martedì 14 maggio 2019

Signore lìberaci dagli impostori

impostore

Sinonimi e Contrari
impostore /impo'store/ s. m. [dal lat. tardo impostor -oris, der. di imponĕre "far credere"] (f., non com., -a). - [chi fa credere cose non vere per trarne vantaggio] ≈ ciarlatano, imbroglione, lestofante, mercante di tappeti, mistificatore, simulatore, truffatore. ⇑ bugiardo. [⍈ INGANNO]
VOCABOLARIO
impostóre s. m. (f. -a) [dal lat. tardo impostor -oris, der. di imponĕre nel senso di «far credere»]. – Chi, abusando della credulità altrui e allo scopo di trarne vantaggio, fa uso sistematico della menzogna, o finge di essere e di sapere più di quanto...

Bisogna lottare contro il demonio

EL SANTO CURA DE ARS Y LA LUCHA CONTRA EL DEMONIO


San Juan María Vianney llamado el santo Cura de Ars, nació en Francia en el año 1786. Fue un gran predicador, hacía muchas mortificaciones, fue un hombre de oración y caridad. Tenía un don especial para la Confesión. Por eso, venían personas de diferentes lugares para confesarse con él y escuchar sus santos consejos. Debido a su fructífero trabajo pastoral fue nombrado Patrono de los Sacerdotes. También combatió contra el maligno en varias ocasiones, inclusive en algunas no solo espiritualmente.
En una de ellas, mientras se preparaba para celebrar la Misa, un hombre le dijo que su dormitorio se estaba incendiando. ¿Cuál fue su respuesta? “El bellaco” está furioso. Cuando no consigue agarrar el pájaro, él quema su jaula”. Entregó la llave para aquellos que iban ayudar a apagar el fuego. Sabía que Satanás (el diablo) quería impedir la misa y no lo permitió.
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Dios premió su perseverancia delante de las pruebas con un poder extraordinario que le permitía expulsar demonios de las personas poseídas

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Enseñanzas del Santo Cura de Ars para la lucha contra el demonio:

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1. No imagine que exista un lugar en la tierra donde podamos escapar de la lucha contra el demonio; si tenemos la gracia de Dios, que nunca nos es negada, podemos siempre triunfar.
2. Como el buen soldado no tiene miedo del combate, así el buen cristiano no debe tener miedo de la tentación. Todos los soldados son buenos en el campamento, pero es en el campo de batalla que se ve la diferencia entre corajudos y cobardes.
3. El demonio tienta solamente las almas que quieren salir del pecado y aquellas que están en estado de gracia. Las otras ya le pertenecen, no precisa tentarlas.
4. Una Santa se quejó a Jesús después de la tentación, preguntando a Él: “¿dónde estabas, mi Jesús adorable, durante esta horrible tempestad?” A lo que Él le respondió: “Yo estaba bien en medio de su corazón, encantado en verla luchar”.
5. Un cristiano debe siempre estar listo para el combate. Como en tiempo de guerra, tiene siempre centinelas aquí y allí para ver si el enemigo se aproxima. De la misma manera, debemos estar atentos para ver si el enemigo no está preparándonos trampas y, si él viene a tomarnos de sorpresa…
6. Tres cosas son absolutamente necesarias contra la tentación: la Oración, para aclararnos; los Sacramentos, para fortalecernos; y la Vigilancia para preservarnos…
7. Con nuestros instintos la lucha es raramente de igual a igual: o nuestros instintos nos gobiernan o nosotros gobernamos nuestros instintos. ¡Cómo es triste dejarse llevar por los instintos! Un Cristiano es un noble; él debe, como un gran señor, mandar en sus vasallos.
8. Nuestro Ángel de la Guarda está siempre a nuestro lado, con la pluma en la mano, para escribir nuestras victorias. Precisamos decir todas las mañanas: “Vamos, mi alma, trabajemos para ganar el Cielo”.
9. El demonio deja bien tranquilo a los malos Cristianos; nadie se preocupa con ellos, mas contra aquellos que hacen el bien él suscita mil calumnias, mil ofensas.
10. La Señal de la Cruz es temida por el demonio porque es por la Cruz que escapamos de él. Es preciso hacer la Señal de la Cruz con mucho respeto. Comenzamos por la cabeza: es el principal, la creación, el Padre; después el corazón: el amor, la vida, la redención, el Hijo; por último, los hombros: la fuerza, el Espíritu Santo. Todo nos recuerda la Cruz. Nosotros mismos somos hechos en forma de Cruz.

Documento segreto di Fatima



ESCLUSIVO – PUBBLICHIAMO LA TRADUZIONE ITALIANA DELL’ULTIMO DOCUMENTO SUL TERZO SEGRETO DI FATIMA – LA PERITA CALLIGRAFA NEGA CHE IL TESTO PUBBLICATO DA ZAVALA SIA UNA FALSIFICA


PUBBLICHIAMO LA TRADUZIONE ITALIANA 

DELL’ULTIMO DOCUMENTO SUL TERZO SEGRETO 

DI FATIMA – LA PERITA CALLIGRAFA NEGA CHE 

IL TESTO PUBBLICATO DA ZAVALA SIA 

UNA FALSIFICAZIONE.

