Visualizzazione post con etichetta Adamo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Adamo. Mostra tutti i post

sabato 25 gennaio 2014

Domenica 26 genaio 2014, III Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A


"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 26 genaio 2014, III Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 4,12-23.
Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea
e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,
perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti;
il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini».
Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.
Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.
Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Traduzione liturgica della Bibbia 



Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 45 pagina 283.

(Nessuna corrispondenza esatta)

Gesù è solo. Cammina lentamente, venendo avanti, alle spalle di Giovanni. Si avvicina senza rumore e ascolta intanto la voce tuonante del Penitente del deserto, come se anche Gesù fosse uno dei tanti che venivano a Giovanni per farsi battezzare o per prepararsi ad essere mondi per la venuta del Messia. Nulla distingue Gesù dagli altri. Sembra un popolano nella veste, un signore nel tratto e nella bellezza, ma nessun segno divino lo distingue dalla folla. 
Però si direbbe che Giovanni senta una emanazione di spiritualità speciale. Si volge e individua subito la fonte di quell’emanazione. Scende con impeto dal masso che gli faceva da pulpito e va sveltamente verso Gesù, che si è fermato qualche metro lontano dl gruppo, appoggiandosi al fusto di un albero. 
Gesù e Giovanni si fissano un momento. Gesù col suo sguardo azzurro tanto dolce. Giovanni col suo occhio severo, nerissimo, pieno di lampi. I due, visti vicino, son l’antitesi l’uno dell’altro. Alti tutti e due -è l’unica somiglianza- sono diversissimi per tutto il resto. Gesù biondo e dai lunghi capelli ravviati, dal volto di un bianco avoriato, dagli occhi azzurri, dall’abito semplice ma maestoso. Giovanni irsuto, nero di capelli che ricadono lisci sulle spalle, lisci e disuguali in lunghezza, nero dalla barba rada che gli copre quasi tutto il volto non impedendo col suo velo di permettere di notare le guance scavate dal digiuno, nero negli occhi febbrili, scuro nella pelle abbronzata dal sole e dalle intemperie e per la folta peluria che lo copre, seminudo nella sua veste di pelo di cammello, tenuta alla vita da una cinghia di pelle e che gli copre il torso scendendo appena sotto i fianchi magri e lasciando scoperte le coste a destra, le coste sulle quali è, unico strato di tessuti, la pelle conciata dall’aria. Sembrano un selvaggio e un angelo visti vicini. 
Giovanni, dopo averlo scrutato col suo occhio penetrante esclama: “Ecco l’Agnello di Dio. Come è che a me viene il mio Signore?” 
Gesù risponde placido: “Per compiere il rito di penitenza.” 
“Mai, mio Signore. Io sono che devo venire a Te per essere santificato, e Tu vieni a me?” 
E Gesù, mettendogli una mano sul capo, perché Giovanni s’era curvato davanti a Gesù, risponde: “Lascia che si faccia come voglio, perché si compia ogni giustizia e il tuo rito divenga inizio ad un più alto mistero e sia annunciato agli uomini che la Vittima è nel mondo.” 
Giovanni lo guarda con occhio che una lacrima fa dolce e lo precede verso la riva, dove Gesù si leva il manto e la tunica, rimanendo con una specie di corti calzoncini, per poi scendere nell’acqua dove è già Giovanni, che lo battezza versandogli sul capo l’acqua del fiume, presa con una specie di tazza che il Battista tiene sospesa alla cintola e che mi pare una conchiglia o una mezza zucca essiccata e svuotata. 
Gesù è proprio l’Agnello. Agnello nel candore della carne, nella modestia del tratto, nella mitezza dello sguardo. 
Mentre Gesù risale la riva e dopo essersi vestito si raccoglie in preghiera, Giovanni lo addita alle turbe, testimoniando di averlo conosciuto per il segno che lo Spirito di Dio gli aveva indicato quale indicazione infallibile del Redentore. 
Ma io sono polarizzata nel guardare Gesù che prega, e non mi resta che questa figura di luce contro il verde della sponda. 


Dice Gesù: 
“Giovanni non aveva bisogno del segno per se stesso. Il suo spirito, presantificato sin dal ventre di sua madre, era possessore di quella vista di intelligenza soprannaturale che sarebbe stata di tutti gli uomini senza la colpa di Adamo. 

Se l’uomo fosse rimasto in grazia, in innocenza, in fedeltà col suo Creatore, avrebbe visto Dio attraverso le apparenze esterne. Nella Genesi è detto che il Signore Iddio parlava familiarmente con l’uomo innocente e che l’uomo non tramortiva a quella voce, non si ingannava nel discernerla. Così era la sorte dell’uomo: vedere e capire Iddio proprio come un figlio fa col genitore. Poi è venuta la colpa e l’uomo non ha più osato guardare Dio, non ha più saputo vedere e comprendere Iddio. E sempre meno lo sa. 

Ma Giovanni, il mio cugino Giovanni, era stato mondato dalla Colpa quando la Piena di Grazia s’era curvata amorosa ad abbracciare la già sterile ed allora feconda Elisabetta. Il fanciullino nel suo seno era balzato di giubilo, sentendo cadere la scaglia della colpa dalla sua anima come crosta che cade da una piaga che guarisce. Lo Spirito Santo, che aveva fatto di Maria la madre del Salvatore, iniziò la sua opera di salvazione, attraverso Maria, Vivo Ciborio della Salvezza Incarnata, su questo nascituro destinato ad essere a Me unito non tanto pel sangue, quanto per la missione che fece di noi come le labbra che formano la parola. Giovanni le labbra, Io la Parola. Egli il Precursore nell’Evangelo e nella sorte di martirio. Io, Colui che perfeziona della mia divina perfezione l’Evangelo iniziato da Giovanni ed il martirio per la difesa della Legge di Dio. 

Giovanni non aveva bisogno di nessun segno. Ma alla ottusità degli altri il segno era necessario. Su cosa avrebbe fondato Giovanni la sua asserzione, se non su una prova innegabile che gli occhi di tardi e le orecchie dei pesanti avessero percepita? 
Io pure non avevo bisogno di battesimo. Ma la sapienza del Signore aveva giudicato esser quello l’attimo e il modo dell’incontro. E traendo Giovanni dal suo speco nel deserto a me dalla mia casa, ci unì in quell’ora per aprire su Me il Cieli e farne scendere Se Stesso, Colomba Divina, su colui che avrebbe battezzato gli uomini con tal Colomba, e farne scendere l’annuncio, ancor più potente di quello angelico perché dal Padre mio: “Ecco il mio Figlio diletto col quale mi sono compiaciuto”. Perché gli uomini non avessero scuse o dubbi nel seguirmi e nel non seguirmi. 

Le manifestazioni del Cristo sono state molte. La prima, dopo la Nascita, fu quella dei Magi, la seconda nel tempio, la terza sulle rive del Giordano. Poi vennero le infinite altre che ti farò conoscere, poiché i miei miracoli sono manifestazioni della mia natura divina, sino alle ultime della Risurrezione e Ascensione al Cielo. 

La mia patria fu piena delle mie manifestazioni. Come seme gettato ai quattro punti cardinali, esse avvennero in ogni strato e luogo della vita: ai pastori, ai potenti, ai dotti, agli increduli, ai peccatori, ai sacerdoti, ai dominatori, ai bambini, ai soldati, agli ebrei, ai gentili. Anche ora esse si ripetono. Ma, come allora. il mondo non le accoglie. Anzi non accoglie le attuali e dimentica le passate. Ebbene, Io non desisto. Io mi ripeto per salvarvi. per portarvi alla fede in Me. 

