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venerdì 21 giugno 2013

METTIAMOCI ALLA SCUOLA DI

Maria il mio amore, la mia consolazione, la mamma mia.

SAN FILIPPO NERI

L'Obbedienza

- L'obbedienza buona è quando si ubbidisce senza discorso e si tiene per certo quello
che è comandato è la miglior cosa che si possa fare.
- L'obbedienza è il vero olocausto che si sacrifica a Dio sull'altare del nostro cuore, e
bisogna sforzarci d'obbedire anche nelle cose piccole, e che paiono di niun momento,
poiché in questo modo la persona si rende facile ad essere obbediente nelle cose
maggiori.
- E' meglio obbedire al sagrestano e al portinaio quando chiamano, che starsene in
camera a fare orazione.
- A proposito di colui che comandava diceva: Chi vuol esser obbedito assai, comandi
poco.

La Gioia Cristiana

- Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che siate
allegri.
- Non voglio scrupoli, non voglio malinconie. Scrupoli e malinconie, lontani da casa
mia.
- L'allegrezza cristiana interiore è un dono di Dio, derivato dalla buona coscienza,
mercé il disprezzo delle cose terrene, unito con la contemplazione delle celesti...Si
oppone alla nostra allegrezza il peccato; anzi, chi è servo del peccato non può
neanche assaporarla: le si oppone principalmente l'ambizione: le è nemico il senso, e
molto altresì la vanità e la detrazione. La nostra allegrezza corre gran pericolo e
spesso si perde col trattare cose mondane, col consorzio degli ambiziosi, col diletto
degli spettacoli.
- Ai giovani che facevano chiasso, a proposito di coloro che si lamentavano, diceva:
Lasciateli, miei cari, brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto vostro, e state
allegramente, perché altro non voglio da voi se non che non facciate peccati. E
quando doveva frenare l'irrequietezza dei ragazzi diceva: State fermi, e, sotto voce, se
potete.


La Devozione a Maria

- Figliuoli miei, siate devoti della Madonna: siate devoti a Maria.
- Sappiate, figliuoli, e credete a me, che lo so: non vi è mezzo più potente ad ottenere
le grazie da Dio che la Madonna Santissima.
- Chiamava Maria il mio amore, la mia consolazione, la mamma mia.
- La Madonna Santissima ama coloro che la chiamano Vergine e Madre di Dio, e che
nominano innanzi a Lei il nome santissimo di Gesù, il quale ha forza d'intenerire il
cuore.

La Confessione

- La confessione frequente de' peccati è cagione di gran bene all'anima nostra, perché
la purifica, la risana e la ferma nel servizio di Dio.
- Nel confessarsi l'uomo si accusi prima de' peccati più gravi e de' quali ha maggior
vergogna: perché così si viene a confondere più il demonio e cavar maggior frutto

dalla confessione.


La Mortificazione

- Figliuoli, umiliate la mente, soggettate il giudizio.
- Tutta l'importanza della vita cristiana consiste nel mortificare la razionale.
- Molto più giova mortificare una propria passione per piccola che sia, che molte
astinenze, digiuni e discipline.
- Quando gli capitava qualche persona che avesse fama di santità, era solito provarla
con mortificazioni spirituali e se la trovava mortificata e umile, ne teneva conto,
altrimenti l'aveva per sospetta, dicendo: Ove non è gran mortificazione, non può
esservi gran santità.
- Le mortificazioni esteriori aiutano grandemente all'acquisto della mortificazione

interiore e delle altre virtù.


