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mercoledì 4 ottobre 2023

GIGANTE DELLA SANTITA'

 

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BENEDETTO XVI



UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 27 gennaio 2010
  

 

 

San Francesco d'Assisi

Cari fratelli e sorelle,

in una recente catechesi, ho già illustrato il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da san Francesco d’Assisi e da san Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo. Oggi vorrei presentarvi la figura di Francesco, un autentico “gigante” della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione.

“Nacque al mondo un sole”. Con queste parole, nella Divina Commedia (Paradiso, Canto XI), il sommo poeta italiano Dante Alighieri allude alla nascita di Francesco, avvenuta alla fine del 1181 o agli inizi del 1182, ad Assisi. Appartenente a una ricca famiglia – il padre era commerciante di stoffe –, Francesco trascorse un’adolescenza e una giovinezza spensierate, coltivando gli ideali cavallereschi del tempo. A vent’anni prese parte ad una campagna militare, e fu fatto prigioniero. Si ammalò e fu liberato. Dopo il ritorno ad Assisi, cominciò in lui un lento processo di conversione spirituale, che lo portò ad abbandonare gradualmente lo stile di vita mondano, che aveva praticato fino ad allora. Risalgono a questo periodo i celebri episodi dell’incontro con il lebbroso, a cui Francesco, sceso da cavallo, donò il bacio della pace, e del messaggio del Crocifisso nella chiesetta di San Damiano. Per tre volte il Cristo in croce si animò, e gli disse: “Va’, Francesco, e ripara la mia Chiesa in rovina”. Questo semplice avvenimento della parola del Signore udita nella chiesa di S. Damiano nasconde un simbolismo profondo. Immediatamente san Francesco è chiamato a riparare questa chiesetta, ma lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la vita, con un clero poco zelante, con il raffreddarsi dell’amore; una distruzione interiore della Chiesa che comporta anche una decomposizione dell’unità, con la nascita di movimenti ereticali. Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo. Questo avvenimento, accaduto probabilmente nel 1205, fa pensare ad un altro avvenimento simile verificatosi nel 1207: il sogno del Papa Innocenzo III. Questi vede in sogno che la Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, sta crollando e un religioso piccolo e insignificante puntella con le sue spalle la chiesa affinché non cada. E’ interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita. Innocenzo III era un Papa potente, di grande cultura teologica, come pure di grande potere politico, tuttavia non è lui a rinnovare la Chiesa, ma il piccolo e insignificante religioso: è san Francesco, chiamato da Dio. Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento.

Ritorniamo alla vita di san Francesco. Poiché il padre Bernardone gli rimproverava troppa generosità verso i poveri, Francesco, dinanzi al Vescovo di Assisi, con un gesto simbolico si spogliò dei suoi abiti, intendendo così rinunciare all’eredità paterna: come nel momento della creazione, Francesco non ha niente, ma solo la vita che gli ha donato Dio, alle cui mani egli si consegna. Poi visse come un eremita, fino a quando, nel 1208, ebbe luogo un altro avvenimento fondamentale nell’itinerario della sua conversione. Ascoltando un brano del Vangelo di Matteo – il discorso di Gesù agli apostoli inviati in missione –, Francesco si sentì chiamato a vivere nella povertà e a dedicarsi alla predicazione. Altri compagni si associarono a lui, e nel 1209 si recò a Roma, per sottoporre al Papa Innocenzo III il progetto di una nuova forma di vita cristiana. Ricevette un’accoglienza paterna da quel grande Pontefice, che, illuminato dal Signore, intuì l’origine divina del movimento suscitato da Francesco. Il Poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo.

In realtà, alcuni storici nell’Ottocento e anche nel secolo scorso hanno cercato di creare dietro il Francesco della tradizione, un cosiddetto Francesco storico, così come si cerca di creare dietro il Gesù dei Vangeli, un cosiddetto Gesù storico. Tale Francesco storico non sarebbe stato un uomo di Chiesa, ma un uomo collegato immediatamente solo a Cristo, un uomo che voleva creare un rinnovamento del popolo di Dio, senza forme canoniche e senza gerarchia. La verità è che san Francesco ha avuto realmente una relazione immediatissima con Gesù e con la parola di Dio, che voleva seguire sine glossa, così com’è, in tutta la sua radicalità e verità. E’ anche vero che inizialmente non aveva l’intenzione di creare un Ordine con le forme canoniche necessarie, ma, semplicemente, con la parola di Dio e la presenza del Signore, egli voleva rinnovare il popolo di Dio, convocarlo di nuovo all’ascolto della parola e all’obbedienza verbale con Cristo. Inoltre, sapeva che Cristo non è mai “mio”, ma è sempre “nostro”, che il Cristo non posso averlo “io” e ricostruire “io” contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegnamento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita sulla successione degli Apostoli si rinnova anche l’obbedienza alla parola di Dio.

E’ anche vero che non aveva intenzione di creare un nuovo ordine, ma solamente rinnovare il popolo di Dio per il Signore che viene. Ma capì con sofferenza e con dolore che tutto deve avere il suo ordine, che anche il diritto della Chiesa è necessario per dar forma al rinnovamento e così realmente si inserì in modo totale, col cuore, nella comunione della Chiesa, con il Papa e con i Vescovi. Sapeva sempre che il centro della Chiesa è l'Eucaristia, dove il Corpo di Cristo e il suo Sangue diventano presenti. Tramite il Sacerdozio, l'Eucaristia è la Chiesa. Dove Sacerdozio e Cristo e comunione della Chiesa vanno insieme, solo qui abita anche la parola di Dio. Il vero Francesco storico è il Francesco della Chiesa e proprio in questo modo parla anche ai non credenti, ai credenti di altre confessioni e religioni.

Francesco e i suoi frati, sempre più numerosi, si stabilirono alla Porziuncola, o chiesa di Santa Maria degli Angeli, luogo sacro per eccellenza della spiritualità francescana. Anche Chiara, una giovane donna di Assisi, di nobile famiglia, si mise alla scuola di Francesco. Ebbe così origine il Secondo Ordine francescano, quello delle Clarisse, un’altra esperienza destinata a produrre frutti insigni di santità nella Chiesa.      



Anche il successore di Innocenzo III, il Papa Onorio III, con la sua bolla Cum dilecti del 1218 sostenne il singolare sviluppo dei primi Frati Minori, che andavano aprendo le loro missioni in diversi paesi dell’Europa, e persino in Marocco. Nel 1219 Francesco ottenne il permesso di recarsi a parlare, in Egitto, con il sultano musulmano Melek-el-Kâmel, per predicare anche lì il Vangelo di Gesù. Desidero sottolineare questo episodio della vita di san Francesco, che ha una grande attualità. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristianesimo e l’Islam, Francesco, armato volutamente solo della sua fede e della sua mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo. Le cronache ci parlano di un’accoglienza benevola e cordiale ricevuta dal sultano musulmano. È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione (cfr Nostra Aetate, 3). Sembra poi che nel 1220 Francesco abbia visitato la Terra Santa, gettando così un seme, che avrebbe portato molto frutto: i suoi figli spirituali, infatti, fecero dei Luoghi in cui visse Gesù un ambito privilegiato della loro missione. Con gratitudine penso oggi ai grandi meriti della Custodia francescana di Terra Santa.

Rientrato in Italia, Francesco consegnò il governo dell’Ordine al suo vicario, fra Pietro Cattani, mentre il Papa affidò alla protezione del Cardinal Ugolino, il futuro Sommo Pontefice Gregorio IX, l’Ordine, che raccoglieva sempre più aderenti. Da parte sua il Fondatore, tutto dedito alla predicazione che svolgeva con grande successo, redasse una Regola, poi approvata dal Papa.

Nel 1224, nell’eremo della Verna, Francesco vede il Crocifisso nella forma di un serafino e dall’incontro con il serafino crocifisso, ricevette le stimmate; egli diventa così uno col Cristo crocifisso: un dono, quindi, che esprime la sua intima identificazione col Signore.

La morte di Francesco – il suo transitus - avvenne la sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola. Dopo aver benedetto i suoi figli spirituali, egli morì, disteso sulla nuda terra. Due anni più tardi il Papa Gregorio IX lo iscrisse nell’albo dei santi. Poco tempo dopo, una grande basilica in suo onore veniva innalzata ad Assisi, meta ancor oggi di moltissimi pellegrini, che possono venerare la tomba del santo e godere la visione degli affreschi di Giotto, pittore che ha illustrato in modo magnifico la vita di Francesco.

È stato detto che Francesco rappresenta un alter Christus, era veramente un’icona viva di Cristo. Egli fu chiamato anche “il fratello di Gesù”. In effetti, questo era il suo ideale: essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù. In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali. La prima beatitudine del Discorso della Montagna - Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3) - ha trovato una luminosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco. Davvero, cari amici, i santi sono i migliori interpreti della Bibbia; essi, incarnando nella loro vita la Parola di Dio, la rendono più che mai attraente, così che parla realmente con noi. La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali.

In Francesco l’amore per Cristo si espresse in modo speciale nell’adorazione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Nelle Fonti francescane si leggono espressioni commoventi, come questa: “Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza, sotto una modica forma di pane” (Francesco di Assisi, Scritti, Editrici Francescane, Padova 2002, 401).

In quest’anno sacerdotale, mi piace pure ricordare una raccomandazione rivolta da Francesco ai sacerdoti: “Quando vorranno celebrare la Messa, puri in modo puro, facciano con riverenza il vero sacrificio del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo” (Francesco di Assisi, Scritti, 399). Francesco mostrava sempre una grande deferenza verso i sacerdoti, e raccomandava di rispettarli sempre, anche nel caso in cui fossero personalmente poco degni. Portava come motivazione di questo profondo rispetto il fatto che essi hanno ricevuto il dono di consacrare l’Eucaristia. Cari fratelli nel sacerdozio, non dimentichiamo mai questo insegnamento: la santità dell’Eucaristia ci chiede di essere puri, di vivere in modo coerente con il Mistero che celebriamo.

Dall’amore per Cristo nasce l’amore verso le persone e anche verso tutte le creature di Dio. Ecco un altro tratto caratteristico della spiritualità di Francesco: il senso della fraternità universale e l’amore per il creato, che gli ispirò il celebre Cantico delle creature. È un messaggio molto attuale. Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente (cfr nn. 48-52), e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto del creato. Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore. La natura è da lui intesa proprio come un linguaggio nel quale Dio parla con noi, nel quale la realtà diventa trasparente e possiamo noi parlare di Dio e con Dio.

Cari amici, Francesco è stato un grande santo e un uomo gioioso. La sua semplicità, la sua umiltà, la sua fede, il suo amore per Cristo, la sua bontà verso ogni uomo e ogni donna l’hanno reso lieto in ogni situazione. Infatti, tra la santità e la gioia sussiste un intimo e indissolubile rapporto. Uno scrittore francese ha detto che al mondo vi è una sola tristezza: quella di non essere santi, cioè di non essere vicini a Dio. Guardando alla testimonianza di san Francesco, comprendiamo che è questo il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio!

Ci ottenga la Vergine, teneramente amata da Francesco, questo dono. Ci affidiamo a Lei con le parole stesse del Poverello di Assisi: “Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te nata nel mondo tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo Re e Padre celeste, Madre del santissimo Signor nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo: prega per noi... presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro” (Francesco di Assisi, Scritti, 163).

AMDG et D.V. MARIAE

giovedì 13 ottobre 2022

Servitore del Re Altissimo


 

PERFETTA CONVERSIONE A DIO.