Sai, Maria, quello che fai? Quello che faccio, anzi, nel mostrarti il Vangelo? Un tentativo più forte di portare gli uomini a Me. Tu lo hai desiderato con preghiere ardenti. Non mi limito più alla parola. Li stanca e li stacca. E’ una colpa, ma è così. Ricorro alla visione, e del mio Vangelo, e la spiego per renderla più chiara e attraente. 
A te do il conforto del vedere. A tutti do il modo di desiderare di conoscermi. E se ancora non servirà, e come crudeli bambini getteranno il dono senza capirne il valore, a te resterà il mio dono e ad essi il mio sdegno. Potrò ancora una volta fare l’antico rimprovero: “Abbiamo suonato e non avete danzato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto”. 
Ma non importa. Lasciamo che essi, gli inconvertibili, accumulino sul loro capo i carboni ardenti, e volgiamoci alle pecorelle che cercano di conoscere il Pastore. Io son quello, e tu sei la verga che le conduci a Me.” 
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

sabato 10 agosto 2013

«UN PORTENTO GRANDE APARECIÓ EN EL CIELO: UNA MUJER ESTABA CUBIERTA CON EL SOL Y LA LUNA A SUS PIES Y EN SU CABEZA TENÍA UNA CORONA DE DOCE ESTRELLAS»


SOBRE LAS DOCE PRERROGATIVAS DE LA BIENAVENTURADA VIRGEN MARÍA, SEGÚN LAS PALABRAS DEL APOCALIPSIS: «UN PORTENTO GRANDE APARECIÓ EN EL CIELO: UNA MUJER ESTABA CUBIERTA CON EL SOL Y LA LUNA A SUS PIES Y EN SU CABEZA TENÍA UNA CORONA DE DOCE ESTRELLAS»

1. Muchísimo daño, amadísimos, nos causaron un varón y una mujer; pero, gracias a Dios, igualmente por un varón y una mujer se restaura todo. Y no sin grande aumento de gracias. Porque no fué el don como había sido el delito, sino que excede a la estimación del daño la grandeza del beneficio. Así, el prudentísimo y clementísinio Artífice no quebrantó lo que estaba hendido, sino que lo rehizo más útilmente por todos modos, es a saber, formando un nuevo Adán del viejo y transfundiendo a Eva en María. Y, ciertamente, podía bastar Cristo, pues aun ahora toda nuestra suficiencia es de El, pero no era bueno para nosotros que estuviese el hombre solo. Mucho más conveniente era que asistiese a nuestra reparación uno y otro sexo, no habiendo faltado para nuestra corrupción ni el uno ni el otro. 

Fiel y poderoso mediador de Dios y de los hombres es el hombre Cristo Jesús, pero respetan en él los hombres una divina majestad. Parece estar la humanidad absorbida en la divinidad, no porque se haya mudado la substancia, sino porque sus afectos están divinizados. No se canta de El sola la misericordia, sino que también se le canta igualmente la justicia, porque aunque aprendió, por lo que padeció, la compasión, y vino a ser misericordioso, con todo eso tiene la potestad de juez al mismo tiempo. 
En fin, nuestro Dios es un fuego que consume. ¿Qué mucho tema el pecador llegarse a El, no sea que, al modo que se derrite la cera a la presencia del fuego, así perezca él a la presencia de Dios?


2. Así, pues, ya no parecerá estar de más la mujer bendita entre todas las mujeres, pues se ve claramente el papel que desempeña en la obra de nuestra reconciliación, porque necesitamos un mediador cerca de este Mediador y nadie puede desempeñar tan provechosamente este oficio como María. ¡Mediadora demasiado cruel fué Eva, por quien la serpiente antigua infundió en el varón mismo el pestífero veneno! ¡Pero fiel es Maria, que propinó el antídoto de la salud a los varones y a las mujeres! 

Aquélla fué instrumento de la seducción, ésta de la propiciación; aquélla sugirió la prevaricación, ésta introdujo la redención. ¿Qué recela llegar a María la fragilidad humana? Nada hay en ella austero, nada terrible; todo es suave, ofreciendo a todos leche y lana. Revuelve con cuidado toda la serie de la evangélica historia, y si acaso algo de dureza o de reprensión desabrida, si aun la señal de alguna indignación, aunque leve, se encuentre en María, tenla en adelante por sospechosa y recela el llegarte a ella. 

Pero si más bien (como es así en la verdad) encuentras las cosas que pertenecen a ella llenas de piedad y de misericordia, llenas de mansedumbre y de gracia, da las gracias a aquel Señor que con una benignísima misericordia proveyó para ti tal mediadora que nada puede haber en ella que infunda temor. 

Ella se hizo toda para todos; a los sabios y a los ignorantes, con una copiosísima caridad, se hizo deudora. A todos abre el seno de la misericordia, para que todos reciban de su plenitud: redención el cautivo, curación el enfermo, consuelo el afligido, el pecador perdón, el justo gracia, el ángel alegría; en fin, toda la Trinídad gloria, y la misma persona del Hijo recibe de ella la substancia de la carne humana, a fin de que no haya quien se esconda de su calor.


3. ¿No juzgas, pues, que esta misma es aquella mujer vestida del sol? Porque, aunque la misma serie de la visión profética demuestre que se debe entender de la presente Iglesia, esto mismo seguramente parece que se puede atribuir sin inconvenente a María. Sin duda ella es la que se vistió como de otro sol. Porque, así como aquél nace indiferentemente sobre los buenos y los malos, así también esta Señora no examina los méritos antecedentes, sino que se presenta exorable para todos, para todos clementísima, y se apiada de las necesidades de todos con un amplísimo afecto. 


Todo defecto está debajo de ella y supera todo lo que hay en nosotros la fragilidad y corrupción, con una sublimidad excelentísima en que excede y sobrepasa las demás criaturas, de modo que con razón se dice que la luna está debajo de sus pies. De otra suerte, no parecería que decíamos una cosa muy grande si dijéramos que esta luna estaba debajo de los pies de quien es ¡lícito dudar que fué ensalzada sobre todos los coros de los ángeles, sobre los querubines también y los serafines. Suele designarse en la luna no sólo el defecto de la corrupción, sino la necedad del entendimiento y algunas veces la Iglesia del tiempo presente; aquello, ciertamente, por su mutabilidad , la Iglesia por el esplendor que recibe de otra parte. 

Mas una y otra luna (por decirlo así) congruentísimamente está debajo de los pies de María, pero de diferente modo, puesto que el necio se muda como la luna y el sabio permanece como el sol. En el sol, el calor y el esplendor son estables, mientras que en la luna hay solamente el esplendor, y aun éste es mudable e incierto, pues nunca permanece en el mismo estado. Con razón, pues, se nos representa a María vestida del sol, por cuanto penetró el abismo profundísimo de la divina sabiduría más allá de lo que se pueda creer, de suerte que, en cuanto lo permite la condición de simple criatura, sin llegar a la unión personal, parece estar sumergida totalmente en aquella inaccesible luz, en aquel fuego que purificó los labios del profeta Isaías, y en el cual se abrasan los serafines. 

Así que de muy diferente modo mereció María no sólo ser rozada ligeramerte por el sol divino, sino más bien ser cubierta con él por todas partes, ser bañada alrededor y COMO encerrada en el mismo fuego. Candidísimo es, a la verdad, pero y también calidísimo el vestido de esta mujer, de quien todas las cosas se ven tan excelentemente iluminadas, que no es lícito sospechar en ella nada, no digo tenebroso, pero ni oscuro en algún modo siquiera o menos lúcido, ni tampoco algo que sea tibio o no lleno de fervor.


4. Igualmente, toda necedad está muy debajo de sus pies, para que por todos modos no se cuente María en el número de las mujeres necias ni en el coro de las vírgenes fatuas. Antes bien, aquel único necio y príncipe de toda la necedad que, mudado verdaderamente como la luna, perdió la sabiduría en su hermosura, conculcado y quebrantado bajo los pies de María, padece una miserable esclavitud. 

Sin duda, ella es aquella mujer prometida otro tiempo por Dios para quebrantar la cabeza de la serpiente antigua con el pie de la virtud, a cuyo calcaño puso asechanzas en muchos ardides de su astucia, pero en vano, puesto que ella sola quebrantó toda la herética perversidad. 

Uno decía que no había concebido a Cristo de la substancia de su carne; otro silbaba que no había dado a luz al niño, sino que le había hallado; otro blasfemaba que, a lo menos, después del parto, había sido conocida de varón; otro, no sufriendo que la llamasen Madre de Dios, reprendía impiísimamente aquel nombre grande, theotocos  que significa la que díó a luz a Dios. Pero fueron quebrantados los que ponían asechanzas, fueron conculcados los engañadores, fueron confutados los usurpadores y la llaman bienaventurada todas las generaciones. 

