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martedì 3 settembre 2019

"SINITE PARVULOS...."


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Catechismo o corruzione! 

"SINITE PARVULOS....": LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME

La vita di Pio X mette in rilievo l'attrazione da lui sentita per i piccoli fanciulli.

Anima purissima, la sua innocenza si specchiava e si riconosceva nella loro innocenza e semplicità. Abbiamo veduto con quanto trasporto egli si abbassasse alla loro età, si accomunasse ai loro giuochi ed infantili divertimenti, procurando, nel tempo stesso, di aprire le loro menti alla verità e i loro cuori alle effusioni della grazia 944 e sappiamo pure come egli considerasse l'Eucaristia il mezzo più idoneo per assicurare ai fanciulli questo divino tesoro.

Ai tempi del suo primo ministero sacerdotale erano ancora vive certe idee e riserve circa la frequenza alla SS.ma Eucaristia e l'età per ammettere alla prima Comunione i fanciulli e non mancarono meraviglie quando fu veduto il Parroco di Salzano ammettere alla Sacra Mensa fanciulli non ancora giunti all'età allora voluta 945. Ma Don Giuseppe Sarto aveva fatto buoni studi; conosceva a perfezione Teologia e Sacri Canoni, la “Somma” di S. Tommaso e le risposte, in materia, dei Concili e dei Pontefici ed ogni meraviglia prontamente cessò.

 “Posto che un bambino sappia distinguere tra pane e Pane così da potere concepire della devozione per il Sacramento dell'Eucaristia, egli - conchiude l'Angelico Dottore - può venire ammesso a riceverlo” 946.

Testimonianza decisiva del massimo dei Dottori Cattolici basata sulla prassi della Chiesa fino al secolo XIII e mai smentita di poi.

Se un bambino appena è in grado di distinguere il bene dal male deve avviarsi all’uso del Sacramento della Confessione, perché non dovrà venire ammesso al Sacramento Eucaristico che rafforza l'anima e la volontà nel desiderio del bene e della virtù? E perché aspettare che un fanciullo abbia forse perduta l'innocenza per ammetterlo a ricevere nel suo cuore il Dio della purezza?

Così, guidato dal buon senso della sua fede e dall'insegnamento della Chiesa, ragionava il nostro Beato, auspicando in cuor suo una decisione che togliesse per sempre dei vieti pregiudizi, residui di ipocriti scrupoli giansenistici e di errate opinioni sulla natura della SS.ma Eucaristia, “presentata come una ricompensa ed un premio e non già come un antidoto ed una medicina della umana fragilità” 947, dalla quale non può escludere che il peccato mortale.

Ma egli non avrebbe mai pensato che il Papa eletto a seppellire gli ultimi relitti del sofisma giansenistico, a dare il massimo impulso alla Comunione quotidiana e a restituire ai bambini, capaci di distinguere tra pane e Pane, il diritto di accostarsi a Gesù senza attendere l'età dei dieci o dodici anni ed anche più - secondo l'uso di certi luoghi - sarebbe stato proprio lui.
Il 20 Dicembre 1905 fu giorno di festa per tutti i devoti ed amanti della SS.ma Eucaristia.

Il Decreto “Sacra Tridentina Synodus", chiudendo un lungo periodo di discussioni, non scevre talora di asprezza e di ostinazione, spalancava definitivamente i Tabernacoli a quanti avessero desiderato di accostarsi, anche quotidianamente, alla SS.ma Eucaristia 948.

Questo era stato il desiderio di Gesù nell’istituire l'adorabile Sacramento: che i suoi fedeli avessero da nutrirsene quotidianamente per la vita dell'anima al modo che ogni giorno essi mangiano del pane per sostenere le forze del corpo.

Se dubitare di questo non fosse stato fare ingiuria al Signore, il Concilio di Trento non avrebbe mai esortato i cristiani presenti alla Messa di accostarsi alla santa Eucarestia 949. Perciò, non doversi in alcun modo impedire la Comunione - sempre che vi si apportino le opportune disposizioni di fede, di devozione, di amore - specialmente a questi nostri tempi nei quali la religione cattolica da ogni forte è attaccata e. la carità si è raffreddata nei cuori degli uomini 950.

Ma ancora più grande fu la risonanza del faustissimo Decreto dell'8 Agosto 1910 Quam singulari Christus amore che fissava l'età della prima Comunione dei fanciulli 951.

Non si arriva a comprendere come potessero sussistere dubbi e controversie sopra una questione dalla Chiesa già risolta e definita, mentre le ultime risposte delle Sacre Congregazioni Romane non facevano che ripetere e confermare le antiche 952, quando si pensa che la prima preparazione ai frutti ineffabili della Comunione Eucaristica è la purità del cuore e che la Chiesa, ammaestrata da Gesù che pose le sue compiacenze proprio nei piccoli fanciulli 953, non solo fu sempre sollecita che la prima Comunione ai fanciulli non venisse rimandata troppo in lungo dopo l'apparire delle prime luci dell’intelligenza, ma condannò l'uso contrario 954, come lo prova, in data 15 Marzo 1851, la correzione della Sacra Congregazione del Concilio ad una deliberazione del Capitolo del Consiglio Provinciale Ecclesiastico di Rouen, il quale, nonostante tutte le precedenti dichiarazioni di Roma, aveva fissato l'età alla prima Comunione a 12 anni [955].

Il rumore sollevatesi contro il Decreto, con il quale Pio X stabiliva, una volta per sempre, l’epoca della prima Comunione dei fanciulli all'età dei sette anni, e, anche prima, non aveva così alcun motivo che lo giustificasse.

Il santo Papa lasciò dire, non badò a critiche, non ascoltò suggerimenti troppo prudenti. Fisso nella forza del suo amore a Gesù-Eucaristia, contento di avere finalmente realizzato un suo antico sogno di Parroco e di Vescovo, chiamando i fanciulli a cibarsi del mistico “Pane della Vita” 956, tenne fermo 957 e l'opposizione che qua e là, ma particolarmente in Francia, si era manifestata contro il suo Decreto, presto cedette il passo a più ragionevoli criteri e andò del tutto cadendo al punto che si vide un grande Pellegrinaggio di Bambini muoversi dalla terra di Clodoveo e recarsi a Roma per ringraziare il Papa Santo che aveva permesso a tutti i bambini del mondo di unirsi presto a Gesù nella santa Comunione 958.


martedì 6 dicembre 2016

I papi della mia vita

I papi della mia vita

1903-1914
Il primo Papa, quando sono nato,
era Giuseppe Sarto, il nome vero
fu Pio Decimo. Santo molto amato
del Catechismo fu vero Nocchiero.

Scrisse a Salzano il primo Catechismo
Quando era Parroco non conosciuto
Da Papa scrisse contro il modernismo.
Per tutta la Chiesa fu il Benvenuto.

1914- 1922
Il secondo, Giacomo della Chiesa,
Quindicesimo Papa Benedetto.
Nel periodo triste fu la Sua ascesa,
nella guerra mondiale venne eletto.

Si prodigò per la pace con lena,
contro tutti gli eccessi disumani,
per far cessare la grande cancrena,
sopportò calunnie e vituperi umani.

1922-1939
Fu il terzo, Achille Ratti di Desio,
salì col nome di Pio Undicesimo,
combatté il germanico vanesio
per salvare Chiesa e Cristianesimo.

A Lui m’opposi, povero ignorante,
e nell’errore mi rafforzai in Spagna.
Di corbellerie ne combinai tante.
Contro la Chiesa feci una campagna!

1939-1958
Il quarto fu Papa Eugenio Pacelli,
che prese il nome Pio Dodicesimo.
Pastore nel mondiale “casus belli”.
Lottò contro il nuovo paganesimo.

Clandestin, dalla Chiesa separato,
fui compagno nei difficili tempi
dalle fosse ardeati ne fui salvato
la Vergine m’apparve: “Lascia gli empi!”

1958-1963
Il quinto Angelo Giuseppe Roncalli,
nel millenovecentosessantuno
indisse il Concilio “Ripara falli”.
Nell’ottobre sessantadue, il Raduno.

Fu chiuso il Primo che restò aperto.
Nell’infallibil Dottrina di Fede
Papa Giovanni santamente esperto
Mostrò l’Ovile che in Roma ha Sede.

1963-1978
Il sesto Giovanni Battista Montini
Col nome dell’Apostol, Paolo Sesto.
Continuò il Concilio tra gli spini.
E al mondo il suo pensier fu manifesto.

