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sabato 16 luglio 2016

Linee essenziali del carattere di apostoli

Gli eroi del Cristo. Gli eroi del Cielo.
<< ...No. Non piangete, o voi migliori. Non piangete. Io non vi porto rancore, né sono intransigente per vedervi così tardi. Siete appena presi e non posso pretendere che siate perfetti. 

Ma non lo pretenderò neppure fra anni, dopo aver detto cento e duecento volte le stesse cose inutilmente. 

Anzi, udite, fra anni sarete, almeno alcuni, meno ardenti di ora che siete neofiti. 
La vita è così... l'umanità è così... Perde lo slancio dopo il primo balzo. Ma (Gesù si alza di scatto) ma Io vi giuro che Io vincerò. Depurati per natural selezione, fortificati da soprannaturale mistura, voi migliori diverrete i miei eroi.

La potenza dei Cesari sarà polvere rispetto alla regalità del vostro sacerdozio. Voi, poveri pescatori di Galilea, voi ignoti giudei, voi, numeri fra la massa degli uomini presenti, sarete più noti, acclamati, venerati di Cesare e di tutti i Cesari che ebbe e avrà la Terra. Voi noti, voi benedetti in un prossimo futuro e nel più remoto dei secoli, sino alla fine del mondo. A questa sublime sorte Io vi eleggo. Voi che siete onesti nella
volontà. E, perché di essa siate capaci, vi do le linee essenziali del vostro carattere di apostoli.

*
Esser sempre vigili e pronti.
I vostri lombi siano cinti, sempre cinti, e le vostre lampade accese come è di coloro che da un attimo all'altro devono partire o correre incontro ad un che arriva. E infatti voi siete, voi sarete, sin che la morte vi fermi, gli instancabili pellegrini alla ricerca di chi è errante; e finché la morte la spenga, la vostra lampada deve esser tenuta alta e accesa per indicare la via agli sviati che vengono verso l'ovile di Cristo.

Fedeli dovete essere al Padrone che vi ha preposti a questo servizio. Sarà premiato quel servo che il Padrone trova sempre vigilante e che la morte sorprende in stato di grazia.
Non potete, non dovete dire: "Io sono giovane. Ho tempo di fare questo e quello, e poi pensare al Padrone, alla morte, all'anima mia".  
Muoiono i giovani come i vecchi, i forti come i deboli. E all'assalto della tentazione sono vecchi e giovani, forti e deboli, ugualmente soggetti. Guardate che l'anima può morire prima del corpo e voi potete portare, senza sapere, in giro un' anima putrida. È così insensibile il morire di un'anima! Come la morte di un fiore. Non ha grido, non ha convulsione... china solo la sua fiamma come corolla stanca, e si spegne.
Dopo, molto dopo talora, immediatamente dopo talaltra, il corpo si accorge di portare dentro un cadavere verminoso, e diviene folle di spavento, e si uccide per sfuggire a quel connubio...
Oh! non sfugge! Cade proprio con la sua anima verminosa su un brulicare di serpi nella Geenna.

Non siate disonesti come sensali o causidici che parteggiano per due opposti clienti, non siate falsi come i politicanti che dicono "amico" a questo e a quello, e poi sono di questo e di quello nemici. Non pensate di agire in due modi. Dio non si irride e non si inganna. Fate con gli uomini come fate con Dio, perché offesa fatta agli uomini è come fatta a Dio. Vogliate che Dio veda voi quali volete esser veduti dagli uomini.

Siate umili.
Non potete rimproverare il vostro Maestro di non esserlo. Io vi do l'esempio. Fate come faccio.
Umili, dolci, pazienti. Il mondo si conquista con questo. Non con violenza e forza.

Forti e violenti siate contro i vostri vizi. Sradicateli, a costo di lacerarvi anche lembi di cuore. Vi ho detto, giorni or sono, di vigilare gli sguardi. Ma non lo sapete fare. Io vi dico: meglio sarebbe diveniste ciechi con lo strapparvi gli occhi ingordi, anziché divenire lussuriosi.

Siate sinceri. Io sono Verità. Nelle eccelse come nelle umane cose. Voglio siate schietti voi pure. Perché andare con inganno o con Me, o coi fratelli, o con il prossimo? Perché giocare di inganno? Che? Tanto orgogliosi qual siete, e non avete l'orgoglio di dire: "Voglio non esser trovato bugiardo"?


E schietti siate con Dio. Credete di ingannarlo con forme di orazione lunghe e palesi? Oh! poveri figli! Dio vede il cuore! Siate casti nel fare il bene. Anche nel fare elemosina. Un pubblicano ha saputo esserlo prima della sua conversione. E voi non lo sapreste? Sì, ti lodo, Matteo, della casta offerta settimanale che Io e il Padre solo conoscevamo tua, e ti cito ad esempio. È una castità anche questa, amici. Non scoprire la vostra bontà come non scoprireste una figlia giovinetta agli occhi di una folla. Siate vergini nel fare il bene. È vergine l'atto buono quando è esente da connubio di pensiero di lode e di stima o da fomite di superbia.

Siate sposi fedeli della vostra vocazione a Dio. Non potete servire due padroni. Il letto nuziale non può accogliere due spose contemporaneamente. Dio e Satana non possono dividersi i vostri amplessi. L'uomo non può, e non lo possono né Dio né Satana, condividere un triplice abbraccio in antitesi fra i tre che se lo dànno.

Siate alieni da fame d'oro come da fame di carne, da fame di carne come da fame di potenza. Satana questo vi offre. Oh! le sue bugiarde ricchezze! Onori, riuscita, potere, dovizie: mercati osceni che hanno a moneta la vostra anima. Siate contenti del poco. Dio vi dà il necessario. Basta. Questo ve lo garantisce come lo garantisce all'uccello dell'aria, e voi siete da ben più degli uccelli.

Ma vuole da voi fiducia e morigeratezza. Se avrete fiducia, Egli non vi deluderà. Se avrete morigeratezza, il suo dono giornaliero vi basterà. Non siate pagani, pur essendo, di nome, di Dio. Pagani sono coloro che, più che Dio, amano l'oro e il potere per apparire dei semidei. Siate santi e sarete simili a Dio nell'eternità.

Non siate intransigenti. Tutti peccatori, vogliate essere con gli altri come vorreste che gli altri con voi fossero: ossia pieni di compatimento e perdono. Non giudicate. Oh! non giudicate! Da poco siete con Me, eppure vedete quante volte già Io, innocente, fui a torto mal giudicato e accusato di peccati inesistenti. Il mal giudizio è offesa. E solo chi è santo vero non risponde offesa ad offesa. Perciò astenetevi da offendere per non essere offesi. Non mancherete così né alla carità né alla santa, cara, soave umiltà, la nemica di Satana insieme alla castità. Perdonate, perdonate sempre. Dite: "Perdono, o Padre, per essere da Te perdonato dei miei infiniti peccati".