Finalmente, luego que dió a luz, puso asechanzas el dragón por medio de Herodes, para apoderarse del Hijo que nacía y devorarle, porque había enemistades entre la generación de la mujer y la del dragón.



5. Mas ya, si parece que más bien se debe entender la Iglesia en el nombre de luna, pois cuanto no resplandece de suyo, sino que aquel Señor que dice: Sin mí nada podéis hacer, tendremos entonces evidentemente expresada aquí aquella mediadora de quien poco ha os he hablado. Apareció una mujer, dice San Juan, vestida del sol, y la luna debajo de sus pies. 

Abracemos las plantas de María, hermanos míos, y postrémonos con devotísimas súplicas a aquellos pies bienaventurados. Retengámosla y no la dejemos partir hasta que nos bendiga, porque es poderosa. 



Ciertamente, el vellocino colocado entre el rocío y la era, y la mujer entre el sol y la luna, nos muestran a María, colocada entre Cristo y la Iglesia. Pero acaso no os admira tanto el vellocino saturado de rocío como la mujer vestida del sol, porque si bien es grande la conexión entre la mujer y el sol con que está vestida, todavía resulta más sorprendente la adherencia que hay entre ambos. Porque ¿cómo en medio de aquel ardor tan vehemente pudo subsistir una naturaleza tan frágil? 

Justamente te admiras, Moisés santo, y deseas ver más de cerca esa estupenda maravilla; mas para conseguirlo debes quitarte el calzado y despojarte enteramente de toda clase de pensamientos carnales. Iré a ver, dice, esta gran maravilla . Gran maravilla, ciertamente, una zarza ardiendo sin quemarse, gran portento una mujer que queda ilesa estando cubierta con el sol. No es de la naturaleza de la zarza el que esté cubierta por todas partes de llamas y permanezca con todo eso sin quemarse; no es poder de mujer el sostener un sol que la cubre. No es de virtud humana, pero ni de la angélica seguramente. Es necesaria otra más sublime. El Espíritu Santo, dice, sobrevendrá en ti. Y como si respondiese a ella: Dios es espíritu y nuestro Dios es un fuego que consume. La virtud, dice, no la mía, no la tuya, sino la del Altísimo, te hará sombra. No es maravilla, pues, que debajo de tal sombra sostenga también una mujer vestido tal.


6. Una mujer, dice, cubierta con el sol. Sin duda cubierta de luz como de un vestido. No lo percibe acaso el carnal: sin duda es cosa espiritual, necedad le parece. No parecía así al Apóstol, quien decía: Vestíos del Señor Jesucristo.¡Cuán familiar de El fuiste hecha, Señora! ¡Cuán próxima, más bien, cuán íntima mereciste ser hecha! ¡ Cuánta gracia hallaste en Dios 

!En ti está y tú en El; a El le vistes y eres vestida por El. Le vistes con la substancia de la carne y El te viste con la gloria de la majestad suya. Vistes al sol de una nube y eres vestida tú misma de un sol. Porque una cosa nueva hizo Dios sobre la tierra, y fué que una mujer rodease a un varón, que no es otro que Cristo, de quien se dice: He ahí un varón; Oriente es su nombre; una cosa nueva hizo también en el cielo, y fué que apareciese una mujer cubierta con el sol. 

Finalmente, ella le coronó y mereció también ser coronada por El. Salid, hijas de Sión, y ved al rey Salomón en la diadema con que le coronó su Madre. Pero esto para otro tiempo. Entre tanto, entrad, más bien, y ved a la reina en la diadema con que la coronó su Hijo.



7. En su cabeza, dice, tenía una corona de doce estrellas. Digna, sin duda, de ser coronada con estrellas aquella cuya cabeza, brillando mucho más lucidamente que ellas, más bien las adornará que será por ellas adornada. ¿Qué mucho que coronen los astros a quien viste el sol? Como en los días de primavera, dice, la rodeaban las flores de los rosales y las azucenas de los valles. Sin duda la mano izquierda del Esposo está puesta bajo de su cabeza y ya su diestra la abraza. ¿Quién apreciará estas piedras? ¿Quién dará nombre a estas estrellas con que está fabricada la diadema real de María? Sobre la capacidad del hombre es dar idea de esta corona y explicar su composición. 

Con todo eso, nosotros, según nuestra cortedad, absteniéndonos del peligroso examen de los secretos, podremos acaso sin inconveniente entender en estas doce estrellas doce prerrogativas de gracias con que María singularmente está adornada. 

Porque se encuentran en María 
prerrogativas del cielo, 
prerrogativas del cuerpo y 
prerrogativas del corazón; y si este ternario se multiplica por cuatro, tenernos quizá las doce estrellas con que la real diadema de María resplandece sobre todos. 

Para mí brilla un singular resplandor, primero, en la generación de María; segundo, en la salutación del ángel; tercero, en la venida del Espíritu Santo sobre ella; cuarto, en la indecible concepción del Hijo de Dios. 

Así, en estas mismas cosas también resplandece un soberano honor, por haber sido ella la primiceria de la virginidad , por haber sido fecunda sin corrupción, por haber estado encinta sin opresión, por haber dado a luz sin dolor. 

No menos también con un especial resplandor brillan en María la mansedumbre del pudor, la devoción de la humildad, de magnanimidad de la fe, el martirio del corazón. Cuidado vuestro será mirar con mayor diligencia cada una de estas cosas. Nosotros habremos satisfecho, al parecer, si podemos indicarlas brevemente.


8. ¿Qué es, pues, lo que brilla, comparable con las estrellas, en la generación de María? Sin duda el ser nacida de reyes, el ser de sangre de Abraharn., el ser de la generosa prosapia de David. Si esto parece poco, añade que se sabe fué concedida por el cielo a aquella generación por el privilegio singular de santidad, que mucho antes fué prometida por Dios a estos mismos Padres, que fué prefigurada con misteriosos prodigios, que fué prenunciada con oráculos proféticos. 

Porque a esta misma señalaba anticipadamente la vara sacerdotal cuando floreció sin raíz, a ésta el vellocino de Gedeón cuándo en medio de la era seca se humedeció, a ésta la puerta oriental en la visión de Ezequiel, la cual para ninguno estuvo patente jamás. 

Esta era, en fin, la que Isaías, más claramente que todos, ya la prometía como vara que había de nacer de la raíz de Jesé, ya, más manifíestamente, como virgen que había de dar a luz. Con razón se escribe que este prodigio grande había aparecido en el cielo, pues se sabe haber sido prometido tanto antes por el cielo. El Señor dice: El mismo os dará un prodigio. Ved que concebirá una virgen. Grande prodigio dió, a la verdad, porque también es grande el que le dió. ¿En qué vista no reverbera con la mayor vehemencia el brillo resplandeciente de esta prerrogativa? Ya, en haber sido saludada por el ángel tan reverente y obsequiosamente, que podía parecer que la miraba ya ensalzada con el solio real sobre todos los órdenes de los escuadrones celestiales y que casi iba a adorar a una mujer el que solía hasta entonces ser adorado gustosamente por los hombres, se nos recomienda el excelentísimo mérito de nuestra Virgen y su gracia singular.