L'Umiltà

- Figliuoli, siate umili, state bassi: siate umili, state bassi.
- Umiliate voi stessi sempre, e abbassatevi negli occhi vostri e degli altri, acciò
possiate diventar grandi negli occhi di Dio.
- Dio sempre ha ricercato nei cuori degli uomini lo spirito d'umiltà, e un sentir basso
di sè. Non vi è cosa che più dispiaccia a Dio che l'essere gonfiato della propria stima.
- Non basta solamente onorare i superiori, ma ancora si devono onorare gli eguali e
gli inferiori, e cercare di essere il primo ad onorare.
- Per fuggire ogni pericolo di vanagloria voleva il Santo che alcune devozioni
particolari si facessero in camera, ed esortava che si fuggisse ogni singolarità. A
proposito della vanagloria diceva: Vi sono tre sorta di vanagloria. La prima è
Padrona e si ha quando questa va innanzi all'opera e l'opera si fa per il fine della
vanagloria. La seconda è la Compagna e si ha quando l'uomo non fa l'opera per fine
di vanagloria, ma nel farla sente compiacenza. La terza è Serva e si ha quando nel
far l'opera sorge la vanagloria, ma la persona subito la reprime.
- Per acquistare il dono dell'umiltà sono necessarie quattro cose: spernere mundum,
spernere nullum, spernere seipsum, spernere se sperni: cioè disprezzare il mondo,
non disprezzare alcuno, disprezzare se stesso, non far conto d'essere disprezzato. E
soggiungeva, rispetto all'ultimo grado: A questo non sono arrivato: a questo vorrei
arrivare.
- Fuggiva con tutta la forza ogni sorta di dignità: Figliuoli miei, prendete in bene le mie
parole, piuttosto pregherei Iddio che mi mandasse la morte, anzi una saetta, che il
pensiero di simili dignità. Desidero bene lo spirito e la virtù dei Cardinali e dei Papi,

ma non già le grandezze loro.



Desiderio di Perfezione

- Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni.
- Bisogna desiderare di far cose grandi per servizio di Dio, e non accontentarsi di una
bontà mediocre, ma aver desiderio (se fosse possibile) di passare in santità ed in
amore anche S. Pietro e S. Paolo: la qual cosa, benché l'uomo non sia per conseguire,
si deve con tutto ciò desiderare, per fare almeno col desiderio quello che non
possiamo colle opere.
- Non è superbia il desiderare di passare in santità qualsivoglia Santo: perché il
desiderare d'essere santo è desiderio di voler amare ed onorare Dio sopra tutte le
cose: e questo desiderio, se si potesse, si dovrebbe stendere in infinito, perché Dio è
degno d'infinito onore.
- La santità sta tutta in tre dita di spazio, e si toccava la fronte, cioè nel mortificare la
razionale, contrastando cioè a se stesso, all'amore proprio, al proprio giudizio.
- La perfezione non consiste nelle cose esteriori, come in piangere ed altre cose simili,
e le lacrime non sono segno che l'uomo sia in grazia di Dio.

- Parlando il Santo di spirito e della perfezione diceva: Ubbidienza, Umiltà, Distacco!


La volontà di Dio

- Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Gesù mio.
- Quando l'anima sta rassegnata nelle mani di Dio, e si contenta del divino
beneplacito, sta in buone mani, ed è molto sicura che le abbia ad intervenire bene.
- Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar
Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero.
- E' ottimo rimedio, nel tempo delle tribolazioni e aridità di spirito, l'immaginarsi di
essere come un mendico, alla presenza di Dio e dei Santi, e come tale andare ora da
questo Santo, ora da quell'altro a domandar loro elemosina spirituale, con
quell'affetto e verità onde sogliono domandarla i poveri. E ciò si faccia alle volte
corporalmente, andando ora alla Chiesa di questo Santo, ed ora alla Chiesa di
quell'altro a domandar questa santa elemosina.
- Al P. Antonio Gallonio, fortemente tormentato da una interna tribolazione, S. Filippo
diceva: Abbia pazienza, Antonio: questa è la volontà di Dio. Abbi pazienza, sta saldo;
questo è il tuo Purgatorio.
- A chi si lamentava di certe prove diceva: Non sei degno, non sei degno che il Signore
ti visiti.
- Quietati che Dio la vuole, disse una volta ad una mamma a cui moriva una piccola

figlia, e ti basta essere stata balia di Dio.

Presenza in Dio e confidenza in Lui

- Spesso esortava i suoi figli spirituali che pensassero di aver sempre Dio davanti agli
occhi.
- Chi non sale spesso in vita col pensiero in Cielo, pericola grandemente di non salirvi
dopo morte.
- Paradiso! Paradiso! era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana.
- Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che se vorrà qualche cosa da voi, vi
farà buoni in tutto quello in cui vorrà adoperarvi.
- Bisogna avere grande fiducia in Dio, il quale è quello che è stato sempre: e non

bisogna sgomentarsi per cosa accada in contrario.



