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martedì 5 ottobre 2021

LA GRAZIA (continua)

 





7 giugno 1943

   Anzitutto metto qui il mio grazie per il suo caritatevole pensiero di portarmi copia della Supplica[35] e di esser stato così buono da aver accettato il mio foglietto così benignamente. Ma però non è la “mia” supplica. Di mio non c’è che la fatica di scriverla. Il pensiero non è mio. Non sono così sublime da saper estrarre dal mio cuore pensieri così sovrumani di perdono.
   Le ho detto ieri che mentre li scrivevo, e sentivo che erano giusti, dovevo fare una vera fatica morale ad accettarli. Come lei avrà notato, leggendo gli appunti della mia vita, non possiedo proprio per nulla il carattere di Giobbe. Sono, come Maria Valtorta, molto umana con tutto quello che l’umanità porta con sé di suscettibilità, di orgoglio, di passioni ecc. ecc., e devo, per fare vivere la Maria della Croce, incenerire me stessa ogni momento per rinascere dalle mie ceneri umane, mistica fenice, in forma nuova e certamente più accetta al buon Dio.
   Quando “la voce” mi dice[36]: «Tu non sei nulla; tu, da te stessa, non saresti mai capace di riuscire a nulla», io ne sono persuasissima. Non mi illudo sulla mia carnaccia e sulla mia embrionale natura spirituale. So che una è matta come un puledro in primavera e l’altra è così embrionale che è appena un debole abbozzo. Perciò conforto la mia debolezza e imbriglio la mia materia con la Croce di Cristo. Solo avvinghiata a Lui Crocifisso posso far stare ritta la mia anima e solo inchiodando con chiodi ben ribaditi e bene mortificatori la mia carne la posso tenere lì, soggiogata, impotente di compiere le sue mattane.
   Perciò non diciamo “la mia supplica”. Essa è di un Altro. Non mi devo appropriare di quello che non è mio. Me ne insuperbirei mentendo a me stessa, al mondo e a Dio. Se quelle parole hanno servito - e non potevano non servire perché venivano da zone di luce, e di che luce! - rendiamone grazie al Signore e basta.
   Due sono le cose che più mi fanno stare con le orecchie aperte e gli occhi vigilanti per spiare il più lieve movimento del Nemico delle anime che striscia, si insinua e fischia la sua seduttrice canzone così sottilmente per ipnotizzarci e renderci alla sua mercé. Una, sono le tendenze della carne, così proterva nonostante tutti i cilizi; l’altra, le ... lievitazioni della superbia che tenta sempre di gonfiare... Sento per istinto che le une e le altre muoiono tre giorni dopo di noi e che solo la bontà di Dio e una grande, grandissima volontà nostra, una volontà instancabile, alacre, vigilante, le può rendere innocue, sterilizzarle ad ogni nuova loro ondata di germi corruttori. E sento anche che se io mi lasciassi avvinghiare dalle spire del senso o da quelle della superbia, il presente stato di grazia cesserebbe di colpo, prima, molto prima di quello che vuole il mio Gesù, il quale non cessa di tenermi fra le braccia e mormorarmi parole di vita.
   Si figuri se vorrei perdere questa beatitudine per mia colpa! È dessa che mi impedisce di sentire il mordente delle vicende umane che mi colpiscono, e il duplice mordente dei ricordi che si affollano. Tutto scorre su me, tutto si avventa su me come acqua, come flutto, come maroso, ma finché dura la presente beatitudine io sono come un blocco di cristallo sul quale tutto passa senza lasciare segno, senza poter penetrare.
   Verrà il momento in cui Gesù tacerà e mi lascerà andare. Pazienza! E che perciò? Me ne dovrò lamentare? No. Soffrirò certo ma accetterò la nuova prova, continuando ad amarlo anche se Egli mi lascia sola. Se lo fa, saprà ben Lui perché lo fa. E certo avrò più merito, ad amarlo allora, che non ne abbia ora.
   Bella forza esser amorosa adesso che Egli è così sensibilmente amoroso! A meno di non possedere il cuore di Giuda, chi si vede amato ama. Ma il più alto amore è quello che sa continuare ad amare anche quando ci sembra di non essere più amati. Quando lo si fa con gli uomini non ne ricaviamo costrutto, o ben raramente. Ma quando si fa così col buon Dio, allora si può esser certi che dopo viene un ancora più intenso periodo di amore, perché Dio premia sempre dopo averci provato, se abbiamo saputo esser fedeli.


   Dice Gesù:


   «Continuo a parlarti della grazia[37], la quale dà la vita dello spirito.
   Quando Iddio creò il primo uomo, infuse in esso, oltre che la vita della materia, fino ad allora inanimata, anche la vita dello spirito. Altrimenti non avrebbe potuto dire che vi aveva fatti a sua immagine e somiglianza.
   Quello che era di perfetto la prima creatura nessuno di voi lo può immaginare. Solo Noi possiamo vedere, nell’eterno presente che è la nostra eternità, la perfezione dell’opera regale della nostra Intelligenza creatrice. Il seme di Adamo, se Adamo avesse saputo rimanere re quale Noi lo avevamo fatto, con potestà su tutte le cose e con dipendenza solo da Dio - una dipendenza di figlio amatissimo - sarebbe stato un seme di perpetua perfezione. Ma vi era un vinto che vegliava per trarre vendetta.
   Tu, Maria, che dici che dal tuo cuore non potrebbero uscire spontaneamente pensieri di perdono perché la tua natura umana ti porta allo spirito di vendetta e solo per riguardo mio sai perdonare, ci hai mai pensato che è stato lo spirito di vendetta che ha rovinato voi, figli di Adamo, e mandato Me, Figlio di Dio, sulla croce?


   Lucifero - ed era il bello fra i belli creati da Me - dal baratro dove era piombato, brutto in eterno dopo la blasfema rivolta al suo Creatore, fu assetato di vendetta. Al primo peccato di superbia unì così una serie interminabile di delitti, vendicandosi nei secoli dei secoli. E la prima vendetta fu sui miei creati Adamo ed Eva. Nella perfezione della mia creazione il suo dente avvelenato mise il segno della sua bestialità comunicandovi la sua stessa libidine di lussuria, di vendetta, di superbia. E da allora il vostro spirito duella in voi contro i veleni del morso infernale.


   Qualche rarissima volta lo spirito vince sulla carne e il sangue, e dà alla Terra e al Cielo un nuovo santo. Qualche volta lo spirito vive stentatamente, con stasi di letargo in cui è come fosse morto e nelle quali vivete e agite come creature prive di luce, della mia Luce. Qualche altra viene letteralmente ucciso dalla creatura che volontariamente decade dal suo trono di figlia di Dio e diventa peggio di un bruto. Diventa demonio, figlio di demonio.
   In verità ti dico che oltre due terzi della razza umana appartengono a questa categoria che vive sotto il segno della Bestia. Per questa inutilmente Io sono morto.
   La legge dei segnati dalla Bestia è in antitesi con la Legge mia. In una domina la carne e genera opere di carne. Nell’altra domina lo spirito e genera opere di spirito. Quando lo spirito domina, là è regno di Dio. Quando domina la carne, là è regno di Satana.
   L’infinita Misericordia che anima la Triade ha dato al vostro spirito tutti gli aiuti per rimanere dominatore. Ha dato il sacramento che leva il segno della Bestia nella vostra carne di figli di Adamo e imprime il mio Segno. Ha dato la mia Parola di Vita, ha dato Me, Maestro e Redentore, ha dato il mio Sangue nell’Eucarestia e sulla Croce, ha dato il Paraclito: lo Spirito di verità.


   Colui che sa stare nello Spirito genera opere dello spirito. Dalla creatura posseduta dallo Spirito sgorga carità, mitezza, purezza, scienza e ogni opera buona unita a umiltà grande. Dagli altri escono, come serpi sibilanti, vizi, frodi, lussurie, delitti, poiché il loro cuore è nido di serpi infernali.
   Ma dove sono quelli che sanno tendere alla vita dello spirito e rendersi degni di accogliere in sé l’infusione vitale del Consolatore, che viene con tutti i suoi doni ma vuole per trono uno spirito pronto, desideroso di Lui? No, che il mondo non lo vuole questo Spirito che vi fa buoni. Il mondo vuole il potere a qualunque costo, la ricchezza a qualunque costo, l’appagamento del senso a qualunque costo, tutte le gioie della Terra a qualunque costo, e respinge e bestemmia lo Spirito Santo e impugna la sua Verità, e si paluda di vesti profetiche parlando parole che non escono dal seno della Trinità Ss. ma dall’antro di Satana.


