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martedì 7 agosto 2018

PER NON DIMENTICARE L'IMPORTANZA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA


L'HO VISTA, L'HO VISTA

20 gennaioo 1842: Apparizione della Madonna ad Alfonso Ratisbonne 

Giovedì 20 gennaio 1842 verso le 12.45, il giovane Alfonso Ratisbonne accompagna, per pura cortesia, l’amico Teodoro de Bussière nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte in Roma. Mentre l’amico è in colloquio con il Parroco, Alfonso visita curioso, con sguardo freddo ed indifferente la Chiesa, dove si stanno facendo i preparativi per il funerale del conte di Laferronnays. Passati non più di 10 minuti, rientrato in Chiesa, l’amico Teodoro trova Alfonso inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele, profondamente assorto, quasi in estasi. «Ho dovuto toccarlo tre o quattro volte – scrive due giorni dopo al fratello di Alfonso – e poi finalmente volse verso di me la faccia bagnata di lacrime, con le mani giunte e con un’espressione impossibile a rendersi... Poi estrasse dal petto la Medaglia Miracolosa, la coprì di baci e di lacrime e proferì queste parole: “Ah! Come sono felice, quanto è buono Dio, che pienezza di grazia e di felicità!”».1
Passata la commozione del momento, Alfonso viene accompagnato prima in albergo e poi nella Chiesa del Gesù, dal Padre Filippo Villefort che gli ordina di raccontare quanto ha visto e sperimentato. Alfonso, stringendo in mano la Medaglia Miracolosa, con commozione la bacia ed esclama: “L’ho vista, l’ho vista, l’ho vista!”. A stento poi, dominando la forte emozione, continua il suo racconto: «Stavo da poco in Chiesa, quando all’improvviso l’intero edificio è scomparso dai miei occhi, e non ho visto che una sola cappella sfolgorante di luce. In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa. Una forza irresistibile mi ha spinto verso di Lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi: “Così va bene!”. Lei non ha parlato, ma io ho compreso tutto!».1
Nella deposizione del Processo canonico del 18/19 Febbraio 1842, Alfonso completerà: «Alla presenza della SS. Vergine, quantunque non mi dicesse una parola, compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica: in una parola capii tutto!».1
Il 31 gennaio, nella Chiesa del Gesù, Alfonso Ratisbonne fa la sua abiura pubblica tra le mani del Cardinale Patrizi e riceve il Battesimo, prendendo anche il nome Maria. Diventerà Gesuita, Sacerdote e lavorerà con il fratello P. Teodoro, anche lui convertito, fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme.
Alfonso Ratisbonne, penultimo di dieci figli, appartiene ad una famiglia ebrea di banchieri molto facoltosa, ma il cui senso religioso della tradizione ebraica e la fede nell’unico Dio si erano assai affievoliti, cedendo il posto all’interesse per il denaro. Orfano della mamma a quattro anni e del papà a quattordici, Alfonso è seguito dallo zio Luigi, ricchissimo banchiere senza figli, che provvede ai suoi studi. Frequenta il Collegio reale di Strasburgo, poi un Istituto protestante; consegue il Baccellierato in Lettere e quindi, a Parigi, la Laurea in Diritto.
Nella lettera autobiografica del 12 aprile 1842 al Padre Dufriche-Desgenettes, così descrive se stesso: «Amavo solo i piaceri; gli affari mi impazientivano e l’aria degli uffici mi soffocava: pensavo che nel mondo si vivesse solo per godere... Non sognavo che feste e piaceri e ad essi mi abbandonavo con passione... Ero un ebreo solo di nome, poiché non credevo nemmeno in Dio! Non aprii mai un libro di religione, e, nella casa di mio zio, come presso i miei fratelli e sorelle, non si praticava la minima Prescrizione del giudaismo».1
In mezzo a questa povertà spirituale, Alfonso ha due richiami a valori più nobili e degni di essere vissuti. Il primo è la conversione al cattolicesimo (1827) del fratello maggiore Teodoro, più anziano di lui di 12 anni, che diventerà Sacerdote e fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme; il secondo è il fidanzamento (1841) con la nipote Flora, di appena sedici anni, figlia del fratello Adolfo.
La conversione del fratello Teodoro ha suscitato la reazione ostile di tutta la famiglia, come se avesse tradito il suo popolo. Alfonso dal canto suo rompe ogni relazione con lui e, quando Teodoro partendo saluta i familiari, assicurandoli che avrebbe pregato per tutti loro, Alfonso ride sarcasticamente.
Flora Ratisbonne, bella ed intelligente, minore di 11 anni rispetto ad Alfonso, è troppo giovane ed ancora in età minorile. Gli anziani della famiglia decidono di prendere tempo e di allontanare Alfonso da Strasburgo, con un lungo viaggio turistico, dovunque gli sia gradito. Egli decide per l’Oriente, attraverso la Costa Azzurra, l’Italia, Malta e l’Egeo, e Costantinopoli come meta finale. Flora, preoccupata per la sua salute e più per la sua fede ebraica, gli fa giurare di non visitare Roma perché vi perversa la malaria, e perché il centro della cattolicità è un pericolo di perversione.
Invece, per un insieme di contrattempi imprevisti e coincidenze non volute, Alfonso da Napoli giunge a Roma dove, per un semplice atto di cortesia verso il Barone Teodoro de Bussière, amico del fratello, accetta di portare al collo la Medaglia Miracolosa e di recitare la preghiera di S. Bernardo Ricordati piissima Vergine.
La Madonna lo attende nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte il giovedì 20 gennaio, lo abbaglia e lo converte come S. Paolo sulla via di Damasco.
                                                                     
  Don Mario Morra SDB


lunedì 27 novembre 2017

Indossiamola sempre. E' il nostro "paracadute" o meglio la nostra corazza

 

 Santa Caterina Labourè 
 Santa Caterina e la Medaglia Miracolosa

Ma dove e come ha avuto origine la Medaglia miracolosa? Essa risale al 1830. La sua origine è veramente meravigliosa. Si può dire che questa medaglietta è "miracolosa " già nel suo nascere.

Siamo a Parigi. Ci troviamo nella Casa Madre delle Suore di San Vincenzo de' Paoli e Santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità. Nella Casa Madre c'è il Noviziato. Tra le novizie c'è un'umile suora che si chiama Suor Caterina Labouré, oggi Santa. A quest'umile novizia, nascosta e sconosciuta, avverranno alcuni dei fatti più straordinari che possono capitare a una creatura sulla terra: le apparizioni della Vergine Immacolata. Perché a Suor Caterina? ... Perché proprio a lei? ...

Perché era una Suora tanto umile, tanto semplice, tanto angelica...
Questa risposta corrisponde alle divine parole di Gesù: "Ti ringrazio, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose agli intelligenti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli" (Lc 10,21).
La conferma più splendida della lode di Gesù agli umili la troviamo nel comportamento di S. Caterina dopo i fatti straordinari: ella seppe tenere nascosto il segreto delle apparizioni della Madonna per ben 46 anni, ossia fino alla morte, rivelandolo soltanto al suo confessore. A questi "piccoli" Dio dona le cose più grandi.




