martedì 28 giugno 2016

Pietro apostolo e successore di Gesù in terra

...BUONA LETTURA

Pietro apostolo e successore di Gesù in terra, chiamato originariamente Simone di Giona, poi anche Simon Pietro, di Betsaida. Schiettissimo e di grande cuore, umile, piuttosto rude, si sforza molto di vincere se stesso e di corrispondere con slancio all'amore infinito di Gesù. Vede e comprende le necessità degli altri e li sovviene, come può, con sollecitudine. È sposato con una buonissima donna riservata, Porfirea, ma non ha figli, con suo grande dispiacere. Ottimo pescatore, possiede una barca a vela, e pesca insieme con la barca di Zebedeo. Egli è il capo riconosciuto delle manovre delle due barche. Dev'essere abbastanza conosciuto sul lago ed avere punti di appoggio per la pesca non solo a Betsaida e Cafarnao, ma anche in altri posti fino a Tarichea 10.633

Pietro viene informato della presenza del Messia 1.048 e lo incontra per la prima volta a Cafarnao 1.049
Pietro, con gli altri cinque primi discepoli galilei, con Gesù al Tempio per la Pasqua 1.053 - 1.054. Gesù ritorna da Maria a Nazaret con Pietro e i primi discepoli 1.057


Pietro conduce Gesù alla casa della propria suocera, che si trova ammalata a Cafarnao, e Gesù la guarisce1.060. Nella stessa casa Gesù guarisce il paralitico calato ai suoi piedi da un buco fatto dalla terrazza-tetto della casa 1.064. Di solito, quando Gesù è a Cafarnao, alloggia nella casa di uno che si chiama Tommaso e solo eccezionalmente nella casa della suocera di Pietro. Pesca miracolosa 1.065.


Dopo la Pentecoste del primo anno della vita pubblica Pietro si ricongiunge a Gesù che è ritornato a Nazaret dal viaggio in Giudea con Giovanni, Simone Zelote e l'Iscariota 2.090. Sara con Lui intorno al lago e di nuovo a Nazaret, quando il vecchio Alfeo, fratello di S. Giuseppe, malato e insofferente, inveisce contro i figli Giuda Taddeo e Giacomo e contro lo stesso Gesù. Nota con pena il comportamento irriverente di Giuda e lo mette alla porta 2.100 e tirerà un gran sospiro di sollievo quando questi chiederà ed otterrà permesso di andare a Keriot per curare le vigne ed altri interessi di sua madre 2.102. La sorpresa sarà poi reciproca quando, in viaggio per i Tabernacoli, Pietro e gli altri s'imbatteranno in Giuda a Gerico... ben lontano da Keriot 2.112


Alla fine del ciclo di prediche all'Acqua Speciosa, Gesù predice a Pietro la sua futura missione spirituale 2.132. Infallibile l'ammaestramento dì Pietro e dei suoi successori se vivranno di Dio come unico pane 3.180 (con nota numero 6 spiegativa aggiunta).
Pietro e compagni durante la tempesta sul lago, sedata poi da Gesù 3.185


Pietro e l'orfano Jabè affidato a Gesù dai contadini di Doras nella pianura di Esdrelon. Senza figli, pur desiderandoli tanto, ha tenere cure di padre per il bambino e vorrebbe che Gesù lo affidasse a lui. Gesù teme che gli si attacchi e che ciò possa diventare intralcio per il suo destino di padre a innumerevole figliolanza spirituale. Dovendo Jabè presentarsi al Tempio per l'esame dell'età maggiore, Pietro comunque gli fungerà da padre per tale occasione. A Gerusalemme si sfogherà con Maria Santissima, che perorerà la sua causa presso Gesù vincendola 3.196 - 3.198 - 3.199. Pietro con Marziam da Porfirea 4.228.


Pietro predica ai contadini nella pianura di Esdrelon 4.260. Pietro esce dalla barca per andare incontro a Gesù che cammina sulle acque, ma vien preso dalla paura e comincia ad affondare per mancanza di fede, finché Gesù non gli tende la mano e lo salva 4.274.


Pietro guida i compagni che scortano e aiutano Sintica e Giovanni di Endor nel viaggio verso l'esilio in Siria5.310 - 5.315 - 5.318 - 5.324.
Primato di Pietro annunziato da Gesù sulla via verso Cesarea di Filippo 5.343
Pietro dopo che Gesù annunzia la propria Passione e Morte in croce 5.346. Pietro nella Trasfigurazione di Gesù5.349
Pietro dopo il discorso di Gesù sul Pane del Cielo e la domanda di Lui: "Volete andarvene anche voi?" 5.354


Pietro sistema la casetta oltre Giordano, messa a disposizione di Gesù dal barcaiolo Salomon fattosi discepolo 6.384. Pietro, per non esplodere alle impertinenze dell'Iscariota, e perché Gesù gli ha detto che sacrifici e preghiere non sono mai senza frutto, si sfoga a fare strage di arbusti e giovani piante, ne fa un grosso fastello e se lo carica nella discesa dopo Beter 6.403. I malgarbi dell'Iscariota li sopporterà sempre di più imponendosi il silenzio per amore del suo Gesù. 


