martedì 17 dicembre 2013

“Dio è vicino” ma noi siamo spesso lontani. - Il senso della Chiesa parrocchiale


OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
III Domenica di Avvento, 12 dicembre 2010




Cari fratelli e sorelle della Parrocchia di San Massimiliano Kolbe! Vivete con impegno il cammino personale e comunitario nel seguire il Signore. L’Avvento è un forte invito per tutti a lasciare entrare sempre di più Dio nella nostra vita, nelle nostre case, nei nostri quartieri, nelle nostre comunità, per avere una luce in mezzo alle tante ombre, alle tante fatiche di ogni giorno. 

Cari amici! Sono molto contento di essere in mezzo a voi, oggi, per celebrare il Giorno del Signore, la terza domenica dell'Avvento, domenica della gioia. Saluto cordialmente il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro Parroco, che ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, e il Vicario parrocchiale. Saluto quanti sono attivi nell’ambito della Parrocchia: i catechisti, i membri dei vari gruppi, come pure i numerosi aderenti al Cammino Neocatecumenale. Apprezzo molto la scelta di dare spazio all’adorazione eucaristica, e vi ringrazio delle preghiere che mi riservate davanti al Santissimo Sacramento. Vorrei estendere il mio pensiero a tutti gli abitanti del quartiere, specialmente agli anziani, ai malati, alle persone sole e in difficoltà. Tutti e ciascuno ricordo in questa Messa.


Ammiro insieme con voi questa nuova chiesa e gli edifici parrocchiali e con la mia presenza desidero incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che siete voi stessi. Conosco le tante e significative opere di evangelizzazione che state attuando. Esorto tutti i fedeli a dare il proprio contributo per l’edificazione della comunità, in particolare nel campo della catechesi, della liturgia e della carità – pilastri della vita cristiana – in comunione con tutta la Diocesi di Roma. Nessuna comunità può vivere come una cellula isolata dal contesto diocesano; deve essere invece espressione viva della bellezza della Chiesa che, sotto la guida del Vescovo – e, nella Parrocchia, sotto la guida del Parroco che ne fa le veci –, cammina in comunione verso il Regno di Dio. Rivolgo uno speciale pensiero alle famiglie, accompagnandolo con l’augurio che esse possano pienamente realizzare la propria vocazione all’amore con generosità e perseveranza. Anche quando dovessero presentarsi difficoltà nella vita coniugale e nel rapporto con i figli, gli sposi non cessino mai di rimanere fedeli a quel fondamentale “sì” che hanno pronunciato davanti a Dio e vicendevolmente nel giorno del matrimonio, ricordando che la fedeltà alla propria vocazione esige coraggio, generosità e sacrificio.

La vostra comunità comprende al proprio interno molte famiglie venute dall’Italia centrale e meridionale in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita. Col passare del tempo, la comunità è cresciuta e si è in parte trasformata, con l’arrivo di numerose persone dai Paesi dell’Est europeo e da altri Paesi. Proprio a partire da questa situazione concreta della Parrocchia, sforzatevi di crescere sempre più nella comunione con tutti: è importante creare occasioni di dialogo e favorire la reciproca comprensione tra persone provenienti da culture, modelli di vita e condizioni sociali differenti. Ma occorre soprattutto cercare di coinvolgerle nella vita cristiana, mediante una pastorale attenta ai reali bisogni di ciascuno. Qui, come in ogni Parrocchia, occorre partire dai “vicini” per giungere fino ai “lontani”, per portare una presenza evangelica negli ambienti di vita e di lavoro. Tutti devono poter trovare in Parrocchia cammini adeguati di formazione e fare esperienza di quella dimensione comunitaria che è una caratteristica fondamentale della vita cristiana. In tal modo saranno incoraggiati a riscoprire la bellezza di seguire Cristo e di fare parte della sua Chiesa.

Sappiate, dunque, fare comunità con tutti, uniti nell’ascolto della Parola di Dio e nella celebrazione dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia. A questo proposito, la verifica pastorale diocesana in atto, sul tema “Eucaristia domenicale e testimonianza della carità”, è un’occasione propizia per approfondire e vivere meglio queste due componenti fondamentali della vita e della missione della Chiesa e di ogni singolo credente, cioè l’Eucaristia della domenica e la pratica della carità. Riuniti attorno all’Eucaristia, sentiamo più facilmente come la missione di ogni comunità cristiana sia quella di portare il messaggio dell’amore di Dio a tutti gli uomini. Ecco perché è importante che l’Eucaristia sia sempre il cuore della vita dei fedeli. Vorrei anche dirigere una speciale parola di affetto e di amicizia a voi, cari ragazzi e giovani che mi ascoltate, e ai vostri coetanei che vivono in questa Parrocchia. La Chiesa si aspetta molto da voi, dal vostro entusiasmo, dalla vostra capacità di guardare avanti e dal vostro desiderio di radicalità nelle scelte di vita. Sentitevi veri protagonisti nella Parrocchia, mettendo le vostre fresche energie e tutta la vostra vita a servizio di Dio e dei fratelli.

Cari fratelli e sorelle, accanto all’invito alla gioia, la liturgia odierna – con le parole di san Giacomo che abbiamo sentito - ci rivolge anche quello ad essere costanti e pazienti nell’attesa del Signore che viene, e ad esserlo insieme, come comunità,  evitando lamentele e giudizi (cfr Gc 5,7-10).

Abbiamo sentito nel Vangelo la domanda del Battista che si trova in carcere; il Battista, che aveva annunciato la venuta del Giudice che cambia il mondo, e adesso sente che il mondo rimane lo stesso. Fa chiedere, quindi, a Gesù: “Sei tu quello che deve venire? O dobbiamo aspettare un altro? Sei tu o dobbiamo aspettare un altro?”. Negli ultimi due, tre secoli molti hanno chiesto: “Ma realmente sei tu? O il mondo deve essere cambiato in modo più radicale? Tu non lo fai?”. E sono venuti tanti profeti, ideologi e dittatori, che hanno detto: “Non è lui! Non ha cambiato il mondo! Siamo noi!”. Ed hanno creato i loro imperi, le loro dittature, il loro totalitarismo che avrebbe cambiato il mondo. E lo ha cambiato, ma in modo distruttivo. Oggi sappiamo che di queste grandi promesse non è rimasto che un grande vuoto e grande distruzione. Non erano loro.

E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni”.

