"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
martedì 15 novembre 2022
Il Magistero di Benedetto XVI: DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN TER...
domenica 13 novembre 2022
Risposta: «La fede». «E che cosa ti dona la fede?» «La vita eterna».
"La vita felice".
Riflessione di Papa Benedetto XVI sul senso della vita eterna
La vita felice
di Benedetto XVI
Caritas in Veritate
CARITAS IN VERITATE/ I punti saldi della nuova enciclica di Benedetto XVI
Flavio Felice
Il 29 giugno 2009, festa solenne dei santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI firmò la sua terza enciclica, la prima del suo Magistero sociale.
Il 13 giugno, durante l'udienza concessa ai soci e ai corsisti della Fondazione “Centesimus Annus”, il Papa aveva sostenuto la necessità di ripensare i «paradigmi economico-finanziari dominanti negli ultimi anni».
Il Pontefice, parlando di economia di mercato, cita un passaggio decisivo della Centesimus annus del 1991, ritenendo che «la libertà nel settore dell'economia deve inquadrarsi in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale, una libertà responsabile il cui centro è etico e religioso». A questo punto del discorso il Papa ricorda ai presenti l'imminente pubblicazione dell'Enciclica dedicata all'economia, al lavoro e allo sviluppo: la Caritas in veritate.
Con riferimento all’enciclica firmata, Benedetto XVI ha detto ai soci e ai corsisti della Fondazione “Centesimus Annus”: «Come sapete, verrà prossimamente pubblicata la mia Enciclica dedicata proprio al vasto tema dell'economia e del lavoro: in essa verranno posti in evidenza quelli che per noi cristiani sono gli obbiettivi da perseguire e i valori da promuovere e difendere instancabilmente, al fine di realizzare una convivenza umana veramente libera e solidale». Nell'occasione, Benedetto XVI cita un passaggio della Centesimus Annus: «Come la persona realizza pienamente se stessa nel libero dono di sé, così la proprietà si giustifica moralmente nel creare, nei modi e nei tempi dovuti, occasioni di lavoro e crescita umana per tutti».
Mercato, proprietà, impresa, profitto, lavoro assumono un significato cristianamente consistente nella misura in cui il centro è Cristo; Cristo redentore che, rivelando Dio all’uomo, rivela l’uomo all’uomo. Il mercato dunque può assumere i caratteri cristiani della “relazionalità”, la proprietà assume la cifra della “responsabilità”, con il lavoro l’uomo - creato ad immagine e somiglianza del Padre-Creatore - “soggettivamente” partecipa in un certo senso all’“opera creatrice” del Padre-Creatore, l’impresa è la “comunità” di lavoro nella quale sperimenta il suo profondo legame con l’umanità intera e il profitto è uno dei tanti (ma indispensabile) “parametri” per misurare la corretta (responsabile) allocazione dei beni della terra.
Al centro della riflessione della Caritas in veritate troveremo la questione dello sviluppo integrale della persona. Ricordiamo quanto riconosciuto e proposto da Giovanni Paolo II e ripreso dallo stesso Benedetto XVI durante l’udienza del 13 giugno: «Un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia».
Il senso di queste affermazioni, confermate e rafforzate da Benedetto XVI, incontra un caposaldo della tradizione dell’“economia sociale di mercato”: le attività economiche, al pari di qualsiasi altra dimensione dell’agire umano, non si realizzano mai in un vuoto morale o in un mondo virtuale, ma all’interno di un determinato contesto culturale, le cui matrici possono essere riconosciute e apprezzate ovvero trascurate e disprezzate. In questa prospettiva, una sana “economia di mercato”, “economia d’impresa”, “economia libera” - ovvero un capitalismo rettamente inteso - sono sempre limitate da un ordine giuridico che le regola e da istituzioni morali, come ad esempio la famiglia e la pluralità dei corpi intermedi che, nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale, interagiscono con esse e le influenzano, essendone esse stesse influenzate.
L’economia di mercato è sempre plasmata dalla cultura nella quale essa vive, e a sua volta, è influenzata dalle azioni e dalle abitudini quotidiane di coloro che la pongono in essere, poiché le azioni dei singoli influenzano la qualità della vita all’interno della società. È questo il “personalismo metodologico” che ha pervaso il Magistero sociale di Wojtyla e che continuerà a plasmare la cura pastorale di Benedetto XVI anche in ambito socio-economico.
