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mercoledì 22 maggio 2019

L’Amore è il Paraclito.

Spirito Santo
 Dai Quaderni
  • Il Pensiero creò la Parola e il Pensiero e la Parola si amano. L’Amore è il Paraclito. Esso opera sullo spirito vostro, sulla vostra anima, sulla vostra carne. Poiché consacra tutto il tempio, creato dal Padre e redento dal Figlio, della vostra persona, creata a immagine e somiglianza di Dio Uno e Trino. Lo Spirito Santo è crisma sulla creazione, fatta dal Padre, della vostra persona, è grazia per fruire del Sacrificio del Figlio, è Scienza e Luce per comprendere la Parola di Dio. Luce più ristretta, non perché sia limitata rispetto agli altri, ma perché è lo spirito dello spirito di Dio, e perché, nella sua condensazione, è potentissima come è potentissima nei suoi effetti. Per questo Io dissi: “Quando verrà, il Paraclito v’istruirà”. Neppure Io che sono il Pensiero del Padre divenuto Parola, posso farvi capire quanto può, con un solo balenare, lo Spirito Santo. Se davanti al Figlio ogni ginocchio si deve curvare, davanti al Paraclito si deve inchinare ogni spirito, perché lo Spirito dà vita allo spirito. E’ l’Amore che ha creato l’Universo, che ha istruito i primi servi di Dio, che ha spinto il Padre a dare i Comandamenti, che ha illuminato i Profeti, che ha concepito con Maria il Redentore, che ha messo Me sulla Croce, che ha sostenuto i Martiri, che ha retto la Chiesa, che opera i prodigi della Grazia.  Fuoco bianco, insostenibile alla vista e alla natura umana, concentra in Sé il Padre e il Figlio ed è la Gemma incomprensibile, inguardabile, della nostra eterna Bellezza. Fissa nell’Abisso del Cielo, attrae a Sé tutti gli spiriti della mia Chiesa trionfante e aspira a Sé quelli che sanno vivere di spirito nella Chiesa militante. La nostra Trinità, la nostra triplice e una natura, si fissa in un unico splendore, in quel punto in cui si genera, tutto quanto è, in un eterno essere. 1.7.43
Veni Sancte Spiritus

lunedì 4 giugno 2018

il simbolo di quella lingua di fuoco

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Dal libro di Azaria [angelo custode di M. Valtorta]
  • Hai mai meditato, anima mia, il simbolo di quella lingua di fuoco che, tu l’hai visto, si posò su ogni capo apostolico mentre incoronò di un serto la tutta Santa? Io te lo voglio far comprendere. Generalmente vi si dice: in forma di fiamma per essere sensibile agli apostoli e significare amore e luce. Sì, anche questo ma non solo questo.
    Poteva e sarebbe bastato, il Paraclito venire nel “gran vento impetuoso” e penetrare nel Cenacolo – dove già si era compiuto il Rito Eucaristico: la donazione del Dio fatto Carne ai suoi fedeli perché in essi Egli fosse anche dopo la separazione e desolati non fossero del Maestro diletto – poteva penetrare e stare, globo di meraviglioso splendore, a illuminare le menti che dovevano parlare al mondo del Dio Vero e del suo Cristo. Ma il Paraclito non si limitò a questo. Egli pure, come il Verbo Incarnato, si franse e si donò, in una Comunione, in un’effusione e donazione dei suoi doni di Sapienza, Intelletto, Consiglio, Scienza, Fortezza, Pietà, Timor di Dio, così come Gesù si era dato in Corpo e Sangue, Anima e Divinità.   ( … )
  • Nei dodici destinati ad evangelizzare il mondo, non dovevano più essere rovine, ed ecco lo Spirito, nella sua Comunione pentecostale, ardere e purificare la sede del senso e del pensiero: il capo degli uomini apostolici, mentre coronò d’amore la testa della Vergine e Sposa sua e si strinse per baciare con l’unico bacio degno della Beatissima Madre Vergine, della Tutta Grazia, Figlia, Sposa e Madre della Grazia, Maria, Regina degli Apostoli e della Chiesa in Terra, Regina degli Angeli nei Cieli. Az.12.5.46

giovedì 24 maggio 2018

L'ISPIRATORE

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Dice l’Eterno Spirito: 
“Io sono l’Amore. Non ho voce mia propria perché la mia Voce è in tutto il creato e oltre il creato. Come etere Io dilago, per tutto quanto è, come fuoco accendo, come sangue circolo. 

Io sono in ogni parola del Cristo e fiorisco sulle labbra della Vergine. Io purifico e faccio luminosa la bocca dei profeti e dei santi. 

Io sono Colui che le cose ispirò prima che fossero, perché è il mio potere  quello che come palpito dette moto al pensiero creativo dell’Eterno.
  
Per il Cristo tutte le cose sono state fatte, ma tutte le cose sono state fatte da Me-Amore, perché sono Io che con la mia segreta forza, mossi il Creatore a operare il prodigio. 
Io ero quando nulla era ed Io sarò quando rimarrà unicamente il Cielo.  

 
Io sono l’ispiratore della creazione dell’uomo al quale fu donato il mondo per sua delizia, il mondo in cui, dagli oceani alle stelle, dalle vette alpine agli steli, è il mio sigillo.   
Io sarò che porrò sulle labbra dell’ultimo uomo, la suprema invocazione: “Vieni, Signore Gesù!”.  


Io sono Quello che a placare il Padre infusi l’idea dell’Incarnazione e scesi, fuoco creatore, a farmi germe nelle viscere immacolate di Maria e risalii fatto Carne sulla Croce e dalla Croce al Cielo per stringere in anello d’amore la nuova alleanza fra Dio e l’uomo, come in amplesso d’amore avevo stretto il Padre e il Figlio generando la Trinità.  