Cominciamo qui, nella nostra Parrocchia: San Massimiliano Kolbe, che si offre di morire di fame per salvare un padre di famiglia. Che grande luce è divenuto lui! Quanta luce è venuta da questa figura ed ha incoraggiato altri a donarsi, ad essere vicini ai sofferenti, agli oppressi! Pensiamo al padre che era per i lebbrosi Damiano de Veuster, il quale è vissuto ed è morto con e per i lebbrosi, e così ha portato luce in questa comunità. Pensiamo a Madre Teresa, che ha dato tanta luce a persone, che, dopo una vita senza luce, sono morte con un sorriso, perché erano toccate dalla luce dell’amore di Dio.

E così potremmo continuare e vedremmo, come il Signore ha detto nella risposta a Giovanni, che non è la violenta rivoluzione del mondo, non sono le grandi promesse che cambiano il mondo, ma è la silenziosa luce della verità, della bontà di Dio che è il segno della Sua presenza e ci dà la certezza che siamo amati fino in fondo e che non siamo dimenticati, non siamo un prodotto del caso, ma di una volontà di amore.

Così possiamo vivere, possiamo sentire la vicinanza di Dio. “Dio è vicino”, dice la Prima Lettura di oggi, è vicino, ma noi siamo spesso lontani. Avviciniamoci, andiamo alla presenza della Sua luce, preghiamo il Signore e nel contatto della preghiera diventiamo noi stessi luce per gli altri.

E questo è proprio anche il senso della Chiesa parrocchiale: entrare qui, entrare in colloquio, in contatto con Gesù, con il Figlio di Dio, così che noi stessi diventiamo una delle più piccole luci che Lui ha acceso e portiamo luce nel mondo che sente di essere redento.
Il nostro spirito deve aprirsi a questo invito e così camminiamo con gioia incontro al Natale, imitando la Vergine Maria, che ha atteso nella preghiera, con intima e gioiosa trepidazione, la nascita del Redentore. Amen!

MENSAJES DEL PADRE PÍO A UN ALMA

MENSAJES DEL PADRE PÍO A UN ALMA



El Padre Pío, durante su vida, se aparecía a muchos por bilocación. Después de su muerte continúa manifestándose a ciertas personas.

Últimamente se ha aparecido a un alma privilegiada.

El Padre Pío estaba rodeado por una luz maravillosa, en medio de flores y circundado de Ángeles. Sus llagas eran luminosas, pero sobre todo la llaga del costado. Sobre el pecho tenía una Cruz, pero sin Crucificado. El Crucificado era el mismo Padre Pío.

En seguida, le trasmitió un MENSAJE que dice así:



Querido hermano… escribe

¡No tengas miedo! ¡Soy el Padre Pío!

¡Viva eternamente Cristo, Rey y Señor de todo el universo!

Desde el trono de mi gloria, te hago llegar mi palabra, mientras estás en el mar tempestuoso de la vida humana, que se debate y nada en el estiércol de toda clase de inmundicias.

Yo, Padre Pío, amante de Jesús Crucificado, copia viviente de su vida crucificada, tengo el permiso de comunicarte todo lo que me sucedió apenas expirado.

El Omnipotente Dios; justísimo y amabilísimo, permitió que mi alma permaneciese todavía tres días en el globo terráqueo, a los píes del Tabernáculo, para reparar todas las irreverencias que se habían cometido en el lugar santo de Dios, a causa de mi presencia atendiendo la gente.

El haber quedado tres días a los pies del Tabernáculo no significa pérdida de la santidad que la infinita bondad de Dios tuvo a bien concederme.

En el momento de mi tránsito, comprendí a la luz de Dios, la necesidad de un acto completo de reparación por todas las almas que, durante tantos años, cometieron por mi causa muchas faltas de reverencia delante del Santísimo. Sacramento..

El alma enamorada de Dios, conociendo a la luz del Sol Eterno que se aproxima la belleza de Dios, se precipita por si misma a dar al Señor el último testimonio de amor y reparación. Por lo tanto no hay que maravillarse por aquellos tres días de reparación. Al mismo tiempo fui hallado digno de ser semejante a Cristo hasta en el ingreso en la fulgente gloria que me esperaba. ¿No permaneció Cristo tres días y tres noches en el sepulcro? El cuerpo virginal de nuestra dulcísima Madre Inmaculada, ¿acaso no quedó en la tierra tres días y tres noches? Inescrutables designios de Dios que la razón humana no puede comprender!

Durante ese tiempo, el alma Santísima de Jesús gozaba de la gloria beatífica de la Divinidad en el seno de su Padre Celestial; en cambio para mí, los tres días pasados al pie del Tabernáculo fueron bastante penosos.

Después, el alma emprendió su vuelo, deteniéndose en las mansiones de la gloria para contemplar toda la grandeza de un Dios Omnipotente. Luego franqueé el último umbral donde el alma abismada, contempla todos los arcanos que se gozan en el Paraíso.

No hablo del gran premio que he merecido por tantos sufrimientos soportados en la tierra, pues, si me fuera posible, hubiera preferido quedarme en la tierra para sufrir hasta el fin del mundo para reparar por la gran Majestad de Dios tan ultrajada y para poder salvar todavía más almas.

¡Oh almas negligentes.. .valorad vuestra existencia! ¡Haced de ella un gran tesoro para la vida eterna!

Pero mi misión continuará todavía.. No permaneceré inactivo. Acompañaré a las almas que me fueron queridas y vigilaré a las que vacilen en la Fe. Estaré con vosotros mientras así lo disponga la Divina Voluntad.

¡Invocadme en vuestros momentos penosos, en el tempestuoso valle de lágrimas! Os ayudaré y os asistiré para que no vacile vuestra Fe y deis gloria al Señor que os ha creado de la nada.

En el Cielo estoy en constante coloquio con Dios para salvar las almas, pero especialmente recurro a la Reina del Cielo y de la tierra junto a Nuestra Señora, desempeño mi misión… Es tiempo de gran corrupción en el mundo, pero es también tiempo de gran Misericordia por parte de Dios, que sigue esperando que sean utilizados sus méritos infinitos.



* * * * 

“Te he dicho que hice mi Purgatorio al pie del Tabernáculo. Esta ha sido la voluntad del Señor. Habría podido hacerlo más prolongado y de distinto modo.

Mi Purgatorio lo hice en vida sobre la tierra, signado con las llagas de Jesús Crucificado y con el alma continuamente en penosa congoja, semejante a la que padeció Jesús en la Cruz en su dolorosa agonía. He podido vivir tanto, gracias a la asistencia que me proporcionaba el Señor.

¿Quieres saber cuál es mi gloria? Sólo puedes formarte de ello una pálida idea.

