, 3 London (1958), XI, pp. 2-43 e da ED. WARDS D., Thè Virgin Birth in History and Faith, London 1943, pp. 27-44. (cfr. GAUTHIER R., C.S.C., La verginité de Marie " ante partum " selon la Tradition primitive, in "Maria in Sacra Scriptura", vol. IV, Romae 1967, pp. 475-492).

Note alla prima parte

(5) "Ut regula fidei ab omnibus credendo" (S. IRENEO, Adv. haer., 3, 19, 1-8;
21, 10; 22, 4).
(6) O magna clementia deitatis quae virum non cognovit et mater est et post filium virgo est. Duobus enim gavisa est muneribus, miratur quod virgo concepit, laetatur quod edidit redemptorem " (cfr. CHAVASSE A., Le Sacramentaire Gélasien, Desclée, Belgio, 1957, p.656).
(7) " Benedicta et venerabilis es, Virgo Maria, quae sine tactu pudoris, inventa es mater salvatoris ".
(8) " Dum Virgo, Deum et hominem genuisti " (Respons. del III notturno del mattutino della festa della Purificazione).
(9)   Ha scritto Max Thurian: " Le chiare precisazioni di S. Matteo (1, 18-25) e di S. Luca (1, 27, 34-35) ed anche la versione (= lezione) apparentemente più coerente di Giovanni (1, 13), obbligano la fede cristiana autentica a confessare la verginità di Maria prima della nascita di Cristo. La negazione di questa verginità di Maria procede il più delle volte da motivi non teologici, ed i teologi protestanti, che talora hanno messo in dubbio la verginità di Maria nel concepimento di Gesù, possono difficilmente invocare la tradizionale fedeltà riformata alla Sacra Scrittura " (MAX THURIAN, Maria Madre del Signore, Immagine della Chiesa. Trad. di E. Marini, Morcelliana, 1964, p. 41).



NOS CUM PROLE PIA
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giovedì 14 agosto 2014

La verginità di Maria, oggi (2)

La verginità di Maria, oggi (2)
...Parte Prima. "Concepito di Spirito Santo". La Verginità di Maria "Prima del parto". Gli errori e i dubbi di oggi. Sentenze di modernisti e protestanti. Influsso degli acattolici sui cattolici. Il "Nuovo Catechismo Olandese". Echi delle controversie in Italia. Alla radice dei vari errori. Errori vecchi presentati come... nuovi....

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI


PARTE   PRIMA

"CONCEPITO DI SPIRITO SANTO "


LA VERGINITÀ' DI MARIA "PRIMA DEL PARTO"