 "Ecco un'altra Mamma!"

Fin da piccina, S. Caterina Labouré ebbe nel Cuore una devozione così tenera e filiale verso la Madonna che quando le morì la mamma, ella riunì i fratellini ai piedi di una statuina di Maria e disse loro "Non abbiamo più la mamma: ecco un'altra Mamma!"

Era così che un tempo i genitori cristiani educavano i figli e dalle famiglie cristiane fiorivano i Santi.
La pia fanciulla era nata a Fain-les-Moutiers, villaggio della Borgogna, il 2 maggio 1806. La famiglia era molto buona: c'erano dieci figli; si viveva tutti in una grande fattoria. Quando Caterina aveva ancora dodici anni, e la mamma era già morta, dovette assumere la direzione della casa perché la sorella maggiore entrava in convento a Parigi tra le Figlie della Carità.Giudiziosa e sollecita, la brava fanciulla non fece rimpiangere la sorella più grande. Attenta e generosa, Caterina arrivava a tutto: sbrigava i lavori di casa, serviva il papà e i fratelli, coltivava con fervore la sua pietà eucaristica e la sua devozione alla Madonna.

Visse così, laboriosa e pura, fino alla sua giovinezza. E si capiva che qualcosa di speciale maturava in lei, per il fascino che esercitava con il suo candore e la sua umiltà. Ciò apparve evidente quando le furono fatte diverse proposte di matrimonio, e la sua risposta fu sempre una sola

"Ho già trovato il mio sposo fin dal giorno della prima Comunione, a Lui ho dato tutta me stessa". Anch'ella voleva diventare la Sposa di Gesù tra le Figlie della Carità al servizio dei poveri e dei sofferenti.

 La Sposa di Gesù.

S. Vincenzo invita in sogno S. Caterina a
seguirlo per l'assistenza degli infermi
Finalmente, superati ostacoli amarissimi, la pia giovane poté entrare nel noviziato delle Figlie della Carità, a Parigi, in Rue du Bac. Era il 21 aprile 1830.
Non trovò nessuna difficoltà a vivere una vita di sacrificio nella preghiera e nella mortificazione. Era così bene allenata! E tutto ella era pronta a soffrire pur di diventare la Sposa sempre vergine di Gesù: era il suo ideale di amore sublime e infinito. L'intuizione luminosa che ebbe -e che hanno solo i semplici e i puri di cuore- fu quella di diventare degna Sposa di Gesù affidandosi alla Madonna e ricopiando fedelmente le virtù della Celeste Vergine.

Ecco il proposito fondamentale scritto da lei stessa con semplicità "Prenderò Maria per modello al principio delle mie azioni, e penserò come Ella avrebbe fatto il dovere che sto per compiere"Via via, intensificherà talmente la sua filiale devozione alla Madonna, e ne scoprirà così in profondità il valore, soprattutto per la gioventù, che la Madonna stessa, in una delle apparizioni, la incaricò di organizzare un'associazione mariana per aiutare tutti a possedere la "perla preziosa" (Mt 13,46) della devozione mariana.

Per questo, senza risparmio di prove e di sofferenze, ella si impegnò e arrivò a fondare le "Figlie di Maria' esclamando felice, con lo sguardo profetico rivolto al futuro "Come sarà bello vedere Maria onorata da tutta la gioventù!"

 "La gioia più dolce"

Il fatto centrale di tutta la vita di S. Caterina, però, fu e rimane sempre quello delle cinque apparizioni della Madonna che le affidò la "Medaglia miracolosa" da diffondere nel mondo intero.

Nel luglio e nel novembre del 1830 avvennero le due principali apparizioni della Vergine Santissima nella Cappella del Noviziato. La prima delle due avvenne di notte. Avvertita dall'Angelo Custode, S. Caterina si recò trepidante nella Cappella e andò a inginocchiarsi ai piedi della Madonna che stava seduta al lato destro dell'altare. 

La Santa poté poggiare le sue mani sulle ginocchia della Madonna e contemplare il Suo celestiale volto. "In quel momento -scriverà poi- provai la gioia più dolce della mia vita ".

Il colloquio durò più di due ore! La seconda volta, S. Caterina ricevette dalla Vergine la missione di far coniare la celebre "medaglia" che sarà giustamente definita "miracolosa". La Madonna stessa le fece vedere il modello completo, così come lo vediamo riprodotto sulle medagline. Le difficoltà e i travagli furono grandi prima di ottenere che venisse coniata questa medaglina. Un'umile suora, ignorata da tutti, ricca soltanto della povertà evangelica, come avrebbe mai potuto far coniare una medaglia da produrre poi in quantità sempre maggiori, e da diffonderla nel mondo intero?

La potenza di Dio risplende tanto più gloriosa, quanto più impotenti sono le creature. E due anni dopo, il 30 giugno 1832, venivano coniati i primi 1500 esemplari della medaglina.

S. Caterina, così umile, così povera, potette avere fra le mani la bella medaglina. Quanti baci e lacrime d'amore! E con quale entusiasmo si applicò a diffonderla ovunque e a chiunque, certissima delle parole della Madonna "Tutte le persone che porteranno la medaglia riceveranno grandi grazie." Tra gli operai e gli ammalati, fra i soldati e i poveri, per oltre 40 anni, S. Caterina, la dolce Figlia della Carità, fu apostola della Medaglia miracolosa fino alla sua beata morte, che avvenne il 31 dicembre 1876.

Il suo corpo verginale riposa sotto l'altare, nella cappella delle apparizioni, ai piedi della sua Regina Immacolata. Nella ricognizione del corpo, le mani di S. Caterina che avevano toccato la Madonna e i suoi occhi che l'avevano contemplata apparvero conservati straordinariamente bene.
Notizie tratte dal sito www.totustuus.org

Regina sine labe originali concepta,
ora pro nobis.

domenica 14 dicembre 2014

L'incredibile


storia di Claude Newman, il condannato a morte convertito dalla medaglia miracolosa


Dio vuole che tutti siano salvi e perciò offre opportunamente a tutti gli uomini la sua grazia e la sua benevolenza perché l'accolgano liberamente. Per farlo si serve sempre, in modo visibile o nascosto, della Mediatrice di tutte le grazie, la Madonna. L’avvenimento, accaduto nel 1944 nel sud degli Stati Uniti ne è una straordinaria e consolante riprova. Ne fu protagonista padre Robert O’Leary SVD (1911-1984), missionario nel Mississippi, che lasciò per i posteri una registrazione audio dal titolo: «La conversione del prigioniero Claude Newman». Questa è la storia che raccontò.
***
Claude Newman (1923-1944), un uomo di colore, a soli 5 anni era stato separato dalla madre Floretta e mandato a Bovina, una piccola località ad est della città di Vicksburg, in Mississippi. Lì, insieme al fratello più grande, crebbe con la nonna Ellen Newman.

