Visualizzazione post con etichetta Santi e Sante. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Santi e Sante. Mostra tutti i post

martedì 1 gennaio 2013

31.536.000 secondi: li vivo tutti per Dio?





Auguri per un nuovo anno 2013 davvero Santo,
di Fede e di Carità...

... 365 giorni,
8.760 ore,
525.600 minuti,
31.536.000 secondi:

li vivo tutti per Dio?
Che sia santo il tempo speso per Colui che me lo dona!

"dunque, come si presenta l'occasione, facciamo del bene a tutti" (Gal 6, 10), conviene affrettarci finché abbiamo tempo, perché poi "viene  la notte, quando nessuno può operare(Gv 9,4)




...il Figlio di Dio è mandato a noi 'sotto sembianza di uomo peccatore' per trasformare noi peccatori in figli di Dio.
...otto giorni dopo la sua nascita, scorrono dalla sue carni immacolate le prime gocce del suo prezioso sangue; Egli inizia così la sua missione cruenta di Redentore: non è conosciuto dal mondo e già versa il suo Sangue per la salvezza del mondo.
Guardando Lui impariamo che le opere valgono più delle parole, che quanto più le opere costano sacrificio, tanto più sono prova di amore verace e che, per essere feconda, ogni opera deve avere il suo battesimo di sangue.
...la circoncisione del Signore coincide con l'inizio dell'anno civile...quelle gocce di Sangue divino ne fanno l'anno del Signore! Il tempo è di Dio, la nostra vita è di Dio ed è di Cristo, che tutto ha ricomprato e santificato col suo Sangue.
Iniziamo l'anno circoncidendo i nostri cuori perché, secondo quanto insegna Sant' Ambrogio, "colui che si circoncide nei vizi è giudicato degno dello sguardo del Signore..."
Anno nuovo, vita nuova; vita nuova perché, circoncidendo in noi 'l'uomo vecchio' con i suoi vizi e le sue passioni, crescerà in noi il 'cristiano': creatura nuova purificata dal Sangue di Cristo, vivificata e alimentata dalla sua grazia.
...Gesù si sottomette alla volontà del Padre suo manifestata attraverso la legge: vediamo in ciò un invito ad aderire docilmente alla Volontà di Dio, qualunque essa sia. Nessuno di noi sa che cosa ci attende in quest'anno nuovo; ma Dio lo sa: la sua volontà ha già preparato il nostro cammino. Ogni particolare della nostra vita è già deciso nella sua mente. Disponiamoci ad accettare, ad abbracciare con coraggio e prontezza ogni volere divino, ogni divina permissione, sicuri che solo nella santa e santificante volontà di Dio troveremo la nostra pace e la nostra santificazione.
Preghiera.
"O Verbo, appena sei di otto giorni, che mi dai il tuo Sangue: e che cosa mi prepari col Sangue?...l'obbedienza. Tre cose mi mostri in questa tua circoncisione: obbedienza verso Dio, mansuetudine con Maria, giustizia con noi" (S. M.Maddalena de' Pazzi)

O mio Signore, insegnami ad essere umile ed obbediente. Tu, Agnello innocente che togli i peccati del mondo, non hai disdegnato il taglio della circoncisione; ed io, che sono peccatore, mi vorrò forse atteggiare a giusto? Mi risentirò se verrò giudicato imperfetto, e cercherò di celare il miei difetti sotto il manto di false scuse?
Oh, Tu m'insegni che in nessuna manierà potrò essere tuo seguace, né potrò diventare simile a te, se non accetto di umiliarmi con te umilissimo!
M'insegni a sottomettermi alla volontà di Dio 
qualunque essa sia e qualsiasi sacrificio m'imponga.
"Considero quest'anno nuovo come una pagina bianca che il Padre Tuo mi presenta e su cui Egli scriverà giorno per giorno ciò che ha disposto nel suo divino beneplacito; ma fin d'ora sull'alto della pagina io scrivo con totale fiducia: Signore fa' di me quello che vuoi. E al fondo della pagina io pongo già il mio Amen, così sia, a tutte le disposizioni della tua volontà. Sì o Signore, sì a tutte le gioie, a tutti i dolori, a tutte le grazie, a tutte le fatiche che mi hai preparato e che mi andrai svelando giorno per giorno. Fa' che il mio amen sia l'amen pasquale, sempre seguito dall'alleluia, pronunciato cioé con tutto il cuore, nella gioia di una completa donazione" (Sr. Carmela dello Spirito Santo o.c.d.).
[da: Intimità Divina di P. Gabriele di S. M. Maddalena]
Gloria in excelsis Deo
"Che mi accadrà oggi/quest'anno, o mio Dio? Non lo so! Tutto ciò ch'io so è che non mi accadrà nulla che voi non abbiate previsto, regolato ed ordinato da tutta l'eternità. Ciò mi basta, o mio Dio, ciò mi basta! adoro i vostri disegni eterni e impenetrabili e mi vi sottometto con tutto il cuore per vostro amore"
(così pregava Elisabetta di Francia, sorella di Luigi XIV, in prigione)