9. No menos resplandece aquel nuevo modo de concepción, por el cual, no en la iniquidad, como las demás mujeres, sino sobreviniendo el Espíritu Santo, sola María concibió y de sola la santificación. Pero el haber engendrado ella al verdadero Dios y verdadero Hijo de Dios, para que uno mismo fuese Hijo de Dios y de los hombres y uno absolutamente, Dios y hombre, naciese de María, abismo es de luz; ni diré fácilmente que aun la vista del ángel no se ofusque a la vehemencia de este resplandor. En lo demás, evidentemente, se ilustra la virginidad por la novedad del mismo propósito de la virginidad , puesto que, elevándose en la libertad de espíritu sobre los decretos de la ley de Moisés, ofreció a Dios con voto la inmaculada santidad de cuerpo y de espíritu juntamente. Prueba la inviolable firmeza de su propósito el haber respondido tan firmemente al ángel que la prometía un hijo: ¿Cómo se hará esto, porque yo no conozco varón? Acaso por eso se turbó en sus palabras y pensaba qué salutación sería ésta, porque había oído que la llamaban bendita entre las mujeres la que siempre deseaba ser bendita entre las vírgenes. Y desde aquel punto, ciertamente, pensaba qué salutación sería ésta, porque ya parecía ser sospechosa. Mas luego que en la promesa de un hijo aparecía el peligro manifiesto de la virginidad, ya no pudo disimular más ni dejar de decir: ¿Cómo se hará esto, porque yo no conozco varón? Por tanto, con razón mereció aquella bendición y no perdió ésta, para que así sea mucha más gloriosa la virginidad por la fecundidad y la fecundidad por la virginidad y parezcan ilustrarse mutuamente estos dos astros con sus rayos. 

Pues el ser virgen cosa grande es, pero ser virgen madre, por todos modos es mucho más. Con razón también sola ella no sintió aquel molestísimo tedio con que todas las mujeres embarazadas son afligidas, pues ella sola concibió sin libidinoso deleite. Por lo cual, en el mismo principio de la concepción, cuando principalmente son afligidas miserablemente las demás mujeres, María con toda presteza sube a las montañas para asistir a Isabel. Subió también a Belén, estando ya cercano el parto, llevando aquel preciosísimo depósito, llevando aquel peso dulce, llevando a quien la llevaba. Así también, en el mismo parto, de cuánto esplendor es el haber dado a luz con un gozo nuevo la nueva prole, siendo sola ella entre las mujeres ajena de la común maldición y del dolor de las que dan a luz. Si el precio de las cosas se ha de juzgar por lo raro de ellas, nada se puede hallar más raro que éstas. Puesto que en todas ellas ni se vió tener primera semejante ni segunda. De todo esto, si fielmente lo miramos, sin duda concebiremos admiración; pero y veneración también, devoción y consolación.



10. Mas lo que todavía resta considerar pide imitación. No es para nosotros el ser antes del nacimiento prometidos prodigiosamente de tantos y tan varios modos ni el ser prenunciados desde el cielo, ni tampoco el ser honrados por el arcángel Gabriel con los obsequios de tan nueva salutación. Mucho menos nos comunican las otras dos cosas a nosotros; ciertamente su secreto es para sí. Porque sola ella es de quien se dice: Lo que en ella ha nacido es del Espíritu Santo. Sola ella es a quien se dice: Lo santo que nacerá de ti se llamará Hijo de Dios . 

Sean ofrecidas al Rey las vírgenes, pero después de ella, porque ella sola reserva para sí la primacía. Mucho más, ella sola concibió al hijo sin corrupción, le llevó sin opresión, le dió a luz sin dolor. Así, nada de esto se exige de nosotros, pero, ciertamente, se exige algo. 
Porque por ventura, si también nos falta a nosotros la mansedumbre del pudor, la humildad del corazón, la magnanimidad de la fe, la compasión del ánimo, ¿excusará nuestra negligencia la singularidad de estos dones? 
Agraciada piedra en la diadema, estrella resplandeciente en la cabeza es el rubor en el semblante del hombre vergonzoso. 
¿Piensa acaso alguno que careció de esta gracia la que fué llena de gracias? Vergonzosa fué María. Del Evangelio lo probamos. Porque ¿en dónde se ve que fuese alguna vez locuaz, en dónde se ve que fuese presuntuosa? Solicitando hablar al hijo se estaba afuera, ni con la autoridad que tenía de madre interrumpió el sermón o se entró por la habitación en que el hijo estaba hablando. 

En toda la serie, finalmente, de los cuatro Evangelios (si bien me acuerdo) no se oye hablar a María sino cuatro veces. La primera al ángel, pero cuando ya una y dos veces la había él hablado; la segunda a Isabel, cuando la voz de su salutación hizo saltar de gozo a Juan en el vientre; y, alabando ,entonces Isabel a María, cuidó ella más bien de alabar al Señor; la tercera al Hijo, cuando era ya de doce años, porque ella misma y su padre le habían buscado llenos de dolor; la cuarta, en las bodas, al Hijo y a los ministros. 

Y estas palabras, sin duda, fueron índice certísimo de su congénita mansedumbre y vergüenza virginal. Puesto que, reputando suyo el empacho de otros, no pudo sufrir, no pudo disimular que les faltase vino. A la verdad, luego que fué [aparentemente] increpada por el Hijo, como mansa y humilde de corazón, no respondió, mas ni con todo eso desesperó, avisando a los ministros que hiciesen lo que El les dijese.



11. Y después de haber nacido Jesús en la cueva de Belén, ¿acaso no leemos que vinieron los pastores y encontraron la primera de todos a María? Hallaron, dice el evangelista, a María y a José, y al infante puesto en el pesebre. 

También los Magos, si hacemos memoria, no, sin María su Madre encontraron al Niño, y cuando ella introdujo en el templo del Señor al Señor del templo, muchas cosas ciertamente oyó a Simeón, así relativas a Jesús como a sí misma, pero, como siempre, mostróse tarda en hablar y solícita en escuchar. María conservaba todas estas palabras, ponderándolas en su corazón; y en todas estas circunstancias no profieren sus labios una sola palabra acerca del sublime misterio de la encarnación del Señor. 

¡Ay de nosotros, que parece tenemos el espíritu en las narices! ¡Ay de nosotros, que echamos afuera todo nuestro espíritu, y que, según aquello del cómico , llenos de hendiduras nos derramamos por todas partes! ¡Cuántas veces oyó María a su Hijo, no sólo hablando a las turbas en parábolas, sino descubriendo aparte a sus discípulos el misterio del reino de Dios! 

¡Vióle haciendo prodigios, vióle pendiente de la cruz, vióle expirando, vióle cuando resucitó, vióle, en fin, ascendiendo a los cielos! Y en todas estas circunstancias, ¿cuántas veces se menciona haber sido oída la voz de esta pudorosísima Virgen, cuántas el arrullo de esta castísima y mansísima tórtola? 

Ultimamente leemos en los Actos de los Apóstoles que los discípulos, volviendo del monte Olivete, perseveraban unánimemente en la oración. ¿Quiénes? Hallándose presente allí María, parece obvio que debía ser nombrada la primera, puesto que era superior a todos, así por la prerrogativa de su divina maternidad como por el privilegio de su santidad. Pedro y Andrés, dice, Santiago y Juan, y los demás que se siguen. Todos los cuales perseveraban juntos en oración con las mujeres, y con María, la madre de Jesús. 
Pues ¿qué?, ¿se portaba acaso María como la última de las mujeres, para que se la pusiese en el postrer lugar? Cuando los discípulos, sobre los cuales aún no había bajado el Espíritu Santo, porque Jesús no había sido aún glorificado, suscitaron entre sí la contienda acerca de la primacía en el reino de Cristo, obraron guiados por miras humanas; todo al revés lo hizo María, pues siendo la mayor de todos y en todo, se humilló en todo y más que todos. Con razón, pues, fué constituída la primera de todos, la que siendo en realidad la más excelsa escogía para sí el último lugar. 

Con razón fué hecha Señora de todos la que se portaba como sierva de todos. Con razón, en fin, fué ensalzada sobre todos los coros de los ángeles la que con inefable mansedumbre se abatía a sí misma debajo de las viudas y penitentes, y aun debajo de aquella de quien habían sido lanzados siete demonios. 

Ruégoos, hijos amados, que imitéis esta virtud; si amáis a María, si anheláis agradarla, imitad su modestia. NADA DICE TAN BIEN AL HOMBRE, nada es tan conveniente al cristiano y nada es tan decente al monje en especial.


12. Y sin duda que bastante claramente se deja ver en la Virgen, por esta misma mansedumbre, la virtud de la humildad con la mayor brillantez. Verdaderamente, colactáneas son la mansedumbre y la humildad, confederadas más íntimamente en aquel Señor que decía: Aprended de mí, que soy manso y humilde de corazón. Porque así como la altivez es madre de la presunción así la verdadera mansedumbre no procede sino de la verdadera humildad. Mas ni sólo en el silencio de María se recomienda su humildad, sitio que resuena todavía más elocuentemente en sus palabras. Había oído: Lo santo que nacerá de ti se llamará Hijo de Dios, y no responde otra cosa sino que es la sierva de El. 

