mercoledì 23 gennaio 2013

Benedetta Bianchi Porro (Dovadola, 8 agosto 1936 – Sirmione, 23 gennaio 1964) è stata una giovane italianadichiarata venerabile per la Chiesa cattolica, per il comportamento e la fede mantenuti in vita nonostante le sofferenze.



Benedetta Bianchi Porro (festa il 23 gennaio, suo dies natalis)

La fede

fa fare prodigi






Benedetta







Si prega di segnalare eventuali "grazie"
ottenute per intercessione di Benedetta a:
"Fondazione Benedetta Bianchi Porro"
Via Pedriali 18, 47100 Forlì
e-mail: benedetta@benedetta.it
sito Internet: www.benedetta.it
Preghiera a Benedetta
Signore, commossi Ti ringraziamo
per il dono bello e luminoso
di Benedetta Bianchi Porro.
Attraverso di lei Tu hai seminato
Speranza nelle nostre strade
Povere di speranza
E ci hai rieducato
Al canto della vita.

Solo Tu potevi trasformare
Una giovane paralizzata
In una guida capace di insegnare a camminare;
solo Tu potevi rendere una cieca
mirabilmente esperta
della strada che conduce
alla Luce, alla Pace
e alla Gioia grata e incontenibile.

Signore, per intercessione di Benedetta
sorella da Te donata
alla nostra povertà di fede,
concedimi la grazia che Ti chiedo
affinchè nel cielo della Chiesa
brilli la santità di Benedetta
e susciti in noi nostalgia viva di santità.
Amen

+ Angelo Comastri
Arcivescovo Delegato Pontificio di Loreto>
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Benedetta Bianchi Porro
Benedetta Bianchi Porro (Dovadola8 agosto 1936 – Sirmione23 gennaio 1964) è stata una giovane italianadichiarata venerabile per la Chiesa cattolica, per il comportamento e la fede mantenuti in vita nonostante le sofferenze.
Fu inizialmente padre David Maria Turoldo a curare l'edizione degli scritti di Benedetta Bianchi Porro, che in genere non vanno oltre a brevi appunti, ma in epoca successiva persino dei cardinali hanno dedicato introduzioni e commenti. L'attenzione dedicata da alcuni ambienti cattolici, ben documentata da una ricca bibliografia di opere a lei dedicate, supera infatti di gran lunga gli attuali riconoscimenti ufficiali. Della Bianchi Porro si sono occupati, tra gli altri, Divo BarsottiGiacomo BiffiRocco ButtiglioneRaniero CantalamessaAngelo Comastri.

Indice

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Biografia [modifica]

Infanzia e adolescenza [modifica]

Il culto popolare sorto intorno alla figura della venerabile ha descritto i fatti salienti della sua vita con le connotazioni tipiche della storiografia.
Appena nata a Dovàdola, Un paese di una bellezza dura e sinuosa. A 19 chilometri da Forlì,[1] fu colpita da una emorragia. Su richiesta della madre le venne conferito il battesimo "di necessità" con acqua di Lourdes.[2]. Cinque giorni dopo, il 13 agosto, riacquistata una certa stabilità fisica, fu solennemente battezzata e chiamata: Benedetta Bianca Maria.[3] A tre mesi Benedetta si ammalò di poliomielite, problema diagnosticatole dal Prof.Vittorio Putti dell'istituto Rizzoli di Bologna.[4] La malattia le lasciò la gamba destra più corta, costringendola in seguito a portare una pesante scarpa ortopedica. Tra marzo e maggio del ’37 fu colpita da ripetute bronchiti, e da otite purulenta bilaterale.
Nel maggio 1944, nella piccola Chiesa dell'Annunziata a Dovadola fece la prima Comunione. Le venne regalato in quella occasione un rosario, da cui non si sarebbe più separata. Conseguì la Cresimaquindici giorni dopo, amministrata dal vescovo di Modigliana, Monsignor Massimiliano Massimiliani.[5].
"È una bella giornata e anche io sono felice perché ho ricevuto Gesù nel cuore, ho promesso a Gesù che farò la comunione tutte le domeniche di Maggio".[6]
In quello stesso mese iniziò a scrivere il suo "Diario segreto" poiché invitata dalla madre a continuare una tradizione di famiglia. Compilare un diario personale diventò un piacere e un modo semplice e naturale per annotare pensieri e quotidianità. Il Dario cammina con lei,rappresenta un frammento di anima, un confidente inviolabile.[7] Fu un'adolescente dall'incredibile compassione, fragilità e delicatezza.Ciò che maggiormente le impedì di vivere una giovinezza spensierata è da ricercare nei numerosi problemi fisici e nei relativi tentativi di cura: le “scarpe alte”, il busto, l’emicrania, la debolezza, e soprattutto quella gamba che le “regalò” il soprannome di “zoppona”.
" Non dovete prendervela, in fondo dicono la verità: sono zoppa."[8]
Furono questi gli elementi che tendevano ad identificarsi come normalità nella vita di una ragazzina di appena 13 anni e già da tutti considerata un’emarginata.
Terminate le elementari dalle suore, frequentò le scuole medie a Brescia, nell’”istituto Santa Maria degli Angeli” tenuto dalle suore Orsoline. La prima esperienza scolastica risultò essere molto più che positiva, Benedetta si dimostrò infatti una ragazzina promettente, intelligente e attenta. Ma la nostalgia di casa non l’abbandonò mai, fu un'esperienza che visse in costante attesa di rivedere tutta la famiglia. La presenza familiare ebbe infatti un ruolo rilevante nel suo percorso di vita. La madre, casalinga e fervente cattolica; il padre, cattolico “non praticante” ma uomo dalla grandissima generosità, e cinque fratelli: Gabriele (nato nel 1938), Manuela (1941), Corrado (1946), Carmen (1953) e il fratellastro Leonida (1930), rimasero un costante punto di riferimento per la giovane.[9]
Durante l’Anno Santo del 1950 insieme alla zia Carmen si recò a RomaAssisi e Loreto.[10]
Ben presto nacque una profonda amicizia, quella tra lei e Anna Laura Conti. Un’amicizia pura, gioiosa quasi necessaria per la crescita fisica e spirituale di Benedetta: "Tu sei la mia prima amica; e amica per me vuol dire qualcosa di più di quello che altri intendono."[11] Citando un passo di S. Agostino le spiegò che ormai metà del suo “essere” le apparteneva e che la paura di poter rimanere sola e di poterla perdere ombreggiava costantemente nella sua anima.
A contribuire al suo stato di emarginazione fu però la progressiva perdita dell’udito, problema che la costrinse a seguire numerosi incontri di riabilitazione, ma con scarsi risultati.
L’animo religioso intanto si fece sempre più evidente nella giovane venerabile, la voglia di vivere e di aiutare gli altri diventarono delle priorità quasi imprescindibili. Alla domanda “cosa è la vita?” rispose: Un sogno, un sogno bello e triste, un godimento e un dolore insieme, una prova: una prova in cui si è soli davanti all’infinito.[12] Benedetta incentrò la sua vita prevalentemente nella figura illuminante e protettiva di Dio: mèta e Amore Puro.
Innamorata dei libri “realistici”, libri in cui non era solo il corpo fisico ad avere ampio spazio, ma anche l’anima con le sue paure e i suoi pensieri. Libri che narrano la vita di uomini semplici e tormentati nei quali lei stessa ebbe la capacità di immedesimarsi. Le sue preferenze letterarie spaziavano da Tolstoj a Dostoevskij, le piaceva l'anima russa, un'anima ardente, profonda, umana[13];Shakespeare, poiché nelle sue tragedie è ritratto in modo ammirabile ogni aspetto dell'anima dell'uomo[14]Platone, che nel Fedone espone la teoria dell'immortalità dell'anima[15]Marco AurelioUgo FoscoloGiacomo Leopardi, di cui si sentì profondamente sostenitrice; e Orazio.

