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domenica 30 ottobre 2016

DI STRAORDINARIA IMPORTANZA

La Comunione, sacramento della fraternità cristiana. Un saggio di Joseph Ratzinger del 1960

Un saggio di Joseph Ratzinger del 1960

La Comunione, sacramento della fraternità cristiana

di Joseph Ratzinger

Il saggio presentato in questa pagina è tratto da una conferenza che nel 1960, alla vigilia del Concilio Vaticano II, l’allora trentatreenne professore ordinario di Teologia fondamentale all’Università di Bonn, Joseph Ratzinger, tenne per la "Opera cattolica di formazione religiosa" della città di Leverkusen. Inedito finora in Italia, "Idee fondamentali del rinnovamento eucaristico del XX secolo" rappresenta il saggio di apertura del primo dei due tomi del volume 7 della Opera omnia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, che raccoglie gli scritti sul Concilio e che la Libreria Editrice Vaticana pubblicherà in autunno (Joseph Ratzinger, L’insegnamento del Concilio, vol. 7/1, LEV 2016, traduzione a cura di Pierluca Azzaro). 

Negli ultimi tre/quattro secoli, in modo alquanto unilaterale, era stato posto l’accento sul fatto che nell’ostia consacrata è presente Dio stesso. È, senza dubbio, qualcosa di molto importante e grande, in fin dei conti è comprensibile che tutta l’attenzione si concentrasse su questo punto. E tuttavia non è la cosa decisiva in questo sacramento, e soprattutto non è quello che Cristo con la sua istituzione in realtà si proponeva.

Il risultato della concezione di un tempo era stato che l’Eucaristia veniva intesa soprattutto come sacramento da adorare: Dio è presente, dunque bisogna adorarlo. L’ostensorio fu arricchito sempre più (esiste solo dal tardo Medioevo), il tabernacolo divenne sempre più maestoso, coprendo quasi del tutto la mensa dell’altare, nacquero le processioni e le preghiere per l’adorazione eucaristica. Ma soprattutto non si osava quasi più comunicarsi. 

Dio lo si può adorare: ma lo si può anche ricevere? Quale uomo poteva ancora osare farlo? Ricevere la comunione divenne un avvenimento raro, e già il giorno successivo a quello in cui la si era fatta non si osava più farla di nuovo. 

Nella coscienza comune si era saldamente impressa l’idea che ogni volta, prima di ricevere la comunione, bisognasse anche sempre confessarsi. Se poi (molto di rado) si osava comunicarsi, il senso di quell’atto veniva inteso soprattutto a partire dall’adorazione: Dio era presente ed era necessario glorificare la sua grandezza. In questa forma di pietà c’era senza dubbio molto di buono e di sincero di cui oggi avremmo di nuovo un po’ bisogno; oggi forse abbiamo troppo poco timore e talvolta andiamo troppo alla leggera alla mensa del Signore. L’insieme, però, non corrispondeva del tutto al senso originario di questo sacramento.

Cosa davvero si intende con esso lo si può riconoscere molto facilmente nel segno che Cristo si è scelto per questo sacramento. Egli cela la sua presenza sotto la figura del pane. Possiamo chiederci molto semplicemente: a cosa serve il pane nella vita quotidiana? La risposta è facile: è un alimento. 

Dunque non è da guardare, ma da mangiare. Se il Signore lega la sua presenza alla figura del pane, il senso di un simile procedimento è assolutamente chiaro: anche questo pane santo in primo luogo non è fatto per essere guardato, ma per essere mangiato. Vuol dire che Egli è restato non per essere adorato, ma soprattutto per essere ricevuto. Ancor più dei tabernacoli di pietra, a lui interessano i tabernacoli viventi, gli interessa avere uomini che siano colmi del suo Spirito e che siano pronti a rendere presente lo Spirito e la realtà di Gesù Cristo in questo mondo.

Per sua natura, l’Eucaristia c’è per essere ricevuta, essa è un’esortazione a farci impregnare e colmare dallo Spirito di Cristo, per erigere così i tabernacoli di Dio lì dove sono veramente necessari: in mezzo al mondo in cui viviamo, in mezzo agli uomini che sono intorno a noi. Per questo il tavolo dell’altare, la mensa, è superiore al tabernacolo, perché Cristo fa appello a noi a essere suoi tabernacoli in questo mondo, ad avere il coraggio del suo Spirito, dello Spirito di verità, di rettitudine, di giustizia e di bontà.

L’Eucaristia culmina nella Comunione, vuole essere ricevuta. Se riflettiamo, emerge un ulteriore elemento. Che cosa accade in realtà nella Santa Comunione? Tutti i comunicanti mangiano l’unico e medesimo pane, Cristo, il Signore. Mangiano all’unica mensa di Dio, nella quale non c’è alcuna differenza, nella quale l’imprenditore e il lavoratore, il tedesco e il francese, il dotto e l’incolto hanno tutti lo stesso rango. 

Se vogliono appartenere a Dio, appartengono all’unica mensa: l’Eucaristia li raccoglie tutti in un unico convivio. E, come detto, in comune non c’è solo la mensa, ma quello che essi mangiano; sul serio è assolutamente la stessa e medesima cosa: mangiano tutti Cristo, perché come uomini sono tutti uniti spiritualmente alla medesima realtà fondamentale di Cristo, tutti entrano per così dire in un unico spazio spirituale che è Cristo.

In un momento di rapimento spirituale Agostino credette di udire la voce del Signore che gli diceva: «Io sono il pane dei forti. Mangiami. Non sarai tu però a trasformare me in te, come accade per il cibo comune, ma io trasformerò te in me». Significa che, nella normale alimentazione, l’uomo è più forte del cibo. Egli lo mangia, nel processo digestivo esso viene scomposto e (in ciò che gli è utile) assimilato al corpo, trasformato in sostanze proprie dell’organismo, diviene un pezzo di noi stessi, trasformato nella sostanza del nostro corpo. 

