domenica 31 luglio 2016

Ave Maria (tutte le lingue)

AVE MARIA!

Ave Maria,
 grátia plena; Dóminus tecum:
Benedícta tu in muliéribus,
et benedíctus fructus ventris tui
Iesus
Sancta María, Mater Dei,
ora pro nobis peccatóribus,
nunc et in hora mortis nostræ 
Amen


Ave Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno,
Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.

Ave Maria, grátia plena,
Dóminus tecum.
Benedícta tu in muliéribus,
et benedíctus fructus ventris tui,
Iesus.
Sancta María, Mater Dei,
ora pro nobis peccatóribus,
nunc et in hora mortis nostræ. 
Amen.

Greco – Greek Ave Maria:
Χαίρε, Μαρία, κεχαριτωμένη
οΚύριοςμετάΣου,
ευλογημένηΣυενγυναιξί,
καιευλογημένοςοκαρπός
τηςκοιλίαςΣου, οΙησούς.
ΑγίαΜαρία, Θεοτόκε,
πρέσβευευπέρημώντωναμαρτωλών,
νυνκαιεντηώρατουθανάτουημών,
Αμήν.


Greco versione maiuscola: 
ΧΑΙΡΕΜΑΡΙΑΚΕΧΑΡΙΤΩΜΕΝΗ,
ΟΚΥΡΙΟΣΜΣΤΑΣΟΥ
ΣΥΕΙΣΑΙΣΥΛΟΓΗΜΕΝΗΑΝΑΜΕΣΟΝΕΙΣΤΑΣΓΥΝΑΙΚΑΣ
ΚΑΙΕΥΛΟΓΗΜΕΝΟΣΟΚΑΡΠΟΣΤΗΣΚΟΙΛΙΑΣΣΟΥΟ 'ΙΗΣΟΥΣ.
'ΑΥΙΑΜΑΡΙΑ, ΜΗΤΕΡΤΟΥΘΕΟΥ,
ΠΑΡΑΚΑΛΕΙΔΙ' ΗΜΑΣΤΟΥΣΑΜΑΡΤΩΛΟΥΣ,
ΤΩΡΑΚΑΙΕΙΣΤΗΝΩΡΑΝΤΟΥΘΑΝΑΤΟΥΜΑΣ. 'ΑΜΗΝ.

Greco traslitterato con pronuncia moderna:
Kaire Maria, kechairetomene,
ho kurios meta su.
Eulogemene sou en gunaixi
kai eulogemenos ho karpos
tes koilias sou, o Iesous.
Hagia Maria, meter Theou,
proseuche uper umon ton hamartolon,
nun kai en te ore tou thanatou umon. Amin.


Inglese – English Ave Maria:
Hail Mary, full of grace,
the Lord is with thee.
Blessed art thou among women,
and blessed is the fruit of thy womb, Jesus.
Holy Mary, Mother of God,
pray for us sinners,
now and at the hour of our death.


Francese – French Ave Maria:
Je vous salue, Marie pleine de grâces,
le Seigneur est avec vous.
Vous êtes bénie entre toutes les femmes
et Jésus, le fruit de vos entrailles, est béni.
Sainte Marie, Mère de Dieu,
priez pour nous pauvres pécheurs,
maintenant et à l'heure de notre mort. Amen.



Spagnolo – Spanish Ave Maria:
Dios te salve, María, llena eres de gracia,
el Señor es contigo.
Bendita tú eres entre todas las mujeres,
y bendito es el fruto de tu vientre, Jesús.
Santa María, Madre de Dios,
ruega por nosotros pecadores,
ahora y en la hora de nuestra muerte. Amén.



Tedesco – German Ave Maria:
Gegrüßet seist du, Maria, voll der Gnade,
der Herr ist mit dir.
Du bist gebenedeit unter den Frauen,
und gebenedeit ist die Frucht deines Leibes, Jesus.
Heilige Maria, Mutter Gottes,
bitte für uns Sünder
jetzt und in der Stunde unseres Todes. Amen.