Gli anni universitari [modifica]

Nonostante la precaria situazione di salute, nell'ottobre del 1953, a soli 17 anni, si iscrisse all'Università di Milano. Inizialmente influenzata dal padre, scelse di intraprendere gli studi di Fisica[16]. Dopo successivi ripensamenti, e con una maggiore consapevolezza nelle sue aspirazioni decise di intraprendere quella di Medicina. La nuova facoltà le era congeniale. Le piaceva e si gettò a capofitto nello studio.[17]
Il trasferimento a Milano vide la giovane frolivese nuovamente costretta ad abbandonare la famiglia e ad intraprendere una strada completamente diversa. L’immagine di una città così grande le procurò un maggior senso di solitudine e di nullità. L’addio a Sirmione fu lacrimevole[18].
La sordità continuò intanto a causarle gravi problemi relazionali e scolastici. Il prof. Ettore Brocca, assistente ordinario di Clinica Otorinolaringoiatrica preoccupato per le condizioni di Benedetta, pensò che la sordità di lei fosse di origine psichica. Le consigliò quindi di iniziare una cura psicoterapeutica.[19].
Durante gli esami alcuni professori si dimostrarono poco disponibili nei suoi confronti. Il 26 aprile 1955 chiese di essere ammessa a sostenere, nella sessione estiva, gli esami di Biochimica, diMicrobiologia e di Anatomia Umana.[20]. Ai primi due fu appena sufficiente a quello di Anatomia venne respinta. La richiesta di Benedetta di poter ricevere le domande per iscritto, a causa dei problemi uditivi, fece infuriare il professore che le consigliò di cambiare professione, ritenendo intollerabile che un sordo potesse esercitare la professione medica. Non mancò di certo al secondo appello con l’esame di Anatomia, superato con un dignitoso 23/30.[21]
Il 12 luglio 1955 venne ricoverata presso la Casa di Cura “Villa Igea” a Forlì, causa: ipotrofia all’arto inferiore destro con conseguente resezione del femore.[22] La riabilitazione della gamba le costò giorni di sacrificio.
Per il quarto anno accademico il 26 ottobre chiese l’iscrizione ai Corsi fondamentali di Anatomia patologicaPatologia speciale medicaPatologia speciale chirurgicaClinica otorinolaringoiatrica.[23]
Nel 1956 iniziarono i problemi alla congiuntiva, dopo aver consultato un oculista di Brescia le venne diagnosticata un’ulcera corneale. Il fratello Gabriele decise di portarla a controllo a Milano all’Ambulatorio della Clinica Oculistica, dove il prof. Leo le diagnosticò una papilla da stasi, sintomo diipertensione endocranica, spesso indice di tumore.[24] Fu attraverso le conoscenze mediche appena acquisite che Benedetta riuscì ad autodiagnosticarsi il suo male: neurofibromatosi diffusa o sindrome di Von Recklinghausen. Il 27 giugno venne fissato un nuovo intervento per asportare un neurinoma del nervo acustico in sede pontocerebellare e per procedere alla decompressione cranica.[25] Per errore del chirurgo le venne reciso il nervo facciale VII sinistro, le si paralizzò l’intero lato facciale.
Il 4 agosto 1959 venne ricoverata presso la clinica neurologica del <Beretta>, le diagnosticarono una aracnoidite spinale. L’intervento non ebbe risultati positivi, anzi, a seguito di questo le si paralizzarono gli arti superiori, lo sfintere vescicale e inoltre la sordità divenne totale. Continuò nonostante tutto a mantenere integre le doti intellettive, la femminilità, l’incredibile voglia di vivere e l’insaziabile sete di Dio.
Ai primi di settembre riprese a studiare, si iscrisse al quinto anno di Medicina per i corsi di Anatomia eIstologia patologicaClinica medicaClinica chirurgicaIgieneClinica delle malattie nervoseClinica dermosifilopaticaClinica oculistica e odontoiatrica[26]
L’intervento chirurgico per neurofibromatoma all’acustico era stato inutile ed aveva causato la sordità totale bilaterale, con l’aggiunta di forti disturbi atassici, aggravati dagli esiti alla gamba destra di una poliomielite e dalla paralisi del facciale destro dovuto all’intervento stesso.[27]Benedetta entrò in crisi e iniziò a pensare di dover cambiare facoltà optando in ultima analisi perBiologia. Tutti gli amici medici le sconsigliarono di prendere questa decisone e alla fine scelse di rimanere a Medicina.

Gli anni della malattia [modifica]

Le condizioni fisiche si aggravarono, il 30 novembre 1960 inviò al rettore la domanda di “rinuncia agli studi”, Benedetta pose fine al suo futuro e a tutto ciò che la legava ad esso, intrappolata in un corpo completamente distrutto dalla malattia. Nel gennaio 1961 riprese a scrivere il diario, sospeso durante gli anni di studio universitari.
Nel 1962 fece il primo pellegrinaggio a Lourdes. Dopo aver fatto domanda all’UNITALSI partì dal 24 al 31 maggio. Il clima di santità che respirò la rese ancora più forte e sicura di prima. Con la metà di ottobre del 1962 terminò definitivamente il Diario. I suoi pensieri, interamente riguardanti la religione e il cammino interiore, vennero appuntati sull’Agenda della <Motta>. Scrivere le comportava un grandissima fatica e una quantità inverosimile di tempo.
Il 15 ottobre 1962 venne ricoverata all’Ospedale Civile di Desenzano. La diagnosi: neurofibromatosi multipla e febbre da foci dentari. Presentava inoltre piaghe da decubito al sacro e alla regione glutea di sinistra, le erano impossibili le funzioni fisiologiche. Le furono estratti 14 denti.[28] Al controllo oculistico risultò che la stasi si era accentuata con edema intenso delle papille. Il 28 novembre venne dimessa.
A causa di un peggioramento della vista il 12 dicembre fu sottoposta ad un nuovo intervento chirurgico: deviazione del liquor cerebrale nella giugulare. Una deviazione ventricolo cava superiore con valvola di Spitz-Holter, essendosi riscontrato il blocco del liquor cefalorachidiano a livello ventricolare da compressione. A seguito dell’intervento perse completamente la vista. L’unico contatto con il mondo esterno passava attraverso il palmo della sua mano. Lì, con incredibile pazienza e amore, la mamma tentava di parlarle attraverso dei segni, tentativi a cui Benedetta rispondeva con un impercettibile bisbiglio.[29]
Sedotta dal Signore, innamorata della vita, speranzosa nella resurrezione non c’era nulla di cui potesse aver bisogno se non Dio. Era completamente e serenamente abbandonata a Lui. Umile fino all’inverosimile, prendeva ispirazione da S. Francesco e S. Agostino, due “abissi di amore”.[30]Il suo fisico viaggiava verso un lento processo di degradazione, ma la sua anima continuava ad essere pura e serena come un tempo.
Sirmione, lapide a ricordo
Il 20 gennaio 1964 si confessò e ricevette la comunione dal parroco di Sirmione.
Prima di morire il suo pensiero ritornò ad una leggenda a lei cara, la leggenda del mendicante e del re:
“Ero andato mendicando di uscio in uscio lungo il sentiero del villaggio, quando, nella lontananza, apparve il tuo aureo cocchio come un segno meraviglioso; io mi domandai: chi sarà questo Re di tutti i re! Crebbero le mie speranze e pensai che i miei giorni tristi sarebbero finiti; stetti ad attendere che l’elemosina mi fosse data senza che la chiedessi, e che le ricchezze venissero sparse ovunque nella polvere. Il cocchio mi si fermò accanto. Il suo sguardo cadde su di me e scendesti con un sorriso. Sentivo che era giunto al fine il momento supremo della mia vita. Ma tu, ad un tratto, mi stendesti la mano dritta dicendomi: -Cosa hai da darmi?- Ah, qual gesto regale fu quello di stendere la tua palma per chiedere ad un povero? Confuso ed esitante tirai fuori lentamente dalla mia bisaccia un acino di grano e te lo diedi. Ma qual non fu la mia sorpresa quando, sul finire del giorno, vuotai per terra la mia bisaccia e trovai nello scarso mucchietto un granello d’oro! Piansi amaramente di non aver avuto il cuore di darti tutto quello che possedevo”.[31]
Morì il 23 gennaio del 1964
Attualmente è grazie al Diario da lei composto e aggiornato con incredibile cura e sincerità, che la venerabile ci regala la possibilità di conoscere e di comprendere le sue scelte e i suoi travagli interiori. È l’anima di una bambina, di un’adolescente e di una donna che cerca conforto o semplicemente che racconta le sue quotidianità.

Il processo di Beatificazione [modifica]

Nel dicembre del 1993 la Chiesa cattolica emise il decreto di Introduzione alla causa di santità e pertanto, secondo l'uso consolidato, le spetta il titolo di Venerabile, titolo che non comporta la possibilità di unculto pubblico ma che gode di molto rispetto perché viene dato dopo il decreto firmato dal Papa.
Pur essendo solo una studentessa morta ventottenne senza aver compiuto grandi imprese, un vasto culto popolare ha esaltato le virtù eroiche di Benedetta Bianchi Porro nell'accettare le sofferenze toccatele in sorte, ed i paesi in cui è nata, Dovadola, ed in cui è morta, Sirmione, sono già mete di turismo devozionale.