FATIMA2
Ecco il testo:
Il testo comincia con le sigle JMJ, e la data: “Tuy, 1/4/1944”.
E continua così:
“Adesso vado a rivelare il terzo frammento del segreto; 
questa parte è l’apostasia nella Chiesa. Nostra Signora ci 
mostrò una visione di un individuo che io descrivo 
come ‘il “Santo Padre’, davanti a una moltitudine che stava 
lodandolo.
Però c’era una differenza con un vero Santo Padre, 
lo sguardo del demonio, questo aveva gli occhi del male.
Poi, alcuni momenti più tardi, vedemmo lo stesso Papa 
entrare in una Chiesa, però questa Chiesa era la 
Chiesa dell’inferno, non c’è modo di descrivere la bruttezza 
di questo luogo, sembrava come una fortezza fatta 
di cemento grigio, con gli angoli rotti e le finestre 
come occhi, aveva un picco sul tetto dell’edificio.
Subito alzammo lo sguardo verso Nostra Signora che ci disse 
avete visto l’apostasia nella Chiesa, questa lettera 
può essere aperta dal Santo Padre, però deve essere 
annunciata dopo Pio XII e prima del 1960.
Nel regno di Giovanni Paolo II la pietra angolare della tomba 
di Pietro deve essere rimossa e trasportata a Fatima.
Poiché il dogma della fede non è conservato a Roma, la 
sua autorità sarà rimossa e consegnata a Fatima.
La cattedrale di Roma deve essere distrutta e una nuova 
costruita a Fatima.
Se 69 settimane dopo che questo ordine sia annunciato, 
Roma continua la sua abominazione, la città sarà distrutta.

Nostra Signora ci disse che questo è scritto, Daniele 9,24-25 
e Matteo 21, 42-44”.
Così terminava il messaggio. /// La parte relativa a Matteo è la seguente:
42 “Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: ‘La pietra che 
i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; 
ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri’?
43 Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente 
che ne faccia i frutti.
44 Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed essa stritolerà 
colui sul quale cadrà”.
Mentre invece la parte relativa a Daniele è questa: “24 Settanta settimane 
sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine 
all’empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità,
portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e 
ungere  il Santo dei santi”.
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AMDG et DVM

Per giungere al Cielo

MV a 6 anni
MV a 6 anni


AUTOBIOGRAFIA CAPITOLO 7
Senza Titolo
Quelli che piangono sono quelli che sanno
 (Ruysbroeck1)
  
    Oggi è il 10 marzo, mercoledì delle Ceneri. Si inizia perciò la Quaresima. Tempo sempre pieno per me di avvenimenti che lasciano un segno incancellabile. Se si guarda bene, molte delle cose principali della mia vita sono accadute in quel tempo che va dal mercoledì delle Ceneri alla Pasqua.
  
  La nascita per prima cosa. Sono, proprio come la violetta, un fiorellino quaresimale. Sbocciai alla vita e alla grazia in questo tempo di penitenza anticipatoria della Pasqua, e i miei occhietti, che piangevano per aver perduto il Cielo, videro per prima cosa il paramento di mestizia della Chiesa… 

In quaresima la prima confessione. In quaresima la mia entrata in collegio. In quaresima la mia uscita di collegio e ritorno in famiglia. In quaresima il mio primo risveglio all'amore umano. E in quaresima, infine, i miei abbracci più intimi con Dio quando l'amore umano, essendo morto come effimero fiore non fatto per l'anima mia, cedette il posto all'Amore unico, a Colui che già si era mostrato e fatto amare, dalla puerizia, col suo volto arrubinato di sangue e le membra trafitte.

   Nata in periodo di mestizia e penitenza, destinata ad amare il Gesù-doloroso, è ben giusto che io debba aver conosciuto per tempo il pianto, sempre più pianto. Sia benedetto esso pure, che fu la rugiada che dissetò la pianticella dell'amore e fece di essa un «grande albero sui cui rami gli uccelli dell'aria vengono a riposarsi».

   Il granellino di senapa2, il più piccolo di tutti i semi e che è simbolo del regno dei cieli, per me è l'Amore. Perché solo l'Amore ci può dare, a noi così imperfetti, capacità di conquistarci il regno dei cieli. Ma l'amore che Dio aveva deposto, piccolo seme, nell'anima pargoletta, era sceso in essa in un con una stilla del pianto divino, e aveva bisogno di pianto, di dolore per mettere radici e fronde e innalzarsi fino al cielo…

   Ma per giungere al cielo ha dovuto, dopo aver dibattuto sé stesso sotto tutte le raffiche tentando liberarsi dal dolore, raccogliere i suoi rami in forma di croce e su questa inchiodare me stes­sa. Oh! allora l'albero alimentato di pianto, scaldato dal­l'amo­re, potato dal dolore, è divenuto gigante, e spero che la sua fronda, viva in eterno, fornisca al mio angelo la palma e il tralcio per la mia corona di vittoria e la mia insegna di martirio.

*

   1 Ruysbroeck è Giovanni di Ruysbroeck (1293-1381), sacerdote e mistico fiammingo, beato, detto "Doctor Admirabilis". La citazione, ripetuta a p. 88, è presa dalla sua opera "L'ornamento delle nozze spirituali", che Maria Valtorta possedeva e che, quasi certamente, sarà la fonte anche di altre citazioni dette di Ruysbroeck o anonime.