Fin da bambino Claude dovette prender parte al pesante lavoro nelle piantagioni di cotone, dove lavorava anche Sid Cook, l’uomo che nonna Ellen aveva sposato nel 1939. Dopo aver assistito ai continui maltrattamenti e alla percosse che l’amata nonna subiva da parte del marito, il pomeriggio del 19 dicembre 1942 Claude lo uccise con un colpo d’arma da fuoco. Aveva 19 anni. Cercò di fuggire, ma dopo alcune settimane fu arrestato e condannato a morte sulla sedia elettrica.
Nel 1943 Claude Newman si trovava in prigione a Vicksburg, in attesa della sua esecuzione. Divideva la cella con altri quattro detenuti. Una sera i cinque conversavano tra di loro quando, in un momento di silenzio, Claude notò una specie di fogliolina appesa con una cordicella al collo di uno dei prigionieri. Incuriosito domandò di cosa si trattasse. ll giovane compagno di cella rispose bruscamente: «È una medaglia». Claude chiese ulteriori spiegazioni. L’altro detenuto era cattolico, ma non sapeva spiegare il senso e lo scopo di quella medaglia, se la strappò dal collo e, bestemmiando, la buttò ai piedi di Claude gridando: «Su, prenditela!».
Claude, senza dire una parola, raccolse la medaglia miracolosa e, con il permesso delle guardie, se l’appese al collo. Si sentiva attirato da quell’oggetto e lo voleva portare come ornamento.
La stessa notte stava dormendo sulla sua branda, quando all’improvviso fu svegliato da qualcuno che gli aveva toccato il polso. Più tardi raccontò a padre O’Leary: «Davanti a me stava la donna più bella che Dio abbia mai creato». Claude, si spaventò, non sapeva cosa fare. Ma la Signora lo tranquillizzo dicendo: «Se mi vuoi come madre e vuoi diventare mio figlio, fai chiamare un sacerdote cattolico». Dopo di che la Signora scomparve e il giovane gridò ad alta voce: «Chiamatemi un sacerdote cattolico!».

Così padre O’Leary la mattina seguente andò da Newman, il quale gli confidò quanto era accaduto la notte. Poi chiese di ricevere un’istruzione religiosa. Il religioso era scettico, ma promise di assolvere a quella richiesta.
Tornato nella sua parrocchia, padre O’Leary raccontò al suo parroco l’avvenimento. Il giorno dopo si recò puntualmente nella prigione per la prima lezione. Lì dovette constatare che Claude Newman non sapeva né leggere né scrivere, perché non aveva mai frequentato la scuola e la sua ignoranza riguardo la fede era ancora piu grande. Non sapeva nulla di nulla. Non conosceva Gesù e sapeva solo che esisteva Dio.
Cosi Claude venne istruito, ma la cosa sorprendente è che i suoi compagni di cella lo seguirono fedelmente. Dopo alcune settimane, un giorno, durante la catechesi, padre O’Leary disse: «Allora ragazzi, oggi parliamo del sacramento della confessione». Claude subito rispose: «Oh, su questo sono informato! La Signora mi ha detto che noi, quando ci confessiamo, non ci inginocchiamo davanti al sacerdote, ma davanti alla croce di Suo Figlio. E quando ci pentiamo davvero dei nostri peccati e li confessiamo, il sangue che Lui ha versato per noi scorre su di noi e ci purifica dai nostri peccati».

Padre O’Leary rimase impietrito. «Oh, non sia arrabbiatol», si scusò Claude, «non ho voluto precederla». «Non sono arrabbiato, solo sorpreso. Allora hai visto di nuovo la Signora?», domandò il religioso turbato. Ma solo quando i due si ritrovarono per alcuni istanti in disparte, Newman rispose serio: «La Signora mi ha detto, se lei avesse dei dubbi o delle esitazioni, che avrei dovuto ricordarle la promessa che lei fece alla Madonna in Olanda, nel 1940, mentre era in trincea, e della quale lei aspetta ancora l’adempimento». «Poi», cosi ricordò O’Leary, «Claude mi descrisse precisamente in cosa era consistita la promessa. Questo incredibile fatto mi convinse totalmente che, riguardo le apparizioni, Claude stesse dicendo la verità».
Ritornato nel gruppo, egli continuo ad incoraggiare i suoi quattro compagni: «Non abbiate paura della confessione! Davvero voi dite i vostri peccati a Dio e non al sacerdote. Sapete, la Madonna mi ha spiegato: noi parliamo attraverso il sacerdote a Dio e Dio, attraverso il sacerdote, parla a noi».
La settimana dopo P. O’Leary preparò, per i suoi cinque prigionieri, una lezione sul Santissimo Sacramento dell’altare. Claude gli fece comprendere che la Madre di Dio lo aveva istruito anche su questo argomento. Con il permesso del sacerdote, iniziò a spiegare: «La Madonna mi ha detto che l’Ostia ha solo l’apparenza di un pezzo di pane, ma in verità è suo Figlio. Ella mi ha anche spiegato che Gesù rimane solo per breve tempo dentro di me, come rimase dentro di lei prima della sua nascita a Betlemme. Perciò dovrei passare il tempo con lui come ha fatto lei durante la sua vita: amandolo, adorandolo, lodandolo, chiedendo la sua benedizione e ringraziandolo. In quei minuti non dovrei pensare a nessuno e a nulla, ma passare il tempo con lui solo».
Conclusa la catechesi, i cinque prigionieri ricevettero il battesimo il 16 gennaio del 1944. Quattro giorni dopo avrebbe dovuto aver luogo l’esecuzione di Claude.
Il giorno precedente lo sceriffo Williamson gli disse: «Claude, puoi esprimere un ultimo desiderio. Cosa vuoi?». E lui rispose: «Voi siete tutti agitati. Anche le guardie sono confuse, ma non capite: solo il mio corpo morirà, io andrò a stare con Lei. Perciò vorrei organizzare una festa». «Cosa intendi?» chiese lo sceriffo. «Un party», rispose Claude con calma. «Potrebbe chiedere a padre O’Leary di organizzare una festa con dolci e gelato e permettere ai prigionieri del secondo piano di muoversi liberamente nella sala principale, in modo che tutti possiamo festeggiare?» «Qualcuno potrebbe aggredire il sacerdote… » avvertì uno dei sorveglianti. Claude si rivolse ai suoi compagni e chiese: «Ragazzi, non lo farete, vero?». Allora il sacerdote andò a far visita ad una ricca benefattrice della parrocchia la quale provvide ai dolci e al gelato. Cosi i prigionieri ebbero il loro party.
Alla fine, nella stessa sala, su desiderio di Claude, tutti poterono vivere un’ora santa di preghiera. Meditarono la Via Crucis, pregarono per Claude e per la salvezza delle loro anime. I prigionieri ritornarono nelle loro celle e P. P’Leary si recò in cappella. Andò a prendere l’Eucarestia e fece fare a Claude la Comunione. Poi i due rimasero ancora in preghiera inginocchiati.
Il sacrificio d’amore per un caso disperato
Quindici minuti prima dell’esecuzione, lo sceriffo Williamson salì le scale, correndo e gridando ad alta voce: «Proroga, proroga, il governatore ha data una proroga di due settimane!». Presso gli uffici competenti, lo sceriffo e l’avvocato di zona avevano tentato tutto il possibile per salvare la vita di Claude. Quando ne fu informato, egli cominciò a piangere. P. O’Leary e Williamson pensavano che fossero lacrime di gioia e di sollievo.
Ma Claude, singhiozzando fortemente, balbettava: «Voi non capite nulla! Se aveste visto solo una volta il “Suo” volto e guardato nei “Suoi” occhi, non vorreste vivere neanche un giorno di più. Dove ho sbagliato?», chiedeva al religioso, «che Dio mi rifiuta di tornare in patria? Perché dovrei vivere per altre due settimane sulla terra?».