PROGRAMMA

Ricordati che tu hai oggi/quest'anno:
Un Dio da glorificare. Gesù da imitare. La Vergine da venerare. Gli Angeli da onorare. I Santi da pregare. Un'anima da salvare. Un corpo da mortificare. Le virtù da praticare. I peccati da espiare. Il Paradiso da guadagnare. L'inferno da evitare. L'eternità da meditare. Il tempo da utilizzare. Il prossimo da edificare. Il mondo da temere. I demoni da combattere. Le passioni da vincere. ...forse la morte da incontrare e il giudizio da subire.


 AVE MARIA PURISSIMA!

giovedì 9 febbraio 2012

SANT'APOLLONIA, VERGINE E MARTIRE


Santa Apollonia, dipinto di Francisco de Zurbaràn

In Alessandria il natale di sant'Apollonia, Vergine e Martire, alla quale i persecutori, sotto Decio, prima estrassero tutti i denti, poi, innalzato ed acceso un rogo, minacciarono di bruciarla viva, se non avesse pronunciato con loro empie parole; ma essa, avendo riflettuto un poco tra sé, si svincolò improvvisamente dalle mani degli empi, e accesa internamente da più grande ardore di Spirito Santo, si gettò nel fuoco, che le avevano preparato, così spontaneamente, che gli autori stessi di quella crudeltà rimasero sbigottiti, perché si fosse trovata più pronta una donna alla morte che il persecutore alla pena.

Laudetur Iesus Christus!
Laudetur cum Maria! Semper laudentur


sabato 4 febbraio 2012

Santa Águeda, la primera de las cuatro principales vírgenes y mártires del Occidente, tan celebradas en la universal Iglesia, nació en Sicilia, hacia el año del Señor de 230.




SANTA ÁGUEDA,
VIRGEN Y MÁRTIR
Día 5 de febrero
P. Juan Croisset, S.J.

Santa Águeda, la primera de las cuatro principales
vírgenes y mártires del Occidente, tan celebradas
en la universal Iglesia, nació en Sicilia, hacia el año
del Señor de 230. Hay noble  competencia entre las dos
famosas ciudades de Catania y Palermo sobre cuál de las
dos tuvo la gloria de haber sido cuna y patria de nuestra
Santa; pero lo qué está fuera de toda duda es que en
tiempo de la persecución vivía Águeda en Palermo, y que
padeció martirio en Catania. Era su casa una de las más
nobles de Sicilia, y, como sus ilustres padres profesaban
la religión cristiana, criaron á la niña en toda piedad,
desvelándose en darla una educación correspondiente á
su noble nacimiento.

Desde luego descubrió Águeda un entendimiento
vivo y despejado; era rica, era hermosa, tanto, que
pasaba por la mayor hermosura de su tiempo; pero lo
que la hacía más sobresaliente era su singularísima
virtud. Descolló tanto en ella desde sus más tiernos años,
que desde luego hizo voto de no tener otro esposo que
Jesucristo, consagrándole su virginidad, siendo ya desde
su infancia el ejemplo y la admiración de todas las
doncellas.

