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venerdì 30 maggio 2014

EDUCAZIONE ALLA SINCERITÀ.


 EDUCAZIONE ALLA SINCERITÀ.

Nulla irrita maggiormente i genitori quanto le bugie dei loro figli; ed hanno ragione, poiché dal momento in cui la doppiezza ha preso possesso del cuore dei bimbi e delle bimbe viene tolta ogni possibilità di confidenza e l’atmosfera diventerà presto irrespirabile. Spesso però i genitori dimenticano che essi stessi devono per primi dare esempio di sincerità ai loro bimbi.


* Nulla irrita maggiormente i genitori quanto le bugie dei loro figli; ed hanno ragione, poiché dal momento in cui la doppiezza ha preso possesso del cuore dei bimbi
e delle bimbe viene tolta ogni possibilità di confidenza e l’atmosfera diventerà presto irrespirabile. Spesso però i genitori dimenticano che essi stessi devono per primi
dare esempio di sincerità ai loro bimbi. 

* Poiché la bugia è un mezzo comodo di difesa per l’essere debole, è indispensabile abituare il fanciullo alla franchezza, prima che la menzogna diventi per lui un’abitudine permanente; siccome il suo giudizio non è ancora formato, rischia di formarsi una coscienza falsa. Ora, chi non sa distinguere più il vero dal falso ben presto non
saprà nemmeno distinguere il bene dal male. 

* È bene che i genitori siano particolarmente esigenti su questo principio dell’educazione morale: non tollerare la bugia e castigarla irremissibilmente. Il mezzo migliore per abituare i bimbi alla purezza di coscienza nei rapporti con Dio e con gli uomini è di perdonarli quando confessano la loro colpa invece di negarla e smascherare le loro
piccole istintive furberie. 

* In una famiglia o in una scuola in cui la franchezza è osservata scrupolosamente, la bugia dei fanciulli sarà un caso sporadico, ma non degenererà in falsità. 

* La minima slealtà dei genitori causa la rovina della loro autorità morale. Anche se il bambino non lo nota subito, tuttavia egli rimane dolorosamente stupito e la sua confidenza si indebolisce. Il bimbo non perdona mai la bugia. Nel piccolo le reazioni non sono quelle degli adulti: non avendo egli spirito critico ne senso di sintesi, prende alla lettera qualunque cosa dicano i genitori: promesse, minacce o anche " profezie ". Ecco a tal proposito una storia vera: Una bambina di cinque anni, abbigliata con una veste nuova preparata dalla mano agile di mamma, sta per uscire con la zia. La mamma vedendo uscire con nerezza la sua piccola le dice: " Chiunque ti scorgerà si sentirà svenire per la meraviglia vedendoti così bella’. ". Il passeggio termina... zia e nipotina ritornano. Questa con viso arcigno, con gesto di disprezzo, si toglie il cappello e lo butta in un angolo. " Cos’hai? " domanda la madre tutta sorpresa. " Nemmeno un passante è svenuto nel
vedermi!... " risponde la piccola. Amaro disinganno! 
Osserverete torse che era ben sciocca questa bimba da prendere alla lettera le parole di mamma? Ma i piccoli prendono sempre alla lettera ciò che loro si dice... 

* Se, per ovvie ragioni, i genitori non potranno rispondere a qualche domanda importuna o indiscreta del bimbo, è sempre meglio dirgli, con tutta semplicità, che, per il momento, per diversi motivi, non possono dargli una risposta esauriente, ma non bisogna mai ingannarlo
neppure un tantino. 

* Non si comprenderà mai sufficientemente di quanto male siano causa nei fanciulli le storie di Babbo Natale e del Bambino Gesù nel camino, o ancora la favola ridicola della vecchia o della cicogna per spiegare la nascita dei piccoli. Questi credono nei loro genitori come al Vangelo ed alcuni sono anche capaci di battersi per ciò che è stato loro detto. Quando poi si accorgono di essere stati ingannati — cosa che accadrà presto o tardi — rimangono terribilmente colpiti anche se subito non lo dimostrano. In alcuni temperamenti generosi e tetri, l’abuso della confidenza può causare un vero trauma psichico e morale. 