De aquí llega la visita a Isabel, y al punto se le revela a ésta por el espíritu la singular gloria de la Virgen. Finalmente, admiraba la persona de quien venía, diciendo: ¿De dónde a mí esto, que venga a mi casa la madre de mi Señor? Ensalzaba también la voz de quien la saludaba, añadiendo: Luego que sonó la voz de tu salutación en mis oídos saltó de gozo el infante en mi vientre. Y alababa la fe de quien había creído diciendo: Bienaventurada tú que has creído, porque en tí serán cumplidas las cosas que por el Señor se te han dicho. 
Grandes elogios, sin duda, pero también su devota humildad, no queriendo retener nada para sí, más bien lo atribuye todo a aquel Señor cuyos beneficios se alababan en ella. 
Tú, dice, engrandeces a la Madre del Señor, pero mi alma engrandece al Señor. Dices que a mi voz saltó de gozo el párvulo, pero mí espíritu se llenó de gozo en Dios, que es mi salud, y él mismo también, como amigo del Esposo, se llena de gozo a la voz del Esposo. 
Bienaventurada me llamas porque he creído, pero la causa de mi fe y de mi dicha es haberme mirado la piedad suprema, a fin de que por eso me llamen bienaventurada las naciones todas, porque se dignó Dios mirar a esta su sierva pequeña y humilde.



13. Sin embargo, ¿creéis acaso, hermanos, que Santa Isabel errase en lo que, iluminada por el Espíritu Santo, hablaba? De ningún modo. Bienaventurada ciertamente era aquella a quien miró Dios, y bienaventurada la que creyó, porque su fe fué el fruto sublime que produjo en ella la vista de Dios. Pues por un inefable artificio del Espíritu Santo, a tanta humildad se juntó tanta magnanimidad en lo íntimo del corazón virginal de María, para que (como dijimos antes de la integridad y fecundidad) se volvieran igualmente estas dos estrellas más claras por la mutua correspondencia, porque ni su profunda humildad disminuyó su magnanimidad ni su excelsa magnanimidad amenguó su humildad, sino que, siendo en su estimación tan humilde, era no menos magnánima en la creencia de la promesa, de suerte que aunque no se reputaba a sí misma otra cosa que una pequeña sierva, de ningún modo dudaba que había sido escogida para este incomprensible misterio, para este comercio admirable, para este sacramento inescrutable, y creía firmemente que había de ser luego verdadera madre del que es Dios y hombre. 


Tales son los efectos que en los corazones de los escogidos causa la excelencia de la divina gracia, de forma que ni la humildad los hace pusilánimes ni la niagnanimidad arrogantes, sino que estas dos virtudes más bien se ayudan mutuamente, para que no sólo ninguna altivez se introduzca por la magnanimidad, sino que por ella principalmente crezca la humildad;

con esto se vuelven ellos mucho más timoratos y agradecidos al dador de todas las gracias y al propio tiempo evitan que tenga entrada alguna en su alma la pusilanimidad con ocasión de la humildad, porque cuanto menos suele presumir cada uno de su propia virtud, aún en las cosas mínimas, tanto más en cualesquiera cosas grandes confía en la virtud divina.

14. El martirio de la Virgen ciertamente (que entre las estrellas de su diadema, si os acordáis, nombramos la duodécima) está expresado así en la profecía de Simeón como en la historia de la pasión del Señor. 

Está puesto éste, dice Simeón al párvulo Jesús, como blanco, al que contradecirán, y a tu misima alma (decía a María) traspasará la espada. Verdaderamente, ¡oh madre bienaventurada!, traspasó tu alma la espada. Ni pudiera ella penetrar el cuerpo de tu hijo sin traspasarla. Y, ciertamente, después que expiró aquel tu Jesús (de todos, sin duda, pero especialmente tuyo) no tocó su alma la lanza cruel que abrió (no perdonándole aun muerto, a quien ya no podía dañar) su costado, pero traspasó seguramente la tuya. 

Su alma ya no estaba allí, pero la tuya, ciertamente, no se podía de allí arrancar. Tu alma, pues, traspasó la fuerza del dolor, para que no sin razón te prediquemos más que mártir, habiendo sido en ti mayor el afecto de compasión que pudiera ser el sentido de la pasión corporal.


15. ¿Acaso no fue para ti más que espada aquella palabra que traspasaba en la realidad el alma que llegaba hasta la división del alma y del espíritu: Mujer, mira tu hijo? .i Oh trueque! Te entregan a Juan en lugar de Jesús, el siervo en lugar del Señor, el discípulo en lugar del Maestro, el hijo del Zebedeo en lugar del Hijo de Dios, un hombre puro en lugar del Dios verdadero. ¿Cómo no traspasaría tu afectuosísima alma el oír esto, cuando quiebra nuestros pechos, aunque de piedra, aunque de hierro, sola la memoria de ello? No os admiréis, hermanos, de que sea llamada María mártir en el alma. Admírese el que no se acuerde haber oído a Pablo contar entre los mayores crímenes de los gentiles el haber vivido sin tener afecto.

Lejos estuvo esto de las entrañas de María, lejos esté también de sus humildes siervos. Mas acaso dirá alguno: ¿Por ventura no supo anticipadamente que su Hijo había de morir? Sin duda alguna. ¿Por ventura no esperaba que luego había de resucitar? Con la mayor confianza. Y a pesar de esto, ¿se dolió de verle crucificado? Y en gran manera. Por lo demás, ¿quién eres tú, hermano, o qué sabiduría es la tuya, que admiras más a María compaciente que al Hijo de María paciente? El pudo morir en el cuerpo, ¿y María no pudo morir juntamente en el corazón? Realizó aquello una caridad superior a toda otra caridad; también hizo esto una caridad que después de aquélla no tuvo par ni semejante. 

Y ahora, ¡oh Madre de misericordia!, postrada humildemente a tus pies, como la luna, te ruega la Iglesia con devotísimas súplicas que, pues estás constituída mediadora entre ella y el Sol de justicia, por aquel sincerísimo afecto de tu alma le alcances la gracia de que en tu luz llegue a ver la luz de ese resplandeciente Sol, que te amó verdaderamente más que a todas las demás criaturas y te adornó con las más preciosas galas de la gloria, poniendo en tu cabeza la corona de hermosura. 


Llena estás de gracia, llena del celestial rocío, sustentada por el amado y rebosando en delicias. Alimenta hoy, Señora, a tus pobres; los mismos cachorrillos también coman de las migajas que caen de la mesa de su Señor; no sólo al criado de Abrahám, sino también a sus camellos dales de beber de tu copiosa cántara de agua, porque tú eres verdaderamente aquella doncella anticipadamente elegida y preparada para desposarse con el Hijo del Altísimo, el cual es sobre todas cosas Dios bendito por los siglos de los siglos. Amén.

Cor Mariae Immaculatum
intercede pro nobis.

giovedì 28 marzo 2013

Ora sappiamo ...





«Oh! ora Tu ti spieghi. Ora sappiamo ciò che vuoi dire e che Tu sai tutto e rispondi senza che nessuno ti interroghi. Veramente Tu vieni da Dio!».


«Adesso credete? All'ultima ora? È tre anni che vi parlo! Ma già in voi opera il Pane che è Dio e il Vino che è Sangue non venuto da uomo, e vi dà il primo brivido di deificazione. Voi diverrete dèi se sarete perseveranti nel mio amore e nel mio possesso. Non come lo disse Satana ad Adamo ed Eva, ma come Io ve lo dico. È il vero frutto dell'albero del Bene e della Vita. Il Male è vinto in chi se ne pasce, ed è morta la Morte. Chi ne mangia vivrà in eterno e diverrà "dio" nel Regno di Dio. Voi sarete dèi se permarrete in Me. 


Eppure ecco... pur avendo in voi questo Pane e questo Sangue, poiché sta venendo l'ora in cui sarete dispersi, voi ve ne andrete per vostro conto e mi lascerete solo... 