   E ciò non è e non sarà perdonato[38]. M a i. E che non sia perdonato lo vedete. Dio si ritira nell’alto dei suoi Cieli perché l’uomo respinge il suo amore e vive per e nella carne. Ecco le cause della vostra rovina e del nostro silenzio. Dal profondo escono i tentacoli di Satana, sulla Terra l’uomo si proclama dio e bestemmia il vero Dio, in alto il Cielo si chiude. Ed è già pietà, perché chiudendosi rattiene le folgori che voi meritate.
   Una nuova Pentecoste troverebbe i cuori più duri e sozzi di un macigno sprofondato in uno stagno di fango. State perciò nel fango che avete voluto, in attesa che un comando, che non conosce ribellioni, ve ne tragga per giudicarvi e separare i figli dello spirito dai figli della carne.»


   E ora, Gesù buono, lascia che parli io. Hai detto tante cose oggi che neppure le posso copiare tutte. E nelle prime ore ero così stanca e sofferente che facevo fatica a seguire la tua dolce voce. Dopo è andato meglio. Ma ora il dolore mi prende. È un’ora di Getsemani.
   Per chi soffro? Quale è l’anima alla quale occorre questa mia agonia per guarire, per sperare, per tornare a Te? Non lo saprò mai su questa Terra, ma sono convinta che esiste e che questa amarezza mia la devo bere per uno scopo di espiazione. Lo faccio volentieri anche se il pianto mi riga le guance. Ma lasciami piangere sul tuo Cuore perché, se su esso è dolce amare, su esso è dolce soffrire.
   Tutte le tristezze vengono a ondate. Tu le sai tutte senza che io te le enumeri, e tanto Tu che io sappiamo anche cosa si nasconde dietro questo schermo nero che mi vuole avviluppare. Per non vederlo chiudo gli occhi. Faccio come i bambini paurosi del buio. E questa sera sono proprio come una povera bambina sola in un luogo senza luce. Ogni angolo è un ricettacolo di ombre che assumono aspetti terrorizzanti. Se chiudo ben stretti gli occhi, dopo averti guardato fisso fisso come si guarda il sole, non mi resta sullo sfondo della rétina che la tua Immagine; se mi stringo stretta stretta a Te, non mi accorgo più della solitudine che ho intorno e dalla quale possono sorgere per me tanti pericoli. Sento le tue braccia intorno a me e anche se piango non ho più paura.
   Prenditi il mio pianto questa sera. Non ho che questo da darti in questa notte di pena. Non ti dico neppure: “Levami questa pena”; ti dico solo: “Sia fatta la tua Volontà, ma aiutami, Gesù”.
   Sì, aiutami, Maestro buono. Non mi lasciare andare. Tutto il dolore che vuoi, Signore, ma la tua vicinanza sempre. So, credo che non è senza uno scopo di bene questo tormento morale; so, spero che non è senza utilità; so che se soffrirò con pace, sul tuo Cuore, la pace resterà in me e l’astio del demonio non la potrà turbare. Perciò ti dico: eccomi, per tuo amore, a fare la tua Volontà...
   Non più tardi di questa mattina dicevo che la mia presente beatitudine mi impedisce di sentire il mordente delle vicende umane. Invece questa sera ho sentito l’acre delle necessità dell’ora. E ne ho sofferto tanto. Avessi sofferto sola sarebbe stato uno spasmodico soffrire. Ma ben sapendo che nessuna creatura umana mi poteva consolare, mi sono rivolta a Te con fede. Tu li vuoi questi atti di fede amorosa per compensarti di tutti i disamori che negano. E premi subito l’anima generosa dandole consolazione.
   Ora ho imparato. E vengo subito a rifugiarmi in Te; non m’accontento di pregarti, spingo oltre il mio osare e vengo fra le tue braccia. Tu sei il mio Dio, ma sei anche il mio Fratello e Sposo, perciò oltre che pregarti posso anche abbracciarti per non sentirmi così sola di fronte a un futuro triste per tutti, ma per me carico di incognite ancor più penose.
   Tienimi così per tutto questo tristissimo mese, tienimi così fino alla morte. Anche se non parli, mi basta che Tu mi lasci stare sul tuo Cuore. Ricordati della tua agonia, Signore, e per la tua piccolissima ostia sii Tu l’Angelo che conforta...


[35] Supplica, scritta il 5 giugno.

[36] mi dice, il 28 maggio.

[37] grazia, della quale ha già parlato il 6 giugno; creò… infuse… come si legge in Genesi 1, 262, 7.

[38] non sarà perdonato, come è detto in Matteo 12, 31-32Marco 3, 28-29Luca 12, 10.


AMDG et DVM



lunedì 4 ottobre 2021

LA GRAZIA

 


6 giugno 1943

   Ore 4,30 antimeridiane

   Dice Gesù:
   

«Quest’oggi voglio parlarti della “grazia”. Vedrai che ha attinenza con gli altri argomenti anche se a tutta prima non ti pare. Sei un po’ stanca, povera Maria, ma scrivi lo stesso. Queste lezioni ti serviranno per i giorni di digiuno in cui Io, tuo Maestro, non ti parlerò.
   Cosa è la grazia? L’hai studiato e spiegato molte volte. Ma Io te lo voglio spiegare a modo mio nella sua natura e nei suoi effetti.
   La grazia è possedere in voi la luce, la forza, la sapienza di Dio. Ossia possedere la somiglianza intellettuale con Dio, il segno inconfondibile della vostra figliolanza in Dio.
   

Senza la grazia sareste semplicemente delle creature animali, arrivate ad un tale punto di evoluzione da essere provvedute di ragione, con un’anima, ma un’anima a livello di terra, capace di condursi nelle contingenze della vita terrena ma incapace di elevarsi nelle plaghe in cui si vive la vita dello spirito. Poco di più dei bruti, perciò, i quali si regolano soltanto per istinto e, in verità, vi superano molto spesso col loro modo di condursi.
   

La grazia è dunque un dono sublime, il più grande dono che Dio, mio Padre, vi poteva dare. E ve lo dà gratuitamente perché il suo amore di Padre, per voi, è infinito come infinito è Lui stesso. Volere dire tutti gli attributi della grazia vorrebbe dire scrivere una lunga lista di aggettivi e sostantivi, e non spiegherebbero ancora perfettamente cosa è questo dono.
   

Ricorda solo questo: la grazia è possedere il Padre, vivere nel Padre; la grazia è possedere il Figlio, godere dei meriti infiniti del Figlio; la grazia è possedere lo Spirito Santo, fruire dei suoi sette doni. La grazia, insomma, è possedere Noi, Dio Uno e Trino, ed avere intorno alla vostra persona mortale le schiere degli angeli che adorano Noi in voi.
   

Un’anima che perde la grazia perde tutto. Per lei inutilmente il Padre l’ha creata, per lei inutilmente il Figlio l’ha redenta, per lei inutilmente lo Spirito Santo l’ha infusa dei suoi doni, per lei inutilmente sono i Sacramenti. È morta. Ramo putrido che sotto l’azione corrosiva del peccato si stacca e cade dall’albero vitale e finisce di corrompersi nel fango. Se un’anima sapesse conservarsi come è dopo il Battesimo e dopo la Confermazione, ossia quando essa è imbibita letteralmente dalla grazia, quell’anima sarebbe di poco minore a Dio. E questo ti dica tutto.
   

Quando leggete i prodigi dei miei santi, voi strabiliate. Ma, mia cara, non c’è nulla da strabiliare. I miei santi erano creature che possedevano la grazia, erano dèi, perciò, perché la grazia vi deifica. Non l’ho forse detto[33] Io nel mio Vangelo che i miei faranno gli stessi prodigi che Io faccio? Ma per essere miei occorre vivere della mia Vita, ossia della vita della grazia.
   

Se voleste, potreste tutti essere capaci di prodigi, ossia di santità. Anzi Io vorrei che lo foste, perché allora vorrebbe dire che il mio Sacrificio è stato coronato da vittoria e che Io vi ho realmente strappati all’impero del Maligno, relegandolo nel suo Inferno, ribattendo sulla bocca di esso una pietra inamovibile e ponendo su essa il trono di mia Madre, che fu l’Unica che tenne il suo calcagno sul dragone[34], impotente di nuocerle.
   