Miglioratevi d'ora in ora, con pazienza, con fermezza, con eroicità. E chi vi dice che divenire buoni non sia penoso? Anzi vi dico: è fatica più grande di tutte. Ma il premio è il Cielo e merita perciò consumarsi in questa fatica.

E amate. Oh! quale, quale parola devo dire per persuadervi all'amore? Nessuna ve ne è atta a convertirvi ad esso, poveri uomini che Satana aizza! E allora, ecco Io dico: "Padre, affretta l'ora del lavacro. Questa terra e questo tuo gregge è arido e malato. Ma vi è una rugiada che lo può molcere e mondare. Apri, apri la fonte di essa. Me apri, Me. Ecco, Padre. Io ardo di fare il tuo desiderio che è il mio e quello dell'Amore eterno. Padre, Padre, Padre! Guarda il tuo Agnello e siine il Sacrificatore"».

Gesù è realmente ispirato. Ritto in piedi, a braccia aperte a croce, il volto verso il cielo, coll'azzurro del lago di dietro, nella sua veste di lino, pare un arcangelo orante.
Mi si annulla il vedere su questo suo atto.>>

M.Valtorta: L'Evangelo come mi è stato rivelato

"MISERERE NOSTRI,
REGINA GLORIAE ET HONORIS,
ET DE OMNI PERICULO
CUSTODI VITAM NOSTRAM!"

venerdì 24 ottobre 2014

"Stimoli che mi spingevano a predicare" San Antonio Maria CLARET


CAPITOLO XII
Stimoli che mi spingevano a predicare, e cioè:
l'esempio dei Profeti, di  Gesù Cristo, degli Apostoli, dei S.S. Padri, dei Santi.


214 - Oltre a questo amore, che ho sempre sentito per i poveri peccatori, mi  muove a lavorare per la loro salvezza l'esempio dei Profeti, di Gesù Cristo,  degli Apostoli, dei santi, delle sante. Ho letto spesso le loro vite; e i passi  più interessanti li annotavo a mia utilità e profitto e per vieppiù spronarmi.  Riporterò qui alcuni frammenti.

215 - Il profeta Isaia, figlio di Amos, della regale famiglia di David,  profetizzava e predicava. Suo principale scopo era di palesare agli abitanti di Gerusalemme e agli altri Ebrei, le loro infedeltà, e annunziare il castigo di  Dio che sarebbe venuto dagli Assiri e dai Caldei, come difatti avvenne.  L'empio Re Manasse, suo cognato, gli tolse la vita, facendo che fosse segato a  metà.

216 - Il profeta Geremia, profetizzò per quaranticinque anni. Suo  principale scopo fu quello di esortare alla penitenza il suo popolo,  annunciandogli i castighi che gli avrebbe inviato il Signore. Fu condotto in  Egitto, e a Taphnis, città principale, morì lapidato dagli stessi Giudei. La nota caratteristica di questo grande profeta é una tenerissima carità verso  il prossimo, piena di compassione per i suoi malanni, non solo spirituali, ma  anche corporali; carità che non gli dava requie. Fu così che in mezzo al  tumulto della guerra, in mezzo al disordine del regno, il quale andava alla  rovina, e durante l'assedio di Gerusalemme e nella grande mortalità del popolo,  lavorò sempre con molto ardore per la salvezza dei suoi concittadini. Per  questo fu chiamato bellamente amante dei suoi fratelli e del popolo d'Israele.

217 - Il profeta Ezechiele profetizzò e predicò per vent'anni, ed ebbe  la gloria di morire martire della giustizia. Fu ucciso presso Babilonia dal  capo del suo popolo, perché gli rimproverava il culto reso agli idoli.

218 - Il profeta Daniele ricco di incredibili doni, come i più grandi  profeti. Egli non solo predisse cose future, come gli altri profeti, ma  precisò il tempo in cui sarebbero accadute. Per invidia fu gettato nella fossa  dei leoni; ma Dio lo liberò.

219 - Il profeta Elia fu uomo di fervente ed efficacissima preghiera, di  grande e straordinario zelo, e fu perseguitato a morte, anche se non morì, ma  fu rapito da un carro di fuoco.

220 - L'Ecclesiastico, parlando dei dodici Profeti, detti Minori solo perché gli scritti che lasciarono sono brevi, dice che  restaurarono la casa di Giacobbe e salvarono se stessi con la virtù della fede.

221 - Ma quello che più mi ha mosso é stato l'esempio di Gesù Cristo. Egli andava da un paese all'altro, predicando sempre; e non solamente nei paesi  grandi, ma anche nei villaggi e nei casolari, persino a una donna sola, come  fece con la Samaritana, quantunque stanco per il lungo cammino, assetato e in  un'ora scomoda per Lui e per la donna.

222 - Fin dal principio rimasi incantato dello stile usato da Gesù nella  predicazione. Che similitudini! Che parabole! Io mi proposi di imitarlo con  paragoni, esempi e semplicità di stile. Che persecuzioni! Fu posto come segno  di contraddizione, perseguitato nella dottrina, nelle opere, nella persona, fino  a togliergli la vita tra villanie, tormenti e insulti, e con la morte più  ignominiosa che c'é sulla terra.

223 - Molto pure mi muoveva la lettura di quello che fecero gli Apostoli.  L'Apostolo S. Pietro, nella prima predica convertì tremila uomini, e nella  seconda cinquemila. Con che zelo e fervore doveva predicare! Che dire poi di  S. Giacomo, di S. Giovanni e di tutti gli altri? Con che sollecitudine, con  che zelo correvano da un regno all'altro! Con che zelo predicavano, senza paure  né umani rispetti, consapevoli che si deve obbedire prima a Dio poi agli  uomini. Così risposero agli scribi e ai farisei quando comandarono di non  predicare più. Se venivano flagellati, non per questo si impaurivano e  desistevano dal predicare; che anzi, si ritenevano felici e beati d'aver potuto  soffrire qualche cosa per Gesù Cristo.

224 - Ma é lo zelo dell'apostolo San Paolo che più m'entusiasma. Come corre da  una all'altra parte, portando come vaso d'elezione la dottrina di Gesù Cristo!  Predica, scrive, insegna nelle sinagoghe, nelle carceri e in tutte le parti.  Lavora e fa lavorare opportunamente e importunamente; soffre flagelli,  lapidazioni, persecuzioni di ogni sorta, le calunnie più atroci; ma non si  spaventa, al contrario, si compiace nelle tribolazioni, e giunge ad affermare di  non gloriarsi che nella croce di Gesù Cristo.