Opere [modifica]

  • Quaderni di Benedetta - Il cammino verso la luce, pubblicato nel 2007 a cura di Divo Barsotti.
  • Scritti Completi, Edizioni San Paolo, 2006

Domine Iesu,
Quaecumque eveniant accipiam a te.

JESÚS ACOGIDO MAL EN NAZARET / S. Lucas 4, 16-30. Dominica III, Tiempo Ordinario, C .









Estoy viendo un gran salón cuadrado. Digo salón, porque por lo que puedo entender es la sinagoga de Nazaret (así me lo dice quien me habla en el interior) ya que no hay otra cosa que paredes desnudas, pintadas de color amarillo y una especie de púlpito. Hay un atril con rollos encima. Atril o escritorio, como usted quiera llamarlo, no es otra cosa más que una tabla inclinada, levantada sobre un palo y sobre la que están alineados los rollos.
Hay gente que ora, no como oramos nosotros, sino vueltos hacia un lado con las manos separadas como un sacerdote suele tenerlas en el altar.
Hay lámparas puestas sobre el púlpito del atril.
No veo la razón de esta visión, que no cambia y se queda fija por un tiempo, pero Jesús me dice que la escriba y lo hago.

JESÚS EN LA SINAGOGA DE NAZARET

Desde el principio me encuentro en la sinagoga de Nazaret.
Ahora el rabí lee. Oigo la cantinela de su voz nasal, pero no entiendo las palabras que son pronunciadas en una lengua que ignoro. Entre la gente está también Jesús con sus primos los apóstoles y con otros que son ciertamente parientes suyos, pero a quienes no había conocido.
Después de la lectura, el rabí vuelve la mirada a la multitud en muda pregunta. Jesús se adelanta y pide poder dirigir hoy la palabra.

ISAÍAS: "EL ESPÍRITU DEL SEÑOR ESTÁ SOBRE DE MÍ..."

Oigo su hermosa voz que lee el paso de Isaías citado por el Evangelio: "El Espíritu del Señor está sobre de Mí..." y oigo el comentario que de él hace, llamándose "el portador de la Buena Nueva, de la Ley de amor que substituye el rigor de antes con la misericordia, por la que conseguirán la salvación todos los que la culpa de Adán ha enfermado en el corazón y en la carne y por consiguiente, porque el pecado suscita siempre el vicio y el vicio también la enfermedad física. Por ella todos los que son prisioneros del espíritu del Mal obtendrán liberación. He venido a romper estas cadenas, a volver a abrir el camino del cielo, a dar luz a las almas ciegas y oído a las sordas. Ha llegado el tiempo de la gracia del Señor. Está ella entre vosotros, es la que os habla. Los Patriarcas desearon ver este día, cuya existencia la voz del Altísimo ha proclamado y cuyo tiempo predijeron los profetas. Ha llegado a ellos la Voz en alas de un ministerio sobrenatural, y conocen que el alba de este día se ha levantado y que su entrada al Paraíso está ya muy cerca y se alegran con sus espíritus, que santos, no les falta otra cosa sino mi bendición para ser ciudadanos del Cielo. Vosotros estáis viendo el día, venid a la luz que se ha levantado. Despojaos de vuestras pasiones para ser ágiles en el seguimiento del Mesías. Tened la buena voluntad de creer, de mejorar, de querer la salvación y esta se os dará. Está en vuestras manos. Pero no la doy sino a quien tiene buena voluntad de poseerla. Porque sería una injuria a la gracia darla a quien quiere continuar sirviendo a Mammón."

OS DIGO QUE EN VERDAD NINGÚN PROFETA 
ES BIEN MIRADO EN SU PATRIA.

Un murmullo se levanta en la sinagoga. Jesús mira a su alrededor. Lee en sus rostros y corazones y prosigue: "Comprendo lo que estáis pensando. Vosotros, pues, de Nazaret, querríais un privilegio, pero no porque tengáis una gran fuerza de fe sino de egoísmo. Por lo que os digo que en verdad ningún profeta es bien mirado en su patria. Otras regiones me han acogido y me acogerán con mayor fe, aun aquellos cuyo nombre es un escándalo entre vosotros. Allá cosecharé mis seguidores, mientras que en esta tierra nada podré hacer porque me está cerrada y me es hostil. Os recuerdo a Elías y a Eliseo. El primeroencontró fe en una mujer fenicia, y el segundo en un Sirio y en favor de uno y otra hicieron milagros. Los que morían de hambre en Israel, no tuvieron pan para su hambre, ni limpieza porque su corazón no tenía la buena voluntad, como perla que pudiese ver el profeta. También esto sucederá de nuevo a vosotros que sois hostiles e incrédulos a la palabra de Dios."

LOS FARISEOS NAZARENOS, ARROJAN FUERA 
DE LA CIUDAD A JESÚS

La multitud comienza a hacer tumulto y dice palabras injuriosas tratando de poner la mano sobre Jesús, pero los apóstoles primos: Judas, Santiago y Simón lo defienden y entonces los fariseos nazarenos, arrojan fuera de la ciudad a Jesús. Lo siguen con amenazas, no solamente verbales, hasta la cima del monte. Pero Jesús se vuelve y los inmoviliza con su mirar magnético, e incólume pasa en medio de ellos, desapareciendo sendero arriba.

JESÚS ESTÁ EN UN POBLADO A UNOS POCOS 
KILÓMETROS DE NAZARET, REFUGIADO ALLÍ

Veo un pequeño, un pequeñísimo poblado. Un puñado de casas, Está más alto que Nazaret, que se ve allá abajo, y distante unos pocos kilómetros. Un poblado verdaderamente miserable.
Jesús y María, sentados en una pequeña barda cerca de unas casuchas, están hablando. Tal vez es la casa de algún amigo, o de quien le da hospedaje, según las leyes de la hospitalidad oriental. Jesús se ha refugiado allí después de que lo arrojaron de Nazaret, para esperar a los apóstoles que se habían esparcido por la región mientras Él estuvo con su Madre.

MARÍA DE CLEOFÁS O MARÍA DE ALFEO, LA MADRE DE 
JUDAS, SANTIAGO, SIMÓN Y JOSÉ

No están con Él sino los tres apóstoles primos, quienes en estos momentos están en la cocina y hablan conuna mujer anciana a quien Tadeo llama "madre". Por lo que entiendo es María de Cleofás. Es una mujer más bien anciana, y reconozco que es la que estuvo con María Santísima en las bodas de Caná. Ciertamente María de Cleofás y sus hijos han ido allí para que Jesús y su Madre puedan libremente hablar.
María está afligida. Se ha enterado de lo que ha sucedido en la sinagoga y está adolorida. Jesús la consuela. María suplica a su Hijo que se aleje de Nazaret, donde todos están en contra suya, aun los parientes que lo tienen por un loco deseoso de suscitar rencores y disputas.

NO HE VENIDO A ENCONTRAR UN AMOR FÁCIL.

HE VENIDO PARA HACER LA VOLUNTAD DEL PADRE 
Y REDIMIR AL HOMBRE

EL AMOR ERES TÚ, MAMÁ, AMOR QUE ME COMPENSA 
DE TODO

Una sonrisa se dibuja en los labios de Jesús. Parece como si dijese: "¡No faltaba más! No te preocupes." Pero María insiste. El Hijo responde: "Mamá, si el Hijo del Hombre tuviese que ir únicamente a donde le aman, debería de dejar la tierra e irse al Cielo. Dondequiera tengo enemigos, porque la Verdad es odiada y Yo soy la Verdad. Pero no he venido a encontrar un amor fácil. He venido para hacer la voluntad del Padre y redimir al Hombre. El amor eres Tú, Mamá, amor que me compensa de todo. Tú y esta pequeña grey que diariamente aumenta con alguna ovejita que arranco de los lobos de las pasiones y llevo al redil de Dios. Lo demás es un deber. He venido para cumplir ese deber y debo cumplirlo aún cuando me parta en pedazos contra las piedras de los durísimos corazones que se oponen al bien ¡Antes bien,cuando haya caído bañando con mi sangre los corazones, los suavizaré estampando y anulando al Enemigo. Mamá, para esto bajé del Cielo. No puedo sino desear que se cumpla."
" ¡Oh! ¡Hijo! ¡Hijo mío!" María tiene la voz destrozada. Jesús la acaricia. Noto que María tiene sobre la cabeza además del velo, el manto. Más que nunca está velada cual sacerdotisa.
"Me ausentaré por algún tiempo para contentarte. Cuando esté cerca te mandaré avisar."