RESTAURO DI TRE CHIESE

1. Il servo dell’Altissimo, in questa sua nuova esperienza, non aveva altra guida, se non Cristo, perciò

Cristo, nella sua clemenza, volle nuovamente visitarlo con la dolcezza della sua grazia.

Un giorno era uscito nella campagna per meditare. Trovandosi a passare vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina, vecchia com’era, spinto dall’impulso dello Spirito Santo, vi entrò per pregare. Pregando inginocchiato davanti all’immagine del Crocifisso, si sentì invadere da una grande consolazione spirituale e, mentre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del Signore, udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui dalla croce e dirgli per tre volte: 

«Francesco, va e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina!».

All’udire quella voce, Francesco rimane stupito e tutto tremante, perché nella chiesa è solo e, percependo

nel cuore la forza del linguaggio divino, si sente rapito fuori dei sensi.

Tornato finalmente in sé, si accinge ad obbedire, si concentra tutto nella missione di riparare la chiesa di mura, benché la parola divina si riferisse principalmente a quella Chiesa, che Cristo acquistò col suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati.

Si alzò, pertanto, munendosi del segno della croce, e, prese con sé delle stoffe, si affrettò verso la città di Foligno, per venderle.

Vendette tutto quanto aveva portato; si liberò anche, mercante fortunato, del cavallo, col quale era venuto, incassandone il prezzo.

Tornando ad Assisi, entrò devotamente nella chiesa che aveva avuto l’incarico di restaurare. Vi trovò unsacerdote poverello e, dopo avergli fatta debita reverenza, gli offrì il danaro per la  riparazione della chiesa e umilmente domandò che gli permettesse di abitare con lui per qualche tempo.

Il sacerdote acconsentì che egli restasse; ma, per timore dei suoi genitori, non accettò il denaro – e quel vero dispregiatore del denaro lo buttò su una finestra, stimandolo polvere abbietta.

2. Mentre il servo di Dio dimorava in compagnia di questo sacerdote, suo padre, lo venne a sapere e corse là con l’animo sconvolto.

Ma Francesco, atleta ancora agli inizi, informato delle minacce dei persecutori e presentendo la loro venuta, volle lasciar tempo all’ira e si nascose in una fossa segreta. Vi rimase nascosto per alcuni giorni, e intanto supplicava incessantemente, tra fiumi di lacrime, il Signore, che lo liberasse dalle mani dei persecutori e portasse a compimento, con la sua bontà e il suo favore, i pii propositi che gli aveva ispirato.

Sentendosi, così, ricolmo di una grandissima gioia, incominciò a rimproverare se stesso per la propria

pusillanimità e viltà e, lasciato il nascondiglio e scacciata la paura, affrontò il cammino verso Assisi.

I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell’animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.

Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo.

Quando suo padre sentì quello strano baccano, accorse immediatamente, non per liberare il figlio, ma piuttosto per rovinarlo: messo da parte ogni sentimento di pietà, lo trascina a casa e lo perseguita, prima con le parole e le percosse, poi mettendolo in catene.

Però quest’esperienza rendeva il giovane più pronto e più deciso nel mandare a compimento l’impresa incominciata, perché gli richiamava quel detto del Vangelo: Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

3. Ma dopo un po’ di tempo – mentre il padre si trovava lontano da Assisi – la madre, che non approvava l’operato del marito e che non sperava di poter far recedere il figlio dalla sua inflessibile decisione, lo sciolse dalle catene e lo lasciò libero di andarsene. Egli, allora, rendendo grazie al Signore onnipotente, ritornò al luogo di prima.

Ma quando il padre ritornò e non lo trovò in casa, rimproverata aspramente la moglie, corse a quel luogo, fremente di rabbia, nell’intento, se non poteva farlo ritornare, almeno di farlo mettere al bando.

Francesco, però, reso forte da Dio, andò incontro spontaneamente al padre infuriato, gridandogli con libera voce che stimava un nulla le sue catene e le sue percosse e dichiarando, per di più, che per il nome di Cristo avrebbe affrontato con gioia qualsiasi tormento.

Il padre, vedendo che non poteva farlo ritornare, si preoccupò di estorcergli il denaro e quando,

finalmente, lo trovò sulla finestrella, mitigò un po’ il suo furore: quella sorsata di denaro aveva in qualche misura mitigato la sete dell’avarizia.

4. Quel padre carnale cercava, poi, di indurre quel figlio della grazia, ormai spogliato del denaro, a

presentarsi davanti al vescovo della città, per fargli rinunciare, nelle mani di lui, all’eredità paterna e restituire tutto ciò che aveva.

Il vero amatore della povertà accettò prontamente questa proposta.

Giunto alla presenza del vescovo, non sopporta indugi o esitazioni; non aspetta né fa parole; ma,

immediatamente, depone tutti i vestiti e li restituisce al padre.

Si scoprì allora che l’uomo di Dio, sotto le vesti delicate, portava sulle carni un cilicio.

Poi, inebriato da un ammirabile fervore di spirito, depose anche le mutande e si denudò totalmente

davanti a tutti dicendo al padre: «Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con

tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato

tutta la mia fiducia e la mia speranza».

Il vescovo, vedendo questo e ammirando l’uomo di Dio nel suo fervore senza limiti, subito si alzò, lo

prese piangendo fra le sue braccia e, pietoso e buono com’era, lo ricoprì con il suo stesso pallio.

Comandò, poi, ai suoi di dare qualcosa al giovane per ricoprirsi.

Gli offrirono, appunto, il mantello povero e vile di un contadino, servo del vescovo.

Egli, ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone

che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.

Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso,

oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al legno della salvezza,

salvandosi con la croce dal naufragio del mondo.

5. D’allora in poi, affrancato dalle catene dei desideri mondani, quello spregiatore del mondo abbandonò

la città, e, libero e sicuro, si rifugiò nel segreto della solitudine, per ascoltare, solo e nel silenzio, gli

arcani colloqui del cielo.

E, mentre se ne andava per una selva, l’uomo di Dio Francesco, e cantava giubilante le lodi di Dio nella

lingua di Francia, fu assalito dai briganti, sbucati all’improvviso. Costoro, con intenzioni omicide, gli

domandarono chi era Ma l’uomo di Dio, pieno di fiducia, rispose con espressione profetica: «Io sono

l’araldo del gran Re». Quelli, allora, lo percossero e lo gettarono in un fosso pieno di neve, dicendo: ~ Sta

lì, rozzo araldo di Dio».

Mentre se ne andavano, Francesco saltò fuori dal fosso e invaso dalla gioia, continuò a cantare con voce

più alta le lodi in onore del Creatore di tutte le cose, facendone riecheggiare le selve. 


AMDG et DVM


lunedì 4 ottobre 2021

SAN FRANCESCO. PATRONO D'ITALIA.

Incomincia la vita

 del beato Francesco



 CAPITOLO I

Condotta di Francesco da secolare

1027 1. Vi fu, nella città di Assisi, un uomo di nome Francesco, la cui memoria è in benedizione,

perché Dio, nella Sua bontà, lo prevenne con benedizioni straordinarie e lo sottrasse, nella sua

clemenza, ai pericoli della vita presente e, nella sua generosità, lo colmò con i doni della

grazia celeste .

 Nell'età giovanile, crebbe tra le vanità dei vani figli degli uomini.

 Dopo un'istruzione sommaria, venne destinato alla lucrosa attività del commercio.

 Assistito e protetto dall'alto, benché vivesse tra giovani lascivi e fosse incline ai piaceri,

non seguì gli istinti sfrenati dei sensi e, benché vivesse tra avari mercanti e fosse intento ai

guadagni, non ripose la sua speranza nel denaro e nei tesori.

1028 Dio, infatti, aveva infuso nell'animo del giovane Francesco un sentimento di generosa

compassione, che, crescendo con lui dall'infanzia, gli aveva riempito il cuore di bontà, tanto che

già allora, ascoltatore non sordo del Vangelo, si propose di dare a chiunque gli chiedesse,

soprattutto se chiedeva per amore di Dio.

 Una volta, tutto indaffarato nel negozio, mandò via a mani vuote contro le sue

abitudini, un povero che gli chiedeva l'elemosina per amor di Dio. Ma subito, rientrato in se

stesso, gli corse dietro, gli diede una generosa elemosina e promise al Signore Iddio che, 

d'allora in poi, quando ne aveva la possibilità, non avrebbe mai detto di no a chi gli avesse

chiesto per amor di Dio.

 E osservò questo proposito fino alla morte, con pietà instancabile, meritandosi di

crescere abbondantemente nelI'amore di Dio e nella grazia.

 Diceva, infatti, più tardi, quando si era ormai perfettamente rivestito dei sentimenti di

Cristo, che, già quando viveva da secolare, difficilmente riusciva a sentir nominare l'amore di

Dio, senza provare un intimo turbamento.

1029 La dolce mansuetudine unita alla raffinatezza dei costumi; la pazienza e l'affabilità più

che umane, la larghezza nel donare, superiore alle sue disponibilità che si vedevano fiorire in

quell'adolescente come indizi sicuri di un'indole buona, sembravano far presagire che la

benedizione divina si sarebbe riversata su di lui ancora più copiosamente nell'avvenire.

 Un uomo di Assisi, molto semplice, certo per ispirazione divina, ogni volta che

incontrava Francesco per le strade della città, si toglieva il mantello e lo stendeva ai suoi piedi,

proclamando che Francesco era degno di ogni venerazione, perché di lì a poco avrebbe

compiuto grandi cose, per cui sarebbe stato onorato e glorificato da tutti i cristiani .

1030 2. Ma Francesco non conosceva ancora i piani di Dio sopra di lui: impegnato, per

volontà del padre nelle attività esteriori e trascinato verso il basso dalla nostra natura corrotta

fin dall'origine, non aveva ancora imparato a contemplare le realtà celesti né aveva fatto

l'abitudine a gustare le realtà divine.

 E siccome lo spavento fa comprendere la lezione, venne sopra di lui la mano del Signore e

l'intervento della destra dell'Eccelso colpì il suo corpo con una lunga infermità, per rendere la

sua anima adatta a recepire l'illuminazione dello Spirito Santo.

 Quand'ebbe riacquistate le forze fisiche, si procurò, com'era sua abitudine, vestiti

decorosi. Una volta incontrò un cavaliere, nobile ma povero e mal vestito e, commiserando

con affettuosa pietà la sua miseria, subito si spogliò e fece indossare i suoi vestiti all'altro.

Così, con un solo gesto, compì un duplice atto di pietà, poiché nascose la vergogna di un

nobile cavaliere e alleviò la miseria di un povero.

1031 3. La notte successiva mentre dormiva, la Bontà di Dio gli fece vedere un palazzo

grande e bello, pieno di armi contrassegnate con la croce di Cristo, per dimostrargli in forma

visiva come la misericordia da lui usata verso il cavaliere povero, per amore del sommo Re,

stava per essere ricambiata con una ricompensa impareggiabile.

 Egli domandò a chi appartenessero quelle armi e una voce dal cielo gli assicurò che

erano tutte sue e dei suoi cavalieri.

 Quando si destò, al mattino, credette di capire che quella insolita visione fosse per lui

un presagio di gloria. Difatti egli non sapeva ancora intuire la verità delle cose invisibili,

attraverso le apparenze visibili. Perciò, ignorando ancora i piani divini, decise di recarsi in

Puglia, al servizio di un nobile conte, con la speranza di acquistare in questo modo quel titolo

di cavaliere, che la visione gli aveva indicato.