L’unità dei Cristiani, cosa buona,
chi è uscito può rientrare,
la Chiesa è Madre, salva e perdona
ma eresia ed error devon lasciare.

1978-1978
Settimo il gioioso Albino Luciani
Giovanni Paolo in romana Sede,
non gustò molto il Seggio dei Romani.
Restò Papa poco, con tanta Fede.

Stavo all’udienza. Fece Catechismo,
interrogò i bambini: “Chi è Dio?”
Al Ciel voleva senza accademismi
portare l’anime senza sciupio.

1978...
L’ottavo Karol Wojtyla il “Polacco”
chiamato Giovanni Paolo Secondo,
malgrado l’età mette tutti... in sacco
girando missionario tutto il mondo.

Nel settantacinque, innanzi alla Grotta,
a Lui Cardinale raccolto in preghiera,
parlai della catechistica lotta:
“Odiavo la Chiesa, ora so ch’è vera!”


AVE MARIA PURISSIMA
VERGINE DELLA RIVELAZIONE

lunedì 21 settembre 2015

La vigna e il cinghiale


La vigna e il cinghiale

"Perché hai abbattuto la sua cinta […]? 
La devasta il cinghiale del bosco" (Sal 80 [79], 13-14).

Quando papa Leone X, nel 1520, applicò la metafora salmica al rivoluzionario di Wittenberg, la cinta della vigna diletta era ancora saldamente in piedi. Certo, buona parte del Popolo di Dio – clero, religiosi e laici – aveva bisogno di un’urgente riforma, che alcuni illuminati vescovi e fondatori avevano già avviato; ma la devastazione provocata dal cinghiale fu allora efficacemente arginata da un Concilio ecumenico e dalle eroiche imprese apostoliche di nuovi ordini religiosi, come i Gesuiti e i Cappuccini, che riconquistarono alla Chiesa Cattolica ampie regioni d’Europa. D’altronde il ribelle, che morirà suicida dopo l’ennesima crapula, aveva avuto successo unicamente per ragioni politiche, grazie all’appoggio di principi altrettanto ribelli all’autorità costituita dell’Imperatore romano-germanico. L’Europa si spaccò in due e fu sconvolta da quasi un secolo e mezzo di guerre spaventose; ma la Chiesa Cattolica rimase cattolica.

Il diavolo, non soddisfatto di questa vittoria dimezzata, continuò il suo lavorio demolitore cercando di infiltrarsi nella vigna stessa. Visto che rivoluzioni francesi, liberali e comuniste non erano riuscite ad abbatterne la cinta, bisognava che qualcuno lo facesse dall’interno. Le ideologie dell’Ottocento erano state bollate dal beato Pio IX, l’eresia modernista condannata da san Pio X, i germogli del neo-modernismo recisi dal venerabile Pio XII… Ci voleva qualcuno che – scientemente o meno – aprisse la porta al nemico e lo facesse salire in cattedra, magari sotto le spoglie di periti invitati ad un nuovo Concilio, i quali ne prendessero surrettiziamente il controllo e riuscissero ad ipnotizzare più di duemila vescovi perché firmassero i documenti da loro elaborati. Leone XIII aveva ben visto, in visione, nugoli di demòni scendere in picchiata sulla basilica di San Pietro; la grande euforia di cinquant’anni fa non poteva quindi presagire nulla di buono.

Così fu abbattuta la cinta, e subito svariati animali selvatici cominciarono a scorrazzare indisturbati, calpestando la vigna e riempiendola dei loro escrementi. Lucifero sguinzagliò i suoi agenti più arditi nel cuore stesso del santuario, dove un papa tentennante e angosciato era drogato dai suoi più stretti collaboratori e sostituito da un sosia in molte apparizioni pubbliche. Il successore, avendo subito voluto veder chiaro nell’infiltrazione massonica della Sede Apostolica, fu stroncato col veleno dopo appena trentatré giorni di regno. Poi un gigante slavo e un angelo transalpino tentarono di salvare il salvabile – o forse anche ciò che non era salvabile – aprendo così un varco al ripristino della vera Chiesa. Ma non era ancora arrivato… il cinghiale. Non più il prete forzato e nevrotico di cinquecento anni orsono, ma qualcuno che riuscisse ad occupare la sede più alta, così da poter ridurre ogni cosa in poltiglia con qualche zampata ben assestata.

Un colpo da maestro… A questo punto, nulla resiste più alla serie di fendenti inferti a destra e a manca con una furia apparentemente insensata, ma in realtà calcolata con diabolica freddezza. Ad ogni sobbalzo dell’animale, oltre le devastanti conseguenze a medio e lungo termine, si verifica uno scatenamento di demòni, specie di quello dell’impurità. Ciò contro cui si accanisce di preferenza, non a caso, è l’unione santa dell’uomo e della donna come fondamento della famiglia: approvazione dell’omosessualità, ammissione della separazione e del divorzio, incondizionata indulgenza per l’aborto… e ora addirittura l’abolizione di fatto del matrimonio indissolubile. Ormai anche agli atei conviene sposarsi in chiesa, visto che questo è ammesso e che lo scioglimento è più facile del divorzio civile, è più veloce e – soprattutto – non costa nulla. I produttori di telenovelas sono già pronti a sfruttare il nuovo filone narrativo; anche i buoni cattolici potranno ormai identificarsi con i loro personaggi.

Ma tutto questo era stato previsto e annunciato dal Cielo. Nel lontano 1610 la Madonna così istruiva Mariana de Jesús, giovane religiosa di Quito: «Ora ti faccio sapere che dalla fine del secolo XIX e da poco dopo la metà del secolo XX, in quella che oggi è la Colonia e che un giorno sarà la Repubblica dell’Ecuador [attualizzando: in ogni parte del mondo], esploderanno le passioni e vi sarà una totale corruzione dei costumi, perché Satana regnerà quasi completamente per mezzo delle sètte massoniche [che allora non esistevano ancora]. Essi si concentreranno principalmente sui bambini per mantenere questa corruzione generale. Guai ai bambini di quei tempi! Il sacramento del Matrimonio, che simboleggia l’unione di Cristo con la sua Chiesa, sarà attaccato e profondamente profanato. La Massoneria, che sarà allora al potere, approverà leggi inique con lo scopo di liberarsi di questo sacramento, rendendo facile per ciascuno vivere nel peccato e incoraggiando la procreazione di figli illegittimi, nati senza la benedizione della Chiesa».

La Vergine proseguiva profetizzando la deviazione e corruzione del clero, quasi a voler indicare la causa della decadenza collettiva nel venir meno del baluardo opposto da Dio all’opera devastatrice portata avanti dai servitori del demonio. Nel 1634 Gesù stesso le mostrò come l’orrendo e pestifero cinghiale della Massoneria entrava nella meravigliosa e fiorente vigna della Chiesa, lasciandola annientata e in completa rovina: «Lo spirito di impurità, che saturerà l’atmosfera in quei tempi, come un oceano ripugnante inonderà le strade, le piazze e i luoghi pubblici con un’incredibile libertà. Attraverso l’acquisizione del controllo su tutte le classi sociali, la setta massonica sarà così astuta da penetrare nel cuore delle famiglie per corrompere persino i bambini e il diavolo si glorierà di nutrirsi con perfidia della squisita delicatezza del cuore dei bambini». Anche il Signore additava poi la degradazione di sacerdoti e religiosi e i terribili castighi che ne sarebbero seguiti; ma di questo ci occuperemo, a Dio piacendo, in un prossimo articolo.

Che dire? Fiat voluntas tua…! Se tutto questo è necessario, Padre santo, per la rinascita della Chiesa dai Tuoi figli fedeli, che non possono più sopportare quest’ignobile farsa e sono pronti, a un Tuo minimo cenno, a dissociarsene pubblicamente, da’ loro la forza di resistere mantenendosi fedeli alla Tua Parola. Tu stai passandoli al vaglio per separarli dai traditori, da quel Giuda che hai misteriosamente ammesso fra gli apostoli di Tuo Figlio con un compito necessario al trionfo del Tuo Regno. Ti prego, custodiscili dal maligno – non perché potrebbe ancora ingannarli, ma perché non si scoraggino e non cedano all’amarezza, alla ribellione, all’arroganza… Non permettere che siano tentati di superbia, ma conservali semplici e miti, puri di cuore e di costumi, invincibili agnelli in mezzo a lupi feroci che tuttavia nulla possono contro i Tuoi piccoli, purché questi si mantengano stretti sotto il manto della Tua Sposa immacolata, loro Madre e Maestra infallibile, perfezione vivente della Tua santa Chiesa.