¡OH! ¡AQUELLA HORA! ¡CÓMO TIEMBLA EL CORAZÓN 
DE TU MADRE POR ELLA! ¿QUÉ TE HARÁN, HIJO? 
¿HIJO REDENTOR, DE CUYO MARTIRIO TAN GRANDE 
HABLAN LOS PROFETAS?

"Manda a Juan. Me parece ver un poco de Ti al verlo a él. También su madre está preocupada por Ti y por mí. Ella espera, es verdad, un puesto de privilegio para sus hijos. Hablará de ello contigo. Pero está entregada a Ti sinceramente. Y cuando se vea libre de su fragilidad humana, que fermenta en ella y en sus hijos, como en otros, como en todos, Hijo mío, será grande en la fe. Es doloroso que todos esperen de Ti un bien humano, un bien que aunque no sea humano, es egoísta. Es el pecado en ellos y su concupiscencia. Aun no ha venido la hora bendita y temida, aunque el amor de Dios y del hombre me la hacen desear, en que anularás el pecado. ¡Oh! ¡Aquella hora! ¡Cómo tiembla el corazón de tu Madre por ella! ¿Qué te harán, Hijo? ¿Hijo Redentor, de cuyo martirio tan grande hablan los Profetas?"
"No te preocupes, Mamá. Dios te ayudará en esa hora. Dios me ayudará y te ayudará y después será la paz. Te lo digo de una vez. Ahora vete que el atardecer está pronto y largo el camino. Te bendigo."
II. 648-652
A. M. D. G.

Domine Iesu,
Humiliem me, exaltem te.

MIRACOLI DI MARIA SANTISSIMA: LORETO, APARECIDA, GUADALUPE, LOURDES, GENAZZANO, FATIMA,

E' LA VERA IMMAGINE DELLA MAMMA DIVINA
QUESTO E' L' UNICO VERO VOLTO DI MARIA 
Santissima Nostra Signora di Guadalupe, La Perfetta 

MIRACOLI DI MARIA

CHE COS’E’ UN MIRACOLO?

"Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva.
E Gesù stese la mano e lo toccò di­cendo: `Lo voglio, sii sanato". E subito la sua lebbra scomparve. " (Mt 8, 1-3)
"Miracolo! Miracolo! È un miracolo!" - grida il popolo, meravigliato dinanzi a quel fenomeno che nessuno è in grado di spiegare. Numerosi altri miracoli sono narrati nel­la Bibbia. Nel corso dei secoli, Dio ha continua­to a intervenire nella storia dei santi e della Chie­sa, operando molti miracoli per il bene dei fedeli. Ma che cos'è esattamente un miracolo?
La Chiesa cattolica ha stabilito i criteri per sapere con certezza se un fatto particolare è mi­racoloso o no.
In primo luogo, ci devono essere documen­ti in grado di dimostrare che il fatto preso in con­siderazione è reale, che non è una frode o il frut­to dell'immaginazione o di un condizionamento psicologico.
In secondo luogo, è necessario che esso sia il risultato di un'esperienza autenticamente reli­giosa.
Infine, il fatto deve essere inspiegabile se­condo le leggi naturali e della scienza.
Ma... sarà possibile che ancor oggi avven­gano miracoli?
Sì, essi si verificano anche ai nostri giorni. Ad esempio, nei processi di beatificazio­ne e canonizzazione, la Chiesa esige la prova dei miracoli, ottenuti attraverso l'intercessione del­la persona che sarà beatificata o canonizzata. La Chiesa è attenta a effettuare un'analisi minuzio­sa, prima di dichiarare che si è trattato effettiva­mente di un miracolo.
È necessario notare che solo Dio è in grado di compiere miracoli, perché solo lui ha il potere di sospendere le leggi della natura. La Madonna e i santi sono semplicemente intercessori presso di Lui per la realizzazione di un miracolo.
Ma a Dio piace agire per mezzo dei santi, specialmente attraverso la Madonna.
Al fine di avvicinare ancor più gli amici e simpatizzanti di questa Madre così formidabile, l'Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione presenta il libretto "Miracoli di Maria".
Sono storie straordinarie di miracoli rea­lizzati per mezzo dell'intercessione della Vergine Maria.
Perciò desideriamo che questa pubblicazio­ne sia per lei, come per coloro che la verranno ad avere tra le mani, portatrice di grande bene e sti­molo ad aver fiducia nella Madonna.


L'IMMAGINE DI GUADALUPE

Nel lontano 1531, un indio saliva sulle colline del Tepeyac, nei dintorni di Città del Messi­co, per assistere ad una lezione di catechismo. Il suo nome era Juan Diego: era un neobattezzato che impressionava tutti per il fervore con cui ave­va abbracciato la religione cattolica.
Giunto in cima alla montagna, egli udì risuo­nare dei canti e, allo stesso tempo, una voce femmi­nile che lo chiamava: - Juan, Juan Dieguito!
Sorpreso, l'indio si diresse verso il luogo da dove proveniva la voce e poté contemplare qualcosa di veramente meraviglioso! Una Signora di bellez­za sovrannaturale stava di fronte a lui. La sua veste irradiava una luce in­tensa e tutto intor­no a lei era trasfor­mato. - Juan Diego
si chinò davanti a lei e udì, incantato, le seguenti parole: - Juanito, il più umile dei miei fi­gli [...]. Io, la Sempre Vergine Maria, Madre del Dio Vivo e del Creatore, desidero che sia costruito qui, subi­to, un tempio. In questo modo potrò mostrare tut­to il mio amore, compassione, soccorso e protezio­ne agli uomini. Io sono la tua pietosa Madre, tua e di tutti gli abitanti di questa terra e di tutti coloro che Mi amano, invocano e confidano in Me. Ascol­to tutti i loro lamenti e curo tutte le loro miserie, af­flizioni e dolori.
Dopo aver detto questo, la Madonna ordinò a Juan Diego di andare al palazzo del Vescovo di Città del Messico e di riferirgli il suo desiderio: che in quel luogo si costruisse un tempio dedicato a Lei. Promise anche che sarebbe stata molto riconoscente per questo e che lo avrebbe ricom­pensato largamente.
Il nostro buon indio obbe­dì. Il Vescovo, pe­rò, non credette al­le sue parole e volle che il veggente por­tasse un segno dalla Madre di Dio.
Juan Diego tornò molto triste e umilmente riferì al­la Vergine l'acca­duto. La Madonna lo incoraggiò e gli chiese di salire in ci­ma alla collina e di cogliere i fiori che avesse trovato.
Giunto in cima, egli rimase incantato dal­la varietà dei fiori sbocciati in pieno inverno su quel suolo arido. Li colse e li portò alla bella Signora. El­la lo inviò nuovamente dal vescovo, a presentargli quei fiori come prova della sua apparizione.
L'indio, pieno di fede, ripose i fiori nel suo mantello - una specie di poncho rustico usato dai contadini aztechi - e si incamminò in direzione del palazzo episcopale.
Quando vi giunse, fu umiliato dai funziona­ri del vescovo: - Tu, ancora? Non sai che il Signor Vescovo è un uomo molto occupato?!
E ancora: - Questa storia della Vergine che ti appare, è un'invenzione tua, vero? Che ci vuoi guadagnare con questo?
- Non sto in­ventando nulla, no! - assicurava l'indio - È tutto vero! La Signo­ra, mia madre, mi ha mandato qui.
- Che cosa porti nascosto lì?
- Sono i fio­ri che ho colto in ci­ma al Tepeyac, disse Juan Diego.
- Guardate! Sono fiori esotici!
- Ma che bei fiori! Non ne ho mai visti di co­sì tanto belli!
1 funzionari erano incantati, ma l'indio ebbe da aspettare ancora molte ore, fino a che, finalmen­te, i funzionari riferirono al vescovo il caso dei fiori, e questi, allora, decise di riceverlo. Quando arrivò al suo cospetto, Diego aprì il suo mantello e i fiori cad­dero. Con sorpresa e meraviglia di tutti, su quella rustica veste appariva una splendida immagine del­la Madonna.
Davanti ad un simile segno, il vescovo si mise in ginocchio, emozionato. Adesso, credeva! Quan­do si alzò era pronto a soddisfare la richiesta della Vergine Santa.
Il vescovo volle che quell'immagine della Ma­donna fosse venerata da tutti i fedeli. Innanzitutto, egli la espose nella cappella del Palazzo e poi nella chiesa principale della città. Lì rimase fino alla fine della costruzione del tempio sul Tepeyac, nel luogo indicato da Juan Diego.
La Madonna di Guadalupe, come cominciò ad esser chiamata, fu proclamata patrona dell'Ame­rica Latina da Papa San Pio X, nel 1910. La sua fe­sta è commemorata il giorno 12 Dicembre.
Al di là della storia e del miracolo, l'immagi­ne della Vergine di Guadalupe porta con sé aspet­ti affascinanti, che an­cor oggi incuriosisco­no scienziati del mon­do intero.
Il mantello dell'indio Juan Diego è tessuto con una fibra grossolana destinata a disfarsi nel tempo: nor­malmente la sua durata è di circa 20 anni. Ormai di anni ne sono passati quasi 500 ed esso si conserva perfetto, come nel giorno del miracolo.
Per 100 anni l'immagine è rimasta espo­sta nella chiesa ed è stata portata in numerose pro­cessioni senza alcuna protezione. Baci e contatti da parte dei fedeli, umidità e polvere: nulla ha compro­messo il tessuto, né l'immagine.
Analizzando le proprietà della pittura, il Dott. Richard Kuhn, Premio Nobel per la Chimica nel 1938, non riuscì a scoprire se la tinta usata fosse di origine vegetale, animale o minerale.
Un test a raggi infrarossi, effettuato da tecni­ci della NASA nel 1979, concluse che il disegno fu realizzato senza abbozzo preliminare.
Tuttavia, la più affascinante scoperta degli studiosi dell'immagine, avvenne durante l'analisi degli occhi della Santissima Vergine.
Dopo vari ingrandimenti della fotografia, con stupore si osservò in entrambi gli occhi la figura di un uomo con la barba.
Più tardi, utilizzando metodi computerizza­ti ad alta tecnologia, si scoprì un dettaglio ancora più impressionante: tutti i personaggi presenti nel­la sala, al momento della consegna dei fiori, incluso lo stesso Juan Diego, sono "fotografati" negli occhi dell'immagine.
Ancora, studi compiuti da numerosi oftalmo­logi hanno rivelato che gli occhi hanno la brillantez­za e la luminosità proprie soltanto di una persona viva!
Questo affascinante insieme di scoperte - per il quale la scienza non ha una spiegazione - potrebbe riassumersi in una sola parola: miraco­lo. Uno dei più stupendi miracoli della Madonna, un vero dono della Madre di Dio ai suoi amati figli d'America.