Non tutte le anime in grazia possiedono la grazia nella stessa misura. Non perché Noi la si infonda in misura diversa, ma perché in diversa maniera voi la sapete conservare in voi. Il peccato mortale distrugge la grazia, il peccato veniale la sgretola, le imperfezioni la anemizzano. Vi sono anime, non del tutto cattive, che languono in una etisia spirituale perché, con la loro inerzia, che le spinge a compiere continue imperfezioni, sempre più assottigliano la grazia, rendendola un filo esilissimo, una fiammolina languente. Mentre dovrebbe essere un fuoco, un incendio vivo, bello, purificatore. Il mondo crolla perché crolla la grazia nella quasi totalità delle anime e nelle altre langue.
   

La grazia dà frutti diversi a seconda che più o meno è viva nel cuore vostro. Una terra è più fertile quanto più è ricca di elementi e beneficiata dal sole, dall’acqua, dalle correnti aeree. Vi sono terre sterili, magre, che inutilmente vengono irrorate dall’acqua, scaldate dal sole, corse dai venti. Lo stesso è delle anime. Vi sono anime che con ogni studio si caricano di elementi vitali e perciò riescono a fruire del cento per cento degli effetti della grazia.
  

 Gli elementi vitali sono: vivere secondo la mia Legge, casti, misericordiosi, umili, amorosi di Dio e del prossimo; vivere di preghiera “viva”. Allora la grazia cresce, fiorisce, mette radici profonde e si eleva in albero di vita eterna. Allora lo Spirito Santo, come un sole, inonda dei suoi sette raggi, dei suoi sette doni; allora Io, Figlio, vi penetro della pioggia divina del mio Sangue; allora il Padre vi guarda con compiacenza vedendo in voi la sua somiglianza; allora Maria vi carezza stringendovi sul seno che ha portato Me come i suoi figliolini minori ma cari, cari al suo Cuore; allora i nove angelici cori fanno corona alla vostra anima, tempio di Dio, e cantano il “Gloria” sublime; allora la vostra morte è Vita e la vostra Vita è beatitudine nel mio Regno.»

[33] detto in Giovanni 14, 12.

[34] sul dragone, secondo l’immagine di Apocalisse 12.



 


AMDG et DVM

lunedì 25 febbraio 2019

La GRAZIA !!!


Cap. CLXX. Secondo discorso della Montagna: il dono della Grazia e le beatitudini.

  24 maggio 1945

 1 Gesù parla agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e sorvegliare la folla, che sale fin dalle prime ore del mattino con malati portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è Stefano ed Erma.
   L'aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare di aria montanina che, rendendo mite il sole, se ne avvantaggia però, facendosi di una purezza fresca ma non rigida. La gente si siede sui sassi e pietroni che sono sparsi nella valletta fra le due cime, altri attendono che il sole asciughi l'erba rugiadosa per sedersi sul suolo. E’ molta la gente e di tutte le plaghe palestinesi e di tutte le condizioni. Gli apostoli si sperdono nella moltitudine ma, come api che vanno e vengono dai prati all'alveare, ogni tanto tornano presso il Maestro per riferire, per chiedere, per il piacere di essere guardati da vicino dal Maestro.
   Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta, addossandosi alla parete, e inizia a parlare.

 2 «Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predicazione: "Ma Tu, che ti dici il Figlio di Dio, dicci cosa è il Cielo, cosa il Regno, cosa è Dio. Perché noi abbiamo idee confuse. Sappiamo che vi è il Cielo con Dio e con gli angeli. Ma nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti". Mi hanno chiesto anche cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non perché mi fosse difficile a spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la verità che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute nei secoli e, per quanto è Dio, contro la sublimità della sua Natura.
   Altri ancora mi hanno chiesto: "Va bene. Questo è il Regno e questo è Dio. Ma come si conquistano questo e quello?". Anche qui Io ho cercato di spiegarvi, senza stanchezze, l'anima vera della Legge del Sinai. Chi fa sua quell'anima fa suo il Cielo. Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna anche far sentire il tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono benedizioni agli osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai disubbidienti. La epifania del Sinai fu tremenda e la sua terribilità si riflette in tutta la Legge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte le anime.
   Ma Dio non è solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di immensa bontà.
   Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal peccato d'origine, dalle passioni, dai peccati, da molti egoismi vostri e altrui - facendovi gli altrui un'anima irritata, i vostri un'anima chiusa - non possono elevarsi a contemplare le infinite perfezioni di Dio, meno di ogni altra la bontà, perché è la virtù che con l'amore è meno dote dei mortali. La bontà! Oh! dolce essere buoni, senza odio, senza invidie, senza superbie! Avere occhi che solo guardano per amare, e mani che si tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole d'amore, e cuore, cuore soprattutto che colmo unicamente d'amore sforza occhi, mani e labbra ad atti d'amore!

 3 I più dotti fra voi sanno di quali doni Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e per i suoi discendenti. Anche i più ignoranti fra i figli d'Israele sanno che in noi vi è lo spirito. Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale, questo soffio vitale, questa luce celeste che santifica e vivifica il nostro corpo. Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo, allo spirito dell'uomo.
   Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al sangue della creatura da Lui fatta con poco fango e col suo alito. E come dette i doni naturali di bellezza e integrità, di intelligenza e di volontà, di capacità di amarsi e di amare, così dette i doni morali con la soggezione del senso alla ragione, di modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio aveva beneficato Adamo, non si insinuava la malvagia prigionia dei sensi e delle passioni, ma libero era l'amarsi, libero il volere, libero il godere in giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di questo veleno che Satana sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo limpido su campi fangosi, in putrefacenti stagni, dove fermentano le febbri dei sensi carnali e dei sensi morali. Perché sappiate che è senso anche la concupiscenza del pensiero. Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore, la visione di Dio.

 4 La Grazia santificante: la vita dell'anima. Quella spiritualissima cosa deposta nella spirituale anima nostra. La Grazia che ci fa figli di Dio perché ci preserva dalla morte del peccato, e chi morto non è "vive" nella casa del Padre: il Paradiso; nel regno mio: il Cielo. Cosa è questa Grazia che santifica e che dà Vita e Regno? Oh! non usate molte parole! La Grazia è amore. La Grazia è, perciò, Dio. E Dio che ammirando Se stesso nella creatura creata perfetta si ama, si contempla, si desidera, si dà ciò che è suo per moltiplicare questo suo avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se stesso.
   Oh! figli! Non defraudate Dio di questo suo diritto! Non derubate Dio di questo suo avere! Non deludete Dio in questo suo desiderio! Pensate che Egli opera per amore. Se anche voi non foste, Egli sarebbe sempre l'Infinito, né sarebbe sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua misura infinita, immisurabile, vuole non per Sé e in Sé - non lo potrebbe perché è già l'Infinito - ma per il Creato, sua creatura, Egli vuole aumentare l'amore per quanto esso Creato di creature contiene, onde vi dà la Grazia: l'Amore, perché voi in voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro, tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la sua Grazia e aumentato di tutte le vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi, nell'Oceano infinito dove Dio è: nel Cielo.
   Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! Voi siete, né vi è data al vostro essere morte, perché siete eterne come Dio, dio essendo. Voi sarete, né vi sarà data al vostro essere termine, perché immortali come gli spiriti santi che vi hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti. Voi vivete e nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quella santissima cosa che è la Comunione degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il materno seno.
   Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: "Costui è folle, Costui è menzognero! Perché come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per la Colpa. Perché mente dicendoci già uni con Dio". Sì, la Colpa è; sì, la separazione è. Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione crudele sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone; già Io l'ho afferrata e la scrollo ed essa vacilla, e Satana trema d'ira e di impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi strappare tanta preda e farsi più difficile il trascinare l'uomo al peccato. Perché quando Io vi avrò, attraverso di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti, tornerà viva, desta, potente la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete.
   Non vi violenta Iddio nel pensiero e neppure nella santificazione. Voi siete liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la libertà sull'impero di Satana. A voi riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi, con Me a fratello per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale.

 5 "Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso

AMDG et DVM

venerdì 1 settembre 2017

Quale grande amica!