AMDG et BVM

giovedì 3 settembre 2015

SAN PIO X E IL CLERO



LA RIFORMA DEL CLERO

Stabiliti i due maggiori fondamenti della auspicata “restaurazione di ogni cosa in Cristo” - Catechismo ed Eucaristia - Pio X rivolse le sue premure e le sue sollecitudini al clero.

Il Modernismo, pur troppo, aveva scosso profondamente la disciplina e diminuito pure in molti sacerdoti il sentimento e la stima della vocazione e della dignità ecclesiastica.

II pensiero della necessità di un rinnovamento per la Chiesa nel senso di un adattamento della verità e della vita religiosa alle correnti del secolo, aveva fatto molta strada negli ultimi due decenni del Pontificato di Leone XIII e travolti molti spiriti.

A rileggere, oggi, le audacie, a cui arrivavano gli “attivisti” - ci si passi il termine - dell'eresia modernista, viene fatto di chiedersi che cosa sarebbe rimasto del Cattolicesimo se quelle idee avessero avuto il sopravvento.

Tutto doveva essere demolito: Dogma, disciplina, culto, pietà, vita ecclesiastica. Le norme fino allora seguite e raccomandate potevano essere buone per altri tempi!
Questa la triste condizione di cose al momento, in cui Pio X prendeva nelle sue mani il timone della Chiesa.

I popoli avevano necessità di verità: avevano bisogno di sacerdoti santi che potessero diffondere degnamente ed autorevolmente la verità, veramente capaci di formare Cristo nell'anima e nella vita del popolo.
Era, dunque, evidente che Pio X, nella sua riforma non poteva partire che dalla santità del sacerdozio.
Per questo, nella sua prima Enciclica al mondo cattolico raccomandava: “Cresciamo il sacerdozio nella santità della vita e nella purezza della dottrina e allora tutto il popolo si formerà in Cristo” 959, precisamente così, come quando nel lontano 5 Settembre 1894, esortando il clero della sua Venezia, nella sua prima Pastorale scriveva:

"E' ad uno ad uno per volta che bisogna rigenerare gli uomini, perché la società è come uno specchio che riflette lo spirito degli individui, delle famiglie, delle città; e se noi, ad uno ad uno per volta, rimetteremo Gesù Cristo nei cuori, tutta la società sarà a Cristo conquistata”.

Il sacerdozio è uno stato soprannaturale creato da Dio per una missione soprannaturale, nella quale la scienza ha una grande parte, ma non la preponderante.
Quello che da valore ed efficacia alla scienza del sacerdote - naturale predicatore della fede - è la virtù, è la santità. Di qui, la conversione dall'errore alla verità, dal vizio alla virtù è un'opera soprannaturale, della quale Iddio riserba a sé la gloria, pur consentendo che vi partecipi anche l'uomo fino a riconoscergliene una parte di merito. Ma l'opera è di Dio, il quale vuole che coloro che egli elegge a suoi collaboratori nella salvezza delle anime siano uomini ricchi del suo spirito e degni della sublimità degli uffici a loro assegnati.

Perciò la virtù, la perfezione, la santità devono essere il primo studio di un sacerdote ed ecco ancora perché Pio X, nella sua Lettera-Enciclica “Pieni l’animo” ai Vescovi d'Italia del 28 Luglio 1906 ammoniva che i Seminari “sono esclusivamente destinati a preparare i giovani non a carriere civili, ma all'alta missione Ai Ministri di Dio” 960. Ecco perché, scrivendo il 5 Maggio 1905 al Cardinale Patriarca di Lisbona aveva avvertito che i Seminari, dove si formano i sacerdoti, devono essere quali li volle il Concilio di Trento: “asili dì buoni studi e cenacoli di pietà” 960.

Perciò, la prudenza e l'attenzione voluta da Pio X sull'ammissione dei giovani nei Seminari; la vigilanza sullo sviluppo della loro vocazione; la severità delle indagini e degli scrutini prima della promozione agli Ordini Sacri, affinché nessun indegno potesse penetrare nel Santuario; la sorveglianza più rigorosa sui contatti con le persone, sulle letture, sulle corrispondenze; le vive raccomandazioni tante volte ripetute ai Vescovi di non promuovere con facilità i chierici agli Ordini Sacri; l'avviso di non lasciarsi illudere da belle doti di natura e di ingegno se non apparivano fondate sulla base di una solida pietà, la cui prima nota è la docilità all'autorità e l'obbedienza incondizionata alla Chiesa 961.

Egli sapeva che la vita di un sacerdote, se non, accompagnata dallo spirito della pietà, è come un fiore che non ha olezzo, come un frutto bello all'esterno, ma guasto al di dentro.
Di qui, le sue sollecitudini per crescere il clero nella pietà, nella carità, nel raccoglimento della preghiera; le sue insistenze per gli Esercizi Spirituali del clero, diretti a riparare le forze spirituali logorate dal lavoro, dalle distrazioni o dalla tiepidezza del cuore 962.

***
Ma il documento principe, espressione della sua anima sacerdotale, è la mirabile “Esortazione al Clero Cattolico” del 4 Agosto 1908, scritta tutta di suo pugno 963.
Il 18 Settembre 1908 si compivano 50 anni dal giorno della Ordinazione Sacerdotale del figlio del povero cursore di Riese.

Come non ricordare quella data? E il mondo cattolico si mosse ad onorarla - come già aveva fatto per Pio IX nel 1869 e per Leone XIII nel 1899 - con un fervore religioso che distinse le diverse manifestazioni da tutte le precedenti.

Era volontà del Pontefice che la commemorazione di una data tanto santa non si perdesse in inutili e vuote esteriorità.
Come sarebbe stata per lui motivo di raccoglimento e di ringraziamento, così doveva essere pure per quanti si sarebbero uniti a lui nel ringraziare e benedire il Signore per i 50 anni di sacerdozio concessi al suo Vicario e Padre Universale dei fedeli di Cristo.
E quale occasione più opportuna ancora per richiamare il clero alla considerazione dell'altezza e della santità del suo ministero ed al compimento fedele dei doveri ad esso inerenti.
Senza mancare di modestia, Pio X, Sommo Sacerdote, ben poteva mostrarsi quale era: il prete “secondo il cuore di Dio", e ripetere a tutti, ma particolarmente ai figli del Santuario la parola di Gesù, di cui aveva in se stesso rinnovata l'immagine:
 “Vi ho dato l'esempio, affinché come ho fatto io, così facciate anche voi” 964.

A parte la prodigiosa attività che lo aveva sempre distinto in ogni campo, negli uffici più diversi, in mezzo alle tribolazioni ed alle prove, che cosa era stata tutta la vita di Pio X dal giorno della sua Ordinazione Sacerdotale, e - diciamo pure - dal giorno del suo primo ingresso nel Santuario, giovanetto di 15 anni, se non una ininterrotta, continua ed infaticabile ascensione verso le vette della perfezione e della santità?

In lui potevano affissarsi e da lui prendere norma e luce tutte le attività del sacerdote: ogni suo atto, ogni sua parola era un insegnamento ed un monito.

Chierico, Cappellano, Parroco, Canonico, Cancelliere di Curia, Direttore Spirituale di Seminario, Vescovo, Cardinale, Papa: una figura più compiuta del vero Servo di Dio, del Sacerdote posto quale mistico ponte di congiunzione tra la terra e il cielo, tra l'umanità e la Divinità.

***

Ma sopra quale regola questa “forma” era venuta prendendo quei contorni meravigliosi che tanto si imponevano alla ammirazione degli uomini? E quale regola il clero doveva seguire per salire alla stessa perfezione ed assicurarsi, con la salvezza delle anime, il merito del suo ministero?
Ecco quello che Pio X a ricordo del 50° del suo Sacerdozio, spiegava nella accennata Esortazione.
Lettera piana, ma eloquente, conforme allo stile del santo Pontefice; documento di altissima spiritualità, “preciso e completo programma di perfezione e santità sacerdotale” 965, perfezione e santità, che, mentre costituiscono la lode più ambita del sacerdote, sono, al tempo stesso, la ragione di tutto il bene nel mondo, perché non vi è persona, ne ufficio più sociale della persona e dell'ufficio del Ministro di Dio.

