Visualizzazione post con etichetta Lettura spirituale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Lettura spirituale. Mostra tutti i post

venerdì 23 dicembre 2022

LA FILOCALIA - LA LETTURA

 Se vuoi progredire...


11. «Se sei un lavoratore - dice il Climaco - abbi letture pratiche: il metterle

in pratica rende infatti superflua la lettura di altre cose». 

Leggi sempre ciò

che riguarda l’esichia ( calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione ) e la preghiera, 

per esempio, le opere del Climaco, di

sant’Isacco, di san Massimo, del Nuovo Teologo, del suo discepolo

Stethatos, di Esichio, di Filoteo Sinaita e simili. Lascia il resto per un certo

tempo, non perché siano cose da rigettarsi, ma perché non giovano allo

scopo e distolgono l’intelletto dalla preghiera per interessarlo a ciò che

narrano. Fai la tua lettura da solo, senza suono orgoglioso di voce, senza

preoccupazione di bella pronuncia tornita o eleganza di linguaggio o diletto

musicale, o trascinato passionalmente, senza accorgertene, dal desiderio di

piacere a qualche assente come se fosse presente. E non essere insaziabile

nel leggere, perché è bello tutto ciò che è misurato. Non bisogna neppure

leggere con rudezza, o con languidezza e trascuratezza, ma con gravità,

moderazione, regolarità, intelligenza, ritmo; bisogna leggere con l’intelletto,

con l’anima e con la ragione. In questo modo l’intelletto, potenziandosi,

prende forza, con l’abitudine, per pregare con vigore. Se invece si fa

diversamente - cioè come si è detto più sopra - all’intelletto ne viene,

oscuramento, rilassamento e stordimento, così che viene a soffrirne il

principio direttivo nel cervello, e l’intelletto non ha vigore per la preghiera.


12. Fai caso anche all’intenzione di tanto in tanto, con indagine

rigorosa, per vedere da che parte inclini: se è cioè secondo Dio per il bene

stesso, per il profitto dell’anima che siedi in esichia o stai a salmeggiare, a

leggere, a pregare o ad attuare una qualunque virtù. Così non ti lascerai

depredare senza averne coscienza e non accadrà che tu sia trovato

esteriormente un lavoratore che tuttavia con la condotta e il pensiero

intende piacere agli uomini anziché a Dio.

Sono infatti molte le insidie dell’ingannatore: stando nascostissimo, egli

guarda l’inclinazione dell’intenzione, resta ignoto ai più e sempre cerca di

depredare il nostro lavoro senza che ne abbiamo coscienza, perché ciò che

si fa non sia fatto secondo Dio. Però, anche se fa guerra aspramente e

sfacciatamente, se tu tieni salda l’intenzione verso Dio, non ti deprederà

tanto anche se l’inclinazione della volontà può essere da lui costretta, nostro

malgrado, a oscillare. Può capitare che qualcuno resti involontariamente

vinto per debolezza, ma prontamente gli viene perdonato ed è lodato da

Colui che conosce le intenzioni e i cuori.

Questa passione - la vanagloria, intendo - non permette al monaco di

progredire nella virtù; anzi egli sopporta le fatiche e poi in vecchiaia si

trova senza frutto. Infatti la vanagloria ha accesso a tutt’e tre le categorie,

cioè al principiante, all’intermedio e al perfetto, e li spoglia dell’attività

delle virtù.


13. Dico, come ho imparato, che senza queste virtù un monaco non

progredisce, senza cioè digiuno, continenza, veglia, sopportazione, fortezza,

esichia, preghiera, silenzio, afflizione spirituale, umiltà: virtù che si

generano e si custodiscono a vicenda.

Dal frequente digiuno, infatti, la concupiscenza affievolita genera la

continenza; la continenza, la veglia; la veglia, la sopportazione; la

sopportazione, la fortezza; la fortezza, l’esichia; l’esichia, la preghiera; la

preghiera, il silenzio; il silenzio, l’afflizione spirituale; l’afflizione

spirituale, l’umiltà. E reciprocamente l’umiltà genera l’afflizione spirituale.

E così, esaminando analiticamente, troverai che, una dopo l’altra, a loro

volta le figlie, in qualche modo, generano le madri. Nelle virtù nulla è più

grande di questa reciproca generazione: è infatti evidente a tutti ciò che vi si

contrappone.