Gesù descrive alla mistica Maria Valtorta 
[e a noi pure] 
alcune caratteristiche dell’anima e del rapporto con Dio.
 
 
La vita del mondo leva quel candore di giglio che ha l’anima uscita dalle dimore del Cielo per scendere ad animare una carne nata da due amori fatti uno.



È la terra, l’atmosfera della terra, non l’atmosfera astronomica creata dal Padre mio, ma l’atmosfera morale della terra – quella creata da voi, che per essere stati avvelenati all’origine dallo Spirito del Male portate nel sangue germi di male inoculato ai progenitori – quella che offusca lo splendente candore su cui è solo una macchia che il mio Battesimo lava.



Oh! fulgore dell’anima dopo il lavacro battesimale! Se vi fosse dato vedere quel luminoso candore, vedreste qualcosa da rapire i vostri sentimenti. il giglio è opaco e la perla è grigia a confronto dell’anima avvolta nella luce battesimale.



In verità l’anima rivestita dalla grazia battesimale è come uno specchio che riflette Dio, è un piccolo Dio che attende, amando, di tornare al Cielo dove il suo Amore creatore l’attende.



Se l’uomo riflettesse – ed è per questo che la mia Bontà non calcola le colpe commesse avanti l’uso di ragione – se l’uomo, ormai capace di distinguere il Bene dal Male – e nota che gli istinti del senso si destano dopo l’uso di ragione; prima sono vivi solo gli istinti della vita che spingono il bambino a cercare la mammella o il cibo, il calore della madre o del sole, la mano della madre o il sostegno degli oggetti – se l’uomo riflettesse a ciò che fa, a ciò che perde facendo, a quale delitto a quale furto giunge levando alla sua anima il suo candore battesimale, quale sacrilegio compie profanando in sé la vera immagine di Dio: Spirito di Grazia, di Bellezza, di Bontà, di Purezza, di Carità infinita; se riflettesse al deicidio che compie uccidendo la sua anima, oh! no! l’uomo, essere dotato di ragione, non peccherebbe.
 
 
Poche sono le anime che non vengano a Dio un po’ brune, fatte brune dalle conseguenze della vita che non hanno saputo condurre con quella santa e attenta riflessione che ci vorrebbe per rispetto all’anima che ha diritti superiori alla carne.


Voi vi ricordate molto dei diritti della carne, cosa che muore e che solo essendo vissuta ancella dello spirito, e non padrona dello spirito, può divenire, a suo tempo, abitatrice nella reggia dei Cieli.
Vi preoccupate della vostra estetica, della vostra salute fisica, di prolungare la vita sulla terra il più possibile.

Ma non vi preoccupate della vostra anima, di conservarla bella, di renderla sempre più ornata per aggiungere alla sua bellezza creata da Dio le gemme conquistate dalla vostra volontà di figli pensosi del Padre, al quale vogliono tornare arricchiti di meriti: veri gioielli, vere ricchezze che non periscono in eterno.

(…) Ecco ciò che dà pregio al corpo, o uomini stolti.
L’anima che è il dono di Dio lo spirito che è manifestazione di Dio, e che ha un pregio davanti al quale quelli della carne sono un nulla spregevole.

Io, la Pietà perfetta, non guardo se venite a Me “un po’ bruni” dai riverberi del sole terreno delle tendenze vostre. Voglio solo che lottiate perché il sole bruciante della carnalità non vi renda irriconoscibili al mio sguardo e repellenti al mio occhio.

Anima e Dio, Dio e anima: ecco i due perenni amatori. Perché defraudare Dio e l’anima del loro fine che è l’unirsi, oltre il giorno terreno, nella eterna dimora?
 
 
La vostra anima, se fosse un soggetto visibile, vi direbbe, essa che quando è in grazia è tenuta come un fiore fra le mani dell’angelo vostro, essa che quando è in grazia è come un fiore baciato dal sole e irrorato dalla rugiada per lo Spirito Santo che la scalda e illumina, che la irriga e la decora di celesti luci.
Quante verità vi direbbe la vostra anima se sapeste conversare con essa, se l’amaste come quella che mette in voi la somiglianza con Dio, che è Spirito come spirito è la vostra anima.

Quale grande amica avreste se amaste la vostra anima in luogo di odiarla sino ad ucciderla; quale grande, sublime amica con la quale parlare di cose di Cielo.
L’anima in grazia possiede l’amore e possedendo l’amore possiede Dio, ossia il Padre che la conserva, il Figlio che l’ammaestra, lo Spirito che la illumina.
Possiede quindi la Conoscenza, la Scienza, la Sapienza. Possiede la Luce.

Se sapeste interrogare la vostra anima, vi spiegherebbe persino perchè Dio aveva proibito ad Adamo e Eva la conoscenza del Bene e del Male: perché il Bene lo aveva elargito alle sue creature gratuitamente, e il Male non voleva che lo conosceste perché è frutto dolce al palato ma che, sceso col suo succo nel sangue, ne desta una febbre che uccide e produce arsione, per cui più si beve di quel suo succo mendace e più se ne ha sete.
Voi obbietterete: “E perché allora ha messo l’albero nel Giardino dell’Eden?”. E perché!
Perché il Male è una forza che è nata da sola come certi mali mostruosi nel corpo più sano.
Lucifero era angelo, il più bello degli angeli. Spirito perfetto inferiore a Dio soltanto. Eppure nel suo essere luminoso nacque un vapore di superbia che esso non disperse.
Ma anzi condensò covandolo. E da questa incubazione è nato il Male.
Esso era prima che l’uomo fosse. Dio l’aveva precipitato fuor dal Paradiso, l’incubatore maledetto del Male, questo insozzatore del Paradiso. Ma esso è rimasto l’eterno incubatore del Male, e non potendo più insozzare il Paradiso ha insozzato la Terra.


Nulla di più sano e di più santo di due che si amano onestamente e si uniscono per perpetuare la razza umana e dare anime al Cielo.
La dignità dell’uomo e della donna divenuti genitori è la seconda dopo quella di Dio. Neppure la dignità regale è simile a questa. Perché il re, anche il più saggio, non fa che amministrare dei sudditi.
Essi genitori attirano invece su loro lo sguardo di Dio e rapiscono a quello sguardo una nuova anima che chiudono nell’involucro della carne nata da loro.
Direi quasi che hanno a suddito Dio, in quel momento, perché Dio, al loro retto amore che si unisce per dare alla Terra e al Cielo un nuovo cittadino, crea immediatamente una nuova anima.
Dio è Padre buono, che giubila delle oneste gioie dei figli e che ai loro santi amplessi risponde con benedizioni celesti e con l’approvazione di cui è prova la creazione di un’anima nuova.


L’anima non muore col corpo, ma sopravvive ad esso in eterno. Idea del Creatore Iddio, che ha dato all’uomo l’anima, era che tutte le anime degli uomini si riunissero in un unico luogo: il Cielo, costituendo il Regno dei Cieli il cui monarca è Dio e i suoi sudditi sarebbero stati gli uomini dopo una vita santa e una placida dormizione.

L’anima è creata di volta in volta e non mai più usata per successive incarnazioni.

Le anime, superata la sosta sulla terra, non tornano mai più sulla terra in nessun corpo. Credere nella reincarnazione è errore e offesa verso Dio ammettere che Egli abbia potuto creare che un numero limitato di anime. Errore e offesa anche verso l’uomo, giudicandolo così corrotto che difficilmente meriti premio.

L’uomo può ricordare, pur nascendo una volta sola, con la sua parte migliore che è l’anima. Essa viene da Dio Spirito intelligentissimo, potentissimo, perfetto.
Quando parlo di “ricordare” intendo che l’anima, lucida, intelligente, spirituale, opera di Dio, “si ricorda” del Creatore. E soffre perché desidera Dio, il vero Dio da cui viene, e ha fame di Dio. Ecco perché pungola il corpo torpido a cercare di accostarsi a Dio.


La differenza fra la separazione dell’anima dal corpo per la morte e momentanea separazione dello spirito dal corpo ed anima per l’estasi o il rapimento consiste che, mentre il distacco dell’anima dal corpo provoca morte, la contemplazione estatica, ossia la temporanea orazione dello spirito fuor dalle barriere dei sensi e della materia, non provoca morte.

E questo perché l’anima non si stacca, ma con la sua parte migliore si immerge nei fuochi della contemplazione.