II. GLI ERRORI E I DUBBI DI OGGI

1. SENTENZE DI MODERNISTI E PROTESTANTI

Secondo i Modernisti la verginità di Maria " prima del parto " (ossia il concepimento verginale) dev'essere negata, perché sarebbe stata introdotta nella Chiesa nel secolo II, sotto l'influsso dei Doceti, i quali negavano la realtà dell'umanità di Cristo (così p. es. il TURMEL o ps. HERZOG, La Sainte Vierge dans l'histoire, Parigi, 1908); oppure perché, anziché un fatto storico, non sarebbe altro che un " mito ", del quale han cura di indicare persino i vari stadi che avrebbe percorso (così p. es. H. KOCH, Virgo Eva-Virgo Maria, Berlin Leipzig, 1917; Idem, Adhuc Virgo; Tùbingen 1929).
La teologia liberale o razionalistica, nega il concepimento verginale di Cristo non già per motivi di scienza biblica, ma unicamente perché ritiene impossibile qualsiasi prodigio. Per spiegare poi in che modo, per quale via, un tale concepimento verginale è penetrato nei Libri sacri del Nuovo Testamento, ha proposto due soluzioni: 1) esso è sorto - dicono - nell'ambiente palestinese, sotto l'influsso di Isaia, 7, 14: " Ecco che una vergine concepisce e partorisce un figlio... ";
2) esso è sorto sotto l'influsso della mitologia pagana. La prima soluzione è stata sostenuta da Adolfo Harnack. S. Matteo infatti (1, 22) si rifà esplicitamente al celebre testo di Isaia del quale vede una realizzazione della nascita di Gesù. San Luca (1, 31) poi allude allo stesso testo di Isaia. È ben noto però come nell'Antico Testamento il testo di Isaia non fu affatto interpretato nel senso di un concepimento e di un parto verginale; una tale idea era del tutto estranea al giudaismo, e perciò non poteva venire dal giudaismo. Per S. Matteo infatti non è il testo di Isaia che lo guida alla comprensione della realizzazione del parto verginale, ma è la realizzazione del parto verginale che lo guida alla comprensione del testo di Isaia, il quale solo per ispirazione profetica divina (non già da miti orientali preesistenti) potè avere l'idea di un concepimento e di un parto verginale (secondo un'indagine di G. DALLING, Theologisches Worterbuch, V, 824-835, Is. 7, 14, è la testimonianza certa più antica di una tale idea).
Altri razionalisti, messa da parte questa prima soluzione, danno la seconda, ossia, ritengono che il concepimento verginale sia stato originato da idee mitologiche pagane (ossia, dalla mitologia babilonese, egiziana, persiana, e, specialmente, greca). La storia delle religioni pagane, infatti, ci parla del mito dell'unione di qualche dio con qualche donna, dalla quale unione sono nati gli uomini grandi, divini (filosofi, re, imperatori, eroi, ecc.). Di qui l'idea mitica delle dee-madri. Così, per esempio, secondo il mito, sarebbero nati Platone, Pitagora, Alessandro, Augusto, ecc. Essi sarebbero figli di un padre celeste e di una madre terrena. Ciò posto, i cristiani di formazione ellenistica provenienti dal paganesimo - secondo i razionalisti - avrebbero ammesso una simile origine divina, una origine verginale anche per Cristo.
Tra i Protestanti di oggi han negato in modo radicale il concepimento verginale H. von Campenhausen e M. Dibelius, luterani, nonché il razionalista Bultmann. Tutti e tre hanno influenzato alcuni cattolici.
H. VON CAMPENHAUSEN (Die Jungfrauengeburt in der Theologie der Alten Kirche [ Sitzungsbericht Heidelberger Akad. Wiss. phil.-hist. Klasse, 3] 1962) ha presentato un breve studio critico secondo il quale il concepimento verginale non sarebbe altro che uno sviluppo leggendario, estraneo a Paolo e a due degli Evangelisti (Marco e Giovanni), tardivamente sviluppato dagli altri due (Matteo e Luca) partendo da elementi che, all'inizio, erano differentemente orientali. Egli sottolinea il relativo silenzio dei primi Padri e ciò che potrebbe limitare le loro affermazioni, cercando tutte le vie per minimizzarle.
MARTIN DIBELIUS (che ha influito non poco - come vedremo - su alcuni cattolici " progressisti ") ha cercato di spiegare la primitiva fede cristiana nel concepimento verginale di Cristo da parte di Maria come uno sviluppo normale e una rielaborazione progressiva delle idee veterotestamentarie e giudaiche intorno all'origine di alcuni insigni personaggi della Storia Sacra, origine dovuta ad uno speciale intervento di Dio (Isacco, Sansone, Samuele, ecc.). Il giudaismo palestinese - dice Dibelius - afferma una tale idea, ma non arrivò fino all'esclusione dell'opera dell'uomo. Il giudaismo ellenista, invece, sotto l'influsso della versione del versetto 14 del capo VII di Isaia fatta dai Settanta e sotto l'influsso delle