LOURDES E L'ACQUA MIRACOLOSA

L'11 febbraio 1858, nel piccolo villaggio france­e di Lourdes, una bambina povera di nome Bernardette vide per la prima volta la Vergine Ma­ria. Mentre stava raccogliendo legna nei pressi di una grotta, un improvviso rumore la colse di sor­presa!
Ecco quanto lei stessa racconta di quello che accadde: Un giorno, recatami sulla riva del fiume Gave per raccogliere legna insieme con due fanciulle, sen­tii un rumore. Mi volsi verso il prato ma vidi che gli alberi non si muovevano affatto, per cui levai la te­sta e guardai la grotta. Vidi una Signora rivestita di vesti candide. Indossava un abito bianco ed era cin­ta da una fascia azzurra. Su ognuno dei piedi aveva una rosa d'oro, che era dello stesso colore della coro­na del rosario.
Era la Santissima Vergine che, sorridendo, la invitava ad avvicinarsi a Lei. Timorosa, Berna­dette non avanzò, ma prese il rosario e cominciò a pregare. Lo stesso fece la "bella Signora", che no­nostante non muovesse le labbra, la accompagnava con la sua corona.
Questa è stata la prima di una serie di 18 ap­parizioni in quella grotta. Inizialmente, la giovane Bernadette Soubirous non sapeva chi fosse quella Signora, che però non tardò a rivelare la sua identità: - Io sono l'Immaco­lata Concezione.
La notizia delle ap­parizioni si diffuse in tutti i dintorni, facendo sì che tan­to i credenti come i non cre­denti accorressero a visita­re il sito.
Fu nella nona appa­rizione, il 25 febbraio, che Maria compi un miracolo meraviglioso! Questo mira­colo sta ancora dando i suoi frutti ai giorni nostri, e proprio soltanto la Ma­dre di Misericor­dia, avrebbe po­tuto farci un do­no con così tanta bontà.
La Ma­donna fece sgor­gare una fonte in fondo alla grotta delle apparizio­ni e invitò Santa Bernadette a be­re di quell'acqua.
La fon­te, inizialmente debole, diventò sempre più forte, fino ad arrivare ad una portata di migliaia di litri di acqua al giorno.
In quel luogo venne costruito un Santuario, che Papa Pio IX elevò al rango di Basilica nel 1874. Lourdes è uno dei luoghi più visitati al mon­do. Sono milioni i pellegrini che vi si recano ogni anno e moltissimi malati trovano la guarigione nel­le sue acque miracolose.
Alcune storie sono veramente straordinarie. Il 4 marzo, meno di un mese dopo la prima appari­zione, un bambino di due anni, paralitico, agoniz­zava in una povera casa del villaggio. Il padre, di­sperato nel vedere suo figlio in quello stato, escla­mò tristemente: - Mio figlio è morto!
Al contrario, la madre non piangeva: ave­va la fede delle grandi donne cristiane. Prese tra le braccia il corpo ormai rigido di suo figlio e corse alla grotta di Massabielle. Circa 600 persone erano lì, a pregare e chiedere grazie.
La madre cadde in ginocchio, con il bambi­no moribondo tra le braccia, e pregò con fiducia a voce alta:
- O mia Signora! Io so che tu sei Madre e che hai sofferto per la morte di Tuo Figlio, Gesù Cristo! Per l'amore che ti lega a Lui, guarda il mio dolore e ridà la salute al mio bambino! So che ti è possibile! Io so che ti è possibile, mia Signora!
La madre avanzò in ginocchio fino alla fon­te e immerse il corpo del figlio nell'acqua che era gelida, perché faceva molto freddo, tenendovelo per quindici minuti. Poi lo avvolse in un panno e lo portò a casa. Il giorno dopo, il bambino si svegliò pieno di vita e completamente guarito dalla para­lisi. Questo miracolo fu constatato non solo da nu­merosi fedeli, ma anche da tre medici.
Un'altra guarigione davvero impressionante ci è raccontata dallo stesso miracolato, il medico messicano Manuel Camacho Campbell:
Al tempo in cui ero studente alla Scuola Pre­paratoria di Medicina nel 1918, soffrivo di una la­ringite che mi provocava una fastidiosissima afo­nia, soprattutto perché mi faceva emettere un tono di voce acuto, femminile, sgradevole, dissonante, che non mi permetteva di parlare normalmente. Questo interferiva nei miei studi. Tuttavia, ho continuato a studiare passando alla Facoltà di Medicina, dove ho terminato il mio corso.
Per molti anni sono stato curato da medici specialisti in Messico senza ottenere alcun migliora­mento.
Il Dott. Manuel andò, in seguito, a studia­re in Europa e ne approfittò per consultare un me­dico in Francia. Questi, a sua volta, gli indicò uno specialista in Austria.
Nessuno di loro riusciva a fare una diagno­si precisa...
Gli raccomandarono, allora, di andare a Londra a consultare uno specialista ebreo, il dot­tor Stern. Fu veramente la mano di Dio che lo gui­dò fino a lui.
Così continua, nella sua relazione, il dottor Manuel:
Dopo avermi esaminato con grande cura, il dottor Sterra disse che il mio male era incurabile. So­lo un miracolo avrebbe potuto guarirmi.
Ma il famoso specialista, vedendo una me­daglia della Madonna al collo del Dott. Manuel, gli chiese: - Lei è cattolico?
- Sì, io sono cattolico. Perché?
- Allora, chieda un miracolo, perché se lei guarisce, mi converto alla sua religione.
Dopo questa consultazione medica, invece di scoraggiarsi, il Dott. Manuel pensò:
È da molto tempo che ho voglia di visitare Lourdes. Posso pur sempre andarci e chiedere la mia guarigione a Maria Santissima.
La Madonna di Lourdes era già ben nota al Dott. Manuel. Egli andò, pertanto, a Lourdes, do­ve arrivò proprio nel giorno della festa, l'l1 febbra­io 1931. Inginocchiato e angosciato, si sentiva più malato che mai, al punto da non riuscire quasi a parlare. In quel momento, vide un gruppo di pelle­grini spagnoli che si avvicinava cantando l’Ave Ma­ria di Lourdes.
Il suono di quella melodia, intonata nel­la sua stessa lingua, gli fece nascere il desiderio di unirsi anch'egli al canto.
Ho sentito un impulso irrefrenabile di canta­re con loro e, facendo uno sforzo, ho cantato senza rendermene conto, e quale non è stata la mia sorpre­sa nell'ascoltarmi! La mia voce era quella stessa che avevo perso tanti anni prima. Ero guarito!
Tornato a Londra, il Dott. Manuel Cama­cho cercò il Dott. Stern per ringraziarlo e per fa­re un'ultima visita. Il grande specialista rimase tal­mente stupefatto della guarigione, che compì la sua promessa: si recò a Lourdes dove fu battezza­to.
Numerose altre persone sono guarite da molti mali, per intercessione della Madonna, ba­gnandosi nelle acque di Lourdes.
È noto il caso di un operaio francese che aveva perso gli occhi in seguito ad un'esplosione in una miniera. Tale era la sua fede che, dopo che si fu bagnato nelle acque di Lourdes, la Madonna gli ridiede la vista.
Un altro miracolo bellissimo accadde a un bambino italiano, Paolo Tecchia, di sette anni. Era tetraplegico dalla nascita, e cominciò a muovere gli arti e a camminare perfettamente nel 1974, do­po essersi bagnato in quelle acque benedette. Questi sono solo alcuni esempi degli innu­merevoli miracoli ottenuti per intercessione della Madonna di Lourdes.
L'11 febbraio, data della prima apparizione, è perciò la Giornata Mondiale del Malato.