Arrivo di Pietro a Nazaret quando c'è ancora Aurea Galla dopo la Pentecoste del terzo anno. Era passato per Tiberiade a cercare di Giuda nel caso che pensasse, almeno al quarto sabato, di venire a Cafarnao. Non lo trova, ma ne ha notizie da Isacco, uomo di pace, che non è stato bene accolto da Giuda 7.440


Pietro e Cusa a Tarichea, quando questo insiste di portare Gesù nella sua casa di campagna 7.463
Nella Perea dopo i Tabernacoli del terzo anno, Pietro solo su un balzo, affranto dall'odio che circonda Gesù, pensa al passato e, con sgomento e preoccupazione, all'avvenire. Gesù lo sorprende e lo incoraggia 7.497.


Durante l'ultima Cena Pasquale, Gesù lava i piedi a Pietro 9.600. Pietro presume di sé e Gesù gli predice il suo rinnegamento 9.600.
Pietro e l'agonia di Gesù nel Getsemani 10.602. Pietro colpisce all'orecchio uno degli sgherri 10.602


Pietro rinnega Gesù 10.604. Gesù passa e lo guarda, e Pietro in aspro pentimento fugge. Lo ritroverà Giovanni, il giorno appresso, al Getsemani e lo porterà da Maria Vergine al Cenacolo 10.615


Pietro dopo la Risurrezione di Gesù. Pietro e Giovanni al Sepolcro 10.619. Pietro all'apparizione di Gesù nel Cenacolo 10.627.
Triplice professione d'amore di Pietro, dopo della quale Gesù lo conferma nel Primato e lo consacra e lo investe Pontefice 10.633.


Pietro si accinge a celebrare la Pasqua supplementare. Appare Gesù e chiama lui e Giacomo d'Alfeo, e suggerisce a Pietro le parole da pronunziare durante lo svolgimento della cena culminante nella transustanziazione e distribuzione dell'Eucarestia da parte di Pietro e di Giacomo 10.636.
Pietro presiede l'elezione di Mattia ad apostolo 10.639.


Pietro Pontefice 10.641. In seguito decide che gli apostoli si spargano per il mondo dopo la morte già avvenuta di Stefano e di Giacomo il Maggiore e dopo la partenza di Lazzaro con Maria Maddalena e Marta10.648. Anche Pietro lascerà la Palestina e si porterà appresso Marziam 10.649.



SAN PIETRO e SAN PAOLO, APOSTOLI


29 GIUGNO
SAN PIETRO E SAN PAOLO, APOSTOLI

La risposta dell'amore.
"Simone, figlio di Giona, mi ami tu?". Ecco l'ora in cui si fa sentire la risposta che il Figlio dell'Uomo esigeva dal pescatore di Galilea. Pietro non teme la triplice domanda del Signore. Dalla notte in cui il gallo fu meno pronto a cantare che non il primo fra gli Apostoli a rinnegare il suo Maestro, lacrime senza fine hanno segnato due solchi sulle sue guance; ma è spuntato il giorno in cui cesseranno i pianti. Dal patibolo sul quale l'umile discepolo ha voluto essere inchiodato con il capo in giù, il suo cuore traboccante ripete infine senza timore la protesta che, dalla scena sulle rive del lago di Tiberiade, ha silenziosamente consumato la sua vita: "Sì, o Signore, tu sai che io ti amo!" (Gv 21,17).

L'amore, segno del nuovo sacerdozio.
L'amore è il segno che distingue dal ministero della legge di servitù il sacerdozio dei tempi nuovi. Impotente, immerso nel timore, il sacerdote ebreo non sapeva far altro che irrorare l'altare figurativo del sangue di vittime che sostituivano lui stesso. Sacerdote e vittima insieme, Gesù chiede di più a coloro che chiama a partecipare alla prerogativa che lo fa pontefice in eterno secondo l'ordine di Melchisedech (Sal 109,4). "Non vi chiamerò più servi, perché il servo non sa quel che fa il padrone. Ma vi ho chiamati amici perché vi ho comunicato tutto quello che ho udito dal Padre mio (Gv 15,15). "Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi. Perseverate nell'amor mio" (ivi, 9).
Ora, per il sacerdote ammesso in tal modo nella comunità del Pontefice eterno, l'amore è completo solo se si estende all'umanità riscattata nel grande Sacrificio. E, si noti bene: in ciò vi è per lui qualcosa di più dell'obbligo comune a tutti i cristiani di amarsi a vicenda come membra di uno stesso Capo; poiché, con il suo sacerdozio, egli fa parte del Capo, e per questo motivo la carità deve prendere in lui qualcosa del carattere e delle profondità dell'amore che questo Capo ha per le sue membra. Che cosa accadrebbe se, al potere che possiede di immolare Cristo stesso, al dovere di offrirsi insieme con lui nel segreto dei Misteri, la pienezza del pontificato venisse ad aggiungere la missione pubblica di dare alla Chiesa l'appoggio di cui ha bisogno, la fecondità che lo Sposo celeste si aspetta da essa? È allora che, secondo la dottrina espressa fin dalle più remote antichità dai Papi, dai Concili e dai Padri, lo Spirito Santo lo rende atto alla sua sublime missione identificando completamente il suo amore a quello dello Sposo di cui soddisfa gli obblighi e di cui esercita i diritti.

