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mercoledì 8 marzo 2023

PAGINE SEMPRE VIVE


Dai "QUADERNETTI"

 48.31

[Riportiamo qui il testo di una lettera non autografa ma dattiloscritta. Quasi certamente l'ha

battuta a macchina Marta Diciotti sotto dettatura di Maria Valtorta, che alla fine vi ha apposto la

data e la firma autografe, dopo aver fatto lo schizzo a penna (nello spazio rimasta vuoto al punto 4),

aver corretto qualche errore e messo delle virgole. Il destinatario non può essere altri che P. Corrado

M. Berti osml.]

Molto Reverendo Padre,

Per accontentarla il meglio possibile ho seguito il consiglio di copiare su carta oleata la parte

di Roma che la interessa, segnando nella zona i punti che ho visti io. Lei non ha che da sovrapporre

la carta oleata alla pianta di Roma che mi ha mandato a vedrà che:

1°) Le modifiche apportate da venti secoli nel perimetro di Roma e nelle vie Consolari. lo ho visto

la Tiburtina quasi rettilinea (direzione nord-est) nelle immediate vicinanze della città. Nella sua

pianta vedo che fa una curva sensibile. Ma forse io ne osservavo il tratto più vicino a Roma, che è

rettilineo.

2°) La stessa via aveva nelle sue vicinanze un acquedotto. Qualche resto dello stesso ci dovrebbe

essere ancora, almeno ridotto allo stato di rudere.

3°) Quella che sulla sua pianta ha nome di Porta Pia a mio modo di vedere segnava allora, nel primo

secolo dell'era Cristiana, il limite della città in quel punto. Da lì usciva la Nomentana che per una

plaga deserta, e in direzione nord-est, andava verso Monte Rotondo.

4°) Non avrei potuto vedere il Sepolcro di Cecilia Metella (punto di orientamento concessomi

perché capissi in quale lato cardinale di Roma mi trovavo) se gli edifici della città di allora si

fossero estesi dove sono ora. Invece io vedevo molto bene quel sepolcro e il nastro bianco de1l'Appia

dilungarsi per l'Agro verso sud-est, quasi costeggiato

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da altre vie che però facevano una specie di raggio come le 48.31

stecche di un ventaglio.

5°) Osservando la pianta vedo segnato presso la Salaria una via che ha nome Ostriana. Forse la

chiamano cosi perché vi si suppone vicino l'Ostriano? In tal caso devo dire che quel prato in

discesa, dove vidi andare S. Pietro e il suo compagno e che intuisco conducesse all' Ostriano, è

molto più vicino a Via Nomentana che a Via Salaria, che io non vedevo affatto, presso S. Agnese,

ma più a nord-est e lontano dall' Aniene che non vedevo.

6°) Come Lei può notare si direbbe che S. Pietro batté col bastone e con la mano nella zona

compresa fra Villa Torlonia e Villa Massimo. Forse che lì sotto ci sono diramazioni dell' Ostriano?

Se sì, si potrebbe pensare che S. Pietro fu deposto li sotto, in origine.

7°) Infine vedrà che, confrontando lo schizzo topografico che le ho dato l'ultima volta che ci siamo

veduti, e che spero lei abbia conservato, anche se fatto male, corrisponde a quanto risulta da una

pianta fatta bene nella sistemazione delle vie consolari.

Ma faccio notare, e raccomando quindi di tenere ben presente, perché accendendosi di

eccessive speranze non si cada poi in delusioni e in conseguenti... anatemi su me che non c'entro,

che io:

1°) Non ho avuto indicazione di dove S. Pietro è sepolto attualmente, ma da dove fu

trasportato il corpo del Ie Pontefice nella notte seguente al Suo Martirio (“E VENU'I'A CHE FU

LA NOTTE I CRISTIANI TOLSERO IL CORPO DI LA' E LO PORTARONO NEL LUOGO

DOVE PIETRO EVANGELIZZAVA IL SIGNORE, CHE ERA LO OSTRIANUM NEL QUALE

GIA' ERANO DEPOSTI I CORPI Dl QUELLI CHE AVEVANO CONFESSATO COL SANGUE

LA LORO FEDE IN GESU' CRISTO DURANTE LE PRIME PERSECUZIONI'' - Parole

143

48.31 angeliche, e l'angelo pareva che leggesse qualche cronaca cristiana contemporanea

dei tempi di S. Pietro. Questa esiste ancora o si è perduta?).

2°) Che né S. Pietro né il suo compagno, che direi essere stato un Romano di nobile

famiglia, né il mio Angelo hanno aggiunto parola a quanto io ho riferito fedelmente. Né io

aggiungerò parola suggerita da un mio proprio pensiero. Sarebbe certamente errata, riprovata da

Dio e d'inganno agli uomini. La prima delle cose che Dio richiede a quelli che Egli ha voluto suoi

strumenti, senza alcun merito da parte loro, questo è certo, è l'assoluta fedeltà nel ripetere o

trasmettere ciò che vedono ed odono. Molti di essi si fanno nemico Dio col volere aggiungere

qualcosa di loro, per darsi importanza e, secondo loro, per rendere più belle le cose viste a udite...

Quasi che la creatura umana possa far meglio di Dio! E' à la loro rovina, non solo come

strumenti ma anche come semplici Cristiani. Perché è sempre l'antico peccato di superbia,

disubbidienza e gola che ha rovinato Lucifero e Adamo e rovina tutti i superbi, disubbidienti e

avidi. Io, anche a costo di deludere chi spera da me più che io non possa dare, forse attribuendomi

erroneamente poteri extra-naturali che non ho affatto, non mi permetto di aggiungere o levare

neppure una virgola o un dettaglio insignificante a ciò che vedo e sento, e che è tutto quello che E !

posso dare perché mi viene dato.

Perciò torno a dire di non lasciarsi travolgere da sogni propri, suscitati da una non giusta

interpretazione di quanto io ho potuto dire, che è ancora molto parziale. Se Dio vorrà, completerà le

informazioni. Per ora si è degnato di farci sapere dove fu portato dopo il Martirio il corpo di S.

Pietro e la zona dove fu deposto. Preghiamo molto, preghiamo tutti, chiedendo al Signore che dica

dove attualmente è il sepolcro di S. Pietro. Se amorevolmente Dio accederà alla nostra richiesta,

sapremo. Altrimenti... Egli è il Signore e noi i sudditi.

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Per quanto sta a me, se mi dicesse chiaramente il luogo 48.31

subito lo notificherò, ben lieta di servire il Signore, il Suo Vicario e quanti vogliono onorare

l'Apostolo Pietro.

Ma se non fa Iddio io certo non posso fare.

Pretendere che io possa indicare i metri quadrati è come pretendere da me un miracolo uso

moltiplicazione dei pani e dei pesci!

Mi è sempre stato fatto un appunto per la poca chiarezza dei miei schizzi topografici annessi

all'opera, e con ragione, perché io di topografia e cartografia non so nulla.

Come si può pretendere adesso che io segni il punto matematicamente esatto?

Dovrebbe Nostro Signore prendermi la mano e guidarla a segnare una bella croce sul punto

esatto.

Per mio conto, se Gesù, Luce e Sapere, non mi guida, sono tenebra e ignoranza.

Io non ho nessuna pretesa a premio delle mie fatiche e ma vorrei che quanto dico sopra fosse

riferito, magari mostrando questa lettera a Sua Santità o a qualche personaggio bene orientato e

molto intimo del S. padre. E ciò allo scopo che il detto a voce da lei e passato di bocca in bocca non

giunga svisato a Sua Santità, causandogli poscia dele delusioni.

Non avendo altro da dire, ossequio profondamente.

21-9-48 Maria Valtorta


Reazione di Gesù Ss. alle conclusioni [di] Pende. 48.32

2-10-48

“Gesù è Luce per i retti di cuore, è tenebre per quelli che hanno fini umani nel pensiero e nel

cuore.

A questi il soprannaturale o l'extranaturale come il preternaturale, che in anime elette si

fondono al naturale e che dovrebbe illuminarli a comprendere con intelletto soprannaturale, si muta

in tenebre.

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48.32 Si muta in tenebre il segno della Luce.

Perché anche le vessazioni demoniache, che accrescono il segno del dito di Dio nella sua

asprezza di dolore presente che sarà gaudio futuro, sono testimonianza che Dio è nel tempio di un

corpo-ostia, ed essendovi tutto si spiega: e la resistenza alle consumanti malattie, e l'aspetto, e il

dono di veggenza, e la mia Parola. j

A chi è puro di cuore è dato vedere Dio ovunque è, se- Mt 5,8

condo quanto ho detto sul monte alla sesta beatitudine. Gv 1, 5

Agli altri non Matteo, ma Giovanni risponde: La Luce splende fra le tenebre, ma le tenebre

non l'accolgono''. Almeno però dovrebbero, poiché sono “tenebre”, ammettere l'esistenza e il

potere della Tenebra.

Ma non credono a Satana e alle sue azioni di odio sui miei strumenti, e le membra legate

anche da esso - dico anche perché in verità qui è Satana ad aggravare ciò che un uomo-satana

provocò per primo, e lo si considerò bene - e le membra legate dal Torturatore di chi mi ama

scambiano per pazzia. No, che in verità non è!

Come possono credere in Me, in Dio, se negano Lucifero che fu il più bello degli spiriti da

Dio creati?

Chi dunque è il Male?

Costui dice di credere in Dio, ma in verità non crede, perché levando Satana dalla sua fede

mutila per metà la fede, la verità, la sapienza.

Egli, che si affanna - oh! lo scienziato umano che vuol aprire le ali ai voli nel regno della

Sapienza soprannaturale! - egli si affanna a voler comprendere e spiegare la Colpa e le conseguenze

e le tare degli individui, frutto ancora della colpa, Ma come può, se nega che Satana possa vessare?