Per capire meglio questa cosa, è bene meditare che tutti gli uomini, finché sono in vita, hanno in sé l’anima (morta o viva che sia per peccato o per giustizia), ma solo i grandi amanti di Dio raggiungono la contemplazione vera.

Questo sta a dimostrare che l’anima conservante l’esistenza sinché è unita al corpo – e in questa particolarità in tutti gli uomini uguale – ha in sé una parte eletta: l’anima dell’anima, dirò così, che col disamore a Dio e alla sua Legge, e anche con la tiepidezza e i peccati veniali, perde la grazia di poter contemplare e conoscere, quanto lo può creatura e a seconda della perfezione raggiunta, Dio e gli eterni veri.



Le anime cessano di animare un corpo e tornano a Dio per essere destinate a seconda dei loro meriti. 
Dio crea nuove anime per mantenere il numero di creature che devono popolare la terra. Prima operazione di divino ordine. 

La seconda è quella di creare, a seconda delle necessità che Egli vede, quella speciale categoria più numerosa dell’altra, onde tutto sia armonico nella razza e l’uno serva all’altro come i denti di un ingranaggio servono all’ingranaggio vicino, facendo muovere la gigantesca macchina senza attriti e lesioni.
Così fa Dio.

Dio provvede a creare col suo pensiero anime di diverse tendenze, allo scopo che la terra goda di un equilibrio giusto in tutte le sue necessità inferiori e superiori. Che se poi la ribellione dell’uomo altera questo equilibrio volendo andare sempre contro la Volontà divina che amorosamente lo guida per via giusta, non è di Dio la colpa.



Un’anima che perde la grazia perde tutto. Per lei inutilmente il Padre l’ha creata, per lei inutilmente il Figlio l’ha redenta, per lei inutilmente lo Spirito Santo l’ha infusa dei suoi doni, per lei inutilmente sono i Sacramenti. E’ morta. Ramo putrido che sotto l’azione corrosiva del peccato si stacca e cade dall’albero vitale e finisce di corrompersi nel fango.

Se un’anima sapesse conservarsi come è dopo il Battesimo e dopo la Confermazione, ossia quando essa è imbibita letteralmente dalla grazia, quell’anima sarebbe di poco minore a Dio. E questo vi dica tutto.



L’anima che lascia la carne che l’animava si trova immediatamente di fronte alla Divinità che la giudica, senza necessità di salire e presentarsi alle soglie del beato Regno. E’ catechismo che Dio è in Cielo, in terra e in ogni luogo. E perciò l’incontro avviene dovunque.

Il giudizio è rapido come rapida è stata la creazione: meno di un millesimo della vostra più piccola unità di tempo. Ma come nell’atomo dell’attimo creativo l’anima ha tempo di intravedere la S.S. Origine che la crea e di seco portarne il ricordo, perché sia istintiva religione e guida nella ricerca della fede, della speranza, della carità, che se voi ben osservate, sono nebulosamente, come germi informi, anche nelle religioni più imperfette – la fede in una divinità, la speranza in un premio dato da questa divinità, l’amore a questa divinità – altrettanto nell’atomo dell’attimo del giudizio particolare lo spirito ha tempo di comprendere ciò che non ha voluto comprendere nella vita terrena, e ha odiato come nemico o schernito o negato come fola vana, o anche servito con tiepidezze che esigono riparazione e di seco portare, nel luogo espiativo o nell’eterna dannazione, il ricordo, a suscitare fiamme d’amore per l’eterna Bellezza o tortura di castigo col rovello del Bene perduto che la coscienza intelligente rimprovererà di aver voluto liberamente perdere. Perché lo ricorderanno, e terribile, senza poterlo contemplare, insieme ai loro peccati.

La creazione dell’anima e il giudizio particolare, sono i due atomi di attimi in cui le anime dei figli dell’uomo, intellettualmente conoscono Dio, per quel tanto che è giusto e sufficiente a dar loro un agente per tendere al loro Bene appena intraveduto, ma rimasto impresso nella sostanza che, essendo intelligente, libera, semplice, spirituale, ha comprensioni pronte, volontà libere, desideri semplici e movimento o inclinazione o appetito, se più vi piace, a riunirsi con l’amore a Colui donde venne e a raggiungere il suo fine del quale ha già intuito la bellezza, o a staccarsene con un odio perfetto raggiungendo colui che è il loro dannato re, e avendo nel ricordo “di odio“ un tormento, il maggiore fra i tormenti infernali, una disperazione, una maledizione indescrivibili.



L’anima non può morire perché spirituale.
L’anima soltanto da Dio potrebbe essere distrutta. Perché Dio padrone assoluto del creato, tutto può: creare come distruggere. 
Ma Dio non può volere distruggere ciò che Egli ha creato per fine d’amore col suo Divino Volere e col suo Divino Soffio. Se avesse voluto l’uomo dotato di un’anima intelligente e ragionevole, lo avrebbe potuto fare. Questo genere d’anima avrebbe servito a fare dell’uomo il re del creato. Ma non avrebbe servito a farne il figlio adottivo di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza proprio per l’anima che è libera, immortale e che è tempio, o tal avrebbe dovuto essere, della Grazia.

Dio ha voluto l’anima immortale per amore di questo suo capolavoro creativo che è parte di Sé stesso infusa nella creatura uomo, per avere a soddisfare il suo amore infinito e insaziabile con l’amore che i creati spiriti a Lui fedeli gli daranno nei secoli dei secoli, e quanto più numeroso sarà il popolo celeste degli spiriti a Lui fedeli, più ardente, gioioso, il suo amore.

Nell’anima dell’uomo, anche inconsapevolmente dalla stessa, Dio ha scolpito le formule della Legge e la meta e il premio che l’ubbidienza ad esse ci procura. Legge naturale, legge morale, legge spirituale, voce della coscienza, anelito dello spirito è nell’uomo, per l’anima spirituale, una forza che grida “fa” o urla “non fare”, mentre dall’alto una Luce attira e indica il vero fine, la vera gioia nell’ordine, nella pace, nel possesso del Regno di Dio."

Estratti dai “Quaderni” della mistica italiana Maria Valtorta, 1940-1950.

*  Come vorremmo aver ascoltato dalle stesse labbra di Chiara quelle parole di fiducioso abbandono alla tenerezza di Dio: «Volgendosi poi a se stessa, la vergine santissima parla silenziosamente alla sua anima: “Va' sicura - le dice - perché hai buona scorta, nel viaggio. Va', perché Colui che t'ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore. E tu, Signore - soggiunge - sii benedetto, che mi hai creata»!  *

sabato 11 febbraio 2017

SIAMO NEL TEMPO DELLA PIENA MANIFESTAZIONE DI MARIA LA DIVINA MAMMA IMMACOLATA, LA PERFETTA. QUESTA E' L'ORA !

Sao Paulo (Brasile), 11 febbraio 1993. Anniversario della Apparizione di Lourdes.


I pericoli che vi minacciano



«Guardate oggi allo splendore della vostra Mamma Celeste, che è apparsa a Lourdes come la Immacolata Concezione.




Sono apparsa per annunciarvi che siete entrati nel tempo della mia piena manifestazione.




Sono apparsa per indicarvi il cammino, che dovete percorrere, in questi vostri ultimi tempi.




Sono apparsa per adempire al mio compito di Mamma verso di voi miei figli, tanto insidiati dal

mio e vostro Avversario.



Nel tempo della grande prova, Io vi indico i pericoli che vi minacciano.




- Il pericolo più grave è quello di soccombere alla seduzione del mondo in cui vivete, di

diventare vittime del peccato e del male, di ritornare sotto la schiavitù di Satana e del suo
diabolico potere.

Allora Io mi sono a voi manifestata come la Immacolata Concezione, cioè come la sola creatura che non ha mai conosciuto l'ombra di 
peccato, neppure del peccato originale, che ogni persona contrae nel momento della sua umana concezione.

E vi ho rivolto il mio materno invito a camminare sulla strada del bene e della grazia, della purezza e della umiltà, dell'amore e di una sempre più grande santità.



Vi ho anche chiesto di usare quei mezzi che sono indispensabili per percorrere questo difficile

cammino: la penitenza ed il sacramento della Riconciliazione.