L'amore di san Pietro.
Affidando a Simone figlio di Giona l'umanità rigenerata, la prima cura dell'Uomo-Dio era stata quella di assicurarsi che egli sarebbe stato veramente il vicario del suo amore (Sant'Ambrogio, Comm. su san Luca, 10); che, avendo ricevuto più degli altri, avrebbe amato più di tutti (Lc 7,47; Gv 21,15); che, erede dell'amore di Gesù per i suoi che erano nel mondo li avrebbe amati al pari di lui sino alla fine (Gv 13,1). Per questo la costituzione di Pietro al vertice della sacra gerarchia, concorda nel Vangelo con l'annuncio del suo martirio (ivi 21,18): pontefice supremo, doveva seguire fino alla Croce il supremo gerarca (ivi 19,22).
Ora, la santità della creatura, e nello stesso tempo la gloria del Dio creatore e salvatore, non trovano la loro piena espressione che nel Sacrificio che abbraccia pastore e gregge in uno stesso olocausto.
Per questo fine supremo di ogni pontificato e di ogni gerarchia, dall'Ascensione di Gesù in poi Pietro aveva percorso la terra. A Joppe, quando era ancora agli inizi del suo itinerario apostolico, una misteriosa fame si era impadronita di lui: "Alzati, Pietro, uccidi e mangia", aveva detto lo Spirito; e, nello stesso tempo, una visione simbolica presentava riuniti ai suoi occhi gli animali della terra e gli uccelli del cielo (At 10,9-16). Era la gentilità che egli doveva congiungere, alla tavola del divino banchetto, ai resti d'Israele. Vicario del Verbo, condivideva la sua immensa fame; la sua carità, come un fuoco divoratore, si sarebbe assimilati i popoli; realizzando il suo attributo di capo, sarebbe venuto il giorno i cui, vero capo del mondo, avrebbe fatto di quella umanità offerta in preda alla sua avidità il corpo di Cristo nella sua stessa persona. Allora, nuovo Isacco, o piuttosto vero Cristo, avrebbe visto anche lui innalzarsi davanti a sé il monte dove Dio guarda, aspettando l'offerta (Gen 22,14).

Il martirio di san Pietro.
Guardiamo anche noi, poiché quel futuro è divenuto presente, e, come nel grande Venerdì, prendiamo anche noi parte allo spogliamento che si annuncia. Parte beata, tutta di trionfo: qui almeno, il deicidio non unisce la sua lugubre nota all'omaggio del mondo e il profumo d'immolazione che già si eleva dalla terra riempie i cieli della sua soave letizia. Divinizzata dalla virtù dell'adorabile ostia del Calvario, si direbbe infatti che la terra oggi basti a se stessa. Semplice figlio di Adamo per natura, e tuttavia vero pontefice supremo, Pietro avanza portando il mondo: il suo sacrificio completerà quello dell'Uomo-Dio che lo investì della sua grandezza (Col 1,24); inseparabile dal suo capo visibile, anche la Chiesa lo riveste della sua gloria (1Cor 11,7). Per il potere di quella nuova croce che si eleva, Roma oggi diventa la città santa. Mentre Sion rimane maledetta per avere una volta crocifisso il suo Salvatore, Roma avrà un bel rigettare l'Uomo-Dio, versarne il sangue nella persona dei suoi martiri, nessun delitto di Roma potrà prevalere contro il grande fatto che si pone in quest'ora: la croce di Pietro le ha delegato tutti i diritti di quella di Gesù, lasciando ai Giudei la maledizione; essa ora diventa la Gerusalemme.

Il martirio di san Paolo.
Essendo dunque tale il significato di questo giorno, non ci si stupirà che l'eterna Sapienza abbia voluto renderlo ancora più sublime, unendo l'immolazione dell'apostolo Paolo al Sacrificio di Simon Pietro. Più di ogni altro, Paolo aveva portato avanti, con le sue predicazioni, l'edificazione del corpo di Cristo (Ef 4,12); se oggi la santa Chiesa è giunta a quel pieno sviluppo che le consente di offrirsi nel suo capo come un'ostia di soavissimo odore, chi meglio di lui potrebbe dunque meritare di completare l'offerta? (Col 1,24; 2Cor 12,15). Essendo giunta l'età perfetta della Sposa (Ef 4,13), anche la sua opera è terminata (2Cor 11,2). Inseparabile da Pietro nelle sue fatiche in ragione della fede e dell'amore, lo accompagna parimenti nella morte (Antifona dell'Ufficio); entrambi lasciano la terra nel gaudio delle nozze divine sigillate con il sangue, e salgono insieme all'eterna dimora dove l'unione è perfetta (2Cor 5).