Hay gozos paradisíacos que se descubren siempre de nuevo, y uno queda siempre extasiado..: Pero no hay para todos la misma gloria… El alma que ha amado más, que ha sufrido más y que se mantuvo en la verdadera pureza, esa alma es capaz de saborear mucho mejor el misterio incomparable de la Celestial Jerusalén.

Yo me hallo junto a mi querido Padre Francisco, rodeado de Querubines y Serafines que entonan el himno del amor y de la gloria.

En el mundo se vive sin Fe, o tal vez con Fe lánguida..

Los que están más cerca del Señor Podrían trabajar más y embellecer su alma con jugos vitales..

¡Dichosas las almas que, como industriosas abejas, llegan a alcanzar la meta celestial con la corona bien formada sobre su cabeza!

Mientras tanto, en el mundo sólo se piensa en gozar y se peca mucho. Hay amenazas por parte de Dios que se van a cumplir inexorablemente!! Toda la Corte celestial adora a la Omnipotencia Divina y le suplica que se aplaque. Por eso mismo… rogad todos y ofreced sacrificios!”



“Todos dicen: ¡Ha muerto el P. Pío ! ¡Ha muerto el Padre Pío!

Mas ¿cómo puede llamarse “muerto” al que ha alcanzado la verdadera vida, la eternidad?

El alma inmortal abandona sus despojos mortales, o sea el cuerpo, para gozar de la verdadera felicidad.

Muertos son los que viven alejados de Dios, sin vivir la verdadera vida, esto es; la gracia divina. El alma muerta a la gracia, viviendo en las tinieblas, tiene su cuerpo como un cadáver ambulante, sin consistencia esencial. Toda la vida que anima al cuerpo es la sustancia real emanada de la vida del alma. De ahí que el título de muerte”, para los seguidores de Cristo, es absurdo. Se debería llamar “tránsito” “viaje a la casa paterna”.

En el mundo se viaja mucho, llevando e! alma en el frágil vaso que la contiene. De ahí arrancan las facultades intelectuales operantes, producidas por el alma.

¡Ay de aquellos que no conocen bien lo que significa pasar de la tierra a la eternidad!

Se experimenta un gran miedo porque no se vive de la realidad vital. Por esto, se da mucha importancia a la humanidad, viviendo a medias.

¡Amad la verdadera vida que os conduce a Cristo! ¡la carne debe servir de instrumento para atesorar méritos con miras al viaje que conduce a las bodas eternas! “¡Nada de miedos!” El que sepa viajar, encontrará su triunfo…! El triunfo de haber custodiado bien el tesoro del alma inmortal en unos despojos mortales, terrestres, llamados “cuerpo”, el cual también resucitará resplandeciente al final, para gozar de la felicidad celestial. Cuanto más frenemos el cuerpo, mortificando sus fuertes pasiones y manteniéndolo en la pureza, tanto más nos servirá para obrar el bien y tanto más brillará en la feliz eternidad.

La muerte no es tal para los que hayan vivido la vida de Cristo, sino que es vida. El alma es el centro vital de todo el ser humano. Apenas deja, el cuerpo, se lanza como flecha hacia Dios, Fuente de vida para iniciar la vida sin fin… Siendo así, las almas en gracia de Dios no deben experimentar ninguna especie de terror al aproximarse la hora suprema de su encuentro con el Creador”.



* .* * *

“Muchas personas me han tenido por áspero… irascible..

¡He aquí el motivo! ¡Cuántas luchas intimas debí entablar contra el amigo del orgullo, que a veces me molestaba fuertemente y, en ciertas circunstancias propicias, me hacía obrar diversamente!

¡Pero no debemos juzgar con facilidad a un alma que humildemente ama, sirve y se sacrifica para la gloria de Dios.

“Querido hermano en Cristo y con Cristo! Te recomiendo ocuparte actualmente de cómo poder honrar siempre más a la gran Madre de Dios y Madre nuestra.

Si estuvieses en el cielo y vieras todo lo impuro que hay en el corazón del hombre, y cómo el hombre quisiera desbaratar los planes de Dios manifestados en la Redención humana por medio de María Inmaculada, tú desearías precipitarte, si te fuese posible, sobre la tierra, para manifestar al mundo la verdad infalible del Verbo Encarnado en el seno purísimo de la Virgen María, por obra y virtud del Espíritu Santo.

Sin embargo, sabiendo tú todo lo que hay en el mundo no puedes llegar a comprenderlo plenamente, por no encontrarte en el eterno esplendor de Dios.

¡Cuánta consternación y aún miedo, para expresarme de un modo humano, no deja en nosotros la Infinita Justicia de Dios, dispuesta a actuar al ver vilipendiada y ultrajada su Infinita Majestad!

Tú, querido hermano, querrías comprender cómo los Bienaventurados pueden gozar y al mismo tiempo sentir consternación y miedo: vete sabiendo que, siendo nosotros felices en el Cielo, nos vemos obligados a valernos de modos terrenos para hacernos comprender mejor.

¿No fue necesario que se humanizara el Verbo de Dios, Jesús, para salvar a la humanidad? Por lo tanto, no es nada extraño que nosotros nos manifestemos tristes y doloridos, y que podamos estar horrorizados ante la terrible desventura que afectará a toda la humanidad, contaminada con la culpa y sin posibilidad de salvación.

Los ángeles, aun siendo puros espíritus, cuando se aparecen, ¿no tornan acaso formas humanas? Todo es posible para Dios, cuando El lo quiere.

La manifestación dolorosa debe aparecer en proporción con la redención de un Dios Omnipotente, de tal modo que el hombre tome conciencia del horror que despierta en Dios su presencia tenebrosa.

Cuando el cielo está sereno y brilla el sol, el hombre se siente feliz de poder obrar cómodamente, sin encontrar obstáculos; pero cuando el cielo se presenta oscuro y amenaza con una lluvia torrencial, entonces sí que el hombre toma precauciones de defensa. . . siempre y cuando lo quiera.

¡Cuántas manifestaciones nefandas de libertinaje inmoral!

Los malvados, queriendo encubrir su corrupción, pretenden ofuscar o anular los atributos de Dios en la creación y Redención del hombre caído y luego depravado con tantas infamias.

El mundo camina en tinieblas!. No hay medio de escape! Debería ser castigado y reducido a la nada, con más razón que Sodoma y Gomorra!

No tardéis en destilar sobre las almas un poco de luz del cielo! Pero antes que nada, esta luz deberían recibirla las almas consagradas… aseglaradas…, que pretenden cambiar el Maná Celestial por las bellotas de los animales inmundos!