Nell’Eucaristia, il nutrimento, vale a dire Cristo, è più forte ed è più di noi. Così che il senso di questo nutrimento è esattamente opposto: esso vuole trasformare noi, assimilarci a Cristo, così che possiamo uscire da noi stessi, giungere oltre noi e divenire come Cristo. Ma questo significa di conseguenza che tutti i comunicanti, con la Comunione, vengono tratti fuori da sé e assimilati all’unico cibo, vale a dire alla realtà spirituale di Cristo. Questo a sua volta vuol dire che essi vengono anche fusi tra loro. Vengono tutti tratti fuori da se stessi e condotti in un unico centro. 

I Padri dicono: essi diventano (o dovrebbero diventare) "corpo di Cristo". Ed è questo l’autentico senso della Santa Comunione: che i comunicanti divengano tra loro una cosa sola per mezzo dell’uniformarsi all’unico Cristo. Il senso primario della Comunione non è l’incontro del singolo con il suo Dio - per questo ci sarebbero anche altre vie - ma proprio la fusione dei singoli tra loro per mezzo di Cristo. Per sua natura la Comunione è il sacramento della fraternità cristiana.

Questo mi sembra di straordinaria importanza per quel che riguarda la concreta ricezione della Comunione. Già nelle nostre preghiere dopo la Comunione dovremmo prendere sempre di nuovo coscienza che abbiamo ricevuto il sacramento della fraternità e dovremmo cercare di comprendere quale impegno ci impone. Dovremmo così ridivenire consapevoli molto più fortemente del fatto che il cattolicesimo non afferma solo un legame verticale del singolo con Cristo e con il Padre, e nemmeno solo un legame con il supremo vertice gerarchico, il Papa, ma che appartiene essenzialmente alla natura del cattolicesimo anche il legame orizzontale, il legame dei comunicanti e delle comunità eucaristiche fra loro. 

In fondo il nazionalismo dei popoli cattolici è qualcosa di cui vergognarsi profondamente, che mostra in che misura l’autentico senso della Comunione era stato dimenticato. Essere cattolico non significa solo che noi tutti diciamo "sì" a Roma, ma anche che ci diciamo vicendevolmente "sì", riconoscendoci come quell’unica comunità di coloro che hanno parte al corpo di Cristo e, per mezzo di lui, allo Spirito di Cristo. 

Su questa base la cristianità primitiva ha interpretato la natura della Chiesa. Si diceva: la Chiesa è il corpo di Cristo, e la cosa doveva significare che essa è comunità di coloro che insieme ricevono il Corpo di Cristo e in questo modo sono tra loro una cosa sola. La natura dell’unità della Chiesa si compiva visibilmente attraverso il fatto che le singole comunità comunicavano tra loro, vale a dire attraverso il fatto che ogni cristiano poteva ricevere la Comunione in ogni comunità cristiana e che dunque tutti, per mezzo dell’unico pane, sapevano di essere uniti e vincolati all’unico Signore e al suo Spirito. Avremmo di nuovo bisogno di un po’ di questa consapevolezza di quel che è la Chiesa: la Chiesa non è un partito e non è un apparato politico, ma è comunità nel Corpo del Signore. Necessita di certo anche di un’amministrazione e di un apparato, ma comunque è essenzialmente molto più di questo. (...)

Dopo tutto quel che si è detto, non si può considerare la Comunione sacramentale semplicemente come una preghiera privata dove il singolo individuo incontra il suo Dio, per quanto egli debba fare proprio anche questo. La Comunione sacramentale è di più: essa è il sigillo della vicendevole appartenenza dei cristiani fra loro per mezzo del loro comune legame con Cristo. Per questo essa è parte essenziale della Santa Messa nella quale noi celebriamo questa nostra unione come fratelli per mezzo del nostro fratello Gesù Cristo. 

Sulla base di questa convinzione, nel corso del rinnovamento eucaristico degli ultimi decenni, si è reinserita la Comunione all’interno della Messa, dalla quale era stata abusivamente espunta a partire dal tardo Medioevo. Si era spesso giunti al punto di distribuire la Comunione solo al di fuori della Messa. In tal modo la Comunione era stata declassata ad atto di edificazione privato oscurando il suo grande significato, l’essere cioè parte di quell’avvenimento complessivo che è la Santa Messa: il sigillo della fraternità fra Dio e gli uomini e perciò, a partire da Dio, degli uomini fra loro; l’inclusione di tutti gli uomini nell’avvenimento della Croce, così che tutto il mondo è consegnato a Dio e con ciò ricondotto al suo autentico senso; la chiamata di ogni singolo a essere tabernacolo vivente di Dio nel mondo. 

"Comunione" è per sua natura una parte della Santa Messa e per questo di norma è in essa inserita. Se a volte è necessario sia al di fuori, come nel caso della Comunione ai malati, la sua intima correlazione con la celebrazione della Messa continua a sussistere. E non è forse bello per il malato sapere che, con la Santa Comunione, è l’avvenimento della Messa e con esso tutta la Santa Chiesa a giungere a lui presso il suo letto di dolore, così che egli prende parte alla comunità della Chiesa, prende parte non solo a Dio, ma all’atto d’amore del Signore, al suo sacrificio che sta dietro l’ostia e del quale essa è pegno e testimonianza?

A partire da qui è andata sviluppandosi una nuova comprensione della questione relativa alla frequenza della Santa Comunione. La Comunione non è un premio per chi è particolarmente virtuoso (chi, in questo caso, potrebbe riceverla senza essere un fariseo?), ma è invece il pane del pellegrino che Dio ci porge in questo mondo, che ci porge dentro la nostra debolezza. Essa è il nostro "sì" alla Chiesa, alla comunità di quanti credono insieme a noi; è la modalità con la quale veramente e di fatto ci uniamo sempre di nuovo alla Chiesa; è quell’avvenimento che di continuo ci chiama fuori da tutte le relazioni puramente terrene e fa reale il Divino-Eterno nella nostra esistenza. 

Per questo è proprio l’uomo in pericolo ad avere di continuo bisogno di questo attuarsi della sua fede, per mezzo del quale egli vive la comunità di fede in modo veramente concreto. Lo sguardo alla Comunione domenicale deve essere di continuo per lui un’esortazione a essere "comunicante" nella sua vita quotidiana: vale a dire a vivere come cristiano; infatti, nella Chiesa antica, essere cristiano equivaleva a essere "comunicante", a essere uno che partecipava alla comunità del corpo del Signore che è la Chiesa. 