© Copyright Il Sussidiario, 29 giugno 2009
venerdì 9 settembre 2022
Indossate l'armatura di Dio
INDOSSATE L’ ARMATURA DI DIO PER POTER RESISTERE ALLE INSIDIE DEL DIAVOLO…
Dalla Cabala al progressismo è l’opera più importante dello studioso e sacerdote argentino Julio Meinville (1905-1973). In quel libro, che, sebbene tradotto anche in italiano, non è conosciuto quanto meriterebbe, egli sostiene che esistono da sempre due soli orientamenti filosofici, religiosi ed esistenziali possibili: quello cattolico, che parte da Adamo, passa per Mosè e culmina nell’Incarnazione e nella Rivelazione del Verbo in Gesù Cristo, e che ha ricevuto la più perfetta sistemazione filosofica nell’opera sterminata e ammirevole di san Tommaso d’Aquino; e quello gnostico e cabalistico, che caratterizza il paganesimo, l’ebraismo dopo l’Incarnazione (il che valse all’autore, naturalmente, l’accusa di antisemitismo), e tutte le eresie che si sono succedute all’interno della Chiesa e che trovano nel modernismo la sintesi a suo modo perfetta, non di rado facendosi scudo di dottrine solo apparentemente ortodosse, come quelle di Jacques Maritain, da lui accusato di aver introdotto gli errori del mondo moderno, cominciando dal liberalismo, nel cattolicesimo, grazie al cavallo di Troia del Concilio Vaticano II. Tertium non datur: o con Cristo o contro Cristo; e perciò tutto il pensiero moderno non è che la costante variazione sul tema, gnostico e cabalistico, della pretesa umana di sostituirsi a Dio, di essere Dio, e di poter fare senza di Lui e contro di Lui. Ebbene, parafrasando quel titolo, potremmo anche dire: dalla Cabala al Satanismo: perché nel pensiero cabalistico non vi sono solo i germi di tutte le ideologie liberali, rivoluzionarie e anticattoliche dei secoli successivi, ma anche qualcosa di più e di peggio; vi sono, in parte almeno, i germi del Satanismo, ossia di quella contro-religione mondiale che i Padroni Universali si stanno accingendo ad instaurare ai nostri dì, sotto il nostro naso e senza che ce ne rendiamo conto. Si veda l’intronizzazione della Pachamama in Vaticano, un sanguinario idolo pagano che si pasceva di sacrifici umani; si veda l’installazione del dio cartaginese Moloch nel Colosseo, con la scusa di una mostra culturale, cioè del più feroce idolo assetato del sangue dei bambini innocenti; si veda la collocazione della Porta dell’Inferno, sempre dietro il paravento di un evento artistico, nelle ex Scuderie del Quirinale. Tutto questo a Roma, nello spazio di pochi mesi: nella città che è il cuore del cattolicesimo e dove ogni angolo, ogni pietra parlano della storia, due volte millenaria, della civiltà cristiana. Si ha un bel dire che tali fatti, e altri simili, non hanno quei risvolti sinistri che noi vi scorgiamo; ripetiamo, con la scrittrice Agata Christie, che una coincidenza è una coincidenza, due sono un indizio, ma tre sono una prova. Opinare diversamente significa chiudere gli occhi per non vedere, e gli orecchi per non udire: ma anche così diventa ben difficile, crediamo, non vedere il ghigno del Diavolo e non udire i suoi cachinni. Ve l’ho fatta, sta dicendo, e voi non riuscite nemmeno a fare due più due. Per quanto riguarda il pensiero, può sembrare esagerato vedere in tutte le correnti non cristiane un sottofondo anticristiano: invece, a un attento esame della loro natura e della loro intenzionalità, appare evidente che si tratta proprio di questo; e che la cosa tende a sfuggire, ad esempio agli studenti di filosofia iscritti a un corso regolare, per la semplice ragione che ben pochi professori e autori dei manuali si sono mai presi la briga di verificare se e in quale misura nelle più svariate correnti e tendenze della filosofia moderna e contemporanea, in particolare da Cartesio a Heidegger e oltre, vi sia una comunanza di prospettive con il pensiero gnostico e cabalistico. Nel qual caso si sarebbero resi conto che tale comunanza esiste e che, per dirla con Agata