 1032 Di lì a poco si mise in viaggio; ma, appena giunto nella città più vicina, udì nella notte

il Signore, che in tono familiare gli diceva: “ Francesco, chi ti può giovare di più: il signore o il

servo, il ricco o il poverello? ”. “ Il signore e il ricco ”, rispose Francesco. E subito la voce

incalzò: “ E allora perché lasci il Signore per il servo; Dio così ricco, per l'uomo, così povero?

”. 

 Francesco, allora: “ Signore, che vuoi che io faccia? ”. “ Ritorna nella tua terra -rispose il

Signore - perché la visione, che tu hai avuto, raffigura una missione spirituale, che si deve

compiere in te, non per disposizione umana, ma per disposizione divina ”.

 Venuto il mattino, egli ritorna in fretta alla volta di Assisi, lieto e sicuro. Divenuto ormai

modello di obbedienza, restava in attesa della volontà di Dio.

1033 4. Da allora, sottraendosi al chiasso del traffico e della gente, supplicava devotamente la

clemenza divina, che si degnasse mostrargli quanto doveva fare.

 Intanto la pratica assidua della preghiera sviluppava sempre più forte in lui la fiamma

dei desideri celesti e l'amore della patria celeste gli faceva disprezzare come un nulla tutte le

cose terrene.

 Sentiva di avere scoperto il tesoro nascosto e, da mercante saggio, si industriava di

comprare la perla preziosa, che aveva trovato, a prezzo di tutti i suoi beni.

 Non sapeva ancora, però, in che modo realizzare ciò: un suggerimento interiore gli

faceva intendere soltanto che il commercio spirituale deve iniziare dal disprezzo del mondo e

che la milizia di Cristo deve iniziare dalla vittoria su se stessi.

1034 5. Un giorno, mentre andava a cavallo per la pianura che si stende ai piedi di Assisi, si

imbatté in un lebbroso. Quell'incontro inaspettato lo riempì di orrore. Ma, ripensando al

proposito di perfezione, già concepito nella sua mente, e riflettendo che, se voleva diventare

cavaliere di Cristo, doveva prima di tutto vincere se stesso, scese da cavallo e corse ad

abbracciare il lebbroso e, mentre questi stendeva la mano come per ricevere l'elemosina, gli

porse del denaro e lo baciò.

 Subito risalì a cavallo; ma, per quanto si volgesse a guardare da ogni parte e sebbene

la campagna si stendesse libera tutt'intorno, non vide più in alcun modo quel lebbroso.

 Perciò, colmo di meraviglia e di gioia, incominciò a cantare devotamente le lodi del

Signore, proponendosi, da allora in poi, di elevarsi a cose sempre maggiori.

Cercava luoghi solitari, amici al pianto; là, abbandonandosi a lunghe e insistenti preghiere,

fra gemiti inenarrabili, meritò di essere esaudito dal Signore.

1035 Mentre, un giorno, pregava, così isolato dal mondo, ed era tutto assorto in Dio,

nell'eccesso del suo fervore, gli apparve Cristo Gesù, come uno confitto in croce,

 Al vederlo, si sentì sciogliere l'anima. Il ricordo della passione di Cristo si impresse

così vivamente nelle più intime viscere del suo cuore, che, da quel momento, quando gli

veniva alla mente la crocifissione di Cristo, a stento poteva trattenersi, anche esteriormente,

dalle lacrime e dai sospiri, come egli stesso riferì in confidenza più tardi, quando si stava

avvicinando alla morte. L'uomo di Dio comprese che, per mezzo di questa visione, Dio

rivolgeva a lui quella massima del Vangelo: Se vuoi venire dietro a me, rinnega te stesso, prendi la

tua croce e seguimi.

1036 6. Da allora si rivestì dello spirito di povertà, d'un intimo sentimento d'umiltà e di pietà

profonda. Mentre prima aborriva non solo la compagnia dei lebbrosi, ma perfino il vederli da

lontano, ora, a causa di Cristo crocifisso, che, secondo le parole del profeta, ha assunto

l'aspetto spregevole di un lebbroso, li serviva con umiltà e gentilezza, nell'intento di

raggiungere il pieno disprezzo di se stesso.

 Visitava spesso le case dei lebbrosi; elargiva loro generosamente l'elemosina e con

grande compassione ed affetto baciava loro le mani e il volto. 

 Anche per i poveri mendicanti bramava spendere non solo i suoi beni, ma perfino se

stesso. Talvolta, per loro, si spogliava dei suoi vestiti, talvolta li faceva e pezzi, quando non

aveva altro da donare.

 Soccorreva pure, con reverenza e pietà, i sacerdoti poveri, provvedendo specialmente

alla suppellettile dell'altare, per diventare, così, partecipe del culto divino, mentre sopperiva

al bisogno dei ministri del culto.

1037 Durante questo periodo, egli si recò a visitare, con religiosa devozione, la tomba

dell'apostolo Pietro. Fu in questa circostanza che, vedendo la grande moltitudine dei

mendicanti davanti alle porte di quella chiesa, spinto da una soave compassione, e, insieme,

allettato dall'amore per la povertà, donò le sue vesti al più bisognoso di loro e, ricoperto degli

stracci di costui, passò tutta la giornata in mezzo ai poveri, con insolita gioia di spirito.

 Voleva, così, disprezzare la gloria del mondo e raggiungere gradualmente la vetta

della perfezione evangelica. Si applicava con maggior intensità alla mortificazione dei sensi,

in modo da portare attorno, anche esteriormente, nel proprio corpo, la croce di Cristo che

portava nel cuore.

 Tutte queste cose faceva Francesco, uomo di l)io, quando, nell'abito e nella convivenza

quotidiana, non si era ancora segregato dal mondo. 

*

* https://biflow.hypotheses.org/257

https://ilpoverellodassisi.jimdofree.com/la-nascita-di-san-francesco-d-assisi/

*** https://ilpoverellodassisi.jimdofree.com/



SALVE SANCTE PATER

PATRIAE LUX

sabato 25 settembre 2021

Per San Francesco l' amore era la più vera di tutte le verità

 

San Francesco d'Assisi



Fondatore dell'Ordine Francescano , nato ad Assisi in Umbria, nel 1181 o 1182 - l'anno esatto è incerto; vi morì il 3 ottobre 1226.

Suo padre , Pietro Bernardone, era un ricco mercante di tessuti assisano . Di sua madre, Pica, si sa poco , ma si dice che appartenesse a una nobile famiglia provenzale. Francesco era uno dei tanti figli. La leggenda che sia nato in una stalla risale solo al XV secolo, e sembra aver avuto origine dal desiderio di alcuni scrittori di far assomigliare la sua vita a quella di Cristo . Al battesimo il santo ricevette il nome di Giovanni, che suo padre mutò poi in Francesco, per predilezione sembrerebbe alla Francia, dove gli affari lo avevano condotto al momento della nascita di suo figlio. In ogni caso, poiché il bambino è stato ribattezzato nell'infanzia, il cambiamento difficilmente può aver avuto a che fare con la sua attitudine all'apprendimento del francese , come alcuni hanno pensato.

Francesco ricevette qualche istruzione elementare dai sacerdoti di S. Giorgio ad Assisi , sebbene imparò di più forse alla scuola dei Trovatori, che proprio allora si andavano perfezionando in Italia . Comunque sia, non era molto studioso e la sua educazione letteraria rimase incompleta. Sebbene associato al padre nel commercio, mostrava poca simpatia per la carriera di commerciante e i suoi genitori sembravano aver assecondato ogni suo capriccio. Tommaso da Celano , suo primo biografo, parla in termini molto severi della giovinezza di Francesco. Certo è che il santoi primi anni di vita non lasciavano presagire gli anni d'oro a venire. Nessuno amava il piacere più di Francesco; aveva uno spirito pronto, cantava allegramente, si dilettava in bei vestiti e spettacolo vistoso. Bello, allegro, galante e cortese, divenne presto il primo favorito tra i giovani nobili di Assisi , il primo in ogni impresa d'armi, il capo delle feste civili, il re stesso del divertimento. Ma anche in questo tempo Francesco mostrò una istintiva simpatia per i poveri , e sebbene spendesse molto denaro , esso scorreva ancora in canali tali da attestare una principesca magnanimità di spirito .

Quando una ventina, Francesco uscì con i concittadini per combattere i perugini in una delle scaramucce insignificanti così frequenti in quel momento tra le città rivali. Gli assisi furono sconfitti in questa occasione, e Francesco, essendo tra quelli fatti prigionieri , fu tenuto prigioniero per più di un anno a Perugia . Sembra che una leggera febbre che contrasse là avesse rivolto i suoi pensieri alle cose dell'eternità ; almeno il vuoto della vita che aveva condotto gli venne in mente durante quella lunga malattia. Con il ritorno della salute, tuttavia, l'ansia di Francis per la gloriasi risvegliò e la sua fantasia vagava in cerca di vittorie; alla fine decise di abbracciare la carriera militare, e le circostanze sembravano favorire le sue aspirazioni. Un cavaliere d' Assisi stava per raggiungere "il gentile conte", Gualtiero di Brienne, allora in armi negli Stati napoletani contro l' imperatore , e Francesco fece in modo di accompagnarlo. I suoi biografi ci raccontano che la notte prima della partenza Francesco fece uno strano sogno , nel quale vide una vasta sala appesa ad un'armatura tutta marchiata con la Croce . "Questi", disse una voce, "sono per te e per i tuoi soldati". "Lo soSarò un gran principe", esclamò Francesco esultante, mentre partiva per la Puglia. Ma una seconda malattia arrestò il suo corso a Spoleto . Lì, ci viene detto, Francesco fece un altro sogno in cui la stessa voce lo invitava a tornare ad Assisi . Lo fece subito, nel 1205.

Benché Francesco si unisse ancora a volte alle chiassose feste dei suoi ex compagni, il suo mutato contegno mostrava chiaramente che il suo cuore non era più con loro; un desiderio per la vita dello spirito l' aveva già posseduta. I suoi compagni hanno twittato a Francis della sua distrazione e gli hanno chiesto se era disposto a sposarsi . "Sì", ha risposto, "sto per prendere una moglie di imparzialità". Non era altri che Lady Povertà che Dante e Giotto hanno sposato al suo nome, e che anche adesso aveva cominciato ad amare . Dopo un breve periodo di incertezza iniziò a cercare nella preghiera e nella solitudinela risposta alla sua chiamata; aveva già rinunciato al suo abbigliamento gay e ai suoi modi dispendiosi. Un giorno, mentre attraversava a cavallo la pianura umbra, Francesco si avvicinò inaspettatamente ad un povero lebbroso . L'improvvisa apparizione di questo oggetto ripugnante lo riempiva di disgusto e istintivamente si ritirò, ma attualmente controllare la sua naturale avversione ha smontato, abbracciò lo sfortunato uomo , e gli ha dato tutti i soldi che aveva. Nello stesso periodo Francesco si recò in pellegrinaggio a Roma . Addolorato per le misere offerte che vide presso la tomba di San Pietro , vuotò su di essa la sua borsa. Poi, come per mettere la sua natura schizzinosaalla prova, si scambiò d'abito con un mendicante lacero e rimase per il resto della giornata digiunando tra l'orda di mendicanti alla porta della basilica .