14. Bisogna qui mettere ordine nelle fatiche e nelle pene dell’attività

spirituale e spiegare sapientemente come si debba perseguire ciascuna

attività: perché non accada che qualcuno cammini senza darsi pena,

limitandosi ad ascoltare, e non conseguendone frutto accusi noi o altri come

se le cose non stessero come avevamo detto. La fatica del cuore, infatti, e

quella del corpo sono in grado di compiere un’opera di verità. In forza di

esse si manifesta l’operazione dello Spirito santo data a te e a ogni fedele

tramite il battesimo, sotterrata fra le passioni a causa della negligenza nei

comandamenti e in attesa della nostra conversione - per misericordia

ineffabile - perché alla fine non ci sentiamo dire, per la nostra sterilità,

quella parola: Toglietegli il talento; e: Ciò che crede di avere gli sarà tolto.

Dio ci manderebbe così al castigo, a soffrire eternamente nella geenna.

Infatti ogni attività del corpo e dello spirito compiuta senza travaglio e

fatica non porterà mai frutto a chi la persegue. Poiché il regno dei cieli è

oggetto di violenza, dice il Signore, e i violenti lo rapiscono. E chiama

violenza il provar fatica col corpo in tutte le cose. Forse ci sono molti che

hanno lavorato o lavorano senza fatica parecchi anni, ma per aver portato i

travagli senza fatica e senza un’ardente prontezza di cuore, sono rimasti

privi di purezza e non partecipi dello Spirito santo per aver rifiutato

l’asprezza dei travagli. Quelli infatti che lavorano con negligenza o

rilassamento, forse, secondo loro, faticano molto, ma non vendemmiano

mai un frutto, per l’assenza di travaglio, a causa della loro profonda

insensibilità. Lo attesta colui che dice: «Anche se nel nostro regime di vita

facciamo grandi opere, ma non abbiamo un cuore dolorante, queste opere

sono bastarde e guaste».

Può anche capitare che, pur camminando nella fatica, siamo spinti

dall’accidia a cercare inutili distrazioni e così restiamo oscurati mentre

pensiamo di trovare in esse sollievo: il che non accade, anzi, legati

invisibilmente da indissolubili vincoli, diveniamo privi di movimento e

attività in ogni opera, per il grande rilassamento che ci ha presi, soprattutto

se siamo principianti. Ai perfetti infatti, tutte le cose, fatte con misura, sono

di profitto.

Questo lo attesta anche il grande Efrem che dice: «Faticosamente

affaticati nella fatica per sfuggire i travagli degli inutili travagli». Se, come

dice il Profeta, i nostri fianchi non vengono meno per lo sfinimento dovuto

alla fatica del digiuno, e non abbiamo doglie come chi partorisce un

neonato, per il doloroso raggelarsi del cuore, non concepiremo uno spirito

di salvezza sulla terra del cuore, come hai udito. E poi alcuni di noi si

vantano pensando al lungo tempo trascorso, all’inutile deserto, e al loro

rilassamento come esichia: ma al momento dell’esodo tutti riconosceremo

senza possibilità di dubbio quali siano i frutti.


15. Non è possibile che uno impari da sé la scienza delle virtù, anche se

alcuni si sono serviti come maestro dell’esperienza. Perché il far da sé

anziché col consiglio di quelli che ci hanno preceduto nel cammino, è

presunzione, meglio, la genera.

Se infatti il Figlio non fa nulla da se stesso, ma come gli ha insegnato il

Padre questo fa, e lo Spirito non parla da se stesso, chi è costui che si è

spinto a tale altezza di virtù, da non aver bisogno di un altro che lo inizi? Si

è sviato nella follia, credendo invece di possedere la virtù. Bisogna perciò

lasciarsi persuadere da quelli che conoscono i travagli della virtù pratica, e

perseguire così le virtù: cioè, digiuno che faccia provare la fame, continenza

nell’astenersi dai piaceri, veglia prolungata, stare dolorosamente in

ginocchio, stare faticosamente in piedi senza muoversi, preghiera

perseverante, umiltà non finta, contrizione e gemiti incessanti, silenzio

ragionevole e come salato con sale, sopportazione in tutto.

Non bisogna infatti passare il tempo sempre nel riposo né star sempre

solo seduti prima del tempo o della vecchiaia o della malattia.

Poiché, dice la Scrittura, mangerai le fatiche della tua virtù, e: Il regno

dei cieli è dei violenti. Chi dunque è ogni giorno zelante nel compiere con

travaglio le attività che abbiamo detto, con l’aiuto di Dio, a suo tempo ne

coglierà anche il frutto.

AMDG et DVM


giovedì 24 maggio 2012

Don Bosco sei grande!