Ma non sono solo. Ho il Padre con Me. Padre, Padre! Non mi abbandonare! Tutto vi ho detto... Per darvi pace. La mia pace. Ancora sarete oppressi. Ma abbiate 
fede. Io ho vinto il mondo».


Gesù si alza, apre le braccia in croce e dice con volto luminoso la sublime preghiera al Padre. Giovanni la riporta integralmente. (Nel suo Vangelo: Giovanni 17).




EXEMPLUM DEDI VOBIS
VIGILATE ET ORATE!

venerdì 7 dicembre 2012

* Novena dell'IMMACOLATA - 9 - : La "Donna" del "Protovangelo" (Genesi 3, 15)




...Gesù empie la piazza della sua voce potente: 

«Uomini di Giuda! Uomini di Betlemme, udite! Udite o voi, donne della terra sacra a Rachele! Udite un che da Davide viene, che perseguitato ha sofferto, che, fatto degno di parlare, parla per darvi luce e conforto. Udite».

La gente cessa di vociare, litigare, comperare, e si affolla.
«È un rabbi!».
«Viene da Gerusalemme certo».
«Chi è?».
«Che bell'uomo!».
«Che voce!».
«Che modi!».
«Eh! se è progenie di Davide!».
«Nostro, allora!».
«Udiamo, udiamo!».
Tutta la piazza è ora contro la scaletta, che pare un pulpito.

«Nella Genesi è detto: (Genesi 3, 14-19) "Io porrò inimicizia fra te e la donna... essa ti schiaccerà il capo e tu la insidierai nel calcagno". E ancora è detto: "Io moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze... e la terra produrrà triboli e spine ". Questa la condanna dell'uomo, della donna e del serpente.

Venuto da lontano a venerare la tomba di Rachele, ho udito nel vento della sera, nella rugiada della notte, nel pianto dell'usignolo al mattino, ripetersi il singhiozzo di Rachele antica (Geremia 31, 15), ripetuto da bocche e bocche di madri di Betlemme nel chiuso dei sepolcri, o nel chiuso dei cuori. Ed ho sentito ruggire il dolore
di Giacobbe nel dolore dei vedovi consorti, senza più sposa perché il dolore l'ha uccisa... Piango con voi. 

Ma udite, fratelli della mia terra. Betlem, terra benedetta, la più piccola delle città di Giuda, ma la più grande agli occhi di Dio e dell'umanità perché culla del Salvatore, come dice Michea (Michea 5, 1), appunto perché tale,
perché destinata ad esser il tabernacolo su cui si sarebbe posata la Gloria di Dio, il Fuoco di Dio, il suo incarnato Amore, ha scatenato l'odio di Satana.
"Porrò inimicizia fra te e la donna. Essa ti terrà sotto il suo piede e tu insidierai il suo calcagno". 

Quale
inimicizia più grande di quella che ha per mèta i figli, il cuore del cuore della donna? 
E quale più forte piede di quello della Madre del Salvatore? 
Ecco perciò che naturale fu la vendetta di Satana vinto, il quale, no, non al calcagno, ma al cuore delle madri, per la Madre, avventò la sua insidia.

Oh! moltiplicati affanni del perdere i figli dopo averli partoriti! Oh! tremendi triboli dell'aver seminato e sudato per la prole, ed esser padre senza più prole! Ma giubila, Betlemme! Il tuo sangue più puro, il sangue
degli innocenti, ha fatto via di fiamma e porpora al Messia...».
La folla, che è andata sempre più rumoreggiando da quando Gesù ha nominato il Salvatore, e poi la Madre dello Stesso, ora ha un più chiaro indizio di agitazione.
«Taci, Maestro» dice Giuda. «E andiamo».
Ma Gesù non lo ascolta. Continua: «...al Messia che la Grazia del Padre-Dio salvò dai tiranni per conservarlo al popolo per sua salvezza e... »
(Da "L'Evangelo..., 74, 7/8)

Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis

venerdì 23 settembre 2011

EVOLUZIONE O CREAZIONE? CAINO è LA CHIAVE DEL MISTERO


 

EVOLUZIONE O CREAZIONE ?
CAINO è LA CHIAVE DEL MISTERO





Quarta edizione

La curatrice

Renza Giacobbi
Via I Novembre, 1
32100 Belluno - ITALIA
Cellulare 348.9598086
E-mail: genesibiblica@libero.it - genebi@tiscali.it




DICHIARAZIONE

Il Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica LUMEN
GENTIUM al cap. 4° dice: “…Egli (Lo Spirito) introduce la Chiesa nella
pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero,
la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e ‘carismatici’, la
abbellisce dei suoi frutti”. (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,5,22).

Nella Costituzione Pastorale GAUDIUM ET SPES al cap. 44 dice:
“…L’esperienza dei secoli passati, il progresso delle scienze, i tesori nascosti
nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più appieno la
natura stessa dell’uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di
vantaggio anche per la Chiesa… È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto
dei pastori e dei teologi, con l’aiuto dello Spirito Santo, di ascoltare
attentamente, discernere e interpretare i vari modi di parlare del nostro
tempo e di saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità
‘rivelata’sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venire
presentata in forma più adatta”.




A Maria Assunta,
la Madre naturale di Gesù
e Madre secondo lo Spirito di tutti i redenti,
Concepita senza alcuna macchia, o tara, del peccato originale,
Colei che è Regina del Cielo e della Terra
e che fu resa da Suo Figlio la Mediatrice di tutte le Grazie,
sempre in lotta contro il ‘demonio’, ma su lui Vittoriosa.




 INTRODUZIONE



di Renza Giacobbi

Quando iniziai il lavoro di riordinare gli scritti di don Guido per adempiere
alla promessa che gli feci di portare a pubblicazione questo testo, mi
sentivo oppressa dalla responsabilità di tale compito. Ma, mano a mano che
procedevo, mi presero una pace, una gioia, un entusiasmo inspiegabili. Mi
rendevo conto che, al di là dei fatti narrati, cambiava il mio modo di pormi
davanti a Dio e al prossimo, perché cambiava la mia prospettiva nel vedere
le cose. La mia fede in Dio diventava fiducia, il mio rapporto con gli altri
diventava comprensione.

Feci leggere questo libro ad alcune persone amiche che, superato lo stupore
per gli argomenti trattati, provavano gli stessi sentimenti e affermavano
che, come ogni Parola di Dio, questa rivelazione guariva le loro ferite
profonde dell’anima: era come se la loro vita fosse giunta ad una svolta
perché il rapporto con se stessi e gli altri non era più lo stesso.

Il Vangelo ci invita ad amare il prossimo. Ma com’è possibile amare
qualcuno che è indisponente o, peggio ancora, una persona senza morale? È
impossibile se non conosciamo cosa c’è dentro la natura dell’uomo e se non
gli diamo delle attenuanti. Freud ha sondato il subconscio e l’inconscio, ma,
come scienziato, è rimasto emotivamente indifferente di fronte alle alterazioni
della psiche.

Con la lettura di questa rivelazione, invece, si arriva alla conoscenza
delle cause profonde del modo di sentire e di comportarsi dell’uomo e il
nostro approccio non rimane più quello dello spettatore, perché nasce in noi
un sentimento di comprensione e di pietà che ci permette di amare anche
ciò che è sgradevole sapendo che di quel comportamento spesso l’uomo
non ha colpa, ma ne è vittima.





Così, cambiando il nostro atteggiamento, vediamo con sorpresa che anche
gli altri di riflesso cambiano il loro nei nostri confronti.

L’amore per il prossimo allora non è più una mèta irraggiungibile, perché
la conoscenza profonda della natura umana ci viene in soccorso ispirandoci
tolleranza e perdono per noi stessi e per gli altri. Questa rivelazione
diventa mezzo di guarigione perché spiega, con la ragione, molti comportamenti
umani inquadrandoli nella loro giusta dimensione e, soprattutto, fa sì
che la guarigione diventi attuabile perché è Dio stesso che se ne fa carico e
a questo scopo ha predisposto i mezzi e gli strumenti, ai quali l’uomo possa
ricorrere.