L'Amore di Dio

Chi vuole altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che si voglia. Chi dimanda
altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che dimanda. Chi opera e non per Cristo,
non sa quello che si faccia.
- L'anima che si dà tutta a Dio, è tutta di Dio.
- Quanto amore si pone nelle creature, tanto se ne toglie a Dio.
- All'acquisto dell'amor di Dio non c'è più vera e più breve strada che staccarsi
dall'amore delle cose del mondo ancor piccole e di poco momento e dall'amor di se
stesso, amando in noi più il volere e servizio di Dio, che la nostra soddisfazione e
volere.
- Come mai è possibile che un uomo il quale crede in Dio, possa amare altra cosa che
Dio?
- La grandezza dell'amor di Dio si riconosce dalla grandezza del desiderio che l'uomo
ha di patire per amor suo.
- A chi veramente ama Dio non può avvenire cosa di più gran dispiacere quanto non
aver occasione di patire per Lui.
- Ad uno il quale ama veramente il Signore non è cosa più grave, né più molesta
quanto la vita.
- I veri servi di Dio hanno la vita in pazienza e la morte in desiderio.
- Un'anima veramente innamorata di Dio viene a tale che bisogna che dica: Signore,
lasciatemi dormire: Signore, lasciatemi stare.
Presenza in Dio e confidenza in Lui
- Spesso esortava i suoi figli spirituali che pensassero di aver sempre Dio davanti agli
occhi.
- Chi non sale spesso in vita col pensiero in Cielo, pericola grandemente di non salirvi
dopo morte.
- Paradiso! Paradiso! era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana.
- Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che se vorrà qualche cosa da voi, vi
farà buoni in tutto quello in cui vorrà adoperarvi.
- Bisogna avere grande fiducia in Dio, il quale è quello che è stato sempre: e non
bisogna sgomentarsi per cosa accada in contrario.
La volontà di Dio
- Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Gesù mio.
- Quando l'anima sta rassegnata nelle mani di Dio, e si contenta del divino
beneplacito, sta in buone mani, ed è molto sicura che le abbia ad intervenire bene.
- Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar
Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero.
- E' ottimo rimedio, nel tempo delle tribolazioni e aridità di spirito, l'immaginarsi di
essere come un mendico, alla presenza di Dio e dei Santi, e come tale andare ora da
questo Santo, ora da quell'altro a domandar loro elemosina spirituale, con
quell'affetto e verità onde sogliono domandarla i poveri. E ciò si faccia alle volte
corporalmente, andando ora alla Chiesa di questo Santo, ed ora alla Chiesa di
quell'altro a domandar questa santa elemosina.
- Al P. Antonio Gallonio, fortemente tormentato da una interna tribolazione, S. Filippo
diceva: Abbia pazienza, Antonio: questa è la volontà di Dio. Abbi pazienza, sta saldo;
questo è il tuo Purgatorio.
- A chi si lamentava di certe prove diceva: Non sei degno, non sei degno che il Signore
ti visiti.
- Quietati che Dio la vuole, disse una volta ad una mamma a cui moriva una piccola
figlia, e ti basta essere stata balia di Dio.


La Tentazione

- Le tentazioni del demonio, spirito superbissimo e tenebroso, non si vincono meglio
che con l'umiltà del cuore, e col manifestare semplicemente e chiaramente senza
coperta i peccati e le tentazioni al confessore.
- Contro le tentazioni di fede invitava a dire: credo, credo, oppure che si recitasse il
Credo.
- La vera custodia della castità è l'umiltà: e però quando si sente la caduta di
qualcuno, bisogna muoversi a compassione, e non a sdegno: perché il non aver pietà
in simili casi, è segno manifesto di dover prestamente cadere.
- Ai giovani dava cinque brevi ricordi: fuggire le cattive compagnie, non nutrire
delicatamente il corpo, aborrire l'ozio, fare orazione, frequentare i Sacramenti
spesso, e particolarmente la Confessione.