* Narrando una favola, avrai cura di premettere: " Questa è una favola, una storia inventata, irreale ". Esponendo invece qualche brano del Vecchio o Nuovo Testamento dirai: " Questa è una storia vera ". È di massima importanza non ingannare una intelligenza ingenua raccontando per veri fatti irreali. A questo riguardo fino a che punto potrai calcare le tinte raccontando la storia di Gesù che scende dal camino la notte di Natale? Come si può pretendere che a sei anni, quando si preparano alla prima Comunione, non credano che quel Gesù che è presente nell’Ostia, non sia il medesimo che porta i regali nelle scarpe? Quale confusione nelle testoline! Quale miscuglio assurdo e pericoloso! Ti meraviglierai allora che i bambini siano furiosi, delusi, straziati di essere stati ingannati; che continuino nella loro vita a giudicare nello stesso modo il sacro e il profano e che ai loro occhi la religione non rivesta altra forma che quella di un mito meraviglioso dato in pasto ai poveri uomini per abbellirne la vita? Non si tratta qui di sopprimere l’albero di Natale scintillante, dalle molte sorprese o di non mettere le scarpe nel camino per festeggiare la notte più commovente; si tratta soltanto di dire la verità tanto bella. I bambini saranno tanto felici di sapere che è la loro mamma a riempire le calzette di giocattoli, presi dalla mangiatoia, vicino a Gesù, per festeggiare con gioia la sua venuta sulla terra. Non ingannare quindi i fanciulli per il piacere di divertirti per la loro credulità. La confidenza è cosa troppo bella per rischiare di perderla per così poco. Sii seminatore di verità. 

* Si prepara una bambina alla prima Comunione. Questa bimba è assai delusa perché viene a sapere che il piccolo Gesù che passa per il camino è la mamma. Il giorno in cui quest’ultima domanda con molta dolcezza: " Dimmi un po’, Simonetta, sei contenta di ricevere presto il piccolo Gesù-Ostia nel tuo cuore? ", la bimba si fa rossa, gli occhi brillano e risponde: " Lo sai, mamma, che non sono così ingenua. Il piccolo Gesù discende nell’Ostia alla stessa maniera che discende nelle scarpe la notte di Natale!... quindi non vale la pena che faccia la prima Comunione ". 

* Non mentirai mai a un bimbo per condurlo a confessare ciò che desideri sapere. Eviterai anche quelle bugie pietose per indurlo a prendere una medicina o per evitare un castigo a scuola. Nicola, di otto anni, deve subire una piccola operazione. La mamma per non spaventarlo gli dice: " Ecco, caro Nicolino, tu andrai a una bella festa e passerai un bel 
pomeriggio; vieni che ti metto il vestito nuovo ". Il bimbo è festante, ma all’entrata dell’ambulatorio incomincia a inquietarsi e ben presto si accorge della realtà: deve subire l’operazione. Inutile aggiungere che il piccolo ha perso ogni confidenza nella mamma. 


* Quando fra due genitori non vi è l’accordo, si determina nel fanciullo un atteggiamento pericoloso di insincerità: " Soprattutto farai attenzione a non dirlo a tuo padre! ", o viceversa: " Se la mamma t’interroga, tu dirai che siamo stati nel tal posto " (quando non è vero). 

* Per formare il fanciullo alla lealtà, non solo gli si darà l’esempio ma gli si farà odiare la menzogna iniettandogli tanto amore alla franchezza, e gliela si renderà facile. 

* Ogni volta che si presenta l’occasione, è cosa ottima mostrare al fanciullo gli svantaggi della bugia. Soprattutto in un mondo dove spesso è glorificato, osannato l’arrivismo, il " sistema egoistico ", la frode nei suoi diversi aspetti, si renda soprattutto noto che la menzogna non da mai ricompensa. Si dimostri che è causa di molti guai: in particolare si corre il pericolo di cadere in contraddizione, di perdere la confidenza, e, per di più, se è
già difficile ingannare gli uomini per molto tempo, vi è Uno che non si riesce mai a ingannare, Dio, testimone sempre presente, cui nulla può sfuggire. 

* Ti guarderai, o mamma, dal lodare qualche bimbo che, grazie alla bugia, si è potuto salvare da una circostanza difficile o ha potuto ingannare gli altri. Frasi come queste: " Ebbene! non fa altro che difendersi! ", oppure: " Saprà trarsi d’impaccio nella vita ", possono, esercitare funesta influenza in un animo giovane. Biasimerai invece
apertamente i bugiardi i quali perdono ogni diritto all’onore e alla confidenza altrui. 

* Non esiterai a proscrivere e screditare sistematicamente ogni inganno, ogni scherzo, ogni slealtà in scuola, sia pure per fare un piacere (per esempio il " suggerire "), soprattutto quell’abitudine riprovevole della copiatura del compito. Mostrerai come tutto questo riesca a danno di tutti. 