Non più incomprensioni fra Scienza e Fede

Qual’è il problema di oggi che offusca la verità? Non è solo l’incomprensione
fra Scienza e Fede, ma la crisi stessa della Scienza che, riguardo
all’origine dell’uomo, è divisa in due correnti di pensiero diametralmente
opposte ed inconciliabili: l’evoluzionismo e il creazionismo. Sono inconciliabili
perché, pur dicendo entrambe alcune verità, ciascuna delle due ha dei
limiti negli stessi suoi presupposti, limiti che entrambe non sono in grado di
superare. L’evoluzionismo, credendo di aver trovato la chiave dell’evoluzione
nel ‘caso’, sul quale poi interverrebbero dei fattori successivi come l’ambiente
e la selezione, si è insabbiato da solo quando non può spiegare come
si passi dalla materia al pensiero o come si formino organi complessi come
l’occhio e così via; il creazionismo, d’altro canto, resta incompreso quando
si ostina a prendere alla lettera espressioni della Bibbia che invece vanno
lette con profondo rispetto perché contengono sapienti significati allegorici.

Per cui la scienza, privata di un’etica superiore perché non fa più riferimento
al legittimo Creatore, si sta comportando in modo selvaggio compromettendo
la vita stessa del pianeta e con essa quella dell’umanità.

Tuttavia queste correnti hanno dei meriti: gli evoluzionisti hanno messo
in evidenza la scala biologica delle specie, mentre i creazionisti ridanno a
Dio il Suo ruolo di Creatore e di legittimo Signore della vita.






È chiaro che la verità sta nel superamento di entrambe.

Papa Giovanni Paolo II durante un’intervista fattagli dal prof. Nicola
Cabibbo, fisico e docente all’Università la Sapienza di Roma e presidente
della Pontificia Accademia delle Scienze, dichiarò che non vi è alcun problema
per la Chiesa convenire che esiste ‘un continuo’ fra tutte le specie dalle
cellule primordiali all’uomo, purché Dio mantenga il Suo ruolo di diretto
Creatore. Tuttavia, aggiunge il prof. Cabibbo, nessuno scienziato è stato in
grado finora di dire ‘come’ siano apparse le varie specie e come sia apparso
l’uomo. A ciò ha provveduto il Signore stesso con questa rivelazione.

La terza via: la creazione mediata

Il superamento di queste opposte posizioni può avvenire solo attraverso
nuove conoscenze che aggiungano quel tassello mancante attraverso il
quale tutta la realtà è spiegabile. Questo tassello è contenuto in questa rivelazione.


Questo nuovo elemento, finora mancante, è nell’aver portato a conoscenza
la vera storia dell’uomo, dalla sua origine al pregiudizio che ne seguì
per il cattivo uso della sua libertà che determinò l’involuzione della specie
umana fino a farla scomparire come specie pura per lasciarla sopravvivere
mimetizzata fra le specie inferiori. Solo dopo che l’umanità ebbe toccato il
fondo, iniziò il suo recupero e quella che gli evoluzionisti chiamano evoluzione,
in realtà non è che la sua rievoluzione, che molto meglio andrebbe
definita come “la sua ricostruzione”, sorretta dallo stesso Creatore.

Così gli evoluzionisti, che hanno presente solo quest’ultima fase, possono
dire di aver giustamente compreso lo sviluppo psichico e fisico dell’essere
umano e vengono incoraggiati sul loro studio antropologico, mentre i
creazionisti possono finalmente veder coronata la loro intenzione di dare a
Dio ciò che è di Dio: la creazione dell’uomo e di ogni altra specie.

Questa rivelazione è finalizzata a chiarire con argomenti scientifici, ma
accessibili a tutti, i punti oscuri della Genesi. In sintesi Dio dice che ogni
creazione di una nuova specie è sempre partita da un seme e che mai una
pianta o un animale è stato creato allo stato già sviluppato e adulto come
per magia, sebbene questo Gli sarebbe stato possibile essendo Egli Potenza
Assoluta. Questo principio di iniziare ogni creazione dal seme vale sia per
l’universo che per la vita.

Non spiega come Dio creò la vita biologica ai suoi albori ma, mostrando
come operò per creare il primo Uomo e la prima Donna, suggerisce di
estendere questo principio anche alla creazione di tutte le altre specie.

Quindi, anche il primo Uomo e la prima Donna non furono creati già
adulti, come vorrebbero i creazionisti fondamentalisti, né in via di evoluzione
come vorrebbero gli evoluzionisti, ma vennero creati nella loro prima
cellula e già nella loro perfezione assoluta.

E dove mai avrebbe potuto svilupparsi la vita in embrione se non nel-
l’utero di una femmina di una specie già esistente?

A questo scopo il Signore si servì, come ‘mezzo’ per la creazione del-
l’Uomo e della Donna, di una femmina di una specie ora estinta, quella
degli ancestri (così denominata dal Signore). Perciò questo processo è stato
chiamato ‘creazione mediata’ perché, come dice l’espressione stessa, Dio
ha usato come ‘mezzo’, o supporto, ciò che era già stato creato: regola questa
usata, prima ancora, per la creazione di qualsiasi altra nuova specie. La
sola, ma importantissima, differenza rispetto alla creazione di tutte le altre
specie fu che nella creazione dell’Uomo e della Donna Dio aggiunse, fin
dall’attimo del loro concepimento, un elemento nuovo, il Suo Spirito, così
che essi divennero spiritualmente Suoi Figli.

Quindi l’Uomo deriva, ma ‘non discende’, dalla specie immediatamente
inferiore perché in tutto e per tutto è ‘nuova’creazione non essendo passato
alcun gene dalla specie inferiore a quella superiore. Passò solo il nutrimento.
Ciò non toglie che le due specie, quella umana e quella ancestre, pur
avendo un numero di cromosomi diverso, siano state create con un certo
numero di geni uguali.

Fu l’enorme quantità di specie in progressione di sempre maggior complessità
e perfezione ad indurre in errore gli evoluzionisti che dedussero che
il processo evolutivo fosse spontaneo.

Per quanto concerne i contenuti, il Signore fece vedere a don Guido
come il peccato originale, peccato di disobbedienza, di estrema presunzione
e di autosufficienza commesso dal primo Uomo con la femmina ancestre
dalla quale la specie umana era derivata, inquinò la specie umana perfetta
pregiudicando le generazioni successive. Si determinò quindi una strana situazione:
da un lato si ebbe una discendenza pura e legittima derivata dalla
prima coppia dei Figli di Dio, l’Uomo e la Donna; dall’altro una discendenza
ibrida derivata dallo stesso Uomo e dalla femmina ancestre appartenente
alla specie subumana. Quindi si ebbero due genealogie parallele, una pura
e legittima con tutti i requisiti di perfezione ricevuti da Dio, ed una ibrida e
illegittima che si degradò fino a perdere ogni sembianza umana per mimetizzarsi
fra gli ominidi.

Le novità non sono poi tanto nuove come potrebbero sembrare a prima
vista, perché le due figure femminili, Eva, la femmina ancestre che fu la
partner di Adamo nel peccato originale e che divenne madre di Caino, e
la Donna, la legittima e innocente sposa di Adamo che divenne madre di
Abele e di Set, sono contemplate anche nella antica tradizione ebraica la
quale racconta che furono due le ‘cosiddette mogli’ di Adamo: una, la prima,
Lilith, che generò dèmoni e mostri malvagi, l’altra che generò uomini.

Con il passare del tempo, quando ai Figli di Dio (i discendenti puri di
Adamo) piacquero le più belle delle figlie degli uomini (le femmine dei discendenti
ibridi di Adamo) e le presero in mogli, ossia come schiave concubine
(Gn. 6,2), i due rami genealogici cominciarono a fondersi a spese del
ramo puro che lentamente si assottigliò fino a scomparire definitivamente
come specie pura, assorbito dalla popolazione ibrida. Così i discendenti
ibridi s’inabissarono progressivamente in un’involuzione psicosomatica
che fece perdere loro i requisiti di uomini perfetti per farli sopravvivere allo
stato di ominidi. Pertanto questi uomini ibridi persero non solo il requisito
di Figli di Dio, ma anche lo Spirito di Dio (Gn. 6,3) perché lo Spirito di Dio
non poteva abitare in esseri animaleschi.