Olandese – Dutch: Ave Maria:
Wees gegroet, Maria, vol van genade.
de Heer is met u.
Gij zijt de gezegende onder de vrouwen,
en gezegend is Jezus, de vrucht van uw schoot.
Heilige Maria, Moeder van God.
bid voor ons zondaars,
nu en in het uur van onze dood. Amen.


Portoghese – Portugues: Ave Maria:
Avé Maria, cheia de graça,
o Senhor é convosco.
Bendita sois vós entre as mulheres,
e bendito é o fruto do vosso ventre, Jesus.
Santa Maria, Mãe de Deus,
rogai por nós pecadores,
agora e na hora da nossa morte. Amen.



Gaelico - Irish Gaelic Ave Maria:
Sé do bheatha, a Mhuire, atá lán de ghrásta,
tá an Tiarna leat.
Is beannaithe thú idir mná
agus is beannaithe toradh do bhroinne, Íosa.
A Naomh Mhuire, a Mháthair Dé,
guigh orainn na peacaigh,
anois agus ar uair ár mbáis. Amen.


Salut, Vierge digne de Dieu!

 Je vous salue, Marie pleine de grâces

LE PETIT PSAUTIER DE LA VIERGE




Salut, ô Vierge, arbre de vie, qui, toujours fidèle au voeu de votre coeur, avez donné au monde un fruit digne de louanges éternelles!

Salut, vous que les rois et les reines de la terre vénèrent en tout temps, vous la Reine des siècles, la dominatrice des royaumes et des rois !

Salut, fille de David, fille pleine de justice! Rendez le ciel propice à nos vœux, afin que nous puissions goûter les biens vivifiants du Seigneur.

Salut, Vierge digne de Dieu! veillez sur ceux qui vous servent; gravez sur eux la lumière de votre front et la splendeur de la face de Dieu.

Salut, Mère unique entre les mères! Ombragée du bouclier de Dieu , vous avez conçu le Rédempteur du monde, et sa naissance vous laissa pure et sans tache.

Salut, ô Vierge dont la beauté changea en amour l'indignation du Créateur, et dont les voeux mirent un terme à sa colère!

Salut, ô Vierge que le Sauveur a trouvée en tout digne de louange, lui que la nuit de l’erreur ne saurait égarer, lui qui sonde nos coeurs et scrute le secret de nos pensées!

Salut, ô Vierge comblée de biens, riche des dons de la grâce, ouvrage ineffable et glorieux de la main du Seigneur!

Salut, Vierge avant et après avoir conçu ! Combattez en tout temps pour ma défense; que mon ennemi prenne la fuite et qu'il se tienne toujours loin de moi.

Salut, porte de la liberté, demeure de la Trinité suprême, temple auguste du Seigneur, ressource et exemple du monde!


UN DULCE INOLVIDABLE: L'Imbollita di Fichi

L'imbollita di fichi dell'Isola d'Elba



L'Imbollita di Fichi e il panficato sono i dolci più antichi dell'Isola d'Elba.
Il Panficato tradizionalmente veniva mangiato tutti i giorni ma durante la liberazione quando gli americani portarono il cioccolato fondente, questo venne utilizzato per modificare la ricetta del panficato, facendolo diventare un dolce natalizio.
L'imbollita di fichi è un dolce fatto con ingredienti semplici e facilmente reperibili nelle campagne all’Isola d’Elba: fichi, semi di finocchio e miele, ma molto energetici

Ingredienti

500 gr di fichi, acqua, vino liquoroso, miele, mezza bustina di lievito, 800 gr di farina bianca, semi di anice, scorza d'arancia.