* Quanti ratti di diseducazione da parte di alcuni genitori si potrebbero citare riguardo alla lealtà! Non bisogna certamente generalizzare; ma se non si vuole deformare la coscienza del fanciullo, l’evitare scrupolosamente ogni storpiatura della verità è quanto mai importante! La quinta classe sta facendo un compito sulla coniugazione. Anna Maria, nascondendosi, cerca un foglietto. La professoressa la sorprende e le dice: " Che fai? ". La
fanciulla impacciata, risponde: " Mi industrio di sapere cosa bisogna mettere. È la mamma che mi ha insegnato a copiare ". Una famiglia dell’Africa del nord, papa, mamma e
una bimbetta di tre anni va a passare l’estate in Francia. Prima di partire, la mamma aveva raccomandato alla sua piccola: " Se ti domandano l’età, dirai che hai due anni ".
La fanciulla raccontava poi la cosa così: " Quando il capitano mi domandò l’età risposi: due anni, signor capitano. Se avessi detto: tre, il capitano mi avrebbe gettata di sotto! ". 
Il preside del liceo di A... chiama nel suo ufficio i genitori di un allievo e dice loro che questi è stato bocciato perché ha copiato il compito. Il padre rivolgendosi al figlio in presenza del preside così lo apostrofa: " Imbecille, ti sei fatto pescare! ". 
Ecco un fatto raccontato da un’educatrice: Ero in treno. Nella stazione di X sale una mamma e una bambina, di sette o otto anni. " Giannina, dice la madre, se un signore ti domandasse l’età dirai che hai sei anni e mezzo. — Quale signore? — Uno con un basco e
le strisce dorate. — Ma ho sette anni e mezzo, lo vedrà bene! — No, no, ricordati: sei anni e mezzo. — Non è vero, mamma. Tu mi hai insegnato che non bisogna mentire, lo stesso ha ripetuto la signorina a scuola. — Ma sta’ zitta, parla piano e fa’ come ti ho detto ". 
La bimba guarda me e poi la mamma. Penso che sia costernata dinanzi all’atteggiamento della mamma. Non osa chiedere il " perché ", il " come ": senza dubbio è un po’ intimidita. La mamma è arrossita... Non dobbiamo mai dare al fanciullo l’impressione che noi temiamo che egli possa mentire: evitiamo quindi di raccomandargli: " Soprattutto non mentire "; diremo invece: " Su, sono sicuro che mi dirai la verità ". Crederlo capace di mentire vuoi dire far nascere in lui la possibilità della bugia. 

* Credete sempre al fanciullo e alla sua buona fede finché non potete provare il contrario; ciò lo innalza ai suoi occhi e gli da un’idea elevata della virtù della franchezza.

* Non rendete difficile la sincerità, drammatizzando le domande. Un papa che con aria corrucciata dica: " Guai a colui che ha fatto questo! " e poi domandi: " Sei tu?..: " preclude la confessione al colpevole impaurito. 

* Se vi accorgete che il bambino non è stato sincero, non bisogna subito sbugiardarlo. Specialmente, non generalizzate, perché lo radichereste maggiormente nella sua colpa. Abbiate sempre l’avvertenza, almeno per le prime volte, di considerare la bugia come un errore di visuale e dite al fanciullo: " Oh, lo so che sei un ragazzo sincero e che non mi vuoi ingannare; ma forse ti sei sbagliato: un’altra volta, prima di parlare, rifletti bene per
essere sicuro di ciò che dici ". 

* Un fanciullo può avere tanti motivi per mentire, che voi grandi non conoscete. Ciò che vi potrebbe sembrare una menzogna può essere dovuta: 
1. a un punto di vista errato. L’esperienza del fanciullo è ancora molto debole, ha pochi punti di riferimento e non lo si può incolpare d’un apprezzamento errato; 
2. alla fantasia sbrigliata che lo trascina a galoppate fantastiche, alla cui realtà a volte poi crede; 
3. alla forza dei suoi sogni che il suo giudizio ancora poco formato non gli permette sempre di distinguere dalla realtà; 
4. alla sua suggestionabilità. 
Un educatore che interroga un fanciullo deve stare attento a queste caratteristiche, giacché insistendo più del necessario, si possono far confessare cose mai commesse. 
Per questo motivo dovete sempre saper distinguere tra menzogna soggettiva e obiettiva. 


* Quando, esaminate le cause dell’errore, vi sarete accorti che si tratta di vera bugia, ne cercherete i motivi. Da essi dipendono e la gravita della bugia e i mezzi da usare perché il ragazzo si corregga. 
1. Il fanciullo può desiderare di eccellere sugli altri e quindi è portato a raccontare delle vanterie. 
2. La vanità, il desiderio di brillare, di farsi ammirare, sono anche cause d’insincerità. 
3. Il desiderio poi di cavarsela può dirsi la base di tutte le menzogne: per non farsi sgridare, per non consegnare il compito, per spiegare il ritardo; si recita la lezione leggendola o si copia il compito... Per ottenere qualcosa di piacevole: inventa mille ragioni in suo favore. 
4. La timidezza può a volte paralizzare così un ragazzo da non fargli dire la verità: le prime vere bugie sono causate dalla paura. 
5. Una carità male intesa può indurre un ragazzo a dire una bugia per salvare un compagno; pensa che una mancanza di lealtà — la quale non giova a lui stesso — non sia colpa. 
6. Infine la doppiezza conduce alla calunnia. 