2

Non molto tempo dopo il suo ritorno ad Assisi , mentre Francesco stava pregando davanti a un antico crocifisso nella cappella abbandonata lungo la strada di San Damiano sotto la città, udì una voce che diceva: "Va, Francesco, e ripara la mia casa , che come vedi è cadendo in rovina». Prendendo alla lettera questo ordine, riferendosi alla chiesa in rovina in cui era inginocchiato , Francesco si recò nella bottega del padre , impacchettato d'impulso un carico di drappi colorati, e montato a cavallo si affrettò a Foligno, poi un mercato di una certa importanza, e vi vendette sia cavallo che roba per procurarsi il denaro necessario per il restauro di S. Damiano. Quando però il povero sacerdote che vi officiava si rifiutò di ricevere l'oro così ottenuto, Francesco glielo gettò sdegnosamente. Il maggiore Bernardone, uomo molto avaro , si indignò oltre misura per la condotta del figlio, e Francesco, per scongiurare l' ira del padre , si nascose per un mese intero in una grotta presso San Damiano. Quando uscì da questo nascondiglio e tornò in città, emaciato dalla fame e squallido per la sporcizia, Francesco fu seguito da una plebaglia urlante, bersagliato di fango e pietre, e altrimenti deriso come un pazzoAlla fine, è stato trascinato a casa da suo padre , picchiato, legato e rinchiuso in un armadio buio.

Liberato dalla madre durante l'assenza di Bernardone, Francesco tornò subito a San Damiano, dove trovò rifugio presso il sacerdote officiante , ma fu presto citato dal padre davanti ai consoli cittadini Quest'ultimo, non contento di aver recuperato l'oro disperso di San Damiano, cercò anche di costringere il figlio a rinunciare alla sua eredità. Questo Francesco era fin troppo ansioso di fare; dichiarò, però, che da quando era entrato al servizio di Dio non era più sottoposto alla giurisdizione civile . Condotto dunque davanti al vescovo , Francesco si spogliò degli stessi abiti che indossava e li diede a suo padre, dicendo: "Finora ti ho chiamato mio padre sulla terra; d'ora in poi desidero dire solo 'Padre nostro che sei nei cieli' ". Allora e là, come canta Dante , furono solennizzate le nozze di Francesco con la sua amata sposa, la Signora Povertà , sotto il cui nome, nel linguaggio mistico poi a lui così familiare, comprese la totale resa di tutti i beni mondani , onori e privilegi . E ora Francesco vagava sulle colline dietro Assisi , improvvisando inni di lode mentre camminava. "Io sono l'araldo del gran Re ", dichiarò in risposta ad alcuni ladroni, che alloralo spogliò di tutto ciò che aveva e lo gettò con disprezzo in un cumulo di neve. Nudo e mezzo congelato, Francis strisciò in un vicino monastero e lì lavorò per un po' come sguattero. Gubbio , dove andò poi, Francesco ottenne da un amico il mantello, la cintura e il bastone di un pellegrino come elemosina . Tornato ad Assisi , percorse la città mendicando pietre per il restauro di S. Damiano. Questi li portò alla vecchia cappella , sistemò lui stesso sul posto, e così alla fine la ricostruì. Allo stesso modo poi Francesco restaurò altre due cappelle deserte, San Pietro, a una certa distanza dalla città, e Santa Maria degli Angeli, nella pianura sottostante, in un luogo detto della Porziuncola . Nel frattempo raddoppiò il suo zelo nelle opere di carità , più specialmente nell'assistenza ai lebbrosi .

Una certa mattina del 1208, probabilmente il 24 febbraio, Francesco stava ascoltando la Messa nella cappella di S. Maria degli Angeli, presso la quale si era poi costruito una capanna; il Vangelo del giorno raccontava che i discepoli di Cristo non dovevano possedere né oro né argento, né bisaccia per il viaggio, né due tuniche, né scarpe, né bastone, e che dovevano esortare i peccatori alla conversione e annunciare il Regno di Dio . Francesco prese queste parole come dette direttamente a se stesso, e appena finita la messa gettò via il povero frammento lasciatogli dei beni del mondo, le sue scarpe, il mantello, il bastone del pellegrino e il portafoglio vuoto. Finalmente aveva trovato la sua vocazione . Ottenuta una tunica di lana grezza di "colore bestiale", l'abito allora indossato dai contadini umbri più poveri , e legata a sé con una corda annodata, Francesco uscì subito esortando le genti della campagna alla penitenza , all'amore fraterno , e pace. Gli assisi avevano già cessato di deridere Francesco; ora si fermarono meravigliati; il suo esempio attirò a lui anche altri. Bernardo di Quintavalle, magnate della città, fu il primo ad unirsi a Francesco, seguito presto da Pietro da Cattaneo, noto canonico della cattedrale . Invero spirito di entusiasmo religioso , Francesco riparato alla chiesa di San Nicola e ha cercato di imparare di Dio volontà nei loro confronti da tre volte l'apertura a caso il libro dei Vangeli sulla sull'altare . Ogni volta si apriva in passaggi in cui Cristo diceva ai suoi discepoli di lasciare ogni cosa e seguirlo. "Questa sarà la nostra regola di vita", esclamò Francesco, e condusse i suoi compagni sulla pubblica piazza, dove diedero subito tutti i loro averi ai poveri . Dopo ciò si procurarono rudi abiti come quello di Francesco, e si costruirono piccole capanne presso le sue alla PorziuncolaPochi giorni dopo Egidio, poi il grande estatico e predicatore di "buone parole", divenne il terzo seguace di Francesco. La piccola banda si divise e se ne andò a due a due, impressionando così tanto con le parole e con il comportamento che ben presto molti altri discepoli si raccolsero intorno a Francesco desiderosi di condividere la sua povertà , tra i quali Sabatinus, vir bonus et justus, Moricus, che era appartenuto ai Crucigeri, Giovanni da Capella, poi decaduto, Filippo "il Lungo", e altri quattro di cui si conoscono solo i nomiQuando il numero dei suoi compagni fu salito a undici, Francesco trovò opportuno redigere per loro una regola scritta. Questa prima regola, come viene chiamata, dei Frati Minori non ci è pervenuta nella sua forma originaria, ma appare molto breve e semplice, mero adattamento dei precetti evangelici già scelti da Francesco per la guida di suoi primi compagni, e che desiderava praticare in tutta la loro perfezione . Quando questa regola fu pronta, i Penitenti di Assisi, come si definirono Francesco e i suoi seguaci, partirono per Roma per chiedere l'approvazione della Santa Sede , sebbene tale approvazione non fosse ancora obbligatoria.Ci sono diversi resoconti dell'accoglienza di Francesco da parte di Innocenzo III . Sembra però che Guido, vescovo di Assisi , che si trovava allora a Roma , raccomandò Francesco al cardinale Giovanni di S. Paolo, e che su istanza di quest'ultimo, il papa ricordasse il santo di cui aveva avuto le prime aperture, poiché appare, un po' sgarbatamente respinto. Inoltre, in luogo delle sinistre predizioni di altri nel Sacro Collegio , che consideravano insicuro e impraticabile il modo di vita proposto da Francesco, Innocenzo , si narra commosso da un sogno in cui vide il Povero d'Assisi sorreggere il vacillante Lateransancì verbalmente la regola presentata da Francesco e concesse al santo e ai suoi compagni il permesso di predicare ovunque il pentimento . Prima di lasciare Roma ricevettero tutti la tonsura ecclesiastica , venendo poi ordinato diacono lo stesso Francesco .

3

Dopo il loro ritorno ad Assisi , i Frati Minori - poiché così Francesco aveva chiamato i suoi fratelli, o secondo i minores , o classi inferiori, come alcuni pensano, o come altri credono , con riferimento al Vangelo ( Mt 25,40-45 ), e come perenne ricordo della loro umiltà , trovarono rifugio in una capanna deserta a Rivo Torto nella pianura sotto la città, ma furono costretti ad abbandonare questa povera dimora da un rude contadino che li colpì in culo. Intorno al 1211 ottennero un punto d'appoggio permanente nei pressi di Assisi , grazie alla generosità dei Benedettini del Monte Subasio, che donarono loro la piccola cappelladi S. Maria degli Angeli o della Porziuncola . Attiguo a questo umile santuario , già caro a Francesco, il primo convento francescano fu formato dall'erezione di alcune piccole capanne o celle di canniccio, paglia e fango, e recintato da una siepe. Da questo insediamento, che divenne culla dell'Ordine Francescano ( Caput et Mater Ordinis ) e luogo centrale della vita di San Francesco, i Frati Minori uscirono a due a due esortando le genti del paese circostante. Come bambini "incuranti della giornata", vagavano da un luogo all'altro cantando nella loro gioia e chiamandosi menestrelli del Signore . Il vasto mondo era lorochiostro ; dormendo nei fienili, nelle grotte o nei portici delle chiese , lavoravano nei campi con i braccianti e quando nessuno dava loro lavoro mendicavano. In breve tempo Francesco e i suoi compagni ottennero un'influenza immensa e uomini di diversi gradi di vita e modi di pensare si unirono all'ordine. Fra le nuove reclute fatte da Francesco in quel tempo furono i famosi Tre Compagni, che poi scrissero la sua vita, cioè: Angelus Tancredi, nobile cavaliere; Leone , segretario e confessore del santo ; e Rufino, cugino di santa Chiara ; oltre a Ginepro, "il celebre giullare del Signore".

Durante la Quaresima del 1212, una nuova gioia , tanto grande quanto inaspettata, giunse a Francesco. Chiara , una giovane ereditiera di Assisi , commossa dalla predicazione del santo nella chiesa di San Giorgio, lo cercò e pregò di poter abbracciare il nuovo stile di vita da lui fondato. Per suo consiglio, Chiara , che allora aveva solo diciotto anni, lasciò di nascosto la casa del padre la notte successiva alla domenica delle Palme , e con due compagni si recò alla Porziuncola , dove i frati le andarono incontro in processione , portando fiaccole accese. Poi Francesco, avendole tagliò i capelli , la vestì dell'abito minorita e così la accolse ad una vita di povertà , penitenza e reclusione . Chiara soggiornò provvisoriamente presso alcune monache benedettine nei pressi di Assisi , finché Francesco non poté provvedere a lei, ea sant'Agnese , sua sorella, e alle altre pie fanciulle che si erano unite a lei, un ritiro adatto Alla fine li stabilì a San Damiano, in un'abitazione attigua alla cappella che aveva ricostruito con le sue stesse mani, che ora era stata donata al santo dai benedettinicome domicilio per le sue figlie spirituali, e che divenne così il primo monastero del Secondo Ordine Francescano delle Povere Dame, ora noto come Clarisse .

Nell'autunno dello stesso anno (1212) l'ardente desiderio di Francesco per la conversione dei Saraceni lo spinse ad imbarcarsi per la Siria , ma naufragato sulle coste della Slavonia dovette tornare ad Ancona . La primavera successiva si dedicò all'evangelizzazione del Centro Italia . In questo periodo (1213) Francesco ricevette dal Conte Orlando di Chiusi il monte della Verna , vetta isolata tra l' Appennino Toscano , che si erge a circa 4000 piedi sopra la valle del Casentino, come rifugio , "particolarmente favorevole alla contemplazione ", per che si possa ritirare di tanto in tanto per la preghierae riposa. Infatti Francesco non separò mai del tutto la vita contemplativa da quella attiva, come testimoniano i numerosi eremi legati alla sua memoria, e i pittoreschi regolamenti che scrisse per coloro che vi abitavano. Un tempo , infatti, sembra aver posseduto il santo un forte desiderio di donarsi interamente ad una vita di contemplazione . Durante l'anno successivo (1214) Francesco partì per il Marocco , in un altro tentativo di raggiungere gli infedeli e, se necessario, di versare il suo sangue per il Vangelo , ma mentre era ancora in Spagna fu colto da una malattia così grave che fu costretto tornare in Italia ancora una volta.