O’Leary ebbe un’idea: ricordò a Claude James Hughes, un altro detenuto, che aveva condotto una vita totalmente immorale, anch’egli condannato a morte; mentre Claude veniva educato nella fede cattolica, James aveva iniziato a nutrire un profondo odio verso di lui.
«Forse Maria desidera che tu offra questa rinuncia di non essere ancora presso di Lei per la conversione di Hughes», disse. «Perché non offri a Dio ogni momento lontano dalla Madonna per questo prigioniero, per far sì che non resti lontano da Dio per l’eternità?». Claude fu d’accordo e pregò il suo interlocutore di insegnargli le preghiere necessarie. Per due settimane offrì tutto quello che poté per James Hughes.

Alla fine Cluade Newman fu giustiziato e padre O’Leary commentò: «Mai aveva visto prima qualcuno andare incontro alla morte cosi sereno». Anche i testimoni ufficiali e i giornalisti ne furono sbalorditi e non riuscivano a comprendere come il volto di un condannato a morte sulla sedia elettrica potesse esprimere tanta serenità».
Le ultime parole di Claude furono per il religioso: «Padre, mi ricorderò di lei e quando avrà un desiderio, si rivolga a me ed io chiederò alla bella Signora».
Era il 4 febbraio 1944. La notizia dell’esecuzione di Claude Newman fu pubblicata il giorno stesso sul «Vicksburg Evening News»: «Questa mattina alle ore 7.00, nella prigione federale di Warren, mediante sedia elettrica, si é svolta l’esecuzione capitale di Claude Newman, un uomo di colore di vent’anni. Egli é stato accompagnato da padre O’Leary. Prima dell’esecuzione Newman, che in prigione é diventato cattolico, ha detto: “Sono pronto ad andare!”»
Salvato all’ultimo momento
Tre mesi dopo, il 19 maggio 1944, doveva aver luogo l’esecuzione di James Hughes, l’uomo che aveva odiato profondamente Claude Newman. Padre O’Leary raccontò: «Era il tipo più disonesto e immorale che avessi mai conosciuto. Il suo odio contro Dio e contro tutto ciò che è spirituale è impossibile descriverlo».
Poco prima di essere accompagnato dallo sceriffo nella cella dell’esecuzione, il medico del carcere chiese a Hughs almeno di inginocchiarsi e recitare il Padre Nostro. Come risposta, costui, bestemmiando, gli sputò in faccia.
Appena Hughs fu fissato sulla sedia, lo sceriffo fece un ultimo tentativo: «Se avesse ancora da dire qualcosa, lo dica ora!». La risposta fu un’altra bestemmia. Ma poi, all’improvviso, ammutolì. Fissando con occhi sbarrati dallo spavento un angolo della stanza, ad alta voce gridò: «Portatemi un sacerdote!».

Poiché la legge di Mississippi prescrive la presenza di un sacerdote alle esecuzioni capitali, O’Leary era già nella stanza, ma nascosto dietro alcuni giornalisti, perché Hughs aveva minacciato di bestemmiare Dio, se avesse visto un «pretaccio».
O’Leary andò immediatamente dal condannato, il quale gli disse: «Sono cattolico, ma a diciotto anni, per la mia vita immorale, mi sono allontanato dalla Chiesa». Poi tutti uscirono. Rimasero solo il sacerdote e il prigioniero. James Hughs si confessò come un bambino, con profondo pentimento.
Quando tutti rientrarono nella stanza, lo sceriffo domandò con curiosità: «Padre, cosa ha provocato il cambiamento di Hughes?». «Non lo so», rispose O’Leary. Lo sceriffo si rivolse al condannato: «Cosa ti ha fatto cambiare idea?» «Si ricorda l’uomo di colore, Claude Newman, che mi era tanto antipatico?», chiese un Hughes totalmente diverso. «Stava qui in quell’angolo e dietro di lui, con le mani sulle spalle di Claude, la Santa Vergine. Poi Claude mi ha detto: “Ho offerto la mia morte in unione con Cristo sulla Croce per la tua salvezza. La Madonna ha ottenuto per te la grazia di vedere il luogo dell’inferno a cui sei destinato, se non dovessi pentirti”. E in quell’attimo ho chiesto ad alta voce un prete». Poco dopo James Hughes fu giustiziato. Si era convertito all’ultimo momento.

LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

Sia lodato Gesù Maria

giovedì 27 novembre 2014

Lettera spirituale: Suor Caterina e la Medaglia: una «Bibbia» dei poveri.











Carissimo Amico/a

Verso la fine dell'anno 1841, un giovane banchiere israelita, appartenente ad una ragguardevole famiglia di Strasburgo, Alfonso Ratisbonne, si ferma a Roma in occasione di un viaggio in Oriente. Le sue disposizioni religiose sono nettamente ostili alla Chiesa cattolica, soprattutto da quando suo fratello Teodoro si è convertito al cattolicesimo ed è stato ordinato sacerdote. Nella Città Santa, si reca da un amico, Gustavo de Bussière. In sua assenza, lo riceve il fratello, Teodoro de Bussière, cattolico fervente. Nel corso della conversazione, Alfonso dà libero sfogo alla sua animosità contro la fede cattolica ed afferma il suo indefettibile attaccamento al giudaismo. Ispirato dalla grazia, il Sig. de Bussière gli regala una medaglia miracolosa, dicendo: «Mi prometta di portare sempre con sè questo piccolo dono che la prego di non rifiutare». Alfonso accetta per cortesia.