Dal fatto che la Chiesa è comunità eucaristica - e che, di conseguenza, essere cristiano ed essere "comunicante" è la stessa cosa -, che essere cristiano consiste semplicemente nella partecipazione al Corpo del Signore (circostanza, questa, dalla quale tutto il resto deriva), da questo fatto risulta anche la norma per la frequenza della Comunione: per la persona che lavora - e che dunque difficilmente può comunicarsi giornalmente - la Comunione domenicale dovrebbe rappresentare la norma, mentre la Confessione, a seconda della disposizione, potrà essere sufficiente praticarla mensilmente o addirittura trimestralmente. 

Affermare che non sarebbe possibile per il normale cristiano vivere senza cadere in peccato mortale così a lungo è un’asserzione che significa, a un tempo, avere una considerazione troppo bassa del normale cristiano e una considerazione falsamente elevata del peccato mortale. Un cristiano che si sforza sinceramente di vivere come cristiano non vive in stato di peccato mortale, peccato questo che non accade incidentalmente e marginalmente: qualcosa che accade incidentalmente, proprio per questo non è peccato mortale. 

Credo che, qui dovremmo veramente mostrare più coraggio e più fede. L’intero nostro cristianesimo potrebbe un po’ cambiare volto se fosse di nuovo evidente che essere cristiano ed essere "comunicante" è la stessa e identica cosa. Essere cristiano dovrebbe essere nuovamente qualcosa di molto più reale, più dinamico, più originario e genuino. 

La consapevolezza di appartenere alla comunità eucaristica potrebbe essere una nuova luce anche per la nostra quotidianità. La Chiesa riguadagnerebbe in concretezza, il nostro essere cristiani non sarebbe solo un dato statistico, ma una realtà viva. 

Traduzione di Pierluca Azzaro 

(Copyright Libreria Editrice Vaticana)

lunedì 16 novembre 2015

Incanto infinito

CAPITOLO XXVIII. - 

CONSOLAZIONE DATA A GELTRUDE 

DAL SIGNORE E DAI SANTI



Una volta Geltrude, mentre con raccoglimento pensava alla morte, disse al Signore: « Oh, come sono felici e ben difesi coloro che meritano di essere consolati, nel loro transito, dai Santi! E' una gioia alla quale però non posso aspirare perchè non ho reso omaggi speciali a nessun Santa. Credo persino di non avere neppur desiderato d'ottenere la loro assistenza in morte, ma soltanto la tua, o Gesù, unica delizia dell'anima mia e santificatore di tutti gli eletti! » 

Rispose Gesù: « Tu non sarai priva dell'assistenza in morte dei Santi, per avermi preferito, com'è giusto a essi; anzi si faranno una gioia di soccorrerti e di circondarti di mille tenerezze. All'ora della morte, quando gli uomini sentono la più grande angoscia, essi ti colmeranno di consolazioni. Quando quell'ora benedetta sarà scoccata, Io stesso mi presenterò ai tuoi sguardi, pieno di grazia, d'incanto, di delizie, col fascino della mia Divinità e della mia Umanità ».


Chiese allora Geltrude: « Quando mai, o fedelissimo Amico, mi condurrai dalla prigione dell'esilio al riposo della beatitudine? ». 

Egli rispose: « Quale sposa regale vorrebbe ascoltare presto le acclamazioni e i voti del popolo suo, lamentandosi che lo sposo ritarda, quando il suo diletto sa, durante questo indugio, colmarla delle carezze e dei baci del suo amore? ». 

« Ma Gesù - insistette Geltrude - quali delizie puoi trovare in me, che sono il rifiuto delle creature e come osi paragonarle ai segni di reciproco affetta fra sposo e sposa? ». 

Rispose il Salvatore: « Queste delizie le provo dandomi a te nel S. Sacramento dell'altare, in quell'unione che non esisterà più, dopo la terrena vita: essa ha per me un incanto infinito, di cui le dimostrazioni dell'affetto umano, non possono dare la minima idea. Gli amori umani passano col tempo, ma la dolcezza di questa unione, con la quale mi dò a te nell'Eucarestia, non può attenuarsi giammai. Al contrario, più si rinnova, più prende di vigore e di efficacia ».

AVE MARIA!

mercoledì 28 ottobre 2015

*****Son molti che la Confessione non fanno… È Sacrilegio figli… attenti a quello che fate.

GESU’ a Conchiglia 5 sett. 2000:

Scrivi ancora… del Pane e del Vino…
che viene oltraggiato in ogni Messa.
Son molti che la Confessione non fanno…
È Sacrilegio figli… attenti a quello che fate.
L’ho detto e ripeto… in bocca e in ginocchio
poiché avanti a Gesù ogni ginocchio si pieghi
neanche le Briciole si devon sprecare
quindi… in bocca vi dovete comunicare.
Arrivano i tempi bui per la Chiesa di Dio
La divisione è già in atto all’interno di Essa.


AVE MARIA PURISSIMA!

lunedì 17 agosto 2015

IL BEATO ANGELICO SMENTISCE Kasper


IL BEATO ANGELICO
 SMENTISCE KASPER
di Gloria Riva
Il Beato Angelico affresca una cella del convento fiorentino di San Marco con la comunione distribuita agli apostoli. […] Questa particolare versione dell’ultima cena è letta dall’Angelico in relazione alla celebrazione eucaristica. La tavola, infatti, è spoglia come una mensa d’altare e Cristo dispensa ai suoi pane e vino. Otto discepoli sono seduti a mensa, significando così gli invitati a nozze, quelli di cui parla anche il Vangelo di domenica scorsa, XXVIII del tempo ordinario. È il popolo dell’ottavo giorno che in profonda relazione con il mistero del Salvatore siede alla stessa mensa. 

Vi sono però quattro sgabelli vuoti, lasciati da altri quattro chiamati alla mensa, i quali aspettano pazientemente il loro momento stando in ginocchio, cioè in atto penitenziale. Questi quattro simboleggiano quell’umanità che vorrebbe accostarsi alla mensa del Signore, ma ancora non può. Tra questi quattro, nella medesima postura, nella medesima attesa, sta anche Giuda. Lo riconosciamo per l’aureola nera e per la posizione un po’ arretrata.
La posizione in ginocchio ci informa sulla qualità di questo cibo che vuole da noi un cuore perfetto e contrito. L’affresco fa meditare se confrontato con le tipologie di discorsi che si vanno facendo oggi sulla celebrazione eucaristica e il mistero in essa significato. Oggi ricevere la comunione è guardato, a mio avviso, con eccessiva scontatezza, come se l’eucaristia fosse il termine naturale della messa e non piuttosto il coronamento per coloro che sono degni di accostarsi alla mensa del Signore. 