ED IL SOLE DANZÒ NEI CIELI DI FATIMA

Nel 1917 il mondo era immerso negli orro­ri della Prima Guerra Mondiale. Mai prima d'allora nella storia dell'umanità un conflitto ave­va raggiunto tali proporzioni, con così tragiche conseguenze per la vita di tanti popoli e persone.
Il dolore visitava tutte le case d'Europa. In ogni famiglia si piangeva la perdita di una perso­na cara. Era il pianto addolorato di una madre per il figlio morto, della moglie per il marito, dei figli che erano rimasti senza padre. Il numero delle vit­time sorprendeva il mondo intero!
In questo panorama di dolore Maria, Re­gina della Pace, apparve per la prima volta il 13 Maggio 1917 a tre pastorelli - Lucia, Giacinta e Francesco - a Fatima, in Portogallo.
Lucia, la maggiore dei tre veggenti, descris­se così la prima apparizione della Madonna: Era una Si­gnora tutta vestita di bianco, più luminosa del sole, che risplende­va più chiaramente e più intensamente di un bicchie­re di cristallo pieno d'acqua pura, attraversato dai raggi del sole più ardente.
La Madonna, dalla cima di un alberello, disse ai bambini: - Non abbiate paura, non voglio farvi del male!
- Da dove viene Signora?
- Sono del Cielo! Sono venuta a chiedervi di venire qui per sei mesi consecutivi, il giorno 13, a questa stessa ora. Poi vi dirò chi sono e che cosa voglio. Tornerò ancora una settima volta. Recita­te il Rosario tutti i giorni per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra.
Come promesso, la Madonna apparve, nei cinque mesi successivi, chiedendo ai tre pastorelli di pregare per la conversione dei peccatori. Lasciò anche un messaggio di speranza per l'umanità.
Nel mese di luglio, la Vergine annunciò che in ottobre avrebbe fatto un miraco­lo per dimostrare a tutti l'autentici­tà delle apparizioni.
Giunto il 13 ottobre, data del miracolo promesso, circa 70 mila persone si radunarono a Cova da Iria in attesa del mo­mento dell'apparizione, per vedere che cosa sarebbe suc­cesso.
Con gli ombrelli aper­ti, i fedeli si riparavano dalla pioggia torrenziale che non cessava di cadere. In poche ore, il campo si tra­sformò in un vero pantano.
Lucia chiese a tutti di chiudere gli ombrelli, nonostante continuasse a piovere, e cominciò a re­citare il rosario.
A mezzogiorno, quando le campane del­le chiese suonavano l'Angelus, una nuvola coprì i pastorelli e la Vergine Maria apparve sfolgorante, con un'intensità di luce maggiore rispetto a tutte le altre apparizioni.
La Madre di Dio e nostra fece allora una richiesta, un'importante comunicazione e un ma­terno avvertimento: - Voglio dirvi di edificare qui una cappel­la in mio onore, in quanto sono la Madonna del Rosario e di continuare a pregare il rosario tutti i giorni. La guerra finirà e i soldati torneranno pre­sto alle loro case... È necessario che vi emendia­te, che chiediate perdono dei vostri peccati e che non offendiate più Nostro Signore, che è già mol­to offeso.
Detto questo, la Madonna aprì le sue ma­ni verginali e fece riflettere la loro luce sul Sole. Mentre Ella saliva al Cielo, continuava il riflesso di quella luce che si proiettava nel Sole.
Lucia allora gridò alla moltitudine: - Guardate il Sole!
In quel momento, le nuvole si aprirono e il sole apparve come un immenso disco d'argento. Nonostante la sua intensa brillantezza, poteva es­sere guardato direttamente, senza danneggiare la vista. La gente lo contemplava in silenzio quando, all'improvviso, l'astro si mise a "danzare".
Girava rapidamente come una gigantesca ruota di fuoco. Si fermò di colpo, per poi ricomin­ciare il giro su se stesso con una velocità sorpren­dente. Infine, in un turbine vorticoso, i suoi bordi acquistarono un colore scarlatto, spargendo fiam­me rosse in tutte le direzioni. Questi raggi si riflet­tevano sul suolo, sugli alberi, sui cespugli, sui vi­si rivolti al cielo, riflettendo su di loro tutti i colo­ri dell'arcobaleno.
Il disco di fuoco girò vorticosamente tre volte, con colori sempre più intensi, tremò incre­dibilmente e, descrivendo un enorme zig-zag, ca­lò precipitosamente sulla moltitudine terrorizza­ta. Un unico e immenso grido sfuggì da ogni boc­ca. Tutti caddero in ginocchio nel fango, pensan­do che sarebbero stati consumati dal fuoco. Molti pregavano ad alta voce l'atto di contrizione.
A poco a poco, il sole riprese a salire, trac­ciando lo stesso zig-zag, fino al punto dell'orizzonte da cui era sceso. Diventò allora impossibile fis­sarlo. Era di nuovo il normale sole di tutti i giorni. I prodigi durarono circa 10 minuti e potero­no essere osservati fino ad una distanza di 40 chi­lometri dal luogo delle apparizioni. Tutti si guar­darono turbati. Poi la gioia esplose: - Miracolo, miracolo! I bambini avevano ra­gione!
Le grida di entusiasmo echeggiavano nelle colline circostanti, e molti notarono che i loro ve­stiti, inzuppati fino a pochi minuti prima, erano ora completamente asciutti.
Il miracolo del sole fu ottenuto dalla Ma­donna per dimostrare a tutti l'autenticità delle sue apparizioni a Fatima.