idee elleniche (sopra esposte), arrivò all'idea di un concepimento meraviglioso, per opera dello Spirito Santo di Dio nel seno di una Vergine, senza parlare di un padre umano. Un esempio di ciò il protestante Dibelius lo trova in San Paolo allorché descrive, nella lettera ai Galati, la doppia maternità di Sarà (moglie di Abramo): costei ebbe un figlio " secondo la carne ", Ismaele; e un figlio " secondo lo spirito ", Isacco. Certo - dice Dibelius – San Paolo sapeva che Isacco era figlio naturale di Abramo; non per questo però esclude l'idea che un eletto da Dio venga generato in modo meraviglioso in quanto che, in luogo del padre umano, entra in azione la forza dello spirito di Dio. Anche in Filone - rileva inoltre Dibelius - si incontra, in forma allegorica, l'idea che alcune insigni donne ottengono la fecondità mediante il meraviglioso intervento divino, senza intervento di alcun mortale. L'esempio di Paolo e di Filone – secondo Dibelius - giustificano la conclusione che il giudaismo ellenico conosceva l'idea del concepimento miracoloso di uomini santi sotto l'azione di Dio, con esclusione di padre umano. Ciò posto, qual è - si chiede Dibelius - il senso di tale affermazione? Con essa - dice Dibelius - non si intendeva affermare un fatto storico, ma si intendeva affermare un'idea teologica: il dominio assoluto di Dio, il quale dispone della vita dell'uomo e dirige provvidenzialmente l'apparizione degli uomini grandi predestinati a qualche missione. All'avvento del Cristianesimo - prosegue Dibelius - era quasi inevitabile che venisse applicata a Cristo una simile teoria, cioè: essere " generato secondo lo spirito ". In tal modo fin dai primi anni del Cristianesimo, l'idea della origine verginale di Cristo (" secondo lo spirito ") fu creduta e predicata come un " teologumenon " cristiano, prima di passare ad essere descritta, sensibilizzata e sceneggiata da S. Luca in una narrazione ("leggenda"), quale la possediamo oggi. Con l'espressione " teologumenon " si intende dire che i cristiani primitivi non sapevano in modo fisso come venne al mondo Gesù e che a loro neppure interessava saperlo. Con l'espressione: concepito " secondo lo Spirito ", essi intendevano esprimere questa idea teologica: il supremo dominio di Dio sopra tutte le circostanze concrete che hanno accompagnato la venuta del Messia in questo mondo (cfr. DIBELIUS M., Jungfrauensohn und Krippenkind: Untersuchungen zur Geburtsgeschichte Jesu in Lukas-Evangelium: Botschaft und Geschichte, Gesammelte, Autsatze von Martin Dibelius, 1° vol., p. 1-78. J.C.B. Mohr-Tubingen, 1953, p. 18 ss., 25-35, 35-38, 36-39. Fu pubblicato per la prima volta nel 1932, nella collezione " Sitzungsberichte der Heidelberg Akademie der Steinmetzer Fr. X: Klasse Abh. 4 ").
Una discreta eco ha avuto anche fra i cattolici " progressisti ", la cosiddetta " demitizzazione " proclamata dal protestante evangelico RUDOLF BULTMANN negli articoli pubblicati nel fascicolo VII dei Beitràge zur Evangelischen Theologie del 1941. Nel secondo di questi articoli (Neues Testament una Mythologie, ripubblicato nel volume Kerigma und Mythos, vol. I, Hamburg, 1954), Bultmann, parte dalla constatazione che una delle maggiori fonti di difficoltà incontrate dall'uomo contemporaneo (formatosi alla scuola della scienza e della tecnica) è dovuta al fatto che le varie confessioni religiose gli impongono una specie di " sacrificio dell'intelletto " (sacrificium intellectus) che, in realtà, non è affatto necessario, poiché il Nuovo Testamento espone il Kerigma divino in forma di mito, ossia, quel modo di rappresentare il divino come umano, l'al di là come l'al di qua (op, cit., p. 23, 1). ,
I miracoli, secondo lui" non sono affatto qualcosa di eccezionale...: sono" elementi mitologici, i quali non possono essere credibili per l'uomo d'oggi. Conseguentemente, la predicazione del Nuovo Testamento, presentata in forma mitica, se si vuole che sia valida per l'uomo d'oggi, dev'essere "demitizzata ", attraverso l'interpretazione esistenzialistica del mito. Tra questi " miti " vi è anche, ovviamente, il prodigio del concepimento verginale di Cristo. Anche questo " mito " perciò dovrebbe essere sottoposto al trattamento della demitizzazione: un tale prodigioso concepimento non esprimerebbe altro che la trascendenza del Figlio (la sua origine dal Padre) e la perfetta santità della Madre (la sua purezza morale totale), dimenticando – evidentemente - di riflettere che un tale concepimento verginale è un'esigenza sia della trascendenza del Figlio, sia della perfetta santità della Madre.