Giaculatorie

Padre Zazzara diceva che il Santo lodava molto le giaculatorie, ed in diversi tempi
dell'anno gliele insegnava e ne faceva dire ogni giorno quando una, quando un'altra.
- Per tenere vivo il pensiero della divina presenza ed eccitare la confidenza in Dio
sono utilissime alcune orazioni brevi e quelle spesse volte lanciare verso il cielo tra il
giorno, alzando la mente a Dio da questo fango del mondo: e chi le usa, ne ricaverà
frutto incredibile con poca fatica.

Ave, Gratia Plena!

lunedì 15 ottobre 2012

*** DOMENICA 21ma dopo Pentecoste. Rito Romano-Tridentino. 21 ottobre 2012: Il perdono e la parabola del servo iniquo.


278. <<...Dimmi se devo perdonare sempre o se un numero di volte. Sette volte, o più ancora, ad esempio?>>



Licenziati dopo il pasto i poveri, Gesù resta cogli apostoli e discepoli nel giardino di Maria di Magdala. 
Vanno a sedersi al limite di esso, proprio vicino alle acque quiete del lago, su cui delle barche veleggiano intente alla pesca.

«Avranno buona pesca», commenta Pietro che osserva. 
«Anche tu avrai buona pesca, Simone di Giona». 
«Io, Signore? Quando? Intendi che io esca a pescare per il cibo di domani? Vado subito e...». 
«Non abbiamo bisogno di cibo in questa casa. La pesca che tu farai sarà in futuro e nel campo spirituale. E con te saranno pescatori ottimi la maggior parte di questi». 
«Non tutti, Maestro?», chiede Matteo. 
«Non tutti. Ma quelli che perseverando diverranno miei sacerdoti avranno buona pesca». 
«Conversioni, eh?», domanda Giacomo di Zebedeo. 
«Conversioni, perdoni, guide a Dio. Oh! tante cose».

«Senti, Maestro. Tu prima hai detto che, se uno non ascolta il fratello neppure alla presenza di testimoni, sia fatto consigliare dalla sinagoga. Ora, se io ho ben capito quanto Tu ci hai detto da quando ci conosciamo, mi pare che la sinagoga sarà sostituita dalla Chiesa, questa cosa che Tu fonderai. Allora, dove andremo per fare consigliare i fratelli zucconi?». 

«Andrete da voi stessi, perché voi sarete la mia Chiesa. Perciò i fedeli verranno a voi, o per consiglio da avere per causa propria, o per consiglio da dare ad altri. Vi dico di più. Non solo potrete consigliare. Ma potrete anche assolvere in mio Nome. Potrete sciogliere dalle catene del peccato e potrete legare due che si amano facendone una carne sola. E quanto avrete fatto sarà valido agli occhi di Dio come fosse Dio stesso che lo avesse fatto. In verità vi dico: quanto avrete legato sulla Terra sarà legato nel Cielo, quanto sarà sciolto da voi sulla Terra sarà sciolto in Cielo. E ancora vi dico, per farvi comprendere la potenza del mio Nome, dell'amore fraterno e della preghiera, che se due miei discepoli, e per tali intendo ora tutti coloro che crederanno nel Cristo, si riuniranno a chiedere qualsiasi giusta cosa in mio Nome, sarà loro concessa dal Padre mio. Perché grande potenza è la preghiera, grande potenza è l'unione fraterna, grandissima, infinita potenza è il mio Nome e la mia presenza fra voi. E dove due o tre saranno adunati in mio Nome, ivi Io sarò in mezzo a loro, e pregherò con loro, e il Padre non negherà a chi con Me prega. Perché molti non ottengono perché pregano soli, o per motivi illeciti, o con orgoglio, o con peccato sul cuore. Fatevi il cuore mondo, onde Io possa essere con voi, e poi pregate e sarete ascoltati»

Pietro è pensieroso. Gesù lo vede e gliene chiede ragione. E Pietro spiega: «Penso a che gran dovere siamo destinati. E ne ho paura. Paura di non sapere fare bene». 
«Infatti Simone di Giona o Giacomo di Alfeo o Filippo e così via non saprebbero fare bene. Ma il sacerdote Pietro, il sacerdote Giacomo, il sacerdote Filippo, o Tommaso, sapranno fare bene perché faranno insieme 
alla divina Sapienza».