* II bambino è sempre portato in un’occasione o nell’altra a negare qualche errore: e se questa prima bugia gli riesce, naturalmente sarà portato a ricominciare; di qui la
necessità d’una grande chiaroveggenza per non lasciare intraprendere al fanciullo una strada pericolosa. Il più difficile sta nell’essere chiaroveggenti senza essere sospettosi, e non tutti vi riescono. Vi sono dei fanciulli che oppongono una resistenza straordinaria all’influsso degli adulti e persistono nella bugia con tenacia. Ciò avviene quando si punisce aspramente la menzogna scoperta. Il fanciullo è naturalmente portato a vender cara la pelle: sapendo che anche in caso di bugia potrà contare su una certa indulgenza, sarà portato più facilmente a dire la verità e ciò è preferibile. 
A volte la bugia-scusa ha un carattere più riprovevole quando ha doppio fine, cioè: insieme alla scusa si attribuisce ad un compagno, o ad altra persona, la propria colpa; in questo caso è più raffinata e merita un più duro castigo; deve essere presa di mira rigorosamente e corretta seriamente. La gelosia del ragazzo verso fratelli e sorelle, desideri di vendetta verso i domestici, sorveglianti e compagni, si uniscono per suscitare in lui quest’altro orientamento. Trovata una simile menzogna sarà conveniente cercare la ragione per cui il fanciullo ha voluto fare del male a questa o quell’altra persona; può essere una preziosa indicazione su una tendenza attualmente predominante. 

La bugia inventata sovente ha un carattere di compenso, presso il fanciullo, come del resto l’ha nell’adulto. Egli inventa tante cose d’ordine materiale o affettivo per

compensare qualche cosa che gli manca o che crede gli manchi. Ho visto bimbi e giovani attribuire a papa e a mamma qualità di cui erano manifestamente privi e prodezze che avevano mai avuto l’occasione di compiere. La ricchezza e le grandi possibilità finanziarie sono sovente oggetto dell’immaginazione infantile; compensano i numerosi rifiuti ricevuti dai loro genitori per aver qualche cosa che avrebbe tatto loro piacere. 
Così per essi il mondo diventa un incanto più piacevole a viversi che un mondo pieno di durezze inaccettabili. 

* Nelle bugie dei fanciulli distinguerai quelle " sociali ", che hanno per scopo d’aiutare gli altri o procurare un interesse personale senza nuocere, e le " antisociali ", che mirano all’interesse personale senza curarsi dei guai procurati agli altri. 

* Bisogna sempre cercare nel fanciullo l’entità reale della menzogna: sarebbe cosa profondamente ingiusta reagire allo stesso modo contro una bugia inventata appositamente per nuocere agli altri che contro un’altra provocata dalla fantasia incosciente di cui il fanciullo è irresponsabile, ma che richiede solamente una rieducazione più cosciente della realtà. 

* Molti psicologi affermano che la maggior parte delle bugie sarebbero causate dal timore; qualche altra da interesse, da testardaggine, dal gusto di fingere, da altruismo o malignità. 


· Accade a volte che il fanciullo mentisce per far piacere ai genitori. La signora Dumesnil-Huchet racconta: " Una madre non trovava una scatola di cioccolatini e incolpava la figlia di otto anni d’averla presa. Dopo aver minacciato e supplicato le dice: "Confessa che sei stata tu e non sarai punita...". Essa si accusa. Dopo qualche giorno la scatola è ritrovata e la bimba dice alla madre meravigliata: "Tu, mamma, m’avevi quasi costretta a confessarmi colpevole, tanto che ho pensato di dirti di sì per farti piacere". Influenza della suggestione! 

* Allorché è impossibile supporre che il fanciullo non abbia voluto ingannare, lo si castighi, perché ogni colpa deve essere punita e non bisogna lasciargli credere di poter ingannare con molta facilità i suoi educatori. In tal caso bisogna fare di tutto perché confessi la sua colpa, parlandogli con bontà e lodando il coraggio di coloro che sanno riconoscere i propri torti, ma non si deve far leva sulla punizione dura che li attende. 
Se confessa, vi mostrerete molto paterni e non lo umilierete oltre misura; dovete però imporgli una punizione normale, almeno nella maggior parte dei casi. Se tenterà di negare, gli esporrete allora senza nessuna aria di vittoria, ma con molta naturalezza, le prove
della sua colpevolezza, chiedendogli di confutarle. Non potrà farlo appunto perché colpevole e allora gli potrete far notare come non sia cosa facile ingannare i genitori. 
Vi guarderete dal considerarlo alla stregua di un bugiardo — cosa che lo istigherebbe maggiormente — ma considererete la sua colpa come accidentale. 
Quando un bimbo abusa della confidenza gli farete notare che è vostro dovere togliergliela per un certo tempo; promettendogli, però, che se ritornerà ad essere schietto, gliela ridarete. In seguito non gli ricorderete la sua menzogna. 