E non legò le perfezioni di Eva per farla schiava? Il perfetto volere, intelligere, amare di Eva

non furono legati, vessati da esso per farla colpevole? E se lo poté sui senza colpa, e nelle

immediate vicinanze di Dio - ché Dio amava passeggiare nell' Eden presso i due Innocenti - non

potrà

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opprimere, aggravando, servendosi delle malattie create 48.32

da un malvagio, una mia amata, in odio speciale a Satana perché amata mia?

Ma per costui, non puro di cuore, cosi è. Quello che doveva illuminarlo gli si è mutato in

tenebra perché vuole giudicare con superbo giudizio umano ciò ehe è soprumano.

A costui, e a tutti coloro che, medici dei corpi o degli spiriti, giudicano come lui e

profanamente penetrano in un mio tempio vivo, ha già dato anticipata risposta il Padre mio

Divinissimo nel novembre del passato anno. Rileggi a Padre Corrado quel dettato, perché veda e

creda che Noi, i Tre che sono Uno, non attendiamo a preavvisare il portavoce mentre la subdola

azione si compie, ma molto, molto prima, perché non ci è ignoto ogni pensiero d'uomo, anche se

pensiero ancora lontano nel futuro”.



******************




3-10-48 48.33

* Dice Gesù in merito ai capitoli 24° di S. Matteo, e specie nel 13 di S. Marco (v 30), nel

21 di S. Luca (v 32), tema ampiamente ripreso e trattato nelle epistole degli Apostoli Pietro, Paolo,

Giovanni:

“Non ho errato Io nel dire: “Questa generazione non   Mt 24, 34; Mc 13, 30; Lc 21, 32

passerà prima che tutto ciò si compia (anticristo, segni nel cielo, segni nei tempi, fine del mondo,

ritorno del Cristo e giudizio finale), perché Io non posso errare. Ma hanno errato coloro che mi

udivano (gli Apostoli e discepoli) nell'interpretare quelle mie parole, e misurando e giudicando con

misura e giudizio umano hanno interpretato che la generazione di cui lo parlavo fosse la comune

generazione umana, dai pochi anni di vita; quindi credettero che entro pochi anni dalla mia morte e

risurrezione


* Abbiamo messo in corsivo alcune parole inserite successivamente dalla scrittrice, che ha voluto

aggiungere una precisazione trascurando di adattare ad essa la forma grammaticale.


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48,33 tutto avesse a compirsi.

E cosi insegnarono, creando involontariamente un argomento a coloro che non credono in

Me, o che più non sono membra vive del Corpo Mistico, per dimostrare che: I, il Vangelo è opera di

uomini', II, che quegli uomini non ricevettero mai l'insegnamento di un Maestro Divino', III che è

menzogna la duplice infusione dello Spirito Santo; IV (e suprema bestemmia), che il Cristo Dio

Uomo non è esistito, che il Verbo non si fece carne e non insegnò mai; V, che tutto è fola creata da

un gruppo d'uomini; VI, che la Chiesa come fondata da Cristo è menzogna, una congrega e nulla

più, un partito, un' associazione, ma non la Chiesa di Cristo, non il suo mistico Corpo, non la

depositaria e Maestra della verità; VlI, che il primato di Pietro e l'assistenza dello S. S. al Vicario di

Cristo in cose di fede e morale non esiste; VlII, che i Sacramenti sono figure, il Sacrificio

dell'Altare e ogni rito sono semplice coreografia.

Apostoli erano uomini. . Come uomini sono tutti i dottori che da 20 secoli leggono il

Vangelo senza capire certe frasi-chiave.

Uomini erano gli Apostoli. Uomini anche dopo la duplice infusione dello Spirito Santo,

come uomini sono coloro che, pur avendo ricevuta la pienezza dello Spirito Santo, per il loro

ministero di Pastori, ancora non comprendono il senso vero delle mie parole.

La creatura è sempre imperfetta, e anche se avvolta e penetrata dai fulgori della Luce

Sapienziale seco porta le nebbie e pesantezza della sua natura, umana e limitata, e uscita che sia

dalla comunicazione diretta con Dio la sua umanità di pensiero e di giudizio si stende come un

fumo o stringe come un lacciuolo la verità udita, senza volontà e capacità di distruggerla o

nasconderla, ché anzi il mio servo vuole che sia viva e disvelata, ma rendendola storpia e offuscata

per debolezza congenita alla natura sua d'uomo. Essi, gli apostoli, non hanno compreso lo spirito

della mia frase, ma l'hanno accolta alla lettera, e quindi hanno

148

creduto che Io parlassi della generazione del loro tempo, e 48.33

quindi anche hanno giudicato sollecito il mio ritorno.

Errore di irreparabili e dannose conseguenze? No. Esso anzi servì, e serve per secoli e

servirà sino alla fine, a tenere desti gli spiriti che possono paragonarsi alle vergini Mt 25,1-13

savie. Gli altri, anche senza questo errore, che serve a loro di pretesto per combattere la Verità,

sarebbero stati, sono, saranno sempre contro la Verità e Dio e la Chiesa. Ognuno dal fondo del suo

cuore trae ciò che in esso rinserra, e non è ciò che entra che uccide, ma ciò che alligna trovando terreno propizio.

Ma ascoltate. La mia frase va intesa cosi: “Non passerà questa generazione (ero circondato

da Apostoli e discepoli, ossia da credenti in Me), questa generazione dei miei figli, dei 'figli di Dio -

perché chi crede in Me e mi accoglie, nasce in Dio e da Dio e acquista il diritto di essere figlio di

Dio, come è detto da Giovanni al principio del suo Vangelo e nella prima sua epistola (c° 4 e c° 5) -

prima che venga la fine del mondo con tutti i suoi segni precursori e finali''. Perché se è vero che

alla fine dei tempi poca sarà la fede perché pochi avranno saputo perseverare sino alla fine

resistendo alle dottrine dei falsi profeti, degli anticristi o figli di Satana se più vi piace, è anche vero

che la fede in Me non sarà morta e si crederà in Me in tutti i continenti. Perciò ''questa generazione'' la mia, quella dei “figli di Dio'', non sarà passata, morta, distrutta, prima che Io ritorni.

Così andava, e va, interpretata la mia frase per essere capita nella sua verità. E si compatisca

chi male intende, anche se Apostolo e Dottore, pensando che anche l'Apostolo e Dottore è ancora e

sempre un uomo”.

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Aggiunge: “Di', non dare, ma di' di S. Pietro sin dove sai, aggiungendo questo: che con

l'andare dei secoli il nome di Marcelliano si mutò in quello di Marcellino, per un errore di colui che

scalfì la seconda pietra tombale al martire

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48.33 Marcellianop (che è quello che era con S. Pietro sulla viottola... nota mia. Lo so

perché Gesù me lo fa rivedere).

Chiedo: “Ma dove?”

Risponde: “Dove ti fu detto”.

“E poi? E' 1à?”

Risponde: “Anche le polveri dei capi sono fiamma ai seguaci, e odio ai nemici che cercano

disperderle perché non resti ciò che tiene viva la fiamma nei fedeli. Quindi la necessità di

confondere le tracce e occultare le reliquie... Necessità di tutti i tempi...”

“Signore, parla, te ne prego. Dove è?”.

Gesù sorride e se ne va.

Se non avesse sorriso alzando la mano a benedirmi, penserei che si è sdegnato del mio

insistere. Ma era cosi dolcemente luminoso nel volto e benedicente che penso che il suo andarsene

non sia provocato da sdegno ma perché non è l'ora di sapere tutto.

Più tardi... vedo. Nelle catacombe e fuori all'aperto sopra le stesse viste sotto. Le gallerie

catacombali dell' Ostriano passando sotto via Nomentana e venendo verso la cinta di Roma antica

fra via Nomentana e Tiburtina conducono alla chiesa catacombale vista da me oggi, che è, se

giudico bene e se ricordo bene la pianta topografica di R Berti, in vicinanza delle mura di... presso

la ferrovia. Calcolo male perché sulla carta c'erano le cose e vie di ora e io vedo parti vuote.

Dice il Signore: ”Di' al Padre che sappia tacere. Dica solo che tu hai visto ma che per ora

non puoi dire. Impari ad ubbidirmi, perché se ordino è che so quando è utile dire per impedire che,

spremuto il frutto che ha nome Maria piccolo Giovanni, lo si calpesti come spazzatura. Io so”.

Da quanto ho visto deduco:

I) che S. Pietro dopo morto fu portato all' Ostriano in un primo loculo presso la tomba di

Tito e Marcelliano o Marcellino.

150

II ) che questa chiesa sotterranea corrispondeva al pun- 48.33

to su cui picchiò S. Pietro.

III) che da lì, con o senza i compagni, venne traslato in altra cripta molto più verso la città

(vedere carta [assente ? p. 154 ?] ). Forse avevano spinto le gallerie dell' Ostriano sin lì.

Certo è che io vedo in questa seconda chiesa una lapide con su scritto Marcellino, ma mi

stupisce vederne un'altra con su i simboli cristiani (Px ecc, ecc) ma senza nome. Prudenza? O

loculo non ancora finito? Non so e nessuno me lo dice.


23-10-48 48.34

Dice Gesù rispondendo ad una mia interna riflessione sulla predestinazione alla grazia e su

quella alla gloria, suscitata da una frase detta da una persona che era venuta a trovarmi:

“Alla grazia sono predestinati tutti gli uomini indistintamente poiché Io per tutti sono morto.