Christie, è alquanto improbabile spiegare un simile fatto invocando tutta una serie, costante e millenaria, d’incredibili coincidenze. E se qualcuno non ne fosse ancora persuaso, consideri i tratti essenziali e costitutivi delle filosofie moderne: a Cartesio, il cui soggettivismo necessariamente porta al rifiuto di Dio quale garante dell’intelligibilità del mondo; a Spinoza, il cui panteismo implica la scomparsa totale della differenza ontologica fra uomo e Dio; a Locke, che predica la tolleranza universale, facendo però un’esplicita eccezione per i cattolici, che non ne sono degni; a Kant, il cui rifiuto della cosa in sé conduce a una radicale fenomenologia e quindi all’immanentismo; a Hegel, la cui identificazione di reale e razionale comporta l’assolutizzazione della storia e la divinizzazione dell’ente; a Marx, che vede in tutte le religioni, ma specialmente nel cristianesimo, l’oppio dei popoli, che va abolito per la loro emancipazione; a Heidegger, che ha insegnato a Karl Rahner come introdurre il soggettivismo nella teologia e con ciò scalzare la fede e la teologia stessa. Si rifletta che tutte queste filosofie sono accomunate dal filo rosso di una costituzionale opposizione, esplicita o implicita, al cristianesimo; e poi si analizzi la loro genesi e i loro contenuti, e si vedrà che sono state influenzate, alcune in maniera consapevole, altre meno, dalla gnosi, dalla Cabala e talune, per certi aspetti anche dal Talmud. Con ciò non s’intende dire che tutto il pensiero moderno è frutto di un disegno consapevole anticristiano: o meglio, sì che lo è, ma la regia occulta non è nota alla maggior pare dei singoli; e quando un David Hume, per esempio, demolisce ogni certezza metafisica e un Voltaire ridicolizza le verità del cristianesimo, forse lo fanno in base a un disegno unitario (che discende storicamente dalla massoneria) o forse no; ma certamente c’è un tale disegno lo ha concepito, propagandato e agevolato in ogni maniera possibile. Un’altra prevedibile obiezione è questa: ma un simile disegno, che si espande nel corso delle generazioni e abbraccia alcuni secoli di storia, non può formarsi nella mente di un essere umano: infatti non c’è essere umano che possa vivere trecento anni, né che abbia la pazienza di attendere dieci generazioni per tirare in barca le reti, dopo averle gettate in mare per catturare i pesci. Ed è verissimo. Una tale creatura umana non esiste, infatti; né esiste una creatura umana che sia capace di pensare così in grande, di concepire un disegno anticristico e anticristiano che abbracci ogni aspetto della vita associata e perfino di quella individuale, dalla politica alla giurisprudenza e dalla medicina all’educazione e all’informazione. Evidentemente non stiamo parlando di un essere umano, ma di un’intelligenza non umana: la quale, nella visione cristiana del reale, ha un nome e un volto ben precisi, e gioca da sempre un ruolo fondamentale, tanto più decisivo quanto meno esso viene riconosciuto e tenuto presente: è l’antico avversario, colui che per odio a Dio e gelosia nei confronti dell’uomo vorrebbe rendere nulli gli effetti della divina Rivelazione e dell’Incarnazione del Verbo; Colui e coloro verso i quali san Paolo ci mette in guardia, dicendo (Ef. 6,11-13): 11Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. 12La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. E adesso torniamo all’influsso esercitato dalla Cabala sulle filosofie moderne. Ha scritto Richard Cavendish (1930-2016), storico delle religioni, e studioso di occultismo, Tarocchi, magia e dottrine segrete (in: R. Cavendish, La magia nera; titolo originale: The Black Arts: A Concise History of Witchcraft, Demonology, Astrology, and Other Mystical Practices Throughout the Ages, 1967; traduzione dall’inglese di Sebastiano Fusco, Roma, Edizioni Mediterranee, 1987, vol. 1, pp. 109-111): La Cabala è un corpo di dottrine occulte, di origine ebraica, che venne adottato con