Il concetto, la stima della dignità non umana, ma divina, di cui è rivestito e delle sublimi funzioni, a cui è chiamato come sacrificatore e predicatore, ma sopra tutto, come medico delle anime, non deve mai cadere dalla mente del sacerdote, non per vana compiacenza, ma per incitamento a santità, a rendersi di giorno in giorno sempre più meritevole del grado, a cui è stato elevato, e assicurare fecondità al proprio lavoro. Perché la fecondità della fatica sacerdotale non è assicurata che dall'unione del sacerdote con Gesù Cristo, di cui è ministro e senza la cui grazia nulla potrà operare.
Se al sacerdote manca “la scienza di Cristo, che è la santità, gli manca tutto”.

Poiché - così ammoniva Pio X:
"La stessa abbondanza di speciale dottrina, la stessa destrezza e perizia di azione, sebbene possano addurre qualche vantaggio o alla Chiesa o ai privati, non di rado sono ragione ai medesimi di nocumento. Chi invece è adorno e ricco di santità, costui può - benché l'ultimo - molto intraprendere e perfezionare di meravigliosamente salutare in mezzo al popolo di Dio, come ne fanno fede moltissime testimonianze di ogni età e molto luminosamente di recente memoria, Giovanni Battista Vianney. Solamente la santità ci rende quali richiede la divina vocazione: uomini, cioè, crocifissi al mondo ed ai quali lo stesso mondo è crocifisso; uomini viventi una nuova vita” 966.


Ma questa vita, di cui il sacerdote deve vivere per potere dirsi di continuare il Cristo e compiere la missione di Cristo tra gli uomini, con quali mezzi si conserva e si svolge? Con la preghiera, con la meditazione, con la lezione sacra, con la vigilanza sopra sé stessi ed il continuo scrutinio dell'anima, con l'esercizio delle virtù, nelle quali maggiormente risplendette la vita di Cristo, modello eterno di quanti hanno da essere fatti salvi o sia: obbedienza, umiltà, mortificazione, penitenza, preghiera, virtù tutte proprie del cristiano, ma, sopra tutto, del sacerdote, particolarmente chiamato nella via della abnegazione di Cristo.

Il Modernismo - espressione di superbia intellettuale e, perciò, di decadenza morale - aveva riso e rideva - di tutte queste virtù, chiamate, per disprezzo, virtù passive, in contrapposto alle virtù attive solo degne di chi vuole essere del suo tempo e non cercare una perfezione morale in una imitazione di Cristo di epoche andate e spente.

Rispondendo alle false teorie dei Modernisti ed ammonendo i sacerdoti a guardarsi da quella che così bene fu chiamata l’“eresia dell'azione", aggiungeva:
"Ci sono alcuni, i quali credono che la lode del sacerdote debba essere collocata interamente in questo: che dedichi tutto se stesso all’altrui vantaggio; per la qual cosa, lasciato quasi da parte l'amore di quelle virtù, onde si perfeziona l'uomo stesso - cui perciò chiamano passive - affermano che tutta l'attività e lo studio devono contribuire a coltivare ed esercitare le virtù attive. E' meraviglioso, per verità, quanto contiene di falso ed esiziale questa dottrina. Di essa così sentenziò, conforme alla sua sapienza, il nostro Predecessore di cara memoria: “Che le cristiane virtù siano accomodate ai tempi lo vorrà soltanto colui, il quale non ricorda le parole dell'Apostolo: Quos praescivit et praedestìnavit conformes fieri imaginis Filii sui [967]. Maestro ed esemplare di ogni santità è Cristo, alla regola del quale è necessario si adattino quanti desiderano di entrare nel regno dei Beati. Cristo non si muta con il progredire dei secoli, ma è sempre il medesimo heri et hodie ipse et in saecula [968]. Pertanto, agli uomini di tutti i tempi si appartiene quel: Discite a me quia mitis sum et humlis corde [969], e sempre Cristo ci si addimostra factus oboediens usque ad mortem [970]. In ogni età vale la sentenza dell'Apostolo: “Qui sunt Christi carnem crucifixerunt cum vitiis et concupiscentiis” 971.

"I quali documenti, se per avventura riguardano i singoli fedeli, più da vicino si appartengono ai sacerdoti, i quali, più degli altri, devono giudicare detti a sé ciò che il nostro Antecessore con ardore apostolico aggiunse: “Le quali virtù Dio volesse che molti di più oggi coltivassero “come i santissimi personaggi dei passati tempi, i quali con l'umiltà dell'anima, con l'obbedienza e con la mortificazione furono potenti di opere e di parola e di massimo giovamento non pure alla religiosa, ma alla pubblica e civile società” 972. Ove non sarà fuori di luogo considerare che il prudentissimo Pontefice ad ottimo diritto fece menzione della mortificazione, con vocabolo evangelico, chiamiamo rinnegamento di se stessi, poiché è in questa massima che sta racchiusa la fortezza e si contiene la virtù e tutto il frutto del ministero sacerdotale, mentre, trascurata questa, nasce ciò che nei costumi del sacerdote può offendere gli occhi e gli animi dei fedeli. Perché, se alcuno agisca per turpe guadagno, se si intrichi nei negozi del mondo, se desideri i primi posti e disprezzi gli altri, se accontenti la carne ed il sangue, se cerchi di piacere agli uomini, se confidi nelle persuasive dell'umana sapienza, tutto questo di qui procede: dal trascurare il comandamento di Cristo e dal non accettare la condizione da lui imposta: “Si quis vult post me venire, abneget semetipsum” 973.

Un Principe di Santa Chiesa, dopo di avere bene meditato l'"Esortazione al Clero Cattolico” del nostro Beato, così esprimeva la propria ammirazione:
"Parole sante del santo Pio X ai sacerdoti nel 50.mo anniversario della sua Ordinazione Sacerdotale, degne di essere tenute in costante ricordo da tutti coloro che sono stati chiamati al servizio dell'altare.
"Sono le effusioni del cuore di un vero sacerdote formato come quello del suo Maestro Divino, come Sacerdote e Vescovo e come sotto il peso del Pontificato Supremo.

"Possano le parole ardenti del santo Pontefice, per undici anni Vicario di Cristo sulla terra, ristorare, rafforzare e rendere permanenti nei cuori di tutti i sacerdoti gli insegnamenti fondamentali contenuti in queste parole” 974.

AMDG et BVM

San Pio X (Giuseppe Sarto) Papa



San Pio X (Giuseppe Sarto) Papa
21 agosto // 3 settembre
Riese, Treviso, 2 giugno 1835 - Roma, 21 agosto 1914

(Papa dal 09/08/1903 al 20/08/1914)
Giuseppe Sarto, vescovo di Mantova (1884) e patriarca di Venezia (1893), sale alla cattedra di Pietro con il nome di Pio X. È il primo Papa dell’età contemporanea a provenire dal ceto contadino e popolare, seguito 65 anni dopo da Papa Giovanni XXIII. È uno dei primi pontefici ad aver percorso tutte le tappe del ministero pastorale, da cappellano a Papa. È il pontefice che nel Motu proprio «tra le sollecitudini» (1903) afferma che la partecipazione ai santi misteri è la fonte prima e indispensabile alla vita cristiana. Difende l’integrità della dottrina della fede, promuove la comunione eucaristica anche dei fanciulli, avvia la riforma della legislazione ecclesiastica, si occupa della Questione romana e dell’Azione Cattolica, cura la formazione dei sacerdoti, fa elaborare un nuovo catechismo, favorisce il movimento biblico, promuove la riforma liturgica e il canto sacro. (Avvenire)

Etimologia: Pio = devoto, religioso, pietoso (signif. Intuitivo)
Martirologio Romano: Memoria di san Pio X, papa, che fu dapprima sacerdote in parrocchia e poi vescovo di Mantova e patriarca di Venezia. Eletto, infine, Pontefice di Roma, si propose come programma di governo di ricapitolare tutto in Cristo e lo realizzò in semplicità di animo, povertà e fortezza, promuovendo tra i fedeli la vita cristiana con la partecipazione all’Eucaristia, la dignità della sacra liturgia e l’integrità della dottrina.
(20 agosto: A Roma, anniversario della morte di san Pio X, papa, la cui memoria si celebra domani).
 