Alla gloria sono predestinati quelli che rimangono fedeli almeno alla legge naturale del

Bene. Alla fine dei secoli, sì, ognuno che sia vissuto da giusto avrà il suo premio.

E Dio ab aeterno conosce coloro che alla gloria sono destinati prima che nascessero alla vita,

ossia “predestinati''. Attenta però che qui sta il punto per capire la giustizia di Dio con giustizia.

Vi sono i predestinati, è certo. E Dio li conosce da prima che il tempo sia per essi. Ma tali

non sono perché Dio, con palese ingiustizia, dia ad essi ogni mezzo per divenire gloriosi e

impedisca con ogni mezzo ogni insidia del demonio, del mondo e della carne a costoro. No. Dio dà

ad essi ciò che dà a tutti. Ma essi usano con giustizia dei doni di Dio, e quindi conquistano la gloria

futura ed eterna, di loro libero volere.

Dio sa che giungeranno a questa gloria eterna. Ma essi

151

48.34 non lo sanno, né Dio in alcun modo lo dice loro. Gli stessi doni straordinari non sono

segno sicuro di gloria: sono un mezzo più severo degli altri per saggiare lo spirito dell'uomo nelle

sue volontà, virtù e fedeltà a Dio e alla sua Legge. Dio sa. Gode in anticipo di sapere che quella

creatura giungerà alla gloria così come soffre in anticipo di sapere che quell'altra creatura giungerà

volontariamente alla dannazione.

Ma in alcun modo non interviene a forzare il libero arbitrio di alcuna creatura perché essa

giunga dove Dio tutti vorrebbe giungessero: al Cielo. Certamente la rispondenza della creatura agli

aiuti divini aumenta la sua capacità di volere. Perché Dio tanto più si effonde quanto più l'uomo lo

ama in verità: ossia di una carità di azioni e non di parole.

E ancora: certamente più l'uomo vive da giusto e più Dio a lui si comunica e si manifesta:

un'anticipazione di quella conoscenza di Dio che fa beati i santi del Cielo, e da questa conoscenza

viene aumento di capacità di volere essere perfetti. Ma ancora e sempre l'uomo è libero del suo

volere e, se dopo aver già raggiunto la perfezione uno rinnegasse il bene sin lì praticato e si

vendesse al Male, Dio lo lascerebbe libero di fare. Non vi sarebbe merito se vi fosse coercizione.

Concludendo: Dio conosce ab aeterno coloro che sono i futuri eterni abitanti del Cielo, ma

l'uomo di sua libera volontà deve volere giungere al Cielo ben usando degli aiuti soprannaturali che

l'Eterno Padre dà ad ogni sua creatura. E cosi sino all'ultimo respiro, quali che siano i doni

straordinari ricevuti e i gradi di perfezione raggiunti.

Ricordare che nessuno è mai veramente arrivato altro che quando il suo cammino è finito.

Ossia: nessuno è certo di aver meritato la gloria altro che quando il suo tempo è

finito e iniziata l'immortalità”

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AMDG et DVM

sabato 27 luglio 2019

GESU' E' MORTO PER TUTTI. MA NON TUTTI SARAN SALVI.

PREDESTINAZIONE,
GRAZIA E GLORIA

   Mi risulta che alcuni fedeli non hanno idee chiare su una verità così fondamentale qual'è la predestinazione. E la poca chiarezza li fa soffrire. Pertanto offro, dall'opera di Maria Valtorta ("Quadernetti", M.Valt. 23-10-1948/ 48.34) , una pagina stupenda per concisione, chiarezza e amore.



     Dice Gesù:

     "Alla Grazia sono predestinati tutti gli uomini indistintamente poiché Io per tutti sono morto.
    Alla Gloria sono predestinati quelli che rimangono fedeli almeno alla legge naturale del Bene. Alla fine dei secoli, sì, ognuno che sia vissuto da giusto avrà il suo premio.

     E DIO ab eterno conosce coloro che alla gloria sono destinati prima che nascessero alla vita, ossia "predestinati". Attenta però che qui sta il punto per capire la giustizia  di DIO con giustizia.
    
     Vi sono i predestinati, è certo. E DIO li conosce da prima che il tempo sia per essi. 
Ma tali non sono perché DIO, con palese ingiustizia, dia ad essi ogni mezzo per divenire gloriosi e impedisca con ogni mezzo ogni insidia del demonio, del mondo e della carne a costoro. No. DIO dà ad essi ciò che dà a tutti. Ma essi usano con giustizia i doni di DIO, e quindi conquistano la gloria futura ed eterna, di loro libero volere.

     DIO sa che giungeranno a questa gloria eterna. Ma essi non lo sanno, né DIO in alcun modo lo dice loro. Gli stessi doni straordinari non sono segno sicuro di gloria: sono un mezzo più severo degli altri per saggiare lo spirito dell'uomo nelle sue volontà, virtù e fedeltà a DIO e alla sua Legge. DIO sa. Gode in anticipo di sapere che quella creatura giungerà alla gloria così come soffre in anticipo di sapere che quell'altra creatura giungerà volontariamente alla dannazione.
     Ma  in alcun modo non interviene a forzare il libero arbitrio di alcuna creatura perché essa giunga dove DIO tutti vorrebbe giungessero: al Cielo. Certamente la rispondenza della creatura agli aiuti divini aumenta la sua capacità di volere. Perché DIO tanto più si effonde quanto più l'uomo lo ama in verità: ossia di una carità di azioni e non di parole.


     E ancora: certamente più l'uomo vive da giusto e più DIO a lui si comunica e si manifesta: un'anticipazione di quella conoscenza di DIO che fa beati i santi del Cielo, e da questa conoscenza viene aumento di capacità di volere essere perfetti. Ma ancora e sempre l'uomo è libero del suo volere e, se dopo aver già raggiunto la perfezione uno rinnegasse il bene sin lì praticato e si vendesse al Male, DIO lo lascerebbe libero di fare. Non vi sarebbe merito se vi fosse coercizione.


     Concludendo: DIO conosce ab eterno coloro che sono i futuri eterni abitanti del Cielo, ma l'uomo di sua libera volontà deve volere giungere al Cielo ben usando degli aiuti soprannaturali che l'Eterno PADRE dà ad ogni sua creatura. E così sino all'ultimo respiro, quali che siano i doni straordinari ricevuti e i gradi di perfezione raggiunti.
  
     Ricordare che nessuno è mai veramente arrivato altro che quando il suo cammino è finito. Ossia: nessuno è certo di aver meritato la Gloria altro che quando il suo tempo è finito e iniziata l'immortalità". (Quadernetti, M.Valt. 23-10-1948/ 48.34).


AVE MARIA PURISSIMA
DIVINA NOSTRA MEDIATRICE

lunedì 21 settembre 2015

Come il bambino trae tutto il cibo dalla mamma... così...




Perché per Maria lo Spirito Santo produce i predestinati

13. 7) - Lo Spirito Santo ha sposato Maria e prodotto in Lei, per mezzo di Lei e da Lei Gesù Cristo, questo capolavoro, il Verbo Incarnato; e siccome non l'ha mai ripudiata, così continua ogni giorno a produrre in Lei e per mezzo di Lei, in modo misterioso, ma reale, i predestinati.

Perché Maria è l'incaricata di nutrire le anime e di farle crescere in Dio

14. 8) - Maria ha ricevuto da Dio un particolare dominio sulle anime per nutrirle e farle crescere in Dio. Sant'Agostino giunge a dire che in questo mondo i predestinati sono tutti chiusi nel seno di
Maria, e che non vengono alla luce se non quando questa buona Madre li partorisce alla vita eterna:
quindi, come il bambino trae tutto il cibo dalla mamma, che lo proporziona alla sua debolezza, così i predestinati traggono da Maria tutto il loro cibo spirituale e tutta la loro forza.


MEMENTO, DOMINA, VERBI TUI
SERVO TUO
IN QUO MIHI SPEM DEDISTI

giovedì 29 gennaio 2015

San Francesco di Sales: “Dieu est le Dieu du coeur humain” [Dio è il Dio del cuore umano]


BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 2 marzo 2011

San Francesco di Sales

Cari fratelli e sorelle,

“Dieu est le Dieu du coeur humain” [Dio è il Dio del cuore umano] (Trattato dell’Amore di Dio, I, XV): in queste parole apparentemente semplici cogliamo l’impronta della spiritualità di un grande maestro, del quale vorrei parlarvi oggi, san Francesco di Sales, Vescovo e Dottore della Chiesa. Nato nel 1567 in una regione francese di frontiera, era figlio del Signore di Boisy, antica e nobile famiglia di Savoia. Vissuto a cavallo tra due secoli, il Cinquecento e il Seicento, raccolse in sé il meglio degli insegnamenti e delle conquiste culturali del secolo che finiva, riconciliando l’eredità dell’umanesimo con la spinta verso l’assoluto propria delle correnti mistiche. La sua formazione fu molto accurata; a Parigi fece gli studi superiori, dedicandosi anche alla teologia, e all’Università di Padova quelli di giurisprudenza, come desiderava il padre, conclusi in modo brillante, con la laurea in utroque iure, diritto canonico e diritto civile. 

Nella sua armoniosa giovinezza, riflettendo sul pensiero di sant’Agostino e di san Tommaso d’Aquino, ebbe una crisi profonda che lo indusse a interrogarsi sulla propria salvezza eterna e sulla predestinazione di Dio nei suoi riguardi, soffrendo come vero dramma spirituale le principali questioni teologiche del suo tempo. Pregava intensamente, ma il dubbio lo tormentò in modo così forte che per alcune settimane non riuscì quasi del tutto a mangiare e dormire. 