¿Qué sucederá en el mundo? Nuestra felicidad del Cielo está invadida por gemidos angustiosos, por cuanto todos tenemos en la tierra seres humanos que nos pertenecen.

¡Apresúrate! ¡No te detengas en reflexiones! Escribe. . . habla. . – sacude los corazones que quieren sumergirse en el barro!!!

Son, ante todo, nuestros Hermanos Consagrados los que hacen amargo el “Pan de la Vida”, por cuanto comienzan a corromper su conducta.

¡Qué trágica perspectiva!… ¡Qué Babilonia de visiones!… La hora es gravísima y serán ellos los primeros en ser envueltos en la tormenta, por cuanto a causa de ellos ocurre tanto mal en el mundo.


Pon en práctica tu programa: 

lº Manifestar al mundo el Dogma de la Inmaculada Concepción de la Virgen María;

2º Proclamar que las almas consagradas al no querer seguir las normas de la pureza y de la continencia virginal, no son dignas de permanecer en el servicio de Dios junto a los Santos Tabernáculos.

Hace falta mucha oración, un poco de penitencia, mayor unión con Jesús Eucaristía, mayor dedicación al desagravio. Se necesitan víctimas de reparación,almas Hostias, almas puras. El sufrimiento de las almas puras penetra en los Cielos.

¡Que no duerman los fieles! Preocúpense de los intereses del Creador, eviten los pasatiempos inútiles la televisión prolongada!

¡Privaciones. .. penitencia. . . celo por la gloria de Dios!!


****

“Te propongo todavía manifestar al mundo dos problemas importantes que tanto se valorizan en la Gloria Beatífica, en la cual nos encontramos. Si nos fuera dado bajar a la tierra, estaríamos dispuestos a volver a ella, para hacer méritos y llenar, cada uno de nosotros, aquellos huecos grandes y pequeños pasados inútilmente en tiempos perdidos.

Dios ha creado a los hombres, no para disiparse en el tiempo, sino para salvarse y santificarse por medio del tiempo, empleándolo para la Patria Celestial que los espera a todos.

Es la pérdida del tiempo pasado inútilmente en el pecado, lo que gradualmente arrastra al infierno. Este es el primer problema: evitar la pérdida del tiempo.

El segundo es, inculcar la necesidad de vivir en la presencia de Dios. ¡Qué importante es vivir en la presencia de Dios!

El mismo Señor dijo a Abrahán al constituirlo padre de grandes generaciones:

“¡Anda en mi presencia y sé perfecto!”

José, hijo de Jacob, invitado a cometer el mal en casa de Putifar, se rehusó a ello enérgicamente diciendo: ¿Cómo puedo yo cometer una mala acción en la presencia de mi Dios? – A consecuencia de ésto fue calumniado y recluido en una cárcel.

Pero el Señor estaba con José y lo premió, haciéndolo grato al director de la cárcel, quien le confió los demás presos que quedaron todos a sus órdenes.

Además, el Señor le premió dándole el don de profecía y así salió de la cárcel y fue constituido virrey de Egipto.

La casta Susana, invitada a pecar, al pensamiento de “¡Dios me ve!”, pronunció su “no” rotundo. Los tentadores, burlados, inventaron una calumnia y la condenaron a muerte.

El Señor quiso premiarla, y mandó al Profeta Daniel para descubrir la calumnia. Fueron condenados los acusadores de Susana y ella fue liberada de aquella inefable calumnia que debía conducirla al martirio.

¡Problemas importantísimos son éstos de los últimos tiempos, tan pecaminosos y tan llenos de escándalos! Se vive como si Dios no existiese y aquellos que conocen la existencia divina intentan huir de la mirada de Dios, a fin de ahorrarse preocupaciones en la justificación de su conducta extraviada.

Muchas almas se hartan de conocer y saber lo que yo he dicho o hecho en San Juan Rotondo, pero no logran decidirse sobre una base firme y convincente.»



“Te recomiendo insistir para hacer progresar el amor y la preocupación hacia aquel acto supremo del infinito amor que prodigó Jesús dándose a Sí mismo todo entero y sin límites a las almas.

¡Que se sienta esta gratitud hacia Jesús Eucaristía y que se ponga en práctica! El Tabernáculo es la fuente de la vida; es sostén, paz, ayuda y consuelo de las almas fatigadas!

¡Se debe ir a Jesús con verdadera fe y no por rutina como para olvidarlo cuanto antes! ‘Vivir de la fe, de aquella fe viva que eleva las almas a las cosas sublimes, en vez de sumergirse demasiado en la tierra!.

El mundo es un lugar de tránsito. Se debe saber luchar para desprenderse de las cosas fugaces.

Si las almas no se acercan con frecuencia al Fuego Eucarístico, permanecen frías, sin aliento, tibias, sin méritos. Y ¿qué consuelo puede recibir Jesús de esas almas que no tienen la fuerza de volar sobre todo lo creado?

Debemos vivir firmes en la convicción práctica de nuestra obligación de amar y servir al Señor.

¡Oh, si las almas conociesen bien y apreciasen el gran don de Dios que se quedó viviente en la tierra, cómo vivirían la vida de otro modo!

Del Tabernáculo se sacan todos los tesoros: el alma se santifica y vive transformada en Dios. Si no se experimenta hambre y sed de Dios Vivo, se vive una vida vacía, obscura, que no hace ningún progreso.”



“Se me atribuyen milagros, profecías, bilocaciones, estigmatizaciones, etc. Pero yo no fui otra cosa que un indigno instrumento del Señor. Sin la lluvia que cae del cielo la tierra no produce más que cardos y espinas.

En cierto modo, Jesús debe servirse de algún alma para demostrar al mundo su existencia y su omnipotencia. A muchas almas ha dado el Señor abundantes gracias, pero después se las retiró porque Él quiere ser correspondido. La semilla debe germinar… el terreno debe ser fértil. Solamente se necesita acoger a Dios que llama a la puerta y, si no se le abre generosamente para recibir su visita.. . pasa de largo … no se detiene a hospedarse. Exige cierta disposición que es un deber. El resto lo hace Él y sabe hacerlo bien.

Mas el alma que busca y desea la visita de Dios, tiene que apartarse del bullicio del mundo.

El buen Dios me encontró a mí….. solitario y en oración. Llamó a la puerta de mi corazón y yo lo acogí, pensando que era un deber el hospedar al Señor que me había creado.

Amar a Dios es el mayor deber de la vida, y yo lo comprendí desde niño, como lo comprenden aún muchos niños, todavía no emponzoñados por el mundo.