No pudo ver sin mucha irritación tanta virtud el
enemigo común de nuestra salvación. Excitó furiosas
tempestades, para que naufragase en ellas su voto y su
constancia. Declaráronse  pretendientes de su mano
cuantos caballeros nobles  tuvieron noticia de su
hermosura y de sus prendas;  mil veces la combatieron,
pero nunca la expugnaron; contando las victorias por las
batallas, y las palmas por los choques.

Hallábase Águeda en Catania cuando Quinciano,
gobernador de Sicilia, oyó hablar del extraordinario
mérito y de las raras prendas que adornaban á la tierna
sierva de Jesucristo. Quiso verla, y por la relación que le
hicieron, así de sus grandes riquezas como de su singular
hermosura, se resolvió desde luego á pretenderla por
esposa, y al punto envió por ella.

Cuando Águeda tuvo noticia de la orden del
gobernador, no dudó que el Señor había aceptado el
sacrificio que le había hecho de su vida, y creyó
firmemente que ya se había llegado el tiempo de
cumplirle. Encerróse en su cuarto; y llena de gozo con la
esperanza de juntar la corona de mártir á la de virgen,
hizo al Señor esta oración fervorosa: Señor mio Jesucristo,
mi  Dios  y  mi  divino  Esposo,  bien  conocidos  tenéis  mis
pensamientos; patente os está de par en par mi corazón:
Vos solo sois su único Dueño, y Vos lo seréis eternamente:
ni sufriré jamás que ninguno  entre á dividir con Vos el
imperio. Esposa vuestra soy, libradme de este tirano;
oveja vuestra soy, defendedme de este lobo. Ea, Señor,
concededme la gracia de que sea sacrificada como
humilde víctima, que está consagrada á Vos desde que la
razón y la libertad me permitieron la dicha de haceros
este obsequio. La hora del sacrificio se acerca;
franquéense, Señor, vuestros oídos á la piedad ardiente
de mis amorosos votos.
  
Acabada la oración, se levantó
animosa,  y  tomó  el  camino  de Catania. En todo él no se
ocupó su pensamiento sino en considerar qué dicha tan
grande era la de derramar la sangre por amor de
Jesucristo; el viaje era una oración continua, y alentado
el corazón con nueva confianza, así caminaba á la
muerte, como pudiera caminar á un triunfo.  
Acababa de publicar el  emperador Decio edictos
severos y terribles contra  los cristianos. Pareció á
Quinciano que ésta era bella coyuntura para el logro de
sus intentos, obligando á la Santa á condescender con
ellos, ó á renunciar á la religión cristiana. Viola, y quedó
tan ciegamente prendado de su belleza, que, no teniendo
valor para hablarla como  juez, se contentó con
entregarla á una maldita vieja, llamada Afrodisia, cuya
profesión era engañar á las doncellas, siendo su casa
escuela de disolución y teatro de lascivia.

No podía el tirano condenar á nuestra Santa á
suplicio más cruel, ni que la causase más horror, ni es
posible declarar cuánto tuvo que padecer la purísima
doncella de solicitaciones  importunas, de tratamientos
durísimos, de menosprecios y de ultrajes por espacio de
un mes que estuvo en aquella infame casa. No hacía más
que derramar su corazón en la presencia de Dios, por los
ojos en un precioso llanto, y por la boca suspiros y
oraciones, suplicándole no la desamparase en tempestad
tan deshecha. 

Dióse por vencida la porfiada solicitud de
Afrodisia, y, pasando al palacio de Quinciano, le dio el
último desengaño, declarándole que antes ablandaría la
obstinación de un diamante, que lograr hacer mella en el
corazón de Águeda; porque, señor, concluyó la perversa
vieja,  esta doncella es cristiana; y, siéndolo, ¿qué
esperanza pude haber de pervertirla?

Al oír estas palabras mudó de afectos el pecho del
gobernador, y apoderándose la saña, el coraje y el furor
del lugar que antes ocupaba el amor ciego, juró por los
dioses inmortales que había de hacerla padecer los más
terribles tormentos. Mandóla  comparecer delante de sí,
y, arrojando centellas por los ojos, la preguntó cómo se
llamaba y de qué familia era.  