  2 granellino di senapa fa parte del contesto della citazione che precede, presa da: Matteo 13,32; Marco 4,32; Luca 13,19.

 AMDG et DVM

EN SU CABEZA TENÍA UNA CORONA DE DOCE ESTRELLAS


SOBRE LAS DOCE PRERROGATIVAS DE LA BIENAVENTURADA VIRGEN MARÍA, SEGÚN LAS PALABRAS DEL APOCALIPSIS: «UN PORTENTO GRANDE APARECIÓ EN EL CIELO: UNA MUJER ESTABA CUBIERTA CON EL SOL Y LA LUNA A SUS PIES Y EN SU CABEZA TENÍA UNA CORONA DE DOCE ESTRELLAS»

1. Muchísimo daño, amadísimos, nos causaron un varón y una mujer; pero, gracias a Dios, igualmente por un varón y una mujer se restaura todo. Y no sin grande aumento de gracias. Porque no fué el don como había sido el delito, sino que excede a la estimación del daño la grandeza del beneficio. Así, el prudentísimo y clementísinio Artífice no quebrantó lo que estaba hendido, sino que lo rehizo más útilmente por todos modos, es a saber, formando un nuevo Adán del viejo y transfundiendo a Eva en María. Y, ciertamente, podía bastar Cristo, pues aun ahora toda nuestra suficiencia es de El, pero no era bueno para nosotros que estuviese el hombre solo. 
Mucho más conveniente era que asistiese a nuestra reparación uno y otro sexo, no habiendo faltado para nuestra corrupción ni el uno ni el otro. Fiel y poderoso mediador de Dios y de los hombres es el hombre Cristo Jesús, pero respetan en él los hombres una divina majestad. Parece estar la humanidad absorbida en la divinidad, no porque se haya mudado la substancia, sino porque sus afectos están divinizados. No se canta de El sola la misericordia, sino que también se le canta igualmente la justicia, porque aunque aprendió, por lo que padeció, la compasión, y vino a ser misericordioso, con todo eso tiene la potestad de juez al mismo tiempo. En fin, nuestro Dios es un fuego que consume. ¿Qué mucho tema el pecador llegarse a El, no sea que, al modo que se derrite la cera a la presencia del fuego, así perezca él a la presencia de Dios?

2. Así, pues, ya no parecerá estar de más la mujer bendita entre todas las mujeres, pues se ve claramente el papel que desempeña en la obra de nuestra reconciliación, porque necesitamos un mediador cerca de este Mediador y nadie puede desempeñar tan provechosamente este oficio como María. ¡Mediadora demasiado cruel fué Eva, por quien la serpiente antigua infundió en el varón mismo el pestífero veneno! ¡Pero fiel es Maria, que propinó el antídoto de la salud a los varones y a las mujeres! Aquélla fué instrumento de la seducción, ésta de la propiciación; aquélla sugirió la prevaricación, ésta introdujo la redención. ¿Qué recela llegar a María la fragilidad humana? Nada hay en ella austero, nada terrible; todo es suave, ofreciendo a todos leche y lana. Revuelve con cuidado toda la serie de la evangélica historia, y si acaso algo de dureza o de reprensión desabrida, si aun la señal de alguna indignación, aunque leve, se encuentre en María, tenla en adelante por sospechosa y recela el llegarte a ella. 
Pero si más bien (como es así en la verdad) encuentras las cosas que pertenecen a ella llenas de piedad y de misericordia, llenas de mansedumbre y de gracia, da las gracias a aquel Señor que con una benignísima misericordia proveyó para ti tal mediadora que nada puede haber en ella que infunda temor. Ella se hizo toda para todos; a los sabios y a los ignorantes, con una copiosísima caridad, se hizo deudora. A todos abre el seno de la misericordia, para que todos reciban de su plenitud: redención el cautivo, curación el enfermo, consuelo el afligido, el pecador perdón, el justo gracia, el ángel alegría; en fin, toda la Trinídad gloria, y la misma persona del Hijo recibe de ella la substancia de la carne humana, a fin de que no haya quien se esconda de su calor.