2. INFLUSSO DEGLI ACATTOLICI SUI CATTOLICI

Le idee espresse da Campenhausen, da Dibelius e da Bultmann hanno esercitato un influsso nefasto sopra alcuni cattolici "progressisti ". Per questo la S. Congregazione per la Dottrina della Fede, in una Lettera in data 14 luglio 1966, tra i punti ai quali chiedeva alle Conferenze Episcopali delle varie nazioni una risposta intorno agli " errori " che circolano nei vari paesi, elencava anche quello della " concezione verginale " di Cristo, ridotta - secondo la suddetta Lettera - a " fatto puramente naturale ". È nota la risposta data a tale domanda dall'Episcopato Olandese:
" Per quanto concerne la concezione verginale di Cristo da Maria si deve stabilire anzitutto che tutti coloro che accettano il significato singolare e unico di salvezza di Gesù, ne vedono un'espressione nei racconti dell'Annunciazione di Luca 1 e Matteo 1. Questi difatti devono essere valutati anzitutto come una confessione di Cristo da parte della novella Chiesa, come anche l'articolo del simbolo apostolico "che è concepito dallo Spirito Santo, nato da Maria Vergine".
" Ora però c'è diversità di idee sulla questione se si tratti di un racconto oppure di un avvenimento nel corpo di Maria; in altre parole cioè se questo racconto e l'articolo di fede corrispondente debba essere compreso metaforicamente o letteralmente.
" Benché sia significativo che i racconti così differenti di Mt. e Lc. sull'infanzia descrivono ciascuno nel proprio modo la nascita verginale di Cristo, questa tradizione non sembra però farsi strada in tutto il Nuovo Testamento. In favore di una interpretazione letterale dei racconti si ha il fatto che le genealogie di Gesù evitano di nominare Giuseppe padre di Gesù (Mt. 1, 16; Le. 3, 23); contro di essa si sa che la paternità di Giuseppe è espressa altrove senza riserva anche se sempre sulla bocca di altri e non dell'evangelista (Le. 2, 48; 4, 22 contro Mc. 6, 3; Gv. 1, 45; 6, 42). Ciò che restava indeciso dentro la tradizione biblica e non del tutto deciso anche nella tradizione post-biblica. È vero che nei testi liturgici e dogmatici Maria viene quasi sempre designata come vergine e spesse volte come "sempre vergine" ma mai è stato definito con la pienezza del Magistero se questo termine "vergine" debba essere compreso letteralmente. Certo, il Concilio Lateranense del 649 si è pronunciato in questo senso (Denz. Schon. 503. Denz. 256), ma questo era un Concilio provinciale, non universale. Anche in una bolla di Papa Paolo IV del 1555 (Denz. Schòn. 1880; Denz. 993) il senso letterale, insieme ad altri punti dottrinali, viene difeso contro gli Unitari, ma questo è detto di passaggio, non nella forma di una risposta diretta ad una controversia. Ovviamente non si può trascurare il magistero ordinario, ma si richiede uno studio più preciso per sapere se esso si pronunzi anche in modo diretto in favore della interpretazione letterale della concezione verginale " (cfr. "Il Regno", Documentazione Cattolica 1968, n. 6, p. 105).