Io sono Colui che senza parole parla, ovunque e in ogni dottrina che abbia in Dio origine, Colui che senza tocco apre occhi e orecchi ad udire il soprannaturale, Colui che senza comando vi trae dalla morte della vita, alla Vita nella Vita che non conosce limite. 


Il Padre è su voi, il Figlio in voi, ma Io, Spirito, sono nel vostro spirito e vi santifico con la mia presenza.   


Cercatemi ovunque è amore, fede e sapienza. Datemi il vostro amore. La fusione dell’amore con l’Amore crea il Cristo in voi e vi riporta in seno al Padre. 25.12.43


Vieni, Spirito Santo, vieni:  
per mezzo della potente intercessione del Cuore Immacolato di Maria, 
tua Sposa amatissima”

AMDG et DVM

lunedì 21 maggio 2018

Non Fiamma ma Bacio

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Dice Maria
Quando lo Spirito del Signore scese a investire della sua Potenza i dodici riuniti nel Cenacolo, si effuse anche su me, ma se per tutti fu una conoscenza che li rese cogniti della Terza Persona e dei suoi divini doni, per me fu un più vivo ritrovamento. 
Per tutti fu fiamma, per me fu bacio.

  Egli, l’eterno Paraclito, mi era già Sposo da trentaquattro anni e il suo fuoco mi aveva talmente posseduto e penetrata da fare del mio candore un corpo di Madre. 
  Anche dopo lo sponsale divino Egli mi aveva lasciato ricolma di Sé, né poteva aggiungere Perfezione a Perfezione poiché Dio non può aumentare Se stesso, essendo perfettissimo e insuperabile nella sua misura ed essendosi donato a me senza limitazione, per fare della mia carne di donna un che di tanto santo da poter essere abitacolo al divino che scendeva a incarnarsi in me. 18.12.43 

La prego: se ha fretta rimandi per dopo

Spirito Santo

  • Dai Quaderni
  • Il Pensiero creò la Parola e il Pensiero e la Parola si amano. L’Amore è il Paraclito. Esso opera sullo spirito vostro, sulla vostra anima, sulla vostra carne. Poiché consacra tutto il tempio, creato dal Padre e redento dal Figlio, della vostra persona, creata a immagine e somiglianza di Dio Uno e Trino.       Lo Spirito Santo è crisma sulla creazione, fatta dal Padre, della vostra persona, è grazia per fruire del Sacrificio del Figlio, è Scienza e Luce per comprendere la Parola di Dio. Luce più ristretta, non perché sia limitata rispetto agli altri, ma perché è lo spirito dello spirito di Dio, e perché, nella sua condensazione, è potentissima come è potentissima nei suoi effetti.
  •     Per questo Io dissi: “Quando verrà, il Paraclito v’istruirà”. Neppure Io che sono il Pensiero del Padre divenuto Parola, posso farvi capire quanto può, con un solo balenare, lo Spirito Santo.
        Se davanti al Figlio ogni ginocchio si deve curvare, davanti al Paraclito si deve inchinare ogni spirito, perché lo Spirito dà vita allo spirito. E’ l’Amore che ha creato l’Universo, che ha istruito i primi servi di Dio, che ha spinto il Padre a dare i Comandamenti, che ha illuminato i Profeti, che ha concepito con Maria il Redentore, che ha messo Me sulla Croce, che ha sostenuto i Martiri, che ha retto la Chiesa, che opera i prodigi della Grazia. 
       Fuoco bianco, insostenibile alla vista e alla natura umana, concentra in Sé il Padre e il Figlio ed è la Gemma incomprensibile, inguardabile, della nostra eterna Bellezza. Fissa nell’Abisso del Cielo, attrae a Sé tutti gli spiriti della mia Chiesa trionfante e aspira a Sé quelli che sanno vivere di spirito nella Chiesa militante.
       La nostra Trinità, la nostra triplice e una natura, si fissa in un unico splendore, in quel punto in cui si genera, tutto quanto è, in un eterno essere.
     1.7.43

AMDG et DVM

giovedì 22 giugno 2017

Fermatevi! Io vi dò tre giorni per riflettere.

La Pace del Signore
sia su ognuno di voi
*******
24 maggio 2008
GESÙ:   Essi camminavano... da quando? Nessuno sapeva da quanto tempo! Ma non li si vedeva affaticati, non sembravano stanchi. Essi cantavano, ridevano, la Gioia e la Pace di Dio erano con tutti quei piccoli figli, dei quali i più anziani, non sembravamo avere superato l’età di quindici anni. Erano belli, della bellezza dell’Innocenza. Venivano da tutti gli angoli del mondo, e a misura della loro marcia, si raggiungevano gli uni agli altri.

Attingevano questa forza nell'aria, e quell'aria era realmente la loro sola forza, il loro unico alimento. Non avevano nessun bagaglio e non si preoccupavano di nulla. L'aria li guidava. Ma che cos'era quel vento leggero, quella dolce brezza che li avvolgeva?

Era quella brezza che li aveva messi in marcia. A un dato momento, dopo che ogni gruppo era stato chiamato, i suoi componenti erano usciti dalle loro case e si erano riuniti per formare ognuno il proprio gruppo. Poi, i gruppi  si riunivano, si confondevano e avanzavano per unirsi ad altri gruppi che arrivavano tutti seguendo lo stesso percorso.