LA PITTURA CHE SCESE DAL CIELO A GENAZZANO

Miracolo! Miracolo!
È l'unico modo per descrivere il fatto veri­ficatosi in Italia, a Genazzano (Roma), il 25 apri­le del 1467, giorno della festa del suo patrono, San Marco.
La popolazione di quella città contemplò estasiata una nuvola bianca a forma di colonna, che diffondeva raggi di luce, sorvolando i cieli del piccolo paese. Dopo essere rimasta per un certo tempo sospesa nell'aria, essa discese in direzio­ne di una chiesa in costruzione e si appoggiò con­tro una parete incompiuta. A quel punto la nuvola scomparve, la­sciando al suo po­sto una bella im­magine della Ver­gine Madre di Dio con Gesù Bambi­no in braccio.
In quel mo­mento le campa­ne della chiesa co­minciarono a suo­nare e i fedeli pre­senti videro per­fettamente che nessuno le azionava. Presto anche tutte le campa­ne dei dintorni si misero a suonare, esprimendo la gioia del Cielo per l'arrivo dell'immagine.
La chiesa in costruzione era dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, su iniziativa di una vedova di nome Petruccia, molto devota di Maria. Questa buona signora riceveva piccoli aiuti per la costruzione, ma il più delle volte quello che le toc­cava sentire erano parole di scherno e di discre­dito. Con l'arrivo miracoloso dell'immagine, giun­sero da tutte le parti generosi contributi e l'opera poté essere portata a termine in breve tempo.
La notizia del meraviglioso evento giunse a Roma e attirò molti pellegrini a Genazzano. Tra di loro vi furono due albanesi - Georgio e De Scla­vis - testimoni a loro volta di un altro impressio­nante miracolo.
Molto preoccupati per il futuro della lo­ro patria, in serio pericolo di essere invasa dal­le truppe turche, angosciati, andarono a prega­re davanti all'Immagine della Patrona dell'Alba­nia, uno splendido affresco dipinto nel santuario della città di Scutari. Dopo un po' di tempo, vi­dero con stupore l'affresco staccarsi dalla parete con un sottile strato di gesso e volare verso il ma­re Adriatico.
Seguirono allora l'immagine fino alla riva del mare e vedendo che seguitava il suo cammi­no, sorvolando la superficie, pensarono che non l'avrebbero mai più rivista...
Un'ispirazione fece loro ricordare San Pie­tro, che miracolosamente camminò sulle acque. Pieni di fede, avanzarono nel mare, camminan­do sulle acque, come se fossero su terra ferma, se­guendo sempre la venerata immagine. Così attra­versarono il mare Adriatico.
Al loro arrivo in Italia, la persero di vista e ne furono sconfortati, finché un giorno, a Roma, vennero a sapere che un affresco della Madonna era disceso dal cielo e si era posato nella vicina cit­tà di Genazzano.
La notizia della miracolosa apparizione dell'affresco si diffuse in tutto il paese con una velocità impressionante. Immediatamente iniziò una vera e propria valanga di miracoli: un paraliti­co cominciò a camminare, una cieca riacquistò la vista, un giovane morto da poco resuscitò.
Nei primi 110 giorni la Madre del Buon Consiglio realizzò 161 miracoli a favore dei suoi fedeli devoti.
I padri agostiniani, incaricati del Santua­rio del Buon Consiglio custodiscono ancor oggi il registro dei miracoli effet­tuati subito dopo l'apparizio­ne dell'affresco della Madon­na. Vediamone alcuni, a titolo di esempio:
Giorno 8 maggio: Sono guarite oggi Francesca Cecca­relli, di Paliano [FR], cieca fin dall'infanzia, e debole per tutta la sua vita e Minna di Giovan Capozzo, di Cave [Roma], che da tempo era divenuta invalida, in quasi tutte le sue membra.
Giorno 18 maggio: Oggi, nella Santa Cappella, è guarito Antonio Guastacavalli, di Fra­scati [Roma], paralitico, che da dodici anni non riusciva a muoversi e nemmeno a sostenersi in piedi.
Giorno 3 giugno: Oggi, la signora Antonia, di Castel Sanguigno, moglie di Antonio Conti di Montefortino [FM], gravemente colpita da un attac­co apoplettico, a causa del quale ha perso la sensi­bilità di tutto il lato destro, condotta con difficoltà alla Santa Cappella, si è ritrovata immediatamente guarita, completamente sana, dopo essersi trascina­ta per tre anni e sette mesi della sua vita con la ma­lattia.
Ancora oggi l'immagine della Madonna del Buon Consiglio si trova misteriosamente sospesa in aria, invocata da oltre 500 anni! E, cosa ecce­zionale, rimane tuttora sospesa in aria alla distan­za di un paio di centimetri dal muro della cappella laterale del suo Santuario, a Genazzano.
Italiani e pellegrini provenienti da tutto il mondo continuano a venire a Genazzano per chiedere l'intercessione della Madonna, davanti al santo affresco.
Mai Maria rinuncia a soddisfare le richieste dei suoi figli e devoti.



LA CASA DI LORETO 

Ancor più impressionante del vedere un affre­co di Maria attraversare il cielo è il vedere la casa dove visse la Sacra Famiglia essere traspor­tata da Nazaret, in Terra Santa, fino alle coste ita­liane. Come si verificò tale prodigio?
Dopo la conquista della Terra Santa da par­te di Saladino, molte delle chiese cristiane lì esi­stenti furono distrutte o trasformate in moschee. La Basilica dell'Annunciazione, costruita a Naza­ret per ospitare la casa in cui era vissuta la Sacra Famiglia, fu demolita, ma la casa rimase intatta.
In circostanze del tutto inspiegabili, essa fu trasportata in aria la mattina del 10 maggio 1291
fino a Tersatz, città della Dalmazia, ora facente parte della Croazia.
All'alba, gli abitanti di Tersatz guardaro­no stupiti quella costruzione così strana in quella regione e che, misteriosamente, non era dotata di fondamenta ... All'interno c'era un altare di pietra con una statua della Madonna che teneva in brac­cio il Bambino Gesù.
La grazia li ispirò a riconoscere quella casa come la dimora della Sacra Famiglia. Segnalarono l'accaduto al vescovo, che era gravemente ammalato. Egli chiese allora un se­gnale alla Madre di Dio: se fosse guarito, questa sarebbe stata la prova che si trattava proprio del­la casa di Gesù e Maria. Il giorno seguente, com­pletamente guarito, comparve presso la casa, sano e vigoroso, riferendo a tutti gli abitanti il miraco­lo compiuto dalla Vergine a suo favore. Riunì, al­lora, una commissione di uomini degni di fiducia e andò a Nazaret, dove constatò con i propri occhi che nell'antico luogo dove era stata costruita la ca­sa di Maria, c'erano soltanto le fondamenta!
Il 10 dicembre 1294, a soli tre anni e mez­zo dal suo dislocamento a Tersatz, la preziosa casa scomparve misteriosamente così come era apparsa ... Sul luogo venne costruita una cappella in me­moria dell'accaduto.
Lo stesso giorno, portata da mani ange­liche, la Santa Casa di Nazaret attraversò il Mar Adriatico e si posò in Italia, vicino alla città di Re­canati (MC), in mezzo a un boschetto di allori. E dall'alloro (laurum in latino) deriva il nome di Lo­reto, dato alla città che vi fu poi costruita.
Molti abitanti della regione poterono vede­re, meravigliati, la casa tutta illuminata mentre volava di notte, nel cielo italiano, come in un rac­conto di fate.
La notizia si diffuse molto rapidamente e i devoti affluirono da tutte le località vicine per vi­sitare la casa della Sacra Famiglia.
Che quella casa si fosse posata miracolosa­mente a Loreto non c'erano dubbi, perché il nu­mero dei testimoni fu incalcolabile. Tuttavia, la questione ancora da chiarire era se si trattasse davvero della casa della Sacra Famiglia. Dopo tut­to, non si trovava a Tersatz in Dalmazia?
Venne organizzata allora, ancora una vol­ta, una commissione di uomini illustri della zona, che si recarono a Tersatz per verificare la questio­ne. Una volta arrivati, poterono constatare che la casa non c'era più. Ascoltarono anche il racconto degli abitanti sul suo arrivo e sulla sua misteriosa scomparsa.
La stessa commissione partì allora alla vol­ta della città di Nazaret, dove effettuò una verifica minuziosa, confermando che le fondamenta del­la casa della Sacra Famiglia coincidevano esatta­mente con la casa trasportata miracolosamente a Loreto.
In quella casa erano vissuti la Madonna e San Giuseppe, prima della nascita di Cristo. Lì l'angelo Gabriele annunciò a Maria che sarebbe stata la madre del Messia e fu in quel luogo che il Verbo di Dio Si fece carne. Quelle pareti erano state testimoni della crescita del Bambino Gesù e della maggior parte della sua vita terrena.
Oggi, i visitatori della Santa Casa di Lore­to leggono una frase che causa una viva emozione: Qui il Verbo di Dio Si è fatto carne!