La facilità con cui in questi anni i cristiani si sono avvicinati alla comunione, senza le dovute disposizioni e senza – spesso – essersi confessati ha generato una riduzione del mistero e del sacramento. Era senz’altro necessario correggere una certa eredità giansenista eccessivamente restrittiva e scrupolosa rispetto all’eucaristia ma, purtroppo come spesso accade nella storia, si è scivolati sul versante opposto senza avere modo di tenere il tutto in giusto equilibrio. […]
L’eucaristia è una iniezione di eternità, prepara e abitua l’uomo a stare con Cristo ma – come dicevano i Padri della Chiesa – essa è come il sale, conserva nello stato in cui sei. Se sei in grazia di Dio, sei conservato nel bene; se non sei in grazia di Dio si accelera il processo di corruzione. Lo dice appunto tutta la vicenda di Giuda che, dopo aver preso il boccone uscì e la sua uscita fu nefasta. Non solo tradì il suo Maestro con il quale aveva condiviso la mensa ma, e questo fu l’aspetto peggiore, disperò del suo perdono. Non ebbe la forza di pentirsi e di ritornare in seno alla comunità. Egli diede su di sé un giudizio inappellabile tale da togliersi la vita.
Troppo facilmente oggi si concede l’eucaristia anche a quelli che, regolarmente sposati o semplicemente fidanzati, si comunicano senza confessione; pertanto anche il discernimento sugli stati di vita irregolari, incompatibili con il sacramento della comunione col Cristo, è confuso e incerto.(1)
Siamo certi che è necessario un giudizio di misericordia, ma senza dimenticare la verità. Siamo certi che molte persone hanno bisogno di essere accompagnate dentro un cammino nuovo, di consapevolezza e santità, ma questo senza dimenticare i gesti posti precedentemente in atto nella vita.
(1) "Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (vv. 27-29).
*
POST SCRIPTUM – Nel pomeriggio di lunedì 13 ottobre “L’Osservatore Romano” ha fornito un primo pallido resoconto della battaglia campale scoppiata in mattinata nell’aula del sinodo dopo la lettura della “Relatio post disceptationem” redatta dal cardinale relatore Péter Erdö con la collaborazione – a tratti prevaricante, come lo stesso Erdö ha fatto capire nella conferenza stampa della mattina – del segretario speciale Bruno Forte.
Nel fuoco di fila di ben 41 interventi, hanno preso la parola tra gli altri i cardinali Pell, Ouellet, Filoni, Dolan, Vingt-Trois, Burke, Rylko, Müller, Scola, Caffarra, tutti contrari a un’apertura alle seconde nozze come prospettato dal cardinale Kasper, anche lui intervenuto.
Ma tra le proteste di cui ha dato conto “L’Osservatore Romano” ve n’erano anche che riguardavano i paragrafi (redatti da Forte) sull’omosessualità, sulla quale “è stata chiesta una formulazione che tenga conto delle persone ma che non contraddica in alcun modo la dottrina cattolica su matrimonio e famiglia”.
E ancora “è stata proposta una parola più forte sul dramma dell’aborto così come sulla questione della fecondità assistita”.
Ma “soprattutto è stato invocato un grande incoraggiamento profetico rivolto a tutte quelle famiglie che, anche a prezzo di enormi sacrifici, testimoniano ogni giorno la verità cristiana sul matrimonio. Insomma – è stato rilevato – sarebbe opportuna un’affermazione positiva dell’amore matrimoniale, come anche del valore sociale delle famiglie”.

"Chi dunque s'accosta al corpo e al sangue di Cristo, a memoria di lui che per noi è morto e risorto, non solo deve essere puro da ogni contaminazione di carne e di spirito per non mangiare e bere a propria condanna, ma deve anche mostrare efficacemente la memoria di colui che per noi è morto e risorto, con l'esser morto al peccato e al mondo e a se stesso, e col vivere per Dio, in Cristo Gesù nostro Signore" (S. Basilio Magno, Il battesimo; tr. U. Neri).

ADORO TE DEVOTE

mercoledì 12 agosto 2015

SUA SANTITÀ PAPA BENEDETTO XVI: SANTA COMUNIONE IN BOCCA E IN GINOCCHIO





SUA SANTITÀ PAPA BENEDETTO XVI SANTA COMUNIONE IN BOCCA E IN GINOCCHIO



Una celebre espressione di sant’Agostino, della Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI, insegna:

«Nessuno mangi quella carne [il Corpo eucaristico], se prima non l’ha adorata.

Peccheremmo se non l’adorassimo» (Enarrationes in Psalmos, 98,9).
Stare in ginocchio indica e favorisce questa necessaria adorazione previa alla ricezione di Cristo Eucaristico. 