Qualche giorno più tardi, il 20 gennaio 1842, i due amici si recano nella chiesa di Sant'Andrea delle Frate. Il Sig. de Bussière lascia un istante Alfonso per intrattenersi con un sacerdote. Quando torna, ritrova il giovane nella cappella di san Michele, prosternato in un profondo raccoglimento. Dopo un po', Alfonso volge verso di lui un volto bagnato di lacrime. «Ero in chiesa da un istante, dirà più tardi, quando, ad un tratto, sono stato preso da un turbamento inesprimibile. Ho alzato gli occhi; tutto l'edificio era sparito alla mia vista; una sola cappella aveva, per così dire, concentrato tutta la luce, e in mezzo a tanto irradiamento, è apparsa, in piedi sull'altare, alta, brillante, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, tale quale essa è rappresentata sulla mia medaglia; una forza irresistibile mi ha spinto verso di lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano d'inginocchiarmi, è sembrato che mi dicesse: Va bene! Non mi ha affatto parlato, ma ho capito tutto». Il 31 gennaio, Alfonso riceve il battesimo. Più tardi, si farà prete col nome di padre Maria Alfonso. In attesa, dopo essersi informato sull'origine della Medaglia Miracolosa, vorrebbe incontrare Suor Caterina Labouré, la religiosa che ne ha ricevuto la rivelazione. Ma questo vuol dire contare senza la profonda umiltà di lei, che desidera rimanere sconosciuta e rifiuta il colloquio.

Dove trovare la forza?

La religiosa tanto discreta che ha visto anch'essa la Santissima Vergine, e che Papa Pio XII chiamerà la Santa del silenzio, è nata il 2 maggio 1806 nel paesello di Fain-les-Moutiers (Borgogna). Il giorno seguente, in occasione del battesimo, ha ricevuto il nome di Caterina. Suo padre, Pierre Labouré, è un coltivatore agiato. Caterina è l'ottava di dieci figli. Ha solo nove anni quando sua madre muore, a 46 anni, il 9 ottobre 1815. Caterina si arrampica su una sedia, si alza sulla punta dei piedi, raggiunge la statua della Santissima Vergine che troneggia su un mobile e, sciogliendosi in lacrime, la supplica di farle da mamma. Il Signor Labouré fa tornare a casa la figlia maggiore, Maria Luisa, che ha 20 anni e si trova a Langres presso una zia, affinchè sostituisca sua madre nella fattoria.

Il 25 gennaio 1818, Caterina fa la prima Comunione con molto fervore. Maria Luisa, constatando la maturità precoce della sorella, la inizia ai lavori di casa, per poter realizzare senza attendere più a lungo il suo progetto di consacrarsi a Dio. Con tono deciso, Caterina dice allora a Tonina, la sorellina più giovane: «Insieme, manderemo avanti la casa». Ecco dunque Caterina regina nella grande fattoria. La mattina, è la prima ad alzarsi. Il suo principale compito quotidiano è quello di preparare e di servire i tre pasti. La fattoressa è la serva; paga di persona più di chiunque altro. Deve occuparsi anche degli animali. Caterina munge le mucche, mattina e sera; distribuisce il foraggio e porta la mandria all'abbeveratoio comunale. Versa ai maiali una zuppa densa, raccoglie le uova nel pollaio, si occupa di 700-800 piccioni che le si posano familiarmente addosso quando lancia loro generosamente il grano. Per di più, va a prendere l'acqua al pozzo, fa il bucato, impasta la farina per fare il pane, si reca, il giovedì, al mercato di Montbard (a 15 km.), ecc. Durante le lunghe serate invernali, la veglia ha luogo davanti al fuoco del caminetto: notizie, ricordi, storie, poi la preghiera della sera. La domenica, Caterina fa visita ai poveri ed agli ammalati.


Da dove attinge questa capacità di assumere un compito tanto gravoso? Il suo segreto è nascosto nelle sue scappate fuori della fattoria. Sparisce per un bel po' ogni giorno per recarsi nella chiesa non lontana, dove prega a lungo inginocchiata sulle lastre fredde. Il tabernacolo è vuoto, perchè il paesello non ha più sacerdote dalla Rivoluzione a questa parte. Ma la presenza del Signore si rivela in fondo al cuore della ragazza. È lì che essa trova la forza di far buon viso a tutti e di compiere bene le sue faccende quotidiane. «Le preghiere non fanno andar avanti il lavoro, è tempo perso», dicono talvolta le vicine. Caterina non se ne preoccupa più che tanto; prega, ed il lavoro è fatto in tempo utile. Il suo profondo desiderio è quello di farsi Suora.


Un sogno la rafforza nella sua vocazione. Vede un sacerdote anziano, molto buono, che la guarda con insistenza... poi, sempre in sogno, si trova al capezzale di un'ammalata. L'anziano sacerdote, tuttora presente, le dice: «Figlia mia, curare gli ammalati è una buona cosa... Un giorno verrai da me. Dio ha progetti su di te, non dimenticarlo». Tuttavia, per farsi Suora, bisognerebbe che sapesse leggere e scrivere. Una cugina si offre di ospitare Caterina a Châtillon-sur-Seine in un rinomato convitto che dirige. Tonina, che ha ora 16 anni, è in grado di assumere i compiti della fattoria. Anche se con reticenza, il Sig. Labouré lascia partire Caterina.

«Non cambio!»

A Châtillon-sur-Seine, la giovane fa visita alle Figlie della Carità, e riconosce con stupore su un ritratto il sacerdote che le era apparso in sogno. «Chi è? chiede – È il nostro buon Padre san Vincenzo de' Paoli», le risponde una suora. Tace; ma questa volta è certa che Dio la vuole Figlia della Carità. Quando raggiunge la maggiore età dell'epoca, 21 anni, annuncia a suo padre la sua decisione di consacrarsi a Dio. Il Sig. Labouré vi si oppone formalmente: ha già dato una figlia a Dio, basta così. E poi, Caterina è utile, è allegra, non snobba le feste dei paesi dei dintorni, ed è stata anche chiesta in matrimonio. Ma la ragazza è decisa: «Non mi voglio sposare». Tonina insiste, e Caterina le risponde: «Te l'ho detto, non mi sposerò mai. Sono fidanzata con Nostro Signore. – Allora, non hai cambiato idea da quando avevi dodici anni? – No, non cambio».

Dopo aver pazientato per qualche mese, Caterina ottiene finalmente l'autorizzazione paterna. Il 21 aprile 1830, si reca in rue du Bac, a Parigi, per cominciarvi il noviziato presso le Figlie della Carità. Fin dai primi mesi di vita religiosa, è favorita da grazie eccezionali: Gesù le si mostra nel Santissimo durante la Messa; il Cuore di san Vincenzo de' Paoli le appare; ha il presentimento di una Rivoluzione, molto prossima. Riferisce tutto al suo confessore, don Aladel, sacerdote lazzarista, il quale, dubitativo, la invita a rimanere calma e a dimenticare.