Al culmine della prova, si recò nella chiesa dei Domenicani a Parigi, aprì il suo cuore e pregò così: “Qualsiasi cosa accada, Signore, tu che tieni tutto nella tua mano, e le cui vie sono giustizia e verità; qualunque cosa tu abbia stabilito a mio riguardo …; tu che sei sempre giusto giudice e Padre misericordioso, io ti amerò, Signore […], ti amerò qui, o mio Dio, e spererò sempre nella tua misericordia, e sempre ripeterò la tua lode… O Signore Gesù, tu sarai sempre la mia speranza e la mia salvezza nella terra dei viventi” (I Proc. Canon., vol I, art 4). Il ventenne Francesco trovò la pace nella realtà radicale e liberante dell’amore di Dio: amarlo senza nulla chiedere in cambio e confidare nell’amore divino; non chiedere più che cosa farà Dio con me: io lo amo semplicemente, indipendentemente da quanto mi dà o non mi dà. Così trovò la pace, e la questione della predestinazione - sulla quale si discuteva in quel tempo – era risolta, perché egli non cercava più di quanto poteva avere da Dio; lo amava semplicemente, si abbandonava alla Sua bontà. E questo sarà il segreto della sua vita, che trasparirà nella sua opera principale: il Trattato dell’amore di Dio.

Vincendo le resistenze del padre, Francesco seguì la chiamata del Signore e, il 18 dicembre 1593, fu ordinato sacerdote. Nel 1602 divenne Vescovo di Ginevra, in un periodo in cui la città era roccaforte del Calvinismo, tanto che la sede vescovile si trovava “in esilio” ad Annecy. Pastore di una diocesi povera e tormentata, in un paesaggio di montagna di cui conosceva bene tanto la durezza quanto la bellezza, egli scrive: “[Dio] l’ho incontrato pieno di dolcezza e soavità fra le nostre più alte e aspre montagne, ove molte anime semplici lo amavano e adoravano in tutta verità e sincerità; e caprioli e camosci correvano qua e là tra i ghiacci spaventosi per annunciare le sue lodi” (Lettera alla Madre di Chantal, ottobre 1606, in Oeuvres, éd. Mackey, t. XIII, p. 223). 

E tuttavia l’influsso della sua vita e del suo insegnamento sull’Europa dell’epoca e dei secoli successivi appare immenso. E’ apostolo, predicatore, scrittore, uomo d’azione e di preghiera; impegnato a realizzare gli ideali del Concilio di Trento; coinvolto nella controversia e nel dialogo con i protestanti, sperimentando sempre più, al di là del necessario confronto teologico, l’efficacia della relazione personale e della carità; incaricato di missioni diplomatiche a livello europeo, e di compiti sociali di mediazione e di riconciliazione. 
Ma soprattutto san Francesco di Sales è guida di anime: dall’incontro con una giovane donna, la signora di Charmoisy, trarrà spunto per scrivere uno dei libri più letti nell’età moderna, l’Introduzione alla vita devota; dalla sua profonda comunione spirituale con una personalità d’eccezione, santa Giovanna Francesca di Chantal, nascerà una nuova famiglia religiosa, l’Ordine della Visitazione, caratterizzato – come volle il Santo – da una consacrazione totale a Dio vissuta nella semplicità e umiltà, nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie: “… voglio che le mie Figlie – egli scrive – non abbiano altro ideale che quello di glorificare [Nostro Signore] con la loro umiltà” (Lettera a mons. de Marquemond, giugno 1615). Muore nel 1622, a cinquantacinque anni, dopo un’esistenza segnata dalla durezza dei tempi e dalla fatica apostolica.

Quella di san Francesco di Sales è stata una vita relativamente breve, ma vissuta con grande intensità. Dalla figura di questo Santo emana un’impressione di rara pienezza, dimostrata nella serenità della sua ricerca intellettuale, ma anche nella ricchezza dei suoi affetti, nella “dolcezza” dei suoi insegnamenti che hanno avuto un grande influsso sulla coscienza cristiana. Della parola “umanità” egli ha incarnato diverse accezioni che, oggi come ieri, questo termine può assumere: cultura e cortesia, libertà e tenerezza, nobiltà e solidarietà. Nell’aspetto aveva qualcosa della maestà del paesaggio in cui è vissuto, conservandone anche la semplicità e la naturalezza. Le antiche parole e le immagini in cui si esprimeva suonano inaspettatamente, anche all’orecchio dell’uomo d’oggi, come una lingua nativa e familiare.


A Filotea, l’ideale destinataria della sua Introduzione alla vita devota (1607), Francesco di Sales rivolge un invito che poté apparire, all’epoca, rivoluzionario. E’ l’invito a essere completamente di Dio, vivendo in pienezza la presenza nel mondo e i compiti del proprio stato. “La mia intenzione è di istruire quelli che vivono nelle città, nello stato coniugale, a corte […]” (Prefazione alla Introduzione alla vita devota). Il Documento con cui Papa Pio IX, più di due secoli dopo, lo proclamerà Dottore della Chiesa insisterà su questo allargamento della chiamata alla perfezione, alla santità. Vi è scritto:“[la vera pietà] è penetrata fino al trono dei re, nella tenda dei capi degli eserciti, nel pretorio dei giudici, negli uffici, nelle botteghe e addirittura nelle capanne dei pastori […]” (Breve Dives in misericordia, 16 novembre 1877). 

 Nasceva così quell’appello ai laici, quella cura per la consacrazione delle cose temporali e per la santificazione del quotidiano su cui insisteranno il Concilio Vaticano II e la spiritualità del nostro tempo. Si manifestava l’ideale di un’umanità riconciliata, nella sintonia fra azione nel mondo e preghiera, fra condizione secolare e ricerca di perfezione, con l’aiuto della Grazia di Dio che permea l’umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine. A Teotimo, il cristiano adulto, spiritualmente maturo, al quale indirizza alcuni anni dopo il suo Trattato dell’amore di Dio (1616), san Francesco di Sales offre una lezione più complessa. Essa suppone, all’inizio, una precisa visione dell’essere umano, un’antropologia: la “ragione” dell’uomo, anzi l’“anima ragionevole”, vi è vista come un’architettura armonica, un tempio, articolato in più spazi, intorno ad un centro, che egli chiama, insieme con i grandi mistici, “cima”, “punta” dello spirito, o “fondo” dell’anima. E’ il punto in cui la ragione, percorsi tutti i suoi gradi, “chiude gli occhi” e la conoscenza diventa tutt’uno con l’amore (cfr libro I, cap. XII). Che l’amore, nella sua dimensione teologale, divina, sia la ragion d’essere di tutte le cose, in una scala ascendente che non sembra conoscere fratture e abissi, san Francesco di Sales lo ha riassunto in una celebre frase: “L’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è quella dello spirito, e la carità quella dell’amore” (ibid., libro X, cap. I).

In una stagione di intensa fioritura mistica, il Trattato dell’amore di Dio è una vera e propria summa, e insieme un’affascinante opera letteraria. La sua descrizione dell’itinerario verso Dio parte dal riconoscimento della “naturale inclinazione” (ibid., libro I, cap. XVI), iscritta nel cuore dell’uomo pur peccatore, ad amare Dio sopra ogni cosa. Secondo il modello della Sacra Scrittura, san Francesco di Sales parla dell’unione fra Dio e l’uomo sviluppando tutta una serie di immagini di relazione interpersonale. Il suo Dio è padre e signore, sposo e amico, ha caratteristiche materne e di nutrice, è il sole di cui persino la notte è misteriosa rivelazione. Un tale Dio trae a sé l’uomo con vincoli di amore, cioè di vera libertà: “poiché l’amore non ha forzati né schiavi, ma riduce ogni cosa sotto la propria obbedienza con una forza così deliziosa che, se nulla è forte come l’amore, nulla è amabile come la sua forza” (ibid., libro I, cap. VI). 

Troviamo nel trattato del nostro Santo una meditazione profonda sulla volontà umana e la descrizione del suo fluire, passare, morire, per vivere (cfr ibid., libro IX, cap. XIII) nel completo abbandono non solo alla volontà di Dio, ma a ciò che a Lui piace, al suo “bon plaisir”, al suo beneplacito (cfr ibid., libro IX, cap. I). All’apice dell’unione con Dio, oltre i rapimenti dell’estasi contemplativa, si colloca quel rifluire di carità concreta, che si fa attenta a tutti i bisogni degli altri e che egli chiama “estasi della vita e delle opere” (ibid., libro VII, cap. VI).

Si avverte bene, leggendo il libro sull’amore di Dio e ancor più le tante lettere di direzione e di amicizia spirituale, quale conoscitore del cuore umano sia stato san Francesco di Sales. A santa Giovanna di Chantal, a cui scrive: “[…] Ecco la regola della nostra obbedienza che vi scrivo a caratteri grandi: FARE TUTTO PER AMORE, NIENTE PER FORZA - AMAR PIÙ L’OBBEDIENZA CHE TEMERE LA DISOBBEDIENZA. Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo” (Lettera del 14 ottobre 1604). Non per niente, all’origine di molte vie della pedagogia e della spiritualità del nostro tempo ritroviamo proprio la traccia di questo maestro, senza il quale non vi sarebbero stati san Giovanni Bosco né l’eroica “piccola via” di santa Teresa di Lisieux.