3. IL " NUOVO CATECHISMO OLANDESE "

Secondo gli autori gli questo " Nuovo Catechismo " la verginità di Maria, come è stata espressa fino ad oggi dalla Chiesa, dev'essere riveduta e corretta. Le parole del Simbolo della fede " Nato dalla Vergine Maria " applicate a Gesù - secondo costoro - non sarebbero altro che un'espressione poetica, usata per significare che Egli è venuto al mondo come un singolare " dono " della grazia di Dio. Gli autori del famoso " Nuova Catechismo Olandese ", sono arrivati a dire che gli Evangelisti Matteo e Luca, asserendo che Gesù è stato concepito per opera dello Spirito Santo, non già per opera d'uomo, han voluto significare che Gesù è " nel più alto grado, il frutto di una promessa ", frutto " superiore a tutte le possibilità dell'uomo ", il " dono " di Dio all'uomo. Questo - secondo gli autori del Catechismo - sarebbe il significato " profondo " delle asserzioni dei due Evangelisti. " Dei grandi uomini dell'Antico Testamento - dice il " Nuovo Catechismo Olandese " - si narra come furono impetrati da Dio ". E dopo aver nominato alcuni Patriarchi (Isacco, Giacobbe, Sansone, Samuele, il bambino della casa reale di Acaz e S. Giovanni Battista), prosegue rilevando che " di tutti i figli della promessa di Israele, Gesù è il punto più alto ". Gesù perciò viene messo nella stessa linea di tutti gli altri (generati in modo ordinario) e questo sarebbe ciò che esprimono gli Evangelisti Matteo e Luca quando annunciano che Gesù non procedette dalla volontà di uomo. Questo sarebbe il senso " profondo " dell'articolo di fede: " nato da Maria Vergine ". Questo fatto non avrebbe altro che una significazione " simbolica " esprimente la somma gratuità del " dono " fattoci da Dio.
Ecco il testo completo del " Nuovo Catechismo olandese " : " Contemporaneamente all'origine umana di Gesù, i Vangeli riferiscono anche la sua origine da Dio. " Dei grandi personaggi del Vecchio Testamento si racconta spesso che furono implorati da Dio. Dopo invocazioni e preghiere e dopo la promessa di Dio, l'intimità coniugale di sposi che non avevano ancora avuto figli diveniva finalmente feconda. Fu così per i Patriarchi di Israele, Isacco e Giacobbe, così per Sansone e Samuele e il figlio della casata di Achaz, segno della fedeltà di Dio in tempi travagliati. Così fu per Giovanni il Battista. In quei racconti emerge in modo eccezionale ciò che palpita in ogni paternità e maternità: un nuovo essere umano (sempre ogni volta unico) è, in ultima analisi, un dono di Dio,
Si usa dire che i genitori "hanno avuto" un bambino, più che non lo abbiano "fatto".
" Fra tanti figli della promessa di Israele, Gesù è il più eccelso. Quando venne al mondo, era stato implorato da tutto un popolo, promesso da tutta una storia. Figlio di promessa come nessun altro, Oggetto del più profondo desiderio di tutta l'umanità. Nacque per pura grazia, per sola promessa, "concepito di Spirito Santo". Il dono di Dio all'umanità.
" Gli evangelisti Matteo e Luca  sottolineano tutto ciò quando affermano che Gesù non è nato per volontà di un uomo. Essi dicono che questa nascita, ben più della nascita di qualsiasi altra creatura umana, non sta in relazione alcuna con le capacità puramente umane. Appunto questo è il senso profondo dell'articolo di fede che dice: "nacque da Maria Vergine". Nulla esiste in seno all'umanità, nulla nell'umana fecondità, che possa generarlo. Lui dal quale dipende ogni fecondità umana, la formazione tutta del nostro genere umano: in Lui, infatti, tutto è creato.
" In ultima analisi il genere umano deve la venuta di questo Promesso allo Spirito Santo. La sua origine non è ne dal sangue ne dalla volontà della carne, ne dalla volontà di un uomo, ma da Dio: da tanta altezza, da tanto lontano ". (Il Nuovo Catechismo Olandese, Torino, ed. Elle di ci, pag. 92).
II testo - come si vede - è per lo meno equivoco : sotto la cortina fumogena delle parole, si viene a negare velatamente il dogma.
Con ragione perciò la " Commissione Cardinalizia " nominata dal S.P. Paolo VI per l'esame del " Nuovo Catechismo Olandese ", dichiarava, fra l'altro:
" 3. Circa la concezione di Gesù da Maria in modo verginale.
- La Commissione dei Cardinali ha chiesto che il "Catechismo" proclami apertamente che la Madre Santissima del Verbo Incarnato ha sempre goduto dell'onore della verginità, e che affermi chiaramente il fatto stesso della concezione verginale di Gesù, che quantomai conveniva al mistero dell'Incarnazione; e che perciò non si dia alcuna ansa per abbandonare la realtà di questo fatto, contenuto nella tradizione della Chiesa fondata sulla Sacra Scrittura, conservandone soltanto una sua significazione simbolica, per esempio la somma gratuità del dono, che Dio ci ha fatto del Figlio Suo ". [92. 95. 96. 188] (cfr. A.A.S. 60 [1968] p. 688). Per questo il S.P. Paolo VI, nella Lettera del 30 marzo 1967 al Card. Alfrink, Primate d'Olanda, chiedeva che fosse evitata qualsiasi ambiguità, trattandosi di un dogma di fede (cfr. Il Dossier del Catechismo Olandese, p. 146, 148).
Il concepimento verginale di Cristo da Maria, negato velatamente o, per lo meno, esposto in modo equivoco, ambiguo nel " Nuovo Catechismo Olandese ", è stato negato apertamente da alcuni teologi olandesi che hanno collaborato alla composizione del medesimo.
1) II P. PIET SCHOONENBERG S.J.. in una intervista radiofonica, osservava che per una retta interpretazione del cosiddetto " Vangelo dell'Infanzia " (Mt. 1, Le. 1-2) andava tenuto presente il "genere letterario ". " Basandoci - diceva - su questa nuova (...) comprensione (del Vangelo), possiamo domandarci se il racconto dell'annunciazione tramandatoci da Luca (1, 26-38) e da Matteo (1, 20-25) debba intendersi in senso letterale (proprio) o figurato " (cfr. I grandi temi del Catechismo Olandese, Brescia, Queriniana, 1968, p. 131-136).
Secondo Schoonenberg, la verginità corporale di Maria non è da ritenersi come dogma, ma come " questione aperta ". " II Nuovo Testamento - secondo lui - nel suo insieme, da l'impressione che la nascita verginale (di Gesù) sia un modo di parlare poetico " (cfr. " De Tijd ", 17 dic. 1966).
2) Anche il P. VAN KILSDONK S.J. (collega del P. Schoonenberg ) dopo aver negato apertamente la verginità corporale di Maria, dichiara: " II titolo di "Vergine", per Maria, non è altro che un'aggiunta della poesia religiosa del Nuovo Testamento ". Per il P. Van Kilsdonk, " il concepimento di Gesù nel seno di sua madre, senza l'intervento di un uomo " dev'essere rigettato (cfr. " Confrontatie ", 8 nov. 1966, pagina 29 s.), ove viene riportata una trasmissione fatta dal P. Van Kilsdonk alla radio cattolica olandese (K.R.O.) l'11ottobre 1966.
3) Anche il Cappellano olandese GROENENDIJK, ha negato recisamente il concepimento verginale come fatto biologico alla televisione olandese il 14 luglio 1966, ponendola sullo stesso piano dei sette giorni della creazione i quali - evidentemente - non van presi in senso storico, letterale (cfr, la protesta di P. Van Doornik M.S.C, su " De Tijd " del 20 luglio 1966).
4) II tedesco UBERTO ABEAS, facendo eco ai suddetti olandesi ha negato anche lui recisamente la verginità' di Maria " prima del parto " nel concepimento di Cristo (cfr. Fundamental Katecketik, Dùsseldorf, 1968, p. 200 ss.). È stato però riprovato dalla Gerarchia cattolica tedesca (cfr. Herder-Korresp.; Heft 1, del 1969, pag. 15-18).