- Un altro pericolo che vi minaccia è quello di lasciarvi assorbire da un'azione disordinata,

dimenticando così la forza potente che ha la preghiera, per ottenere la grazia della
conversione a tanti miei poveri figli peccatori.
Allora vi ho invitato a pregare molto per la conversione dei peccatori, mostrandovi, attraverso la mia piccola figlia Bernadette, come la preghiera più efficace e da Me preferita sia quella del Santo Rosario.



- Infine vi è il continuo pericolo di ammalarvi, di lasciarvi prendere dallo scoraggiamento e dalla sfiducia, così da ridurvi ad una vera, spirituale impotenza.

Allora ho voluto manifestarmi anche come medicina ai vostri mali, aiuto alle vostre necessità, sostegno alla vostra umana debolezza.



Vi ho invitato ad andare a lavarvi alla fontana, con quell'acqua che Io ho fatto miracolosamente sgorgare dalla roccia su cui sono apparsa.




Oggi che il tempo della grande prova è ormai giunto, Io vi ripeto il mio invito materno a

seguirmi sulla strada della grazia e della purezza, della penitenza e della preghiera, per ottenere il dono della guarigione e della salvezza>>.


Adorate Illam in decore illius:
glorificate opificem pulcritudinis eius
AVE MARIA PURISSIMA!

mercoledì 18 gennaio 2017

IL DONO DELLA GRAZIA E DELLE BEATITUDINI




170. Secondo discorso della Montagna: il dono della Grazia e le beatitudini.

Gesù parla agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e sorvegliare la folla, che sale fin dalle
prime ore del mattino con malati portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è
Stefano ed Erma. L'aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare di aria
montanina che, rendendo mite il sole, se ne avvantaggia però, facendosi di una purezza fresca ma non rigida.
La gente si siede sui sassi e pietroni che sono sparsi nella valletta fra le due cime, altri attendono che il sole
asciughi l'erba rugiadosa per sedersi sul suolo. E’ molta la gente e di tutte le plaghe palestinesi e di tutte le
condizioni. Gli apostoli si sperdono nella moltitudine ma, come api che vanno e vengono dai prati all'alveare,
ogni tanto tornano presso il Maestro per riferire, per chiedere, per il piacere di essere guardati da vicino dal
Maestro. Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta, addossandosi alla parete, e
inizia a parlare.

«Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predicazione: "Ma Tu, che ti dici il Figlio di Dio, dicci cosa è
il Cielo, cosa il Regno, cosa è Dio. Perché noi abbiamo idee confuse. Sappiamo che vi è il Cielo con Dio e
con gli angeli. Ma nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti". Mi hanno chiesto anche
cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non
perché mi fosse difficile a spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la verità
che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute nei secoli e, per quanto è Dio, contro
la sublimità della sua Natura. Altri ancora mi hanno chiesto: "Va bene. Questo è il Regno e questo è Dio. Ma
come si conquistano questo e quello?". Anche qui Io ho cercato di spiegarvi, senza stanchezze, l'anima vera
della Legge del Sinai. Chi fa sua quell'anima fa suo il Cielo. Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna
anche far sentire il tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono benedizioni agli
osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai disubbidienti. La epifania del Sinai fu tremenda e la
sua terribilità si riflette in tutta la Legge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte le anime. Ma Dio non è
solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di immensa bontà. Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal
peccato d'origine, dalle passioni, dai peccati, da molti egoismi vostri e altrui - facendovi gli altrui un'anima
irritata, i vostri un'anima chiusa - non possono elevarsi a contemplare le infinite perfezioni di Dio, meno di
ogni altra la bontà, perché è la virtù che con l'amore è meno dote dei mortali. La bontà! Oh! dolce essere
buoni, senza odio, senza invidie, senza superbie! Avere occhi che solo guardano per amare, e mani che si
tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole d'amore, e cuore, cuore soprattutto che
colmo unicamente d'amore sforza occhi, mani e labbra ad atti d'amore! I più dotti fra voi sanno di quali doni
Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e per i suoi discendenti. Anche i più ignoranti fra i figli d'Israele sanno
che in noi vi è lo spirito. Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale, questo soffio vitale, questa
luce celeste che santifica e vivifica il nostro corpo. Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo,
allo spirito dell'uomo. Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al sangue della creatura da Lui fatta
con poco fango e col suo alito. E come dette i doni naturali di bellezza e integrità, di intelligenza e di
volontà, di capacità di amarsi e di amare, così dette i doni morali con la soggezione del senso alla ragione, di
modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio aveva beneficato Adamo, non si
insinuava la malvagia prigionia dei sensi e delle passioni, ma libero era l'amarsi, libero il volere, libero il
godere in giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di questo veleno che Satana
sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo limpido su campi fangosi, in putrefacenti stagni, dove
fermentano le febbri dei sensi carnali e dei sensi morali. Perché sappiate che è senso anche la concupiscenza
del pensiero. Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore, la visione di
Dio. La Grazia santificante: la vita dell'anima. Quella spiritualissima cosa deposta nella spirituale anima
nostra. La Grazia che ci fa figli di Dio perché ci preserva dalla morte del peccato, e chi morto non è "vive"
nella casa del Padre: il Paradiso; nel regno mio: il Cielo. Cosa è questa Grazia che santifica e che dà Vita e
Regno? Oh! non usate molte parole! La Grazia è amore. La Grazia è, perciò, Dio. E Dio che ammirando Se
stesso nella creatura creata perfetta si ama, si contempla, si desidera, si dà ciò che è suo per moltiplicare
questo suo avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se stesso. Oh! figli! Non
defraudate Dio di questo suo diritto! Non derubate Dio di questo suo avere! Non deludete Dio in questo suo
desiderio! Pensate che Egli opera per amore. Se anche voi non foste, Egli sarebbe sempre l'Infinito, né
sarebbe sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua misura infinita, immisurabile,
vuole non per Sé e in Sé - non lo potrebbe perché è già l'Infinito - ma per il Creato, sua creatura, Egli vuole
aumentare l'amore per quanto esso Creato di creature contiene, onde vi dà la Grazia: l'Amore, perché voi in
voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro, tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la
sua Grazia e aumentato di tutte le vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi, nell'Oceano
infinito dove Dio è: nel Cielo. Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! Voi siete, né vi è data al vostro
essere morte, perché siete eterne come Dio, dio essendo. Voi sarete, né vi sarà data al vostro essere termine,
perché immortali come gli spiriti santi che vi hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti.
Voi vivete e nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quella santissima cosa che è la Comunione
degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il
materno seno. Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: "Costui è folle, Costui è menzognero! Perché
come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per la Colpa. Perché mente dicendoci già uni con
Dio". Sì, la Colpa è; sì, la separazione è. Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione crudele
sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone; già Io l'ho afferrata e la scrollo
ed essa vacilla, e Satana trema d'ira e di impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi
strappare tanta preda e farsi più difficile il trascinare l'uomo al peccato. Perché quando Io vi avrò, attraverso
di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti,
tornerà viva, desta, potente la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete. Non vi violenta Iddio nel
pensiero e neppure nella santificazione. Voi siete liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la libertà sull'impero
di Satana. A voi riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi, con Me a fratello
per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale. "Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso altra più dolce
via che non la severa del Sinai?" voi dite. Non vi è altra via. Quella è. Ma però guardiamola non attraverso il
colore della minaccia, ma attraverso il colore dell'amore. Non diciamo: "Guai se non farò questo!"
rimanendo tremanti in attesa di peccare, di non essere capaci di non peccare. Ma diciamo: "Beato me se farò
questo!" e con slancio di soprannaturale gioia, giubilando, lanciamoci verso queste beatitudini, nate
dall'osservanza della Legge come corolle di rose da un cespuglio di spine.

1-Beato me se sarò povero di spirito perché mio allora è il Regno dei Cieli!
2-Beato me se sarò mansueto perché erediterò la Terra!
3-Beato me se sarò capace di piangere senza ribellione perché sarò consolato!
4-Beato me se più del pane e del vino per saziare la carne avrò fame e sete di giustizia. La Giustizia mi
sazierà! Beato me se sarò misericordioso perché mi sarà usata divina misericordia!
5-Beato me se sarò puro di cuore perché Dio si piegherà sul mio cuore puro ed io lo vedrò!
6-Beato me se avrò spirito di pace perché sarò da Dio chiamato suo figlio, perché nella pace è l'amore, e Dio
è Amore che ama chi è simile a Lui!
7-Beato me se per fedeltà alla giustizia sarò perseguitato, perché a compensarmi delle terrene persecuzioni
Dio, mio Padre, mi darà il Regno dei Cieli!
8-Beato me se sarò oltraggiato e accusato bugiardamente per saper essere tuo figlio, o Dio! Non desolazione
ma gioia mi deve venire da questo, perché questo mi uguaglia ai tuoi servi migliori, ai Profeti, per la stessa
ragione perseguitati, e coi quali io credo fermamente di condividere la stessa ricompensa grande, eterna, nel
Cielo che è mio! Guardiamo così la via della salute. Attraverso la gioia dei santi.