3. ¿No juzgas, pues, que esta misma es aquella mujer vestida del sol? Porque, aunque la misma serie de la visión profética demuestre que se debe entender de la presente Iglesia, esto mismo seguramente parece que se puede atribuir sin inconvenente a María. Sin duda ella es la que se vistió corno de otro sol. Porque, así como aquél nace indiferentemente sobre los buenos y los malos, así también esta Señora no examina los méritos antecedentes, sino que se presenta exorable para todos, para todos clementísima, y se apiada de las necesidades de todos con un amplísimo afecto. Todo defecto está debajo de ella y supera todo lo que hay en nosotros la fragilidad y corrupción, con una sublimidad excelentísima en que excede y sobrepasa las demás criaturas, de modo que con razón se dice que la luna está debajo de sus pies. De otra suerte, no parecería que decíamos una cosa muy grande si dijéramos que esta luna estaba debajo de los pies de quien es ¡lícito dudar que fué ensalzada sobre todos los coros de los ángeles, sobre los querubines también y los serafines. Suele designarse en la una no sólo el defecto de la corrupción, sino la necedad del entendimiento y algunas veces la Iglesia del tiempo presente; aquello, ciertamente, por su mutabilidad , la Iglesia por el esplendor que recibe de otra parte. Mas una y otra luna (por decirlo así) congruentísimamente está debajo de los pies de María, pero de diferente modo, puesto que el necio se muda como la luna y el sabio permanece como el sol. En el sol, el calor y el esplendor son estables, mientras que en la luna hay solamente el esplendor, y aun éste es mudable e incierto, pues nunca permanece en el mismo estado. 
Con razón, pues, se nos representa a María vestida del sol, por cuanto penetró el abismo profundísimo de la divina sabiduría más allá de lo que se pueda creer, de suerte que, en cuanto lo permite la condición de simple criatura, sin llegar a la unión personal, parece estar sumergida totalmente en aquella inaccesible luz, en aquel fuego que purificó los labios del profeta Isaías, y en el cual se abrasan los serafines. Así que de muy diferente modo mereció María no sólo ser rozada ligeramerte por el sol divino, sino más bien ser cubierta con él por todas partes, ser bañada alrededor y COMO encerrada en el mismo fuego. Candidísimo es, a la verdad, pero y también calidísimo el vestido de esta mujer, de quien todas las cosas se ven tan excelentemente iluminadas, que no es lícito sospechar en ella nada, no digo tenebroso, pero ni oscuro en algún modo siquiera o menos lúcido, ni tampoco algo que sea tibio o no lleno de fervor.

4. Igualmente, toda necedad está muy debajo de sus pies, para que por todos modos no se cuente María en el número de las mujeres necias ni en el coro de las vírgenes fatuas. Antes bien, aquel único necio y príncipe de toda la necedad que, mudado verdaderamente como la luna, perdió la sabiduría en su hermosura, conculcado y quebrantado bajo los pies de María, padece una miserable esclavitud. Sin duda, ella es aquella mujer prometida otro tiempo por Dios para quebrantar la cabeza de la serpiente antigua con el pie de la virtud, a cuyo calcaño puso asechanzas en muchos ardides de su astucia, pero en vano, puesto que ella sola quebrantó toda la herética perversidad. 
Uno decía que no había concebido a Cristo de la substancia de su carne; otro silbaba que no había dado a luz al niño, sino que le había hallado; otro blasfemaba que, a lo menos, después del parto, había sido conocida de varón; otro, no sufriendo que la llamasen Madre de Dios, reprendía impiísimamente aquel nombre grande, Theocotos, que significa la que díó a luz a Dios. Pero fueron quebrantados los que ponían asechanzas, fueron conculcados los engañadores, fueron confutados los usurpadores y la llaman bienaventurada todas las generaciones. Finalmente, luego que dió a luz, puso asechanzas el dragón por medio de Herodes, para apoderarse del Hijo que nacía y devorarle, porque había enemistades entre la generación de la mujer y la del dragón.

5. Mas ya, si parece que más bien se debe entender la Iglesia en el nombre de luna, poi, cuanto no resplandece de suyo, sino que aquel Señor que dice: Sin mí nada podéis hacer, tendremos entonces evidentemente expresada aquí aquella mediadora de quien poco ha os he hablado. Apareció una mujer, dice San Juan, vestida del sol, y la luna debajo de sus pies . Abracemos las plantas de María, hermanos míos, y postrémonos con devotísimas súplicas a aquellos pies bienaventurados. Retengámosla y no la dejemos partir hasta que nos bendiga, porque es poderosa. Ciertamente, el vellocino colocado entre el rocío y la era, y la mujer entre el sol y la luna, nos muestran a María, colocada entre Cristo y la Iglesia. Pero acaso no os admira tanto el vellocino saturado de rocío como la mujer vestida del sol, porque si bien es grande la conexión entre la mujer y el sol con que está vestida, todavía resulta más sorprendente la adherencia que hay entre ambos. 
Porque ¿cómo en medio de aquel ardor tan vehemente pudo subsistir una naturaleza tan frágil? Justamente te admiras, Moisés santo, y deseas ver más de cerca esa estupenda maravilla; mas para conseguirlo debes quitarte el calzado y despojarte enteramente de toda clase de pensamientos carnales. Iré a ver, dice, esta gran maravilla . Gran maravilla, ciertamente, una zarza ardiendo sin quemarse, gran portento una mujer que queda ilesa estando cubierta con el sol. No es de la naturaleza de la zarza el que esté cubierta por todas partes de llamas y permanezca con todo eso sin quemarse; no es poder de mujer el sostener un sol que la cubre. No es de virtud humana, pero ni de la angélica seguramente. Es necesaria otra más sublime. El Espíritu Santo, dice, sobrevendrá en ti. Y como si respondiese ella: Dios es espíritu y nuestro Dios es un fuego que consume. La virtud, dice, no la mía, no la tuya, sino la del Altísimo, te hará sombra. No es maravilla, pues, que debajo de tal sombra sostenga también una mujer vestido tal.