entusiasmo dagli occultisti non ebraici sin da quindicesimo secolo. Levi, Mathers e Crowley ne furono profondamente influenzati. Gli occultisti moderni ne sono attratti per via della sua antichità e dal suo mistero, e perché da essa possono trarre i grandi principi magici: che l’universo è una unità; che si fonda su di un tessuto sotterraneo connesso con i numeri e i pianeti; che l’uomo è Dio e l’universo in miniatura, d può sviluppare la scintilla divina che ha in sé sino a dominare l’intera creazione e divenire egli stesso Dio. La Cabala è spesso ingannevolmente oscura, ed è talmente complessa che in pratica non se ne può parlare se non attraverso inaccettabili semplificazioni. È “hokmah nistarah, la “visione nascosta”, che si pensava tramandata in segreto di generazione in generazione dai saggi sin dal tempo di Abramo, cui venne rivelata da Dio. I Cabalisti moderni asseriscono che le parti della Cabala esposte per iscritto e pubblicate nel corso dei secoli non ne contengono i segreti più profondi, rivelati solo a chi ne è dego, passati di bocca in bocca o affidati ad antichissimi documenti che non hanno mai lasciato le mani degli iniziati. Per fortuna, le glosse degli occultisti moderni gettano qualche luce su questi profondi segreti. Oltre che dei trattati relativamente moderni, la Cabala stessa consiste di numerosi scritti di diversi autori anonimi. I più importanti sono il “Sepher Yetzirah” (“Libro della Formazione”), in ebraico, scritto probabilmente in Babilonia fra il terzo e il sesto secolo dopo Cristo (ma da molti Cabalisti moderni attribuito ad Abramo stesso), e lo “Zohar” (“Sepher ha-Zohar: “Libro dello splendore”), in aramaico, composto per la maggior parte in Spagna poco dopo il 1275, probabilmente dal cabalista e studioso Moses de Leon. Molte delle idee fondamentali della Cabala si trovano anche nello Gnosticismo, che si sviluppò nella stessa epoca e nella stessa area: i paesi del Mediterraneo Orientale intorno al tempo di Cristo. Comune ai due movimenti è l’importanza attribuita al sapere. Entrambi affermano di possedere la “gnosi”, o conoscenza di Dio. Questa non si ottiene mediante l’indagine razionale o le dissertazioni circa la natura della divinità, che sono respinte come inutili. La conoscenza di Dio si ha solo per diretta ispirazione divina, o attraverso sacre tradizioni a loro volta divinamente ispirate. Tale conoscenza trasforma l’uomo che l’acquista, rendendolo partecipe dell’essenza divina: CONOSCERE significa ESSERE Dio. Gli eletti non sono coloro che conducono vita pia, ma gli illuminati, che possiedono la conoscenza del divino. Il peccato che distacca l’uomo da Dio non si identifica con alcuna “cattiva condotta” in senso morale, bensì con l’ignoranza. Questa teoria della gnosi è una delle dee fondamentali di tutto l’occultismo. Spiega il disprezzo per la morale comune manifestato da molti Gnostici e Cabalisti, ed anche, paradossalmente, la mania cabalistica della classificazione: il tentativo cioè di disporre ogni cosa in Dio e nell’universo secondo uno schema logico. La conoscenza è la chiave per il divino, e la conoscenza suprema deve sapere spiegare tutto. Questo fa necessariamente entrare in gioco la ragione. I Cabalisti iniziarono stabilendo il principio che è assurdo pensare a Dio in termini razionali: ma questo è esso steso un PRINCIPIO RAZIONALE; ed inoltre, la conoscenza di Dio non può essere compresa o trasmessa agli altri eccetto che con l’uso della ragione. Ciò che è totalmente irrazionale e disordinato, è anche insondabile e inesplicabile; nonostante il suo originale rifiuto della ragione, la sete di conoscenza dei Cabalisti sfocia quindi nell’imposizione di un rigido schema razionale per inquadrare Dio e l’Universo. Ecco dunque, spiegata da un esperto, la comune matrice di tante filosofie moderne, tanti movimenti culturali e scuole occultistiche (anche di «occultismo per le masse», come quello propinato ai giovani attraverso un