Nel corso della notte dal 18 al 19 luglio, Suor Caterina viene svegliata da un richiamo: «Sorella! Sorella!» Davanti a lei, un bambino di 4 o 5 anni, vestito di bianco: «Presto, alzati e vieni nella cappella, la Santa Vergine ti aspetta! – Ma mi si sentirà! – Sta' tranquilla, sono le 11 e mezzo, tutti dormono». Si veste e segue il bambino che emana raggi di luce ovunque passa. Nella cappella, tutti i ceri ed i candelabri sono accesi. In capo a un po', Suor Caterina vede una grande Signora che, dopo essersi prosternata davanti al Tabernacolo, va a sedersi in una poltrona. Si precipita ad inginocchiarsi accanto a lei, con le mani appoggiate sulle ginocchia della Santa Vergine: «Figlia mia, le dice Maria, il Buon Dio vuol incaricarti di una missione che ti causerà molta sofferenza... Bisognerà che tu dica tutto al tuo confessore. Sciagure si abbatteranno sulla Francia... Venite ai piedi di quest'altare. Lì, le grazie saranno riversate su tutte le persone che le chiederanno con fiducia e fervore. Si penserà che tutto sia perduto. Ma sarò con voi. Abbiate fiducia, riconoscerete la mia venuta e la protezione di Dio e di san Vincenzo sulle vostre comunità». Quando Maria se ne va, verso le due del mattino, è come una luce che si spegne. Suor Caterina torna a letto, guidata dal bambino. Non si riaddormenta: il che prova che non ha sognato. Don Aladel, informato, vede in tutto ciò soltanto «illusione» e «immaginazione». La profezia di una nuova rivoluzione gli sembra inverosimile: la Francia è prospera ed in pace. Ma la rivoluzione scoppia all'improvviso, il 27 e 28 luglio. Gli insorti si accaniscono contro sacerdoti e suore. Tuttavia, la violenza si ferma alla porta delle Case fondate da san Vincenzo de' Paoli.

Il 27 novembre successivo, durante la preghiera della sera, Suor Caterina vede apparire un quadro che rappresenta la Santa Vergine: Maria le tende le braccia, e dalle sue mani escono raggi di luce di un meraviglioso splendore. Nello stesso istante, si fa sentire una voce: «Questi raggi sono i simboli delle grazie che Maria ottiene in favore degli uomini». Attorno al quadro, Suor Caterina legge, a caratteri d'oro, la seguente invocazione: «O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te». Poi, il quadro si gira e, a tergo, appaiono la lettera M, iniziale di «Maria», sormontata da una croce e, in basso, i sacri Cuori di Gesù e Maria. La voce precisa molto nettamente: «Bisogna far coniare una medaglia simile a questo modello, e le persone che la porteranno indulgenziata e che reciteranno devotamente questa breve invocazione, godranno della particolare protezione della Madre di Dio». 

Suor Caterina riferisce tutto a don Aladel, che le risponde malamente: «Pura illusione! Se vuoi onorare Nostra Signora, imita le sue virtù, e astieniti dall'immaginazione!» Padrona di sè, la Suora si ritira, calma, e senza prendersela. Ma il colpo è stato duro.

Gemme misteriose

Nel dicembre del 1830, Maria appare per la terza volta a Suor Caterina e le mostra il quadro che rappresenta la medaglia. Le dita della Santissima Vergine sono ornate di gemme da cui partono verso la terra raggi luminosi. Ma da certe pietre prezione non escono raggi: «Le gemme da cui nulla esce, sono le grazie che ci si dimentica di chiedermi», dice la Vergine Maria. Poi, aggiunge: «Non mi vedrai più, ma sentirai la mia voce durante le tue preghiere». Suor Caterina si trova contrastata fra la richiesta reiterata della Santa Vergine e l'obbedienza al confessore che non vuol più sentir parlare di tali «immaginazioni». Non avendo Nostra Signora fissato alcun termine pressante, opta per il silenzio.

Il 30 gennaio 1831, riveste l'abito e viene destinata all'ospizio di Enghien, in un sobborgo di Parigi. Lì, è proprio quello che le ci vuole: il pollaio, l'orto, i piccioni, in un secondo tempo le mucche. Ma la voce interiore la incalza a far coniare la medaglia. Don Aladel, sondato ancora una volta, sottomette il «caso» ad un confratello. Entrambi, si rimettono a Monsignor de Quélen, arcivescovo di Parigi. Il prelato prova un'attrattiva profonda per l'apparizione di Maria nel mistero dell'Immacolata Concezione: «Nessun inconveniente a coniare la Medaglia, essa è perfettamenrte conforme alla fede ed alla devozione. Non abbiamo da giudicare la natura della visione, nè da divulgarne le circostanze. Semplicemente, diffondiamo questa medaglia. E si giudicherà l'albero dai frutti».

Dieci milioni di medaglie

Rassicurato, don Aladel ordina medaglie ad un incisore parigino, e divulga il racconto delle Apparizioni, senza nominare la Suora che ne ha avuto il privilegio. I primi 1500 esemplari della medaglia sono pronti il 30 giugno 1832. Molto rapidamente, i miracoli si moltiplicano, a tal punto che, fin dal febbraio del 1834, la Medaglia è correntemente qualificata «miracolosa». Nel 1839, più di 10 milioni di esemplari sono già stati diffusi. Testimonianze di guarigioni giungono dagli Stati Uniti, dalla Polonia, dalla Cina, dalla Russia... Suor Caterina rende grazie; la buona novella annunciata da Isaia torna d'attualità: I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i poveri vengono evangelizzati. La Medaglia è una «Bibbia» dei poveri, il segno di una presenza, quella di Maria, nella luce di Cristo, all'ombra della Croce. I benefici della protezione mariana si fanno sentire in modo speciale nelle famiglie religiose fondate da san Vincenzo de' Paoli, in particolare con l'affluenza delle vocazioni.



I successi incomparabili della Medaglia Miracolosa manifestano quanto Nostro Signore si compiaccia nel vedere sua Madre così onorata. Nel giorno dell'Annunciazione, l'angelo Gabriele l'ha salutata come piena di grazia (Luca 1, 28). Nell'espressione piena di grazia, che assume quasi il valore di un nome, il nome che Dio dà a Maria, la Chiesa ha riconosciuto il privilegio dell'Immacolata Concezione, dogma proclamato solennemente, nel 1854, da Papa Pio IX: «Noi dichiariamo, pronunciamo e determiniamo che la dottrina che afferma che la Beatissima Vergine Maria, fin dal primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata da ogni macchia del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio, e, per questa ragione, essa deve essere fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli» (Bolla Infallibilis Deus, 8 dicembre 1854).

Dopo la caduta di Adamo, il peccato più grande di tutti i mali, travolge l'umanità come un torrente; tuttavia, si arresta davanti al Redentore ed alla sua fedele Collaboratrice, Maria. Ma vi è una differenza notevole: Cristo è totalmente santo, in virtù della grazia che, nella sua umanità, deriva dalla sua Persona divina; Maria è tutta santa, in virtù della grazia ricevuta attraverso i meriti di Gesù Cristo. Colei che sarebbe divenuta Madre del Salvatore e Madre di Dio doveva esser immune da ogni macchia. Così, Maria è stata redenta in modo sublime: non attraverso la liberazione dal peccato, ma attraverso la preservazione dal peccato. L'immunità dal peccato originale comporta come conseguenza l'immunità dalla concupiscenza, tendenza disordinata che nasce dal peccato e spinge al peccato. La Santissima Vergine Maria, fedele alla grazia della sua immacolata concezione, non ha cessato di crescere in santità, senza cadere mai in alcun peccato, foss'anche veniale. «Per questo Maria rappresenta, per i credenti, il segno luminoso della divina misericordia ed una guida sicura verso le sommità della perfezione evangelica e della santità» (Giovanni Paolo II, 19 giugno 1996).