Mi nombre es Águeda,
respondió la Santa, y mi familia la conoces tú muy bien;
conque no puedes ignorar quién sea yo. Pues ¿cómo,  
replicó Quinciano,  habiendo nacido libre y de casa tan
ilustre, te has querido adocenar con la miserable
condición de los esclavos? Si el ser sierva de Jesucristo es
ser esclava,  respondió la santa doncella,  desde luego
hago gloriosa vanidad de esta noble esclavitud; porque
no conozco ni mayor ni aun verdadera nobleza sino la de
servir á éste Señor.  

Instóla el gobernador para que
sacrificase á los dioses del imperio, amenazándola que,
si no lo hacia espontáneamente, sabría obligarla con el
rigor de los tormentos.  Tú quieres, dijo la Santa, que yo
sacrifique á los dioses del imperio; pero ¿no me dirás qué
dioses son ésos? Un pedazo  de madera, ó un trozo de
mármol que pulió el artífice en estatuas; un Júpiter que,
según vuestras mismas historias, no hizo más proezas que
escandalizar al mundo con sus maldades; una Venus que
te avergonzarías tú de tener una mujer que se pareciese
á ella.

Irritado Quinciano con una respuesta tan discreta
como animosa, mandó á los  verdugos que descargasen
en aquel hermosísimo rostro crueles bofetadas; y no
atreviéndose por entonces á pasar adelante con el
interrogatorio, ordenó la encerrasen en una obscura
prisión, con esperanza de obligarla á que renunciase la
fe, ó con resolución de exponerla á los más horribles
tormentos.

Al día siguiente la hizo comparecer segunda vez
ante su tribunal, y, disimulando el furor con la ternura, la
preguntó con cariño artificioso si había pensado
seriamente en mirar por sí y en salvar su vida.  Y como
que he pensado,  respondió la Santa.—Pues, hija mía,
renuncia luego á Jesucristo,  replicó el tirano.—¿Qué
llamas renunciar á Jesucristo?, respondió intrépidamente
la santa doncella:  por lo mismo que he pensado con la
mayor seriedad en salvar mi vida, no puedo renunciar á
Jesucristo, porque ese Señor es mi vida. Ese es mi salud,  
Ese es mi único dueño. Quinciano, no pienses que tus
amenazas ni tus tormentos han de hacerme titubear. No
se abalanza con mayor ansia á una fuente de agua
cristalina él sediento ciervo abrasado del calor y de la
sed, que la que yo tengo de dar la vida por aquel dulce
Salvador que me redimió hasta derramar la última gota
de su sangre. Afila el acero, enciende el fuego: nada
bastará á separarme de aquel dulcísimo Dueño á quien
amo más que á mí misma. Quinciano, en una palabra, tú
podrás quitarme la vida, pero no pondrás arrancarme la
fe.
Puede concebirse, pero no puede explicarse, cuánto
se enfureció el tirano al oír una resolución tan generosa.
Mandó que al instante la extendiesen en el ecúleo, que
moliesen aquel delicado cuerpo, que quebrantasen
aquellos virginales huesos  con bastones anudados, que
rasgasen aquellas purísimas carnes con garfios, con uñas
aceradas, y que abrasasen aquellos tiernos costados con
planchas de metal encendidas. Tantos, tan crueles y tan
repetidos tormentos, que, atropellándose unos á otros,
estremecían y llenaban de horror á los circunstantes, y
aun á los gentiles mismos, los padecía nuestra Santa, no
sólo con heroica constancia, sino con indecible alegría.

Crecía la saña de Quinciano al paso que iba
subiendo de punto el invicto sufrimiento de nuestra
Águeda; y no contento con la inaudita crueldad de
hacerla atenazar sus virginales pechos, llegó á la
barbarie de mandárselos cortar. No cedió la santa
doncella á un dolor tan vergonzoso como cruel, y sólo se
contentó con zaherirle modestamente por aquella
especie de horrible inhumanidad, protestándole que no
por eso haría mella en su firmeza. 