Cari fratelli e sorelle, in una stagione come la nostra che cerca la libertà, anche con violenza e inquietudine, non deve sfuggire l’attualità di questo grande maestro di spiritualità e di pace, che consegna ai suoi discepoli lo “spirito di libertà”, quella vera, al culmine di un insegnamento affascinante e completo sulla realtà dell’amore. San Francesco di Sales è un testimone esemplare dell’umanesimo cristiano; con il suo stile familiare, con parabole che hanno talora il colpo d’ala della poesia, ricorda che l’uomo porta iscritta nel profondo di sé la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione più piena.

venerdì 22 agosto 2014

I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (V) : 41. Maria è mediatrice. 42. Maria è riparatrice. 43. Maria è nostra madre. 44. Necessità della devozione a Maria. 45. Il culto dovuto a Maria. 46. Bisogna invocare Maria. 47. Maria ottiene insigni vittorie a quelli che la invocano. 48. La devozione a Maria è segno di predestinazione. 49. Felicità dei servi di Maria. 50. Dio punisce i nemici di Maria.

S. Giovanni Damasceno scrive che «il più perfetto dei doni celesti è Maria, perché essa sola è degna del suo Creatore; essa è un cielo vivente più grande dei cieli medesimi (Orat. de Nativ. Virgin.)».
I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (V)


41. Maria è mediatrice.  
42. Maria è riparatrice.  
43. Maria è nostra madre.  
44. Necessità della devozione a Maria.  
45. Il culto dovuto a Maria.  
46. Bisogna invocare Maria.  
47. Maria ottiene insigni vittorie a quelli che la invocano.  
48. La devozione a Maria è segno di predestinazione.  
49. Felicità dei servi di Maria.  
50. Dio punisce i nemici di Maria.




41. MARIA È MEDIATRICE. - 

«Noi abbiamo bisogno, scrive S. Bernardo (Serm. in illud. AposSignum magnum) di avere un mediatore presso il nostro avvocato Gesù Cristo e non ve n'è altro più utile di Maria». Essa fu costituita da Gesù Cristo mediatrice tra Dio e l'uomo e per ciò arricchita con grazie speciali non solamente per sé, ma anche a vantaggio di tutti i fedeli, in qualità di loro capo. Possiamo ripetere qui con S. Anselmo: «Chi mai, riflettendo a queste cose, può giudicare di quanta lode sia degna colei, che sola fra tutte le creature, fu scelta ad essere la mediatrice di tanti favori? (De excell. Virg. c. IX)».

Eva fu lo strumento della perdita di Adamo; perché fu lei che porse al primo nostro padre il frutto vietato (Gen. III, 13). Maria fu lo strumento del perdono, della redenzione e della risurrezione dell'uomo: perché da lei nacque il frutto di vita, Gesù Cristo; ed essa lo presentò al mondo. Consentendo a divenire madre del Salvatore, essa divenne in realtà la mediatrice della nostra salute. La stirpe umana cadde per colpa di Eva; fu rialzata per merito di Maria. Senza Maria che cosa sarebbe avvenuto del mondo? Vi era bisogno di un redentore; sarebbe venuto senza di lei? 

Da tutta l'eternità Dio aveva disposto di salvare il mondo per mezzo del Verbo fatto carne; ma da tutta l'eternità aveva anche determinato di prendere Maria per madre al Verbo incarnato, e per conseguenza di servirsene a nostra salute. Tanta parte ebbe Maria alla redenzione, quanta Eva ne ebbe alla caduta... Da Maria il serpente infernale ebbe schiacciata la testa (Gen. III, 15).

«La morte ci è venuta da Adamo, scrive il Crisostomo, e la vita da Gesù Cristo: il serpente sedusse Eva, Maria diede il suo consenso all'angelo Gabriele; ma la seduzione di Eva cagionò la morte al mondo, mentre il consenso di Maria gli ha dato un salvatore. Quello che era perito per colpa di Eva, venne ristorato per mezzo di Maria; il Cristo ha riscattato il genere umano che Adamo aveva ridotto a schiavitù; l'angelo Gabriele venne a promettere il ritorno di quei beni, che il demonio ci aveva rubato senza speranza di poterli ricuperare (Serm. de Incarn. Verb.)».

Dopo il diluvio, Dio fece comparire nel cielo l'arco baleno, come segno di alleanza con l'uomo: «Io porrò, disse, il mio arco nelle nubi, come segno di alleanza tra me e la terra. Mi ricorderò del patto con voi conchiuso e non verrà più altro diluvio a distruggere la terra» (Gen. IX, 12, 13, 15). L'iride è figura di Maria che Dio ha collocato tra il cielo e la terra, come indizio e pegno della sua amicizia con gli uomini, ecc... E come potrebbe Iddio negare alcuna grazia a Maria, se volle che tutto ci venisse da Maria?...

S. Bernardo dà alla Beata Vergine i nomi di scala di Giacobbe, di roveto ardente, di arca dell'alleanza, di stella del mattino, di verga di Aronne, di vello di Gedeone, di letto nuziale, di porta del cielo, di orto assiepato, di aurora di salute (Serm. In Assumpt.).

Maria ha riconciliato Dio con l'uomo. In grazia della sua umiltà e purità, ha chiamato Gesù Cristo dal cielo su la terra; con le sue parole, i suoi esempi, la sua protezione, ci ha aperto la porta del cielo e ce ne ha additato il cammino. Ecco perché Gesù Cristo l'ha innalzata al di sopra di tutti gli eletti e non vuole che nessuno si salvi e giunga al cielo se non col consenso, l'aiuto e la direzione di Maria. Dunque chi vuole salvarsi, deve mantenersi fedele e costante servo di Maria e cercare di progredire sempre più nell'amore e nella divozione a questa Vergine potente.

Maria è nostra madre: ora le braccia e il cuore di una madre sono sempre aperti per ricevere, scusare, difendere, abbracciare, accarezzare e benedire i suoi figli... I meriti di Maria intercedono sempre per noi presso Dio, e ci ottengono ogni grazia... Essendo ella stata la madre di Dio e avendo cooperato in modo attivo all'incarnazione e per conseguenza alla redenzione, S. Anselmo e gli altri santi padri la chiamano la mediatrice di tutta la Chiesa e dei fedeli...

Per mezzo di Maria, madre della grande famiglia umana e mediatrice tra noi e Gesù Cristo, Dio dà ai martiri la forza, alle vergini la castità, lo zelo agli apostoli, la pazienza ai confessori, l'austerità agli anacoreti; la povertà, l'obbedienza, l'umiltà ai religiosi; ai vedovi la continenza, agli sposi la fedeltà coniugale, a tutti i fedeli i doni, le virtù, le grazie convenienti al loro stato e condizione...

Né gli angeli, né gli uomini avrebbero potuto, ancorché tuttiinsieme uniti, meritare ed ottenere la riabilitazione del mondo. Ci fu bisogno di Gesù Cristo e, dopo lui e per lui, della Beata Vergine; per conseguenza ha maggior potere e autorità presso Dio Maria sola, che tutti gli uomini e gli angeli insieme. 

Questo fece dire a S. Anselmo, che l'universo è debitore a Maria, se uscì dalle sue rovine, se si rialzò e fu rinnovato. «O donna, esclama S. Bonaventura, che avete ricevuto la pienezza e la sovrabbondanza della grazia! abbondanza che si è riversata sopra ogni creatura e le ha ridato vita! (Specul. c. VII)».

Gesù Cristo che ha scelto Maria per vestire la nostra natura, vuole anche riceverci per mezzo di Maria. Com'egli si è incarnato e si è fatto, secondo S. Paolo, nostra sapienza e giustizia, santificazione e redenzione (I Cor I, 30); così ha concesso alla madre sua di essere, per sua cooperazione, nostra sapienza, e giustizia, e santificazione, la redenzione di cui esso è il principio... Essendo madre di Gesù Cristo, la Beata Vergine è necessariamente il mezzo e lo strumento della nostra redenzione e di tutto l'ordine della grazia istituito da Gesù Cristo...

Dio ci ha data Maria per madre, affinché nelle tentazioni, nei dubbi, negli scoraggiamenti, nelle difficoltà, noi ricorriamo a lei, come alla migliore delle madri; affinché riceviamo dalle sue mani ogni bene e per conseguenza in lei e per lei, noi rendiamo continuamente grazia al Signore Dio nostro... 
Fortunata Vergine, esclama S. Pier Crisologo, fortunata vergine che sola nell'universo ha meritato di udire queste parole: Voi avete trovato grazia agli occhi del Signore! E quale grazia? quella che l'angelo le annunziò salutandola, grazia completa e sovrabbondante: - Ave, gratia plena: - Si, veramente abbondante, perché la spandete su tutta la terra. Avete incontrato grazia presso Dio; e dopo di aver casi parlato, l'angelo ammira egli medesimo che una donna sia dotata di tanta grandezza e che gli uomini vadano debitori della vita a una donna (Serm. CXLI).

«Maria, dice S. Bernardo, domanda questa sovrabbondanza, per la salute dell'universo. Lo Spirito Santo verrà in voi, o Maria, e vi colmerà di tanta grazia, che riboccherà da ogni lato; sarà piena e perfetta per voi, sovrabbondante per noi. - Il Dio di ogni bontà ha dato. la pienezza e la sovrabbondanza della grazia a Maria, affinché noi mettiamo in lei la nostra speranza; questa sovrabbondanza, quest'inondazione di grazia si riversa su noi» (Serm. de Aquaeductu).

Maria è una nuvola gravida delle acque incorruttibili della grazia, una nuvola che bagna, vivifica e feconda le anime, tempra l'ardore del fuoco delle vendette celesti, estingue le fiamme della concupiscenza... Maria somiglia alla colonna che precedeva Israele nel deserto: ella porta Dio nel suo cuore e guida il popolo cristiano per il deserto di questo mondo... Maria è la madre del bell'amore, della scienza e della santa speranza (Eccli. XXIV, 24).
«Figli miei, predicava S. Bernardo ai suoi religiosi, Maria è la scala dei peccatori, essa è la più salda fiducia, è il fondamento di tutta la mia speranza (Serm. de Aquaed.)». 