6. Una mujer, dice, cubierta con el sol. Sin duda cubierta de luz como de un vestido. No lo percibe acaso el carnal: sin duda es cosa espiritual, necedad le parece. No parecía así al Apóstol, quien decía: Vestíos del Señor Jesucristo.¡Cuán familiar de El fuiste hecha, Señora! ¡Cuán próxima, más bien, cuán íntima mereciste ser becha! ¡ Cuánta gracia hallaste en Dios !En ti está y tú en El; a El le vistes y eres vestida por El. Le vistes con la substancia de la carne y El te viste con la gloria de la majestad suya. Vistes al sol de una nube y eres vestida tú misma de un sol. Porque una cosa nueva hizo Dios sobre la tierra, y fué que una mujer rodease a un varón, que no es otro que Cristo, de quien se dice: He ahí un varón; Oriente es su nombre; una cosa nueva hizo también en el cielo, y fué que apareciese una mujer cubierta con el sol. Finalmente, ella le coronó y mereció también ser coronada por El. Salid, hijas de Sión, y ved al rey Salomón en la diadema con que le coronó su Madre. Pero esto para otro tiempo. Entre tanto, entrad, más bien, y ved a la reina en la diadema con que la coronó su Hijo.

7. En su cabeza, dice, tenía una corona de doce estrellas. Digna, sin duda, de ser coronada con estrellas aquella cuya cabeza, brillando mucho más lucidamente que ellas, más bien las adornará que será por ellas adornada. ¿Qué mucho que coronen los astros a quien viste el sol? Como en los días de primavera, dice, la rodeaban las flores de los rosales y las azucenas de los valles. Sin duda la mano izquierda del Esposo está puesta bajo de su cabeza y ya su diestra la abraza. ¿Quién apreciará estas piedras? ¿Quién dará nombre a estas estrellas con que está fabricada la diadema real de María? 

Sobre la capacidad del hombre es dar idea de esta corona y explicar su composición. Con todo eso, nosotros, según nuestra cortedad, absteniéndonos del peligroso examen de los secretos, podremos acaso sin inconveniente entender en estas doce estrellas doce prerrogativas de gracias con que María singularmente está adornada. Porque se encuentran en María prerrogativas del cielo, prerrogativas del cuerpo y prerrogativas del corazón; y si este ternario se multiplica por cuatro, tenernos quizá las doce estrellas con que la real diadema de María resplandece sobre todos. Para mí brilla un singular resplandor, primero, en la generación de María; segundo, en la salutación del ángel; tercero, en la venida del Espíritu Santo sobre ella; cuarto, en la indecible concepción del Hijo de Dios. Así, en estas mismas cosas también resplandece un soberano honor, por haber sido ella la primiceria de la virginidad , por haber sido fecunda sin corrupción, por haber estado encinta sin opresión, por haber dado a luz sin dolor. No menos también con un especial resplandor brillan en María la mansedumbre del pudor, la devoción de la humildad, de magnanimidad de la fe, el martirio del corazón. Cuidado vuestro será mirar con mayor diligencia cada una de estas cosas. Nosotros habremos satisfecho, al parecer, si podemos indicarlas brevemente.

8. ¿Qué es, pues, lo que brilla, comparable con las estrellas, en la generación de María? Sin duda el ser nacida de reyes, el ser de sangre de Abraharn., el ser de la generosa prosapia de David. Si esto parece poco, añade que se sabe fué concedida por el cielo a aquella geeración por el privilegio singular de santidad, que mucho antes fué prometida por Dios a estos mismos Padres, que fué prefigurada con rnisteriosos prodigios, que fué prenunciada con oráculos proféticos. Porque a esta misma señalaba anticipadamente la vara sacerdotal cuando floreció sin raíz, a ésta el vellocino de Gedeón cuándo en medio de la era seca se humedeció, a ésta la puerta oriental en la visión de Ezequiel, la cual para ninguno estuvo patente jamás. Esta era, en fin, la que Isaías, más claramente que todos, ya la prometía como vara que había de nacer de la raíz de Jesé, ya, más manifíestamente, corno virgen que había de dar a luz. 
Con razón se escribe que este prodigio grande había aparecido en el cielo, pues se sabe haber sido prometido tanto antes por el cielo. El Señor dice: El mismo os dará un prodigio. Ved que concebirá una virgen. Grande prodigio dió, a la verdad, porque también es grande el que le dió. ¿En qué vista no reverbera con la mayor vehemencia el brillo resplandeciente de esta prerrogativa? Ya, en haber sido saludada por el ángel tan reverente y obsequiosamente, que podía parecer que la miraba ya ensalzada con el solio real sobre todos los órdenes de los escuadrones celestiales y que casi iba a adora a una mujer el que solía hasta entonces ser adorado gustosamente por los hombres, se nos recomienda el excelentísimo mérito de nuestra Virgen y su gracia singular.