E quando alcuni adulti li fermavano per chiedere loro: «Da dove venite? e dove andate?», la risposta era data da tutti ad una sola voce:
«Diventate come bambini e seguiteci! »
Allora lo Spirito Santo, quella brezza che li guidava, li alimentava e che era la loro Forza, si mise a invitare gli altri, gli adulti, che essendo pronti a seguirli, seguivano quella marcia.

Ogni adulto si vide allora come era, e avanzava verso quei bambini che continuavano, felici, la loro marcia.

Non tutti erano pronti, e alcuni brontolavano, non volevano lasciare la loro casa, i loro beni, e temevano di affrontare quella marcia così faticosa. Allora il vento leggero, la brezza divenne una Voce:

«Io sono lo Spirito di Dio. Io sono Dio, l'Unico e Vero.

Nessuno potrà seguire questa marcia di Liberazione, se un altro interesse diverso da ME,
il Dio Eterno, Giusto e Misericordioso, abita il vostro spirito.
La vostra Liberazione dalla schiavitù del peccato, è la vostra scelta.

Fermatevi!  Io vi  tre giorni per riflettere.»

Durante quei tre giorni, essi si videro in una profonda oscurità. Il buio li circondava, il loro spirito era come una caverna nera, profonda, dove non passavano che delle false speranze. Niente luce, niente vita! A tastoni, brancolando, cercavano l'uscita, la porta della loro casa. Ahimè! l'oscurità era generale, ed essi videro in lontananza solo quella Luce che si allontanava per sempre.

Allora alcuni si svegliarono da quel sonno di morte, e si misero a gridare: «Aspettate! Aspettateci !»  Dal fondo del cuore, il loro risveglio fu brutale. Videro passare davanti ai loro occhi tutte le loro mancanze d’Amore! La loro negligenza apparve per prima davanti ai loro occhi. Ebbero paura e si videro abbandonati.


A quel punto, come avvenne con Giona dopo la sua cattiva decisione, Dio li trasse fuori da quel rifugio così malvagio. Ed essi dovettero percorrere il cammino che li separava dai primi, affrontando prove durissime, che aumentavano a misura della loro lentezza a scegliere di seguire Colui che È la Via, la Verità e la Vita. Nella Sua Santa Misericordia, Dio li conduceva e poterono raggiungere i primi. Allora, a contatto di quella prima Purificazione, furono presi da una tale gioia che si misero a dire al Signore:
«Non abbandonare, Signore Dio, quelli che sono rimasti ancora dietro di noi!
Essi non sanno quello che fanno! »
Queste Parole, le stesse che GESÙ aveva rivolto al Padre Suo, toccarono il cuore pieno d'Amore del Nostro CristoGESÙ, Benedetto tra tutti gli uomini e i Santi del Paradiso. E lì, in quel momento, ci fu per tutti gli uomini della Terra,un risvegliouna metamorfosi, della Grandezza di Dio, l'Eterno ed Unico Dio del Cielo e della Terra:

tutti gli uomini, di tutte le razze, si unirono fra di loro e a Dio,
per vivere la seconda esperienza che la Terra aspetta.
Tutti divennero UNO, come il Padre e il Figlio sono UNO,
uniti allo Spirito Santo che ne testimonia tutta l'Eternità.

La Terra si unì al Cielo e si ebbe allora il Regno di Dio sulla Terra, perché la Nuova Gerusalemme discese dal Cielo, e tutti andarono all'Incontro di Dio Tre volte Santo che venne ad abitare con tutti i Suoi figli del Cielo e della Terra, i Viventi del Cielo e della Terra.

La Famiglia di Dio fu in quel momento eterna, con il Suo Dio Unico e Vero. Non ci furono più lotte, non ci fu più morte, perché Dio era UNO in tutti.
Parola del Signore per “prossimamente”.

Figlia Mia, Io ti benedico per averMi donato tanto Amore e tanta Gioia.
Il tuo GESÙ d'Amore.




Tu puoi benedire i tuoi fratelli nel Mio Nome, te lo permetto, perché sei sincera. Non aver più paura, Io sarò sempre con te, così come tua Madre Maria e tutti i tuoi fratelli che sono già con Me. Piccolo uccellino, Io ti amo.
GESÙ Cristo, il Beneamato
dei Santi e degli Angeli di Dio.
Amen, Amen, Amen.
Amore e Gioia di Dio
per la Sua Terra.

Proclamate il Regno di Dio!

sabato 11 febbraio 2017

mercoledì 18 maggio 2016

Testo della meditazione che il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto il 5.10.2009 al Sinodo


Il Papa: "Le cose più grandi della vita — Dio, amore, verità — sono gratuite. Dio si dà nel nostro cuore..."


Pubblichiamo di seguito il testo della meditazione che il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto questa mattina alle ore 9, nell’Aula del Sinodo, nel corso della prima Congregazione Generale della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, dopo la lectio brevis dell’Ora Terza:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo dato inizio ora al nostro incontro sinodale invocando lo Spirito Santo e sapendo bene che noi non possiamo in questo momento realizzare quanto c'è da fare per la Chiesa e per il mondo: solo nella forza dello Spirito Santo possiamo trovare quanto è retto e poi attuarlo. 
E tutti i giorni inizieremo il nostro lavoro invocando lo Spirito Santo con la preghiera dell'Ora Terza «Nunc sancte nobis Spiritus». 
Perciò vorrei adesso, insieme con voi, meditare un po' questo inno, che apre il lavoro di ogni giorno, sia adesso nel Sinodo, ma anche dopo nella vita nostra quotidiana.