225 - Molto mi incoraggia anche la lettura delle vite e delle opere dei Santi Padri: S. Ignazio martire; S. Ireneo; S. Clemente presbitero di  Alessandria; S. Ilario; S. Cirillo; S. Efrem; S. Basilio; S. Gregorio  Nazianzeno; S. Gregorio Vescovo di Nissa; S. Ambrogio; S. Epifanio; S.  Girolamo; S. Paolino; S. Giovanni Crisostomo; S. Agostino; S. Cirillo  d'Alessandria; S. Prospero; Teodoreto; S. Leone Magno; S. Cesareo; S. Gregorio  Magno; S. Giovanni Damasceno; S. Anselmo; S. Bernardo.

226 - Leggevo assai di frequente le vite dei santi che si sono distinti nello  zelo per la salvezza delle anime, e ho constatato che mi fanno bene, perché mi  ripeto quelle parole di S. Agostino: Tu non eris sicut isti et istae?  E tu non sarai, non lavorerai per la salvezza delle anime, come lavorarono  questi e queste? [Confes. l. 18, c. 11] Le vite dei santi che mi commovevano di più, sono le  seguenti: S. Domenico, S. Francesco d'Assisi, S. Antonio di Padova, S. Giovanni  Nepomuceno, S. Vincenzo Ferreri, S. Bernardino di Siena, S. Tommaso da  Villanova, S. Ignazio di Loyola, S. Filippo Neri, S. Francesco Saverio, S.  Francesco Borgia, S. Camillo de Lellis, S. Carlo Borromeo, S. Francesco Regis,  S. Vincenzo de' Paoli, S. Francesco di Sales.

227 - Nelle vite e sulle opere di questi santi meditavo, e questa meditazione  accendeva in me un fuoco tanto grande che non mi dava riposo. Avevo bisogno di andare, correre da una parte all'altra, predicando  continuamente. Non posso ridire quel che provavo in me. Non sentivo la fatica,  né mi intimorivano le calunnie più atroci che mi muovevano, né temevo le  persecuzioni più grandi. Tutto mi era dolce, pur di guadagnare anime, a Gesù  Cristo, al cielo, e preservarle dall'inferno.

228 - Prima di chiudere questo capitolo, voglio parlare di due modelli di zelo  veramente apostolico, che mi hanno sempre commosso. Uno é il Ven. P. Diego di  Cadice, e l'altro é il P. Maestro d'Avila. Del primo si legge nella sua vita: Il  Servo di Dio, mosso dallo zelo di guadagnare anime a Cristo, si consacrò per  tutta la vita al ministero apostolico, senza mai riposare. Intraprendeva  continuamente lunghi viaggi, che faceva sempre a piedi, senza paura dei disagi  delle stagioni, passando da un luogo a un altro per annunziare la divina parola  e cogliere il prezioso frutto. Si caricava di cilici, si disciplinava due volte  al giorno e osservava un rigorosissimo digiuno. Suo riposo, la notte, dopo le  fatiche del giorno, era il porsi a pregare davanti al Santissimo Sacramento,  del quale era tanto devoto, da nutrire per Esso l'amore più tenero e vivo.

229 - Dalla vita del P. Avila. Il suo equipaggio consisteva in  un  asinello, di cui, lui e i suoi compagni si servivano a tratti, sul quale  caricavano mantelli, bisacce con una scatola di ostie per celebrare la S.  Messa, cilici, rosari, medaglie, stampe, filo e pinzette per confezionare  corone con le proprie mani. Nulla portava da mangiare, confidando solo nella  divina Provvidenza. Raramente mangiava carne; di solito, pane e frutta.

230 - I suoi sermoni duravano di solito due ore; ed era tanta la copia delle  similitudini, che gli era molto difficile impiegare meno tempo. Predicava con  tanta chiarezza che tutti lo capivano e non si stancavano di ascoltarlo. Giorno  e notte, non pensava che a propagare il regno di Dio, la riforma dei costumi e  la conversione dei peccatori. Per comporre i suoi sermoni non rimestava molti  libri, né li caricava di troppe idee, o esempi della Scrittura, o altre gale.  Gli bastava un argomento e lanciare un grido per accendere il cuore di chi  ascoltava.

231- Al tempo che il P. Avila predicava a Granada, c'era un altro predicatore,  il più famoso di quel tempo. Quando i fedeli uscivano da qualche sua predica,  facevano grandi meraviglie per le tante e così belle cose, tanto egregiamente  esposte e tanto proficue; ma dopo aver ascoltato il P. Avila, andavano tutti a  testa bassa, muti, senza parole, raccolti e compunti dalla forza della verità,  della virtù e della eccellenza dell'oratore.

232 - Il principale fine che si proponeva la sua predicazione era di liberare  le anime dall'infelice stato della colpa, manifestando la bruttezza del  peccato, l'indignazione di Dio e i castighi orrendi che attendono i peccatori  impenitenti, e il premio offerto a quelli che si pentono veramente; concedendo  il Signore tanta efficacia alle sue parole, che dice il Venerabile Fr. Luigi da Granada: «Un giorno lo udii deprecare la malvagità di coloro che per un  godimento bestiale, non si peritano di offendere Dio, prendendo da Geremia  questa citazione: Obstupescite coeli super hoc, e posso assicurare che  lo disse tanto compreso di spavento che mi sembrò tremassero le pareti della  chiesa».


233 - Oh, Dio mio e Padre mio, fate che io vi conosca e vi faccia conoscere; che  vi ami e vi faccia amare; che vi serva e vi faccia servire; che vi lodi e vi  faccia lodare da tutte le creature. Datemi, Padre mio, che tutti i peccatori si  convertano, che tutti i giusti perseverino nella grazia, e tutti possiamo  raggiungere la gloria eterna. Amen.

mercoledì 23 ottobre 2013

Santi






I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: 
Santi
1. I Santi paragonati all'olivo


2. I Santi paragonati all'aquila.

3, I Santi assomigliati alla luce. 

4. I Santi paragonati al cielo. 
5. Forza, eroismo, ricchezza dei Santi. 
6. Onore dei Santi. 
7. Vantaggi e ricompense dei Santi. 
8. In qual modo i Santi giungono a questo felice stato. 
9. Utilità di trattare spesso con i Santi.
10. Bisogna imitare i Santi.