ADORO TE DEVOTE




venerdì 6 marzo 2015

Santo Matrimonio e Santa Comunione

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Un “sì” per sempre, come l’amore di Cristo
22 aprile 1942
Il , erompente dal vostro labbro per impulso del vostro volere, annoda intorno a voi il vincolo coniugale, e insieme lega per sempre le vostre volontà. Il suo effetto è irrevocabile: il suono, espressione sensibile del vostro consenso, passa; ma il consenso stesso formalmente è fissato, non passa, è perpetuo, perché è consenso nella perpetuità del vincolo, mentre un consenso di vita soltanto per qualche tempo fra gli sposi non varrebbe a costituire il matrimonio. L’unione dei vostri sì è indivisibile; ond’è che non vi è vero matrimonio senza inseparabilità, né vi è inseparabilità senza vero matrimonio.
Ma se la volontà degli sposi, contratto che l’abbiano, non può più sciogliere il vincolo matrimoniale, potrà forse farlo l’autorità, superiore ai coniugi, stabilita da Cristo per la vita religiosa degli uomini? Il vincolo del matrimonio cristiano è così forte, che, se esso ha raggiunto la sua piena stabilità con l’uso dei diritti coniugali, nessuna potestà al mondo, nemmeno la Nostra, quella cioè del Vicario di Cristo, vale a rescinderlo.
Gesù e Maria con la loro presenza santificarono le nozze di Cana: là il divin Figlio della Vergine fece il primo miracolo, quasi a dimostrare anzi tempo che iniziava la sua missione nel mondo e il regno di Dio dalla santificazione della famiglia e dell’unione coniugale, origine della vita. Là cominciò la elevazione del matrimonio, il quale doveva ergersi nel mondo soprannaturale dei segni, che producono la grazia santificante, a simbolo della unione di Cristo con la Chiesa (Efesini 5, 32); unione indissolubile e inseparabile, nutrita di quell’amore assoluto e senza fine, che sgorga dal Cuore di Cristo. Come potrebbe l’amore coniugale essere e dirsi simbolo di tale unione, quando fosse deliberatamente limitato, condizionato, solubile, quando fosse una fiamma di amore soltanto a tempo? No: elevato all’eccelsa e santa dignità di sacramento, improntato e stretto in così intima connessione con l’amore del Redentore e con l’opera della redenzione, non può essere e affermarsi che indissolubile e perpetuo.
È vero; un vincolo può talora costituire un gravame, una servitù, come le catene che stringono il prigioniero. Ma può essere anche un potente soccorso e una sicura garanzia, come la corda che lega l’alpinista ai suoi compagni di ascensione, o come i legamenti che uniscono le parti del corpo umano e lo rendono spedito e franco nei suoi movimenti; e tale è ben il caso del vincolo indissolubile del matrimonio.
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La Santa Comunione, mezzo efficacissimo per la vita spirituale della famiglia
7 giugno 1939
Ogni anima cristiana ha bisogno dell’Eucaristia, secondo la parola di Nostro Signore Gesù Cristo: “Se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna” (Gv 6, 54. 55).
La Comunione Eucaristica ha dunque per effetto di alimentare l’unione santificante e vivificante dell’anima con Dio, di mantenere e fortificare la vita spirituale ed interiore, d’impedire che nel viaggio e nel combattimento terreno venga a mancare ai fedeli quella vita che è stata loro comunicata nel Battesimo.
Di questi beni così preziosi Gesù Cristo vuole arricchire le anime nella Santa Comunione: e beati coloro che, secondando le sue amorose intenzioni, sanno valersi di questo mezzo così valido di santificazione e di salute!
Ma di tutti questi aiuti hanno particolare bisogno gli sposi e i genitori cristiani che, rendendosi conto delle gravi responsabilità, da loro assunte, si sono proposti di volervi seriamente corrispondere.
La famiglia ha bisogno, come di base, di intima unione di anime soprattutto, non solo di corpi, unione fatta di amore e di pace scambievole. Ora l’Eucaristia è, secondo la bella espressione di Sant’Agostino, segno di unione, vincolo di amore, signum unitatis, vinculum caritatis, e perciò unisce e quasi rinsalda tra loro i cuori.
A sostenere i pesi, le prove, i dolori comuni, ai quali ogni famiglia anche ben ordinata non può sfuggire, vi è bisogno di quotidiane energie; la Comunione Eucaristica è generatrice di forza, di coraggio, di pazienza, e con la letizia soave che diffonde nelle anime ben disposte fa sentire quella serenità che e il tesoro più prezioso del domestico focolare.
Pensiamo con gioia, diletti figli, che voi, ritornando alle vostre città, ai vostri paesi, alle vostre parrochie, darete questo bello ed edificante spettacolo di accostarvi spesso alla Mensa Eucaristica, e dalla chiesa rientrerete nelle vostre case portando tra le pareti domestiche Gesù e, con Gesù, ogni bene.
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clicca qui per la NOVENA DEGLI SPOSI, da recitarsi soprattutto nei momenti di crisi e difficoltà
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mercoledì 4 marzo 2015

I cinque punti

                                       

ContentsQuinque Puncta
The Five Points
AnteMissam

Ante vel post Communionem utilissime recitanda.Most usefully recited before or after Communion.
I. Detestor et abominor omnia et singula peccata mea, et omnium aliorum commissa ab initio mundi usque in hanc horam, et deinceps usque ad finem mundi committenda: et, si possum, impedirem per gratiam Dei, quam supplex invoco.I. I detest and abhor each and every sin of mine, and all of the other sins committed from the beginning of the world through this hour and that will be committed unto the end of the world: and, if I could, might I impede them by the grace of God, which I call upon on my knees.
II. Laudo et approbo omnia bona opera, facta a principio mundi usque in hanc horam, et deinceps usque in finem mundi facienda: et, si possem, ea multiplicarem per gratiam Dei, quam supplex invoco.II. I praise and approve of every good work done from the beginning of the world through this hour and that will be done unto end of the world; and if I could, might I multiply them by the grace of God, which I call upon on my knees.
III. Intendo omnia facere, dicere et cogitare ad maiorem Dei gloriam, cum omnibus illis bonis intentionibus, quas Sancti unquam habuerunt, vel habebunt, vel habere possunt.III. I intend to act, to speak, and to think all for the greater glory of God, and with those good intentions which the Saints ever had, or will have, or can have.
IV. Ignosco et dimitto ex toto corde meo omnibus inimicis meis, omnibus me calumniantibus, omnis mihi detrahentibus, omnibus quocumque modo mihi nocentibus, vel volentibus mala.IV. With all my heart I pardon and forgive all my enemies, all those who accuse me falsely, all my detractors, and all who have injured me in any way or have wished me evil.
V. Utinam omnes homines salvare possem moriendo pro singulis! Libenter id facerem per gratiam Dei, quam propterea suppliciter imploro, et sine qua nihil possum.V. O how might I save all men by dying on behalf of each! Freely would I do this by the grace of God, which I implore on my knees, and without which I can do nothing.