Hallóse tan
avergonzado Quinciano de verse vencido por aquella
doncellita tierna, que segunda vez la mandó encerrar en
la cárcel, con orden de que la dejasen morir allí de sus  
heridas.
Apenas entró Águeda en el calabozo, cuando una
celestial luz desterró su oscuridad, bañándole de
resplandor. Dejóse ver en medio de ella el glorioso
apóstol San Pedro, que la curó milagrosamente. Llegó á
noticia de Quinciano, y la mandó comparecer tercera vez
ante su tribunal; pero, sin darse por entendido de la
milagrosa curación, que los gentiles atribuían siempre á
efecto de hechicería,  Es menester,  la dijo,  resolverte
desde este mismo punto á sacrificar á nuestros dioses, ó
prevenirte para padecer tormentos más crueles que
todos los pasados. — Como ni en el Cielo  ni  en  la  Tierra,
replicó la Santa, reconozco más Dios que el que yo sirvo,
nunca me resolveré á doblar á otro la rodilla. Al oír estas
palabras, revestido de nuevo furor el tirano, mandó que
desnuda la arrastrasen primero por ascuas encendidas, y
después por puntas y cascos de vasijas hechas pedazos.
Sirvió el nuevo tormento de materia á nuevo triunfo.

Apenas se dio principio á la ejecución, cuando se
estremeció la ciudad con un espantoso terremoto;
hundiéronse muchos edificios, se vino abajo una pared
que sepultó entre sus ruinas á Silvano, consejero, y á
Falcón, amigo de Quinciano,  principales autores de su
crueldad y atizadores ambos  de su ira Alborotóse el
pueblo, y el gobernador se vio precisado á asegurar su
vida con la fuga. Fue Águeda restituida á la cárcel, y
apenas entró en ella, cuando  hizo al Señor la oración
siguiente:

Dios poderoso,  Dios Eterno, que por puro efecto de
tu misericordia infinita quisiste tomar bajo tu especial
amorosa protección á esta tu humilde sierva desde que
se hallaba en los primeros arrullos de la cuna,
preservándola del contagioso amor del mundo, para que
mi corazón ardiese únicamente en el purísimo incendio
de tu amor; Salvador mió,  Jesucristo, que has querido  
conservarme en medio de tantos tormentos para mayor
gloria de tu Nombre, y para confusión vergonzosa del
poder de las tinieblas, dígnate de recibir mi alma en la
eterna feliz estancia de los  bienaventurados; ésta es la
última gracia que pido, y que firmemente espero de tu
infinita bondad. Al decir esto expiró. Sucedió su preciosa
muerte el día 5 de Febrero de 251. Al punto se
apoderaron del virginal victorioso cuerpo los cristianos, y
le dieron sepultura en la ciudad de Catania, con toda la
veneración que correspondía á tan ilustre martirio.


La Misa es en honra de Santa Águeda, y la
oración es la siguiente:

¡Oh Dios, que entre las otras maravillas de tu poder
supiste dar fuerzas aun al sexo más frágil, para que
pudiese conseguir la victoria del martirio! Concédenos la
gracia de que, celebrando  la memoría de tu virgen y
mártir Santa Águeda, podamos caminar á Ti por la
imitación de sus ejemplos. Por nuestro Señor Jesucristo,
etc.

La Epístola es del cap. 1 de la primera que
escribió San Pablo á los corintios.

Hermanos: Considerad vuestra vocación, porque no
la hicieron muchos sabios  según la carne, no muchos
poderosos, no muchos nobles: antes bien, Dios eligió las
cosas estultas del mundo para confundir á  los sabios; y
las cosas débiles del mundo eligió Dios para confundir las
fuertes; y las cosas bastas del mundo y despreciables
eligió Dios, y aquellas que no son, para destruir las que
son, á fin de que ningún viviente se gloríe en presencia
suya. Vosotros, empero, sois de él en Cristo Jesús, el cual
ha sido hecho por Dios sabiduría para nosotros, y justicia,
y santificación y redención: por lo cual, según lo que está
escrito, el que se gloría, gloríese en el Señor.
  