certo tipo di musica, magari con la mediazione intellettuale di un Aleister Crowley): il rifiuto della trascendenza, il ripudio dell’Essere come causa sui e la rivendicazione orgogliosa, da parte della creatura, di potersi fare creatrice di se stessa. Vi ricorda nulla, tutto ciò? A noi ricorda il serpente nel giardino dell’Eden e il peccato originale (Gen. 3,4-5): Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male. Si pensi ora alle dichiarazioni di sedicenti scienziati e di ministri del governo i quali affermano di sapere per quanti esseri umano è stato programmato il nostro pianeta, lasciando intravedere la loro spietata volontà di un drastico sfoltimento; di ritenere inadeguati alcuni aspetti della realtà naturale, ad esempio in fatto di genere sessuale e possibilità di procreare, e di voler provvedere al riguardo; per non parlare della tavola dei valori morali che, parafrasando Nietzsche, devono essere totalmente sovvertiti: e il quadro sarà ancor più chiaro: Cabala e gnosi hanno assunto il controllo del mondo… Fonte https://www.brigataperladifesadellovvio.com/blog/dalla-cabala-al-satanismo AMDG et DVM |
venerdì 2 settembre 2022
La Liturgia non è uno show...
PAPA BENEDETTO XVI
…Uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese ” simpatiche “, di trovate ” accattivanti “, ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l’attualità e il suo effimero ma il mistero del Sacro.
Molti hanno pensato e detto che la liturgia debba essere “fatta” da tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a misurarne il ” successo ” in termini di efficacia spettacolare, di intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium liturgico che non deriva da ciò che noi facciamo, ma dal fatto che qui accade Qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare.
Nella liturgia opera una forza, un potere che nemmeno la Chiesa tutta intera può conferirsi: ciò che vi si manifesta è lo assolutamente Altro che, attraverso la comunità (che non ne è dunque padrona ma serva, mero strumento) giunge sino a noi….
Per il cattolico, la liturgia è la Patria comune, è la fonte stessa della sua identità: anche per questo deve essere ” predeterminata “, ” imperturbabile “, perché attraverso il rito si manifesta la Santità di Dio.
Invece, la rivolta contro quella che è stata chiamata ” la vecchia rigidità rubricistica “, accusata di togliere ” creatività “, ha coinvolto anche la liturgia nel vortice del ” fai-da-te “, banalizzandola perché l’ha resa conforme alla nostra mediocre misura….
Il Concilio ci ha giustamente ricordato che liturgia significa anche actio, azione, e ha chiesto che ai fedeli sia assicurata una actuosa participatio, una partecipazione attiva… Certo, è un concetto sacrosanto che però, nelle interpretazioni postconciliari, ha subìto una restrizione fatale.
Sorse cioè l’impressione che si avesse una ” partecipazione attiva ” solo dove ci fosse un’attività esteriore, verificabile: discorsi, parole, canti, omelie, letture, stringer di mani…
Ma si è dimenticato che il Concilio mette nella actuosa participatio anche il silenzio, che permette una partecipazione davvero profonda, personale, concedendoci l’ascolto interiore della Parola del Signore. Ora, di questo silenzio non è restata traccia in certi riti.
da “Rapporto sulla fede”, Joseph Ratzinger, 1985
mercoledì 6 luglio 2022
mercoledì 27 aprile 2022
Benedetto XVI, al monastero Mater Ecclesiae, nei giardini vaticani.
MERCOLEDÌ 27 APRILE 2022
Vaticano
Il Cardinale Dziwisz visita il papa emerito Benedetto XVI
Il card. Dziwisz ha raccontato all'agenzia KAI di quanto Benedetto XVI fosse ancora arguto "di mente e di cuore" e di quanto si è dimostrato attento e interessato soprattutto quando si è parlato di Cracovia, città che tanto gli piace e che ha visitato molte volte. I due cardinali polacchi hanno detto al Papa emerito che in Polonia si torna regolarmente al suo insegnamento che tutt'ora viene molto apprezzato.