Purtroppo mancano dettagli autentici del viaggio e del soggiorno di Francesco in Spagna . Probabilmente ebbe luogo nell'inverno del 1214-1215. Dopo il suo ritorno in Umbria ricevette nel suo ordine diversi uomini nobili e dotti, compreso il suo futuro biografo Tommaso da Celano . I successivi diciotto mesi costituiscono, forse, il periodo più oscuro della vita del santo . Che abbia preso parte al Concilio Lateranense del 1215 può essere, ma non è certo ; noi sappiamo da Eccleston , tuttavia, che Francesco era presente alla morte di Innocenzo III , che ha avuto luogo a Perugia, nel luglio 1216. Poco dopo, cioè molto presto nel pontificato di Onorio III , viene posta la concessione della famosa Indulgenza della Porziuncola . Si narra che una volta, mentre Francesco stava pregando alla Porziuncola , Cristo gli apparve e gli offrì qualunque favore desiderasse. La salvezza delle anime fu sempre il peso delle preghiere di Francesco , e volendo inoltre fare della sua amata Porziuncola un santuario dove molti potessero essere salvati, pregò una plenaria Indulgenza per tutti coloro che, avendo confessato la loropeccati , conviene visitare la cappelletta . Nostro Signore acconsentì a questa richiesta a condizione che il papa ratificasse l' Indulgenza . Francesco allora partì per Perugia , con frate Masseo, per trovare Onorio III . Quest'ultimo, nonostante qualche opposizione della Curia a un favore così inaudito, concesse l' Indulgenza , limitandola però a un giorno all'anno. Successivamente fissò il 2 agosto in perpetuo, come giorno per l'ottenimento di questa Indulgenza della Porziuncola , comunemente nota in Italia come il perdono d'Assisi .

Questo è il conto tradizionale. Il fatto che non vi sia traccia di questa Indulgenza né negli archivi papali né in quelli diocesani e nessuna allusione ad essa nelle prime biografie di Francesco o in altri documenti contemporanei ha portato alcuni scrittori a rifiutare l'intera storia. Questo argumentum ex silentio è stato però accolto da M. Paul Sabatier, che nella sua edizione critica del "Tractatus de Indulgentia" di Fra Bartholi ha addotto in suo favore tutte le prove realmente credibili. Ma anche coloro che considerano la concessione di questa Indulgenza come tradizionalmente ritenuta un dato di fatto storico, ammettere che la sua storia antica è incerta. Vedi PORZIUNCOLA .)

Il primo capitolo generale dei Frati Minori si tenne nel maggio 1217, alla Porziuncola , essendo l'ordine diviso in province, e facendo ripartire il mondo cristiano in tante missioni francescane . Toscana , Lombardia , Provenza, Spagna e Germania furono assegnate a cinque dei principali seguaci di Francesco; per sé il santo riservò la Francia , e partì proprio per quel regno, ma giunto a Firenze fu dissuaso dall'andare oltre dal cardinale Ugolino , che era stato fatto protettore dell'ordine nel 1216. Mandò dunque in sua vece frate Pacificus , che nel mondo era stato famoso come poeta, insieme a frate Agnellus , che in seguito fondò i Frati Minori in Inghilterra . Benché il successo di Francesco e dei suoi frati arrivasse davvero , con esso venne anche l'opposizione, e fu al fine di dissipare qualsiasi pregiudizio che la Curia potesse aver assorbito contro i loro metodi che Francesco, su istanza del cardinale Ugolino , andò a Roma e predicò prima il papa e i cardinali in Laterano . Questa visita alLa Città Eterna , avvenuta nel 1217-18, pare sia stata l'occasione del memorabile incontro di Francesco con San Domenico . L'anno 1218 Francesco lo dedicò a viaggi missionari in Italia , che furono per lui un continuo trionfo. Di solito predicava all'aperto, nei mercati, dai gradini delle chiese , dalle mura dei cortili del castello. Sedotto dal magico incanto della sua presenza, ammirando folle, per il resto non abituato a nulla come la predicazione popolare in volgare, seguiva Francesco da un luogo all'altro penzolando dalle sue labbra; le campane della chiesa suonarono al suo avvicinarsi; processioni di clero e popolo avanzavano per incontrarlo con musiche e cantigli portavano i malati perché li benedicessero e li guarissero, e baciavano la stessa terra su cui calpestava, e cercavano persino di tagliare pezzi della sua tunica . Lo straordinario entusiasmo con cui il santo fu accolto ovunque fu eguagliato solo dal risultato immediato e visibile della sua predicazione. Le sue esortazioni del popolo, per sermoni che difficilmente si possono chiamare, brevi, casalinghe, affettuose e patetiche, toccarono anche le più dure e frivole, e Francesco divenne così un conquistatore di anime . Così accadde, una volta, mentre il santo predicava a Cannara, un piccolo paese vicino ad Assisi, che l'intera congregazione fu così commossa dalle sue "parole di spirito e di vita" che si presentarono a lui in un corpo e supplicarono di essere ammessi nel suo ordine. Fu per acconsentire, per quanto fosse possibile, alle simpatia richieste che Francesco concepì il suo Terz'Ordine , come viene ora chiamato, dei Fratelli e delle Sorelle della Penitenza, che intendeva come una sorta di stato intermedio tra il mondo e il chiostro per coloro che non potevano lasciare la loro casa o abbandonare le loro abituali occupazioni per entrare o nel Primo Ordine dei Frati Minori o nel Secondo Ordine delle Povere Dame . Che Francesco ha prescritto compiti particolari per questi terziariè fuori discussione. Non dovevano portare armi, né prestare giuramento , né intraprendere azioni legali, ecc. Si dice anche che elaborò per loro una regola formale, ma è chiaro che la regola, confermata da Niccolò IV nel 1289, non lo fa, almeno nella forma in cui ci è pervenuta, rappresentano la regola originaria dei Fratelli e delle Sorelle della Penitenza. In ogni caso si è soliti assegnare il 1221 come anno di fondazione di questo terzo ordine , ma la data non è certa .

4

Al secondo capitolo generale (maggio 1219) Francesco, intenzionato a realizzare il suo progetto di evangelizzazione degli infedeli , assegnò una missione separata a ciascuno dei suoi primi discepoli , scegliendo egli stesso il luogo della guerra tra crociati e saraceni . Con undici compagni, tra cui frate Illuminato e Pietro da Cattaneo, Francesco salpò da Ancona il 21 giugno, per Saint-Jean d'Acri , e fu presente all'assedio e alla presa di Damietta . Dopo aver predicato lì alle forze cristiane riunite , Francesco passò senza paura agli infedelicampo, dove fu fatto prigioniero e condotto davanti al sultano. Secondo la testimonianza di Jacques de Vitry , che era con i crociati a Damietta , il sultano accolse Francesco con cortesia, ma oltre ad ottenere da questo sovrano la promessa di un trattamento più indulgente per i prigionieri cristiani , la predicazione del santo sembra aver sortito ben poco.

Prima di tornare in Europa , si ritiene che il santo abbia visitato la Palestina e qui abbia ottenuto per i frati il punto d'appoggio che tuttora conservano come guardiani dei luoghi santi . Quel che è certo è che Francesco fu costretto ad affrettarsi a rientrare in Italia a causa di vari guai ivi sorti durante la sua assenza. Gli era giunta in Oriente la notizia che Matteo da Narni e Gregorio di Napoli, i due vicari generali che aveva lasciato a capo dell'ordine, avevano convocato un capitolo che, tra le altre novità, cercava di imporre nuovi digiuni ai frati, più severa della norma richiesta. Inoltre il cardinale Ugolino aveva conferito alle povere dame una regola scritta che era praticamente quella delle monache benedettine , e frate Filippo, che Francesco aveva incaricato dei loro interessi, l'aveva accettata. A peggiorare le cose, Giovanni da Capella, uno dei primi compagni del santo , aveva radunato un gran numero di lebbrosi , uomini e donne , per formarli in un nuovo ordine religioso , ed era partito per Roma per chiedere l'approvazione per la regola che aveva redatto per questi disgraziati. Alla fine si era sparsa la voce che Francesco era morto, cosicché quandoil santo tornò in Italia con frate Elia - pareva giunto a Venezia nel luglio del 1220 - tra i frati prevaleva un generale sentimento di inquietudine .

A parte queste difficoltà, l'ordine attraversava allora un periodo di transizione. Era diventato evidente che i modi semplici, familiari e senza cerimonie che avevano segnato il movimento francescano al suo inizio stavano gradualmente scomparendo e che l'eroica povertà praticata da Francesco e dai suoi compagni all'inizio diventava meno facile man mano che i frati aumentavano con sorprendente rapidità in numero. E questo Francesco non poteva fare a meno di vederlo al suo ritorno. Già il cardinale Ugolino si era assunto il compito "di conciliare ispirazioni così inedite e così libere con un ordine di cose che avevano superato". Quest'uomo straordinario, che in seguito salì al soglio pontificio come Gregorio IX, era profondamente legato a Francesco, che venerava come santo e anche, ci raccontano alcuni scrittori, che gestiva da appassionato.

Che il cardinale Ugolino abbia avuto una parte non trascurabile nel portare "entro il raggio d'azione" gli alti ideali di Francesco sembra fuori discussione, e non è difficile riconoscere la sua mano nelle importanti modifiche apportate nell'organizzazione dell'ordine nel cosiddetto Capitolo delle Stuoie . A questa famosa assemblea, che si tenne alla Porziuncola di Pentecoste , nel 1220 o 1221 (sembra che ci siano molti dubbi sulla data e sul numero esatti dei primi capitoli), si dice che fossero presenti circa 5000 frati , oltre a circa 500 richiedenti ammissione all'ordine. Capanne di canniccio e fango offrivano riparo a questa moltitudine. Francesco non aveva provveduto apposta per loro, ma la caritàdelle città vicine fornivano loro il cibo, mentre cavalieri e nobili servivano loro volentieri. Fu in questa occasione che Francesco, senza dubbio molestato e avvilito per la tendenza tradita da un gran numero di frati ad allentare i rigori della regola, secondo le sollecitazioni dell'umana prudenza , e sentendosi, forse inadatto ad un luogo che ormai chiamato in gran parte per capacità organizzative, rinunciò alla carica di generale dell'ordine in favore di Pietro da Cattaneo. Ma quest'ultimo morì in meno di un anno, essendo succeduto come vicario generale dal felice frate Elia , che continuò in quell'ufficio fino alla morte di Francesco.

Il santo , intanto, durante i pochi anni che gli rimasero, cercò di imprimere nei frati con il silenzioso insegnamento dell'esempio personale di che genere avrebbe voluto che fossero. Già Francesco , di passaggio da Bologna di ritorno dall'Oriente, si era rifiutato di entrare in convento perché lo aveva sentito chiamare “Casa dei Frati” e perché vi era stato istituito uno studium . Disse inoltre a tutti i frati , anche a quelli ammalati, di smetterla subito, e solo qualche tempo dopo, quando il cardinale Ugolino aveva dichiarato pubblicamente la casa di sua proprietà, che Francesco lasciò che i suoi fratelli vi rientrassero. Tuttavia, per quanto forti e decise fossero le convinzioni del santo , e per quanto la sua linea fosse determinata, non fu mai schiavo di una teoria riguardo alle osservanze della povertà o altro; in lui infatti non c'era niente di angusto o di fanatico. Quanto al suo atteggiamento verso lo studio, Francesco desiderava per i suoi frati solo una conoscenza teologica conforme alla missione dell'ordine, che era prima di tutto una missione di esempio. Quindi considerava l'accumulo di libri come in contrasto con la povertà professata dai suoi frati , e resisteva al desiderio ardente di mero studio dei libri, così prevalente nei suoitempo , in quanto colpiva alle radici di quella semplicità che entrava così largamente nell'essenza della sua vita e del suo ideale e minacciava di soffocare lo spirito di preghiera , che riteneva preferibile a tutto il resto.