9. No menos resplandece aquel nuevo modo de concepción, por el cual, no en la iniquidad, como las demás mujeres, sino sobreviniendo el Espíritu Santo, sola María concibió y de sola la santificación. Pero el haber engendrado ella al verdadero Dios y verdadero Hijo de Dios, para que uno mismo fuese Hijo de Dios y de los hombres y uno absolutamente, Dios y hombre, naciese de María, abismo es de luz; ni diré fácilmente que aun la vista del ángel no se ofusque a la vehemencia de este resplandor. En lo demás, evidentemente, se ilustra la virginidad por la novedad del mismo propósito de la virginidad por la novedad del mismo propósito, puesto que, elevándose en la libertad de espíritu sobre los decretos de la ley de Moisés, ofreció a Dios con voto la inmaculada santidad de cuerpo y de espíritu juntamente. Prueba la inviolable firmeza de su propósito el haber respondido tan firmemente al ángel que la prometía un hijo: ¿Cómo se hará esto, porque yo no conozco varón? 
Acaso por eso se turbó en sus palabras y pensaba qué salutación sería ésta, porque había oído que la llamaban bendita entre las mujeres la que siempre deseaba ser bendita entre las vírgenes. Y desde aquel punto, ciertamente, pensaba qué salutación sería ésta, porque ya parecía ser sospechosa. Mas luego que en la promesa de un hijo aparecía el peligro manifiesto de la virginidad, ya no pudo disimular más ni dejar de decir: ¿Cómo se hará esto, porque yo no conozco varón? Por tanto, con razón mereció aquella bendición y no perdió ésta, para que así sea mucha más gloriosa la virginidad por la fecundidad y la fecundidad por la virginidad y parezcan ilustrarse mutuamente estos dos astros con sus rayos. Pues el ser virgen cosa grande es, pero ser virgen madre, por todos modos es mucho más. Con razón también sola ella no sintió aquel molestísimo tedio con que todas las mujeres embarazadas son afligidas, pues ella sola concibió sin libidinoso deleite. Por lo cual, en el mismo principio de la concepción, cuando principalmente son afligidas miserablemente las demás mujeres, María con toda presteza sube a las montañas para asistir a Isabel. Subió también a Belén, estando ya cercano el parto, llevando aquel preciosísimo depósito, llevando aquel peso dulce, llevando a quien la llevaba. Así también, en el mismo parto, de cuánto esplendor es el haber dado a luz con un gozo nuevo la nueva prole, siendo sola ella entre las mujeres ajena de la común maldición y del dolor de las que dan a luz. Si el precio de las cosas se ha de juzgar por lo raro de ellas, nada se puede hallar más raro que éstas. Puesto que en todas ellas ni se vió tener primera semejante ni segunda. De todo esto, si fielmente lo miramos, sin duda concebiremos admiración; pero y veneración también, devoción y consolación.

10. Mas lo que todavía resta considerar pide imitación. No es para nosotros el ser antes del nacimiento prometidos prodigiosamente de tantos y tan varios modos ni el ser prenunciados desde el cielo, ni tampoco el ser honrados por el arcángel Gabriel con los obsequios de tan nueva salutación. Mucho menos nos comunican las otras dos cosas a nosotros; ciertamente su secreto es para sí. Porque sola ella es de quien se dice: Lo que en ella ha nacido es del Espíritu Santo. Sola ella es a quien se dice: Lo santo que nacerá de ti se llamará Hijo de Dios . Sean ofrecidas al Rey las vírgenes, pero después de ella, porque ella sola reserva para sí la primacía. Mucho más, ella sola concibió al hijo sin corrupción, le llevó sin opresión, le dió a luz sin dolor. Así, nada de esto se exige de nosotros, pero, ciertamente, se exige algo. Porque por ventura, si también nos falta a nosotros la mansedumbre del pudor, la humildad del corazón, la magnanimidad de la fe, la compasión del ánimo, ¿excusará nuestra negligencia la singularidad de estos dones? Agraciada piedra en la diadema, estrella resplandeciente en la cabeza es el rubor en el semblante del hombre vergonzoso. ¿Piensa acaso alguno que careció de esta gracia la que fué llena de gracias? Vergonzosa fué María. Del Evangelio lo probamos. Porque ¿en dónde se ve que fuese alguna vez locuaz, en dónde se ve que fuese presuntuosa? Solicitando hablar al hijo se estaba afuera, ni con la autoridad que tenía de madre interrumpió el sermón o se entró por la habitación en que el hijo estaba hablando. 
En toda la serie, finalmente, de los cuatro Evangelios (si bien me acuerdo) no se oye hablar a María sino cuatro veces. La primera al ángel, pero cuando ya una y dos veces la había él hablado; la segunda a Isabel, cuando la voz de su salutación hizo saltar de gozo a Juan en el vientre; y, alabando ,entonces Isabel a María, cuidó ella más bien de alabar al Señor; la tercera al Hijo, cuando era ya de doce años, porque ella misma y su padre le habían buscado llenos de dolor; la cuarta, en las bodas, al Hijo y a los ministros. Y estas palabras, sin duda, fueron índice certísimo de su congénita mansedumbre y vergüenza virginal. Puesto que, reputando suyo el empacho de otros, no pudo sufrir, no pudo disimular que les faltase vino. A la verdad, luego que fué increpada por el Hijo, como mansa y humilde de corazón, no respondió, mas ni con todo eso desesperó, avisando a los ministros que hiciesen lo que El les dijese.