¡Son las familias las que tienen la puerta cerrada a ¡a luz del sol!

¡Son las familias que malgastan tiempo junto al televisor, en presencia de sus pequeñuelos! Esperan con ansia los programas interesantes sin preocuparse de los niños, que van asimilando tanto veneno en sus inocentes corazoncitos… y por esto el Señor pasa de largo!

¡Así es el tiempo presente: el paso de Dios, sin darle la oportunidad de detenerse!

Y después… ¡pobres familias que de un hogar hacen un foco de rebelión!

Yo, por la gracia de Dios, he cumplido mi jornada y creo haber cumplido con mi deber en dar al Amor todo lo que Él por amor, me ha dado a mí a lo largo de su Calvario.

¡Si supiéramos cómo resulta cien veces centuplicado por Dios todo acto, aún el más mínimo, hecho por su amor! A todos los miles de personas que acudieron a verme en San Juan Rotondo, sin reparar en incomodidades y sacrificios, les pregunto:

¿Habéis cambiado de conducta? ¿Qué frutos habéis sacado de haberos acercado a un pobre siervo de Dios? Si todos hubieseis cambiado, habríais llevado la luz al mundo. Vuestros contactos conmigo han dado escasos frutos, pues de otro modo el mundo no empeoraría constantemente.

Reflexionad: Si la semilla enterrada en el surco no muere, no echa raíces; si el hombre no muere a todas lasinclinaciones de la carne, no puede tener vida.

El hombre y la mujer, en el paraíso terrestre, no supieron luchar ni vencer en la lucha diabólica del orgullo y cayeron vencidos en las garras de Satanás. Su pecado pasó a todas las generaciones hasta el fin del mundo, y de ahí que la lucha siempre revive en el hombre, como consecuencia del pecado. Como un padre desnaturalizado, llevando una vida escandalosa, corrompe a sus propios hijos con su mal ejemplo, así Adán pervirtió al mundo.

Lo que en estos momentos te estoy anunciando, tú, querido hermano, puedes libremente referirlo, ya que es urgente que la humanidad sea sacudida y despierte. Que no duerma en el pantano de la culpa; que reconozca la omnipotencia de Dios tres veces Santo, y que de su corazón mane leche y miel en vez de odio.

Los castigos, se los procura el hombre con sus actos de rebelión contra el Dios Altísimo. El hombre, abandonado a sí mismo por parte de Dios, se encamina hacia el abismo de toda clase de perdición.”


* *

“Escribe también esto:

No se comprende bastante la importancia del alma cuando debe comparecer ante la Infinita Majestad de un Dios Juez.

Aún algunos Santos, aunque de excelsa santidad, han demorado por unos instantes su entrada en la gloria eterna a causa de algunas cositas que parecen nada a los ojos de los hombres.

¡Cada alma debe corresponder a los talentos dados por el Señor!

Te dejo oh hermano, este legado: El Crucifijo, la Eucaristía, el Corazón Inmaculado de María y las almas que hay que salvar !!!”

La preghiera era la consolazione e la difesa di san Francesco d'Assisi








1. Francesco, il servo di Cristo, vivendo nel corpo, si sentiva in esilio dal Signore e, mentre ormai all'esterno era diventato totalmente insensibile, per amore di Cristo, ai desideri della terra, si sforzava, pregando senza interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di Dio, per non rimanere privo delle consolazioni del Diletto. 


La preghiera era la sua consolazione, quando si dava alla contemplazione, e quasi fosse ormai un cittadino del cielo e un concittadino degli Angeli, con desiderio ardente ricercava il Diletto, da cui lo separava soltanto il muro del corpo.

La preghiera era anche la sua difesa, quando si dava all'azione, poiché, mediante l'insistenza nella preghiera, rifuggiva, in tutto il suo agire, dal confidare nelle proprie capacità, metteva ogni sua fiducia nella bontà divina, gettando nel Signore la sua ansietà. 
Sopra ogni altra cosa -- asseriva con fermezza -- il religioso deve desiderare la grazia dell'orazione e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio, senza di essa.

Camminando e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, restava talmente intento all'orazione da sembrare che le avesse dedicato ogni parte di se stesso: non solo il cuore e il corpo, ma anche l'attività e il tempo.



2. Non lasciava passare inutilmente, per sua trascuratezza, nessuna visita dello Spirito: quando gli si presentava, si abbandonava ad essa e ne godeva la dolcezza, finché il Signore glielo concedeva. 

Se, mentre era in viaggio, sentiva il soffio dello Spirito divino, lasciava che i compagni lo precedessero, si fermava, tutto intento a fruire della nuova ispirazione, per non ricevere invano la grazia. 
Molte volte rimaneva assorto in una contemplazione così sublime che, rapito fuori di sé ad esperienze trascendenti la sensibilità umana, ignorava quanto gli accadeva intorno. 
Una volta stava attraversando sopra un asinello, a causa della malattia, Borgo San Sepolcro, che è un paese molto popoloso. Spinto dalla devozione, la gente si precipitò incontro a lui; ma egli, trascinato e trattenuto, stretto e toccato in tanti modi dalla folla, appariva insensibile a tutto: come un corpo senz'anima, non avvertiva assolutamente nulla di tutte quelle manifestazione. 
Quando ormai da lungo tempo si erano lasciati indietro il paese e la folla ed erano giunti vicino a un lebbrosario, il contemplatore delle realtà celesti, come se tornasse da un altro mondo, domandò, preoccupato, quando sarebbero arrivati a Borgo. 
La sua mente, fissa negli splendori celesti, non aveva avvertito il variare dei luoghi, del tempo e delle persone incontrate. I suoi compagni hanno attestato, per lunga esperienza, che questo gli accadeva piuttosto spesso.




3. Nell'orazione aveva imparato che la bramata presenza dello Spirito Santo si offre a quanti lo invocano con tanto maggior familiarità quanto più lontani li trova dal frastuono dei mondani. Per questo cercava luoghi solitari, si recava nella solitudine e nelle chiese abbandonate a pregare, di notte. Là dovette subire, spesso, gli spaventosi assalti dei demoni che venivano fisicamente a conflitto con lui, nello sforzo di stornarlo dall'applicarsi alla preghiera. Ma egli, munito delle armi celesti, si faceva tanto più forte nella virtù e tanto più fervente nella preghiera, quanto più violento era l'assalto dei nemici. 