REFLEXIONES
Mirad bien cuál es vuestra vocación. Hacemos muy
poca reflexión, ó, á lo menos, no consideramos tanto
como debiéramos el beneficio de nuestra vocación al
Cristianismo. Pudimos nacer (¿quién lo duda?) de padres
herejes ó gentiles; y ¿no fue una singularísima gracia del
Señor que naciésemos dentro del seno de la Santa
Iglesia? ¡Oh qué gran dicha el haber sido reengendrado
en las saludables aguas del bautismo! ¡ Oh qué favor ser
parte de aquel pequeñuelo rebaño que reconoce por
Pastor á Jesucristo! Nada hizo el acaso; todo fue obra de
la Providencia. ¿Hemos comprendido bien el valor de este
gran beneficio? No hay salvación fuera del gremio de la
Santa Iglesia; hijos somos  de esta Madre; enorme
ingratitud será no apreciar como debemos un beneficio
tan estimable; será indigna torpeza incurrir en falta de
reconocimiento. Sin verdadera virtud, no hay mérito
verdadero. La religión, la verdadera piedad, el fiel siervo
de Dios, hacen respetables los hombres aun á los mismos
espíritus angélicos. No hay mejor entendimiento, ni aun
bueno, que el que hace un juicio sano de las cosas; no
hay otra prudencia que la prudencia cristiana. Todo
aquel que se burla, que hace chacota, que desprecíalas
verdades de la religión, es despreciable. Digno es de
compasión el que en medio de los mayores peligros se
divierte sin conocerlos. Todo  esto hace el que vive sin
reflexión y sin freno. Jesucristo es nuestra verdadera,
nuestra única sabiduría. Todo lo que no se conforma con
su doctrina, todo lo que se opone á sus máximas, es error,
es necedad. Toda nuestra gloria la debemos colocar en
servirle; toda nuestra sabiduría debe consistir
únicamente en obedecerle.

El Evangelio es del cap. 19 de San Mateo.

En aquel tiempo: Buscaron los fariseos á Jesús para   
tentarle, y le dijeron: ¿Es lícito al hombre repudiar por
cualquier motivo á su mujer? El cual respondiendo, les
dijo: ¿No habéis leído vosotros cómo Aquel que crió al
hombre desde el principió,  lo hizo macho y hembra?, y
dijo: Por esto dejará el hombre al padre y á la madre, y
se unirá con su mujer, y los dos serán una misma carne. Y
así, ya no son dos carnes, sino  una.  Por  tanto, 
lo  que Dios juntó, no lo separe el hombre.
Pues ¿por qué, dijeron ellos,
ordenó Moisés el dar libelo de repudio y
separarse? Respondióles: Por la dureza de vuestro
corazón os permitió Moisés  repudiar vuestras mujeres;
pero no fue así al principio. Sin embargo, yo os digo, que
cualquiera que repudie su  mujer, sino por causa de
adulterio, y tome otra, adultera; y cualquiera que tome á
la repudiada, comete adulterio. Dijéronle sus discípulos:
Si es tal la condición del hombre en orden á la mujer, no
tiene cuenta casarse. Y él  los dijo: No todos entienden
esta doctrina, sino aquellos á quienes es concedido.
Porque hay eunucos que nacieron tales del vientre de su
madre; hay eunucos que han sido hechos tales por los
hombres; y los hay que se hicieron eunucos á sí mismos
por amor del Reino de los Cíelos. El que puede entender,
entienda.
MEDITACIÓN
De las verdades de nuestra religión.