11. Y después de haber nacido Jesús en la cueva de Belén, ¿acaso no leemos que vinieron los pastores y encontraron la primera de todos a María? Hallaron, dice el evangelista, a María y a José, y al infante puesto en el pesebre. También los Magos, si hacemos memoria, no, sin María su Madre encontraron al Niño, y cuando ella introdujo en el templo del Señor al Señor del templo, muchas cosas ciertamente oyó a Simeón, así relativas a Jesús como a sí misma, pero, como siempre, mostróse tarda en hablar y solícita en escuchar. María conservaba todas estas palabras, ponderándolas en su corazón; y en todas estas circunstancias no profieren sus labios una sola palabra acerca del sublime misterio de la encarnación del- Señor. 
¡Ay de nosotros, que parece tenemos el espíritu en las narices! ¡Ay de nosotros, que echamos afuera todo nuestro espíritu, y que, según aquello del cómico , llenos de hendiduras nos derramamos por todas partes! ¡Cuántas veces oyó María a su Hijo, no sólo hablando a las turbas en parábolas, sino descubriendo aparte a sus discípulos el misterio del reino de Dios! ¡Vióle haciendo prodigios, vióle pendiente de la cruz, vióle expirando, vióle cuando resucitó, vióle, en fin, ascendiendo a los cielos! Y en todas estas circunstancias, ¿cuántas veces se menciona haber sido oída la voz de esta pudorosísima Virgen, cuántas el arrullo de esta castísima y mansísima tórtola? Ultimamente leemos en los Actos de los Apóstoles que los discípulos, volviendo del monte Olivete, perseveraban unánimemente en la oración. 
¿Quiénes? Hallándose presente allí María, parece obvio que debía ser nombrada la primera, puesto que era superior a todos, así por la prerrogativa de su divina maternidad como por el privilegio de su santidad. Pedro y Andrés, dice, Santiago y Juan, y los demás que se siguen. Todos los cuales perseveraban juntos en oración con las mujeres, y con María, la madre de Jesús . Pues ¿qué?, ¿se portaba acaso María como la última de las mujeres, para que se la pusiese en el postrer lugar? Cuando los discípulos, sobre los cuales aún no había bajado el Espíritu Santo, porque Jesús no había sido aún glorificado, suscitaron entre sí la contienda acerca de la primacía en el reino de Cristo, obraron guiados por miras humanas; todo al revés lo hizo María, pues siendo la mayor de todos y en todo, se humilló en todo y más que todos. Con razón, pues, fué constituída la primera de todos, la que siendo en realidad la más excelsa escogía para sí el último lugar. Con razón fué hecha Señora de todos la que se portaba como sierva de todos. Con razón, en fin, fué ensalzada sobre todos los coros de los ángeles la que con inefable mansedumbre se abatía a sí misma debajo de las viudas y penitentes, y aun debajo de aquella de quien habían sido lanzados siete demonios. Ruégoos, hijos amados, que imitéis esta virtud; si amáis a María, si anheláis agradarla, imitad su modestia. NADA DICE TAN BIEN AL HOMBRE, nada es tan conveniente al cristiano y nada es tan decente al monje en especial.

12. Y sin duda que bastante claramente se deja ver en la Virgen, por esta misma mansedumbre, la virtud de la humildad con la mayor brillantez. Verdaderamente, colactáneas son la mansedumbre y la humildad, confederadas más íntimamente en aquel Señor que decía: Aprended de mí, que soy manso y humilde de corazón. Porque así como la altivez es madre de la presunción así la verdadera mansedumbre no procede sino de la verdadera humildad. Mas ni sólo en el silencio de María se recomienda su humildad, sitio que resuena todavía más elocuentemente en sus palabras. Había oído: Lo santo que nacerá de ti se llamará Hijo de Dios, y no responde otra cosa sino que es la sierva de El. De aquí llega la visita a Isabel, y al punto se le revela a ésta por el espíritu la singular gloria de la Virgen. 
Finalmente, admiraba la persona de quien venía, diciendo: ¿De dónde a mí esto, que venga a mi casa la madre de mi Señor? Ensalzaba también la voz de quien la saludaba, añadiendo: Luego que sonó la voz de tu salutación en mis oídos saltó de gozo el infante en mi vientre. Y alababa la fe de quien había creído diciendo: Bienaventurada tú que has creído, porque en tí serán cumplidas las cosas que por el Señor se te han dicho. Grandes elogios, sin duda, pero también su devota humildad, no queriendo retener nada para sí, más bien lo atribuye todo a aquel Señor cuyos beneficios se alababan en ella. Tú, dice, engrandeces a la Madre del Señor, pero mi alma engrandece al Señor. Dices que a mi voz saltó de gozo el párvulo, pero mí espíritu se 1lenó de gozo en Dios, que es mi salud, y éI mismo también, como amigo del Esposo, se llena de gozo a la voz del Esposo. Bienaventurada me llamas porque he creído, pero la causa de mi fe y de mi dicha es haberme mirado la piedad suprema, a fin de que por eso me llamen bienaventurada las naciones todas, porque se dignó Dios mirar a esta su sierva pequeña y humilde.