Diceva confidenzialmente a Cristo: All'ombra delle tue ali proteggimi dai malvagi che tramano la mia rovina. 
E ai demoni: “ Fate pure tutto quello che potete contro di me, o spiriti maligni e ingannatori! Voi non avete potere se non nella misura in cui la mano di Dio ve lo concede e perciò io me ne sto qui con tutta gioia, pronto a sopportare tutto quanto essa ha stabilito di farmi subire ”. 
I demoni superbi non sopportavano simile forza d'animo e si ritiravano sconfitti.




4. E l'uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo santuario, discorreva col suo Signore. Là rispondeva al Giudice, là supplicava il Padre, là dialogava con l'Amico. Là pure, dai frati che piamente lo osservavano, fu udito interpellare con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche, ad alta voce la passione del Signore, come se l'avesse davanti agli occhi. Là, mentre pregava di notte, fu visto con le mani stese in forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta luminosa: luce meravigliosa diffusa intorno al suo corpo, che meravigliosamente testimoniava la luce risplendente nel suo Spirito. 

Là, inoltre, come testimoniano prove sicure, gli venivano svelati i misteri nascosti della sapienza divina, che egli, però, non divulgava all'esterno, se non nella misura in cui ve lo sforzava la carità di Cristo e lo esigeva l'utilità del prossimo. 
Diceva, a questo proposito: “ Può succedere che, per un lieve compenso, si perda un tesoro senza prezzo e che si provochi il Donatore a non dare più tanto facilmente una seconda volta ”. 
Quando tornava dalle sue preghiere, che lo trasformavano quasi in un altro uomo, metteva la più grande attenzione per comportarsi in uniformità con gli altri, perché non avvenisse che il vento dell'applauso, a causa di quanto lui lasciava trapelare di fuori, lo privasse della ricompensa interiore . 
Quando, trovandosi in pubblico, veniva improvvisamente visitato dal Signore, cercava sempre di celarsi in qualche modo ai presenti, perché gli intimi contatti con lo Sposo non si propalassero all'esterno. 
Quando pregava con i frati, evitava assolutamente le espettorazioni, i gemiti, i respiri affannosi, i cenni esterni, sia perché amava il segreto, sia perché, se rientrava nel proprio intimo, veniva rapito totalmente in Dio. 
Spesso ai suoi confidenti diceva cose come queste: “ Quando il servo di Dio, durante la preghiera, riceve la visita del Signore, deve dire: " O Signore, tu dal cielo hai mandato a me, peccatore e indegno, questa consolazione, e io la affido alla tua custodia, perché mi sento un ladro del tuo tesoro". E quando torna dall'orazione, deve mostrarsi così poverello e peccatore, come se non avesse ricevuto nessuna grazia speciale ”.




5. Mentre, nel luogo della Porziuncola, una volta l'uomo di Dio era intento all'orazione, andò a trovarlo, come faceva di solito, il vescovo di Assisi. Appena fu entrato nel luogo, il vescovo, con più familiarità del dovuto, andò direttamente alla cella in cui il servo di Cristo stava pregando. Spinse la porticina e fece l'atto di entrare. Ma, appena ebbe messo dentro il capo e scorto il Santo in orazione, sconvolto da improvviso terrore, si sentì agghiacciare in tutte le membra, perse anche la parola, mentre, per divina disposizione, veniva cacciato fuori a viva forza e trascinato lontano, a passo indietro. 

Stupefatto, il vescovo si affrettò, come poté, a raggiungere i frati e, appena Dio gli restituì l'uso della parola, se ne servì prima di tutto per confessare la propria colpa. 
L'abate del monastero di San Giustino nella diocesi di Perugia, incontrò una volta il servo di Cristo. Appena lo vide, il devoto abate scese lesto da cavallo, volendo riverire l'uomo di Dio e parlare con lui di problemi inerenti alla salvezza dell'anima. Terminato il soave colloquio, I'abate, nel partire, gli chiese umilmente di pregare per lui. L'uomo caro a Dio gli rispose: “ Pregherò volentieri ”. Quando l'abate si fu allontanato un poco, il fedele Francesco disse al compagno: “ Aspetta un attimo, fratello, perché voglio pagare il debito che ho contratto ”. 
Ebbene, appena egli incominciò a pregare, I'abate sentì nell'anima un insolito fervore e una dolcezza mai provata e, rapito fuori di sé, si perdette totalmente in Dio. 
Fu una piccola, dolce sosta. 
Ritornato in se stesso, capì bene che tutto ciò era dovuto alla potente preghiera di san Francesco. Da allora si sentì infiammato di sempre maggior amore per l'Ordine e riferì a molti il fatto come un miracolo.




6. Aveva, il Santo, I'abitudine di offrire a Dio il tributo delle ore canoniche con timore, insieme, e con devozione. 

Benché fosse malato d'occhi, di stomaco, di milza e di fegato, pure non voleva appoggiarsi al muro e alla parete, mentre salmeggiava, ma recitava le ore stando sempre eretto e senza cappuccio in testa, senza girovagare con gli occhi, senza smozzicare le parole. 
Se gli capitava di trovarsi in viaggio, all'ora dell'ufficio si fermava e non tralasciava questa devota e santa consuetudine, nemmeno sotto lo scrosciare della pioggia.




Diceva, infatti: “ Se il corpo si prende con tranquillità il suo cibo, che sarà con lui esca dei vermi, con quanta pace e tranquillità l'anima deve prendersi il cibo della vita?>. 

Riteneva anche di commettere colpa grave, se gli capitava, mentre era intento alla preghiera, di perdersi con la mente dietro vane fantasie. Quando gli succedeva qualcosa di questo genere, ricorreva alla confessione, pur di riparare immediatamente . 
Questa preoccupazione era divenuta per lui così abituale che assai di raro veniva molestato da siffatte mosche. 
Durante una quaresima, per occupare le briciole di tempo e non perderne nemmeno una, aveva fatto un piccolo vaso. Ma siccome, durante la recita di terza, il pensiero di quel vaso gli aveva procurato un po' di distrazione, mosso dal fervore dello spirito, lo bruciò, dicendo: “ Lo sacrificherò al Signore, al quale mi ha impedito di fare il sacrificio”.

Diceva i salmi con estrema attenzione di mente e di spirito, come se avesse Dio presente, e, quando nella recita capitava di pronunciare il nome del Signore, lo si vedeva leccarsi le labbra per la dolcezza e la soavità. 
Voleva pure che si onorasse questo stesso nome del Signore con speciale devozione, non solo quando lo si pensava, ma anche quando lo si pronunciava o scriveva. Tanto che una volta incitò i frati a raccogliere tutti i pezzettini di carta scritti che trovavano e a riporli in luogo decente per impedire che, magari, venisse calpestato quel nome sacro in essi trascritto. 
Quando, poi, pronunciava o udiva il nome di Gesù, ricolmo di intimo giubilo, lo si vedeva trasformarsi anche esteriormente come se un sapor di miele avesse impressionato il suo gusto, o un suono armonioso il suo udito.