(1) Beato me se sarò povero di spirito Oh! delle ricchezze, arsura satanica, a quanti deliri tu porti! Nei ricchi,
nei poveri. Il ricco che vive per il suo oro: l'idolo infame del suo spirito rovinato. Il povero che vive dell'odio
al ricco perché egli ha l'oro, e se anche non fa materiale omicidio lancia i suoi anatema sul capo dei ricchi,
desiderando loro male d'ogni sorta. Il male non basta non farlo, bisogna anche non desiderare di farlo. Colui
che maledice augurando sciagure e morti non è molto dissimile da colui che materialmente uccide, poiché ha
in lui il desiderio di veder perire colui che odia. In verità vi dico che il desiderio non è che un atto trattenuto,
come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso. Il desiderio malvagio avvelena e guasta,
poiché permane più a lungo dell'atto violento, più in profondità dell'atto stesso. Il povero di spirito se è ricco
non pecca per l'oro, ma del suo oro fa la sua santificazione poiché ne fa amore. Amato e benedetto, egli è
simile a quelle sorgive che salvano nei deserti e che si danno, senza avarizia, liete di potersi dare per
sollevare le disperazioni. Se è povero, è lieto nella sua povertà, e mangia il suo pane dolce della ilarità del
libero dall'arsione dell'oro, e dorme il suo sonno scevro da incubi, e sorge riposato al suo sereno lavoro che
pare sempre leggero se viene fatto senza avidità e invidia. Le cose che fanno ricco l'uomo sono l'oro come
materia, gli affetti come morale. Nell'oro sono comprese non solo le monete ma anche le case, i campi, i
gioielli, i mobili, le mandre, tutto quanto insomma fa materialmente doviziosa la vita. Nelle affezioni: i
legami di sangue o di coniugio, le amicizie, le dovizie intellettuali, le cariche pubbliche. Come vedete, se per
la prima categoria il povero può dire: " Oh! per me! Basta che io non invidi chi ha e poi sono a posto perché
io sono povero e perciò a posto per forza ", per la seconda anche il povero ha da sorvegliarsi, potendo, anche
il più miserabile fra gli uomini, divenire peccaminosamente ricco di spirito. Colui che si affeziona

smoderatamente ad una cosa, ecco che pecca. Voi direte: "Ma allora dobbiamo odiare il bene che Dio ci ha
concesso? Ma allora perché comanda di amare il padre e la madre, la sposa, i figli, e dice: 'Amerai il tuo
prossimo come te stesso? Distinguete. Amare dobbiamo il padre e la madre e la sposa e il prossimo, ma nella
misura che Dio ha dato: " come noi stessi ". Mentre Dio va amato sopra ogni cosa e con tutti noi stessi. Non
amare Dio come amiamo fra il prossimo i più cari, questa perché ci ha allattato, l'altra perché dorme sul
nostro petto e ci procrea i figli, ma amarlo con tutti noi stessi, ossia con tutta la capacità di amare che è
nell'uomo: amore di figlio, amore di sposo, amore di amico e, oh! non vi scandalizzate! e amore di padre. Sì,
per l'interesse di Dio dobbiamo avere la stessa cura che un padre ha per la sua prole, per la quale con amore
tutela le sostanze e le accresce, e si occupa e preoccupa della sua crescita fisica e culturale e della sua riuscita
nel mondo. L'amore non è un male e non lo deve divenire. Le grazie che Dio ci concede non sono un male e
non lo devono divenire. Amore sono. Per amore sono date. Occorre con amore usarne di queste ricchezze
che Dio ci concede in affetti e in bene. E solo chi non se ne fa degli idoli ma dei mezzi per servire in santità
Dio, mostra di non avere un attaccamento peccaminoso ad esse. Pratica allora la santa povertà dello spirito,
che di tutto si spoglia per essere più libero di conquistare Iddio santo, suprema Ricchezza. Conquistare Dio,
ossia avere il Regno dei Cieli.

(2) Beato me se sarò mansueto. Ciò può parere in contrasto con gli esempi della vita giornaliera. I non
mansueti sembrano trionfare nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni. Ma è vero trionfo? No. E’ paura che
tiene apparentemente proni i soverchiati dal despota, ma che in realtà non è che velo messo sul ribollire di
ribellione contro il tiranno. Non possiedono i cuori dei famigliari, né dei concittadini, né dei sudditi, coloro
che sono iracondi e prepotenti. Non piegano intelletti e spiriti alle loro dottrine quei maestri del "ho detto e
ho detto". Ma solo creano degli autodidatti, dei ricercatori di una chiave atta ad aprire le porte chiuse di una
sapienza o di una scienza che essi sentono essere e che è opposta a quella che viene loro imposta. Non
portano a Dio quei sacerdoti che non vanno alla conquista degli spiriti con la dolcezza paziente, umile,
amorosa, ma sembrano guerrieri armati che si lancino ad un assalto feroce tanto marciano con irruenza e
intransigenza contro le anime... Oh! povere anime! Se fossero sante non avrebbero bisogno di voi, sacerdoti,
per raggiungere la Luce. L'avrebbero già in sé. Se fossero giusti non avrebbero bisogno di voi giudici per
essere tenuti nel freno della giustizia, l'avrebbero già in se. Se fossero sani non avrebbero bisogno di chi cura.
Siate dunque mansueti. Non mettete in fuga le anime. Attiratele con l'amore. Perché la mansuetudine è
amore, così come lo è la povertà di spirito. Se tali sarete erediterete la Terra e porterete a Dio questo luogo,
già prima di Satana, perché la vostra mansuetudine, che oltre che amore è umiltà, avrà vinto l'odio e la
superbia uccidendo negli animi il re abbietto della superbia e dell'odio, e il mondo sarà vostro, ossia di Dio,
perché voi sarete giusti che riconoscerete Dio come Padrone assoluto del creato, al Quale va dato lode e
benedizione e reso tutto quanto è suo.

(3) Beato me se saprò piangere senza ribellione. Il dolore è sulla terra. E il dolore strappa lacrime all'uomo. Il
dolore non era. Ma l'uomo lo mise sulla terra e per una depravazione del suo intelletto si studia di sempre più
aumentarlo, con tutti i modi. Oltre le malattie e le sventure conseguenti da fulmini, tempeste, valanghe,
terremoti, ecco che l'uomo per soffrire, e per far soffrire soprattutto - perché vorremmo solo che gli altri
soffrissero, e non noi, dei mezzi studiati per far soffrire - ecco che l'uomo escogita le armi micidiali sempre
più tremende e le durezze morali sempre più astute. Quante lacrime l'uomo trae all'uomo per istigazione del
suo segreto re che è Satana! Eppure in verità vi dico che queste lacrime non sono una menomazione ma una
perfezione dell'uomo. L'uomo è uno svagato bambino, è uno spensierato superficiale, è un nato di tardivo
intelletto finché il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente. Solo coloro che piangono, o che hanno
pianto, sanno amare e capire. Amare i fratelli ugualmente piangenti, capirli nei loro dolori, aiutarli colla loro
bontà, esperta di come fa male essere soli nel pianto. E sanno amare Dio perché hanno compreso che tutto è
dolore fuorché Dio, perché hanno compreso che il dolore si placa se pianto sul cuore di Dio, perché hanno
compreso che il pianto rassegnato che non spezza la fede, che non inaridisce la preghiera, che è vergine di
ribellione, muta natura, e da dolore diviene consolazione. Sì. Coloro che piangono amando il Signore
saranno consolati.