I cardinali Dziwisz e Rylko si trovano attualmente in Vaticano in occasione della riunione del Consiglio della Fondazione Giovanni Paolo II che inizia giovedì.
Secondo il suo sito web, la Fondazione Giovanni Paolo II è stata istituita con decreto papale del 16 ottobre 1981. È un’istituzione ecclesiastica, un’organizzazione non profit che mira a promuovere le iniziative di carattere educativo, scientifico, culturale, religioso e caritativo legate al pontificato di papa Giovanni Paolo II. La sua attività è caratterizzata da un servizio alla nazione polacca, alle altre nazioni e alla Santa Sede.
L’autorità suprema della Fondazione è dell’arcivescovo emerito di Cracovia, cardinale Stanisław Dziwisz. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione è il cardinale Stanislaw Ryłko.
lunedì 18 aprile 2022
"La gran parte di Voi – scusate se parliamo chiaro - sta praticamente andando dietro a un Pifferaio di Hamelin .... "
Agli antipodi.
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Non si parla male del papa. E infatti noi non lo facciamo: primo, perché B. non è il papa, (ma lo è Benedetto XVI, l’emerito, cioè colui “che merita”, che ha diritto di essere papa); secondo, perché analizziamo con approccio laico e analitico le sue posizioni, esercitando quel diritto di critica garantito dalla Costituzione, portando documenti e fatti REALI...
martedì 5 aprile 2022
Buonanotte!... di Andrea Cionci
04 aprile 2022
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Una “soffiata” direttamente dalla Curia ci ha permesso di venire a capo dell’ultimo, straordinario messaggio in Codice Ratzinger che il vero papa, Benedetto XVI, ci ha lasciato il 28 febbraio 2013, accomiatandosi dal palazzo apostolico di Castel Gandolfo prima di autoesiliarsi in sede impedita. Instaurava così quel “pontificato d’eccezione” (Ausnahmepontifikat) di cui parlava Mons. Gänswein e che il canonista Guido Ferro Canale aveva ben intuito come riferito allo stato di sospensione dell’ordinamento giuridico nella Chiesa QUI .
Come sempre avviene per i messaggi in Codice Ratzinger, ci sono DUE PIANI DI LETTURA: il primo è quello superficiale, buono per i non credenti, gli indifferenti e tutti coloro che detestano papa Benedetto, modernisti, o tradizional-sedevacantisti che siano. C’è sempre, tuttavia, qualche incoerenza che incuriosisce chi “ha orecchie per intendere”, come abbiamo visto QUI e che spinge a far lavorare il Logos, la ragione che scopre la verità.
La prima apparente assurdità era stata individuata dallo scrivente il 18 dicembre scorso nell’inversione dei termini del titolo pontificale QUI . “Dalle otto di sera non sarò più pontefice sommo”, disse il papa, ma il titolo è indiscutibilmente “Sommo Pontefice”.
Difficile che il papa sbagli il proprio titolo: il significato della frase non è quindi “non sarò più il papa”, ma “non sarò più il pontefice al sommo grado, nel posto più importante, perché ce ne sarà un altro più in vista di me”, e illegittimo, perché, come abbiamo visto, Benedetto, non ha mai abdicato in quanto ha rinunciato in modo differito al ministerium e non in modo simultaneo al munus. QUI Avete mai sentito qualche canonista contraddirci? Non ci ha smentito nemmeno il Santo Padre Benedetto, quando ci ha onorato di una sua risposta QUI .
Ma a confermare definitivamente (e splendidamente) questa oggettiva realtà canonica, è la seconda apparente incoerenza nel discorso di Castel Gandolfo: papa Benedetto salutava i fedeli dicendo: “Buonanotte!”.
Alle 17.30, IN PIENO POMERIGGIO? Come è possibile?
Sulle prime, pensavamo che fosse un riferimento al “black out antipapale” che avrebbe oscurato la Chiesa - e ci sta pure - ma la questione è estremamente più precisa e geniale.
Per scoprirla era necessario un primo input arrivato l’11 febbraio da un lettore, che ci ha scritto all’email dell’inchiesta codiceratzinger@libero.it: “Un prete della Curia mi disse che Benedetto ha salutato i fedeli non per caso da Castel Gandolfo. Non mi disse altro, invitandomi a riflettere. Così ho notato che, sopra il balcone del palazzo papale c'è un evidente orologio romano, che è diverso dai nostri comuni orologi”.