13. Sin embargo, ¿creéis acaso, hermanos, que Santa Isabel errase en lo que, iluminada por el Espíritu Santo, hablaba? De ningún modo. Bienaventurada ciertamente era aquella a quien miró Dios, y bienaventurada la que creyó, porque su fe fué el fruto sublime que produjo en ella la vista de Dios. Pues por un inefable artificio del Espíritu Santo, a tanta humildad se juntó tanta magnanimidad en lo íntimo del corazón virginal de María, para que (como dijimos antes de la integridad y fecundidad) se volvieran igualmente estas dos estrellas más claras por la mutua correspondencia, porque ni su profunda humildad disminuyó su magnanimidad ni su excelsa magnanimidad amenguó su humildad, sino que, siendo en su estimación tan humilde, era no menos magnánima en la creencia de la promesa, de suerte que aunque no se reputaba a sí misma otra cosa que una pequeña sierva, de ningún modo dudaba que había sido escogida para este incomprensible misterio, para este comercio admirable, para este sacramento inescrutable, y creía firmemente que había de ser luego verdadera madre del que es Dios y hombre. 
Tales son los efectos que en los corazones de los escogidos causa la excelencia de la divina gracia, de forma que ni la humildad los hace pusilánimes ni la niagnanimidad arrogantes, sino que estas dos virtudes más bien se ayudan mutuamente, para que no sólo ninguna altivez se introduzca por la magnanimidad, sino que por ella principalmente crezca la humildad; con esto se vuelven ellos mucho más timoratos y agradecidos al dador de todas las gracias y al propio tiempo evitan que tenga entrada alguna en su alma la pusilanimidad con ocasión de la humildad, porque cuanto menos suele presumir cada uno de su propia virtud, aún en las cosas mínimas, tanto más en cualesquiera cosas grandes confía en la virtud divina.

14. El martirio de la Virgen ciertamente (que entre las estrellas de su diadema, si os acordáis, nombramos la duodécima) está expresado así en la profecía de Simeón como en la historia de la pasión del Señor. Está puesto éste, dice Simeón al párvulo Jesús, como blanco, al que contradecirán, y a tu misima alma (decía a María) traspasará la espada. Verdaderamente, ¡oh madre bienaventurada!, traspasó tu alma la espada. Ni pudiera ella penetrar el cuerpo de tu hijo sin traspasarla. Y, ciertamente, después que expiró aquel tu Jesús (de todos, sin duda,pero especialmente tuyo) no tocó su alma la lanza cruel que abrió (no perdonándole aun muerto, a quien ya no podía dañar) su costado, pero traspasó seguramente la tuya. Su alma ya no estaba allí, pero la tuya, ciertamente, no se podía de allí arrancar. Tu alma, pues, traspasó la fuerza del dolor, para que no sin razón te prediquemos más que mártir, habiendo sido en ti mayor el afecto de compasión que pudiera ser el sentido de la pasión corporal.

15. ¿Acaso no fue para ti más que espada aquella palabra que traspasaba en la realidad el alma que llegaba hasta la división del alma y del espíritu: Mujer, mira tu, hijo? .i Oh trueque! Te entregan a Juan en lugar de Jesús, el siervo en lugar del Señor, el discípulo en lugar del Maestro, el hijo del Zebedeo en lugar del Hijo de Dios, un hombre puro en lugar del Dios verdadero. ¿Cómo no traspasaría tu afectuosísima alma el oír esto, cuando quiebra nuestros pechos, aunque de piedra, aunque de hierro, sola la memoria de ello? No os admiréis, hermanos, de que sea llamada María mártir en el alma. Admírese el que no se acuerde haber oído a Pablo contar entre los mayores crímenes de los gentiles el haber vivido sin tener afecto. Lejos estuvo esto de las entrañas de María, lejos esté también de sus humildes siervos. Mas acaso dirá alguno: ¿Por ventura no supo anticipadamente que su Hijo había de morir? Sin duda alguna. ¿Por ventura no esperaba que luego había de resucitar? Con la mayor confianza. 
Y a pesar de esto, ¿se dolió de verle crucificado? Y en gran manera. Por lo demás, ¿quién eres tú, hermano, o qué sabiduría es la tuya, que admiras más a María compaciente que al Hijo de María paciente? El pudo morir en el cuerpo, ¿y María no pudo morir juntamente en el corazón? Realizó aquello una caridad superior a toda otra caridad; también hizo esto una caridad que después de aquélla no tuvo par ni semejante. 

Y ahora, ¡oh Madre de misericordia!, postrada humildemente a tus pies, como la luna, te ruega la Iglesia con devotísimas súplicas que, pues estás constituída mediadora entre ella y el Sol de justicia, por aquel sincerísimo afecto de tu alma le alcances la gracia de que en tu luz llegue a ver la luz de ese resplandeciente Sol, que te amó verdaderamente más que a todas las demás criaturas y te adornó con las más preciosas galas de la gloria, poniendo en tu cabeza la corona de hermosura. Llena estás de gracia, llena del celestial rocío, sustentada por el amado y rebosando en delicias. Alimenta hoy, Señora, a tus pobres; los mismos cachorrillos también coman de las migajas que caen de la mesa de su Señor; no sólo al criado de Abrahám, sino también a sus camellos dales de beber de tu copiosa cántara de agua, porque tú eres verdaderamente aquella doncella anticipadamente elegida y preparada para desposarse con el Hijo del Altísimo, el cual es sobre todas cosas Dios bendito por los siglos de los siglos. Amén.


AMDG et DVM