L'ascensione verso le «sommità della perfezione» suppone la virtù dell'umiltà, tanto cara alla Vergine Maria. Davanti al torrente di grazie ottenute attraverso la Medaglia Miracolosa, Suor Caterina si comporta anch'essa, da vera figlia di san Vincenzo, con un'umiltà sconcertante. Monsignor de Quélen aveva autorizzato discretamente la diffusione della Medaglia. Ma ben presto, decide di aprire un processo ufficiale per avallare il movimento di grazie che si è prodotto. Tuttavia, quando chiede di incontrare Suor Caterina, magari anche con il volto coperto, riceve un rifiuto, davanti al quale si inchina. «L'avversione della Suora a mostrarsi è dovuta unicamente alla sua umiltà», dirà don Aladel. Ci si accontenterà dunque della sola testimonianza del confessore, lui stesso autorizzato dalla veggente a rivelare i fatti. Quanto a Suor Caterina, essa si sforzerà per tutta la vita di conservare l'anonimato, industriandosi a sventare, con la sua acutezza contadina, le domande indiscrete.

Intanto, essa continua il suo lavoro, trasformando a poco a poco l'orto della casa di Enghien in piccola fattoria. Presta servizio anche in cucina, poi nella stireria ed in portineria, dove accoglie i poveri con una grande delicatezza, curando i corpi ma anche le anime, secondo il consiglio di san Vincenzo. Tuttavia, la sua funzione principale è quella di occuparsi degli uomini anziani. Il suo compito non è facile, perchè deve tener testa agli ex guardacaccia, camerieri, maggiordomi, portinai, pieni di nostalgia delle loro livree dorate. Essa si applica soprattutto ad amare i suoi vecchi, lasciando traspirare una certa preferenza per i più sgradevoli, come se avessero diritto ad attenzioni speciali.


Nel 1860, una nuova giovane superiora, Suor Dufès, viene nominata all'ospizio di Enghien. Essa nutre grandi progetti, che mette vigorosamente in opera, per soccorrere l'immensa miseria del rione. La sua giovinezza intraprendente lascia senza fiato e sconvolge la comunità, ma Suor Caterina placa le Sorelle malcontente. Eppure, Suor Dufès non la risparmia, rimproverandola facilmente. Tale atteggiamento severo si estende a macchia d'olio, e parecchie religiose tengono in scarsissimo conto quella Suora rozza, il cui accento ed il grembiule «puzzano di stalla». Umilmente, Suor Caterina tace, benchè la lotta interiore sia talvolta aspra. Ma la sua umiltà non esclude il coraggio e neppure l'audacia. Nel 1871, dopo la sconfitta della Francia contro la Prussia, la Comune di Parigi si solleva contro l'ordine sociale. La Santa Vergine aveva detto a Suor Caterina: «Verrà il momento in cui il pericolo sarà grande. Si crederà tutto perduto... ma abbi fiducia». Un giorno, gli insorti chiedono alle Suore di consegnare loro due gendarmi feriti da esse accolti, e che intendono giustiziare. Suor Dufès, che rifiuta, viene minacciata del carcere. Lascia discretamente la casa e si rifugia a Versailles. Suor Caterina, che la sostituisce in sua assenza, si reca dai Comunardi per difendere la causa della sua Superiora. Il colloquio è burrascoso ed il comandante del reparto giunge al punto di brandire la sciabola contro di lei. Ma finalmente ottiene causa vinta e torna liberamente all'ospizio.


«Vespa perniciosa!»

Dopo tali tragici avvenimenti, Suor Caterina riprende le sue modeste funzioni. Ma invecchia e gli acciacchi la obbligano a rallentare le sue attività. Per tutta la vita ha sofferto d'artrite e di reumatismi, accettando i suoi mali con una gran fede: «Quando la Santa Vergine manda una sofferenza, è una grazia che ci fa», diceva. Ora, logorata dal lavoro e dall'età, è sfinita ed il suo cuore si affievolisce. Le rimane una pena profonda: la Santa Vergine le aveva chiesto di far scolpire una statua che la rappresentasse con un globo fra le mani. I suoi confessori non hanno voluto tener conto di tale richiesta, e don Aladel le ha addirittura dato della «vespa perniciosa», quando ha insistito per essere esaudita. Suor Caterina prega dunque Maria per sapere se debba rivelare il «suo segreto» alla Superiora; percepisce un «sì» in fondo al cuore e racconta tutto: si esprime con tanta chiarezza e facilità, che la Superiora è conquistata, e ben presto la statua della Vergine dal globo viene eseguita.

Suor Caterina attende allora la morte con serenità. Molte volte, ha avvertito le Sorelle che non avrebbe visto l'anno 1877. Infatti, il 31 dicembre 1876, verso le sette di sera, dopo aver recitato le preghiere dei moribondi con la sua comunità, sembra assopirsi. Ben presto, ci si rende conto che dolcemente, senza rumore, così come è vissuta, è morta: la sua anima vien portata in paradiso dalle mani della Santa Vergine. «Ci siamo appena accorte che aveva cessato di vivere, dirà più tardi Suor Dufès; non ho mai assistito ad una morte così calma e così dolce».



«Certo, è una cosa degna della più alta ammirazione quella di vedere l'augusta Madre di Dio apparire all'umile ragazza, diceva Papa Pio XII all'atto della canonizzazione di Santa Caterina Labouré (il 27 luglio 1947), ma ancor ben più degne di ammirazione ci sembrano le virtù che adornano questa figlia di san Vincenzo». Chiediamo alla Santissima Vergine Maria le grazie di cui abbiamo bisogno, anche noi, per diventare simili a Cristo, perchè, come testimoniava Alfonso Ratisbonne, «le parole mancano per esprimere quel che racchiudono le mani di nostra Madre, e per riferire i doni ineffabili che da esse nascono... Sono la bontà, la misericordia, la tenerezza, sono la dolcezza e la ricchezza del Cielo che si diffondono a torrenti per inondare le anime che essa protegge».



Avendo Dio Padre inviato suo Figlio al mondo attraverso Maria, è attraverso Maria che gli uomini si avvicinano a Gesù, ottengono il perdono delle loro colpe e portano a buon fine l'opera della loro santificazione. Preghiamo la Santissima Vergine e san Giuseppe per Lei e per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti.

mercoledì 27 novembre 2013

Santa Caterina e la Medaglia Miracolosa

 Santa Caterina Labourè 
 Santa Caterina e la Medaglia Miracolosa

Ma dove e come ha avuto origine la Medaglia miracolosa? Essa risale al 1830. La sua origine è veramente meravigliosa. Si può dire che questa medaglietta è "miracolosa " già nel suo nascere.