«Nunc sancte nobis Spiritus». 
Noi preghiamo che la Pentecoste non sia solo un avvenimento del passato, il primo inizio della Chiesa, ma sia oggi, anzi adesso: «nunc sancte nobis Spiritus». Preghiamo che il Signore adesso realizzi l'effusione del suo Spirito e ricrei di nuovo la sua Chiesa e il mondo. Ci ricordiamo che gli apostoli dopo l'Ascensione non hanno iniziato — come forse sarebbe stato normale — a organizzare, a creare la Chiesa futura. Hanno aspettato l'azione di Dio, hanno aspettato lo Spirito Santo. 

Hanno compreso che la Chiesa non si può fare, che non è il prodotto della nostra organizzazione: la Chiesa deve nascere dallo Spirito Santo. Come il Signore stesso è stato concepito ed è nato dallo Spirito Santo, così anche la Chiesa deve essere sempre concepita e nascere dallo Spirito Santo. 

Solo con questo atto creativo di Dio noi possiamo entrare nell'attività di Dio, nell'azione divina e collaborare con Lui. In questo senso, anche tutto il nostro lavoro al Sinodo è un collaborare con lo Spirito Santo, con la forza di Dio che ci previene. E sempre dobbiamo di nuovo implorare il compiersi di questa iniziativa divina, nella quale noi possiamo poi essere collaboratori di Dio e contribuire a far sì che di nuovo nasca e cresca la sua Chiesa.

La seconda strofa di questo inno — «Os, lingua, mens, sensus, vigor, / Confessionem personent: / Flammescat igne caritas, / accendat ardor proximos» — è il cuore di questa preghiera. Imploriamo da Dio tre doni, i doni essenziali della Pentecoste, dello Spirito Santo: confessio, caritas, proximos. Confessio: c'è la lingua di fuoco che è "ragionevole", dona la parola giusta e fa pensare al superamento di Babilonia nella festa di Pentecoste. La confusione nata dall'egoismo e dalla superbia dell'uomo, il cui effetto è quello di non poter comprenderci più gli uni gli altri, va superata dalla forza dello Spirito, che unisce senza uniformare, che dà unità nella pluralità: ciascuno può capire l'altro, anche nelle diversità delle lingue. Confessio: la parola, la lingua di fuoco che il Signore ci dà, la parola comune nella quale siamo tutti uniti, la città di Dio, la santa Chiesa, nella quale è presente tutta la ricchezza delle diverse culture. Flammescat igne caritas. 

Questa confessione non è una teoria ma è vita, è amore. Il cuore della santa Chiesa è l’amore, Dio è amore e si comunica comunicandoci l'amore. E infine il prossimo. La Chiesa non è mai un gruppo chiuso in sé, che vive per sé come uno dei tanti gruppi che esistono nel mondo, ma si contraddistingue per l'universalità della carità, della responsabilità per il prossimo.

Consideriamo uno per uno questi tre doni. 
Confessio: nel linguaggio della Bibbia e della Chiesa antica questa parola ha due significati essenziali, che sembrano opposti ma che in effetti costituiscono un'unica realtà. Confessio innanzitutto è confessione dei peccati: riconoscere la nostra colpa e conoscere che davanti a Dio siamo insufficienti, siamo in colpa, non siamo nella retta relazione con Lui
Questo è il primo punto: conoscere se stessi nella luce di Dio. Solo in questa luce possiamo conoscere noi stessi, possiamo capire anche quanto c'è di male in noi e così vedere quanto deve essere rinnovato, trasformato. Solo nella luce di Dio ci conosciamo gli uni gli altri e vediamo realmente tutta la realtà.

Mi sembra che dobbiamo tener presente tutto questo nelle nostre analisi sulla riconciliazione, la giustizia, la pace. Sono importanti le analisi empiriche, è importante che si conosca esattamente la realtà di questo mondo. Tuttavia queste analisi orizzontali, fatte con tanta esattezza e competenza, sono insufficienti. Non indicano i veri problemi perché non li collocano alla luce di Dio. Se non vediamo che alla radice vi è il Mistero di Dio, le cose del mondo vanno male perché la relazione con Dio non è ordinata. E se la prima relazione, quella fondante, non è corretta, tutte le altre relazioni con quanto vi può essere di bene, fondamentalmente non funzionano. Perciò tutte le nostre analisi del mondo sono insufficienti se non andiamo fino a questo punto, se non consideriamo il mondo nella luce di Dio, se non scopriamo che alla radice delle ingiustizie, della corruzione, sta un cuore non retto, sta una chiusura verso Dio e, pertanto, una falsificazione della relazione essenziale che è il fondamento di tutte e altre.

Confessio: comprendere nella luce di Dio le realtà del mondo, il primato di Dio e infine tutto l'essere umano e le realtà umane, che tendono alla nostra relazione con Dio

E se questa non è corretta, non arriva al punto voluto da Dio, non entra nella sua verità, anche tutto il resto non è correggibile perché nascono di nuovo tutti i vizi che distruggono la rete sociale, la pace nel mondo.

Confessio: vedere la realtà nella luce di Dio, capire che in fondo le nostre realtà dipendono dalla nostra relazione col nostro Creatore e Redentore, e così andare alla verità, alla verità che salva. Sant'Agostino, riferendosi al capitolo 3° del Vangelo di san Giovanni, definisce l'atto della confessione cristiana con «fare la verità, andare alla luce». Solo vedendo nella luce di Dio le nostre colpe, l'insufficienza della nostra relazione con Lui, camminiamo alla luce della verità. E solo la verità salva. Operiamo finalmente nella verità: confessare realmente in questa profondità della luce di Dio è fare la verità.