Le ragioni della profonda crisi della Fede e della Chiesa, che con costernazione molti cattolici osservano e vivono oggi, sono quelle individuate con logica e realismo da san Pio X, il grande Pontefice riformatore e restauratore che guidò la Chiesa nel primo Novecento fino allo scoppio della prima Guerra mondiale. Il centenario del suo dies natalis, 20 agosto 1914 – 20 agosto 2014, viene così a cadere in un tempo in cui l’obiettivo del suo Magistero, Instaurare omnia in Christo, diventa di sorprendente attualità: come allora Papa Sarto, di fronte agli assalti secolarizzanti del liberalismo e del modernismo, vide come unico rimedio la necessità di ricapitolare ogni cosa in Cristo, così oggi le parole di San Paolo diventano insegnamento di urgente attuazione per difendere la Chiesa da quei mali fotografati, esaminati e analizzati nell’enciclica Pascendi Dominici Gregis che San Pio X scrisse nel 1907 e che resta, nel Magistero petrino, uno dei documenti più importanti e più celebri di tutti i tempi.

San Pio X avviò un piano santamente ambizioso e di riforma generale poiché non solo le forze nemiche, liberali e massoniche, minacciavano la Chiesa, e i semi avvelenati del liberalismo e del modernismo (termine presente per la prima volta nella Pascendi) avevano ormai attecchito con successo in alcuni ambienti “cattolici”, sia nel clero, sia fra i laici; ma si era andato formando, in particolare sotto il Pontificato di Leone XIII, un clima di stanchezza e di apatia nei Seminari, nelle parrocchie e persino nelle celebrazioni delle Santa Messe, dove erano entrati addirittura canti profani, bande musicali, arie di opere liriche… fra le azioni di Papa Sarto ci fu anche la Riforma della musica sacra: avvalendosi della consulenza di un eccellente esperto e compositore come Lorenzo Perosi (1872-1956), diede al canto gregoriano la preminenza assoluta nella Liturgia.

Il Modernismo, definito nella Pascendi, «sintesi di tutte le eresie», tentava di coniugare Vangelo e positivismo, Chiesa e mondo, filosofia moderna e teologia cattolica; esso aveva visto i suoi albori in Francia, dove si era consumata la Rivoluzione che aveva abolito il diritto divino, incoronando la «dea ragione». Il motto «liberté, egalité, fraternité», che aveva prodotto il testo giuridico della Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen (26 agosto 1789), divenne, lungo i decenni, il lite motive di molti pensatori cristiani che decisero di inchinarsi al mondo, senza più condannare gli errori e senza più preservare l’integrità della dottrina della Fede. Fu proprio contro questa mentalità che San Pio X decise di combattere al fine di tutelare gli interessi di Dio e della Sposa di Cristo.

Profonda Fede, amore immenso per la Chiesa, grande umiltà e grande sensibilità. Uomo dalle poche parole e dai molti fatti, era sempre teso a compiere la volontà di Dio, anche quando, chiamato ad alte mansioni, sentiva tutto il peso gravoso delle responsabilità; ma una volta accolto l’impegno, la sua preoccupazione era quella di rispettare e far rispettare leggi e principi divini, senza distrazioni verso il rispetto umano e il consenso delle opinioni del mondo. Non cercò mai i riflettori, ma soltanto la difesa dei diritti del Creatore e la salvezza delle anime.

Dal campanile di Riese, dove nacque il 2 giugno 1935, passò a quelli di Salzano e di Treviso per poi arrivare a quello di San Marco a Venezia e approdare a quello di San Pietro a Roma, tuttavia rimase sempre identico a se stesso: libero da ogni passione terrena, continuò a voler vivere in povertà, come lasciò scritto nel suo Testamento: «Nato povero, vissuto povero e sicuro di morir poverissimo». Povertà per sé, ma non per Dio: non lesinava mai corredi e paramenti nella Sacra Liturgia.

San Pio X si caratterizza per la sua formazione tomista, per il suo sano e disincantato realismo, per la sua tangibile pastoralità (vicina ai reali e non demagogici problemi), per il suo attaccamento alla Fede e non all’ideologia, per il suo tenere le distanze dalla politica; ma proprio per questo suo atteggiamento di pastore-missionario fu sempre stimato e rispettato in vita. Questo Pontefice, seppure con discrezione ed umiltà, come era di sua natura, è diventato interprete determinato e determinate della Chiesa militante e continua, senza rumore, ma nel proficuo e fertile silenzio di Dio, a fare scuola.

Diede vita ad un’immensa opera di restaurazione con l’obiettivo di Instaurare omnia in Christo, come ebbe a scrivere nella sua enciclica programmatica E Supremi Apostolatus del 4 ottobre 1903:

«Le ragioni di Dio sono le ragioni Nostre; è stabilito che ad esse saranno votate tutte le Nostre forze e la vita stessa. Perciò se qualcuno chiederà quale motto sia l’espressione della Nostra volontà, risponderemo che esso sarà sempre uno solo: “Rinnovare tutte le cose in Cristo».

Agì su due fronti: da un lato riformò e dall’altro condannò.
Riformare per restaurare. Dirà lo spagnolo Cardinale Rafael Merry del Val, non solo Segretario di Stato di San Pio X, ma suo braccio destro, suo confidente, suo amico d’anima:

«La riforma della curia romana, la fondazione dell’istituto Biblico, l’erezione dei seminari centrali e la legislazione per una migliore formazione del clero, la nuova disciplina per la prima – per la frequente – comunione, la restaurazione della musica sacra, il suo poderoso atteggiamento contro i fatali errori del cosiddetto modernismo e la sua energica difesa della libertà della Chiesa in Francia, in Germania, in Portogallo, in Russia e altrove – per non parlare di molti atri atti di governo – basterebbero indubbiamente per additare Pio X come un grande pontefice e un eccezionale condottiero di uomini. Posso attestare che tutto questo enorme lavoro fu dovuto principalmente, e spesso elusivamente, al suo progetto e alla sua iniziativa personale. La storia non si limiterà a proclamarlo semplicemente un papa la cui “bontà” nessuno sarebbe capace di mettere in questione».

Quel suo passato da cappellano a Tombolo (1858-1867); da parroco a Salzano (1867-1875); da canonico, da Direttore di Seminario, da cancelliere, da Vicario capitolare a Treviso (1875-1884); da Vescovo di Mantova (1884-1893); da Cardinale e Patriarca di Venezia (1893-1903), fu basilare per il gigantesco piano riformatore che mise in moto durante il suo Pontificato, che durò 11 anni, dal 1903 al 1914.

Quando Giuseppe Sarto divenne sacerdote (18 settembre 1858), si dedicò subito e con particolare attenzione all’istruzione catechistica, considerando l’ignoranza religiosa il primo grave problema che un ministro di Dio deve affrontare. «Frequentare la Messa», diceva, «e ignorare le verità della fede sono cose che si elidono a vicenda, perché non è possibile accettare verità che non si conoscono». Diede così vita al Catechismo Maggiore (1905) e al Catechismo della dottrina cristiana (1912), maggiormente divulgato.

Diede anche avvio alla formulazione di un Codice di Diritto canonico, il Codex iuris canonici, mai esistito nella Chiesa. Era un’esigenza viva e sentita da Vescovi e canonisti. E finalmente volle dare rimedio al caos delle norme, alla poca chiarezza di molte di esse, alla contraddittorietà delle une e delle altre che andavano spesso a elidersi a vicenda e alla difficoltà del reperimento di fonti certe, tanto che molte erano persino sconosciute a chi avrebbe dovuto servirsene.

Il Codex, dove sono presenti spirito di Fede, intransigenza sui principi e profonda pietà, è risultato essere un grande strumento di utilità pastorale, sovvenendo così alle nuove ed inedite necessità organizzative e funzionali che si sono presentate alla Chiesa del XX secolo e, allo stesso tempo, si inserisce a pieno titolo nel programma di restaurazione cattolica che caratterizza il Pontificato di San Pio X.

L’Eucaristia fu un asse portante della dottrina pastorale di Giuseppe Sarto. Già Patriarca egli raccomandava vivamente la Santa Messa quotidiana. Il decreto Sacra Tridentina Synodus (1905) verte sulla comunione frequente, mentre il decreto Quam singulari (1910) sull’anticipazione «all’età dell’uso della ragione» (7 anni) della prima comunione. Atti molto innovativi, che mettevano al centro della vita di ogni fedele, come della stessa Chiesa, Gesù Eucaristico. La ragione per cui volle anticipare la prima comunione era per rispondere all’esigenza di preservare il più possibile l’innocenza nei bambini, quell’innocenza che oggi la civiltà laica e senza Cristo fa di tutto per violare ed infrangere.

Né si può tralasciare la sua ampia azione di denuncia contro le leggi anticristiane della Francia. Ricordiamo, in particolare, la Lettera all’episcopato francese Notre charge apostolique (1910), contro la concezione secolarizzata della democrazia.