7. Tre anni prima della sua morte, decise di celebrare vicino al paese di Greccio, il ricordo della natività del bambino Gesù, con la maggior solennità possibile, per rinfocolarne la devozione. 

Ma, perché ciò non venisse ascritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il permesso del sommo Pontefice. Fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bove ed un asino. 
Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose. 
L'uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia. 
Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo, canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e nel nominarlo, lo chiama, per tenerezza d'amore, il “ bimbo di Bethlehem ”.

Un cavaliere, virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia secolaresca e si era legato di grande familiarità alI'uomo di Dio, il signor Giovanni di Greccio, affermò di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno. 
Questa visione del devoto cavaliere è resa credibile dalla santità del testimone, ma viene comprovata anche dalla verità che essa indica e confermata dai miracoli da cui fu accompagnata. Infatti l'esempio di Francesco, riproposto al mondo, ha ottenuto l'effetto di ridestare la fede di Cristo nei cuori intorpiditi; e il fieno della mangiatoia, conservato dalla gente, aveva il potere di risanare le bestie ammalate e di scacciare varie altre malattie. 
Così Dio glorifica in tutto il suo servo e mostra l'efficacia della santa orazione con l'eloquenza probante dei miracoli .

domenica 15 dicembre 2013

Fratelli, state sempre allegri nel Signore, lo ripeto, state allegri. III DOMENICA D'AVVENTO.



TERZA DOMENICA DI AVVENTO

Il gaudio della Chiesa aumenta vieppiù in questa Domenica. Ella sospira sempre verso il Signore; ma sente che ormai è vicino, e crede di poter temperare l'austerità di questo periodo di penitenza con l'innocente letizia delle pompe religiose. Innanzi tutto, questa Domenica ha ricevuto il nome di Gaudete, dalla prima parola del suo Introito; ma, inoltre, vi si osservano le commoventi usanze che sono proprie della quarta Domenica di Quaresima chiamata Laetare. Alla Messa si suona l'organo; gli ornamenti sono di color rosa; il Diacono riprende la dalmatica, e il Suddiacono la tunicella; nelle Cattedrali, il Vescovo assiste, ornato della mitra preziosa. O mirabile condiscendenza della Chiesa, che sa unire così bene la severità delle credenze alla graziosa poesia delle forme liturgiche! Entriamo nel suo spirito, e rallegriamoci in questo giorno per l'avvicinarsi del Signore. Domani, i nostri sospiri riprenderanno il loro corso; poiché, per quanto egli non debba tardare, non sarà ancora venuto.
La Stazione ha luogo nella Basilica di S. Pietro in Vaticano. Questo tempio augusto che ricopre la tomba del Principe degli Apostoli, è l'asilo universale del popolo cristiano; è quindi giusto che sia testimone delle gioie come delle tristezze della Chiesa.
L'Ufficio della notte comincia con un nuovo Invitatorio, che è un grido di letizia per la Chiesa; tutti i giorni, fino alla Vigilia di Natale, essa apre i Notturni con queste belle parole:

Il Signore è ormai vicino: venite, adoriamolo.

Prendiamo ora il libro del Profeta, e leggiamo con la santa Chiesa:

Lettura del Profeta Isaia
Fiducia in Dio, Egli umilia i superbi.
Allora si canterà questo cantico nella terra di Giuda:

Città forte è la nostra;  

Aprite le porte, che vi entri il popolo giusto, mantenitore della fede.

Gente di saldo cuore, conserverai la pace,  


Abbiate fiducia nel Signore sempre, in perpetuo,  


perché ha avvallati gli abitatori delle altezze,  


l'ha gettata giù sino a terra,  


Ora la calpestano i piedi dei miseri  

Il giusto aspetta il regno della giustizia e rimane fedele a Dio.

Piano è il cammino per il giusto,  


Sì, per la via dei tuoi giudizi noi Ti attendiamo,  


L'anima nostra a Te aspira di notte;  

(Is 26,1-9)

O santa Chiesa Romana, nostra roccaforte, eccoci raccolti entro le tue mura, attorno alla tomba di quel pescatore le cui ceneri ti proteggono sulla terra, mentre la sua immutabile dottrina ti illumina dall'alto del cielo. Ma se tu sei forte, è per il Signore che sta per venire. Egli è il tuo baluardo, poiché è lui che abbraccia tutti i tuoi figli nella sua misericordia; egli è la tua fortezza invincibile poiché per lui le potenze dell'inferno non prevarranno contro di te. Apri le tue porte, affinché tutti i popoli facciano ressa nella tua cinta: poiché tu sei la maestra della santità, la custode della verità. Possa l'antico errore che si oppone alla fede cessare presto, e la pace stendersi su tutto il gregge! O santa Chiesa Romana, tu hai riposto per sempre la tua speranza nel Signore; ed egli a sua volta, fedele alla promessa, ha umiliato davanti a te le alture superbe, le roccaforti dell'orgoglio. Dove sono i Cesari, che credettero di averti annegata nel tuo stesso sangue? Dove sono gli IMperatori che vollero attentare all'inviolabile verginità della tua fede? Dove i settari che ogni secolo, per così dire, ha visto accanirsi l'uno dopo l'altro intorno agli articoli della tua dottrina? Dove sono i prìncipi ingrati che tentarono di asservirti dopo che tu stessa li avevi innalzati? Dov'è l'Impero della Mezzaluna che tante volte ruggì contro di te, allorché, disarmata, ricacciavi lontano l'orgoglio delle sue conquiste? Dove sono i Riformatori che pretesero di costituire un Cristianesimo senza di te? Dove sono quei sofisti moderni, ai cui occhi non eri più che un fantasma impotente e tarlato? Dove saranno, fra un secolo, quei re tiranni della Chiesa, quei popoli che cercano la libertà fuori della verità?
Saranno passati con il rumore del torrente; e tu invece sarai sempre calma, sempre giovane, sempre senza rughe, o santa Chiesa Romana, assisa sulla pietra inamovibile. Il tuo cammino attraverso tanti secoli, sotto il sole che fuori di te illumina sole le variazioni dell'umanità. Donde ti viene questa solidità, se non da colui che è la Verità e la Giustizia? Gloria a lui in te! Ogni anno, egli ti visita; ogni anno, ti reca nuovi doni, per aiutarti a compiere il pellegrinaggio, e sino alla fine dei secoli, verrà sempre a visitarti, a rinnovarti, non solo mediante la potenza di quello sguardo con il quale rinnova Pietro, ma riempiendoti di se stesso, come riempì la Vergine gloriosa; l'oggetto del tuo più tenero amore, dopo quello che porti allo Sposo. Noi preghiamo con te, o Madre nostra, e diciamo: Vieni, Signore Gesù! Il tuo nome e il tuo ricordo sono il desiderio delle anime nostre; esse ti desiderano durante la notte, e i nostri intimi sospiri ti cercano.