Preparazione

In poca acqua bollente versare i fichi tagliati a pezzetti e lasciar ammollare a fuoco spento. L'acqua deve appena ricoprirli.
Preparare sulla spianatoia 500 gr di farina e unire i fichi ancora caldissimi, il lievito, il miele e una manciata di semi di anice, aggiungere inoltre un goccio di liquore, la scorza d'arancia tagliata a pezzettini e un pizzico di sale.
Impregnare con l'acqua calda dove sono stati ammollati i fichi e formare l'impasto aggiungendo la farina necessaria affinché risulti consistente ma morbido.
Lavorare bene e formare delle micchette di forma allungata.
Infornare a forno caldo e lasciar cuocere 45-50 minuti.Foto Elbamagna
AMDG et BVM

Papa Benedetto XVI ci insegna a leggere i fatti della vita nella prospettiva della fede

DE EN ES FR HR IT PT ]
BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 7 marzo 2010
  
Cari fratelli e sorelle,

la liturgia di questa terza domenica di Quaresima ci presenta il tema della conversione. Nella prima lettura, tratta dal Libro dell’Esodo, Mosè, mentre pascola il gregge, vede un roveto in fiamme, che non si consuma. Si avvicina per osservare questo prodigio, quando una voce lo chiama per nome e, invitandolo a prendere coscienza della sua indegnità, gli comanda di togliersi i sandali, perché quel luogo è santo. “Io sono il Dio di tuo padre – gli dice la voce – il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”; e aggiunge: “Io sono Colui che sono!” (Es 3,6a.14). 

Dio si manifesta in diversi modi anche nella vita di ciascuno di noi. Per poter riconoscere la sua presenza è però necessario che ci accostiamo a lui consapevoli della nostra miseria e con profondo rispetto. Diversamente ci rendiamo incapaci di incontrarlo e di entrare in comunione con Lui. Come scrive l’apostolo Paolo, anche questa vicenda è raccontata per nostro ammonimento: essa ci ricorda che Dio si rivela non a quanti sono pervasi da sufficienza e leggerezza, ma a chi è povero ed umile davanti a Lui.

Nel brano del Vangelo odierno, Gesù viene interpellato circa alcuni fatti luttuosi: l’uccisione, all’interno del tempio, di alcuni Galilei per ordine di Ponzio Pilato e il crollo di una torre su alcuni passanti (cfr Lc 13,1-5). 
Di fronte alla facile conclusione di considerare il male come effetto della punizione divina, Gesù restituisce la vera immagine di Dio, che è buono e non può volere il male, e mettendo in guardia dal pensare che le sventure siano l’effetto immediato delle colpe personali di chi le subisce, afferma: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,2-3). 

Gesù invita a fare una lettura diversa di quei fatti, collocandoli nella prospettiva della conversione: le sventure, gli eventi luttuosi, non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio, e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare la vita. 

Di fronte al peccato, Dio si rivela pieno di misericordia e non manca di richiamare i peccatori ad evitare il male, a crescere nel suo amore e ad aiutare concretamente il prossimo in necessità, per vivere la gioia della grazia e non andare incontro alla morte eterna. 

Ma la possibilità di conversione esige che impariamo a leggere i fatti della vita nella prospettiva della fede, animati cioè dal santo timore di Dio. In presenza di sofferenze e lutti, vera saggezza è lasciarsi interpellare dalla precarietà dell’esistenza e leggere la storia umana con gli occhi di Dio, il quale, volendo sempre e solo il bene dei suoi figli, per un disegno imperscrutabile del suo amore, talora permette che siano provati dal dolore per condurli a un bene più grande.

Cari amici, preghiamo Maria Santissima, che ci accompagna nell’itinerario quaresimale, affinché aiuti ogni cristiano a ritornare al Signore con tutto il cuore. Sostenga la nostra decisione ferma di rinunciare al male e di accettare con fede la volontà di Dio nella nostra vita.

AVE MARIA

Estáis en la Barca...


COMO MI PROFETA 
ANUNCIA Y DENUNCIA LO QUE 
MIS PREDILECTOS CALLAN 

 28-6-2016 

Mi buen Jesús, Tú que todo lo sabes y todo lo ves y nada queda oculto a Tus ojos, descúbrenos Tus Caminos, Guíanos en la Verdad porque el mal se disfraza de bien para seguir engañando las almas, y en la confusión se alejen del Verdadero camino y la salvación. 