1. I SANTI PARAGONATI ALL'OLIVO. - «Olivo ferace, bello, verdeggiante, è il nome che Dio ti ha dato», dice Geremia parlando dell'uomo giusto (IEREM. XI, 16). I Santi sono paragonati all'olivo: 
1° A cagione della sua robustezza e .vigoria, per cui né marcisce, né teme tempesta od età, dimodochè presso gli antichi era il simbolo dell'eternità. 
2° Per riguardo alla sua fertilità la quale faceva dire al Salmista: «Per me, sono come olivo fruttifero nella casa di Dio» (Psalm. LI, 10). 
3° A cagione dell'unzione spirituale della grazia, della divozione, della carità che dà valore alle buone opere. 
4° A cagione della pace di cui godono i Santi, perché l'olivo è simbolo della pace: così la colomba portando a Noè, ch'era ancora nell'arca, un ramoscello d'ulivo, indicava la fine del diluvio e la riconciliazione della terra e degli uomini con Dio. I Santi sono pacifici con tutti. 
5° Come l'olivo non si spoglia mai delle sue foglie, ma rimane sempre verde; così la bellezza delle virtù e delle opere buone dei Santi non appassisce mai, ma si mantiene sempre splendida, sempre ricca, sempre florida. 
6° L'olivo è il segno della misericordia, è la figura della dolcezza: bel simbolo dei Santi! i quali pieni di dolcezza e di mansuetudine, hanno come caratteristica la misericordia. 
7° Il frutto dell'olivo impedisce la ruggine, rende morbidi e lucidi i corpi; così i Santi tolgono da sé e dagli altri la ruggine del peccato, sono atti alle più ardue imprese e vi preparano ancora gli altri. 
8° Il succo dell'olivo, ossia l'olio, si adopera nelle unzioni, nelle consacrazioni dei vescovi, dei preti, delle chiese; i Santi sono gli unti e i templi del Signore. 
9° L'ulivo coperto di foglie piccole, ma carico di frutti eccellenti, indica che i Santi fuggono l'ostentazione e gli onori ma sono ricchi di opere buone in se stesse ed utili a tutti.




2. I SANTI PARAGONATI ALL'AQUILA. - I Santi sono paragonati, nelle Scritture sante, all'aquila, per le seguenti, ragioni: L'aquila è il re degli uccelli; i Santi sono, fra tutti gli altri uomini, veri re, perché se è vero che Dia ha impegnato la sua parola che farebbe la volontà di coloro che lo temono (Psalm. CXLIV, 19), ne risulta che i Santi, comandando in certo qual modo a Dio medesimo, regnano su la terra, su l'inferno, sul mondo, sopra se stessi, e perfino in cielo. Avviene nell'aquila un non so quale ringiovanire di vita, seconda la frase del Salmista: « La tua gioventù si rinnoverà come quella dell'aquila» (Psalm. CII, 5). I Santi si rinnovano ogni giorno nel fervore, nell'amore, nella fedeltà a Dio, nell'umiltà, ecc.; si preparano una gioventù eterna in cielo... L'aquila ha un non so che di celeste; così i Santi mostrano in sé certi segni di grandezza e di nobiltà che inspirano rispetto, ecc... I Santi sono aquile divine che ascendono e discendono. Ascendono verso Dio per pregarlo, adorarlo, amarlo, ricevere i suoi doni, godere di lui; discendono per combattere il demonio e il vizio; per soccorrere il prossimo e metterlo a parte dei favori che andarono a cercare nel cielo. L'aquila ha l'occhio vivo, fermo, penetrante o lo tiene fisso nel sole in pieno mezzogiorno; così pure i Santi hanno lo sguardo fermo e acuto della fede, della sapienza, della prudenza, della rettitudine, della semplicità; contemplano in tutto e in ogni tempo Dio medesimo; lo vedono, lo seguono fino negli abissi dell'eternità. La dimora dell'aquila è su la vetta dei più alti picchi; i Santi stanno continuamente occupati in pensieri sublimi, in opere celestiali, ecc...







3. I SANTI ASSOMIGLIATI ALLA LUCE.



1° Il sole, gli astri, le stelle stanno nel cielo del firmamento; i Santi stanno nel cielo medesimo di Dio. 

2° Gli astri, benché molto più grandi della terra, appaiono tuttavia piccoli per la lontananza e l'enorme loro distanza dalla terra; i Santi, benché altissimi e grandissimi in perfezione, si mostrano tuttavia piccoli e bassi per la umiltà loro profondissima. 

3° Le stelle sono insensibili ad ogni cosa, così alle ingiurie, come alle lodi; le folgori e la tempesta non possono nulla su di loro; esse stanno collocate al di sopra di tutto questo terreno sconvolgimento; così è dei Santi nella regione che abitano. 

4° Gli astri e le stelle splendono ed illuminano; così pure i santi splendono di virtù, e, come era Gesù «luce vera che rischiara ogni uomo che viene in questo mondo» (IOANN. I, 9), così anch'essi sono faro di luce agli altri uomini in mezzo all'ignoranza ed all'iniquità del secolo; con questa differenza, che Gesù splendeva ed illuminava da se stesso, essendo la luce increata, mentre i Santi splendono e illuminano per Gesù Cristo e in Gesù Cristo, ricevendo da lui la luce che poi riflettono e diffondono sugli altri. Di tutti i Santi si può dire quello che dice il Vangelo di S. Giovanni Battista: «Egli era lucerna ardente e lucente» (IOANN. V, 35). La loro parola è tuono, la loro vita lampo continuo di luce, come diceva del Nazianzeno, S. Basilio (Orat. de S. Gregor.). 

5° La luce è purissima ed attivissima, veloce come il pensiero; tali sono i Santi, purissimi nei costumi ed attivissimi nelle opere buone. 

6° La luce è quanto vi è di più immateriale fra le creature di Dio; i Santi sono tutto spirituali, nulla si trova in loro di materiale e di terreno, perché di ciò che è terra e materia non si curano, ma attendono unicamente a ciò che è spirito occupandosi anzitutto e soprattutto di Dio. 

7° La luce penetra nelle fogne, senza macchiarsi; così i Santi, benché vivano in mezzo ai peccatori, si tengono puri dalle loro brutture. 

8° La luce riscalda; per il fuoco dell'amor divino che li accende, i Santi riscaldano anche i cuori più freddi. 

9° Le stelle nascondono la loro sostanza e la loro estensione, mostrando solo la luce ed il calore; così pure i Santi tengono celate agli uomini le virtù, le grazie e la gloria loro, e più le celano, più splendono e più riscaldano. Essi non vogliono essere veduti, affinché gli uomini, scorgendo le opere senza vederne gli autori, riferiscano ogni cosa a Dio, e a lui solo ne diano lode. 

10° Una pioggia benefica discende a fecondare il suolo, quando gli astri sono coperti da densi strati di nubi; così, quando la calunnia oscura i Santi, allora questi fanno maggior bene ai loro nemici. Ah sì, diciamo pure col Savio: «I vostri Santi, o Signore, sono in una grandissima luce, e sono luce essi medesimi» (Sap. XVIII, 1) : ed in essi come luce che viene da Dio, noi possiamo vedere la luce eterna che è Dio (Psalm. XXXV).




4. I SANTI PARAGONATI AL CIELO. - I Santi possono paragonarsi al cielo: 

1° perché nel cielo tengono il cuore e l'anima loro. 