Siamo a Parigi. Ci troviamo nella Casa Madre delle Suore di San Vincenzo de' Paoli e Santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità. Nella Casa Madre c'è il Noviziato. Tra le novizie c'è un'umile suora che si chiama Suor Caterina Labouré, oggi Santa. A quest'umile novizia, nascosta e sconosciuta, avverranno alcuni dei fatti più straordinari che possono capitare a una creatura sulla terra: le apparizioni della Vergine Immacolata. Perché a Suor Caterina? ... Perché proprio a lei? ...

Perché era una Suora tanto umile, tanto semplice, tanto angelica...
Questa risposta corrisponde alle divine parole di Gesù: "Ti ringrazio, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose agli intelligenti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli" (Lc 10,21).
La conferma più splendida della lode di Gesù agli umili la troviamo nel comportamento di S. Caterina dopo i fatti straordinari: ella seppe tenere nascosto il segreto delle apparizioni della Madonna per ben 46 anni, ossia fino alla morte, rivelandolo soltanto al suo confessore. A questi "piccoli" Dio dona le cose più grandi.




 "Ecco un'altra Mamma!"

Fin da piccina, S. Caterina Labouré ebbe nel Cuore una devozione così tenera e filiale verso la Madonna che quando le morì la mamma, ella riunì i fratellini ai piedi di una statuina di Maria e disse loro "Non abbiamo più la mamma: ecco un'altra Mamma!"


Era così che un tempo i genitori cristiani educavano i figli e dalle famiglie cristiane fiorivano i Santi.
La pia fanciulla era nata a Fain-les-Moutiers, villaggio della Borgogna, il 2 maggio 1806. La famiglia era molto buona: c'erano dieci figli; si viveva tutti in una grande fattoria. Quando Caterina aveva ancora dodici anni, e la mamma era già morta, dovette assumere la direzione della casa perché la sorella maggiore entrava in convento a Parigi tra le Figlie della Carità.Giudiziosa e sollecita, la brava fanciulla non fece rimpiangere la sorella più grande. Attenta e generosa, Caterina arrivava a tutto: sbrigava i lavori di casa, serviva il papà e i fratelli, coltivava con fervore la sua pietà eucaristica e la sua devozione alla Madonna.

Visse così, laboriosa e pura, fino alla sua giovinezza. E si capiva che qualcosa di speciale maturava in lei, per il fascino che esercitava con il suo candore e la sua umiltà. Ciò apparve evidente quando le furono fatte diverse proposte di matrimonio, e la sua risposta fu sempre una sola

"Ho già trovato il mio sposo fin dal giorno della prima Comunione, a Lui ho dato tutta me stessa". Anch'ella voleva diventare la Sposa di Gesù tra le Figlie della Carità al servizio dei poveri e dei sofferenti.

 La Sposa di Gesù.

S. Vincenzo invita in sogno S. Caterina a
seguirlo per l'assistenza degli infermi

Finalmente, superati ostacoli amarissimi, la pia giovane poté entrare nel noviziato delle Figlie della Carità, a Parigi, in Rue du Bac. Era il 21 aprile 1830.
Non trovò nessuna difficoltà a vivere una vita di sacrificio nella preghiera e nella mortificazione. Era così bene allenata! E tutto ella era pronta a soffrire pur di diventare la Sposa sempre vergine di Gesù: era il suo ideale di amore sublime e infinito. L'intuizione luminosa che ebbe -e che hanno solo i semplici e i puri di cuore- fu quella di diventare degna Sposa di Gesù affidandosi alla Madonna e ricopiando fedelmente le virtù della Celeste Vergine.

Ecco il proposito fondamentale scritto da lei stessa con semplicità "Prenderò Maria per modello al principio delle mie azioni, e penserò come Ella avrebbe fatto il dovere che sto per compiere"Via via, intensificherà talmente la sua filiale devozione alla Madonna, e ne scoprirà così in profondità il valore, soprattutto per la gioventù, che la Madonna stessa, in una delle apparizioni, la incaricò di organizzare un'associazione mariana per aiutare tutti a possedere la "perla preziosa" (Mt 13,46) della devozione mariana.

Per questo, senza risparmio di prove e di sofferenze, ella si impegnò e arrivò a fondare le "Figlie di Maria' esclamando felice, con lo sguardo profetico rivolto al futuro "Come sarà bello vedere Maria onorata da tutta la gioventù!"

 "La gioia più dolce"

Il fatto centrale di tutta la vita di S. Caterina, però, fu e rimane sempre quello delle cinque apparizioni della Madonna che le affidò la "Medaglia miracolosa" da diffondere nel mondo intero.

Nel luglio e nel novembre del 1830 avvennero le due principali apparizioni della Vergine Santissima nella Cappella del Noviziato. La prima delle due avvenne di notte. Avvertita dall'Angelo Custode, S. Caterina si recò trepidante nella Cappella e andò a inginocchiarsi ai piedi della Madonna che stava seduta al lato destro dell'altare. 

La Santa poté poggiare le sue mani sulle ginocchia della Madonna e contemplare il Suo celestiale volto. "In quel momento -scriverà poi- provai la gioia più dolce della mia vita ".

Il colloquio durò più di due ore! La seconda volta, S. Caterina ricevette dalla Vergine la missione di far coniare la celebre "medaglia" che sarà giustamente definita "miracolosa". La Madonna stessa le fece vedere il modello completo, così come lo vediamo riprodotto sulle medagline. Le difficoltà e i travagli furono grandi prima di ottenere che venisse coniata questa medaglina. Un'umile suora, ignorata da tutti, ricca soltanto della povertà evangelica, come avrebbe mai potuto far coniare una medaglia da produrre poi in quantità sempre maggiori, e da diffonderla nel mondo intero?

La potenza di Dio risplende tanto più gloriosa, quanto più impotenti sono le creature. E due anni dopo, il 30 giugno 1832, venivano coniati i primi 1500 esemplari della medaglina.

S. Caterina, così umile, così povera, potette avere fra le mani la bella medaglina. Quanti baci e lacrime d'amore! E con quale entusiasmo si applicò a diffonderla ovunque e a chiunque, certissima delle parole della Madonna "Tutte le persone che porteranno la medaglia riceveranno grandi grazie." Tra gli operai e gli ammalati, fra i soldati e i poveri, per oltre 40 anni, S. Caterina, la dolce Figlia della Carità, fu apostola della Medaglia miracolosa fino alla sua beata morte, che avvenne il 31 dicembre 1876.

Il suo corpo verginale riposa sotto l'altare, nella cappella delle apparizioni, ai piedi della sua Regina Immacolata. Nella ricognizione del corpo, le mani di S. Caterina che avevano toccato la Madonna e i suoi occhi che l'avevano contemplata apparvero conservati straordinariamente bene.
Notizie tratte dal sito www.totustuus.org

Regina sine labe originali concepta,
ora pro nobis.