Mi sento anch'io felice e orgoglioso nello stesso tempo di aver sempre amato Don Bosco! Ne ho 2 ricordi: me ne parlarono l'amato nonno materno nella mia prima infanzia e la mamma; e poi la prima lettura della biografia di "Giovannino B." mi incantò e... mi incanta ancora. -  Oggi Festa di Maria SS. Ausiliatrice mi piace far conoscere la curiosa vicenda del misterioso cane "Grigio"pGM




*




DON BOSCO... A LA SPEZIA
E UN 'CANE GRIGIO' (1959)

Don Tiburzio Lupo, ormai prossimo a compiere i cento anni di età, ci regala questo ricordo di quando, Direttore nella Casa salesiana di Livorno, fu testimone della curiosa vicenda del misterioso cane "Grigio".
L'urna di Don Bosco al ritorno da Roma sostò a La Spezia un giorno, il 12 maggio 1959 dalle ore 6,30 alle ore 15.


Un cane "grigio"!
Per una più chiara comprensione del fatto mi rifaccio agli avvenimenti precedenti.
L'urna contenente il corpo di Don Bosco, sistemata su un furgone speciale concesso dalla Fiat, doveva viaggiare verso Roma e da Roma verso Torino in perfetto incognito. Anche le soste obbligate, dato il lungo percorso, tenute segrete!
Io, peraltro, ero fermamente deciso di fare fermare Don Bosco a La Spezia!
Dovevo lavorarmi Don Giraudi. L'occasione propizia mi venne direttamente da Don Giraudi stesso. Ebbi da lui l'incarico di preparare un pranzo all'albergo del Passo del Bracco per tutti i Confratelli che con lui e con Don Giovannini accompagnavano - come guardia del corpo - l'urna contenente Don Bosco verso Roma.
Feci del mio meglio. Non feci mancare dell'ottimo "cinque terre".
Inter pocula, dopo molte insistenze, Don Giraudi cedette alla mia richiesta!
"Gli avrei dovuto scrivere a Roma. Mi avrebbe precisato il giorno e le modalità da seguire. Fu di parola come sempre... Le modalità erano queste; a) Don Bosco, proveniente da Livorno, sarebbe giunto a La Spezia verso le 5,30 del 12 maggio, in forma segretissima; b) Si sarebbe concesso ai Confratelli e giovani convittori di vedere Don Bosco; c) Si sarebbe ripartiti nella stessa mattinata per Sampierdarena, ultima tappa, prima del rientro a Torino.
Noi si era contenti anche così!
Il giorno 12 maggio io (direttore) e alcuni confratelli ci alziamo per tempo, ci portiamo in viale Garibaldi di fronte alla chiesa Madonna della Neve in attesa del sospirato arrivo di Don Bosco!


A questo punto comincia la storia del "cane grigio"! Due confratelli, impazienti di attendere, si portano sull'incrocio della via Aurelia con la strada di Portovenere per ispezionare l'arrivo.
Un cane, mezzo lupo "grigio" di pelame, si avvicina a loro, vi gironzola attorno. Cercano di cacciarlo via, anche con qualche sasso. Il cane infila viale Garibaldi e si ferma ove mi trovo io, Don Oliva e una buona mamma con un bambino per mano comparsa essa pure per vedere Don Bosco. Come questa avesse saputo che l'urna di Don Bosco si sarebbe fermata a La Spezia, non lo so.
Il cane si avvicina a Don Oliva che lo accarezza. Si accoccola accanto a lui! Don Oliva è seduto su una panchina del viale. Il cane pone la testa sulle sue ginocchia, dimostrandosi assai soddisfatto dei complimenti.
Il furgone con tutto l'accompagnamento giunge con un'ora di ritardo... alle ore 6,30.
Don Giraudi, al mio insistente invito, accetta di fare scendere l'urna e trasportarla in chiesa alla venerazione nostra e dei fedeli!
Prevedendo di poter convincere Don Giraudi, avevo già fatto preparare in presbiterio un solido tavolo ottimamente arredato dalle suore, che avrebbe potuto sostenere l'urna.
Dopo tante manovre, guidate e comandate da Don Giraudi in persona, finalmente l'urna contenente Don Bosco, illuminata da calibrati riflettori, è in presbiterio visibile da ogni parte della chiesa tra la gioia e la venerazione nostra e dei pochi presenti, in quel momento, in chiesa.