VITA DI SAN PIETRO - Dopo la Pentecoste, san Pietro organizzò con gli altri Apostoli la chiesa di Gerusalemme, quindi le chiese di Giudea e di Samaria, e infine ricevette nella Chiesa il centurione Cornelio, il primo pagano convertito. Sfuggito miracolosamente alla morte che gli riservava il re Erode Agrippa, lasciò la Palestina e si recò a Roma dove fondò, forse fin dall'anno 42, la Chiesa che doveva essere il centro della Cattolicità. Da Roma intraprese parecchi viaggi apostolici. Verso il 50 è a Gerusalemme per il Concilio che decretò l'ammissione dei Gentili convertiti nella Chiesa, senza obbligarli alle osservanze della legge mosaica. Passò ad Antiochia, nel Ponto, in Galazia, in Cappadocia, in Bitinia e nella provincia dell'Asia. Avendo un incendio distrutto la città di Roma nel 64, si accusarono i cristiani di essere gli autori della catastrofe e Nerone li fece arrestare in massa. Parecchie centinaia, forse anche parecchie migliaia furono condannati a morte mediante vari supplizi: alcuni furono crocifissi, altri bruciati vivi, altri dati in pasto alle belve nell'anfiteatro, altri infine decapitati. San Pietro, dapprima incarcerato secondo una antica tradizione nel carcere Mamertino, fu crocifisso con la testa in giù, negli orti di Nerone, sul colle Vaticano. Qui fu seppellito. La data esatta del suo supplizio è il 29 giugno del 67.

La festa del 29 giugno.
Dopo le grandi solennità dell'Anno Liturgico e la festa di san Giovanni Battista, non ve n'è alcun'altra più antica o più universale nella Chiesa di quella dei due Principi degli Apostoli. Molto presto Roma celebrò il loro trionfo nella data stessa del 29 giugno che li vide elevarsi dalla terra al cielo. La sua usanza prevalse subito su quella di alcune regioni, dove si era dapprima deciso di fissare la festa degli Apostoli agli ultimi giorni di dicembre. Certamente, era un nobile pensiero quello di presentare i padri del popolo cristiano al seguito dell'Emmanuele nel suo ingresso nel mondo. Ma come abbiamo visto, gli insegnamenti di questo giorno hanno, per se stessi, una importanza preponderante nell'economia del dogma cristiano; essi formano il complemento dell'intera opera del Figlio di Dio; la croce di Pietro costituisce la Chiesa nella sua stabilità, e assegna al divino Spirito l'immutabile centro delle sue operazioni. Roma era dunque ben ispirata quando, riservando al discepolo prediletto l'onore di vegliare per i suoi fratelli presso la culla del Dio-Bambino, conservava la solenne commemorazione dei Principi dell'apostolato nel giorno scelto da Dio per porre termine alle loro fatiche e coronare, insieme con la loro vita, l'intero ciclo dei misteri.

Il ricordo dei dodici Apostoli.
Ma era giusto non dimenticare, in un giorno così solenne, quegli altri messaggeri del padre di famiglia che irrorarono anch'essi dei loro sudori e del loro sangue tutte le strade del mondo, per accelerare il trionfo e radunare gli invitati del banchetto nuziale (Mt 22,8-10). Grazie appunto ad essi, la legge di grazia è ora definitivamente promulgata in mezzo alle genti e la buona novella ha risuonato in tutte le lingue e su tutte le sponde (Sal 18,4-5). Cosicché la festa di san Pietro, particolarmente completata dal ricordo di Paolo che gli fu compagno nella morte, fu tuttavia considerata, fin dai tempi più remoti, come quella dell'intero Collegio Apostolico. Non si sarebbe potuto pensare, nei primi tempi di poter separare dal glorioso capo alcuno di quelli che il Signore aveva riavvicinati così intimamente, nella solidarietà della comune opera. In seguito tuttavia furono consacrate successivamente particolari solennità a ciascuno di essi, e la festa del 29 giugno rimase attribuita più esclusivamente ai due principi il cui martirio aveva reso illustre questo giorno. Avvenne anche presto che la Chiesa romana, non credendo di poterli onorare convenientemente entrambi in uno stesso giorno, rimandò all'indomani la lode più esplicita del Dottore delle genti.