Tr. MWM.

domenica 15 febbraio 2015

L'urgenza del ripristino della forma tradizionale della Santa Comunione*

domenica 15 febbraio 2015

Contro gli abusi nei confronti della Santa Eucaristia


Ringrazio di cuore la lettrice che mi invia il testo che leggiamo di seguito con edificazione di tutti. Si tratta della Prefazione del cardinal Burke alla versione francese del libro di Mons. Athanasius Schneider sullo scandalo della comunione in mano "Corpus Christi", Libreria Editrice Vaticana, 2013.


 * Inserisco qui, immediatamente visibile, la ragione dell'asterisco messo dopo il  titolo: 
Non passerei sotto silenzio anche l'urgenza, non meno importante, della fine dello sprezzante ostruzionismo di troppi vescovi e sacerdoti nei confronti del Rito Romano Antiquior che non ha mai cessato di appartenere alla Chiesa universale. 


+ Spero che il contenuto di questo post ispiri nel lettore una Fede eucaristica sempre più profonda e più ardente.
Spero anche che questo libro fornisca l'occasione di rinnovare il modo di ricezione della santa Comunione, disciplina che dispone il comunicante a riconoscere pienamente il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di Cristo e, così, a ricevere Gesù Eucaristia con una riverenza ed un'adorazione amorose.




L'urgenza
del ripristino della forma tradizionale
della Santa Comunione*


Nulla è più importante nella vita di un cattolico della santa Eucaristia. Il Decreto del Concilio Vaticano II sulla vita e il ministero sacerdotale, ispirandosi ad un testo di S. Tommaso, dichiara:
«nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create». Lo stesso testo continua così: «per questo l'Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione, cosicché i catecumeni sono introdotti a poco a poco a parteciparvi, e i fedeli, già segnati dal sacro battesimo e dalla confermazione, ricevendo l'eucaristia trovano il loro pieno inserimento nel corpo di Cristo».

La santa Eucaristia è il mistero per eccellenza della fede. Mediante l'azione della Santa Messa, Cristo, assiso in gloria alla destra del Padre, discende sugli altari delle chiese e delle cappelle di tutto il mondo per rendere nuovamente presente il suo sacrificio sul Calvario, sacrifico unico con il quale l'uomo è salvato dal peccato e perviene alla vita in Cristo grazie all'effusione dello Spirito Santo. È mediante la santa Eucaristia che la vita quotidiana di un cattolico riceve simultaneamente ispirazione e forza.

Unito con tutto il cuore a Cristo nel sacrificio eucaristico, il cattolico fervente non è chiamato che ad essere una cosa sola con lui in ogni istante di ognuna delle sue giornate, portando la Croce e partecipando, così, all'opera incessante e senza prezzo del suo Amore puro e generoso per tutti gli uomini, oltre ogni frontiera. Ricevendo dal cuore Eucaristico di Gesù l'alimento celeste del suo Corpo, del suo Sangue, della sua Anima e della sua Divinità, riceviamo la forza per vivere in modo straordinario le circostanze ordinarie della vita quotidiana. È per questo che, al di là dell'obbligo grave di partecipare ogni domenica al Santo Sacrificio della Messa, i cattolici sono invitati a partecipare, se possibile, alla Santa Messa tutti i giorni.

PROFONDA RIVERENZA
PER LA SANTA EUCARISTIA



A partire dal momento in cui si è compresa la realtà della santa Eucaristia – cioè che si tratta del Corpo, del Sangue, dell'Anima e della Divinità di Cristo donati all'uomo come pane celeste per sostenerlo spiritualmente nel suo pellegrinaggio terreno e come pegno del suo destino alle nozze celesti dell'Agnello (Ap XIX, 9) – si comincia anche a comprendere la profonda riverenza che occorre per trattare e ricevere la santa Eucaristia. Così, lungo i secoli, i fedeli hanno fatto la genuflessione arrivando davanti al Santissimo Sacramento e si sono inginocchiati in adorazione davanti alla Presenza Reale di Nostro Signore nella santa Eucaristia. Allo stesso modo, salvo circostanze straordinarie, solo il sacerdote o il diacono toccavano la santa Ostia o il calice del Preziosissimo Sangue. Uno dei ricordi più commoventi della mia infanzia è la grande delicatezza verso il Santissimo Sacramento che mi hanno insegnato i miei genitori, il nostro parroco e le suore delle nostre scuole cattoliche. Mi ricordo in particolare le indicazioni minuziose circa la riverenza dovuta alla Presenza Reale, che mi sono state date prima di essere ammesso ad aiutare il sacerdote come chierichetto.



I segni della Fede eucaristica si manifestavano allo stesso modo nella bellezza dell'architettura e degli arredi delle chiese e delle cappelle, nella qualità degli ornamenti, dei vasi sacri e della biancheria per il sacrificio eucaristico, e nella lingua e musica speciali - o, piuttosto, sacri - utilizzati nel Culto divino.

Col riservare attenzione al corpo e al Sangue di Cristo, la Chiesa si è sempre preoccupata di imitare in primo luogo l'esempio di Maria, sorella di Lazzaro, che ha unto Gesù con oli preziosi proprio prima della sua Passione e Morte. Quando Giuda, il traditore, contestò questo gesto di profonda venerazione e d'amore, trattandolo come uno spreco di risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per occuparsi dei poveri, Nostro Signore rispose che Maria aveva agito in modo giusto e nobile, testimoniando la riverenza per il suo Corpo, che Egli doveva sacrificare per la salvezza eterna del genere umano (Gv 12,1-8).

In questo senso, sono stato sempre molto ispirato dall'esempio di san Francesco d'Assisi, che ha praticato la massima austerità nella sua vita religiosa di consacrato, ma insistendo sempre perché si riservasse la massima cura ad onorare il Santissimo Sacramento, anche in modo sontuoso, e a non utilizzare che i materiali più preziosi per il culto eucaristico. San Francesco non ha esitato ad ammonire i sacerdoti (obbligati dal loro ufficio a rendere onore al Santissimo Sacramento) circa la loro mancanza di riguardo verso questa realtà, sacra fra tutte.


COME SI RICEVE IL CORPO DI CRISTO



Fra tutti i ricchi aspetti della Fede e della pratica eucaristiche, è certamente fondamentale il modo in cui i fedeli ricevono il Corpo di Cristo nella santa Comunione. Al momento della santa Comunione, il fedele, ben consapevole della sua indegnità e pentendosi di tutti i suoi peccati, si presenta davanti al Signore che, nel suo amore senza fine e senza misura, offre il suo Corpo come alimento celeste affinché noi lo riceviamo.