Nel 1221, così ci raccontano alcuni scrittori, Francesco elaborò una nuova regola per i Frati Minori . Altri considerano questa cosiddetta Regola del 1221 non come una nuova regola, ma come la prima che Innocenzo avesse approvato oralmente; non, infatti, la sua forma originale, che non possediamo, ma con tali aggiunte e modifiche come ha subito nel corso di dodici anni. Comunque sia, la composizione chiamata da alcuni la Regola del 1221 è molto diversa da qualsiasi regola convenzionale mai fatta. Era troppo lungo e impreciso per diventare una regola formale, e due anni dopo Francesco si ritirò a Fonte Colombo, un eremo vicino a Rieti , e riscrisse la regola in forma più compendiosa. Affidò questa bozza riveduta a Frate Elia, che poco dopo dichiarò di averlo perso per negligenza . Francesco allora ritornò alla solitudine di Fonte Colombo, e rifece la regola sulle stesse linee di prima, i suoi ventitré capitoli essendo ridotti a dodici e alcuni suoi precetti essendo modificati in alcuni dettagli su istanza del cardinale Ugolino . In questa forma la regola fu solennemente approvata da Onorio III , 29 novembre 1223 (lett. "Solet annuere"). Questa Seconda Regola, come è comunemente chiamata o Regula Bullata dei Frati Minori , è quella da sempre professata in tutto il Primo Ordine di S. Francesco ( vedi REGOLA DI SAN FRANCESCO). Essa si fonda sui tre voti di obbedienza , povertà e castità , ponendo però un'enfasi speciale sulla povertà , che Francesco cercò di fare della caratteristica peculiare del suo ordine, e che divenne il segno da contraddire. Questo voto di povertà assoluta nel primo e secondo ordine e la riconciliazione dei religiosi con lo stato secolare nel Terz'Ordine della Penitenza sono le principali novità introdotte da Francesco nel regolamento monastico .

Fu durante il periodo natalizio di quest'anno (1223) che il santo concepì l' idea di celebrare la Natività "in modo nuovo", riproducendo in una chiesa a Greccio il praesepio di Betlemme , ed è stato così considerato come l'inaugurazione la devozione popolare del Presepe . Sembra infatti che il Natale fosse la festa preferita di Francesco, il quale volle persuadere l' imperatore a fare una legge speciale affinché gli uomini provvedessero bene agli uccelli.e le bestie, come pure per i poveri , affinché tutti abbiano occasione di gioire nel Signore .

All'inizio dell'agosto 1224, Francesco si ritirò con tre compagni a "quella rupe rocciosa tra il Tevere e l'Arno", come Dante chiamò La Verna , lì per mantenere un digiuno di quaranta giorni in preparazione di San Michele. Durante questo ritiro le sofferenze di Cristo divennero più che mai il peso delle sue meditazioni ; in poche anime , forse, era entrato così profondamente il senso pieno della Passione . Fu durante o intorno alla festa dell'Esaltazione della Croce (14 settembre), mentre pregava sul fianco della montagna, che ebbe la meravigliosa visione del serafino, come seguito del quale apparvero sul suo corpo i segni visibili delle cinque piaghe del Crocifisso che, dice un antico scrittore, erano stati da tempo impressi nel suo cuore. Frate Leone , che era con san Francesco quando ricevette le stimmate , ci ha lasciato nella sua nota alla benedizione autografa del santo , conservata ad Assisi , un racconto chiaro e semplice del miracolo , che del resto è attestato meglio di molti altri fatto storico. Il santoil lato destro è descritto come portatore su una ferita aperta che sembrava fatta da una lancia, mentre attraverso le sue mani e i suoi piedi c'erano unghie nere di carne, le cui punte erano piegate all'indietro. Dopo la ricezione delle stimmate , Francesco soffrì crescenti dolori in tutto il suo fragile corpo, già spezzato da continue mortificazioni . Perché, accondiscendente come sempre fu il santo verso le debolezze degli altri, fu sempre così spietato con se stesso che alla fine si sentì costretto a chiedere perdono a "Fratello asino", come chiamava il suo corpo, per averlo trattato così duramente. Esausto, inoltre, poiché Francesco era ormai da diciotto anni di incessante fatica, le sue forze cedettero completamente, ea volte la vista gli mancava così tanto che era quasi del tutto cieco.

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Durante un eccesso di angoscia, Francesco fece un'ultima visita a Santa Chiara presso San Damiano, e fu in una capanna di canne, fatta per lui nel giardino di là, che la santa compose quel "Cantico del Sole", in cui il suo genio poetico si espande così gloriosamente. Era il settembre 1225. Non molto tempo dopo Francesco, su urgente istanza di frate Elia , subì un'operazione agli occhi senza successo, a Rieti . Sembra che abbia passato l'inverno 1225-26 a Siena , dove era stato portato per ulteriori cure mediche . Nell'aprile del 1226, durante un intervallo di miglioramento, Francesco fu trasferito a Cortona , e si credeessere stato mentre riposava presso l'eremo delle Celle, che il santo dettò il suo testamento, che descrive come un "ricordo, monito ed esortazione". In questo toccante documento Francesco, scrivendo dalla pienezza del suo cuore, sollecita nuovamente con la semplice eloquenza, i pochi, ma chiaramente definiti, principi che dovevano guidare i suoi seguaci, l' obbedienza implicita ai superiori come al posto di Dio , l'osservanza letterale di la regola "senza glossa", specialmente per quanto riguarda la povertà , e il dovere del lavoro manuale , essendo solennemente ingiunto a tutti i frati .

Nel frattempo allarmanti sintomi idropici avevano sviluppato, ed era in un morire condizioni che Francesco partì per Assisi . La piccola carovana che lo scortava fece una via tortuosa, perché si temeva di seguire la strada diretta per timore che gli impertinenti perugini tentassero di rapire con la forza Francesco affinché morisse nella loro città, che così sarebbe entrata in possesso di le sue ambite reliquie . E 'stato quindi sotto una forte guardia che Francesco, nel luglio 1226, è stato finalmente tenuto sicurezza al vescovo palazzo nella sua città natale in mezzo alle allegrezze entusiasti di tutta la popolazione. All'inizio dell'autunno Francesco, sentendo su di sé la mano della morte, fu portato dalla sua amataPorziuncola , perché esalasse l'ultimo sospiro là dove gli era stata rivelata la sua vocazione e da dove il suo ordine si era fatto faticare a vedere. Per strada chiese di essere deposto, e con penosa fatica invocò su Assisi una bella benedizione , che però i suoi occhi non riuscivano più a discernere. Gli ultimi giorni del santo furono trascorsi alla Porziuncola in una minuscola capanna, vicino alla cappella , che fungeva da infermeria. L'arrivo in quel luogo della signora Jacoba di Settesoli, che era venuta con i suoi due figli e un gran seguito per salutare Francesco, causò una certa costernazione, poiché le donneera vietato entrare in convento. Ma Francesco nella sua tenera gratitudine a questa nobildonna romana , fece un'eccezione in suo favore, e "fratello Jacoba", come Francesco l'aveva chiamata per la sua forza d' animo , rimase fino all'ultimo.

Alla vigilia della sua morte, il santo , ad imitazione del suo Divin Maestro , si fece portare e spezzare il pane. Questo lo distribuì ai presenti, benedicendo Bernardo di Quintaville, il suo primo compagno, Elia , il suo vicario , e tutti gli altri in ordine. "Ho fatto la mia parte", disse poi, "possa Cristo insegnarti a fare la tua". Volendo poi dare un ultimo pegno di distacco e dimostrare di non avere più nulla in comune con il mondo, Francesco si tolse il povero abito e si coricò sulla nuda terra, coperto da un telo preso in prestito, gioendo di poter conservare la fede con la sua Signora Povertàall'estremità. Dopo un po' chiese di avergli letto la Passione secondo san Giovanni , e poi con toni vacillanti intonò lui stesso il Salmo 141 . Al versetto conclusivo, "Porta l' anima mia fuori di prigione ", Francesco fu condotto via dalla terra da "Sorella Morte", in lode della quale aveva poco prima aggiunto una nuova strofa al suo "Cantico del Sole". Era la sera di sabato 3 ottobre 1226, essendo Francesco allora all'età di quarantacinque anni, e ventesimo dalla sua perfetta conversione a Cristo .

Il santo aveva, nella sua umiltà , si narra, espresso il desiderio di essere sepolto sul Colle d'Inferno, disprezzato colle senza Assisi , dove venivano giustiziati i malfattori Comunque sia, il 4 ottobre il suo corpo fu portato in trionfante processione in città, facendo tappa a S. Damiano, affinché santa Chiara e le sue compagne potessero venerare le sacre stimmate ora visibili a tutti, e fu collocato provvisoriamente nella chiesa di S. Giorgio (oggi all'interno del recinto del monastero di S. Chiara), dove la santaaveva imparato a leggere e prima aveva predicato. Si registrano molti miracoli avvenuti presso la sua tomba . Francesco fu canonizzato in San Giorgio da Gregorio IX , il 16 luglio 1228. In quel giorno successivo il papa pose la prima pietra della grande chiesa doppia di S. Francesco, eretta in onore del nuovo santo , e lì il 25 maggio, 1230, le spoglie di Francesco furono traslate segretamente da frate Elia e sepolte in fondo sotto l' altare maggiore nella chiesa inferiore . Qui, dopo essere rimasto nascosto per sei secoli, come quello diSanta Chiara , la bara di Francesco fu ritrovata, il 12 dicembre 1818, a seguito di una faticosa ricerca durata cinquantadue notti. Questo ritrovamento del corpo del santo è ricordato nell'ordine da un apposito ufficio il 12 dicembre, e quello della sua traslazione da un altro il 25 maggio. La sua festa si celebra in tutta la Chiesa il 4 ottobre e l'impronta delle stimmate sul suo corpo si celebra il 17 settembre.

È stato detto con un calore perdonabile che Francesco è entrato nella gloria durante la sua vita, e che è l'unico santo che tutte le generazioni successive hanno convenuto di canonizzare . Certo è che anche coloro che poco si curano dell'ordine da lui fondato, e che hanno scarsa simpatia per la Chiesa alla quale ha sempre prestato la sua devota fedeltà, anche coloro che sanno che il cristianesimo è divino, si trovano, per così dire, istintivamente , cercando attraverso i secoli una guida al meraviglioso Poverello umbro, e invocando il suo nomein grato ricordo. Questa posizione unica Francis senza dubbio deve non poco al suo amabile singolarmente e Winsome personalità . Pochi santi hanno mai esalato "il buon odore di Cristo " come lui. C'era in Francesco, inoltre, una cavalleria e una poesia che davano al suo ultraterreno un fascino e una bellezza del tutto romantici. Altri santi sono sembrati del tutto morti al mondo che li circonda, ma Francesco è stato sempre completamente in contatto con lo spirito dell'epoca. Si dilettava nei canti della Provenza, si rallegrava della neonata libertà della sua città natale, e amava ciò che Dantechiama il suono piacevole della sua cara terra. E questo squisito elemento umano nel carattere di Francesco era la chiave di quella simpatia ampia e totalizzante, che si può quasi chiamare il suo dono caratteristico. Nel suo cuore, come dice un vecchio cronista, tutto il mondo trovava rifugio, i poveri , i malati ei caduti essendo oggetto della sua sollecitudine in modo più speciale.