2° Sono nel cielo in virtù della grazia di Dio che è in essi e per tutte le virtù che risplendono in loro. 

3° Sono nel cielo, perché sono il tempio, il trono, il tabernacolo, la dimora di Dio. Questo faceva dire a S. Agostino: «Dio abita nel cielo, e il cielo di Dio sono tutte le anime giuste e sante. Infatti quantunque gli Apostoli fossero quaggiù in terra di carne, erano tuttavia cielo, perché Dio, risiedendo in essi, andava con loro per tutto il mondo, e Gesù abitava nei loro corpi per la fede (In Psalm. CXXII)».
4° I Santi somigliano al cielo, perché versano la pioggia delle grazie, tuonano contro i vizi, mandano lampi che squarciano le ombre delle iniquità umane... «Sotto il nome di cielo noi comprendiamo i Santi di Dio, osserva S. Agostino, in questo senso che, Dio dimorando in loro, tuona con i suoi precetti, lampeggia con i suoi miracoli, innaffia la terra con la sapienza del vero. I cieli proclamano la gloria di Dio; ora i Santi sono questi cieli che cantano la gloria perché sollevati al disopra della terra e portando Iddio in sé, tuonano con la predicazione, splendono come lampi per la loro sapienza (In Psalm. CI, serm. II)». I Santi sono il termine e il fine di tutte le cose; perché per i Santi e per gli eletti Dio ha creato il mondo, come per collocarvi gli astri ha creato il firmamento.

5° Scrive il medesimo Padre: «Noi che abbiamo il corpo dalla terra e l'anima dal cielo, siamo terra e cielo, e nell'uno e nell'altra, cioè nel corpo e nell'anima, preghiamo che si faccia la volontà di Dio, su la terra, come in cielo. Voi tutti, o cristiani, potete essere cielo, purché lo vogliate: purgate il vostro cuore, staccandolo dalla terra. Quando. non vi legano le passioni, di modo che possiate rispondere, in verità che avete il cuore in alto, voi siete cielo: vestite corpo di carne, ma già siete cielo per l'anima (Contra Iulian. lib. II)». 

6° Nel cielo del firmamento vi sono il sole, la luna, le stelle, dice S. Bernardo, e così nell'anima del giusto vi è il sole dell'intelligenza, la luna della fede, le stelle della virtù. - «Ed a quel modo, continua il santo Dottore, che le stelle splendono la notte e stanno nascoste di giorno, così la vera virtù, che non di rado nelle prosperità poco o nulla si lascia; scorgere, nelle avversità splende in tutto il suo fulgore. La virtù è dunque un astro e l'uomo virtuoso un cielo. La Chiesa ha i suoi cieli, e sono gli uomini spirituali ragguardevoli per vita e per credito, puri nella fede, saldi nella speranza, grandi per la carità, alti per la contemplazione, i quali, fecondando la terra con una pioggia salutare di benedizioni e di grazie, tuonano con i loro avvertimenti e con le loro minacce, splendono e illuminano con i loro prodigi (Serm. XXVII in Cant.)».

I Santi sono chiamati cielo, perché i loro celesti costumi cominciano la beatitudine celeste e quindi cominciano il loro cielo... Facciamo, dice il Crisostomo, dell'anima nostra un cielo. 

1) Il cielo è sempre chiaro e splendido, non mai triste e melanconico, neppure nella tetra stagione d'inverno; perché, allora, non esso cambia di aspetto, ma lo tengono a noi invisibile le nere nubi che gli fanno velo: così l'uomo santo si mantiene in ogni tempo calmo, sereno, imperturbabile. 

2) Il cielo ha il sole; anche noi abbiamo il sole di giustizia; ed io vedo che possiamo divenire migliori del cielo: in qual modo? possedendo il padrone del cielo. 

3) Il cielo s'innalza a grande distanza dalla terra; facciamo noi lo stesso, separiamoci dalla terra ed alziamoci verso Dio. 

4) Il cielo pare che talvolta si oscuri e si corrucci, ma in realtà non prova nessun detrimento; così sembra talora che noi soffriamo, ma intanto nel nostro interno la gioia e la serenità vincono le pene tutte, se ci troviamo elevati con Paolo e coi Santi i quali, più alti del cielo, giunsero fin verso il Signore. Chi verrà a strapparci dall'amore di Cristo? esclamava questo grande Apostolo; forse la tribolazione, lo sconforto, la fame, la nudità, i pericoli, le persecuzioni, la spada? Ma noi siamo superiori a tutto questo per virtù di Colui che ci ha amati. Perché io sono certo che né la morte, né la vita, né gli Angeli, né i principati, né le potestà, né le cose presenti, né le future, né la forza, né l'altezza, né la profondità, né creatura alcuna basterà a dividerci dall'amore di Dio, che è in Gesù Cristo Signor nostro (Homil. XVI in Epl. ad Hebr.). 

E S. Agostino su quelle parole del Salmista: «Il cielo è la mia dimora» - dice: «Chi sono i cieli, se non i giusti? Dio abita in loro, vi sta assiso come sul proprio trono, e di là egli giudica. Come il peccatore cui fu detto: sei terra ed in terra ritornerai, divenne veramente terra; così i Santi sono diventati cielo (In Psalm. CXXI)».




5. FORZA, EROISMO, RICCHEZZA DEI SANTI. - «I Santi sono forti, scrive S. Gregorio Papa: domano la carne, splendono di virtù, rinvigoriscono lo spirito, calpestano le cose terrene, aspirano a quelle celesti; possono essere uccisi, ma non vinti; non sostengono mai il falso per timore, né lasciano mai, per minacce o per torture, di sostenere e difendere il vero (Moral. lib. V)». Questa è forza, è energia, è eroismo!... Forse che fu mai veduto l'empio, l'incredulo, fare altrettanto, spiegare un simile coraggio? Tutto in lui è viltà, è codardia, perché egli è solo, perché Dio ed ogni vera virtù sono a lui affatto stranieri.



Chi mai dimostrò maggiore energia ed eroismo di Giuseppe, di Mosè, di Giosuè, dei Profeti, dei Maccabei; di Eleazaro, di Giuditta, dei tre fanciulli nella fornace, di Giobbe, di Tobia, di Daniele, di Giovanni Battista? Chi spiegò più eroico zelo degli Apostoli i quali non impaurirono né di pene, né di travagli, né d'insulti, né di minacce, né di flagelli, né di combattimenti, né di catene, né di prigioni, né di fuoco; né di spada, né di croce, né di morte? Questi Apostoli, soli, senz'armi, senza denaro, senza aderenze, senza eserciti, sono più forti del mondo intero. Infatti l'universo pagano si solleva contro di loro come un sol uomo ed essi vedono questo universo cadere loro ai piedi; il mondo è vinto, essi corrono trionfanti di tutto e dappertutto; e non una goccia di sangue è fatta versare da loro, per mietere tanti e così gloriosi trionfi! questi dodici agnelli atterrano milioni di tigri, di leoni. Ecco la forza, l'energico valore dei Santi!...