MESSA
EPISTOLA (At 12,1-11). - In quei giorni, il re Erode mise mano a maltrattare alcuni della Chiesa. Fece morir di spada Giacomo, fratello di Giovanni; e, vedendo che ciò era accetto ai Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano i giorni degli azzimi. E, presolo, lo mise in prigione, dandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, volendo dopo la Pasqua presentarlo al popolo. Pietro adunque era custodito nella prigione, ma dalla Chiesa si faceva continua orazione per lui. Or quando Erode stava per presentarlo al popolo, proprio la notte avanti, Pietro dormiva in mezzo a due soldati, stretto con doppia catena, e le sentinelle, alla porta, custodivano il carcere. Ed ecco presentarsi l'Angelo del Signore, e splendere una luce nella cella. E l'Angelo, percosso il fianco di Pietro, lo svegliò dicendo: Presto, levati. E le catene gli caddero dalle mani. L'Angelo gli disse: Cingiti e legati i sandali. E lo fece. E gli aggiunse: Buttati addosso il mantello e seguimi. E Pietro, uscendo, lo seguiva, e non sapeva essere realtà quel che era fatto dall'Angelo, ma credeva di vedere una visione. E passata la prima e la seconda sentinella, giunsero alla porta di ferro che mette in città, la quale si aprì loro da se medesima. E usciti fuori, si inoltrarono per una strada e d'improvviso l'Angelo sparì da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: Or veramente riconosco che il Signore ha mandato il suo Angelo e m'ha liberato dalle mani di Erode e dall'attesa del popolo dei Giudei.

La partenza verso Roma.
È difficile tornare con maggior insistenza di quanto faccia la Liturgia di questo giorno sull'episodio della prigionia di san Pietro a Gerusalemme. Parecchie Antifone e tutti i Capitoli dell'Ufficio sono tratti da esso; l'Introito lo cantava or ora; ed ecco che l'Epistola ci offre nella sua integrità il racconto che sembra interessare in modo tanto particolare oggi la Chiesa di Dio. Il segreto di tale preferenza è facile a scoprirsi. Questa festa è quella in cui la morte di Pietro conferma la Chiesa nelle sue auguste prerogative di Regina, di Madre e di Sposa; ma quale fu il punto di partenza di tali grandezze, se non il momento solenne fra tutti, in cui il Vicario dell'Uomo-Dio, scuotendo su Gerusalemme la polvere dei suoi calzari (Lc 10,11), volse la faccia verso l'Occidente, e trasferì in Roma i diritti della sinagoga ripudiata? Ora è appunto nell'uscire dalla prigione di Erode, che questo sublime episodio ebbe luogo.E uscendo dalla città se ne andò - dicono gli Atti - in un altro luogo (At 12,17). Questo altro luogo, secondo la testimonianza della storia e di tutta la tradizione, era la città chiamata a diventare la nuova Sion; era Roma, dove qualche settimana dopo giungeva Simon Pietro. Cosicché, riprendendo le parole dell'angelo in uno dei Responsori dell'Ufficio del Mattutino, la gentilità cantava questa notte: "Alzati, Pietro, e indossa i tuoi vestiti: cingiti di forza, per salvare le genti; poiché le catene sono cadute dalle tue mani".

Il sonno di Pietro.
Come un giorno Gesù nella barca vicina ad affondare, Pietro dormiva tranquillamente alla vigilia del giorno in cui doveva morire. La tempesta, i pericoli d'ogni sorta, non saranno risparmiati nel corso dei secoli ai successori di Pietro. Ma non si vedrà più, sulla barca della Chiesa, il panico che si era impadronito dei compagni del Signore nel battello sollevato dall'uragano. Mancava allora ai discepoli la fede, ed era appunto la sua assenza a cagionare il loro spavento (Mc 4,40). Ma dalla discesa dello Spirito divino, quella fede preziosa da cui derivano tutti i doni non può far difetto alla Chiesa. Essa dà ai capi la serenità del Maestro; mantiene nel cuore del popolo fedele la preghiera ininterrotta, la cui umile fiducia vince silenziosamente il mondo, gli elementi e Dio stesso. Se accade che la barca di Pietro rasenti qualche abisso e il pilota sembri addormentato, la Chiesa non imiterà i discepoli nella tempesta del lago di Genezareth. Non si farà giudice del tempo e dei metodi della Provvidenza, né crederà lecito riprendere colui che deve vegliare per noi: ricordando che, per sciogliere senza tumulto le situazioni più difficili, possiede un mezzo migliore e più sicuro; non ignorando che, se non fa difetto l'intercessione, l'angelo del Signore verrà lui stesso a tempo opportuno a ridestare Pietro e a spezzare le sue catene.