«E... quante volte dovremo perdonare ai fratelli? Quante, se peccano contro i sacerdoti; e quante, se peccano contro Dio? Perché, se succederà allora come ora, certo peccheranno contro di noi, visto che peccano contro 
di Te tante e tante volte. Dimmi se devo perdonare sempre o se un numero di volte. Sette volte, o più ancora, ad esempio?». 

«Non ti dico sette, ma settanta volte sette. Un numero senza misura. Perché anche il Padre dei Cieli perdonerà a voi molte volte, un numero grande di volte, a voi che dovreste essere perfetti. E come Egli fa con 
voi, così voi dovete fare, perché voi rappresenterete Dio in Terra. Anzi, sentite. Racconterò una parabola che servirà a tutti».



E Gesù, che era circondato dai soli apostoli in un chioschetto di bossi, si avvia verso i discepoli che sono invece rispettosamente aggruppati su uno spiazzo decorato di una vasca piena di limpide acque. Il sorriso di Gesù è come un segnale di parola. E mentre Lui va col suo passo lento e lungo, per cui percorre molto spazio in pochi momenti, e senza affrettarsi perciò, essi si rallegrano tutti e, come bambini intorno a chi li fa felici, 
si stringono in cerchio. 

Una corona di visi attenti, finché Gesù si mette contro un alto albero e inizia a parlare. 

«Quanto ho detto prima al popolo va perfezionato per voi che siete gli eletti fra esso. Dall'apostolo Simone di Giona mi è stato detto: "Quante volte devo perdonare? A chi? Perché?". Ho risposto a lui in privato ed ora a tutti ripeto la mia risposta in ciò che è giusto voi sappiate sin da ora. Udite quante volte e come e perché va perdonatoPerdonare bisogna come perdona Dio, il quale, se mille volte uno pecca e se ne pente, perdona mille volte. Purché veda che nel colpevole non c'è la volontà del peccato, la ricerca di ciò che fa peccare, ma sibbene il peccato è solo frutto di una debolezza dell'uomo. 
Nel caso di persistenza volontaria nel peccato, non può esservi perdono per le colpe fatte alla Legge. Ma per quanto queste colpe vi danno di 
dolore, a voi, individualmente, perdonate. Perdonate sempre a chi vi fa del male. Perdonate per essere perdonati, perché anche voi avete colpe verso Dio e i fratelli. 

Il perdono apre il Regno dei Cieli tanto al perdonato come al perdonante. 
Esso è simile a questo fatto che avvenne fra un re ed i suoi servi. 
Un re volle fare i conti coi suoi servi. Li chiamò dunque uno dopo l'altro cominciando da quelli che erano i più in alto. Venne uno che gli era debitore di diecimila talenti. Ma il suddito non aveva con che pagare 
l'anticipo che il re gli aveva fatto per potersi costruire case e beni d'ogni genere, perché in verità non aveva, per molti motivi più o meno giusti, con molta solerzia usato della somma ricevuta per questo. Il re-padrone, 
sdegnato della sua infingardia e della mancanza di parola, comandò fosse venduto lui, la moglie, i figli e quanto aveva, finché avesse saldato il suo debito. Ma il servo si gettò ai piedi del re e con pianti e suppliche 
lo pregava: "Lasciami andare. Abbi un poco di pazienza ancora ed io ti renderò tutto quanto ti devo, fino all'ultimo denaro". Il re, impietosito da tanto dolore -  era un re buono - non solo acconsentì a questo ma,
saputo che fra le cause della poca solerzia e del mancato pagamento erano anche delle malattie, giunse a condonargli il debito.