Questo è il primo significato della parola confessio, confessione dei peccati, riconoscimento della colpevolezza che risulta dalla nostra mancata relazione con Dio. Ma un secondo significato di confessione è quello di ringraziare Dio, glorificare Dio, testimoniare Dio. Possiamo riconoscere la verità del nostro essere perché c'è la risposta divina. Dio non ci ha lasciati soli con i nostri peccati; anche quanto la nostra relazione con la Sua maestà è ostacolata, Egli non si ritira ma viene e ci prende per mano. Perciò confessio è testimonianza della bontà di Dio, è evangelizzazione. 

Potremmo dire che la seconda dimensione della parola confessio è identica all'evangelizzazione. Lo vediamo nel giorno di Pentecoste, quando san Pietro, nel suo discorso, da una parte accusa la colpa delle persone — avete ucciso il santo e il giusto —, ma, nello stesso momento, dice: questo Santo è risorto e vi ama, vi abbraccia, vi chiama a essere suoi nel pentimento e nel battesimo, come pure nella comunione del suo Corpo. Nella luce di Dio, confessare diventa necessariamente annunciare Dio, evangelizzare e così rinnovare il mondo.

La parola confessio però ci ricorda ancora un altro elemento. Nel capitolo 10° della Lettera ai Romani san Paolo interpreta la confessione del capitolo 30° del Deuteronomio. In quest’ultimo testo sembra che gli ebrei, entrando nella forma definitiva dell'alleanza, nella Terra Santa, abbiano paura e non possano realmente rispondere a Dio come dovrebbero. Il Signore dice loro: non abbiate paura, Dio non è lontano. Per arrivare a Dio non è necessario attraversare un oceano ignoto, non sono necessari viaggi spaziali nel cielo, cose complicate o impossibili. 

Dio non è lontano, non è dall'altra parte dell'oceano, in questi spazi immensi dell'universo. Dio è vicino. È nel tuo cuore e sulle tue labbra, con la parola della Torah, che entra nel tuo cuore e si annuncia nelle tue labbra. Dio è in te e con te, è vicino.

San Paolo sostituisce, nella sua interpretazione, la parola Torah con la parola confessione e fede. Dice: realmente Dio è vicino, non sono necessarie spedizioni complicate per arrivare a Lui, né avventure spirituali o materiali. 

Dio è vicino con la fede, è nel tuo cuore, e con la confessione è sulle tue labbra. È in te e con te. Realmente Gesù Cristo con la sua presenza ci dà la parola della vita. Così entra, nella fede, nel nostro cuore. Abita nel nostro cuore e nella confessione portiamo la realtà del Signore al mondo, a questo nostro tempo. 

Mi sembra questo un elemento molto importante: il Dio vicino. Le cose della scienza, della tecnica comportano grandi investimenti: le avventure spirituali e materiali sono costose e difficili. Ma Dio si dona gratuitamente. Le cose più grandi della vita — Dio, amore, verità — sono gratuite. Dio si dà nel nostro cuore. Direi che dovremmo spesso meditare questa gratuità di Dio: non c'è bisogno di grandi doni materiali o anche intellettuali per essere vicini a Dio. Dio si dona gratuitamente nel suo amore, è in me nel cuore e sulle labbra. 

Questo è il coraggio, la gioia della nostra vita. È anche il coraggio presente in questo Sinodo, perché Dio non è lontano: è con noi con la parola della fede. Penso che anche questa dualità sia importante: la parola nel cuore e sulle labbra. Questa profondità della fede personale, che realmente mi collega intimamente con Dio, deve poi essere confessata: fede e confessione, interiorità nella comunione con Dio e testimonianza della fede che si esprime sulle mie labbra e diventa così sensibile e presente nel mondo. Sono due cose importanti che vanno sempre insieme.

Poi l'inno del quale parliamo indica anche i luoghi in cui si trova la confessione: «oas, lingua, mens, sensus, vigor». Tutte le nostre capacità di pensare, parlare, sentire, agire, devono risuonare — il latino usa il verbo «personare» — la parola di Dio. Il nostro essere, in tutte le sue dimensioni, dovrebbe essere riempito da questa parola, che diventa così realmente sensibile nel mondo, che, tramite la nostra esistenza, risuona nel mondo: la parola dello Spirito Santo.

E poi brevemente altri due doni. 

La carità: è importante che il cristianesimo non sia una somma di idee, una filosofia, una teologia, ma un modo di vivere, il cristianesimo è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità, se è carità. Possiamo dire che anche lógos e caritas vanno insieme. Il nostro Dio è, da un parte, lógos, ragione eterna. Ma questa ragione è anche amore, non è fredda matematica che costruisce l'universo, non è un demiurgo; questa ragione eterna è fuoco, è carità. In noi stessi dovrebbe realizzarsi questa unità di ragione e carità, di fede e carità. E così trasformati nella carità diventare, come dicono i Padri greci, divinizzati. Direi che nello sviluppo del mondo abbiamo questo percorso in salita, dalle prime realtà create fino alla creatura uomo. Ma questa scala non è ancora finita. L'uomo dovrebbe essere divinizzato e così realizzarsi. L'unità della creatura e del Creatore: questo è il vero sviluppo, arrivare con la grazia di Dio a questa apertura. La nostra essenza viene trasformata nella carità. Se parliamo di questo sviluppo pensiamo sempre anche a questa ultima meta, dove Dio vuole arrivare con noi.