Potere della preghiera.
Oh, come le poche anime che sanno pregare sono più potenti, nella loro ignorata semplicità, della politica e dei soldati di tutti gli Erodi del mondo! La piccola comunità raccolta nella casa di Maria, madre di Marco (At 12,12) era ben poco numerosa; ma da essa giorno e notte s'innalzava la preghiera. Fortunatamente, non vi si conosceva il fatale naturalismo che, sotto lo specioso pretesto di non tentare Dio, rifiuta di chiedergli l'impossibile quando sono in gioco gli interessi della sua Chiesa. Certo, le precauzioni di Erode Agrippa per non lasciar sfuggire il suo prigioniero facevano onore alla sua prudenza, e certo la Chiesa chiedeva l'impossibile esigendo la liberazione di Pietro: tanto è vero che quelli stessi che allora pregavano, una volta esauditi non riuscivano a credere ai propri occhi. Ma la loro forza era stata appunto quella di sperare contro ogni speranza (Rm 4,18) ciò che essi stessi consideravano come follia (At 12,14-15), di sottomettere nella loro preghiera il giudizio della ragione alle sole vedute della fede.

VANGELO (Mt 16,13-19). - In quei giorni: Venuto Gesù nelle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: La gente che dice mai che sia il Figlio dell'uomo? Ed essi risposero: Chi Giovanni Battista; chi Elia; chi Geremia, od uno dei profeti. Dice loro Gesù: Ma voi chi dite ch'io sia? Rispondendo Simon Pietro disse: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente. E Gesù gli replicò: Te beato, o Simone, figlio di Giona, perché non la carne né il sangue te l'ha rivelato; ma il Padre mio che è nei cieli. Ed io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno mai prevarranno contro di lei. E a te darò le chiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa avrai legata sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli.

Confessione di san Pietro.
La grata letizia porta Roma a ricordare l'istante beato in cui, per la prima volta, lo Sposo fu salutato col suo divino appellativo dall'umanità: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo! L'amore e la fede costituiscono in questo momento Pietro suprema e antichissima sommità dei teologi, come lo chiama san Dionigi nel libro dei Nomi divini. Per primo, infatti, nell'ordine del tempo come per la pienezza del dogma egli risolse il problema la cui formula senza soluzione era stato il supremo sforzo della teologia dei secoli profetici.

Dignità di san Pietro.
Sei tu dunque, o Pietro, più sapiente di Salomone? E quanto lo Spirito Santo dichiarava al di sopra di ogni scienza, potrà essere il segreto di un povero pescatore? È così. Nessuno conosce il Figlio se non il Padre (Mt 11,27); ma il Padre stesso ha rivelato a Simone il mistero del Figlio, e le parole che ne fanno fede non sono soggette a critica. Esse infatti non sono una giunta menzognera ai dogmi divini: oracolo dei cieli che passa attraverso una bocca umana, elevano il loro beato interprete al disopra della carne e del sangue. Al pari di Cristo di cui per esse diviene Vicario, egli avrà come unica missione di essere un'eco fedele del cielo quaggiù (Gv 15,15), dando agli uomini ciò che riceve (ivi 17,18): le parole del padre (ivi 14). È tutto il mistero della Chiesa, della terra e del cielo insieme, contro la quale l'inferno non prevarrà.

Il fondamento della Chiesa.
O Pietro, noi salutiamo la gloriosa tomba in cui sei disceso! Soprattutto a noi, infatti, figli di quell'Occidente che tu hai voluto scegliere, spetta celebrare nell'amore e nella fede le glorie di questo giorno. È su te che dobbiamo costruire, poiché vogliamo essere gli abitanti della città santa. Seguiremo il consiglio del Signore (Mt 7,24-27), costruendo sulla roccia le nostre case di quaggiù, perché resistano alla tempesta e possano diventare una dimora eterna. O come più viva è la nostra riconoscenza per te, che ti degni di sostenerci così, in questo secolo insensato che, pretendendo di costruire nuovamente l'edificio sociale, volle stabilirlo sulla mobile sabbia delle opinioni umane, e che ha saputo moltiplicare soltanto i crolli e le rovine! La pietra che i moderni architetti hanno rigettata, è forse meno perciò la pietra angolare? E la sua virtù non appare forse appunto nel fatto che, rigettandola, è contro di essa che urtano e s'infrangono? (1Pt 2,6-8).

Devozione verso san Pietro.
Ora dunque che l'eterna Sapienza eleva su di te, o Pietro, la sua casa, dove potremmo trovarla altrove? Da parte di Gesù risalito al cielo, non sei forse tu che possiedi ormai le parole di vita eterna? (Gv 6,69). La nostra religione, il nostro amore verso l'Emmanuele sono quindi incompleti, se non arrivano fino a te. E avendo tu stesso raggiunto il Figlio dell'uomo alla destra del Padre, il culto che ti rendiamo per le tue divine prerogative si estende al Pontefice tuo successore, nel quale continui a vivere mediante esse: culto reale che si rivolge a Cristo nel suo Vicario e che, pertanto, non potrebbe accontentarsi della troppo sottile distinzione fra la Sede di Pietro e colui che la occupa. Nel Romano Pontefice tu sei sempre, o Pietro, l'unico pastore e il sostegno del mondo. Se il Signore ha detto: "Nessuno va al Padre se non per me" (ivi 14,6), sappiamo pure che nessuno arriva al Signore se non per tuo mezzo. Come potrebbero i diritti del Figlio di Dio, pastore e vescovo delle anime nostre (1Pt 2,25), subire un detrimento in questi omaggi della terra riconoscente? Non possiamo celebrare le tue grandezze senza che, subito facendoci fissare i pensieri in Colui del quale sei come il segno sensibile, come un augusto sacramento, tu non ci dica, come dicesti ai padri nostri, mediante l'iscrizione posta sulla tua antica statua: Contemplate il Dio Verbo, la pietra divinamente tagliata nell'oro, sulla quale stabilito, io non sono crollato.