* L’educazione alla lealtà deve essere anche educazione alla discrezione, perché essere leali non consiste nel dire qualunque verità a chiunque e in qualunque momento.

AMDG  et BVM

mercoledì 28 maggio 2014

Da prima che nasca




«L’educazione d’un bimbo ha inizio vent’anni prima della sua nascita, 

con l’educazione della madre». Non vi è qualcosa di vero in questo 

slogan?


* L’educazione d’un bimbo ha inizio vent’anni prima della sua nascita, con l’educazione della madre. Non vi è qualcosa di vero in questo slogan? L’esperienza e gli studi scientifici sull’ereditarietà non dimostrano forse quanto una madre imprima profondamente se stessa nel suo bambino? 

* Il periodo che precede la nascita è proprio il periodo in cui la madre prepara una parte delle future tendenze e della linea morale del suo bimbo. Ella può dire a ragione: "Io sono anche lui; egli è qualcosa di me". Intimo è il legame organico che lega il bimbo alla madre, quasi altrettanto fisico che morale. 

* Proprio durante i nove mesi di pre-educazione la giovane mamma dica a se stessa: — Io posso aiutare il mio bimbo ad essere se stesso se io sarò me stessa; posso aiutarlo alla calma rimanendo calma, al sorriso gioendo anch’io, alla fortezza essendo coraggiosa, alla purezza allontanando ogni pensiero malsano, alla bontà con la benevolenza verso tutti. 

* Una giovane madre con quale rete di grazie non può avviluppare il suo piccolo, sul piano soprannaturale, per poco che viva alla presenza del Cristo mediante la Grazia e offra al raggio divino, in unione con Maria, il suo piccolo a lei unito col sangue! Misticismo, si dirà? No! semplice logica della nostra fede.

* Una gestante che durante la giornata, ad esempio nel pomeriggio, si concede un po’ di riposo non perde tempo, È un’occasione meravigliosa per un ritorno alla calma e al proprio intimo. 

* II desiderare ardentemente il bimbo è la migliore condizione fisica e psicologica affinchè la creaturina si sviluppi ottimamente. 

* Alcuni fanciulli giungono perfino al punto di sentirsi colpevoli di essere nati. Il bambino non deve essere soltanto nutrito, ma anche amato. 

* Alcuni figli sono desiderati dalla madre come compenso ai disagi coniugali: questo è un desiderio egoista (per amor di sé stessa, per ritrovarsi); li si investe quasi dell’ufficio di bimbi vendicatori. Non sono queste le migliori garanzie di un felice sviluppo. Quando il bimbo è desiderato non come figlio soltanto, ma come consacrazione dell’amore vicendevole, cioè quando la sposa desidera il fanciullo "del suo sposo" (e questi a sua volta "della sua sposa"), si mettono allora le condizioni più preziose per l’educazione del nascituro.

DALLA NASCITA

* Al nascere del bambino, la intercomunicazione tra madre e figlio non cessa. È essenziale che essa stessa educhi il suo bambino e non ceda ad altri questo ufficio, se non per forza maggiore. 

* Non si apprezzeranno mai a sufficienza le prime settimane, in cui una lotta silenziosa s’ingaggia tra madre e figlio per il mutuo dominio. Se la madre cede, avrà sempre al suo fianco un piccolo tiranno domestico cui si dovrà piegare, e il quale, in seguito, non trovandola sempre docile al suo capriccio, dovrà crudelmente soffrire per il bisogno d’un dominio inappagato. 


* Convincetevi che l’educazione positiva del bambino comincia alla sua nascita. È questo un principio di cui pochi genitori sono convinti.

* Di solito, i genitori viziano il neonato e lo lusingano a cuor leggero non badando alle conseguenze, nella certezza che il momento dell’educazione giunge quando il bambino comincia a parlare. Sarà allora troppo tardi per riparare gli errori commessi antecedentemente!

* Bisogna condannare la ridicola abitudine di prendere in braccio il bambino quando grida, di cullarlo e cantargli canzoni o di danzare con lui in lungo e in largo per la stanza. Più vizierete il bambino e più egli disturberà il vostro sonno e vi priverà del riposo essenziale. Le solite zie e consigliere che circondano sempre la giovane madre, alla minima smorfia del bambino danno l’allarme e vi fanno credere che ha fame, delle coliche o che so io. Non lasciatevi impressionare dagli strilli del piccolo: se non è bagnato, lasciatelo strillare.