4. ECHI DELLE CONTROVERSIE IN ITALIA

Recentemente, poi, anche in Italia, in un opuscolo indirizzato " ai cristiani adulti di oggi " (H. MOURITZ, I grandi temi del Catechismo Olandese, edito dalla Queriniana di Brescia) si affermava che, per i cattolici, la questione della verginità fisica o soltanto morale di Maria nel concepimento di Cristo, era una questione tuttora " aperta " e perciò discutibile! Questo infame opuscolo viene presentato, dalla Editrice Queriniana (Cattolica!...) come una " sintesi completa e precisa " del famigerato Catechismo Olandese. Vi si dice: " II sorgere di nuove opinioni sulla nascita verginale è stato influenzato dal progresso [o regresso?...] dell'esegesi e da una migliore comprensione della Scrittura [meglio si direbbe: da un nuovo travisamento della Scrittura]. Basandoci su questa nuova comprensione, possiamo domandarci se il racconto dell'annunciazione tramandatoci da Luca (1, 26-38) e da Matteo (1, 13-25) debba intendersi in senso letterale o figurato.
... Il punto cruciale è questo: che cosa hanno inteso dire i due evangelisti con la loro narrazione, considerata come un tutto unico? Intendono descrivere un avvenimento biologico e fisico, o vogliono invece servirsi di un genere letterario per dirci che Gesù è il Figlio unigenito fin dall'origine? In altri termini: Matteo e Luca ci danno un'interpretazione teologica sotto forma di racconto, o vogliono darci invece un documento storico? " (p. 132 s.). Il Mouritz propende verso la prima parte del dilemma. Poco importa a lui che " la suprema autorità della Chiesa " (alla quale sola appartiene l'autentica interpretazione della S. Scrittura) si sia pronunziata in senso contrario, perché la questione - secondo lui - come si presenta oggi, non è stata mai definita " in modo esplicito ". E più oltre, a p. 113, aggiunge che ci possiamo chiedere se questa autorità (della Chiesa) difenda l'aspetto fisico della nascita verginale a causa della fede, o, forse per altri motivi, per esempio a causa di una minore valorizzazione della sessualità. E conclude, con la più grande disinvoltura: " Anche se Maria ha concepito Cristo in modo fisico ordinario [non verginalmente, ossia, per opera d'uomo], Essa resta pur sempre Vergine Madre [è lui che sottolinea] per la dedizione di tutta se stessa a Dio. È a Lui infatti che ha dato tutto il suo cuore " (p. 135). Sarebbe quindi una Vergine Madre solo di nome, non già di fatto. E aggiunge ancora (quantunque non ve ne sia bisogno): " Giustamente il Catechismo Olandese si ispira a queste verità [meglio avrebbe detto: " a queste falsità]. Se ci atteniamo a questo significato essenziale dell'evento salvifico, possiamo considerare ancora aperta la questione se la concezione di Cristo sia stata fisica o meno " (p. 136). La nostra fede - secondo il Mouritz - è... " una fede di ricerca " (ibid.), ossia, una fede in fieri!... (4).

