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domenica 7 settembre 2014

Padre J.B.Chautard - La vita interiore.



II. L’azione deve essere soltanto  il traboccamento della vita interiore

«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli» (Mt. 5, 48). 
Fatte le debite proporzioni, il modo di agire divino dev’essere il criterio
la Regola della nostra vita interiore ed esterna. Già sappiamo che è proprio della 
natura divina il donare, ed è un fatto sperimentato ch’Egli versa a profusione 
i suoi benefici su tutti gli esseri, ma in particolare modo sulla creatura umana.

Così – da migliaia, se non da milioni, di secoli – l’universo intero è oggetto di questa inesauribile prodigalità che spande i suoi benefici senza sosta
 Eppure Dio non si impoverisce mai e la sua inesauribile munificenza 
non può, in nessun modo, diminuire le sue infinite ricchezze.

Dio non si contenta di concedere all’uomo beni esteriori; gli manda 
il suo Verbo. Eppure, nemmeno in questo atto di suprema generosità
che non è altro che il dono di sé, Dio abbandona né può abbandonare 
qualcosa dell’integrità della sua natura. Pur donandoci suo Figlio, lo 
conserva sempre in se stesso. «Prendi esempio dal sommo Creatore 
dell’universo, il quale manda il suo Verbo ma, contemporaneamente
 lo mantiene con sé»4.

Per mezzo dei Sacramenti e particolarmente per mezzo dell’Eucaristia
Gesù Cristo ci arricchisce con le sue grazie; ce le versa senza misura
 perché anch’Egli è un oceano sconfinato la cui sovrabbondanza si 
riversa su noi senza mai esaurirsi: «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo 
ricevuto» (Gv. 1, 16).

Così, in un certo modo, noi dobbiamo essere uomini apostolici che ci assumiamo il nobile còmpito della santificazione altrui: «Il tuo Verbo 
è la tua considerazione: pur procedendo da Te, tuttavia non te ne separi»5 ; 
 il nostro verbo è lo spirito interiore che la grazia ha formato nelle nostre 
animeVivifichi dunque questo spirito le manifestazioni del nostro zelo
ma mentre lo spendiamo continuamente a vantaggio del prossimo
pure continuamente con i mezzi che Gesù ci offre. La nostra vita 
interiore sia come un tronco pieno di densa linfa che fiorisca nelle 
 nostre opere.

Un’anima di apostolo! Essa dev’essere per prima inondata di luce 
infiammata di amore, affinché, riflettendo questa luce e questo calore
possa poi illuminare e riscaldare le altre anime.

 «Essi annunzieranno agli uomini quel che hanno veduto con i loro occhi
 quel che hanno contemplato e che le loro mani hanno toccato» (1 Gv. 1, 1). 
Come dice S. Gregorio, la loro bocca verserà nei cuori l’abbondanza delle 

Possiamo intanto stabilire questo principio: la vita attiva deve procedere dalla vita contemplativatradurla e continuarla al di fuori, staccandosene il meno possibile.






4 S. BernardoDe considerationelib. II, cap. III.

5 S. BernardoDe considerationelib. II, cap. III.




martedì 22 gennaio 2013

3. La carità di Maria verso il prossimo


3. La carità di Maria verso il prossimo



L'amore verso Dio e verso il prossimo ci è imposto nello stesso precetto: « Noi abbiamo da Dio questo comandamento: chi ama Dio ami anche il proprio fratello » (lGv 4,21). 
La ragione, scrive san Tommaso, è che chi ama Dio ama tutte le cose amate da Dio. 
Santa Caterina da Genova diceva un giorno a Dio: « Signore, tu vuoi che io ami il prossimo, ma io non posso amare che te ». Dio le rispose: « Chi ama me, ama tutte le cose amate da me ». 

Ma poiché non vi è stato né vi sarà chi più di Maria amasse Dio, così non vi è stato né vi sarà chi più di Maria abbia amato il prossimo. « Una lettiga si è fatta il re Salomone... il centro è un ricamo d'amore delle fanciulle di Gerusalemme» (Ct 3,9 Volg.). 