Apiádate de nosotros, de Tu Iglesia y nuestro Vicario Benedicto XVI, levanta Tu brazo de poder y ven a Salvarnos, para que la confusión no siga creciendo, y los que buscamos sostenernos en la Fidelidad no nos desalentemos en medio de tantas pruebas y las trampas de nuestros enemigos. Amén. 

 --- 

Estáis en la Barca que, agitada por la tempestad, pareciera hundirse, pero en verdad os digo que en medio de la tempestad, Yo estoy con vosotros, no temáis. 

Benedicto está rodeado de lobos, controlado y vigilado por la masonería dentro del mismo Vaticano, obligado a hablar por las fuerzas del mal, que lo aprisionan para seguir engañando a las almas y confundir a los que Me guardan fidelidad. 

Ahora triunfa el mal aparentemente, mas no por mucho tiempo, porque a Mi Voz de Mando MI VICARIO SE LEVANTARÁ CON FUERZA Y PODER, QUE LE DARÁ COMO UN SOPLO DIVINO EL ESPÍRITU SANTO, EL ESPÍRITU DE LA VERDAD, PARA ANUNCIAR Y DENUNCIAR todos los crímenes de Mi Iglesia, la que me es infiel y se prostituye, la falsa iglesia que lleva Francisco, EL FALSO PROFETA, EL SERVIDOR DEL DIABLO Y ANTICRISTO. 

Vosotros, Mis verdaderos testigos, Mis Apóstoles y Discípulos, no os desaniméis, ni tengáis miedo en medio de la tempestad, seguid adelante cumpliendo Mis deseos, atendiendo Mis llamados, y luchando con fe, cada día, los combates espirituales que os dan Mis enemigos, todos los seguidores de Francisco, todos los que están en la falsa Iglesia. Os dije que vuestra mejor batalla y la victoria es vuestra obediencia a Mí, Vuestro Dios, vuestra fidelidad, escuchando y recibiendo los Mensajes Divinos a través de Mis profetas y enviados, que la falsa Iglesia quieren callar, y rechazan toda revelación dada a Mis mensajeros y profetas de estos tiempos. 

Vuestra mayor protección es EL SANTO SACRIFICIO DEL ALTAR, VUESTRA MISA ESPIRITUAL, EN HUMILDAD, EN LA SOLEDAD, EN ESE ENCUENTRO íntimo de cada alma Conmigo, Su Dios y Señor. Ya que es la Santa Misa que me agrada, y en la que Me hago presente para derramar Gracias y Bendiciones, hacedla unidos a Benedicto XVI, ofrecedlo todo por Él y por vosotros, Su rebaño, Mis pequeños corderitos, que sois mansos y humildes de corazón. 

Con esto estaréis siempre protegidos aun cuando sintáis los ataques del enemigo, que serán muchos y se multiplicarán en estos tiempos; pero no desconfiéis: con vuestras comuniones espirituales y vuestros sufrimientos del alma, por estar ya en el desierto, ayudaréis a Benedicto a levantarse con firmeza en defensa de su Rebaño, porque las fuerzas del mal están actuando sin descanso, buscando atacar mi obra. 

Vosotros, los que sois el Rebaño Fiel, los que en verdad me amáis, no seáis tibios, porque a los tibios Yo los vomito de Mi Boca; cuando mayor sea el número de almas y sacerdotes unidos a MI VERDADERO VICARIO BENEDICTO XVI, más se acortará el tiempo en que llegue EL TRIUNFO DE MI IGLESIA, el triunfo que llega con la Cruz; la Cruz pesada es para Benedicto, y él sabe bien que ya llega su hora, mas el verdadero Pastor da la vida por sus ovejas. No hay triunfo sin Cruz, no hay victoria sin Cruz. 

¡Ay de aquellos sacerdotes que callan la Verdad y oprimen a Mi Iglesia, persiguiendo a Mis Verdaderos Apóstoles y Discípulos! ¡Ay de aquellos hipócritas que dicen conocer mi ley y servirme, porque el día de Mi Cólera llega pronto, y como ladrón en la noche os sorprenderá y serán juzgados severamente! 