Dove si trova un eroismo come quello dei martiri? Né minacce, né ferro, né fiamme, né bestie feroci ebbero potere di farli, non dico tremare, ma impallidire. 
Un'Agnese di tredici anni, una Cecilia, una Felicita, una Perpetua, un'Emerenziana, sono più forti di tutti i loro giudici iniqui, dei loro carnefici... Ecco la forza, il coraggio, l'eroismo dei Santi!... Chi innalzò quei magnifici templi alla gloria dell'Altissimo, dei quali vanno superbe le più illustri terre? Furono dei Santi... Chi ideò e costruì quei grandi monumenti di carità e di umanità, destinati a ricoverare ciò che il mondo disprezza e aborre, ad albergare l'indigente, l'infermo, l'orfano, il vecchio? Furono dei Santi... Chi, in tempo di carestia e di pestilenza, stette al capezzale dell'appestato, recò pane all'affamato? I Santi... Chi sono quelli che mettendo in pericolo la propria vita, valicano monti, passano i mari, si spingono tra vergini foreste ed in barbare ignote contrade, con la sola intenzione di strappare alla barbarie ed all'inferno orde selvagge, popoli antropofagi? I Santi... 

Presso chi potremo trovare la purità, la scienza, la vera prudenza, il santo amore, i buoni costumi? Presso i Santi... In tutte queste ed altre simili opere di eroica abnegazione e di carità illimitata, trovate voi qualche incredulo, qualche empio, qualche filosofo razionalista, qualche mondano? Non mai!... Tali uomini non compaiono che per abbattere, rovesciare, distruggere le opere della carità e della misericordia.

È ricco colui che non desidera nulla, dice S. Agostino; ora chi più ricco dei Santi i quali soli fra tutti gli uomini non desiderano nulla di quella terra, che tanto fa gola agli altri (De coelesti Vita)? Essi che desiderano una sola cosa: Dio, e lo posseggono; e quando si possiede Iddio, manca forse ancora qualche cosa? si ha bisogno di altro? non vi sono in lui tutti i tesori immaginabili?... O come l'oro impallidisce e mette schifo in paragone di Dio! Perciò, ad esempio del divin Maestro il quale di tutte le ricchezze della terra non volle per sé che un presepio e una croce, i Santi tutti disprezzano l'oro, l'argento e tutti i beni terreni, come fango ed immondizia. 

Con tutto l'oro dell'universo Gesù non avrebbe riscattato neppure un solo uomo, con la sua croce salvò il mondo intero. Ecco perché i Santi hanno sempre guardato la croce come il più prezioso dei tesori e vi si sono sempre tenuti abbracciati. Ah! diciamo anche noi con S. Teresa: Avvenga che può, il più grande affare è tenersi bene stretta al petto la croce (In Vita). I Santi possono venire spogliati di tutto, non mai di Dio; e quando si tiene Iddio, si può facilmente far senza di tutto il resto. Come al contrario senza Dio, ancorché si avesse il mondo intero non si avrebbe nulla. I beati del cielo, nessuno vorrà negare che siano infinitamente ricchi e felici, eppure non posseggono altro che Dio...


E come mai non saranno felici! Santi, mentre in loro è la pace, la tranquillità della coscienza; l'innocenza, la serenità, il candore dell'anima, la virtù, la grazia, il sangue di Gesù Cristo? Essi sono il tempio di Dio, suo tabernacolo, sue membra, suoi eredi, suoi coeredi; lo Spirito Santo abita in loro con tutti i suoi doni e i frutti suoi; hanno il cielo, hanno Dio!... Che cosa desiderare, che cosa domandare di più?... Chi manca di tutte queste vere ricchezze, ancorché avesse ogni altra cosa, potrebbe forse chiamarsi ricco?.. Ah, i soli veri ricchi sono i Santi!... I soli veri poveri sono i peccatori e soprattutto i peccatori abituali, gli ostinati nel male... Alla morte, al giudizio di Dio, nell'eternità, si vedranno al chiaro queste verità; ma sarà troppo tardi per l'empio che al presente di proprio volere si acceca...




6. ONORE DEI SANTI. - «La memoria del giusto, leggiamo nei Proverbi, è un profumo di lodi; ma il nome dell'empio andrà in corruzione. Come tempesta che in breve si dilegua, è l'empio; come pietra fondamentale che non viene smossa, è il giusto. Egli sta al sicuro da ogni turbamento, ma l'empio non possederà la terra» (Prov. X, 7, 25, 30).



«O quanto mirabile è Dio nei suoi Santi!» 
esclama il Salmista (Psalm. LXVII, 36). S. Giovanni poi ci riferisce di avere veduto sotto l'altare di Dio le anime di coloro che avevano sostenuto la morte per la parola divina e per la testimonianza resa da loro. Candide vesti furono date a ciascuna di esse, e loro fu detto che riposassero (Apoc. VI, 9-11).

Infatti, i nomi di Noè, di Abramo, di Giacobbe, d'Isacco, di Mosè, dei patriarchi, insomma, e dei profeti passano venerati di secolo in secolo; i nomi degli Apostoli, dei Martiri, dei Dottori, dei Confessori, delle Vergini, dei Santi tutti di ogni età e di ogni luogo riscuotono gli applausi, e sono pronunciati con rispetto da tutte le bocche dei fedeli e fanno palpitare di amore i cuori di milioni di credenti... Guardate le tombe dei Santi... Osservate i templi, i monumenti, gli altari innalzati alla loro memoria... Ciascuna diocesi, ciascun regno, ciascuna parrocchia ha il suo titolare, il suo Patrono al quale si porgono preghiere, invocazioni, onori; del quale si sollecita l'intercessione; le cui reliquie sono portate in trionfo; la cui memoria si celebra con solenni pompe e feste... 

Per quanto corrotto sia il mondo, la sua impudenza non giunse ancora al punto da scegliersi per patrono un Caino, un Antioco, un Nerone, un Giuda... La memoria di un incredulo è oggetto di ribrezzo, di abominio, di maledizione, ed è giustizia; Dio rende a ciascuno secondo le opere sue... Che più? perfino i malvagi sono costretti a rispettare i Santi e a rendere loro omaggio. I Santi hanno questo segreto, loro tutto proprio, di obbligare gli increduli stessi a credere alla virtù. Il loro nome e la loro memoria sono in venerazione di età in età, dinanzi a Dio e agli uomini, come narra di Tobia e della famiglia di lui la Sacra Scrittura: «Tutta la sua discendenza e parentela perseverò con tanta fedeltà nella retta via e nel buon costume, che furono amati da Dio e dagli uomini e da tutti gli abitanti» (TOB. XIV, 17).