Dunque, in Vaticano ci sono pur dei religiosi che sanno già tutto, o che hanno capito da soli.
Il secondo input è arrivato il 30 marzo da un altro lettore, G.P.: “L’orologio sul balcone è «alla romana» … Considerando l’antico orario pontificio, quel «buonanotte» è perfettamente logico”.
Abbiamo così approfondito la questione insieme a C.D.C., esperto cultore di Roma: l'orologio romano, introdotto nello Stato Pontificio fin dal XIII secolo, faceva iniziare il giorno successivo non alla mezzanotte, ma mezz’ora dopo il tramonto, dividendo le 24 ore in 4 cicli di 6 ore ciascuno. Fu Pio IX che abbandonò definitivamente il sistema nel 1847 per adeguare l’ora di Roma a quella “napoleonica”, diffusa in tutto il mondo e che usiamo oggi.
Insomma, il sistema pontificio tradizionale è una specie di ALTRO FUSO ORARIO che giustifica perfettamente il “Buonanotte!” di papa Benedetto XVI. Secondo l’ora romana, infatti, le 17.30 di quel 28 febbraio 2013 erano le 23.30 “romane”, per cui l’augurio del papa era del tutto appropriato. Questa è la CHIAVE per scoprire che Benedetto stava considerando un altro fuso orario per fornirci, così, un dirompente messaggio logico-canonico.
Seguiteci con attenzione.
Con la Declaratio in latino dell’11 febbraio 2013, Benedetto usa il sistema orario nostrano, di eredità napoleonica, a 24 ore: “Dichiaro di rinunciare al ministero (ministerium) di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, […] in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà VUOTA (e non VACANTE, come da corretta traduzione del verbo vacet QUI)”.
Ed ecco QUI il discorso di commiato che il papa pronuncia da Castel Gandolfo alle 17.30 del 28 febbraio (23.30, ora romana).
“Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più pontefice sommo della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera (13.30 del 1° marzo, ora romana) sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insieme con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo. Grazie, vi imparto adesso con tutto il cuore la mia Benedizione.
Ci benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Grazie, BUONA NOTTE! Grazie a voi tutti!”
Attenzione: le “otto di sera” di cui parla Benedetto (non dice sta-sera), secondo l’ora romana, sono le 13.30 del 1° marzo. Papa Ratzinger dichiara quindi che non sarà più “pontefice sommo” dalle 13.30 del 1° marzo e non, come tutti pensano, che smetterà di essere Sommo Pontefice dalle 20.00 nostrane del 28 febbraio. E TUTTO TORNA. Infatti, nella tarda mattinata del 1° marzo, il cardinal decano Angelo Sodano fa partire QUI la LETTERA DI CONVOCAZIONE DEL NUOVO CONCLAVE (illegittimo) che eleggerà l’usurpatore. Così, dopo le 13.30, Benedetto può considerare a buon diritto la propria sede del tutto impedita dato che i cardinali hanno appena iniziato i lavori per eleggere abusivamente un altro papa, mentre lui è vivente e regnante.
Per semplificare: tutto il mondo ha creduto che papa Benedetto rendesse la “SEDE APOSTOLICA” VACANTE abdicando a partire dalle ore 20.00 del 28 febbraio.
Ma è SBAGLIATO: dato che la rinuncia al ministerium non può giuridicamente produrre sede apostolica vacante, la SEDE DI ROMA, la SEDE DI SAN PIETRO fu semplicemente lasciata VUOTA (vacet), per le 20.00 avendo, infatti, Benedetto abbandonato Roma già intorno alle 17.00.
Notare che papa Ratzinger, nella Declaratio, non usa il termine “sede apostolica” perché questa è l'ente dotato di personalità giuridica preposto al governo della Chiesa cattolica. Infatti, solo la sede apostolica può essere giuridicamente vacante, mentre la sede di San Pietro o di Roma no: sono espressioni inedite che indicano semplicemente il luogo fisico. Non esiste la "sede di Roma o la sede di San Pietro vacante”.