PUNTO PRIMERO.—Considera que las verdades de la
religión son eternas, permanentes, invariables; que ni las
sutilezas del ingenio pueden disminuir, ni el estrago de
las costumbres ni la variedad de los tiempos pueden
alterar. Ellas son únicamente las que, hablando en todo
rigor, se deben llamar verdades.
Discurran los hombres como se les antoje;
sofistiquen los mundanos y  los disolutos todo cuanto 
quieran; póngase de su parte el amor propio con todas
sus sutilezas y trampantojos; reclame contra ellas el
corazón humano, y amotínense contra ellas los sentidos,
siempre será verdad que no estamos en este mundo para
otra cosa que para servir  á Dios, para amarle y para
complacerle; que nuestro único negocio es el de la
salvación; que el camino del Infierno es ancho y muchos
van por él; que la senda del Cielo es estrecha; que el
mundo es enemigo de Cristo, y que no hay cosa más
perniciosa que seguir las  máximas del mundo. Siempre
será verdad que una vida regalona y deliciosa no puede
ser cristiana; que ninguno puede ser discípulo de Cristo
no teniendo una vida crucificada; que el carácter del
cristiano es la caridad, la humildad, la mortificación, las
costumbres arregladas; que el pecado es el mayor de
todos los males , y, hablando propiamente, es el único
mal; que las adversidades y las cruces son tesoros para
quien sabe aprovecharse de ellas; que toda nuestra
felicidad consiste en estar en gracia de Dios, y la mayor
de las desdichas en morir en su desgracia; que hay un
Infierno, en que todo el poder de Dios se emplea en
encender un fuego eterno para castigar eternamente á
los pecadores; y que para ir al Cielo no hay otro camino
que el de la inocencia ó el de la penitencia.
Siempre será verdad que, ni los que cometen
injusticias, ni los deshonestos, ni los fornicarios, ni los
adúlteros, ni los que se entregan al torpe vicio de la
molicie (pecado de onanismo o los pecados de impureza
solitarios) ó á otros infames pecados, ni los que retienen
el bien ajeno, ni los avarientos, ni los dados á la
embriaguez, ni los murmuradores, ni los que no perdonan
de corazón las injurias, ni los que viven de rapiña, ni los
idólatras, ni los herejes, ni los que están fuera del gremio
de la Santa Iglesia Católica Apostólica Romana, ó no se
rinden con humildad á sus  definiciones, siempre será
verdad que éstos no poseerán el Reino de los Cielos. Esta 
es la doctrina de nuestra  religión; éstas las verdades
eternas que la Iglesia aprendió del mismo Jesucristo;
esto es lo que creemos; ésta es la ley que profesamos;
éstos son los principios por donde se gobernaron los
santos, y éste será el libro por donde todos hemos de ser
juzgados. Vivamos como quisiéremos, sea el que fuere
nuestro estado, nuestra condición ó nuestra clase, por
esta regla se ha de gobernar nuestra vida, y ésta debe
ser la pauta de toda nuestra conducta.
¡Oh mi Dios, y en qué  insondable abismo de
reflexiones no me introducen estas verdades! Y ¡qué
manantial inagotable de arrepentimientos y de justos
sobresaltos no brota de estas mismas reflexiones !