Mi ricordo bene, nella mia infanzia, la diligenza di cui davano prova i miei genitori, così come i sacerdoti e le suore della scuola cattolica, per preparare i bambini a ricevere per la prima volta la santa Comunione. Mi sovvengono anche i frequenti richiami alla riverenza e all'amore che dovevamo dimostrare ricevendo la santa Comunione e facendo il ringraziamento subito dopo la ricezione del sacramento.

All'epoca della mia prima comunione, il 13 maggio 1956, la santa Ostia si riceveva alla balaustra, sulla lingua e in ginocchio, con le mani ricoperte da una tovaglia. Questo modo di ricevere la santa Comunione mi ha sempre colpito come la più alta espressione dell'infanzia spirituale insegnata da Nostro Signore (Mt 18,1-4), e di cui santa Teresa di Lisieux è una delle figure più notevoli. Proprio in quel periodo della mia vita, mio padre era gravemente malato ed era costretto a letto in casa. Morì nel mese di luglio 1956. Ricordo la grande preparazione e l'attenzione che egli manifestava ogni volta che il sacerdote veniva a portargli la santa Comunione. Si preparava una piccola tavola di fianco al suo letto, con un crocifisso, dei ceri e una tovaglia speciale. Si accoglieva il sacerdote in silenzio alla porta con un cero acceso e, anche se mio padre non poteva alzarsi, tutti restavano in ginocchio durante la cerimonia.

Anni più tardi, nel maggio 1969, è stata autorizzata la pratica di ricevere la Comunione in mano, a discrezione delle Conferenze episcopali, in parallelo con la pratica plurisecolare di ricevere la Comunione direttamente sulla lingua. Uno degli argomenti avanzati per introdurre la seconda opzione era l'esistenza di un uso antico di ricevere la santa Comunione in mano. Nello stesso tempo, l'istruzione della Congregazione per il Culto Divino, che permetteva la pratica della ricezione della santa Comunione in mano, sottolineava il fatto che la tradizione plurisecolare di ricevere la Comunione sulla lingua doveva essere preservata a motivo del rispetto dei fedeli verso la santa Eucaristia che questa pratica esprime. In questo senso, è interessante notare che il Papa Paolo VI (durante il cui pontificato è stato dato il permesso di ricevere la santa Comunione in mano), nella sua lettera enciclica Mysterium Fidei sulla dottrina e il culto del Santissimo Sacramento, promulgata quattro anni prima della concessione del permesso, si riferisce a un costume antico dei monaci che vivevano in solitudine, nonché dei cristiani perseguitati, secondo il quale essi prendevano la santa Comunione con le loro proprie mani. Tuttavia, il Papa aggiunge subito che questo riferimento ad un uso di altri tempi non rimette in questione la disciplina che si è diffusa in seguito circa il modo di ricevere la santa Comunione.

La pratica tradizionale si comprende meglio alla luce dell'ermeneutica della riforma nella continuità, contrapposta all'ermeneutica della discontinuità e della rottura, di cui ha parlato il Papa Benedetto XVI nel suo discorso di Natale 2005 alla Curia romana. Nell'ermeneutica della continuità, l'unica Chiesa «cresce nel tempo e (…) si sviluppa, rimanendo però sempre la stessa». Così, la pratica tradizionale di ricevere la santa Comunione manifesta una crescita ed uno sviluppo tanto della Fede eucaristica, quanto delle espressioni di riverenza verso il Santissimo Sacramento. Si potrebbe dire a proposito del modo tradizionale di comunicarsi ciò che il Papa Benedetto XVI diceva a proposito dell'Adorazione eucaristica nell'Esortazione Apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis: «l'Adorazione eucaristica non è che l'ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto d'adorazione della Chiesa».


ABUSI LITURGICI
CONTRO
IL SANTISSIMO SACRAMENTO


Sfortunatamente, l'iniziativa di ristabilire l'uso antico sopraggiunse proprio in un momento in cui numerosi abusi liturgici avevano gravemente sminuito la riverenza e la devozione dovute al Santissimo Sacramento. Inoltre, il periodo conosceva una secolarizzazione e un relativismo crescenti, i cui effetti furono devastanti nella Chiesa. Per di più, la "restaurazione" di questa pratica fu incompleta, perché si limitò alla ricezione della Comunione in mano, senza però includere gli altri ricchissimi dettagli dell'uso antico. In esito a tutto ciò, la ricezione della santa Comunione è diventata l'occasione di negligenze - anzi, addirittura di vere e proprie irriverenze - e, in qualche caso particolarmente deplorevole, il Santissimo Sacramento ricevuto in mano non viene consumato, ma, al contrario, assoggettato a varie forme d'abuso, fino al caso estremo in cui qualcuno porta via il Corpo di Cristo per profanarlo più tardi nel corso di una "messa nera". Nella mia personale esperienza pastorale, i casi in cui la santa Ostia era stata lasciata in un libro di canti o in qualche altro posto, o anche portata a casa per la devozione privata - mi spiace doverlo segnalare - non sono stati rari. È ugualmente triste aver visto abbastanza spesso alcuni comunicanti strapparmi letteralmente l'Ostia dalle mani piuttosto che ricevere il Corpo di Cristo in modo conveniente.


MONS. ATHANASIUS SCHNEIDER


Mons. Athanasius Schneider, esemplare pastore d'anime, ha affrontato con amore coraggioso l'attuale situazione della ricezione della santa Comunione nel rito romano. Prendendo spunto dalla sua personale e ricca conoscenza della fede e della pratica eucaristiche nel periodo della persecuzione nel suo paese natale, è stato spinto a studiare in profondità l'antico uso di ricevere la santa Comunione in mano, così come il suo attuale ripristino. In modo chiaro ed accurato, Mons. Schneider spiega con che cura la pratica antica intendeva evitare tutto ciò che potesse suggerire l'auto-comunione, sottolineando l'aspetto infantile della Comunione; ed impedire che anche un solo frammento andasse perduto, e, così, fosse suscettibile di profanazione. Egli descrive anche brevemente le tappe dell'introduzione dell'uso attuale, che differisce in misura rilevante dalla vecchia pratica dell'antichità.
Mons. Schneider presenta poi, accuratamente, le conseguenze più gravi dell'attuale pratica di ricezione della Comunione in mano:
  1. la riduzione o la scomparsa di ogni gesto di riverenza e di adorazione;
  2. l'utilizzo, per ricevere la santa Comunione, di un gesto abitualmente adibito alla consumazione degli alimenti ordinari, dal che deriva una perdita di Fede nella Presenza Reale, soprattutto tra i bambini e i giovani;
  3. l'abbondante perdita di frammenti della santa Ostia e la loro conseguente profanazione, soprattutto quando nella distribuzione della santa Comunione manchi il piattello;
  4. un altro fenomeno che si diffonde sempre più: il furto delle Sacre Specie.