MESSA
EPISTOLA (Fil 4,4-7). - Fratelli, state sempre allegri nel Signore, lo ripeto, state allegri. La vostra modestia sia nota a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non vi affannate per niente, ma in ogni cosa siano le vostre petizioni presentate a Dio con preghiere e suppliche unite a rendimento di grazie. E la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù Signor nostro.

Dobbiamo dunque rallegrarci nel Signore, poiché il Profeta e l'Apostolo concordano nell'incoraggiare i nostri desideri verso il Signore: l'uno e l'altro ci annunciano la pace. Stiamo dunque tranquilli: Il Signore è vicino; è vicino alla sua Chiesa; è vicino a ciascuna delle nostre anime. Possiamo forse restare presso un fuoco così ardente, e rimanere freddi? Non le sentiamo forse venire, attraverso tutti gli ostacoli che la sua suprema elevazione, la nostra profonda bassezza e i nostri numerosi peccati gli suscitano? Egli supera tutto. Ancora un passo, e sarà in noi. Andiamogli incontro con lepreghiere, le suppliche, i rendimenti di grazie di cui parla l'Apostolo. Raddoppiamo il fervore e lo zelo per unirci alla santa Chiesa, i cui sospiri verso colui che è la sua luce e il suo amore diventano ogni giorno più ardenti.

VANGELO (Gv 1,19-28). - In quel tempo, i Giudei di Gerusalemme mandarono a Giovanni dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: Tu chi sei? Ed egli confessò e non negò; e confessò: Non sono io il Cristo. Ed essi gli domandarono: Chi sei dunque? Sei Elia? Ed egli: No. Sei tu il profeta? No, rispose. Allora gli dissero: E chi sei, affinché possiamo rendere conto a chi ci ha mandati: che dici mai di te stesso? Rispose: Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come ha detto il profeta Isaia. Or quelli che erano stati inviati a lui erano dei Farisei; e l'interrogarono dicendo: Come dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? Giovanni rispose loro: Io battezzo coll'acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete. Questi è colui che verrà dopo di me, ed a cui non son degno di sciogliere il legaccio dei calzari. Questo accadeva in Betania oltre il Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, dice san Giovanni Battista ai messi dei Giudei. Il Signore può dunque essere vicino; può anche essere venuto, e tuttavia rimanere ancora sconosciuto a molti. Questo divino Agnello è la consolazione del santo Precursore, il quale ritiene un grande onore l'essere la mera voce che grida agli uomini di preparare le vie del Redentore. San Giovanni è in questo il tipo della Chiesa e di tutte le anime che cercano Gesù Cristo. La sua gioia è completa per l'arrivo dello Sposo; ma è circondato da uomini per i quali il Divino Salvatore è come se non ci fosse. Ora, eccoci giunti alla terza domenica del sacro tempo dell'Avvento: sono scossi tutti i cuori alla voce del grande annunzio dell'arrivo del Messia? Quelli che non vogliono amarlo come Salvatore, pensano almeno a temerlo come Giudice? Le vie storte si raddrizzano? Le colline pensano ad abbassarsi? La cupidigia e la sensualità sono state seriamente attaccate nel cuore dei cristiani? Il tempo stringe: Il Signore è vicino! Se queste righe cadessero sotto gli occhi di qualcuno di quelli che dormono invece di vegliare nell'attesa del divino Bambino, lo scongiureremmo di aprire gli occhi e di non aspettare oltre a rendersi degno d'una visita che sarà per lui, nel tempo, l'oggetto d'una grande consolazione, e che lo rassicurerà contro tutti i terrori dell'ultimo giorno. O Gesù, manda la tua grazia con maggiore abbondanza; costringili ad entrare, affinché non sia detto del popolo cristiano quello che san Giovanni diceva della Sinagoga: In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.

PREGHIAMO
Deh, Signore, volgi il tuo orecchio alle nostre preghiere e con la grazia della sua venuta rischiara le tenebre della nostra mente.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 62-66


sabato 14 dicembre 2013

ADESTE FIDELES


Felicem Nativitatem vobis opto... Diem Natalem Jesu

Ut sancte intellegatis significationem Diei Natalis Jesu, Nativitatis,


quisque facere debet actum amoris erga alium, quoniam dolores in Mundo ad summum pervenerunt.

Jesus vivus est, amat nos, spectat nos, audit nos, et patienter exspectat nos 

sed postea... post Misericordiam, Judicium Divinum adveniet. 
Jesus, cum sua Sancta Matre Maria cumque Sancto Joseph
comitatur nos ac ducit nos in itinere Vitae Verae in Deo. 
Mementote quia hic Mundus aegrotus solum per quemque nostrum renovabitur.
Hoc fieri potest.




Adeste fideles laeti triumphantes,
venite, venite in Bethlehem!
Natum videte Regem Angelorum.

Venite adoremus,
venite adoremus,
venite adoremus, Dominum.

Deum de Deo, Lumen de lumine.
Gestant puellae viscera.
Deum verum, genitum non factum.

Venite adoremus,
venite adoremus,
venite adoremus, Dominum.


(Cantet nunc chorus angelorum,

Cantet nunc aula caelestium)
Gloria in excelsis Deo.

Venite adoremus,
venite adoremus,
venite adoremus, Dominum!
Accorrete fedeli, lieti e trionfanti;
Venite, venite a Betlemme;
Guardate il nato re degli angeli:

Venite, adoriamo,
Venite, adoriamo,
Venite, adoriamo il Signore!

Dio da Dio, luce da luce,
Nato da una vergine;
Dio vero, generato non creato.

Venite, adoriamo,
Venite, adoriamo,
Venite, adoriamo il Signore!



(Canti ora il coro degli angeli,
canti ora gli abitanti del cielo)
Gloria a Dio nell'alto dei cieli!

Venite, adoriamo,
Venite, adoriamo,
Venite, adoriamo il Signore!