Ma da Castel Gandolfo, papa Benedetto ci ha detto, con il riferimento al sistema orario romano, da quale ora sarebbe entrato, di fatto, in sede apostolica IMPEDITA, cioè dopo le 13.30 del 1° marzo, quando giustappunto il cardinal decano avrebbe convocato il nuovo pseudo-conclave per eleggere un altro pontefice – illegittimo - che avrebbe preso il posto di papa Benedetto, il quale, non più pontefice sommo, “al massimo posto”, sarebbe divenuto l’”emerito”, (da emereo) cioè colui che, nonostante l’impedimento, HA DIRITTO di essere papa.
Perché il Santo Padre ha parlato così sottilmente col riferimento all’ora romana? Perché era appunto impedito, oppresso, sotto minaccia, e una persona, in tale situazione, ovviamente non può chiedere apertamente aiuto.
E così, si spiega PERFETTAMENTE anche il resto del discorso di saluto: “Voi SAPETE che questo mio giorno è DIVERSO da quelli precedenti”: tutti “sapevano”, cioè avevano l’informazione, potevano vedere l’orologio romano sopra la sua testa. Anche se c’era la luce, per l’orario romano era quasi notte: un giorno “diverso”.
“Mi sento appoggiato dalla vostra SIMPATIA”: da syn + pathos che, nel suo significato etimologico, significa “soffrire con”.
“Vorrei ancora lavorare”: vorrei continuare a esercitare il potere pratico papale, ma non posso perché sono impedito.
“Andiamo avanti con il Signore”: il pontificato va avanti, ma in stato di sofferenza, di prigionia.
A questo punto, sorgerà un’obiezione: ma secondo l’ora nostrana, il discorso di Benedetto poteva essere un vero commiato per una vera abdicazione?
NO, MAI. In primis, perché l’abdicazione doveva comportare una rinuncia simultanea al munus e non al ministerium in modo differito. Poi, perché Benedetto saluta tutti PRIMA dell’ora X, alle 17.30, ma dopo le 20.00, non ratifica niente. E, del resto, non avrebbe mai potuto farlo perché non si può ratificare giuridicamente una rinuncia al ministerium separandolo dal munus, come ammette lo stesso canonista vaticano Mons. Sciacca QUI . La rinuncia al ministerium, al potere pratico, può essere solo FATTUALE, appunto come avviene esattamente nella SEDE IMPEDITA.
Quindi, sia dalla prospettiva dell’orario napoleonico, che romano, papa Benedetto ci dice la stessa cosa. EGLI è IN SEDE IMPEDITA ED E’ L’UNICO PAPA REGNANTE, che infatti conserva il munus, l’investitura di origine divina.
E questo cosa comporta? Sono dunque solo “legalismi clericali”, o “chiacchiericcio” QUI , come ripete Mons. Bergoglio, eludendo costantemente la questione? Non proprio. Se siete cattolici, sappiate che il munus lo concede Dio stesso, Francesco non lo ha, quindi è antipapa, pertanto non è stato eletto con l’assistenza dello Spirito Santo, né è assistito dalla Terza Persona trinitaria nell’insegnamento ordinario, come da art. 892 del Catechismo. (Le regole non le abbiamo fatte noi).
Ergo, c’è un miliardo e 285 milioni di fedeli che stanno seguendo una specie di Pifferaio di Hamelin, un vescovo usurpatore che non offre la minima garanzia come custode della fede. E fra Pachamame, fratellanze universali e devastazioni dottrinali, non è che occorra una laurea in teologia a Tubinga per capirlo.
Se siete laici, sappiate che un capo di stato con diretta influenza su quel miliardo e rotti di persone ha preso il potere con un golpe e ha dichiarato esplicitamente la propria volontà di costruire un nuovo ordine mondiale (Intervista a La Stampa del 13 marzo 2021).
Da entrambi i punti di vista, laico e cattolico, l’antipapato in corso comporterà squilibri, imposture e danni colossali di cui faremo le spese tutti.
Poi se il Codice Ratzinger è troppo faticoso da capire, e molti continueranno a preferire “papa Francesco” perché “è buono”, “uno di noi” e indossa il grembiule da pizzaiolo QUI , facciano pure.