(4) Beato me se avrò fame e sete di giustizia. Dal momento che nasce al momento che muore l'uomo tende
avido al cibo. Apre la bocca alla nascita per afferrare il capezzolo, apre le labbra per inghiottire ristoro nelle
strette dell'agonia. Lavora per nutrirsi. Fa della terra un enorme capezzolo dal quale insaziabilmente succhia,
succhia per ciò che muore. Ma che è l'uomo? Un animale? No, è un figlio di Dio. In esilio per pochi o molti
anni. Ma non cessa la sua vita col mutare della sua dimora. Vi è una vita nella vita così come in una noce vi è
il gheriglio. Non è il guscio la noce, ma è l'interno gheriglio che è la noce. Se seminate un guscio di noce non
nasce nulla, ma se seminate il guscio con la polpa nasce grande albero. Così è l'uomo. Non è la carne che
diviene immortale, è l'anima. E va nutrita per portarla all'immortalità, alla quale, per amore, essa poi porterà
la carne nella risurrezione beata. Nutrimento dell'anima è la Sapienza, è la Giustizia. Come liquido e cibo
esse vengono aspirate e corroborano, e più se ne gusta e più cresce la santa avidità del possedere la Sapienza
e di conoscere la Giustizia. Ma verrà pure un giorno in cui l'anima insaziabile di questa santa fame sarà
saziata. Verrà. Dio si darà al suo nato, se lo attaccherà direttamente al seno e il nato al Paradiso si sazierà
della Madre ammirabile che è Dio stesso, e non conoscerà mai più fame, ma si riposerà beato sul seno
divino. Nessuna scienza umana equivale a questa divina. La curiosità della mente può essere appagata, ma la
necessità dello spirito no. Anzi nella diversità del sapore lo spirito prova disgusto e torce la bocca dall'amaro
capezzolo, preferendo soffrire la fame all'empirsi di un cibo che non sia venuto da Dio. Non abbiate timore, o
sitibondi, o affamati di Dio! Siate fedeli e sarete saziati da Colui che vi ama.
(5) Beato me se sarò misericordioso. Chi fra gli uomini può dire: "Io non ho bisogno di misericordia "?
Nessuno. Ora se anche nell'antica Legge è detto: "Occhio per occhio e dente per dente ", perché non deve
dirsi nella nuova: " Chi sarà stato misericordioso troverà misericordia"? Tutti hanno bisogno di perdono.
Ebbene, non è la formula e la forma di un rito, figure esterne concesse per la opaca mentalità umana, quelle
che ottengono perdono. Ma è il rito interno dell'amore, ossia ancora della misericordia. Che se fu imposto il
sacrificio di un capro o di un agnello e l'offerta di qualche moneta, ciò fu fatto perché a base di ogni male
ancora si trovano sempre due radici: l'avidità e la superbia. L'avidità è punita con la spesa dell'acquisto
dell'offerta, la superbia con la palese confessione di quel rito: "Io celebro questo sacrificio perché ho
peccato". E fatto anche per precorrere i tempi e i segni dei tempi, e nel sangue che si sparge è la figura del
Sangue che sarà sparso per cancellare i peccati degli uomini. Beato dunque colui che sa essere
misericordioso agli affamati, ai nudi, ai senza tetto, ai miseri delle ancor più grandi miserie che sono quelle
del possedere cattivi caratteri che fanno soffrire chi li ha e chi con loro convive. Abbiate misericordia.
Perdonate, compatite, soccorrete, istruite, sorreggete. Non chiudetevi in una torre di cristallo dicendo: "Io
sono puro e non scendo fra i peccatori" Non dite: "Io sono ricco e felice, e non voglio udire le miserie altrui".
Badate che più rapido di fumo dissipato da gran vento può dileguarsi la vostra ricchezza, la vostra salute, il
vostro benessere famigliare. E ricordate che il cristallo fa da lente, e ciò che mescolandovi fra la folla
sarebbe passato inosservato, mettendovi in una torre di cristallo, unici, separati, illuminati da ogni parte, non
potete più tenerlo nascosto. Misericordia per compiere un segreto, continuo, santo sacrificio di espiazione e
ottenere misericordia.
(6) Beato me se sarò puro di cuore. Dio è Purezza. Il Paradiso è regno di Purezza. Niente di impuro può
entrare in Cielo dove è Dio. Perciò se sarete impuri non potrete entrare nel Regno di Dio. Ma, oh! gioia!
Anticipata gioia che il Padre concede ai figli! Colui che è puro ha dalla terra un principio di Cielo, perché
Dio si curva sul puro e l'uomo dalla terra vede il suo Dio. Non conosce sapore di amori umani, ma gusta, fino
all'estasi, il sapore dell'amore divino, e può dire: "Io sono con Te e Tu in me, onde io ti possiedo e conosco
come sposo amabilissimo dell'anima mia". E, credetelo, che chi ha Dio ha inspiegabili, anche a se stesso,
mutamenti sostanziali per cui diviene santo, sapiente, forte, e sul suo labbro fioriscono parole, e i suoi atti
assumono potenze che non sono, no, della creatura, ma di Dio che vive in essa. Cosa è la vita di colui che
vede Dio? Beatitudine. E vorreste privarvi di simile dono per fetide impurità?
(7) Beato me se avrò spirito di pace. La pace è una delle caratteristiche di Dio. Dio non è che nella pace.
Perché la pace è amore, mentre la guerra è odio. Satana è Odio. Dio è Pace. Non può uno dirsi figlio di Dio,
né può Dio dire figlio suo un uomo se costui ha spirito irascibile sempre pronto a scatenare tempeste. Non
solo. Ma neppure può dirsi figlio di Dio colui che, pur non essendo di proprio scatenatore delle stesse, non
contribuisce con la sua grande pace a calmare le tempeste suscitate da altri. Colui che è pacifico effonde la
pace anche senza parole. Padrone di sé e, oso dire, padrone di Dio, egli lo porta come una lampada porta il
suo lume, come un incensiere sprigiona il suo profumo, come un otre porta il suo liquido, e si fa luce fra le
nebbie fumiganti dei rancori, e si purifica l'aria dai miasmi dei livori e si calmano le onde infuriate delle liti,
per quest'olio soave che è lo spirito di pace emanato dai figli di Dio. Fate che Dio e gli uomini vi possano
chiamare così.
(8) Beato me se sarò perseguitato per amore della giustizia. L'uomo è tanto insatanassato che odia il bene
ovunque si trovi, che odia il buono, quasi che chi è buono, anche se tace, lo accusi e rampogni. Infatti la
bontà di uno fa apparire ancor più nera la malvagità del malvagio. Infatti la fede del credente vero fa apparire
ancora più viva la ipocrisia del falso credente. Infatti non può non essere odiato dagli ingiusti colui che col
suo modo di vivere è un continuo testimoniare la giustizia. E allora, ecco, che si infierisce sugli amanti della
giustizia. Anche qui è come per le guerre. L'uomo progredisce nell'arte satanica del perseguitare più che non
progredisca nell'arte santa dell'amare. Ma non può che perseguitare ciò che ha breve vita. L'eterno che è
nell'uomo sfugge all'insidia, e anzi acquista una vitalità ancor più vigorosa dalla persecuzione. La vita fugge
dalle ferite che aprono le vene o per gli stenti che consumano il perseguitato. Ma il sangue fa la porpora del
re futuro e gli stenti sono tanti scalini per montare sui troni che il Padre ha preparato per i suoi martiri, ai
quali sono serbati i seggi regali del Regno dei Cieli.
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(9) Beato se sarò oltraggiato e calunniato. Fate solo che di voi possa essere scritto il nome nei libri celesti, là
dove non sono segnati i nomi secondo le menzogne umane nel lodare i meno meritevoli di lode. Ma dove
però, con giustizia e amore, sono scritte le opere dei buoni per dare ad essi il premio promesso ai benedetti
da Dio. Prima di ora furono calunniati ed oltraggiati i Profeti. Ma quando si apriranno le porte dei Cieli,
come imponenti re, essi entreranno nella Città di Dio, e li inchineranno gli angeli, cantando di gioia. Pure
voi, pure voi, oltraggiati e calunniati per essere stati di Dio, avrete il trionfo celeste, e quando il tempo sarà
finito e completo sarà il Paradiso, ecco che allora ogni lacrima vi sarà cara, perché per essa avrete
conquistato questa gloria eterna che in nome del Padre Io vi prometto.
Andate. Domani vi parlerò ancora. Restino ora solo i malati acciò li soccorra nelle loro pene. La pace sia con
voi e la meditazione della salvezza, attraverso all'amore, vi instradi sulla via la cui fine è il Cielo».