7. VANTAGGI E RICOMPENSE DEI SANTI.



I vantaggi che dalla loro santità ritraggono quaggiù in terra i Santi, sono quelli che portano con sé la grazia, la virtù, le buone opere, i meriti, la pace, la gioia interiore, una buona vita, una santa morte.
I vantaggi poi e le ricompense che li aspettano nell'eternità, sono accennate enfaticamente dall'Apostolo in ,quelle parole: «Né occhio mai vide, né orecchio mai udì, né pensiero d'uomo mai immaginò quello che Dio tiene preparato a chi lo ama» (I Cor. II, 9). Vedere Dio, qual è, a faccia a faccia, conoscerlo, amarlo, possederlo per sempre, senza timore di perderlo, è tale cosa che ad esprimerla non bastano i linguaggi umani. 
Valga a darne una sbiadita idea questo tratto di S. Cipriano: «Come una goccia d'acqua mescolata a una grande quantità di generoso vino, vi si perde interamente e prende il gusto ed il colore del vino; come il ferro perde nel fuoco il suo primo aspetto e diviene tutto simile al fuoco; come l'aria penetrata dai raggi solari prende la chiarezza del sole; come lo specchio in cui batte il sole diventa un altro sole; cosi i Santi, penetrati totalmente e intimamente dall'amor di Dio, vestiti di Dio, sono deificati, trasformati nella simiglianza di Dio (De singul. Clericor.)».

In una sua magnifica visione, S. Giovanni vide i Santi, moltitudine innumerevole ed immensa di ogni nazione e tribù e popolo e lingua, starsene, in bianche vesti e con palme in mano, dinanzi al trono ed all'Agnello, ed a gridare ad alta voce: Salute al nostro Dio che siede sul trono ed all'Agnello. Ed avendo l'Apostolo domandato: Chi sono costoro vestiti di bianco, e donde vengono? gli fu risposto: Sono coloro che vennero dalla grande tribolazione, e lavarono ed imbianchirono le loro vesti nel sangue dell'Agnello. Quindi stanno dinanzi al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio, e colui che sta assiso sul trono li coprirà come tenda. Non avranno più né fame né sete, non saranno più molestati né dal sole né da altro ardore, perché l'Agnello che è in mezzo al trono sarà loro pastore, e li condurrà alle sorgenti dell'acqua di vita; e Dio tergerà dagli occhi loro ogni lagrima (Apoc. VII, 9, 17)... Che gloria, che felicità aspetta i Santi alla risurrezione! Essa non sarà gloriosa per altri fuorché per loro. Essi soli risusciteranno gloriosi e trionfanti i loro corpi, che ebbero parte ai loro travagli, ai loro meriti, devono altre si partecipare della ricompensa.




8. IN QUAL MODO I SANTI GIUNGONO A QUESTO FELICE STATO. – 



Così S. Gregorio descrive il cammino dei Santi: I Santi guardano con disprezzo tutto quello che il mondo ha in maggior pregio. Non occupandosi che del loro interiore, hanno lo sguardo fisso su tutt'altra cosa che non è il mondo con i suoi beni; tengono come estraneo a sé tutto ciò che soffrono in questa vita. 

Lavorando del continuo a distaccare l'anima loro dal corpo, giungono quasi ad ignorare quello che soffrono corporalmente. Per loro è un nulla quello che il secolo conta di più grande perché collocati su la vetta dell'alto monte della santità, gli oggetti terreni a loro sembrano un granello di arena. 

Delle gioie della vita presente non fanno caso e sopravanzando se stessi, con la loro elevazione spirituale, soggiogano in sé tutto ciò che è cagione di turbamento e di agitazione agli uomini carnali. Sanno vincere le minacce, se si tratta di sostenere la verità, e frenano e abbassano con l'autorità dello spirito quello che in essi cercasse d'innalzarsi per orgoglio (Moral. lib. XXXI, c. XIX).


Né meno nobilmente parla S. Ambrogio: Che meraviglia, se tanti aiuti dal cielo merita e riceve colui la cui anima è sempre nel cielo? La sua vita è quella della città dei cieli: - Nostra conversatio in coelis est. - E perché la vita dei giusti è la vita dei cieli, gli Angeli sono continuamente con loro; essendo Angeli essi medesimi, vivendo della vita degli Angeli, meritano la società degli Angeli. 

Esiste dunque tra coloro che vivono santamente un'intima relazione, una società, un'unione tale col cielo, che poco loro importa di essere in cielo o su la terra: che cosa importa che essi siano Angeli, in qualità di Angeli o in qualità di uomini, se in essi vi è la medesima vita, la santità medesima degli Angeli? Infatti il commercio i trattenimenti, l'unione alla quale fanno ostacolo gli elementi e i corpi, non li impedisce di essere uniti per i medesimi pensieri, sentimenti ed atti. E casi avviene che i Santi, uniti insieme agli Angeli, non se ne separano punto: gli Angeli discendono a loro, essi ascendono verso gli Angeli; è una vita di familiarità, d'intima comunione fra di loro... Ecco la vita dei Santi (Offic. lib. II, c. III).

«I Santi non si rallegrano e non si gloriano in altro se non nelle ricchezze della virtù, scrive S. Tommaso; e la virtù si trova principalmente in tre cose: 1° nelle prove e nelle tribolazioni; 2° nella conversione dei peccatori; 3° nella purità della coscienza. Si gloriano della cognizione di Dio, dell'amore di Dio, della imitazione di Dio (p. 4, q. a. 8)». 
Il medesimo Dottore dice ancora: I Santi, seguendo Gesù Cristo, meritano per sé e per il mondo intero, 1° per la purità dei loro atti; 2° per l'intenzione dell'animo; 3° per l'osservanza dei comandamenti; 4° per il ricevimento della gloria secondo quel detto dell'Ecclesiastico: «Alta gloria è seguire il Signore» (XXIII, 38).

L'uomo santo regola il suo interiore, veglia sul suo esteriore; si astiene da ogni cosa che abbia sembianza di male, ama i trattenimenti buoni ed utili; non si abbandona mai a risa smodate; non grida, non schiamazza. 

Cammina modesto; non è curioso di fatti altrui; riceve gli avvisi e le ammonizioni con viso sereno e lieto; è facile a perdonare gli errori altrui, si mostra con tutti umile, dolce, buono, caritatevole; compatisce le miserie altrui di tutto cuore; le lodi non lo gonfiano, del resto le fugge per quanto può; la maldicenza e la calunnia non lo gettano nell'abbattimento e nella tristezza; risponde con prontezza, benevolenza e dolcezza a chi l'interroga, cede di buon grado nelle discussioni, non si ostina nel suo parere; ascolta gli altri con pazienza, parla poco, sempre con gravità e prudenza; si adopera quanto può per edificare chi l'osserva, e per condurre gli altri su la strada del bene. 