Quello che sia successo io non lo so, ma quanto sto per esporre è pura, autentica verità.
Non era ancora trascorsa un'ora, da quando l'urna era esposta in presbiterio, e già la chiesa era zeppa di fedeli accorsi a venerare Don Bosco! E andò aumentando via via in misura così strabocchevole che, verso le ore 8, si dovette fare intervenire la forza pubblica, per regolare l'afflusso e tenere l'ordine.
Da notare che già era stata organizzata una assistenza all'urna con i ragazzi più grandicelli della scuola e con i novizi di Pietrasanta, chiamati per telefono a venire a vedere Don Bosco.
È stata una manifestazione di fede, di venerazione e di amore così spontanea, indescrivibile da stupirci e commuoverci profondamente. Ci sentimmo felici e orgogliosi nello stesso tempo di essere figli di Don Bosco!
Durante la Messa di Don Giraudi - ore 7,30 - una signora entra in sacrestia ad avvertire che un cane sta accovacciato sui gradini della balaustra dalla parte dell'urna e impedisce ai fedeli di avvicinarsi ad essa. Tutti vorrebbero toccare l'urna e fare toccare oggetti!
Mando il sacrista a prendere il malaugurato cane.
Dopo alcuni minuti ritorna solo, scusandosi che il cane gli è sfuggito di mano è penetrato in presbiterio ed è andato ad accovacciarsi sotto il tavolo su cui poggia l'urna!
Per non disturbare la funzione, lo si lascia stare, tanto più che i tendaggi che ornano l'urna, lo nascondono alla vista di tutti.
Io avevo altro da fare in quel momento e non feci più caso al cane.
Nessuno reclamò e il cane se ne stette quieto per tutta la durata della Messa sotto il tavolo dell'urna.
Terminata la Messa rientro in sacrestia per ricevere Don Giraudi e condurlo a colazione.
Ecco comparire il cane! Quieto quieto, scodinzolante, come fosse uno del seguito, ci segue verso il refettorio.
Veramente io cerco di cacciarlo via... Don Giraudi interviene dicendo e sorridendo: "lascialo stare... Chissà che non sia il Grigio di Don Bosco!
Si ride e si lascia il cane al nostro seguito.
In refettorio si accovaccia sotto il tavolo tra i piedi di Don Giraudi! Rifiuta ogni cibo... pane burrato, formaggio, salame! Fosse stato un cane randagio, a quell'ora, credo, che un buon boccone l'avrebbe divorato.
Terminata la colazione Don Giraudi si ritira per un po' di riposo.
Io prendo il cane per la pelle del collo e lo trascino in cortile. I giovani che hanno partecipato alla Messa di Don Giraudi e che già si trovano in ricreazione, appena scorgono il cane si fanno attorno ad accarezzarlo. Anche da essi rifiuta i bocconi che gli porgono.
Suonata la campana della scuola, il consigliere, fa condurre il cane in portineria. Qui si accuccia mogio mogio. Il portinaio visto che si rifiuta di muoversi lo lascia tranquillo.
Verso le dieci passa il sig. Basilio (factotum della casa), prende il cane per il collarino e senza tanti complimenti, lo trascina fuori e chiude la porta; il cane non fu più visto!



Che sia stato il "Grigio di Don Bosco"?
Per me, pur non disturbando il Grigio di Don Bosco, tutto il comportamento di questo cane ha qualcosa di fuori dell'ordinario. Non mi è mai accaduto di incontrare un cane che si comportasse a questo modo!
O... era una cane ben idiota, oppure un cane ben straordinario!
Un fatto molto significativo
Don Giraudi è seduto - vigile custode - presso l'urna. Si bea felice di vedere quella fiumana di gente che passa presso l'urna, che si ferma brevemente... mira e rimira il volto di Don Bosco... prega sommessamente... che vuole far toccare qualche oggetto personale all'urna.
Gli uomini sono incanalati nella navata destra di chi entra in chiesa: passano attraverso il presbiterio, sostano presso Don Bosco e, poi, per la sacrestia sfollano nei cortili dell'Istituto e quindi in via Roma. Le donne si accalcano alla balaustra di fronte all'urna.
Verso le 11 faccio un sapralluogo. In sacrestia mi avvicina una giovane signora con un piccino di pochi mesi stretto tra le braccia.
- Reverendo, mi dice, potrei passare in presbiterio e far toccare l'urna al mio piccino?
- Signora, non è possibile. Lo vede!
- Ma... il piccino è cieco!
Mi prende un groppo alla gola. Le lacrime mi velano gli occhi.
- Farò il possibile... Venga con me.
Entro in presbiterio con lei accanto. Don Giraudi mi lancia un'occhiata!... Mi avvicino, gli espongo il caso.
- Allora, falla passare, mi risponde.
La Signora, giunta presso l'urna, tenta di sollevare il bimbo verso Don Bosco. Don Giraudi delicatamente le prende, egli stesso, il bimbo, lo alza fino all'altezza della testa di Don Bosco, ripetutamente fa toccare la testina di lui all'urna di Don Bosco... Sembra S. Giuseppe con il Bambino tra le braccia... Gli scorrono lacrime di sotto gli occhiali! Riconsegna il piccino alla mamma... trasfigurato!
È stato un segnale!
Altre e altre mamme passano in presbiterio per far toccare l'urna ai loro piccoli. Don Giraudi ripete più volte il pietoso e amorevole atto di bontà. L'accompagna con il cuore e la mente imploranti Don Bosco.
Alle tre del pomeriggio si deve prelevare l'urna e riportarla sul furgone. Si fanno intervenire i carabinieri di servizio.
Chiudono il portone centrale della chiesa, fanno sfollare le centinaia di persone presenti in chiesa, dalla sacrestia nei cortili dell'Istituto.
Contemporaneamente altri militi chiudono il cancello in ferro della cancellata che limita la strada dalla gradinata della chiesa... tra le proteste della gente in arrivo per vedere Don Bosco.
Solo verso le 16 si può riportare l'urna sul furgone e partire per Sampierdarena.
Don Bosco sei grande!