* Il fanciullo è un sensibile "registratore" portato istintivamente alla tirannia. Accorgendosi che ad ogni minimo pianto o strillo tutta la casa accorre, capisce di aver un mezzo sicuro per chiamare a sé i genitori che presto saranno schiavi dei suoi capricci e delle sue fantasie. D’altra parte, il bebé s’adagerà nella convinzione che tutti sono al suo servizio e pronti ai suoi minimi richiami. Più tardi, quindi, proverà disagio a distaccarsi da questo suo egocentrismo infantile.

* In principio è bene che la madre educhi il bambino col "noi": "Andiamo, Bebé, saremo buoni oggi... non piangeremo... succhieremo il nostro biberon...". Questa prima educazione agirà sul bambino attraverso la vita interiore della madre, finché egli non prenda a poco a poco coscienza di sé. L’educazione — non lo ripeteremo mai abbastanza — è l’avvio alla libertà, ma ad una libertà progressiva.

* Si renderà un ottimo servizio al bambino facendogli provare le realtà che s’impongono: che vi sono cioè resistenze che non cedono né subiscono eccezioni, che un muro insormontabile non può essere sorpassato tutto ad un tratto, ecc. ecc.

* II fanciullo non osserva nel senso che noi diamo a questo verbo. Egli associa confusamente o, piuttosto, non dissocia ancora le sue azioni dalle reazioni di quanti lo circondano. Dai primi giorni possono crearsi dei "blocchi" come "pianti — arrivo della mamma — passeggio", o "pianti — venuta della nonna — poppatoio". Sono riflessi causati maldestramente dall’adulto e tantopiù difficili a sciogliersi quanto più sono precoci. Di qui tirannie di cui i genitori sono i veri autori prima d’esserne le vittime.

* Le poppate abbiano un orario: osservatelo rigorosamente, senza eccezioni. Troppe mamme sono schiave dei loro bimbi e in qualsiasi momento li accontentano senza badare alla quantità. Questi piccoli non hanno ancora ne' ragione, ne' volontà, ma agiscono istintivamente, abituandosi così malamente. 

* Se piange, verificate che non lo punga qualche spillo; ma non cullatelo, né prendetelo in braccio. Su questo punto bisogna essere rigorosi notte e giorno. Un bimbo trattato così ha tutte le probabilità di ricevere una buona educazione. 

* II bambino si deve prendere in braccio soltanto per curarlo o per fargli succhiare il latte, ma dopo nessun altro lo tocchi: attenti alle nonne e alle zie! Non saranno esse a subire le esigenze che avranno suscitato nei piccoli! 

* Pianga o no, il piccolo sia messo a letto: a lungo andare lo farà spontaneamente, sapendo che le sue ire non sono ascoltate. Non pensate che sia necessario addormentare i bambini; bisogna addormentare gli abituati male, per gli altri ci pensa la natura. Non c’è inoltre bisogno di lumino da notte, né di porte aperte.

* Siate decisi sul principio. Lo so: il pianto dei bambini scuote penosamente il cuore delle mamme e i cervelli dei papà. Ma bisogna a volte calpestare la sensibilità del cuore per il vero bene del bimbo. E anche per il bene tuo, perché se cedi diventerai, adagio adagio, sua schiava, e il giorno in cui vorrai liberarti, rischierai di essere vinta o di svincolarti troppo bruscamente, determinando un turbamento affettivo nel bambino. 

* I bambini devono imparare a restare soli e a trastullarsi da soli. Se la madre o altra sorvegliante si industria a riempire ogni loro minuto, si abituano ad essere divertiti. In seguito potrebbero diventare i più duri tiranni. Conosco bambini che annoiano la loro madre fin dai primi anni chiedendole ad ogni istante: "Mamma, cosa debbo fare oggi?", oppure; "Mamma, raccontami una storia! Mi annoio tanto!", Questi bambini soffriranno poi una continua agitazione, e il tempo libero da impegni precisi diverrà per essi un opprimente problema.

* È inutile accarezzare il bimbo per calmarlo o per fargli piacere. Le carezze aumentano fortemente l’eccitabilità della pelle. Il bisogno di carezze e di moine potrebbe poi restare per tutta la vita. 

* La madre comunica al bimbo il suo affetto più col materno e insostituibile sorriso, che accondiscendendo ai suoi capricci.

* II ragionamento coi bimbi bisogna ridurlo al minimo necessario, poiché non sono ancora in possesso del pensiero logico. Il volerli abituare a ragionare assai presto è come volerli far camminare a sei mesi: si rischia di renderli deboli per tutta la vita. 