È parco nel cibo, sobrio nel bere, modesto nello sguardo, semplice nel vestire, regolato nell'espressione del suo volto, nel contegno, nelle parole; aborre la menzogna, le sciocchezze, le ciarle; è docile figlio della verità, risplende di candore, purezza e ingenuità. 

È pronto nell'obbedienza, perfetto nella pazienza, assiduo nella preghiera, fermo nella fede, attivo nelle buone opere, rigido nell'astinenza, esemplare nei costumi, affabile nella conversazione, liberale nei doni; ha confidenza con gli amici, bontà coi nemici; è rassegnato alla volontà di Dio, morto a se stesso, crocefisso al mondo; si fa, come il grande Apostolo, tutto a tutti per guadagnare tutti a Cristo; imita colui che diceva: Mentre ero sciolto da tutti, mi sono fatto schiavo di tutti, per guadagnarne molti: mi sono fatto Giudeo coi Giudei, per guadagnare i Giudei; mi diportai come se fossi soggetto alla legge, per guadagnare quelli ch'erano sotto la legge. Debole coi deboli, mi sono fatto tutto a tutti per salvare tutti (I Cor IX, 19-22). Arde di zelo per l'onore, il culto, la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Così dipinge i Santi S. Gregorio Magno: I Santi disprezzano gli agi e le felicità del secolo, perché sono superiori, per la grandezza dell'animo e per l'elevatezza della mente, alle prosperità non meno che alle avversità del mondo; calpestando i beni e i mali della terra, dicono: Le tenebre e la luce del mondo hanno lo stesso valore (cioè sono un niente) (Psalm. CXXXVIII, 12). 

Niente li colpisce, li stupisce, li agita, li conturba, li abbatte, li prostra; né minacce, né carezze, né promesse, possono corromperli. I Santi sanno bene che è impossibile all'uomo trovare e gustare quaggiù il vero riposo, perciò si attaccano al cielo, e respingendo la folla dei terreni desideri, cercano d'innalzare l'anima e spingerla fin lassù per ogni modo (Moral. lib. V). 

Mutabili per natura, come tutti gli altri uomini, i Santi si applicano senza posa ad afferrare l'immutabile virtù; e tenendosi a lei abbracciati, lavorano ad essere immutabili. Il Signore aiuta i suoi Santi venendo a loro; li prova abbandonandoli; li rinforza con i suoi doni, li cimenta con le tribolazioni (Moral. Lib. XXVI, c. XXI).

I Santi non si rallegrano di soverchiare gli altri, ma di essere loro utili. Dànno orecchio agli impulsi divini e più avanzano in perfezione, più disprezzano se medesimi, avendosi per un nulla... Ecco in qual modo si arriva alla santità; quello che si fa nella santità; come si persevera nella santità; come si vive da santo; come si muore da santo; come si arriva a raccogliere tesori di meriti, a guadagnare una corona immensa di gloria per l'eternità.




9. UTILITÀ DI TRATTARE SPESSO CON I SANTI. - Non vi è cosa tanto utile e vantaggiosa, quanto il frequentare la compagnia delle anime virtuose, morigerate, caste e sante; perché, come dice Papa S. Gregorio, riboccando esse di carità, bruciando di amore divino, chi parla spesso con loro e si trattiene con loro familiarmente si sente a poco a poco scaldato il cuore e spinto ad amare anch'egli Iddio. I Santi sono Serafini, e la società dei Serafini forma degli Angeli (Moral. lib. XXI, C. XV). «Coi Santi sarai santo, dice il Salmista, e con gli innocenti diventerai innocente» (Psalm. XVII, 26).



Ne volete un esempio? L'immacolata Vergine Maria, divenuta madre di Dio per opera dello Spirito Santo, andò a visitare la sua cugina Elisabetta che portava nel seno S. Giovanni Battista. Nell'entrare in casa di Zaccaria la Vergine salutò Elisabetta, ed ecco che al suono di quel saluto Elisabetta, sentì tripudiarle nel seno il pargoletto, ed essa fu riempita di Spirito Santo (Luc. I, 40-41). Vedete com'è efficace la visita, il saluto, il conversare dei Santi, Giovanni, per soprannaturale effetto tripudia nell'utero di Elisabetta alla parola di Maria. Per il tripudio di Giovanni, la madre conosce che Maria aveva concepito il Verbo, il figlio riceve su l’istante l’uso della ragione. Per un altro prodigio di grazia, Elisabetta fu riempita di Spirito Santo.

L'autore dell'Imitazione dice che tutte le volte che trattò con gli uomini, ne uscì meno uomo; noi possiamo dire in senso inverso, che quanto più si frequenta la Società dei Santi, tanto più si riesce uomo saggio, virtuoso, puro e perfetto... Ma se ciò è della compagnia dei Santi, che dire poi della compagnia del Santo dei Santi, dell'intimo e frequente conversare con Cristo per mezzo della santissima Eucaristia? Ah sì, è in quel punto che l'anima tripudia di gioia e tutta interiormente si rinnova e si rallegra... Se è raro trovare su la terra un santo con cui vivere e conversare, si può sempre e dovunque trovare Gesù Cristo, Maria, gli Angeli, i Santi già beati in cielo, abitare, vivere con loro, consultarli, e domandare loro il bisognevole.




10. BISOGNA IMITARE I SANTI. - S. Paolo dice: «Noi che siamo sotto gli sguardi di tanta moltitudine di testimoni (i Santi), liberiamoci da ogni peso e dal peccato che ci circonda, e percorriamo, per mezzo della pazienza, la carriera che ci sta aperta dinanzi» 

(Hebr. XII, 1). 


Ecco l'esortazione di S. Paolo: figuriamoci di essere sempre sotto gli occhi dell'immensa schiera dei Santi, leggiamo le loro gesta, meditiamo i loro esempi: sono tanti astri splendidi e ardenti che illuminano e infiammano il nostro cuore... Non vi è lettura più atta a innamorarci delle virtù, che la lettura della vita dei Santi

Queste vite sono un arsenale dove possiamo trovare ogni sorta di armi per conquidere qualunque nemico; sono una farmacia spirituale, fornita di ogni rimedio atto a guarire tutte le malattie dell'anima.

Del resto, non vi è che una strada per andare al cielo, ed è quella per cui camminano i Santi... Pretendere di arrivare al paradiso tenendo un'altra strada che necessariamente mette all'inferno, è la cecità più deplorevole e più fune sta. Voler partecipare alla gloria dei Santi senza parteciparne le virtù e la vita, è un volere l'impossibile: è un volere che Dio non sia Dio, poiché si vorrebbe che non fosse giusto e che ricompensasse il male.

DECIDITI!