Per quanto Francesco fosse incurante dei giudizi del mondo nei suoi confronti, era sempre sua cura costante rispettare le opinioni di tutti e ferire i sentimenti di nessuno. Perciò ammonisce i frati ad usare solo mense basse e meschine, affinché "se un mendicante venisse a sedersi vicino ad esse, creda di essere solo con i suoi pari e non debba arrossire per la sua povertà ". Una notte, ci viene detto, il convento fu suscitato dal grido "Sto morendo". "Chi sei", esclamò Francesco alzandosi, "e perché stai morendo?" "Sto morendo di fame", rispose la voce di chi era stato troppo incline al digiuno . Al che Francesco fece apparecchiare una tavola e si sedette accanto al frate affamato, e per timore che quest'ultimo potesse vergognarsi di mangiare da solo, ordinò a tutti gli altri fratelli di unirsi al pasto. La devozione di Francesco nel consolare gli afflitti lo rese così condiscendente che non si ritrasse dal rimanere con i lebbrosi nei loro ripugnanti lazzari e dal mangiare con loro dallo stesso piatto.

Ma sono soprattutto i suoi rapporti con gli erranti che rivelano lo spirito veramente cristiano della sua carità . Più santo di qualunque santo ", scrive Celano , "fra i peccatori fu come uno di loro". Scrivendo a un certo ministro dell'ordine, Francesco dice: «Se in qualche parte del mondo ci fosse un fratello che abbia peccato , per quanto grande sia la sua colpa, non se ne vada dopo aver visto una volta il tuo volto senza mostrare pietà verso di lui; e se non cerca misericordia, chiedigli se non la desidera. E da questo saprò se tuama Dio e me." Di nuovo, per le nozioni medievali di giustizia il malfattore era al di là della legge e non c'era bisogno di mantenere fede con lui. Ma secondo Francesco, non solo la giustizia era dovuta anche ai malfattori, ma la giustizia deve essere preceduta dalla cortesia come da un araldo.La cortesia, infatti, nel pittoresco concetto del santo , era la sorella minore della carità e una delle qualità di Dio stesso, il quale "della sua cortesia", dichiara, "dà il suo sole e La sua pioggia ai giusti e agli ingiusti ”. Questa abitudine di cortesia Francesco sempre cercò di imporre ai suoi discepoli«Chiunque venga da noi», scrive, «sia amico o nemico, ladro o brigante, sia accolto benevolmente», e bastò la festa che fece per i briganti affamati nella selva di Monte Casale mostrare che "come ha insegnato così ha operato".

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Gli stessi animali trovarono in Francesco un tenero amico e protettore; in tal modo lo troviamo memoria con la gente di Gubbio per alimentare il lupo feroce che aveva rapito i loro greggi, perché attraverso la fame "Fratello Lupo" aveva fatto questo torto. E le prime leggende ci hanno lasciato molte immagini idilliache di come bestie e uccelli sensibili allo stesso modo al fascino dei modi gentili di Francesco, entrarono in amorevole compagnia con lui; come il leprotto braccato cercasse di attirare la sua attenzione; come le api semicongelate strisciavano verso di lui durante l'inverno per essere nutrite; come svolazzava intorno a lui il falco selvatico; come l'usignolo cantava con lui dolcissimo nel leccio delle Carceri, e come i suoi «fratellini uccelliAscoltò così devotamente il suo sermone sul ciglio della strada vicino a Bevagna che Francesco si rimproverò per non aver pensato di predicare loro prima. Anche l' amore per la natura di Francesco risalta con audace rilievo nel mondo in cui si trasferì. fiori, la sorgente cristallina, e il fuoco amico, e salutare il sole che sorgeva sulla bella valle umbra.In questo senso, infatti, il "dono di simpatia" di San Francesco sembra essere stato più ampio anche di San Paolo , poiché non troviamo alcuna prova nel grande Apostolo di un amore per la natura o per gli animali.

Di poco meno coinvolgente del suo sconfinato senso di solidarietà era la sincerità assoluta e la semplicità schietta di Francis. "Carissimi", iniziò una volta un sermone dopo una grave malattia, "devo confessare a Dio ea voi che durante questa Quaresima ho mangiato focacce fatte con lo strutto". E quando il guardiano insistette per amor di calore che Francesco si facesse cucire una pelle di volpe sotto la sua tunica logora , il santo acconsentì solo a condizione che un'altra pelle della stessa misura fosse cucita fuori. Perché era il suo studio singolare di non nascondere da uomini ciò che noto a Dio . "Che uomoè agli occhi di Dio ", era solito ripetere, "tanto è e non più" - un detto che è passato nell' "Imitazione" ed è stato spesso citato.

Un altro tratto vincente di Francesco che ispira l'affetto più profondo era la sua incrollabile immediatezza di propositi e il suo incrollabile seguire un ideale. «Il suo più caro desiderio finché visse», ci racconta Celano , «fu sempre di cercare tra i sapienti e i semplici, i perfetti e gli imperfetti, i mezzi per camminare nella via della verità ». Per Francesco l' amore era la più vera di tutte le verità ; da qui il suo profondo senso di responsabilità personale verso i suoi simili. L' amore di Cristo e del Crocifisso permeava tutta la vita e il carattere di Francesco, e poneva la principale speranza di redenzionee riparare all'umanità sofferente nella letterale imitazione del suo Divin Maestro . Il santo imitò l'esempio di Cristo tanto letteralmente quanto era in lui farlo; scalzo, e in assoluta povertà , proclamò il regno dell'amore . Questa eroica imitazione della povertà di Cristo fu forse il segno distintivo della vocazione di Francesco , ed egli fu senza dubbio, come si esprime Bossuet , il più ardente, entusiasta e disperato amante della povertà che il mondo abbia mai visto. Dopo i soldi Francesco detestava di più le discordie e le divisioni. La pace, dunque, divenne la sua parola d'ordine, e la patetica riconciliazione operata nei suoi ultimi giorni tra il Vescovo e la Potesta d' Assisi è un esempio di molte delle sue capacità di sedare le tempeste della passione e di ridare tranquillità ai cuori lacerati dal civile conflitto. Il dovere di un servo di Dio , dichiarò Francesco, era quello di elevare i cuori degli uomini e spingerli alla gioia spirituale Non era dunque «dagli stalli monastici o con l'attenta irresponsabilità dello studente di clausura » che il santo ei suoi seguaci si rivolsero al popolo; "dimoravano in mezzo a loro e lottavano contro i mali del sistema sotto il quale gemeva il popolo". Hanno lavorato in cambio del loro prezzo, facendo per il lavoro più basso il più umile, e parlando ai più poveri parole di speranza come il mondo non aveva sentito per molti giorni. In questo senso Francesco colmò l'abisso tra un clero aristocratico e la gente comune e, sebbene non insegnasse una nuova dottrina , ripopolarò a tal punto l'antica data sul Monte che il Vangelo prese una nuova vita e suscitò un nuovo amore .

Tali in estrema sintesi sono alcuni dei tratti salienti che rendono la figura di Francesco di tale suprema attrazione che tutti i tipi di uomini si sentono attratti verso di lui, con un senso di attaccamento personale. Pochi, tuttavia, di coloro che sentono il fascino della personalità di Francesco possono seguire il santo fino alla sua vetta solitaria di rapita comunione con Dio . Infatti, per quanto fosse un "menestrello del Signore", Francesco fu nondimeno un profondo mistico nel senso più vero della parola. Il mondo intero era per lui una scala luminosa, che saliva sui gradini della quale si avvicinò e vide DioÈ molto fuorviante, tuttavia, ritrarre Francesco come vivente "ad un'altezza dove il dogma cessa di esistere", e ancora più lontano dal vero rappresentare la tendenza del suo insegnamento come quella in cui l' ortodossia è asservita all'"umanitarismo". Un'indagine molto superficiale sulla fede religiosa di Francesco è sufficiente per dimostrare che abbracciava l'intero dogma cattolico , né più né meno. Se poi le prediche del santo erano nel complesso morali più che dottrinali , era meno perché predicava per soddisfare i bisogni del suo tempo, e coloro ai quali si rivolgeva non si erano allontanati dalla dogmatica verità ; erano ancora "uditori", se non "facitori", della Parola. Per questo Francesco ha messo da parte tutte le questioni più teoriche che pratiche, ed è tornato al Vangelo .

Ancora, vedere in Francesco solo l' amico amoroso di tutte le creature di Dio , il gioioso cantore della natura, è trascurare del tutto quell'aspetto della sua opera che è la spiegazione di tutto il resto, il suo lato soprannaturale . Poche vite sono state più completamente imbevute di soprannaturale , come ammette anche Renan. In nessun luogo, forse, si può trovare una visione più acuta nel mondo più intimo dello spirito , eppure il soprannaturale e il naturale erano così strettamente mescolati in Francesco, che il suo stesso ascetismo era spesso rivestito della guida del romanticismo, come testimonia il suo corteggiamento alla Signora Povertà, in un senso che ha quasi cessato di essere figurativo. Perché l' immaginazione singolarmente vivida di Francesco era impregnata dell'immagine della chanson de geste , e per la sua tendenza marcatamente drammatica, si dilettava nell'adattare la sua azione al suo pensiero. Così, anche la svolta nativa del santo per il pittoresco lo ha portato a unire religione e natura. Trovava in tutte le cose create , per quanto banali, qualche riflesso della perfezione divina, e amava ammirare in esse la bellezza, la potenza, la sapienza e la bontà del loro Creatore . E così avvenne che vide sermoni anche in pietre, e buoni in ogni cosa.

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Inoltre, la natura semplice e infantile di Francesco si è fissata sul pensiero, che se tutti provengono da un Padre, allora tutti sono veri parenti. Da qui la sua abitudine di rivendicare la fratellanza con ogni sorta di oggetti animati e inanimati. La personificazione, dunque, degli elementi nel "Cantico del Sole" è qualcosa di più di una mera figura letteraria. L' amore per le creature di Francesco non era semplicemente figlio di una disposizione tenera o sentimentale; nasceva piuttosto da quel senso profondo e costante della presenza di Dio , che era alla base di tutto ciò che diceva e faceva. Anche così, l' allegria abituale di Francesco non era quella di una natura negligente , o di una non toccata dal dolore. Nessunoassistito alle lotte nascoste di Francesco, alle sue lunghe agonie di lacrime o alle sue segrete lotte nella preghiera . E se lo incontriamo facendo muto spettacolo di musica, suonando un paio di bastoni come un violino per dar sfogo alla sua gioia , lo troviamo anche affranto dal presentimento per i terribili dissensi nell'ordine che minacciavano di far naufragio il suo ideale. Né sono state tentazioni o altre malattie indebolimento della dell'anima che vogliono il santo in qualsiasi momento .