Uomo di profonda e riflessiva intelligenza, non aveva difficoltà alcuna a parlare con tutti, ad ascoltare tutti, ad avere un atteggiamento di carità concreta (i suoi agiografi ne hanno registrato l’immensa portata, oltre che descrivere grazie e miracoli ottenuti per sua intercessione e ancora in vita) e intellettuale con ogni individuo: traboccante di umiltà, non fu mai né altero, né superbo, neppure quando venne avviato il piano repressivo nei confronti dei modernisti; il suo cuore rimase sempre generosamente evangelico, seppure fieramente dalla parte di Cristo. Spirito né settario, né fanatico, egli fu realmente cattolico e la sua intransigenza in materia di Fede non si trasformò mai in zelo amaro. Rimase sempre padre misericordioso e curato d’anime.

Sapienza e fecondità sono presenti nelle sue sedici encicliche, documenti sentiti, partecipati, vissuti e supportati da una Fede adamantina che esige di essere applicata. In esse si coglie la gioia della Buona Novella dell’uomo di Dio che dai tetti annuncia la rivelazione del Salvatore a tutte le genti e trasmette un unico insegnamento, quello di Gesù Cristo, a dispetto di chi vorrebbe silenziarlo, oppure profanarlo, oppure cambiarne il significato a proprio piacimento.


Autore: Cristina Siccardi




Fu il primo papa dell’età contemporanea a provenire dal ceto contadino e popolare, seguito 65 anni dopo da papa Giovanni XXIII anch’egli di origini contadine, ma fu senz’altro uno dei primi pontefici ad aver percorso tutte le tappe del ministero pastorale, da cappellano a papa.

Giuseppe Melchiorre Sarto nacque a Riese (Treviso), oggi Riese Pio X, il 2 giugno 1835, secondo dei 10 figli di Giovanni Battista Sarto e Margherita Sanson; il padre era messo comunale e nel tempo libero coltivava un piccolo appezzamento di terreno.

Sin da ragazzo dimostrò forza di carattere e tenace volontà; serenamente sopportava i sacrifici imposti dalla condizione povera della famiglia, percorse per anni ogni giorno a piedi, spesso scalzo, la strada che conduce da Riese a Castelfranco per poter frequentare la scuola.

Dotato di predisposizione allo studio, fu aiutato da alcuni sacerdoti e poi dal patriarca di Venezia, anch’egli originario di Riese, che gli offrì un posto gratuito nel Seminario di Padova, a quell’epoca uno dei migliori d’Italia e anche qui ben presto si notò la ricchezza della sua indole, dotata di notevole equilibrio.

Quando aveva 17 anni, nel 1852, morì il padre e gli amministratori del piccolo Municipio di Riese, per aiutare la numerosa famiglia, offrirono al giovane Giuseppe l’impiego occupato dal padre.

Ma l’eroica madre Margherita, rifiutò l’offerta, perché il ‘Bepi’ doveva seguire la sua vocazione sacerdotale; avrebbe pensato lei con il suo lavoro di sarta, a portare avanti la famiglia, lavorando notte e giorno.

Fu ordinato sacerdote a 23 anni (settembre 1858) e subito nominato cappellano a Tombolo (Padova) piccola parrocchia di campagna, dove giunse il 29 novembre 1858, qui profuse le giovani forze nell’apostolato e nel ministero sacerdotale per ben nove anni.

Essendo risultato primo al concorso, fu nominato nel 1867 parroco a Salzano, grosso borgo della provincia veneziana, dove rimase per circa nove anni.

Dotato di una salute di ferro, di un’energia che non conosceva debolezza e di una sorprendente capacità di rapportarsi con gli altri, egli si diede anima e corpo all’attività parrocchiale, suscitando l’ammirazione dei parrocchiani e dei confratelli sacerdoti.

Nel novembre 1875 il vescovo di Treviso lo chiamò presso di sé nominandolo Canonico della Cattedrale, Cancelliere della Curia Vescovile, Direttore spirituale del Seminario; incarichi di prestigio per il giovane sacerdote Giuseppe Sarto (aveva 40 anni), il quale trascorreva la mattina al vescovado e il pomeriggio in Seminario.

Adempiva ai suoi compiti con dedizione e competenza, la sua sollecitudine gli faceva portare a casa le pratiche non ancora evase che sbrigava anche nelle ore notturne, la sua buona salute gli consentiva di recuperare le forze con appena 4-5 ore di sonno.

Il suo modo di agire, pieno di comprensione verso gli altri e il suo amore particolare per i poveri, gli guadagnarono l’affetto e la stima di tutti, cosicché nessuno si meravigliò quando nel settembre 1884, papa Leone XIII lo nominò vescovo di Mantova.

La diocesi mantovana attraversava un periodo particolarmente difficile, sia al suo interno, sia con il potere civile, ma il modesto prete Giuseppe Sarto, conosciuto per la fama di oratore brillante e per la sua grande carità, si rivelò un capo, con uno spirito realistico, pronto a cogliere il nodo dei problemi e a trovarne le soluzioni pratiche, con una bonarietà sorridente ma che all’occorrenza sapeva accompagnarla con una fermezza innata.

Seppe pacificare gli animi e avviò un profondo rinnovamento della vita cristiana in tutta la diocesi; incoraggiò l’affermarsi delle cooperative operaie; formatosi sotto papa Pio IX e nel clima reazionario della monarchia asburgica, alla quale il Veneto fino al 1866 era soggetto, mons. Sarto era considerato un “intransigente”, che condannava il liberalismo e lo spirito di apertura alla mentalità moderna.
Erano problemi che agitavano la Chiesa del post Stato Pontificio e la ventata di modernismo proveniente da tanti settori della società, vedeva nelle diocesi italiane il contrapporsi di ideologie, con vescovi permissivi e altri intransigenti alle aperture.

Papa Leone XIII apprezzando il suo operato, lo elevò alla dignità cardinalizia il 12 giugno 1893 con il titolo di San Bernardo alle Terme e il 15 giugno lo destinava alla sede patriarcale di Venezia, anch’essa in una situazione particolarmente difficile. 

Ma il suo ingresso poté avvenire solo il 24 novembre 1894, perché mancava il beneplacito del Governo Italiano; il re d’Italia Umberto I°, sosteneva di avere il diritto di scelta del patriarca per un antico privilegio della Repubblica Veneta, ma alla fine dopo 17 mesi si addivenne ad un compromesso.

Pur avendo conservato un certo attaccamento sentimentale per Francesco Giuseppe, il sovrano austriaco dei suoi primi trent’anni, al contrario dell’ambiente di curia, il patriarca Sarto manifestò verso la Casa Savoia e il giovane Regno d’Italia un atteggiamento più conciliante, ormai convinto che indietro non si sarebbe più ritornati.

Riteneva necessario preparare un progressivo riavvicinamento tra la nuova Italia e la Santa Sede, risolvendo la ‘Questione Romana’ e salvaguardando tutto ciò che vi era di essenziale sotto l’aspetto spirituale, ma abbandonando ciò che era transitorio nelle posizioni prese da papa Pio IX, dopo l’occupazione dello Stato Pontificio e perseguite anche da papa Leone XIII.

Incurante delle critiche e dello stupore di alcuni, non esitò ad indurre i cattolici veneziani ad allearsi con i liberali moderati, per far cadere l’amministrazione comunale massonica, che aveva soppresso il catechismo nelle scuole e fatto togliere il crocifisso negli ospedali.

Mobilitò i parroci e i gruppi di Azione Cattolica, moltiplicò le riunioni dei comitati, governò la stampa cattolica; il suo avvicinamento all’Italia ufficiale, era dettato da un realismo pastorale e non per simpatia all’ideologia liberale e modernista che personalmente rifiutò sempre.

A Venezia ci fu una fioritura della vita religiosa, gli adulti venivano istruiti nella fede e organizzati in Associazioni religiose; i bambini venivano preparati alla Prima Comunione e Cresima con particolare impegno, le celebrazioni liturgiche presero nuovo decoro con la solennità dei canti sacri.

In questo periodo conobbe il giovane Lorenzo Perosi, ne ammirò il talento musicale, lo aiutò e incoraggiò a diventare sacerdote, gli affidò la riforma del canto liturgico prima a Venezia e poi a Roma.