5. ALLA RADICE DEI VARI ERRORI

Alla base di questa odierna contestazione della verginità di Maria " prima del parto ", stanno le seguenti ragioni:
1 ) vi è la difficoltà di riconoscere il miracolo, ossia, un intervento miracoloso di Dio, al quale " nulla è impossibile " (Lc. 1, 37) nell'ordine della natura corporea: per questa gente il " mito " si identifica col " miracolo ";
2) vi è la tendenza a rendere l'incarnazione più umana, a sottolineare in modo particolare, in Cristo, l'uomo, l'umanità, onde renderlo il più vicino possibile agli uomini, ossia, più umano: un Cristo infatti concepito come tutti gli altri uomini, sarebbe un Cristo più vicino all'umanità; ma costoro finiscono con lasciare nell'ombra la divinità di Cristo, o col negarla;
3) vi è la tendenza a svalutare la verginità, a valorizzare la sessualità, ad esaltare esageratamente l'unione coniugale da parte dell'uomo d'oggi; il quale - a differenza dell'uomo di ieri - vede nel matrimonio un istituto ingiustamente abbassato per elevare lo stato verginale: per il  fatto stesso - dicono - che Cristo è il frutto del matrimonio e della procreazione umana, si ha un'esaltazione dello stato matrimoniale.
Questi sono i tre principali motivi per cui non pochi hanno negato il carattere verginale e perciò miracoloso del concepimento di Cristo da parte di Maria, e l'hanno ritenuta frutto di un rivestimento poetico, mitologico. Essi dimenticano che il concepimento verginale di Cristo è ordinato a rivelare la sua natura di Figlio di Dio che, in una nuova creazione, viene ad inserirsi, per salvarlo, nel mondo (cfr. DANIELI G., Origini della tradizione sinottica sulla concezione verginale, in " Divus Thomas " [Plac.], 72 [1969] pag. 312-331).