E in altro luogo la chiama la lunghezza, la larghezza, l'altezza, la profondità senza misura della misericordia. La lunghezza di questa misericordia si estende fino all'ultimo giorno, per soccorrere tutti quelli che la invocano; la sua larghezza empie il mondo; la sua altezza giunse fino alla riedificazione della città celeste; la sua profondità si spinse fino ad ottenere la salute di quelli che giacevano sepolti nelle tenebre e nelle ombre di morte (Serm. IV de Assumpt.).

Anche S. Fulgenzio vede in Maria la scala celeste per la quale Dio discese su la terra, affinché gli uomini fossero resi meritevoli di ascendere per mezzo di essa al cielo (De Laud. Mar.). Amo dolcissimo è Maria, che pesca tutte le anime rette... 
S. Efrem, dopo di averla chiamata speranza dei disperati, aiuto dei peccatori, consolazione del mondo, porta dei cieli (De Laud. B. V.), così continua: Per voi, o Maria, noi siamo riconciliati con Gesù Cristo nostro Dio e vostro figlio, voi siete l'avvocata dei peccatori e dei derelitti, voi il rifugio e sostegno; voi porto sicurissimo per i naufraghi, consolazione dei mondo, famosissima liberatrice di quei che gemono tra i ferri. Voi raccogliete gli orfani, riscattate gli schiavi, guarite gli infermi; voi siete la salvezza di tutti gli uomini, la stabilità dei monaci e dei solitari, la speranza dei secolari, la gloria dei vergini, la felicità della terra; voi siete, o pia Ausiliatrice, il nostro pilota e il nostro scampo. Io vi saluto, sostegno dei deboli, dolce libertà, sorgente di grazia e di consolazione: Io vi saluto, asilo aperto ai peccatori; vi saluto, riposo di quei che lavorano; vi saluto, chiave del regno celeste; vi saluto, o protettrice e gloria del mondo universo (Ut sup.).
Diciamo dunque anche noi con S. Bernardo: «Fate, o Maria che per mezzo vostro noi troviamo adito al vostro figlio. O Vergine benedetta che avete trovato grazia, che avete partorito la vita, o madre di salute! deh! per voi ci riceva Colui che ci fu dato per mezzo vostro (Serm. de Assumpt.)».



42. MARIA È RIPARATRICE.

Per la sublimità delle sue virtù, Maria ha meritato di essere la degnissima riparatrice del genere umano. E' questa la sentenza di S. Anselmo e del Damasceno; S. Bonaventura aggiunge che non solamente Maria ha rialzato il mondo caduto, ma con la sua protezione lo mantiene perché non ricada (Specul.). Né può essere altrimenti se in lei si trovano tutte le ricchezze, la gloria, e la giustizia (Prov. VIII, 18). Dio ha creato tutto; il serpente ha infettato e rovinato tutto; Maria ha riparato tutto per mezzo di Gesù Cristo.

La vera vita è venuta al mondo per mezzo di Maria, dice S. Epifanio, affinché generando essa la vita, sia la madre dei viventi. Eva è la madre dei morti; Maria è la madre dei vivi. Il demonio si è servito di una donna per trarre a rovina il genere umano; e di una donna si è servito Iddio per ristorarlo (Serm. de Nativ.). 
La stessa cosa ripete S. Agostino nel suo Sermone XXXV de Sanctis: «Voi siete benedetta fra tutte le donne, o Maria; voi che avete partorito colui che è nostra vita. La madre del genere umano ha cagionato la morte del mondo, la madre del nostro Signore gli ha ridonato la vita. Causa del peccato è Eva, causa del merito è Maria; Eva ferisce, Maria guarisce; Eva uccide, Maria risuscita. L'obbedienza di Maria ha riparato i danni recati dalla disobbedienza di Eva». E di nuovo nel Sermone XVIII: «Maria è riempita di grazia e la colpa di Eva rimane cancellata; di modo che la maledizione di questa si converte in benedizione per quella (Serm. XVIII de Sanct.)».

« La malizia del serpente, nota S. Bernardo, ha trionfato della prima donna divenuta insensata; ma la malizia del serpente che vinse per un tempo, si vide vinta per tutta l'eternità, da Maria. Sfigurati da Eva, abbiamo ripigliato la nostra primiera sembianza per mano di Maria» - (Homil. II, Sup. Missus). Una vergine, dice S. Pier Crisologo, riceve un Dio nel suo seno e procura la pace agli uomini, la salute ai peccatori, la vita ai morti; diventa la madre dei viventi su la terra e nel cielo» (Serm. CXLI). «La grazia di Maria, scrive anche San Lorenzo Giustiniani, è stata così grande e sovrabbondante, che ha dato gloria al cielo, gioia agli angioli, pace al mondo, fede ai popoli, termine ai vizi» (Serm. de Annunt.).

«Dio è nostro re innanzi ai secoli, canta il Salmista, egli ha operato la nostra salute in mezzo alla terra», cioè nel seno di Maria (Psalm. LXXIII, 12)... Per Maria noi diventiamo buoni e generosi, possediamo la gioia... Per Maria raggiungiamo l'eternità beata...

«Siate lodata, o santa madre di Dio, esclamiamo con S. Cirillo, voi siete la gemma, voi la luce del mondo; voi la corona della verginità, lo scettro della fede» (Homil. contro Nestor.). E col Crisostomo: «Io vi saluto, o madre, o cielo, o trono della nostra Chiesa; vi saluto, o decoro, gloria, sostegno del mondo (Serm. de Deip.)».


 43. MARIA È NOSTRA MADRE. - 

Gesù, avendo dalla croce veduto la madre sua che se ne stava accanto ad essa col discepolo prediletto, «a lei disse: Eccoti, o donna, tuo figlio; poi al discepolo: Ecco la madre tua. E da quel punto questi se l'ebbe in madre» (IOANN. XIX, 26-27). Mentre stava per spirare per la salute degli uomini, Gesù Cristo ci diede per madre Maria, essendo noi rappresentati dalla persona di S. Giovanni apostolo ed evangelista.
Maria nostra madre ci ha dato Gesù, suo figliuolo, per nostro riscatto, per rimedio ai nostri mali, per nutrimento e per ricompensa, e con lui ci diede il regno dei cieli ed ogni bene... Maria è la madre di tutti i credenti: quindi i padri la chiamano Madre dei viventi per contrapposto ad Eva da loro chiamata Madre dei morti.

S. Antonino e Alberto Magno portano quattro ragioni per cui Maria è la madre di tutti gli uomini: la 1.a è ch'ella genera spiritualmente tutti i santi...; la 2.a è ch'ella si prende cura di tutti gli uomini...; la 3.a è che nacque prima di ogni creatura ed è la più eccellente di tutte...; la 4.a è che fu predestinata prima ancora che fosse il tempo, ad essere lo strumento di una nuova creazione... .

Commentando Origene le parole del Redentore su la croce, così si esprime: Quando Gesù disse: - Eccoti, o donna, tuo figlio, - fu come se avesse detto, accennando Giovanni: Questi è Gesù Cristo che tu hai partorito. E, infatti, il cristiano perfetto non è più lui che vive, ma è Gesù che vive in lui, perciò di lui fu detto a Maria: Ecco il figliuolo tuo Gesù Cristo (Comment. in Ioann. Praefat.).

Il Vangelo ci dice che Maria partorì il figliuolo suo primogenito (Luc. II, 7). Ora queste parole ci fanno capire, che essendo Gesù Cristo il primogenito di Maria, gli altri figli da lei partoriti sono tutti gli uomini. 

«Dando il consenso all'incarnazione, la Beata Vergine, dice S. Bernardo, domandò con tutto l'ardore dell'anima sua e ottenne la salute di tutti gli eletti; e da quel punto, li ha portati tutti nel suo seno, come la più tenera delle madri porta i propri figli (Tom. III, serm. VI, art. II, c. 2)». 
S. Anselmo osserva che; «riparando la Beata Vergine ogni cosa con i suoi meriti, è la madre di tutti (De Excell. virg c. XI)». Gesù Cristo, facendosi uomo, si è fatto nostro fratello, e S. Paolo ci assicura che noi siamo membri di Gesù Cristo (I Cor XII, 27). Maria è dunque nostra madre, come Dio è nostro padre!...O quanto è mai grande e felice l'uomo!... Avere Maria per madre! o fortuna, vantaggio, tesoro inestimabile!... rendiamocene degni...; siamo altrettanti Cristi...; invochiamola, onoriamola, imitiamola...; diciamo con la Chiesa: Maria madre di grazia, madre di misericordia, difendi ci tu contro i nostri nemici e accoglici nell'ora della nostra morte.


 44. NECESSITÀ DELLA DIVOZIONE A MARIA. -

Quando Gesù dal legno della croce pronunziò quelle dolci parole: «Tutto è compiuto» (IOANN. XIX, 30), ultime parole che uscirono dalla sua bocca divina, il mondo era riscattato e salvo, la collera celeste disarmata, l'inferno chiuso, i demoni prostrati, i nostri ceppi infranti; era terminata la schiavitù del genere umano, cancellato 1'anatema scolpito su la fronte dell'uomo, il cielo era di nuovo aperto e noi avevamo riacquistato il diritto all'eredità celeste. 
Tutto è consumato: - Consummatum est. - Gesù Cristo aveva fatto tutto ciò che richiedeva la giustizia del Padre, l'adempimento delle profezie, la redenzione del mondo. Ma, cosa degna di singolare attenzione e che prova come necessaria sia alla salute la divozione a Maria, solo allora Gesù Cristo annunzia che tutto è compito, quando ha detto a Maria, indicandole Giovanni, e in lui tutta l'umanità cristiana: Ecco tuo figlio e a Giovanni, additandogli Maria: Ecco la madre tua (IOANN. XIX, 26-27).