* Regolare gli automatismi del bambino è uno dei più grandi servizi che gli si possano rendere. Vuol dire prevenirlo da impacci, pensieri, incertezze, ambizioni; facilitargli lo sviluppo morale e fisico; aiutarlo a conquistare la vera libertà. A quest’età, l’ordine e la regolarità sono indispensabili quanto l’amore. 

* Ogni bambino è uno psicologo che giudica papa e mamma secondo il loro valore. Egli li esamina finché non abbia trovato i limiti del loro potere e della libertà che lui possiede: a questo scopo usa tutte le sue piccole armi, pianti e collere soprattutto. Se ci si impietosisce, se si ha paura delle sue convulsioni, se, dopo averlo molto sgridato, minacciato e picchiato, si cede per amor di pace, il piccolo nota queste debolezze e, con ammirevole conoscenza del cuore umano, baserà su di esse tutta la sua condotta.
È chiaro dunque che quando il bambino vuol oltrepassare i limiti del ragionevole, deve urtare contro un muro, un muro spietato per la sua piccola fronte caparbia, Cozzerà una volta, due volte: al terzo bernoccolo deciderà di restare nel suo recinto. Quando sarà grande, gli spiegherete perché certe cose si possono fare ed altre no. Se grazie alla vostra saggezza, forza e preveggenza, fin dall’infanzia ha preso l’abitudine di fare solo ciò che è permesso, un giorno non soffrirà affatto ad essere spontaneamente buono... .

* Dipende da voi, o mamme, che a sei anni il vostro piccolo sappia leggere; il suo libro, dove imparerà a distinguere ciò che bisogna e ciò che non bisogna fare, è il vostro viso con le sue diverse espressioni. Voi sapete quel che volete da lui, e ogni volta che il suo modo d’agire corrisponde alla vostra volontà, il vostro sguardo e il vostro sorriso gli dicano: "Bene!". Quando questa espressione d’amore e questo sorriso spariranno, e un’espressione seria li sostituirà, avrà l’impressione d’un: "Male!". Per lui, anche il vostro linguaggio, sebbene non comprenda le parole, ha un senso che egli afferra. Il tono della sgridata e il tono della carezza non sono affatto uguali per lui, le inflessioni della vostra voce rinforzano notevolmente la portata del vostro sorriso o della vostra serietà. 

* Non trattate mai il bambino come un balocco o come una bambola... Dopo qualche mese egli partecipa talmente ai giochi con cui lo si diverte che si è tentati di farlo giocare per divertire se stessi. A questo punto c’è pericolo che l’adulto oltrepassi la misura. Non dimentichiamo che il sistema nervoso del bambino è fragile e che c’è pericolo di stancarlo presto. D’altra parte si usano le risorse dei giochi di fisionomia, che sono il primo linguaggio col quale il bambino comprende l’adulto.

* E da sciocchi costringere un bambino a ripetere spesso "buon giorno" alla stessa persona, con lo scopo specioso di abituarlo bene o di divertire la compagnia. I piccoli non chiedono altro che comportarsi come i grandi, ma sentono ripugnanza ad atteggiarsi a cani sapienti. Se non sentissero ripugnanza sarebbe ancor più pericoloso, perché ciò significherebbe che hanno un’anima di istrione. 

* Evitate di parlare col vostro bambino in modo sdolcinato, per quanto commovente vi possa sembrare. Gli si fa un brutto servizio imitando il suo modo di esprimersi. Un servizio da rendergli più tardi sarà quello d’insegnargli a pronunziare correttamente la lingua materna e a correggerne le forme o le inflessioni difettose. 

* Collezionate pure le parole graziose e incantevoli dei vostri bambini, ma non ripetetele mai dinanzi a loro: è il modo più efficace per togliere al bambino il suo candore e indurlo a considerarsi un fenomeno interessante.

* Nei primi anni del bambino, il compito del padre è più nascosto. Senza dubbio egli può manifestare la sua tenerezza incipiente: ma l’uomo, in generale, è poco portato a esternare lungamente tali sentimenti. È giusto che si occupi di loro qualche volta, perché si  abituino al suo contatto e viceversa; ma non tenti di usurpare prematuramente il compito della madre creandosi una facile popolarità: non costituisce egli forse 1’elemento nuovo che i bambini vedono meno frequentemente della madre e che perciò, proprio per questo, potrebbe esercitare su loro un fascino particolare? Sappia sempre togliersi dallo sguardo dei suoi bambini, onde lasciare alla madre il compito principale.