Il suddito se ne andò felice. Uscendo di li, però, trovò sulla sua via un altro suddito, un povero suddito al quale egli aveva prestato cento denari tolti ai diecimila talenti avuti dal re. Persuaso del favore sovrano, si credette tutto lecito e, preso quell'infelice per la gola, gli disse: "Rendimi subito quanto mi devi". Inutilmente l'uomo piangendo si curvò a baciargli i piedi gemendo: "Abbi pietà di me che ho tante disgrazie. Porta un poco di pazienza ancora e ti renderò tutto, fino all'ultimo spicciolo". 
Il servo, spietato, chiamò i militi e fece condurre in prigione l'infelice perché si decidesse a pagarlo, pena la perdita della libertà o anche della vita. La cosa fu risaputa dagli amici del disgraziato i quali, tutti contristati, andarono a riferirlo al re e padrone. Questi, saputa la cosa, ordinò gli fosse tradotto davanti il servitore spietato e, guardandolo severamente, disse: "Servo iniquo, io ti avevo aiutato prima perché tu diventassi misericordioso, perché ti facessi una ricchezza, poi ti ho aiutato ancora col condonarti il debito per il quale tanto ti raccomandavi che io avessi pazienza. Tu non hai avuto pietà di un tuo simile mentre io, re, per te ne avevo avuta tanta. Perché non hai fatto ciò che io ti ho fatto?". E lo consegnò sdegnato ai carcerieri, perché lo tenessero finché avesse tutto pagato, dicendo: "Come non ebbe pietà di uno che ben poco gli doveva, mentre tanta pietà ebbe da me che re sono, così non trovi da me pietà". 
Così pure farà il Padre mio con voi se voi sarete spietati ai fratelli, se voi, avendo avuto tanto da Dio, sarete colpevoli più di quanto non lo è un fedele. Ricordate che in voi è l'obbligo di essere più di ogni altro senza 
colpe. Ricordate che Dio vi anticipa un gran tesoro, ma vuole che gliene rendiate ragione. Ricordate che nessuno come voi deve saper praticare amore e perdono. Non siate servi che per voi molto volete e poi nulla 
date a chi a voi chiede. Come fate, così vi sarà fatto. E vi sarà chiesto anche conto del come fanno gli altri, trascinati al bene o al male dal vostro esempio. Oh! che in verità se sarete santificatori possederete una gloria grandissima nei Cieli! Ma, ugualmente, se sarete pervertitori, o anche solamente infingardi nel santificare, sarete duramente puniti. Io ve lo dico ancora una volta. Se alcuno di voi non si sente di essere vittima della propria missione, se ne vada. Ma non manchi ad essa. E dico: non manchi nelle cose veramente rovinose alla propria e all'altrui formazione. E sappia avere amico Dio, avendo sempre in cuore perdono ai deboli. Allora ecco che ad ognun di voi che sappia perdonare sarà da Dio Padre dato perdono. 

La sosta è finita. Il tempo dei Tabernacoli è prossimo. Quelli ai quali ho parlato in disparte questa mattina, da domani andranno, precedendomi e annunciandomi alle popolazioni. Quelli che restano non si avviliscano. 
Ho trattenuto alcuni di loro per prudenziale motivo, non per spregio di loro. Essi staranno con Me, e presto li manderò come mando i settantadue primi. La messe è molta e gli operai saranno sempre pochi rispetto al 
bisogno. Vi sarà dunque lavoro per tutti. E non basta ancora. Perciò, senza gelosie, pregate il Padrone della messe  che mandi sempre nuovi operai per la sua mietitura. Andate, intanto. Io e gli apostoli abbiamo in questi giorni di sosta completato la vostra istruzione sul lavoro che avete da fare, ripetendo quello che Io dissi prima di mandare i dodici. 

Uno fra voi mi ha chiesto: "Ma come guarirò in tuo Nome?". Curate sempre prima lo spirito. Promettete agli infermi il Regno di Dio se sapranno credere in Me e, vista in essi la fede, comandate al morbo di andarsene, ed esso se ne andrà. E così fate per i malati dello spirito. Accendete per prima cosa la fede. Comunicate con la parola sicura la speranza. Io sopraggiungerò a mettere in essi la divina carità, così come a voi l'ho messa in cuore dopo che in Me avete creduto e nella misericordia avete sperato. E non abbiate paura né degli uomini né del demonio. Non vi faranno male. Le uniche cose di cui dovete temere sono la sensualità, la superbia, l'avarizia. Per esse potrete consegnarvi a Satana e agli uomini-satana, ché ci sono essi pure. 

Andate, dunque, precedendomi per le vie del Giordano. E, giunti a Gerusalemme, andate a raggiungere i pastori nella valle di Betlemme e con essi venite a Me nel posto che sapete, e insieme celebreremo la festa 
santa, tornando poi più corroborati che mai al nostro ministero. 
Andate con pace. Io vi benedico nel Nome santo del Signore».


Gesù, Maria, Vi amo! 
Salvate tutte le anime.