Il divin Redentore dice che più nulla gli resta a compire, dopo che ci ha dato Maria per madre; egli mette dunque le relazioni materne e filiali tra Maria e gli uomini, tra le cose necessarie alla redenzione ed alla salvezza: la divozione a Maria è dunque necessaria per salvarsi.

Gesù Cristo ci ha dato Maria per madre; ora un figlio deve alla madre sua amore, rispetto ed obbedienza, nel che appunto consiste la devozione. Amiamo dunque, rispettiamo, serviamo Maria ed obbediamole, se vogliamo andare in cielo.

Gesù Cristo pone la madre sua al di sopra di tutti gli eletti e dispone che nessuno entri in cielo senza il consenso, l'aiuto, la direzione di lei. Dunque, chi desidera di assicurare la propria salvezza, deve essere fervoroso servo di Maria e crescere ogni di più in devozione verso di lei.
Inoltre Maria porta il titolo di mediatrice e di riparatrice del genere umano; potrà dunque sperare di andar salvo senza la devozione alla Beata Vergine, colui che può dire di non essere caduto, di non avere bisogno di mediazione... Tutte le grazie che Dio concede al mondo, passano per le mani di Maria: ora la salute è opera suprema della grazia, la devozione a Maria è dunque necessaria a chi voglia andar salvo...

S. Germano, patriarca di Costantinopoli, asserisce in termini formali, che nessuno si salva, se non per mezzo della beatissima Vergine (Serm. de Zona B. Virg.). S. Bonaventura afferma anch'esso, che «chi serve degnamente e venera Maria, andrà salvo; chi non se ne dà pensiero, morrà nei suoi peccati», e poi rivolto a lei, esclama: «Colui che voi volete salvo, lo sarà; colui dal quale torcete lo sguardo, andrà perduto (In Psalm. Virgin.)». Ecco perché S. Giovanni Damasceno scrive che «il più perfetto dei doni celesti è Maria, perché essa sola è degna del suo Creatore; essa è un cielo vivente più grande dei cieli medesimi (Orat. de Nativ. Virgin.)».
S. Agnese apparve un giorno a S. Brigida e le fece conoscere le grandezze mirabili della madre di Dio, le lodi che le venivano tributate, e soggiunse: Come è propria del sole illuminare e vivificare il cielo e la terra; cosi è proprio della dolcezza di Maria ottenere il dono della pietà a tutti quelli che la servono (Revelat.).




45. IL CULTO DOVUTO A MARIA. - 

Insegna S. Tommaso che la Beata Vergine è onorata di un culto speciale, non prestato né ad angeli né a santi, e che si chiama culto d'iperdulia, cioè culto superiore ad ogni altro, eccetto quello dovuto a Dio. E la ragione è questa, dice il santo dottore, «che Maria per la sua operazione e cooperazione, si è avvicinata più di tutti ai confini della divinità; poiché nell'incarnazione di Gesù Cristo, essa raggiunse il sommo grado al quale può arrivare la forza della natura, e dove questa fece difetto, la divinità intervenne per compire da sola la sostanza dell'opera (2.a 2.ae quaest., CIII, art. 4 ad 2)».

E' concorde insegnamento dei dottori della Chiesa, che la Beata Vergine sopravanza in grazia, in virtù, in perfezione, in dignità, in onore, in potenza, in gloria, tutti gli angeli e i santi. La Chiesa onora i santi col culto di dulìa, ossia con culto ordinario, ma porge alla Beata Vergine il culto d'iperdulia, il più vicino al culto di latrìa, dovuto al solo Dio, perché è un culto di adorazione. Se mettiamo insieme tutti gli onori che sono dovuti e si rendono a ciascun angelo e a ciascun santo e a tutti insieme, questi onori non costituiranno mai altro culto che quello di dulìa né, per grandi che divengano, giungeranno mai a vestire il nome di culto d'iperdulia, culto tutto speciale e proprio di Maria. Questo culto è d'un ordine superiore al merito di tutti gli angeli e di tutti i santi riuniti: esso è tanto superiore al culto dovuto agli angeli e ai santi, quanto Maria è per la sua dignità e per la sua potenza; superiore a tutti i membri della corte celeste.

Maria si esalterà ella stessa, dice la Scrittura, si onorerà in Dio e si glorificherà in mezzo al suo popolo: aprirà la bocca nelle assemblee dell'Altissimo e si glorierà innanzi alle schiere del Signore. Ella sarà sublimata in mezzo al suo popolo, e sarà ammirata nelle assemblee dei santi; sarà encomiata dalla moltitudine degli eletti e benedetta dai benedetti di Dio (Eccli. XXIV, 1-4). La Chiesa ha inserito nell'ufficio della Beata Vergine, ed applica direttamente a Maria queste parole che la Scrittura pone sulle labbra della Sapienza. Per mezzo di Maria, infatti, si è compita l'opera somma della divina sapienza. In quest'opera mirabilissima che è la concezione e la natività di Maria, la generazione umana del Verbo, la santificazione e la glorificazione degli uomini, Dio ha manifestato una sapienza infinita e di gran lunga superiore a quella mostrata nella creazione del cielo e della terra, e anche in quella degli angeli e degli uomini...

Maria è madre, figlia e sposa di Dio; essa ha congiunto la divinità all'umanità, il cielo alla terra, la maternità alla verginità, i peccatori alla santità. Tutti questi titoli le meritano di diritto il culto d'iperdulia.





46. BISOGNA INVOCARE MARIA. - 

Di Maria si può dire, come della Sapienza, che «sfavilla, e il suo splendore non patisce oscuramento; chi l'ama la vede, e chi la cerca, facilmente la trova. Essa precorre coloro che la cercano e si manifesta loro la prima» (Sap. VI, 13-14). Colui che invoca Maria, la desidera, la conosce, l'ama, la trova; e desiderare, conoscere amare e trovare Maria è per il cristiano il massimo dei tesori. «Pensare a lei, dice ancora il Savio, è somma saggezza; vigilare per amor suo, reca pronta sicurezza » (Sap. VI, 16).



Quando soffia il vento delle tentazioni, dice S. Bernardo, quando le spine delle tribolazioni vi lacerano, guardate alla stella, invocate Maria. - Se la collera, l'avarizia e la voluttà minacciano di sommergere la fragile vostra barchetta, volgetevi pronti a guardare Maria. - Se il peso dei vostri misfatti vi accascia, se il misero stato della vostra coscienza vi rattrista, se cominciate a turbarvi e a perdervi di coraggio all'idea del tremendo giudizio di Dio, pensate a Maria. - Nei pericoli, nelle angustie, nelle dubbiezze, pensate a Maria, invocate Maria; non cessi mai di essere nelle vostre labbra, non si parta mai dal vostro cuore (Homil. II sup. Missus).

«Tutte le volte che sospiro e respiro, io aspiro a voi, o Gesù e Maria», diceva un santo. Chi cerca Maria e l'invoca, la trova ben presto e attinge in abbondanza da lei, come da un mare, ogni sorta di aiuto e di beni. Anzi, come disse il concilio di Blois, instituendo la festa della Visitazione della Santa Vergine, Maria non aspetta di essere pregata per esaudire, ma previene, secondo l'uso della sua clemenza, le preghiere di coloro che a lei intendono ricorrere.

S. Anselmo, per incoraggiare i fedeli ad invocare spesso e con fiducia Maria, non dubita di asserire che si ottiene talora più presto il desiderato soccorso invocando il nome di Maria, che non quello di Gesù; non perché ella sia più grande e più potente di lui, poiché non Gesù da Maria, ma Maria da Gesù trae la sua grandezza e potenza, ma perché Gesù è il Signore ed il giudice di tutti, egli discerne e pesa i meriti di ciascuno. Quando pertanto non esaudisce chi invoca il suo nome, egli fa da giudice e tratta secondo giustizia; al contrario quando uno invoca il nome di Maria, ancorché non meriti di essere esaudito, i meriti di Maria intercedono per lui. Ella si diporta da madre, non da giudice (De excell. Virg. 1. 1).



47. MARIA OTTIENE INSIGNI VITTORIE A QUELLI CHE LA INVOCANO. ­ 

Maria ascolta le suppliche di coloro che ne implorano il patrocinio.

Nel 552 Narsete, generale dell'imperatore Giustiniano, vedendosi ridotto in durissima e disperata condizione dai Goti e non soccorrendogli aiuto umano, si volge al divino, invoca di tutto cuore Maria, poi si slancia alla testa di un pugno di armati contro le numerosissime schiere di quei barbari, ne fa macello e libera l'Italia dall'oppressione in cui gemeva (EVAGR. Stor. eccles. p. I).

Aveva Cosroe, re di Persia, invaso gran parte dei paesi appartenenti all'impero romano e minacciava di avanzarsi più oltre. L'imperatore Eraclio allora, non contento delle previdenze umane, che pure non aveva dimenticato, pose la sua confidenza in Maria, l'invocò con fede, e poi, misuratosi a battaglia con l'esercito nemico, lo sbaragliò più volte finché Cosroe medesimo vi lasciò la vita, e fu dal cristiano imperatore ricuperata la vera croce nel 626 (PAOLO DIACONO, Storia Longob. lib. XVIII, e THEOPHAN. Chronogr.).

Pelagio, re delle Asturie, implora il soccorso della Beata Vergine e riconquista, nel 718, dopo una terribilissima zuffa in cui passa a fil di spada ottanta mila infedeli insieme al re loro, il suo principato occupatogli dai Mori (Luc. TUD. MARIAN. et alior. Histor. Hisp.).