* È certamente desiderabile che la forte autorità, che gli conferisce eventualmente la forza fisica e la potenza della voce, possa a volte sostenere l’autorità della madre, quando, stanca, è momentaneamente incapace di assolvere da sola il compito educativo. Ma è conveniente che tale intervento avvenga il più raramente possibile, soprattutto riguardo ai bimbi più piccoli. La sproporzione delle forze crea nel bambino la paura. La paura è l’inconscio che si rivela ed è anche l’inibizione delle migliori facoltà. La paura (nel suo pieno significato) non educa. Ci sembra infinitamente preferibile che l’autorità paterna si eserciti indirettamente sotto la forma di una piena approvazione delle decisioni materne, perché il bambino è maestro nell’arte di trovare i lati deboli dell’autorità, di creare delle discordanze, se non addirittura delle contraddizioni. Ciò non deve accadere. 

* Se l’uomo non approva sua moglie in taluni atti riguardo ai bimbi, lo dica a lei sola spiegandole le ragioni. Ciò può essere utilissimo. L’uomo che contempla le cose più dal di fuori, e che in genere ha quindi vedute più larghe e lungimiranti, può utilmente dare un consiglio a sua moglie circa l’educazione; un consiglio, diciamo, non l’amara critica che scoraggia o la sterile canzonatura. 

* Si astenga da interventi fragorosi in cui molti padri trovano un’apparente soddisfazione del loro compito educativo. Egli non deve affatto trasformarsi in una macchina di severe punizioni, delle cosiddette punizioni esemplari: tutto codesto apparato drammatico è nefasto all’educazione. La sua calma ferma e la chiarezza d’un rimprovero, a volte, varranno meglio d’un atteggiamento chiassoso e corrucciato. Cerchi di non incutere mai paura ai bambini. La violenza dei gesti, il tono sguaiato della voce, gli sguardi sfolgoranti, spesso sono per il padre manifestazioni di un nervosismo passeggero e senza importanza, ma sui piccoli hanno ripercussioni inattese e disastrose.

* Spetta a te, mamma, interessare il tuo sposo della vita del piccolo. Lungi dal tener gelosamente in te stessa le scoperte e le intuizioni che vai facendo nel tuo figlio, comunicale a tuo marito, fagli spiare il risveglio delle sue facoltà e tutti i segni del suo sviluppo. La vostra reciproca confidenza ne avrà vantaggio. Non vi è nulla che faccia crescere la confidenza di un marito verso la moglie, quanto il sentirsi aiutato da essa a penetrare le segrete intimità di quel piccolo essere enigmatico, a cui essi hanno dato la vita.






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giovedì 24 gennaio 2013



Dalla «Introduzione alla vita devota» 
di san Francesco di Sales, vescovo
(Parte 1, Cap. 3)

<<La devozione è possibile in ogni vocazione e professione.
Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna «secondo la propria specie» (Gn 1, 11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione.
La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta; bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona.

Dimmi, Filotea, sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l’artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammissibile? 

Questo errore si verifica tuttavia molto spesso. No, Filotea, la devozione non distrugge nulla quando è sincera, ma anzi perfeziona tutto e, quando contrasta con gli impegni di qualcuno, è senza dubbio falsa.
L’ape trae il miele dai fiori senza sciuparli, lasciandoli intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non reca pregiudizio ad alcun tipo di vocazione o di occupazione, ma al contrario vi aggiunge bellezza e prestigio.

Tutte le pietre preziose, gettate nel miele, diventano più splendenti, ognuna secondo il proprio colore, così ogni persona si perfeziona nella sua vocazione, se l’unisce alla devozione. La cura della famiglia è resa più leggera, l’amore fra marito e moglie più sincero, il servizio del principe più fedele, e tutte le altre occupazioni più soavi e amabili.

È un errore, anzi un’eresia, voler escludere l’esercizio della devozione dall’ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati. È vero, Filotea, che la devozione puramente contemplativa, monastica e religiosa può essere vissuta solo in questi stati, ma oltre a questi tre tipi di devozione, ve ne sono molti altri capaci di rendere perfetti coloro che vivono in condizioni secolari. Perciò dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta.>>

RESPONSORIO Cfr. Ef 4, 32 - 5, 1; Mt 11, 29
R. Siate benevoli gli uni verso gli altri e pieni di misericordia.
Perdonatevi come Dio ha perdonato a voi in Cristo;
* fatevi imitatori di Dio, come figli carissimi.
V. Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me,
che sono mite e umile di cuore;
R. fatevi imitatori di Dio, come figli carissimi.

ORAZIONE

O Dio, tu hai voluto che il santo vescovo Francesco di Sales si facesse tutto a tutti nella carità apostolica: concedi anche a noi di testimoniare sempre, nel servizio dei fratelli, la dolcezza del tuo amore di Padre. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.

Benediciamo il Signore.
R. Rendiamo grazie a Dio.


Domine Iesu,
Noverim me, noverim te,
Nec aliquid cupiam nisi te.