Infine, il prossimo. La carità non è qualcosa di individuale, ma universale e concreta. Oggi nella Messa abbiamo proclamato la pagina evangelica del buon samaritano, in cui vediamo la duplice realtà della carità cristiana, che è universale e concreta. Questo samaritano incontra un ebreo, che quindi sta oltre i confini della sua tribù e della sua religione. Ma la carità è universale e perciò questo straniero in tutti i sensi è per lui prossimo. L'universalità apre i limiti che chiudono il mondo e creano le diversità e i conflitti. Nello stesso tempo, il fatto che si debba fare qualcosa per l'universalità non è filosofia ma azione concreta. Dobbiamo tendere a questa unificazione di universalità e concretezza, dobbiamo aprire realmente questi confini tra tribù, etnie, religioni all'universalità dell'amore di Dio. E questo non in teoria, ma nei nostri luoghi di vita, con tutta la concretezza necessaria. Preghiamo il Signore che ci doni tutto ciò, nella forza dello Spirito Santo. Alla fine l'inno è glorificazione del Dio trino ed unico e preghiera di conoscere e di credere. Così la fine ritorna all'inizio. Preghiamo affinché possiamo conoscere, conoscere diventi credere e credere diventi amare, azione. Preghiamo il Signore affinché ci doni lo Spirito Santo, susciti una nuova Pentecoste, ci aiuti a essere i suoi servitori in questa ora del mondo. Amen.

LUNEDÌ 5 OTTOBRE 2009

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

venerdì 5 giugno 2015

15 Settembre 2011 – La verità è normalmente trattata con estrema cautela e aperto rifiuto.

15 Settembre 2011 – La verità è normalmente trattata
con estrema cautela e aperto rifiuto.


Mia amata figlia prediletta, stai ora vedendo più dettagli del dolore che ho sofferto durante la Mia
Crocifissione. Abbandono. Rifiuto. Isolamento. Rigetto con gesti di derisione da parte delle autorità
e soprattutto dei Miei devoti discepoli. Anche i Miei apostoli mi rinnegarono nella Mia ora del
bisogno. Così non ti devi stupire che questo stia succedendo anche a te.


Stanotte ti è stata mostrata anche una visione di Me in piedi davanti ai Miei esecutori, dai quali ho
dovuto ascoltare le vili bugie che condannavano Me e la verità dei Miei insegnamenti. Anche tu e i
Miei discepoli sarete trattati allo stesso modo, per mano di coloro che non possono accettare la
verità o che la trovano sgradevole.


La verità, figlia Mia, è normalmente trattata con estrema cautela, talvolta è apertamente rifiutata e
considerata blasfema. Non temere mai. Perché le parole che Io ti trasmetto, non sono altro che la
Verità. Non devi mai temere di pubblicare ciò che Io ti do. Perché dovrei darti falsità? Perché mai
dovrei cercare di sminuire questi messaggi permettendo a una cosa non vera di insinuarsi in
qualunque momento?


Questo sarebbe l’opposto della Volontà di Mio Padre. Anche Satana non avrà il permesso di
interferire con questi messaggi, non importa con quanta forza ci proverà.


Man mano che questi messaggi diventeranno più intensi saranno anche oggetto di maggiore
dibattito e scherno. Tuttavia molti saranno attratti dai messaggi perché nonostante tutto, non
mancheranno di essere trasportati dallo Spirito Santo che anima le loro anime.


Col tempo essi, i Miei bambini, Mi ringrazieranno per averli aiutati a solcare il disordine di rovi
spinosi che impedisce loro di raggiungere il cancello del Paradiso, perché senza la Mia guida ora, in
questo tempo, sarebbero persi.
 Non troverebbero la forza di essere portati al sicuro oltre i cancelli del nuovo Paradiso, la nuova Era di pace sulla terra che aspetta tutti quelli che obbediscono a Me e ai Miei insegnamenti.

Il tuo amato Salvatore e Maestro
Gesù Cristo

domenica 24 maggio 2015

Vieni, Spirito Santo, vieni...



640. La discesa dello Spirito Santo. Fine del ciclo messianico. Mc 16, 20; Atti 2, 1-4


Non ci sono voci e rumori nella casa del Cenacolo. Non c’è presenza di discepoli, almeno io non sento nulla che mi autorizzi a dire che in altri ambienti della casa siano raccolte delle persone. Ci sono soltanto la presenza e le voci dei Dodici e di Maria Ss., raccolti nella sala della Cena.

Sembra più ampia la stanza, perché le suppellettili, messe diversamente, lasciano libero tutto il centro della stanza e anche due delle pareti. Contro la terza è spinto il tavolone usato per la Cena, e fra esso e il muro, e anche ai due dei lati più stretti del tavolo, sono messi i sedili-lettucci usati nella Cena e lo sgabello usato da Gesù per la lavanda dei piedi. Però non sono, questi lettucci, messi verticalmente alla tavola, come per la Cena, ma parallelamente, di modo che gli apostoli possono stare seduti senza occuparli tutti, pur lasciando un sedile, l’unico messo verticale rispetto alla tavola, tutto per la Vergine benedetta, che è al centro della tavola, al posto che nella Cena occupava Gesù.

La tavola è nuda di tovaglie e stoviglie, nude le credenze, denudati i muri dei loro ornamenti. Solo il lampadario arde al centro, ma con la sola fiamma centrale accesa; l’altro giro di fiammelle che fanno da
corolla al bizzarro lampadario sono spente.
Le finestre sono chiuse e sbarrate dalla pesante sbarra di ferro che le traversa. Ma un raggio di sole si infiltra baldanzoso da un forellino e scende come un ago lungo e sottile sino al pavimento, dove mette un occhiolino di sole.
La Vergine, seduta sola sul suo sedile, ha ai lati, sui lettucci, Pietro e Giovanni: alla destra Pietro, alla sinistra Giovanni. Mattia, il novello apostolo, è tra Giacomo d’Alfeo e il Taddeo. Davanti a Lei, la Madonna ha un cofano largo e basso di legno scuro, chiuso. Maria è vestita di azzurro cupo. Ha sui capelli il velo bianco e sopra questo il lembo del suo manto. Gli altri sono tutti a capo scoperto.