Solo dopo che le frange più compromesse furono spazzate via da selezioni
di vario tipo, il Signore iniziò il recupero della specie umana ibrida,
promuovendo un processo di ricostruzione. Alla specie ibrida, cioè discendente
del ramo illegittimo di Adamo, appartiene oggi tutto il genere umano.
I reperti archeologici sono dunque la prova non dell’evoluzione della
specie umana, bensì del suo decadimento e del suo recupero, fenomeni
che spesso si sono intrecciati fra loro. E questo processo di ricostruzione è
ancora in atto.

Quando poi l’umanità rievoluta raggiunse un livello di sufficiente capacità
di intendere e di volere, cioè nella pienezza dei tempi, Dio mandò Suo
Figlio Gesù affinché ridonasse il Suo Spirito a tutti i miti e i giusti della
terra così che, per la Sua obbedienza e mediazione, essi potessero esser
riammessi all’eredità spirituale e potessero esser riaperte loro le porte del-
l’eterna felicità. Perciò, in quanto figli illegittimi, senza la Redenzione ‘non
siamo eredi’ dei beni eterni previsti da Dio per i Suoi Figli legittimi: solo
la Redenzione operata da Cristo può riportare i ‘figli naturali dell’Uomo’
(Adamo) nella condizione di ‘figli adottivi di Dio’.

Questa rivelazione è di una semplicità e di una logica straordinarie,
come lo è del resto ogni cosa che proviene da Dio.

Il Vangelo dice che Gesù, alla fine della Sua missione, disse ai Suoi apostoli:
“Avrei ancora molte cose da dirvi, ma per ora non siete in grado di
portarne il peso” (Gv 16,12). Quindi Gesù sottintendeva che la Rivelazione
rimaneva aperta e che, quando gli uomini fossero stati in grado di ‘portarne
il peso’, cioè di capire correttamente ciò che fosse stato loro rivelato, essa
avrebbe avuto un seguito. Questa rivelazione è un supporto esplicativo di
ciò che è già stato detto nella Genesi mosaica, ampliando dettagli e rispondendo
a quei quesiti che la prima non poteva dare. Se il Signore ha atteso
questi tempi, è perché questa rivelazione, che riguarda principalmente la
genetica, aveva bisogno che la scienza fosse in grado di comprenderne i
passaggi e i contenuti, altrimenti sarebbe stata inutile. Essa è importantissima
perché non solo chiarisce e spiega ciò che nella Genesi è detto ‘in nuce’
sotto forma di metafore o di simboli, ma ci dà quella comprensione che è
indispensabile per capire in profondità il vero significato della Redenzione.

A coloro che obiettano che la rivelazione si è chiusa con l’ultimo
Apostolo perché hanno letto gli ultimi versetti dell’Apocalisse, diremo che,
se fanno bene attenzione, vedranno che questi si riferiscono solo all’Apocalisse.
Nessuno potrà mai limitare la libertà di Dio che, da buon Padre, desidera
avvicinarsi ai Suoi figli attraverso i canali che Egli stesso di volta in
volta sceglie per soddisfare quelle esigenze di conoscenza che proprio Lui
ha stillato nell’uomo. Gesù ha fondato la Sua Chiesa che, pur essendo Una,
si esprime con due funzioni distinte e fondamentali: da un lato la Chiesa gerarchica
è preposta per amministrare la Grazia in tutte le sue forme, dall’altro
la Chiesa carismatica ha la funzione di rendere viva e attuale la Parola
di Dio dandole luce e calore. Queste due funzioni della Chiesa non sono in
concorrenza fra loro, ma sono complementari e si integrano a vicenda.

Il Santo Padre Benedetto XVI, al quale a suo tempo ho fatto pervenire
il libro ‘Genesi biblica’ di don Guido Bortoluzzi, ha successivamente affermato
nelle sue catechesi di fine 2008 che l’evoluzionismo mina in modo
sottile le fondamenta stesse del cristianesimo. Riguardo al ‘peccato originale’,
il 3 dicembre 2008 disse che alla natura originariamente buona dell’uomo
questo peccato “sovrappose una seconda natura” che ha corrotto “biologicamente”
l’umanità e che, ancora “biologicamente”, ossia geneticamente,
si è trasmessa fino ai giorni nostri: esatttamente come si dice in questa rivelazione.
Questo suo intervento sul peccato originale, apre le porte a questa
rivelazione. Nella stessa catachesi il Papa ha ricordato anche la Lettera di

S. Paolo ai Romani nella quale si afferma che “per colpa di ‘un solo’ uomo,
Adamo, il peccato entrò nel mondo (Rm 5,12)...” (ancora in sintonia con la
stessa rivelazione) e che “per i meriti ‘di Uno solo’, Gesù, abbiamo la Vita
(spirituale in Dio) (Rm 6,11)...”. Egli ha ricordato poi che sia il peccato
originale che la Redenzione sono, per i cattolici, dogmi di fede.
Benedetto XVI ha sempre sostenuto che la vera scienza e la fede non
sono in antitesi e auspica che fra esse nasca complementarietà. Ribadisce
che la comparsa di ogni nuova specie è avvenuta per intervento diretto
di Dio Creatore (vedi altre sue catechesi: quella dell’8 e del 10 dicembre
2008). Quindi la dottrina cattolica condivide la scaletta evolutiva fra le specie
proposta dagli evoluzionisti, ma nega l’evoluzione spontanea delle specie
e il sorgere di nuove specie dovuto al caso e alla naturale selezione e dà
a Dio Creatore il giusto ruolo che Gli spetta.

È dunque ragionevole evitare di assumere a priori posizioni negative
di fronte alla rivelazione ricevuta da don Guido, la quale è veramente un
segno della Misericordia di Dio, perché i suoi presupposti sono conformi
al Credo cattolico.

Dice Gesù a Maria Valtorta (vedi i Quaderni del 1944, messaggio dell’8
marzo): “(Prima che finisca quest’epoca) tutto si deve conoscere del simbolismo
biblico che ha inizio sin dalle prime parole della Genesi, e se Io
(Gesù) vi istruisco su un punto finora inspiegato, accogliete il dono e traetene
frutto e non condanna. Non fate come i Giudei del Mio tempo mortale
che vollero chiudere il cuore alle mie istruzioni e, non potendoMi eguagliare
nel comprendere i misteri e le verità soprannaturali, Mi chiamavano
ossesso e bestemmiatore”.

L’esperienza di secoli ci insegna che non basta che una verità non ancora
conosciuta sia verità perché si autoaffermi. La verità ha anche bisogno
di trovare un animo aperto senza preconcetti. E, quando questo avviene, è
necessario, per essere accreditata, che tutti i tasselli razionali s’incastrino
perfettamente e che nessun punto sia in contraddizione con tutti gli altri.

Ho cercato di eseguire questo lavoro con il massimo scrupolo. Dove è
stato possibile ho arricchito il testo con spiegazioni, commenti, descrizioni
più ricche di particolari e di colore, presi da altri scritti di don Guido e da
appunti tratti dalle nostre frequenti lunghe conversazioni con il desiderio di
fare unicamente la Volontà del Signore.

Proporrei un piccolo suggerimento al lettore che, preso dalla curiosità,
potrebbe essere invogliato ad anticipare la lettura di alcuni capitoli. Poiché
questo insegnamento del Signore ha un unico filo conduttore che ha una
logica molto ferrea, se non viene seguito passo-passo, perde molti punti
del suo ragionamento. È come la dimostrazione di un teorema di geometria
che, qualora venga saltato un passaggio, tutto il teorema cade. Ad esempio
la scoperta dell’identità di Eva, fondamentale per la comprensione di tutta
la rivelazione, avviene per gradi ed è giusto seguire il percorso di comprensione
che ha seguito don Guido.

Direi che anche la biografia di don Guido ha molta importanza per capire
come il Signore lo abbia preparato al Suo incontro fin dalla più tenera età.


AMDG et DVM