PREGHIAMO
O Dio, che hai santificato questo giorno col martirio degli apostoli Pietro e Paolo, concedi alla tua Chiesa di seguire in tutto l'insegnamento di questi due fondatori della nostra religione.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 798-807


Come la cera...

Sancta Maria
Mater Christi sanctissima, ora pro nobis

"Come la cera si strugge al fuoco,  e la polvere si  disperde al soffiar del vento;  
così all'invocazione del Nome di Maria  tutto l'esercito degli spiriti maligni si sbaraglia"

Sicut cera fluit a facie ignis, et pulvis ante faciem venti dispergitur; 
sic ad invocationem nominis Mariae totus malignorum spirituum exercitus separatur.

Sententiae familiares Sancti Patris Francisci


lunedì 27 giugno 2016

La nuova religione che distrugge la nozione stessa di peccato.


LA RIPARAZIONE,

LA GRANDE DIMENTICATA

 Si è parlato tanto di Fatima nel decennio passato, dopo che il Papa Giovanni Paolo II ha voluto rivelare ciò che è stato presentato come il terzo segreto. Si è parlato tanto di Fatima, nelle polemiche che sono seguite alla rivelazione del terzo segreto, che molti pensano [giustamente] non completa. Ricordiamo tutti il segretario di stato Tarcisio Bertone alla televisione nazionale, presentare i biglietti scritti da Lucia e le buste che li contenevano, per smentire chi sosteneva che il terzo segreto era stato rivelato solo in parte. Ricordiamo tutti almeno il documentato libro di Socci, “Il quarto segreto di Fatima”, e tutto il vivace dibattito che ne è seguito.

 Insomma, si è parlato tanto di Fatima, ma che fine ha fatto la devozione al Cuore Immacolato di Maria?

 Certo, è vivissima in alcuni circoli ristretti, ma è ancora predicata e praticata nel tessuto concreto delle nostre parrocchie? Ci sembra proprio di no.

 La pratica dei primi 5 sabati del mese è praticamente scomparsa, quasi fosse una cosa per anime piccole, che non corrisponde più al modo che ha oggi la Chiesa di intendere la devozione alla Madonna. Ben inteso, nessuno negherà pubblicamente che si può essere devoti al Cuore Immacolato di Maria, ma presenteranno questa devozione come una pia pratica personale, che lascia il tempo che trova. Ma così non è!

 Di fronte al disastro del mondo sempre più ateo, Dio stesso è intervenuto a Fatima, indicando la via d'uscita alla distruzione dell'umanità: la devozione al Cuore Immacolato di Maria.

 Il 13 luglio 1917 così parlò la Madonna ai pastorelli:
 "La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà un'altra peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segnale che Dio vi dà del fatto che si appresta a punire il mondo per i suoi delitti, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedire tutto questo, sono venuta a chiedere la Consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. Se ascolterete le Mie richieste, la Russia si convertirà e avrete pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate. Infine il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia che si convertirà, e sarà concesso al mondo qualche tempo di pace"

 E due anni prima, nel 1915, l'angelo dell'apparizione invitò i bambini a pregare prostrati con lui in riparazione delle offese subite da Dio da parte dei peccatori, e in particolare con le parole: "Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima, Divinità di Gesù Cristo presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli stesso è offeso, e per i meriti infiniti del Suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria vi chiedo la conversione dei poveri peccatori.”

 C'è questo continuo ritorno della parola “riparazione”, che è ormai completamente incomprensibile per il mondo cattolico di oggi: eppure è questo il cuore di Fatima e della devozione al Cuore Immacolato. La Madonna chiede di pregare il Rosario e di offrire la comunione riparatrice, per riparare, appunto, agli oltraggi, sacrilegi e indifferenze con cui si offende Dio. La Madonna chiede la comunione riparatrice per la conversione dei peccatori, perché si salvino da quell'inferno che mostrò loro il 13 luglio 1917: "La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione durò un momento”

 E' accettabile questo per la Chiesa “rinnovata” della modernità, per i cosiddetti cristiani adulti del post-concilio? Questi considerando Fatima,  parlano dell'attentato a Giovanni Paolo II e dei cristiani uccisi nel '900 come se fossero il cuore di questo messaggio... ma non parlano più della riparazione, perché?