D. Tiburzio Lupo sdb (morto centenario (2001) alla Casa Madre di Torino-Valdocco)

IMMAGINE: Don Bosco, Mamma Margherita e il Cane Grigio, quadro che si può ammirare salendo le scale delle Camerette di Don Bosco a Valdocco














    PREGHIERA DI CONSACRAZIONE 
    A MARIA AUSILIATRICE


    O Santissima ed Immacolata Vergine Maria, Madre nostra tenerissima, e potente Aiuto dei Cristiani, noi ci consacriamo intieramente al vostro dolce amore e al vostro santo servizio. Vi consacriamo la mente con i suoi pensieri, il cuore con i suoi affetti, il corpo con i suoi sentimenti e con tutte le sue forze, e promettiamo di voler sempre operare alla maggior gloria, di Dio ed alla salute delle anime.

    Voi intanto, o Vergine incomparabile, che siete sempre stata l’Ausiliatrice del popolo cristiano, deh! continuate a mostrarvi tale specialmente in questi giorni.

    Umiliate i nemici di nostra santa Religione, e rendetene vani i malvagi intenti. 
    Illuminate e fortificate i Vescovi e i Sacerdoti, e teneteli sempre uniti ed obbedienti al Papa, Maestro infallibile;
    preservate dall’irreligione e dal vizio l’incauta gioventù; promuovete le sante vocazioni ed accrescete il numero dei sacri Ministri, affinché per mezzo loro il regno di Gesù Cristo si conservi tra noi e si estenda fino agli ultimi confini della terra. 
    Vi preghiamo ancora, o dolcissima. Madre, che teniate sempre rivolti i vostri sguardi pietosi sopra l’incauta gioventù esposta a tanti pericoli, e sopra i poveri peccatori e moribondi; siate per tutti, o Maria, dolce speranza, Madre di misericordia e porta del Cielo.

    Ma anche per noi vi supplichiamo, o gran Madre di Dio. Insegnateci a ricopiare in noi le vostre virtù, in particolar modo l’angelica modestia, l’umiltà profonda e l’ardente carità; affinché per quanto è possibile, col nostro contegno, colle nostre parole, col nostro esempio rappresentiamo al vivo in mezzo al mondo Gesù Benedetto vostro Figliuolo, e facciamo conoscere ed amare Voi, e con questo mezzo possiamo riuscire a salvare molte anime.

    Fate altresì, o Maria Ausiliatrice, che noi siamo tutti raccolti sotto il vostro manto di Madre; fate che nelle tentazioni noi v’invochiamo tosto con fiducia; fate insomma che il ‘pensiero di Voi sì buona, sì amabile, sì cara, il ricordo dell’amore che portate ai vostri devoti, ci sia di tale conforto da renderci vittoriosi contro i nemici dell’ anima nostra in vita ed in morte, affinché possiamo venire a farvi corona nel Paradiso. 
    Così sia.


    500 giorni d’Indulgenza ogni volta.





    O MARIA

    MADRE DI PUREZZA

    GIGLIO DI PUREZZA SENZA MACCHIA
    INTERCEDI PER NOI