La leggerezza di Francesco aveva la sua sorgente in quella totale resa di tutto ciò che è presente e transitorio, nella quale aveva trovato la libertà interiore dei figli di Dio ; traeva la sua forza dalla sua intima unione con Gesù nella Santa Comunione . Il mistero della Santa Eucaristia , essendo un prolungamento della Passione , occupava un posto preponderante nella vita di Francesco, e non aveva a cuore altro che tutto ciò che riguardava il culto del Santissimo Sacramento . Quindi non solo sentiamo di Francesco che scongiura il clero a mostrare il dovuto rispetto per tutto ciò che riguarda il sacrificio della messa, ma lo vediamo anche spazzare le chiese povere cercare per loro vasi sacri e fornire loro pani d'altare fatti da lui stesso. Così grande, infatti, era la riverenza di Francesco per il sacerdozio , a causa della sua relazione con l' adorabile Sacramento , che nella sua umiltà non osò mai aspirare a quella dignità.

L'umiltà era, senza dubbio, la virtù dominante del santo . Idolo di un'entusiasta devozione popolare , si credeva sempre meno degli ultimi. Altrettanto ammirevole fu l' obbedienza pronta e docile di Francesco alla voce della grazia che era in lui, anche nei primi tempi della sua mal definita ambizione , quando lo spirito di interpretazione gli venne meno. In seguito, il santo , con il senso del suo messaggio chiaro come lo aveva avuto qualsiasi profeta , cedette una sottomissione incondizionata a ciò che costituiva l' autorità ecclesiastica.Nessun riformatore, del resto, fu mai meno aggressivo di Francesco. Il suo apostolato incarnava il più nobile spirito di riforma; si sforzò di correggere gli abusi sostenendo un ideale. Stendeva le braccia struggendo verso coloro che desideravano i "doni migliori". Gli altri li lasciò soli.

E così, senza lotte né scismi , il Poverello di Dio d'Assisi divenne il mezzo per rinnovare la giovinezza della Chiesa e per imitare il movimento religioso più potente e popolare fin dagli inizi del cristianesimo . Senza dubbio questo movimento aveva il suo lato sociale oltre che religioso . Che il Terz'Ordine di San Francesco sia andato molto avanti nella ricristianizzazione della società medievale è una questione di storia. Tuttavia, l'obiettivo principale di Francesco era quello religioso . Per ravvivare l' amore di Dionel mondo e rianimare la vita dello spirito nel cuore degli uomini : tale era la sua missione. Ma poiché san Francesco cercò prima il regno di Dio e la sua giustizia , molte altre cose gli furono aggiunte. E il suo squisito spirito francescano , come viene chiamato, diffondendosi nel vasto mondo, divenne una costante fonte di ispirazione. Forse sa di esagerazione dire, come è stato detto, che "tutti i fili della civiltà dei secoli successivi sembrano riallacciarsi a Francesco", e che fin dai suoi tempi "il carattere di tutta la Chiesa cattolica romana è visibilmente umbra" .

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Sarebbe tuttavia difficile sopravvalutare l'effetto prodotto da Francesco sulla mente del suo tempo , o il potere vivificante che esercitò sulle generazioni che gli sono succedute. Per citare solo due aspetti della sua onnipervadente influenza, Francesco va sicuramente annoverato tra coloro ai quali il mondo dell'arte e delle lettere è profondamente debitore. La prosa , come osserva Arnold, non poteva soddisfare l' anima ardente del santo , quindi fece poesia. Era, infatti, troppo poco esperto nelle leggidi composizione per avanzare molto in quella direzione. Ma il suo fu il primo grido di una nascente poesia che trovò la sua massima espressione nella "Divina Commedia"; onde Francesco è stato chiamato il precursore di Dante . Ciò che fece il santo fu di insegnare a un popolo "abituato alla versificazione artificiale dei poeti cortigiani latini e provenzali, l'uso della loro lingua madre in semplici inni spontanei , che divennero ancora più popolari con le Laudi e i Cantici del suo poeta-seguace Jacopone di Todi ". In quanto, inoltre, come repraesentatio di Francesco , come la chiama Salimbene , della stalla di Betlemmeè il primo giallo di cui si sente parlare in Italia , si dice che abbia avuto un ruolo nella ripresa del dramma . Comunque sia, se l'amore per il canto di Francesco ha suscitato l'inizio del verso italiano , la sua vita non meno ha portato alla nascita dell'arte italiana La sua storia, dice Ruskin, è diventata una tradizione appassionata dipinta ovunque con gioia. Piena di colori, possibilità drammatiche e interesse umano, la prima leggenda francescana offriva il materiale più popolare per i pittori dalla vita di Cristo Non appena, infatti, la figura di Francesco fece la sua comparsa nell'arte , divenne subito un soggetto prediletto, soprattutto presso la mistica scuola umbra. È così vero che è stato detto che, seguendo la sua figura familiare, potremmo "costruire una storia dell'arte cristiana , dai predecessori di Cimabue fino a Guido Reni , Rubens e Van Dyck ".

Probabilmente la più antica immagine di Francesco giunta fino a noi è quella conservata nel Sacro Speco di Subiaco . Si dice che sia stato dipinto da un monaco benedettino durante la visita del santo , che potrebbe essere stata nel 1218. L'assenza delle stimmate , dell'aureola e del titolo del santo in questo affresco costituisce la sua principale pretesa di essere considerato un quadro contemporaneo; non si tratta, tuttavia, di un vero e proprio ritratto nel senso moderno del termine, e per la tradizionale presentazione di Francesco dipendiamo piuttosto da ideali di artisti , come la statua dei Della Robbia alla Porziuncola , che sono sicuramente le effigi vera del santo , come nessun cosiddetto ritratto bizantino potrà mai essere, e la descrizione grafica di Francesco data dal Celano (Vita Prima, c. lxxxiii). Di altezza inferiore alla media, ci viene detto, e di forma fragile, Francis aveva un viso lungo ma allegro e una voce dolce ma forte, piccoli occhi neri brillanti, capelli castano scuro e una barba rada La sua persona non era in alcun modo imponente, eppure c'era nel santo una delicatezza, grazia e distinzione che lo rendevano più attraente.

I materiali letterari per la storia di San Francesco sono più che normalmente copiosi e autentici . Ci sono davvero poche, se non nessuna, vite medievali documentate in modo più completo. Abbiamo in primo luogo gli scritti del santo . Questi non sono voluminosi e non furono mai scritti allo scopo di esporre sistematicamente le sue idee , tuttavia portano l'impronta della sua personalità e sono contrassegnati dalle stesse caratteristiche immutabili della sua predicazione. Pochi pensieri guida presi "dalle parole del Signore " gli sembravano tutti sufficienti, e li ripete più e più volte, adattandoli alle esigenze delle diverse personecui si rivolge. Brevi, semplici e informali, gli scritti di Francesco respirano l' amore non studiato del Vangelo e impongono la stessa morale pratica , mentre abbondano di allegorie e personificazioni e rivelano un intimo intreccio della fraseologia biblica .

Non tutti gli scritti del santo ci sono pervenuti, e non pochi di questi un tempo a lui attribuiti sono ora con maggiore probabilità attribuiti ad altri. L'esistente e autentica opuscula di Francesco comprendono, oltre la regola del Frati Minori e alcuni frammenti degli altri strumenti Serafico, diverse lettere, tra cui uno rivolto "a tutti i cristiani che abitano in tutto il mondo," una serie di consigli spirituali rivolta ai suoi discepoli , le "Laudes Creaturarum" o "Cantico del Sole", e alcune lodi minori, un Ufficio della Passione compilato per suo uso,lo vide, "non tanto la preghiera di un uomo quanto la preghiera stessa".

Oltre agli scritti del santo, le fonti della storia di Francesco includono una serie di prime bolle papali e alcuni altri documenti diplomatici, come vengono chiamati, che riguardano la sua vita e la sua opera. Poi vengono le biografie propriamente dette. Questi includono le vite scritte 1229-1247 da Tommaso da Celano , uno dei seguaci di Francesco; una narrazione congiunta della sua vita compilata da Leone , Rufino e Angelus, intimi compagni del santo , nel 1246; e la celebre leggenda di S. Bonaventura , apparsa verso il 1263; oltre a una leggenda un po' più polemica chiamata "Speculum Perfectionis", attribuita aFratello Leo , il cui stato è oggetto di controversia. Esistono anche diverse importanti cronache dell'ordine duecentesche, come quelle di Jordan , Eccleston e Bernardo di Besse , e non poche opere successive, come la "Chronica XXIV. Generalium" e il "Liber de Conformitate", che sono in qualche modo una loro continuazione. È su queste opere che si basano tutte le successive biografie della vita di Francesco.

Negli ultimi anni si è assistito ad una crescita davvero notevole di interesse per la vita e l'opera di San Francesco, soprattutto tra i non cattolici, e Assisi è diventata di conseguenza la meta di una nuova razza di pellegrini . Tale interesse, per lo più letterario e accademico, è incentrato principalmente nello studio dei documenti primitivi relativi alla storia del santo e agli inizi dell'Ordine francescano . Sebbene inaugurato alcuni anni prima, questo movimento ricevette il suo massimo impulso dalla pubblicazione nel 1894 della "Vie de S. François" di Paul Sabatier, opera che fu quasi contemporaneamente incoronata dall'Accademia di Francia e posta all'IndiceNonostante l'intera mancanza di simpatia dell'autore con il punto di vista religioso del santo , la sua biografia di Francesco rivela vasta erudizione, ricerca profonda e rara intuizione critica, e ha aperto una nuova era nello studio delle risorse francescane . Per favorire questo studio è stata fondata ad Assisi nel 1902 una Società Internazionale di Studi Francescani , il cui scopo è quello di raccogliere una biblioteca completa di opere sulla storia francescana e di compilare un catalogo dei manoscritti francescani sparsi diversi periodici, dedicati ai francescani documenti e discussioni esclusivamente, sono stati inoltre stabiliti in diversi paesi. Sebbene intorno alla figura del Poverello si sia in breve tempo formata una vasta letteratura , nulla di nuovo di essenziale valore si è aggiunto a quanto già noto del santo . L'energico lavoro di ricerca degli ultimi anni ha portato al recupero di alcuni importanti testi antichi, e ha suscitato molti studi critici davvero raffinati sulle fonti, ma la caratteristica più gradita dell'interesse moderno per le origini francescane è stata l'attenta ri- redazione e traduzione degli scritti di Francesco e di quasi tutto il manoscritto contemporaneoautorità che influiscono sulla sua vita. Non poche delle controverse questioni ad esse connesse sono di notevole importanza, anche per coloro che non sono particolarmente studiosi della leggenda francescana , ma non potrebbero essere rese intelligibili entro i limiti del presente articolo. Basterà, inoltre, indicare solo alcune delle opere principali sulla vita di S. Francesco.

Gli scritti di S. Francesco sono stati pubblicati in "Opuscula SP Francisci Assisiensis" (Quaracchi, 1904); Böhmer, "Analekten zur Geschichte des Franciscus von Assisi" (Tübingen, 1904); U. d'Alençon, "Les Opuscules de S. François d'Assise" (Parigi, 1905); Robinson, "Gli scritti di san Francesco d'Assisi" (Filadelfia, 1906).


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Citazione APA. Robinson, P. (1909). San Francesco d'Assisi. In The Catholic Encyclopedia. New York: Robert Appleton Company. Estratto il 25 settembre 2021 da New Advent: http://www.newadvent.org/cathen/06221a.htm

Citazione MLA. Robinson, Pasquale. "San Francesco d'Assisi". L'Enciclopedia Cattolica. vol. 6. New York: Robert Appleton Company, 1909. 25 settembre 2021 <http://www.newadvent.org/cathen/06221a.htm>.

Approvazione ecclesiastica. Nihil Obstat. 1 settembre 1909. Remy Lafort, Censore. Imprimatur. +John M. Farley, arcivescovo di New York.

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