A proposito di questo passo il padre Cornelio a Lapide dice che questa lettiga fu il seno della beata Vergine in cui il Verbo Incarnato venne ad abitare e riempì la sua santa Madre di un'immensa carità, affinché ella aiutasse chiunque ricorre a lei. Durante la sua vita Maria fu così piena di carità, che soccorreva i bisognosi senza esserne neppure richiesta. Così fece alle nozze di Cana, quando domandò al Figlio il miracolo del vino, esponendo la pena di quella famiglia: « Non hanno vino » (Gv 2,3). Come era sollecita la Vergine quando si trattava di aiutare il prossimo! 

Quando per un compito di carità si recò da Elisabetta, « andò in fretta in una regione montuosa » (Lc 1,39). Ma la prova più grande di carità, la diede offrendo alla morte suo Figlio per la nostra salvezza. San Bonaventura dice: « Maria ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figlio unigenito ». E sant'Anselmo esclama: « O benedetta fra le donne, che superi gli angeli nella purezza e i santi nella pietà! ». San Bonaventura afferma: « Grande fu la misericordia di Maria verso i miseri mentre era pellegrina su questa terra, ma molto più grande è ora che regna nel cielo, perché vede meglio le miserie degli uomini ». 

L'angelo rivelò a santa Brigida che non vi è nessuno che preghi senza ricevere grazie per la carità della Vergine. Poveri noi, se Maria non pregasse per noi! Gesù stesso disse a santa Brigida: « Senza l'intercessione di mia Madre, non ci sarebbe speranza 
di misericordia ». «Beato l'uomo che mi ascolta, dice la divina Madre, vegliando alle mie porte ogni giorno, custodendone la soglia » (Pro 8,34 Volg.), e osserva la mia carità per esercitarla verso gli altri a mia imitazione. San Gregorio Nazianzeno afferma che niente ci può conciliare la benevolenza della Vergine quanto la misericordia verso il prossimo. Dio ci esorta: « Siate misericordiosi come Dio, vostro Padre, è misericordioso » (Lc 6,36). Così anche Maria sembra dire a tutti i suoi figli: « Siate misericordiosi, come la Madre vostra è misericordiosa ». 

E certo che secondo la carità che noi useremo col prossimo, Dio e Maria l'useranno con noi: « Date e vi sarà dato... con la stessa misura con cui misurate, sarà misurato anche a voi » (Lc 6,38). San Metodio diceva: « Dona al povero e riceverai il paradiso ». Scrisse l'Apostolo: « La pietà è utile a tutto, avendo la promessa della vita presente e di quella futura » (1Tm 4,8). « Chi fa la carità al povero presta a Dio » (Pro 19,17). Commentando queste parole, san Giovanni Crisostomo afferma che chi soccorre i bisognosi fa sì che Dio gli diventi debitore.

Madre di misericordia, tu sei piena di carità verso tutti; non ti scordare delle mie miserie. Tu le vedi; raccomandami a Dio che non ti nega nulla. Ottienimi la grazia di poterti imitare nella santa carità, sia verso Dio, sia verso il prossimo. Amen.

Virgo Immaculata!
Noverim me, noverim Te,
Nec aliquid cupiam nisi Te!
padremaria@libero.it



domenica 26 giugno 2011

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Benedetto XVI: Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - 23 giugno 2011


OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Giovedì, 23 giugno 2011


Cari fratelli e sorelle!


La festa del Corpus Domini è inseparabile dal Giovedì Santo, dalla Messa in Caena Domini, nella quale si celebra solennemente l’istituzione dell’Eucaristia. 
Mentre nella sera del Giovedì Santo si rivive il mistero di Cristo che si offre a noi nel pane spezzato e nel vino versato, oggi, nella ricorrenza del Corpus Domini, questo stesso mistero viene proposto all’adorazione e alla meditazione del Popolo di Dio, e il Santissimo Sacramento viene portato in processione per le vie delle città e dei villaggi, per manifestare che Cristo risorto cammina in mezzo a noi e ci guida verso il Regno dei cieli. 