L'anno 867 Basilio I, imperatore di Costantinopoli, sconfisse, con l'aiuto di Maria, i Saraceni che avevano insultato Gesù Cristo e la Vergine Santissima, e loro ritolse quasi tutte le conquiste fatte.
Alla protezione di Maria si deve ancora la conquista che fecero di Gerusalemme nel 1099 i crociati guidati da Goffredo di Buglione. Infatti insieme al maneggio delle armi, dovevano unire, quelli che ne fossero capaci, la recita quotidiana del piccolo Uffizio della Beata Vergine (GULIELM. TYR. Belli sac. hist. - BARON. et alii).

L'anno 1212 Alfonso VIII, re di Castiglia, presa con sé una mano di soldati e preceduto dalla croce e da uno stendardo sul quale campeggiava l'immagine di Maria e del suo divin Figlio, penetrò nel campo dei Mori e ne trucidò un duecento mila circa, senza perdere dei suoi più che un venticinque o trenta uomini. Celebrano tuttavia gli Spagnuoli ciascun anno questa insigne vittoria, con una festa che ha luogo il dì 16 luglio, e si chiama la festa del Trionfo della croce.

Finalmente, all'intercessione ed all'aiuto della Beata Vergine le armi cristiane vanno debitrici della segnalatissima vittoria navale da loro riportata sui Turchi, nel golfo di Lepanto, addì 7 ottobre 1571, sotto il pontificato di San Pio V, il quale in Roma ne ebbe notizia per divina rivelazione, nel punto stesso in cui avveniva la rotta dei musulmani e il trionfo dei cristiani. Per ringraziare Maria di questo pegno di sua protezione e perpetuarne la memoria, fu stabilita la festa della Madonna delle Vittorie, altrimenti detta del Rosario, perché la battaglia fu combattuta e vinta mentre per ordine del Sommo Pontefice tutte le Confraternite di Roma attendevano a recitare la preghiera del Rosario.

Essendo Maria la donna che secondo la promessa di Dio, doveva schiacciare il capo al serpente infernale, noi possiamo sempre essere sicuri di mandare a monte i disegni e rendere vani gli sforzi dell'inferno... Per mezzo di Maria si trionfa in ogni incontro del mondo, della concupiscenza della carne, di tutte le passioni e tentazioni. Niente a lei resiste, neppure Gesù Cristo, suo divin figliuolo...



48. LA DEVOZIONE A MARIA È SEGNO DI PREDESTINAZIONE. - 

Il culto e la divozione verso la madre di Dio sono un segno sicuro di predestinazione; come la noncuranza, la disobbedienza, il disprezzo di Maria sono causa e segnale di riprovazione. Nestorio, Elvedio, Costantino Copronimo, Giuliano l'Apostata e mille altri, l'hanno provato e ne furono terribile esempio al mondo intero.

Chi serve, onora, prega Maria, prega, onora, serve Gesù Cristo. Chi invece disprezza ed oltraggia Maria, misconosce e calpesta il suo divin figliuolo. 
Nella Chiesa, Gesù è come il padre di famiglia in mezzo ai suoi figli, e similmente Maria per dono e speciale volontà di Gesù Cristo, nella Chiesa sia militante, sia purgante, sia trionfante, tiene il luogo di madre di famiglia e ne veste la dignità e il potere. 

Perciò S. Germano di Costantinopoli predicava che siccome il respiro è non solamente un segnale, ma di più una causa di vita; così la frequente invocazione di Maria, non solamente dimostra che si vive della vera vita, ma dà ancora questa vita e la conserva (Serm, de Zona B. Virg.).

La Beata Vergine è la guida, la regina, la madre, la custode degli eletti... Buona parte dei teologi danno come nota caratteristica e infallibile di elezione divina e di eterna salvezza, la sincera devozione alla Santissima Vergine... Nessuno, disse la Vergine a S. Brigida, per quanto scapestrato e nemico di Dio, se già non si è assolutamente maledetto, m'invocherà senza che ritorni a Dio e ottenga misericordia (Revelat.)... Tanto buona e potente è Maria, che non ricusa nulla ai suoi fedeli servi; e Gesù Cristo per parte sua tanto ama la divina sua madre, che ne esaudisce tutte le preghiere. Del resto, la quotidiana esperienza ci mostra che il vero servo di Maria aborre dal peccato e cammina fedelmente nella via della virtù; ora l'eterna salute è posta a questo prezzo.



49. FELICITÀ DEI SERVI DI MARIA. - 

«Felici quelli che vi amano, o Maria, esclamava in spirito profetico Tobia, beati quelli che si allietano nella vostra pace» (TOB. XIII, 18)

Maria è l'albero della vita per coloro che si stringono a lei; felice chi vi si tiene abbracciato! Ella ne sarà la vita dell’anima e l'ornamento del cuore (Prov. III, 18-22).

«Beato colui che ascolta le mie parole, dice Maria per bocca del Savio, felice chi passa i suoi giorni vegliando all'entrata dei miei padiglioni, su la soglia della mia stanza! Chi trova me, trova la vita, e avrà per mezzo mio salute dal Signore» (Prov. VIII, 34-35). 

S. Bernardo dice che Maria è tutta soavità ed offre a tutti il latte e la lana; poi esclama: «Il sommo della felicità e della gloria consiste, dopo la vista di Dio, nel vedere voi, o Maria! (Sup. Cantic.)». 
S. Ambrogio volendo dare un'idea della dolcezza della beatissima Vergine e delle soavi delizie di cui ricolma i suoi servi, la paragona alla manna (De B. Virg.).

Per un bambino non vi è felicità più ambita né più cara, che quella di trovarsi tra le braccia della sua tenera madre. Ora qual madre uguaglierà in tenerezza Maria? A lei applica la Chiesa quelle parole dell'Ecclesiastico: «Io sono la madre del bell'amore e delle santa speranza. In me è la grazia dell'onestà, la speranza della virtù e della vita. Venite a me, voi tutti che mi desiderate e saziatevi dei miei frutti; perché più dolce del miele è il mio spirito, e la mia porzione è meglio che il favo di miele. Chi mangia di me avrà sempre fame, e chi beve alle mie acque, sarà sempre assetato di me. Chi mi ascolta non rimarrà confuso e chi opera dietro mio impulso non cadrà in peccato. Chi vorrà farmi conoscere, giungerà alla vita eterna» (Eccli. XXIV, 24-31).

Nessun servo fedele di Maria non andò mai perduto; ora non è dunque felicità inestimabile onorare, pregare, amare, imitare Maria? Inoltre il vero figlio, il devoto cliente di Maria, riceve da lei mille grazie e aiuti e conforti ad assicurare la propria salute; felice dunque e infinitamente beato chi si abbraccia a lei e la venera con fervoroso culto!


50. DIO PUNISCE I NEMICI DI MARIA. - 

Maria è la vera arca dell'alleanza che tenne custodito nel suo seno, e poi diede al mondo Gesù Cristo, autore del Nuovo Testamento. 

Ora se tanto severamente fu punita l'impudenza di Oza, come non sarà punita l'impudenza di chi assale irriverente l'arca santa del Cristianesimo? 

Ah! per costui sta proferita quella sentenza di Tobia: «Maledetti saranno quelli che ti disprezzeranno; condannati quelli che ti motteggeranno» (TOB. XIII, 16).

L'empio Nestorio che osò negare la maternità divina di Maria, fu colpito dalla giustizia di Dio; la sua lingua bestemmiatrice, rosa dai vermi, gli s'infracidì in bocca (Stor. eccles.). 
Costantino Copronimo, per avere fatto oltraggio alle immagini di Maria, si sentì divampare le viscere da così ardente calore, che non cessava dal gridare, che egli era stato gettato vivo nell'inferno, per causa dei suoi insulti alla madre di Dio; vinto dal male, si studiò di far ristabilire il culto verso Maria (Stor. eccles.). 
E quanti altri spaventosi esempi si potrebbero citare di divini castighi toccati ai nemici di Maria, a coloro che con sarcasmi e beffe ne canzonano il culto, le immagini, i templi, gli altari, la verginità, la maternità divina, ecc.!...

Chiunque affronta la madre, affronta anche il figlio... Le glorie di Maria sono le glorie di Gesù il quale fu, è, e sarà sempre vendicatore severo. dei diritti e dell'onore della santa sua madre... «Chi mi offende, dice Maria nei Proverbi, danneggia l'anima sua; e quelli che odiano me, amano la morte» (VIII, 36).

Voi dite, Vergine Santa, per bocca del Savio, che chi studia di conoscervi e di farvi conoscere, avrà in premio la vita eterna (Eccli. XXIV, 31). Io farò dunque tutto il possibile per conoscervi, onorarvi, pregarvi, amarvi ed imitarvi; non la perdonerò a fatiche, e studi per mettere in luce le vostre virtù, i vostri meriti, le perfezioni e le prerogative vostre, la vostra misericordia, la vostra gloria, le grazie di cui il mondo vi è debitore. 

Mi adoprerò a propagare il vostro culto e a farvi conoscere, onorare, amare, invocare, ed imitare. Oh, mi fosse data di condurvi ai piedi il mondo intero!... Voglio vivere e morire nelle vostre braccia, sul vostro cuore di Madre... Deh! valgano le mie fatiche sostenute per gloria vostra, a ricondurre al vostro seno i peccatori, a mantenere nella perseveranza tutti quelli che vi servono, e ad ottenere a me la grazia preziosa di servirvi con fervore fino all'ultimo di mia vita. L'ultima parola che pronunzierò nell'uscire da questa vita, sia l'amabilissimo vostro nome, o Maria!


NOS CUM PROLE PIA
BENEDICAT VIRGO MARIA
pgerardomaria@libero.it 


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