IL BEATO FRATE EGIDIO E LA VERGINITA' Dl MARIA

Le cronache dell'Ordine Francescano riferisco­o un avvenimento davvero miracoloso, oc­corso ad uno dei primi discepoli di San Francesco: il Beato Frate Egidio di Assisi.
Viveva in quell'epoca un frate domenicano che da molti anni era fortemente tentato dal dubbio riguardo alla Verginità Perpetua di Maria.
Afflitto dal problema che non riusciva a ri­solvere, decise di cercare Frate Egidio di Assisi, no­to non solo per la sua santità e saggezza, ma anche perché aveva il dono di calmare le coscienze turba­te.
Mentre il domenicano si stava ancora avvici­nando al convento, frate Egidio, illuminato da Dio, gli venne incontro e, dopo averlo salutato, gli disse:
- Fratello, la Santissima Madre di Dio, Ma­ria, era vergine prima di dare alla luce, Suo Figlio Gesù.
Così dicendo, batté il bastone per terra. Ac­cadde allora un fatto straordinario: improvvisamen­te sbocciò un giglio bianco e bello!
Subito dopo Frate Egidio batté di nuovo per terra e ripeté: - Fratello, Maria Santissima era vergine quando diede alla luce Suo figlio Gesù.
E nacque in quel luogo un secondo giglio, an­cora più bello del primo.
Frate Egidio colpi per la terza volta la terra e disse: - Fratello domenicano, Maria Santissima ri­mase vergine dopo aver dato alla luce Suo figlio Ge­sù.
E nacque allora un terzo giglio che, in bellez­za e candore, superava gli altri due.
Dopo aver operato questo miracolo meravi­glioso, Frate Egidio tornò umilmente nel convento, come se nulla fosse accaduto.
E al nostro domenicano, che cosa successe? Fu veramente stupefatto di quello che vide e com­pletamente liberato dalle tentazioni che lo avevano afflitto.
Poi con la massima cura raccolse i tre gigli e li conservò come prova della Verginità Perpetua della Santissima Vergine.



LA MADONNA APARECIDA, PATRONA DEL BRASILE

Quando il Brasile era ancora una colonia del Portogallo, nel lontano 1716, il re Giovanni V nominò Capitano Generale di San Paolo e Mi­nas Gerais, Don Pietro Michele de Almeida Por­tugal e Vasconcelos, meglio conosciuto come il Conte di Assumar. Uomo di elevata nobiltà, che in seguito sarebbe diventato Viceré dell'India.
Il Conte di Assumar, assunta la Capitaneria di San Paolo il 4 Settembre del 1717, partì con il suo seguito per Minas Gerais. A metà del cammino era prevista una sosta a Guaratinguetâ, per pernottare. Non era usuale una visita di tale importanza in quelle terre... Il comune di Guaratinguetâ, mol­to povero, si trovò improvvisamente con la respon­sabilità di rifornire riccamente la tavola di quell'illu­stre capitano. Sorse allora l'idea di offrirgli un pasto a base di pesce del fiume Paraiba. Pertanto, furono convocati Domingos Garcia, Felipe Pedroso e Joâo Alves, esperti pescatori della regione.
Essi si misero subito al lavoro, ma navigaro­no lungo il fiume senza ottenere nulla. Quando rag­giunsero il porto di Itaguaçu, Joâo Alves gettò la sua rete con l'ultima speranza di trovare del pesce. Dopo qualche tempo di attesa, senti che qualcosa si era impigliato nella sua rete. Egli la tirò in barca con ansia. Ben presto, però, vide che non si trattava di un pesce, ma del corpo senza testa di una statua della Madonna della Concezione!
Lo stesso Joâo Alves gettò ancora una vol­ta la rete e ben presto sentì che vi era qualcosa ma quello che trovò era la testa della statua della Ma­donna della Concezione, e non i tanto anelati pe­sci...
I tre pescatori gettarono le reti di nuovo e questa volta, con grande sorpresa di tutti esse, si ri­empirono di pesci. Ce n'erano talmente tanti che ai tre uomini venne immediatamente in mente l'episo­dio della pesca miracolosa, narrato nel Vangelo.
Nel loro semplice racconto, riferirono che per poco la barca non affondò, tale era la quantità di pesce che riuscirono a catturare, grazie all'aiuto del­la Santissima Vergine.
Pieni di gioia, andarono al Comune di Gua­ratinguetâ a portare il pesce e raccontare ciò che era accaduto, alle autorità competenti, tuttavia, pri­ma ebbero l'avvertenza di lasciare la statua a Silva­na da Rocha, madre di Joâo Alves. Lì la avvolsero in panni e la posero in un baule.
Quella casa divenne la prima cappella della Madonna di Aparecida. Il nome le fu dato proprio per il fatto che essa era " apparsa" dal fondo del fiu­me Paraíba.
Il popolo semplice e devoto dei dintorni ven­ne a visitare la statua, per pregare il rosario e chie­dere grazie alla Madonna. Presto si verificarono ca­si di grazie straordinarie e miracoli ottenuti per in­tercessione dell'Aparecida.
La fama dei miracoli si diffuse a tal punto che il vicario della parrocchia, don José Alves Vi­lela, costruì una piccola cappella per la Statua. Più tardi, nel 1745, fu costruita una cappella più grande, in cima al collina dei Coqueiros.
Nel 1834 fu costruita una bella chiesa che ri­cevette il titolo di Basilica Minore il 29 aprile 1928. Per la felicità del popolo brasiliano, nel 1929, Papa Pio XI proclamò la Madonna Aparecida, Re­gina e Patrona del Brasile.
Con la crescita della devozione alla Madon­na di Aparecida, il numero dei pellegrini è talmen­te aumentato che la Basilica Minore non contene­va più i visitatori. Per questo motivo, nel 1955 i Mis­sionari Redentoristi, diedero inizio alla costruzione della nuova basilica, che è, attualmente, il più gran­de santuario mariano del mondo.
Non c'è chi visiti questo Santuario e non ri­manga stupito per la quantità di ex-voto, che occu­pano un ampio salone. La "sala dei miracoli" - come viene chiamata - è la prova più evidente di quanto la Madonna di Aparecida ami il popolo brasiliano! Vi si vedono numerose e commoventi testi­monianze del potere di intercessione di Maria: in­fermi che sono tornati a camminare, muti che han­no cominciato a parlare, ciechi che hanno recupera­to la vista, persone con problemi cardiaci, che sono state completamente guarite...
Uno dei primi miracoli registrati negli annali della Storia della Madonna di Aparecida si è verifi­cato con uno schiavo fuggitivo.
Stanco dei maltrattamenti che riceveva nella fattoria del suo padrone, in Paranâ, uno schiavo di nome Zaccaria decise di fuggire.
Il proprietario terriero inferocito assun­se allora un esperto cacciatore per catturarlo. Do­po molte ricerche, costui trovò lo schiavo fuggitivo a San Paolo, vicino alla località di Bananal. Zaccaria, con catene e ceppi ai piedi e alle mani, fu legato al cavallo per essere riportato al Paranâ.
Lungo la strada, passando davanti alla cap­pella della Madonna Aparecida, Zaccaria, sfinito e affamato, chiese alla sua guardia di dargli qualche minuto di riposo e il permesso di pregare nella chie­sa. I suoi piedi scalzi erano gonfi e feriti dalle pietre della strada.
Il caposquadra glielo concesse, ma non ri­mosse le catene e i ceppi dello schiavo, per paura che egli scappasse di nuovo. Pieno di fede, egli fece alcuni passi all'interno della cappella, cadde in gi­nocchio nel mezzo del corridoio e pregò, chieden­do alla Madre di Dio che lo liberasse. Erano presen­ti in quel momento molti devoti, compresi gli alunni di una scuola vicina. Pieni di stupore, tutti videro le catene ai piedi e alle mani aprirsi miracolosamente, lasciando completamente libero lo schiavo.
Col volto bagnato di lacrime, tenendo in ma­no le catene, Zaccaria si diresse verso l'altare do­ve c'era la statua della Madonna Aparecida, e com­mosso, rese grazie per la liberazione che aveva otte­nuto con la Sua intercessione.
Quanto al caposquadra, che aveva assistito a tutto, quale fu la sua reazione? Anche lui fu tocca­to dalla grazia! Esaminò le catene e constatò che si erano rotte. Non potendo negare il miracolo, deci­se allora di lasciare libero Zaccaria. Chiese però al tesoriere della chiesa, che era presente, una dichia­razione che registrasse quanto era successo, da mo­strare al proprietario terriero che lo aveva assunto.
Con il documento in mano, tornò da solo a Paranâ e Zaccaria rimase a vivere presso il Santua­rio di Aparecida.


Mater Boni Consilii
Virgo Maria,
Nihil cogitem nisi te.