PUNTO SEGUNDO.—Considera si te  servirán algún día
de consuelo estas grandes é importantes verdades, ó si,
por el contrario, no te llenarán de desesperación,
sirviendo de motivo al decreto decisivo de tu condenación
eterna, y á la sentencia  más terrible de todas las
sentencias.
¿Has arreglado hasta aquí tu vida á este
indispensable modelo? ¿Han sido estas divinas verdades
la regla de tus costumbres? Esta filosofía moral de
Jesucristo ¿ha sido también  la tuya? ¿Podrás decir con
verdad: Desde mis más tiernos años he observado
fielmente todas estas cosas,  he  caminado  por  este
camino, he guardado estos mandamientos, no me he
gobernado por otras máximas? Penetrado mi corazón de
estas grandes verdades, ¿siempre amé á mi Dios con
fidelidad, siempre lo serví  con resolución, en nada he
pensado sino en salvarme, nunca he perdido de vista á mi
único fin, he conservado la inocencia bautismal toda la
vida?
Y si he tenido la desgracia de perder esta inocencia 
por el pecado, ¿me he dedicado después á hacer mucha
penitencia? ¿He sido tan enemigo del mundo y de sus
máximas, que me hayan causado horror sus vanidades?
¿Nos da buen testimonio de esto nuestra conciencia? ¿Es
el Evangelio la regla de nuestras costumbres? ¿Es nuestra
vida semejante á la vida  de los santos? ¿Somos
verdaderos discípulos de Cristo? Y ¿no prueban
demasiadamente lo contrario  nuestros deseos, nuestras
palabras y nuestros pensamientos?
Dudar de los dogmas de nuestra religión es
infidelidad. ¿Seremos más  fieles si dudamos de su
doctrina? Los  Artículos  deben ser la regla del
entendimiento; los  Mandamientos,  de la voluntad;
aquéllos nos enseñan lo que debemos creer, éstos lo que
debemos obrar. Son las obras como el alma de la fe; y
por eso la fe sin obras es una fe muerta. El cristiano que
no vive arreglado á las verdades que cree y que profesa,
no es más que fantasma de cristiano.
¡ Oh mi Dios! Y á vista de esto, la grande seguridad
con que se vive ¿puede nacer de otro principio quede un
funesto letargo? Todos creemos estas verdades tan
grandes, tan importantes, mas no por eso somos mejores.
Pero ¿quién nos hace vivir tan seguros? ¿Qué violencia es
menester hacerse para salvarse? ¿Qué victoria de las
pasiones? ¿Qué mortificación de por vida? ¿Qué pureza,
qué rectitud, qué humildad? Por estas señas se conocen
los escogidos; estos rasgos caracterizan los justos. Si á
nosotros se nos pintara por  ellos, ¿saldría el retrato
parecido al original? El que no ve, ¿juzgará que está
viendo una viva copia de las verdades del Evangelio?
¡Ah mi Dios, y cuánto tengo de que acusarme! Todo
lo puedo, todo lo debo temer, á vista de las verdades
prácticas de mi religión. Ellas forman mi proceso; pero,
dulce Jesús mío, apelo al tribunal de vuestra 
misericordia; y, pues me habéis hecho la gracia de
abrirme los ojos para conocer mis descaminos, espero no
me negaréis la de darme tiempo para repararlos, y para
que de hoy en adelante arregle mi vida á las verdades
que creo.

JACULATORIAS
Bienaventurados, Señor, los que, instruidos de
vuestra santa ley, la practican y os buscan de todo su
corazón.—Ps. 118.
Dirigid, Señor, mis pasos por la senda de vuestros
Mandamientos, y no permitáis que me deje dominar de
algún pecado.—Ibid.

PROPÓSITOS
1.    Ten presente que los Mandamientos de la ley de
Dios son tan de fe como los Artículos. El mismo Señor que
nos enseñó los unos nos enseñó los otros; y tan de fe es
que para salvarnos es menester vivir según el Evangelio,
como lo es que Jesucristo  es nuestro Salvador. Pues
dedica hoy algún espacio de tiempo para examinar
seriamente, y sin lisonjearte, si has vivido hasta aquí
según el Evangelio. No te contentes con una ojeada
superficial; indaga bien la virtud que te falta; pero no
basta hacer este descubrimiento. Hallas que, en
realidad, estás destituido de todas las virtudes; pues no
te pares aquí, ni te desalientes: escoge dos ó tres
virtudes de aquellas que te parecieren más necesarias, y,
con el mayor fervor y confianza, pide al Señor te dé
gracia para practicarlas; resuélvete generosamente á
comenzar desde luego su ejercicio, proponiendo repetir
sus actos en cuantas ocasiones se ofrecieren.
2.    No te olvides de lo que dice el apóstol Santiago: 
el que guarda toda la ley, quebrantando un solo
mandamiento de ella, es como si todos los quebrantara, y
se hace responsable de todos. Es decir, que tanto se
menosprecia la autoridad  del legislador con la
trasgresión de un solo precepto, como con la de todos. La
razón es, añade el Apóstol, porque el mismo que te dijo:
no serás adúltero, el mismo dijo también: no matarás, no
desearás la mujer ajena, no serás codicioso ni avariento,
etc. En virtud de esto, guárdate bien de vivir muy
tranquilo porque poseas ciertas virtudes, de que te
lisonjeas vanamente,  cuando quizá son más
temperamento que virtud; sin darte mucha pena por
adquirir otras, de que ciertamente careces.
http://iteadjmj.com/
AVE MARIA!
AMDG