Amò i poveri, ai quali donava tutto quello che possedeva, giunto a Venezia non volle una porpora cardinalizia nuova, ma fece riadattare dalle sue sorelle che l’avevano seguito, quella vecchia del suo predecessore, donando ai poveri la somma equivalente per una nuova. 

Pur essendo ostile al socialismo e al liberalismo, non mancò, come a Mantova, di preoccuparsi di tutto quanto potesse migliorare le condizioni di vita degli operai, incoraggiò le Casse Operaie parrocchiali, le Società di Mutuo Soccorso, gli uffici di collocamento popolare e per indirizzare il clero in questa direzione, istituì nel 1895 una cattedra di scienze economiche e sociali nel Seminario.

A Venezia amò tutti ed era amato da tutti; il 15 ottobre 1893 il cardinale era al capezzale dell’anziana madre morente, la quale aveva espresso il desiderio prima di morire di vedere il figlio vestito dei suoi abiti cardinalizi e lui volle accontentarla, si presentò all’improvviso quel mattino e la madre vedendolo esclamò con stupore: “Ah Bepi, sè tutto rosso!…” e lui: “E vu mare, sè tutta bianca!”.

Il 20 luglio 1903 ad oltre 93 anni, morì papa Leone XIII, che aveva governato la Chiesa oltre 25 anni e il patriarca di Venezia card. Sarto partì alla volta di Roma, alla stazione ferroviaria una gran folla lo circondò per salutarlo ed egli commosso rassicurò loro “Vivo o morto ritornerò”, del resto il biglietto per il treno che gli era stato offerto, era di andata e ritorno.

Quelle parole furono profetiche, perché il patriarca Sarto non tornò più a Venezia perché eletto papa; ma un suo successore, papa Giovanni XXIII, anch’egli patriarca della città lagunare, autorizzò il ritorno dell’urna con il corpo dell’ormai santo Pio X, che avvenne trionfalmente il 12 aprile 1959; l’urna esposta nella Basilica di San Marco, rimase a Venezia per un mese fino al 10 maggio, a ricevere il saluto e la venerazione dei suoi veneziani.

Il Conclave che seguì fu uno dei più drammatici, perché fu l’ultimo in cui venne esercitata “l’esclusiva” di un governo cattolico nei confronti di un papabile sgradito.

Il candidato più autorevole a succedere a Leone XIII era il suo Segretario di Stato card. Mariano Rampolla del Tindaro, ritenuto dal governo asburgico un continuatore della politica di sostegno dei cristiano-sociali in Austria e Ungheria e favorevole alle aspirazioni indipendentiste degli Slavi nei Balcani; il cardinale di Cracovia si fece portatore del veto imperiale contro Rampolla, fra le proteste del Decano del Sacro Collegio Cardinalizio e di altri cardinali, per l’ingerenza del potere civile.
Ad ogni modo il conclave durato quattro giorni designò il 3 agosto 1903, il patriarca di Venezia nuovo pontefice, nonostante le sue implorazioni a non votarlo, il quale alla fine accettò prendendo il nome di Pio X.

Il suo pontificato durò 11 anni, rompendo la sua personale cadenza negli incarichi ricevuti che furono stranamente sempre di nove anni; 9 anni in Seminario, 9 come cappellano a Tombolo, 9 anni come parroco a Salzano, 9 come canonico e direttore del Seminario a Treviso, 9 come vescovo di Mantova e 9 come patriarca di Venezia.

Aveva 68 anni quando salì al Soglio Pontificio instaurando una linea di condotta per certi versi di continuità con i due lunghissimi pontificati di Pio IX e Leone XIII che l’avevano preceduto, specie in campo politico, ma anche di rottura con certi schemi ormai consolidati, ad esempio, sebbene di umili origini egli rifiutò sempre di elargire benefici alla famiglia, come critica verso certi nepotismi e favoritismi più o meno evidenti, fino allora praticati.

Suo Segretario di Stato fu il card. Merry del Val, con il quale si dedicò ad una riaffermazione ben chiara dei diritti della Chiesa e ad una strategia ad ampio raggio per ristabilire l’ordine sociale secondo il volere di Dio.

Davanti ai grandi progressi di un liberalismo prevalentemente antireligioso, di un socialismo prevalentemente materialista e di uno scientismo presuntuoso, Pio X avvertì la necessità di erigere il papato contro la modernità, spezzando ogni tentativo di avviare un compromesso efficace tra i cattolici e la nuova cultura.

Con l’enciclica “Pascendi” del 1907 condannò il ‘modernismo’; in campo politico riprese la linea intransigente di Pio IX, egli considerava la separazione della Chiesa dallo Stato come un sacrilegio, gravemente ingiuriosa nei confronti di Dio al quale bisogna rendere non solo un culto privato ma anche uno pubblico.
La riaffermazione del potere papale, dopo le vicissitudini della caduta dello Stato Pontificio, portarono con il pensiero di Pio X ad identificare l’istituzione papale con la Chiesa intera, la Santa Sede con il popolo di Dio.

Non si può qui fare una completa panoramica del suo pontificato, vissuto alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e del sorgere della Rivoluzione Russa, e in pieno affermarsi dei nuovi movimenti di pensiero come il modernismo, il liberalismo, infiltrati di materialismo e spirito antireligioso, con una Massoneria dilagante.

Centinaia di libri sono stati scritti su quel vivace periodo, ne citiamo uno: “Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia” di Pietro Scoppola, Bologna, 1961.

Il 20 gennaio 1904 papa Pio X reduce dal drammatico conclave che l’aveva eletto, stabilì che nessun potere laico esterno, potesse opporre un veto nell’elezione del pontefice e fulminò con scomunica quei cardinali che si prestassero a fare da portavoce, anche del semplice desiderio o indicazione di uno Stato.

Pio X che amava presentarsi come un “buon parroco di campagna” aveva in realtà notevoli doti e non era affatto sprovvisto di cultura, leggeva numerose opere, parlava e leggeva il francese, possedeva un gusto artistico e protesse i tesori d’arte della Chiesa; cultore della musica, amò il canto liturgico.

Uomo di grandezza morale, viveva in Dio e di Dio, esercitava le virtù cristiane fino all’eroismo, con una umiltà diventata la sua seconda natura senza la minima ostentazione; una effettiva povertà e un atteggiamento di distacco di fronte a se stesso che non abbandonava mai; una fede e una fiducia nella Provvidenza origine di quella serenità interiore che si poteva ammirare in lui; inoltre una carità che destava la meraviglia dei dignitari del Vaticano.

“Instaurare omnia in Christo” era il motto di papa Pio X e con la forza e la costanza che gli erano proprie, cercò di attuare in tutti campi questa restaurazione della società cristiana a partire dalla Chiesa; riformò profondamente la Curia Romana e le varie Congregazioni, fece redigere un nuovo Codice di Diritto Canonico; applicò le norme per la Comunione frequente e per i bambini; riformò la Liturgia togliendo dal Messale molte cose inutili, riportò al ciclo delle domeniche, il posto che era stato usurpato dal ciclo dei Santi; sollecitò il canto e la musica nelle funzioni sacre; istituì l’obbligo del catechismo a piccoli e grandi e che da lui si chiamò “Catechismo di Pio X”.

Verso la fine del suo pontificato, sull’Europa si addensavano nubi minacciose di guerra, che coinvolgevano molti Stati cattolici in contrasto fra loro.

Dopo l’attentato di Sarajevo all’arciduca ereditario Francesco Ferdinando, seguì il 28 luglio 1914 l’attacco dell’Austria alla Serbia e man mano il conflitto si estese a tutta l’Europa; per papa Pio X, già da tempo sofferente di gotta e quasi ottantenne, fu l’inizio della fine, il suo stato di salute e il deperimento fisico si accentuò e dopo una bronchite trasformatosi bruscamente in polmonite acuta, il pontefice morì nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1914; fu sepolto nelle Grotte Vaticane.

In vita era indicato come un “Papa Santo”, perché correva voce di guarigioni avvenute toccando i suoi abiti, ma lui sorridendo correggeva: “Mi chiamo Sarto non Santo”. Fu beatificato il 3 giugno 1951 da papa Pio XII e proclamato santo dallo stesso pontefice il 29 maggio 1954; la sua urna si venera nella Basilica di S. Pietro.


Autore: Antonio Borrelli




Fu Papa dal 9 agosto 1903 al 20 agosto 1914: morì un mese dopo lo scoppio della prima guerra mondiale. Il suo nome è legato soprattutto al nuovo catechismo (gli stava molto a cuore la formazione di chi si professa cristiano). Lottò contro il modernismo, ma allentò il non expedit (che teneva lontani i cattolici dalla vita socio-politica del Paese). E sdoganò il tango (condannato dai vescovi francesi). La figura di  Giuseppe Melchiorre Sarto, diventato papa Pio X, è interessante e poliedrica. Controversa, anche. Ma appassionata e appassionante.