Maria legge lentamente a voce alta. Ma, per la poca luce che giunge sin là, io credo che più che leggere Ella ripeta a memoria le parole scritte sul rotolo che Ella tiene spiegato. Gli altri la seguono in silenzio, meditando. Ogni tanto rispondono se ne è il caso.
Maria ha il viso trasfigurato da un sorriso estatico. Chissà cosa vede di così capace da accenderle gli occhi, come due stelle chiare, e da arrossarle le guance d’avorio, come se su Lei si riflettesse una fiamma rosata? 

È veramente la mistica Rosa...
Gli apostoli si sporgono in avanti, stando un poco per sbieco, per vederla in viso mentre così dolcemente sorride e legge, e pare la sua voce un canto d’angelo. 
E Pietro se ne commuove tanto che due lucciconi gli cascano dagli occhi e per un sentiero di rughe, incise ai lati del suo naso, scendono a perdersi nel cespuglio della barba brizzolata. Ma Giovanni riflette il sorriso verginale e si accende come Lei di amore, mentre segue col suo sguardo ciò che la Vergine legge sul rotolo e, quando le porge un nuovo rotolo, la guarda e le sorride.

La lettura è finita. Cessa la voce di Maria. Cessa il fruscio delle pergamene svolte e avvolte. Maria si raccoglie in orazione segreta, congiungendo le mani sul petto e appoggiando il capo contro il cofano. Gli apostoli la imitano...

Un rombo fortissimo e armonico, che ha del vento e dell’arpa, che ha del canto umano e della voce di un organo perfetto, risuona improvviso nel silenzio del mattino. Si avvicina, sempre più armonico e più forte, ed empie delle sue vibrazioni la Terra, le propaga e imprime alla casa, alle pareti, alle suppellettili. La fiamma del lampadario, sino allora immobile nella pace della stanza chiusa, palpita come se un vento l’investisse, e le catenelle della lumiera tintinnano vibrando sotto l’onda di suono soprannaturale che le investe.

Gli apostoli alzano il capo sbigottiti e, come quel fragore bellissimo, in cui sono tutte le note più belle che Dio abbia dato ai Cieli e alla Terra, si fa sempre più vicino, alcuni si alzano pronti a fuggire, altri si rannicchiano al suolo coprendosi il capo con le mani e il manto, o battendosi il petto domandando perdono al Signore, altri ancora si stringono a Maria, troppo spaventati per conservare quel ritegno verso la Purissima che hanno sempre.


Solo Giovanni non si spaventa, perché vede la pace luminosa di gioia che si accentua sul volto di Maria, che alza il capo sorridendo ad una cosa nota a Lei sola e che poi scivola in ginocchio aprendo le braccia, e le due ali azzurre del suo manto così aperto si stendono su Pietro e Giovanni, che l’hanno imitata inginocchiandosi.
Ma tutto ciò, che io ho tenuto minuti a descrivere, si è fatto in men di un minuto.

E poi ecco la Luce, il Fuoco, lo Spirito Santo, entrare, con un ultimo fragore melodico, in forma di globo lucentissimo, ardentissimo, nella stanza chiusa, senza che porta o finestra sia mossa, e rimanere librato per un attimo sul capo di Maria, a un tre palmi dalla sua testa, che ora è scoperta, perché Maria, vedendo il Fuoco Paraclito, ha alzato le braccia come per invocarlo e gettato indietro il capo con un grido di gioia, con un sorriso d’amore senza confini. E dopo quell’attimo in cui tutto il Fuoco dello Spirito Santo, tutto l’Amore è raccolto sulla sua Sposa, il Globo Ss. si scinde in tredici fiamme canore e lucentissime, di una luce che nessun paragone terreno può descrivere, e scende a baciare la fronte di ogni apostolo.

Ma la fiamma che scende su Maria non è una lingua di fiamma dritta sulla fronte che bacia, ma è una corona che abbraccia e cinge come un serto il capo verginale, incoronando Regina la Figlia, la Madre, la Sposa di Dio, l’incorruttibile Vergine, la Tutta Bella, l’eterna Amata e l’eterna Fanciulla che nulla cosa può avvilire e in nulla, Colei che il dolore aveva invecchiata ma che è risorta nella gioia della Risurrezione, avendo in comune col Figlio un accentuarsi di bellezza e di freschezza di carni, di sguardi, di vitalità... avendone già un anticipo della bellezza del suo glorioso Corpo assunto al Cielo ad essere il fiore del Paradiso.

Lo Spirito Santo rutila le sue fiamme intorno al capo dell’Amata. Quali parole le dirà? Mistero! Il viso benedetto è trasfigurato di gioia soprannaturale e ride del sorriso dei Serafini, mentre delle lacrime beate sembrano diamanti giù per le gote della Benedetta, percosse come sono dalla luce dello Spirito Santo.
Il Fuoco rimane così per qualche tempo... E poi dilegua... Della sua discesa resta a ricordo una fragranza che nessun terrestre fiore può sprigionare... Il profumo del Paradiso...

Gli apostoli tornano in loro stessi... Maria resta nella sua estasi. Soltanto si raccoglie le braccia sul petto, chiude gli occhi, abbassa il capo... Continua il suo colloquio con Dio... insensibile a tutto... Nessuno osa turbarla.
Giovanni, accennandola, dice: «È l’Altare. E sulla sua gloria si è posata la Gloria del Signore...».
«Sì. Non turbiamo la sua gioia. Ma andiamo a predicare il Signore e siano manifeste le sue opere e le sue parole fra i popoli», dice Pietro con soprannaturale impulsività.
«Andiamo! Andiamo! Lo Spirito di Dio arde in me», dice Giacomo d’Alfeo.
«E ci sprona ad agire. Tutti. Andiamo ad evangelizzare le genti».
Escono, come fossero spinti o attratti da un vento o da una forza gagliarda...