6. ERRORI VECCHI PRESENTATI COME... NUOVI

Secondo questi negatori o contestatori di oggi, il concepimento verginale di Cristo (l'espressione " nato dalla Vergine "), comporterebbe un rivestimento poetico d'ordine prodigioso (mitico) dato ad una realtà più semplice, questa: Gesù è nato in virtù di un " dono speciale " di Dio, il dono supremo della grazia divina, perciò la sua nascita si trova al vertice delle nascite degli uomini insigni dell'Antico Testamento, nascite che ci vengono presentate dalla Bibbia come provenienti da un sovrano intervento di Dio, quantunque siano frutto dell'unione coniugale. Questa l'idea o realtà primitiva. Per accentuare poi meglio una tale idea o realtà primitiva, la comunità cristiana l'avrebbe rivestita dell'idea prodigiosa (mitica), ossia, di un'origine o concepimento verginale. Si veniva ad esprimere così, in modo materiale, biologico, ciò che era soltanto spirituale (un figlio venuto eccezionalmente dall'alto).
Dinanzi a questa pretesa mitizzazione dell'idea o realtà primitiva, s'impone - dicono costoro - una purificazione, una demitizzazione, ossia, una liquidazione pura e semplice del rivestimento portentoso dal concepimento verginale. In tal modo - dicono - il dogma del concepimento verginale di Cristo, non verrebbe negato, ma verrebbe purificato, verrebbe inteso nel suo vero significato. Questa demitizzazione indubbiamente, - lo riconoscono - va contro la tradizione cristiana e contro l'insegnamento della Chiesa (le definizioni infallibili dei Concili e dei Papi); però - dicono i demitizzatori - se all'origine della tradizione cristiana vi si trova un mito, ne segue che la formulazione (il genere letterario) che vi si appoggia deve essere presa in funzione dello sviluppo mitologico che essa suppone, per cui tutte le porte che si vorrebbero chiudere alla demitizzazione dovranno invece essere aperte. Orbene questi odierni paladini della cosiddetta " demitizzazione ", pur pretendendo di dire qualcosa di nuovo, in realtà non fanno altro che ripetere ne più ne meno un errore proposto già verso la metà del secolo II e confutato egregiamente, fin da quel tempo, da San Giustino Martire (c. 110- c. 165). Discutendo col rabbino giudeo Trifone sulla verginità di Maria, San Giustino faceva appello alla celebre profezia di Isaia (7, 15) sul concepimento e sul parto verginale della Madre dell'Emanuele. " Isaia - diceva S. Giustino a Trifone - ispirato dallo Spirito Santo, preannunzia, come vi ho esposto, un vero prodigio... " (Dial. cum Triphone, 14, n. 84, PG 6, 674), Ma Trifone - si noti bene!... - precedendo di quasi 19 secoli i demitizzatori di oggi, invitò S. Giustino a demitizzare il concepimento e la nascita verginale di Cristo: " Nei miti di coloro che si chiamano Greci – asseriva Trifone - si dice che Perseo nacque da Danae la quale era vergine, dopo che colui, il quale presso di loro viene appellato Zeus, si era effuso su di essa sotto forma di oro. Voi - diceva - dovreste arrossire di raccontare le stesse cose, e sarebbe meglio dire che Gesù fu un uomo tra gli uomini... Ma non arrischiatevi a parlare di prodigi onde evitare di esser presi per scemi, come i Greci " (ibid., 67, 1-2, ediz. G. Archambault, Parigi 1909, I, p. 319-321).
Ciò dunque che per Trifone era un " mito ", per S. Giustino era un " mistero ", un " prodigio ". E come Trifone invitava S. Giustino a " demitizzare ", in nome della ragione, un tale " mistero ", un tale " prodigio " così questi novelli Trifoni (regressisti, non già progressisti) invitano oggi la Chiesa (dinanzi alla quale osano impancarsi a maestri, anziché mostrarsi docili discepoli) a " demitizzare " il prodigioso " mistero " del concepimento verginale di Cristo.
Ciò premesso, in base all'insegnamento del Magistero Ecclesiastico, della Sacra Scrittura e della Tradizione primitiva, noi confuteremo gli esposti errori dimostrando come il concepimento verginale di Cristo (la verginità di Maria SS. " prima del parto ") sia una verità di fede definita, una " questione chiusa " e non già - come si vorrebbe - una " questione aperta ", un " mistero " da credersi, non già da discutersi. Passiamo perciò al terzo punto, ossia, alla confutazione degli errori.

Note alla prima parte

 (4) Anche il P. Carl Rahner ha negato la storicità del cosiddetto " Vangelo dell'Infanzia " (Matteo 1, 13-25 e Luca 1, 26-38) in cui si parla del concepimento verginale di Cristo per opera dello Spirito Santo. Un tale Vangelo, pel Rahner, non era parte del " Kerigma apostolico della salvezza ", ma è " una vera teologia cristiana della rivelazione e del messaggio di salvezza " (RAHNER C., Saggi di Cristologia e di Mariologia, Ediz. Paoline, 1965, p. 389-390). Ciò che viene raccontato perciò nel cosiddetto " Vangelo dell'Infanzia " (incluso il concepimento verginale), non sarebbe storia tramandata, ma teologia, ossia, un ripensamento personale di Matteo e Luca.