Prendendo in considerazione tutte queste conseguenze, Mons. Schneider dice a buon diritto che la giustizia – cioè il rispetto del diritto di Cristo di essere ricevuto nella santa Comunione con la riverenza e l'amore che Gli convengono, e di quello dei fedeli di ricevere la santa Comunione in un modo che esprima al meglio l'adorazione reverenziale – esige che la pratica attuale della ricezione della Comunione nel rito romano sia seriamente studiata in vista di una riforma il cui bisogno si fa pesantemente sentire.


IL DIRITTO DI CRISTO

Un aspetto del tutto preminente della trattazione di Mons. Schneider riguarda il diritto di Cristo, lo ius Christi. Ricordandoci l'umiltà totale dell'amore di Cristo che si dona a noi nella piccola Ostia, fragile per natura, Mons. Schneider richiama la nostra attenzione sul grave obbligo di proteggere ed adorare Nostro Signore. Infatti, nella santa Comunione, Egli, a motivo del Suo amore incessante e incommensurabile per l'uomo, si fa il più piccolo, il più debole, il più delicato fra noi. Gli occhi della Fede riconoscono la Presenza Reale nei frammenti, anche nei più piccoli, della santa Ostia, e ci conducono, così, all'Adorazione amorosa.
Non mi resta che ringraziare Mons. Athanasius Schneider per il suo minuzioso studio della questione della ricezione della santa Comunione, espressione preminente della fede eucaristica. Il suo studio è pieno del più profondo amore di Gesù Eucaristia, amore nel quale egli è stato formato in un'epoca in cui la Chiesa era sotto i colpi della persecuzione nel suo paese. Spero che il contenuto di questo volume ispiri nel lettore una Fede eucaristica sempre più profonda e più ardente. Spero anche che questo libro fornisca l'occasione di rinnovare il modo di ricezione della santa Comunione, disciplina che dispone il comunicante a riconoscere pienamente il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di Cristo e, così, a ricevere Gesù Eucaristia con una riverenza ed un'adorazione amorose. È in questa ricezione reverenziale e amorosa di Nostro Signore nella santa Comunione che dobbiamo attingere la forza di trasformare e rinnovare le nostre vite personali e la società, con la forza del vangelo, come facevano i primi cristiani.

Possa la lettura approfondita del libro di Mons. Schneider portare i fedeli, al momento della santa Comunione, a riconoscere la Presenza Reale del Signore risuscitato e a far loro le parole di San Giovanni Evangelista a San Pietro, quando il Signore risuscitato apparve ai discepoli sulle rive del lago di Tiberiade nel corso della pesca miracolosa: «È il Signore!» (Gv 21,7).


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[Fonte: La Lettera di Paix Liturgique, 20/01/2015. Pubblicato su BastaBugie n. 385]



5 commenti:

Emanuele ha detto...
Proprio ieri, sabato, alla messa a cui ho assistito mentre il Sacerdote distribuiva la comunione è caduta una Ostia consacrata per terra. Il prete, senza batter ciglio, si è inchinato a raccoglierla ed ha continuato a distribuire la comunione, come se nulla fosse successo. Non è la prima volta che assisto ad un fatto del genere in quella chiesa: in un altra occasione, ad un fedele è caduta una Santa Particola mentre voltandosi se la portava in bocca, si è inchinato tra le gambe di altri fedeli per raccoglierla, portandosela in bocca disinvoltamente.
In un altra occasione il sacerdote ha dovuto richiamare i fedeli affinché si comunicassero di fronte a lui e non in fondo alla chiesa.
Emanuele
Pietro C. ha detto...
Un interessante quadro che mostra il modo in cui si faceva la comunione un tempo....

http://traditioliturgica.blogspot.it/2015/02/il-sacro-terrore.html

Graie per l'attenzione.
Alessandro Mirabelli ha detto...
Forse l'ho già scritto l'anno scorso qui ma voglio ricordarlo. Due anni e mezzo fa ero a Pskov, città russa al confine don l'Estonia, a quasi 300 km. a sud di S. Pietroburgo. Alla Messa festiva la accompagnatrice italiana ci dice che in Russia la conferenza episcopale dei vescovi cattolici ha vietato (o forse non ha mai permesso?) di prendere la Comunione in mano per evitare attriti, tensioni, scontri con la Chiesa ortodossa con la quale i rapporti non sempre sono facili. Per me non c'era alcun problema perché da quando lessi il libretto Dominus est di Schenider compresi quanto fosse assurdo prendere in mano il Corpo di Cristo. Perché per gli Ortodossi prendere in mano il Corpo e' un grave oltraggio a Cristo stesso. Il fatto che alcune conferenze episcopali l'abbiano permesso e' la prova della disintegrazione liturgica di noi cattolici.
Anonimo ha detto...
salve a tutti, non riesco più a trovare in quale documento della santa sede si diceva che al momento di ricevere l'eucaristia il fedele laico qualora non potesse riceverla in ginocchio dovrebbe mostrare almeno con un segno esteriore (ad esempio un inchino) l'adorazione verso Dio. Qualcuno potrebbe aiutarmi, perché voglio mostrarlo al mio parroco che ha detto che bisogna solo dire amen e non fare nulla. Grazie a tutti
michele
Anonimo ha detto...
Al qualsiasi messa sia in italiano sia in Latino secondo il rito tradizionale,

VI PREGO TUTTI

ricevete in ginocchio e sulla lingua...

è sempre lecito di fare così...

Osservatore