*


Dice Gesù:

«E qui l’Opera che il mio amore per voi ha dettata, e che voi avete ricevuta per l’amore che una creatura ha avuto per Me e per voi, è finita.
È finita oggi, commemorazione di Santa Zita da Lucca (vergine lucchese del 13° secolo, domestica e patrona delle domestiche, molto venerata a Lucca che ne celebra la festa il 27 aprile), umile servente che servì il suo Signore nella carità in questa Chiesa di Lucca, nella quale Io, da luoghi lontani, ho portato il mio piccolo Giovanni perché mi servisse nella carità e con lo stesso amore di S. Zita per tutti gli infelici. Zita dava pane ai poverelli ricordando che in ognuno di essi Io sono e beati saranno, al mio fianco, coloro che avranno dato pane e bevanda a coloro che hanno sete e fame. Maria-Giovanni ha dato le mie parole a coloro che languiscono nell’ignoranza o nella tiepidezza o dubbio sulla Fede, ricordando che è detto dalla Sapienza che coloro che si affaticano per far conoscere Iddio splenderanno come stelle nell’eternità, dando gloria al loro Amore col farlo noto e amato, e a molti. (Sapienza 3, 1-9; Daniele 12, 3-4.)

E ancora è finita oggi, giorno nel quale la Chiesa eleva agli altari il puro giglio dei campi Maria Teresa Goretti (martire della purezza [1890-1902], beatificata il 27 aprile 1947 e canonizzata nel 1950), dallo stelo spezzato mentre ancor la corolla era un boccio. E da chi spezzato se non da Satana, invido di quel candore, splendente più del suo antico aspetto d’angelo? Spezzato perché sacro all’Amatore divino.

Vergine e martire, Maria, di questo secolo d’infamie, nel quale si vilipende anche l’onore della Donna, sputando la bava dei rettili a negare il potere di Dio di dare una dimora inviolata al suo Verbo incarnantesi per opera di Spirito Santo a salvare coloro che credono in Lui. Anche Maria-Giovanni è martire dell’Odio, che non vuole celebrate le mie meraviglie con l’Opera, arma potente a strappargli tante prede. Ma anche Maria-Giovanni sa, come sapeva Maria-Teresa, che il martirio, qualunque nome e aspetto abbia, è chiave per aprire senza indugio il Regno dei Cieli a quelli che lo patiscono per continuare la mia Passione. 

L’Opera è finita. (Ma non sono finite le “visioni” e i “dettati” fuori del ciclo messianico dichiarato concluso
con la discesa dello Spirito Santo. Perciò saranno messi, a completamento dell’Opera, altri scritti, ad essa pertinenti, di vari anni e soprattutto del 1951. Di conseguenza, il Commiato all’Opera, scritto il 28 aprile 1947 e che sui quaderni autografi segue immediatamente il presente “dettato”, sarà riportato al termine del completamento dell’Opera). E con la sua fine, con la discesa dello Spirito Santo, si conclude il ciclo messianico, che la mia Sapienza ha illuminato dal suo albore: il Concepimento immacolato di Maria, al suo tramonto: la discesa dello Spirito Santo. Tutto il ciclo messianico è opera dello Spirito d’Amore, per chi sa ben vedere. Giusto, dunque, iniziarlo col mistero dell’immacolato Concepimento della Sposa dell’Amore e concluderlo con il sigillo di Fuoco Paràclito sulla Chiesa di Cristo.

Le opere manifeste di Dio, dell’Amore di Dio, hanno fine con la Pentecoste. Da allora in poi continua l’intimo, misterioso operare di Dio nei suoi fedeli, uniti nel Nome di Gesù nella Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica, Romana; e la Chiesa, ossia l’adunanza dei fedeli - pastori, pecore e agnelli - può procedere e non errare per la spirituale, continua operazione dell’Amore, Teologo dei teologi, Colui che forma i veri teologi, che sono coloro che sono persi in Dio ed hanno Dio in loro - la vita di Dio in loro per la direzione dello Spirito di Dio che li conduce - che sono coloro che veramente sono “figli di Dio” secondo il concetto di Paolo. (Espresso in: Romani 8, 14-17).

E al termine dell’Opera devo mettere ancora una volta il lamento messo alla fine di ogni anno evangelico (cioè al Vol 2 Cap 140, al Vol 5 Cap 312 e al Vol 8 Cap 540) , e nel mio dolore di veder spregiato il dono mio vi dico: “Non avrete altro, poiché non avete saputo accogliere questo che vi ho dato”. 
E dico anche ciò che vi feci dire per richiamarvi sulla via retta nella passata estate: (precisamente il 21-5-46, data inserita a questo punto da MV e che si riferisce ad un “dettato” riportato nel volume “I quaderni dal 1945 al 1950”“Non mi vedrete finché non venga il giorno nel quale diciate: "Benedetto colui che viene nel Nome del Signore">>.

Finita l’Opera oggi 27 aprile 1947
Viareggio – Via Fratti 113 ?(257) = Maria Valtorta

<<SPIRITO SANTO, ISPIRAMI.
AMORE DI DIO, CONSUMAMI.
NEL VERO CAMMINO, CONDUCIMI.
MARIA MADRE MIA, GUARDAMI.
CON GESU’ BENEDICIMI.
DA OGNI MALE, DA OGNI ILLUSIONE,
DA OGNI PERICOLO, PRESERVAMI.>>