Quello che Gesù ci ha donato nell’intimità del Cenacolo, oggi lo manifestiamo apertamente, perché l’amore di Cristo non è riservato ad alcuni, ma è destinato a tutti. Nella Messa in Caena Domini dello scorso Giovedì Santo ho sottolineato che nell’Eucaristia avviene la trasformazione dei doni di questa terra – il pane e il vino – finalizzata a trasformare la nostra vita e ad inaugurare così la trasformazione del mondo. 

Questa sera vorrei riprendere tale prospettiva.

Tutto parte, si potrebbe dire, dal cuore di Cristo, che nell’Ultima Cena, alla vigilia della sua passione, ha ringraziato e lodato Dio e, così facendo, con la potenza del suo amore, ha trasformato il senso della morte alla quale andava incontro. 
Il fatto che il Sacramento dell’altare abbia assunto il nome “Eucaristia” – “rendimento di grazie” – esprime proprio questo: che il mutamento della sostanza del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo è frutto del dono che Cristo ha fatto di se stesso, dono di un Amore più forte della morte, Amore divino che lo ha fatto risuscitare dai morti. Ecco perché l’Eucaristia è cibo di vita eterna, Pane della vita. Dal cuore di Cristo, dalla sua “preghiera eucaristica” alla vigilia della passione, scaturisce quel dinamismo che trasforma la realtà nelle sue dimensioni cosmica, umana e storica. Tutto procede da Dio, dall’onnipotenza del suo Amore Uno e Trino, incarnato in Gesù. In questo Amore è immerso il cuore di Cristo; perciò Egli sa ringraziare e lodare Dio anche di fronte al tradimento e alla violenza, e in questo modo cambia le cose, le persone e il mondo.


Questa trasformazione è possibile grazie ad una comunione più forte della divisione, la comunione di Dio stesso. La parola “comunione”, che noi usiamo anche per designare l’Eucaristia, riassume in sé la dimensione verticale e quella orizzontale del dono di Cristo.
E’ bella e molto eloquente l’espressione “ricevere la comunione” riferita all’atto di mangiare il Pane eucaristico. 
In effetti, quando compiamo questo atto, noi entriamo in comunione con la vita stessa di Gesù, nel dinamismo di questa vita che si dona a noi e per noi. Da Dio, attraverso Gesù, fino a noi: un’unica comunione si trasmette nella santa Eucaristia. 

Lo abbiamo ascoltato poco fa, nella seconda Lettura, dalle parole dell’apostolo Paolo rivolte ai cristiani di Corinto: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1 Cor 10,16-17).

Sant’Agostino ci aiuta a comprendere la dinamica della comunione eucaristica quando fa riferimento ad una sorta di visione che ebbe, nella quale Gesù gli disse: “Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me” (Conf. VII, 10, 18). Mentre dunque il cibo corporale viene assimilato dal nostro organismo e contribuisce al suo sostentamento, nel caso dell’Eucaristia si tratta di un Pane differente: non siamo noi ad assimilarlo, ma esso ci assimila a sé, così che diventiamo conformi a Gesù Cristo, membra del suo corpo, una cosa sola con Lui.

 Questo passaggio è decisivo. Infatti, proprio perché è Cristo che, nella comunione eucaristica, ci trasforma in Sé, la nostra individualità, in questo incontro, viene aperta, liberata dal suo egocentrismo e inserita nella Persona di Gesù, che a sua volta è immersa nella comunione trinitaria. Così l’Eucaristia, mentre ci unisce a Cristo, ci apre anche agli altri, ci rende membra gli uni degli altri: non siamo più divisi, ma una cosa sola in Lui. La comunione eucaristica mi unisce alla persona che ho accanto, e con la quale forse non ho nemmeno un buon rapporto, ma anche ai fratelli lontani, in ogni parte del mondo. Da qui, dall’Eucaristia, deriva dunque il senso profondo della presenza sociale della Chiesa, come testimoniano i grandi Santi sociali, che sono stati sempre grandi anime eucaristiche. 

Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, 
lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; 
ed è attento ad ogni persona, 
si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità. 

Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna. Specialmente nel nostro tempo, in cui la globalizzazione ci rende sempre più dipendenti gli uni dagli altri, il Cristianesimo può e deve far sì che questa unità non si costruisca senza Dio, cioè senza il vero Amore, il che darebbe spazio alla confusione, all’individualismo, alla sopraffazione di tutti contro tutti. 

Il Vangelo mira da sempre all’unità della famiglia umana, un’unità non imposta da fuori, né da interessi ideologici o economici, bensì a partire dal senso di responsabilità gli uni verso gli altri, perché ci riconosciamo membra di uno stesso corpo, del corpo di Cristo, perché abbiamo imparato e impariamo costantemente dal Sacramento dell’Altare che la condivisione, l’amore è la via della vera giustizia.


Ritorniamo ora all’atto di Gesù nell’Ultima Cena. Che cosa è avvenuto in quel momento? Quando Egli disse:
Questo è il mio corpo che è donato per voi, questo è il mio sangue versato per voi e per la moltitudine, che cosa accadde? 

Gesù in quel gesto anticipa l’evento del Calvario. Egli accetta per amore tutta la passione, con il suo travaglio e la sua violenza, fino alla morte di croce; accettandola in questo modo la trasforma in un atto di donazione. 
Questa è la trasformazione di cui il mondo ha più bisogno, perché lo redime dall’interno, lo apre alle dimensioni del Regno dei cieli. Ma questo rinnovamento del mondo Dio vuole realizzarlo sempre attraverso la stessa via seguita da Cristo, quella via, anzi, che è Lui stesso. 

Non c’è nulla di magico nel Cristianesimo. Non ci sono scorciatoie, ma tutto passa attraverso la logica umile e paziente del chicco di grano che si spezza per dare vita, la logica della fede che sposta le montagne con la forza mite di Dio. 

Per questo Dio vuole continuare a rinnovare l’umanità, la storia ed il cosmo attraverso questa catena di trasformazioni, di cui l’Eucaristia è il sacramento. Mediante il pane e il vino consacrati, in cui è realmente presente il suo Corpo e Sangue, Cristo trasforma noi, assimilandoci a Lui: ci coinvolge nella sua opera di redenzione, rendendoci capaci, per la grazia dello Spirito Santo, di vivere secondo la sua stessa logica di donazione, come chicchi di grano uniti a Lui ed in Lui. Così si seminano e vanno maturando nei solchi della storia l’unità e la pace, che sono il fine a cui tendiamo, secondo il disegno di Dio.

Senza illusioni, senza utopie ideologiche, noi camminiamo per le strade del mondo, portando dentro di noi il Corpo del Signore, come la Vergine Maria nel mistero della Visitazione. 

Con l’umiltà di saperci semplici chicchi di grano, custodiamo la ferma certezza che l’amore di Dio, incarnato in Cristo, è più forte del male, della violenza e della morte. 

Sappiamo che Dio prepara per tutti gli uomini cieli nuovi e terra nuova, in cui regnano la pace e la giustizia – e nella fede intravediamo il mondo nuovo, che è la nostra vera patria. 

Anche questa sera, mentre tramonta il sole su questa nostra amata città di Roma, noi ci mettiamo in cammino: con noi c’è Gesù Eucaristia, il Risorto, che ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Grazie, Signore Gesù! Grazie per la tua fedeltà, che sostiene la nostra speranza. Resta con noi, perché si fa sera. “Buon Pastore, vero Pane, o Gesù, pietà di noi; nutrici, difendici, portaci ai beni eterni, nella terra dei viventi!”. Amen.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana
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AMDG et BVM