Giuseppe Melchiorre Sarto nacque a Riese, comune che dal 1952 ha assunto la denominazione di Riese Pio X, in provincia di Treviso, secondo di dieci figli in una famiglia modesta. Suo padre Giovanni Battista (1792-1852) era fattore e sua madre, Margherita Sanson (1813-1894), sarta. Egli si distinse da molti suoi predecessori e successori proprio per il fatto che il suo cursus honorum fu esclusivamente pastorale senza alcun impegno presso la curia o nell'attività diplomatica della Santa Sede. Fu ordinato prete nel 1858 dal vescovo di Treviso, Giovanni Antonio Farina, e divenne cappellano della parrocchia di Tombolo. Nel 1867 fu promosso arciprete di Salzano e poi, nel 1875, canonico della cattedrale di Treviso, cancelliere vescovile e fungendo nel contempo da direttore spirituale nel seminario diocesano, esperienza della quale serberà sempre un ottimo ricordo.

Il 10 novembre 1884 fu nominato vescovo di Mantova e in questa veste partecipò al primo Congresso catechistico nazionale tenutosi a Piacenza tra il 24 e il 26 settembre 1889 invocando «un catechismo popolare storico-dogmatico-morale redatto in domande brevi e risposte brevissime» comune per tutta Italia poiché riteneva che il catechismo del Bellarmino «tornasse molto difficile alle menti rozze non solo dei bambini, ma anche degli adulti che in questa parte sono quasi geniti infantes».

Successivamente ricoprì la carica di patriarca di Venezia. Il governo italiano rifiutò peraltro inizialmente il proprio avallo, detto exequatur, asserendo che la nomina del patriarca di Venezia spettava al Re e che, inoltre, Sarto era stato scelto su pressione del governo dell'Impero austro-ungarico. Giuseppe Sarto dovette quindi attendere ben 18 mesi prima di poter assumere la guida pastorale del patriarcato di Venezia. Con la nomina a patriarca egli ricevette pure la berretta cardinalizia nel concistoro del 12 giugno 1893. 

Tempo dieci anni e nel 1903, alla morte di Leone XIII, il cardinale Sarto fu eletto Papa. Il candidato più probabile al soglio di Pietro, in realtà, era considerato il Segretario di Stato Rampolla. All'apertura del conclave il 1º agosto 1903, la sorpresa: il cardinale Puzyna, arcivescovo di Cracovia, disse che l'imperatore d'Austria-Ungheria Francesco Giuseppe, usando un suo antico privilegio quale sovrano di un impero cattolico, poneva il veto all'elezione del cardinale Rampolla. I motivi del veto sarebbero stati non soltanto politici, in particolare la vicinanza del Rampolla alla Francia e le sue idee più aperte, ma anche personali; il Rampolla quale Segretario di Stato avrebbe infatti cercato di influenzare Leone XIII a negare una sepoltura cristiana all'arciduca Rodolfo d'Asburgo-Lorena, suicidatosi durante i cosiddetti Fatti di Mayerling. Nonostante l'indignazione di molti cardinali il conclave decise comunque di obbedire alla volontà dell'imperatore, così la candidatura di Rampolla sfumò e i suffragi si orientarono sul patriarca di Venezia, che fu eletto il 4 agosto e incoronato il 9. Prese il nome di Pio X in onore dei suoi immediati predecessori Pio VI, Pio VII, Pio VIII e Pio IX. Scelse come motto del suo pontificato Instaurare omnia in Christo (Efesini 1,10) e lo attuò con coraggio e fermezza.

Una delle prime decisioni di Pio X fu proprio l'abolizione (con la costituzione apostolica Commissum nobis) del cosiddetto veto laicale, che spettava ad alcuni sovrani cattolici e a causa del quale egli era divenuto Pontefice. Il nuovo Papa, consapevole di non avere alcuna esperienza diplomatica né una vera e propria formazione universitaria, seppe scegliere dei collaboratori competenti come il giovane cardinale Rafael Merry del Val y Zulueta, di soli 38 anni, poliglotta e direttore della Pontificia accademia ecclesiastica, che fu nominato segretario di Stato. Stante la propria inesperienza, Pio X lasciò a Merry del Val sostanzialmente campo libero nella conduzione della diplomazia vaticana. Papa Pio X rimase sempre semplice e umile e in Vaticano visse parcamente, assistito dalle sorelle, in un appartamento fatto allestire appositamente. Caratteristico e storicamente importante fu l'indirizzo teologico che diede alla Chiesa cattolica durante tutto il suo pontificato, la cui linea può essere definita sinteticamente come tradizionalista, in particolare per la lotta ingaggiata contro il modernismo attraverso l'enciclica Pascendi Dominici Gregis e il decreto Lamentabili Sane Exitu, a cui seguì l'approvazione personale del Sodalitium Pianum, una rete di informazione che indagava su teologi e docenti sospettati di modernismo. Si stava infatti diffondendo all'interno del mondo cattolico e in ampi settori della stessa gerarchia ecclesiale, una sorta di rivisitazione filosofica della teologia cattolica sotto l'effetto dello scientismo di fine Ottocento. In risposta al modernismo teologico, Pio X introdusse dal 1º settembre 1910 il giuramento della fede per tutti i membri del clero.

Pio X avviò anche la riforma del diritto canonico, che culminerà nel 1917 con la promulgazione del Codice di diritto canonico, e a redigere il Catechismo che porta il suo nome (Catechismo di Pio X, 1905). Anche sul piano della gestione patrimoniale fu lui a unificare i redditi dell'obolo di San Pietro e quelli del patrimonio del Vaticano. Ma, soprattutto, riformò la Curia romana con la costituzione Sapienti consilio del 29 giugno 1908, sopprimendo vari dicasteri divenuti inutili.  Il nome di Pio X è legato anche alla riforma del canto gregoriano. Con il Motu proprio Tra le sollecitudini (22 novembre 1903)[2], il pontefice impose il canto gregoriano nella liturgia e fornì precise istruzioni circa l'uso della musica nelle cerimonie religiose. Pio X creò il primo cardinale sudamericano della storia della Chiesa. L'11 dicembre 1905 elevò a questa dignità ecclesiastica il vescovo brasiliano Joaquim Arcoverde Cavalcanti.

L'8 agosto 1910 il Pontefice emanò il decreto Quam singulari Christus amore con il quale ripristinò l'età della Prima comunione e della Prima confessione dei bambini all'età dell'uso della ragione, cioè intorno ai sette anni. Tale età era stata fissata dai concili Lateranense IV (1215) e Tridentino (13a Sessione, 1551-1552); successivamente era stata modificata per influsso del giansenismo.

Con l'enciclica Il Fermo Proposito dell'11 giugno 1905 Pio X allentò le restrizioni del Non expedit (ossia il fermo divieto per tutti i cattolici italiani di partecipare alla vita politica) di papa Pio IX. Gli storici sostengono che lo fece soprattutto per arginare i consensi verso le forze socialiste. Pio X, nel testo dell'enciclica, elargisce la "benigna concessione" di dispensarli da tale divieto, specialmente nei "casi particolari" in cui essi ne riconoscano "la stretta necessità pel bene delle anime e per la salvezza delle loro chiese"; e li invita anzi a perseguire la seria attività "già lodevolmente spiegata dai cattolici per prepararsi con una buona organizzazione elettorale alla vita amministrativa dei Comuni e dei Consigli provinciali", così da favorire e promuovere "quelle istituzioni che si propongono di ben disciplinare le moltitudini contro l'invadenza predominante del socialismo".

Proprio nei primi giorni della prima guerra mondiale, Pio X morì per una cardiopatia (probabilmente di pericardite) il 20 agosto 1914. Fu beatificato il 3 giugno 1951 e canonizzato il 29 maggio 1954 durante il pontificato di Pio XII. La festa fu originariamente fissata al 3 settembre. Il calendario del Novus Ordo Missae la prevede il 21 agosto.  La sua salma è tumulata all'interno della Basilica di San Pietro in Vaticano. È il patrono della Fraternità Sacerdotale San Pio X ed è anche compatrono secondario della città di Venezia in ricordo di quegli anni trascorsi come Patriarca.

AMDG et BVM