 Semplicemente perché è cambiato lo sguardo nei confronti del peccato dell'uomo e della misericordia di Dio: per i nuovi cristiani, in sostanza, il peccato non offende più Dio.

 Ci risiamo: il cattolicesimo modernista modifica i dogmi, le verità di fede, e quando parla di peccato non intende più dire ciò che la Chiesa ha detto per diciannove secoli.

  Per i modernisti, teorici o pratici, il peccato praticamente non esiste più, poiché esso non offende Dio. Dicono che il peccato non offende Dio, ma nuoce solamente al peccatore. Il peccato, per loro, non fa niente a Dio. Il peccato, dicono,  non fa che nuocere al peccatore facendogli perdere la vita divina - questo lo si concede - e, al tempo stesso, offende gli altri uomini. In queste condizioni il peccato non ha più la caratteristica dell’offesa, della distruzione dell’onore di Dio, della Sua gloria, della Sua lode; non ha più la caratteristica della disobbedienza alla legge di Dio. Insomma il peccato non è più cattolico, e quindi non va più riparato!

 Ci rendiamo conto fratelli, come fanno a parlare di Fatima tutti costoro, che ne hanno distrutto il cuore? Dobbiamo vigilare contro una falsa devozione alla Madonna, fatta solo di sentimentalismo, che non porta mai a ciò che la Beata Vergine chiede sempre: la nostra conversione, per il bene nostro e del mondo intero.

 È sorta una nuova religione che distrugge la nozione stessa di peccato.

 Abbiamo trovato una bella descrizione di questa drammatica situazione nella Chiesa, fatta da un vescovo illuminato per dottrina:


 “In seguito, ci si dice, come conseguenza, che Dio non punisce il peccato con una qualche pena temporale o eterna. Poiché il peccato non offende Dio, Dio non lo punisce. Del resto Dio è la bontà stessa: come potrebbe infliggere delle pene all’uomo peccatore? No, è l’uomo stesso che si punisce, subendo le conseguenze dei suoi errori, e l’inferno - se mai qualcuno vi si trova - l’inferno non è altro che l’esclusione, l’auto-esclusione dall’amore divino. 
Dunque l’inferno (per questi falsi cattolici moderni ndr) non è più una pena inflitta da Dio. Dio non ha più il diritto di punire. Ne consegue che l’uomo è esentato da ogni dovere di riparazione verso Dio. Ciò che noi chiamiamo, nel nostro catechismo, la soddisfazione dopo il peccato, il fatto che il peccatore debba soddisfare la giustizia divina a causa dei suoi peccati, la soddisfazione, il bisogno di espiare i propri peccati per riparare l’onore di Dio, non esiste più. L’uomo deve solo riparare la sua salute spirituale. Ma riparare la gloria di Dio, cooperare al recupero della creatura caduta nel peccato, non lo si vuole più! Mentre voi conoscete la bella dottrina cattolica della soddisfazione che è tutta a gloria di Dio, perché l’uomo peccatore possa rialzarsi e ridare a Dio la gloria e la lode, risollevando la sua decaduta natura per mezzo della soddisfazione, per mezzo della pena che egli subisce volontariamente”.


 Ma, alcuni diranno, e la Misericordia di Dio, dove la lasciate? La Misericordia infinita di Dio è tutta sulla Croce, dove Gesù ripara i nostri peccati versando il suo Preziosissimo Sangue. Gesù ha soddisfatto la giustizia divina morendo per i nostri peccati... è infinita questa misericordia, è infinita questa soddisfazione, e ci chiede di entrare in questa grande riparazione!

 Che senso avrebbero la Passione e la Morte di Gesù Cristo, se non fosse per questa soddisfazione della giustizia di Dio? La Croce di Cristo diventerebbe una specie di finzione, di buon esempio dato da Gesù, per dimostrarci che ci ama! No! Gesù soddisfa la giustizia divina, ripara i nostri peccati realmente, non fa un “teatrino” del suo amore.

 Ma fa di più: domanda a noi, per sua misericordia, di partecipare alla grande riparazione, non di negarla! Appartieni al corpo mistico di Cristo, ti è data la grazia di poter offrire il tuo sacrificio quotidiano, in unione alla Croce di Cristo, per riparare il tuo peccato e il peccato del mondo: questa è la dignità del cristiano! Dio, in Cristo, rende utile la fatica del vivere! Senza questa bontà di Dio che rende utile la tua sofferenza, essa sarebbe solo infinitamente triste perchè vuota. Che grazia! Ma occorre accogliere la verità di fede racchiusa nella parola “riparazione” perchè questa grazia agisca.

 Viviamo così il mese di maggio e tutti i mesi, fedeli al Rosario, ma con questo cuore di riparazione. 

AVE MARIA!