¡Ay de vosotros pastores que dejasteis extraviar a las ovejas del rebaño, porque el día que seáis juzgados os pediré cuentas de esas almas que se extraviaron y se perdieron por vuestra causa e infidelidad! 

¡Ay de vosotros pastores de Mi Iglesia, que sois como los escribas y los fariseos de aquellos tiempos, conocedores de la ley pero incapaces de cumplirla! Vosotros mismos no veis los signos de los tiempos ni preparáis a las almas a Mi encuentro, dudáis de Mi Palabra y buscáis ponerme a prueba. ¡Con qué dureza seréis tratados en el día del juicio, porque sois duros de corazón, soberbios y orgullosos, pretendéis tener todo el Conocimiento Divino, pero os digo que, en verdad, no Me conocéis! 

Yo no he venido por todos, he venido por unos cuántos, por los que Mi Padre me ha dado y YO HE COMPRADO CON MI SANGRE DERRAMADA, MURIENDO EN LA CRUZ, UN RESTO FIEL, un pequeño Resto Fiel que se salvará, porque en verdad os digo que no todos sois hijos de Mi Padre e hijos de la Luz. Los que están con el verdadero Vicario, Benedicto XVI, sois hijos de la Luz e hijos de Mi Padre, porque abrazáis la Cruz y os laváis con mi Sangre Redentora; mas los que están con Francisco y siguen al falso papa, son hijos de la mentira, del engaño, tenéis como padre al príncipe de este mundo, y sois seguidores de satanás, porque amáis la mentira y el engaño, y rechazáis la Luz de Cristo. 

La persecución se incrementará contra todos MIS TESTIGOS, LOS QUE EN VERDAD ESTÁN CONMIGO Y ME AMAN, PORQUE VOSOTROS SOIS TESTIGOS DE LA VERDAD, anunciáis la Verdad y denunciáis la mentira. Muchos son tibios, ni fríos ni calientes, y a esos los vomito de Mi Boca. 

No se puede servir a dos amos: o se está Conmigo, o se está en contra Mía. Esto es en la falsa Iglesia: el que la guía y sus seguidores, están en contra Mia, porque detestan la verdad y van tras todos los placeres del mundo. 

Pedid la intercesión de vuestros hermanos los santos, acudid a la Iglesia Triunfante para combatir esta batalla, porque como nunca antes se ha visto será esta batalla espiritual, que ya ha comenzado. Todas las fuerzas del mal están actuando, todos los espíritus malignos, demonios desencarnados y encarnados, os combaten a diario. Permaneced en estado de Gracia, ésa es la derrota contra todo demonio y espíritu maligno. 

Guardaos en Mi Paz y en comunión con Benedicto XVI. Aguardad la hora y el día. 

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Jesús: cuida Tú mismo de Nuestro Vicario, EL PAPA BENEDCITO XVI, hasta que llegue el día y la hora que sólo Nuestro Padre del cielo ha determinado para la Iglesia. Que nuestros hermanos, los santos, nos ayuden en este combate espiritual para mantenernos Firmes y Fieles, para ser ese pequeño Resto Fiel, ovejas del rebaño de Benedicto XVI, Vicario de Cristo y su Iglesia. Amen.


Dominica XI Post Pentecostes

Dominica XI Post Pentecostes ~ II. classis
Divinum Officium  Rubrics 1960

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Commune SanctorumProprium Sanctorum

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La prima forma di predicazione

IL BUON ESEMPIO


"Sii esempio ai fedeli", dice San Paolo al suo discepolo Timoteo (I Tim. 4,12). "Offri te stesso come esempio in tutto", dice a Tito (Tit. 2,7). 


Scrive San Giovanni Crisostomo che l'anima del sacerdote dev'essere più pura dei raggi del sole (De Sacerdotio lib. VI, cap. 2). 

Scrive anche che i vizi di un sacerdote non possono restare nascosti e quando fossero poca cosa si rivelano molto presto: "Ne utiquam possunt sacerdotum vitia latere, sed etiam exigua cito conspicua sunt" (Ibid. lib. III, cap. 14). 

Senza il buon esempio il sacerdote non può né agire, né parlare utilmente per le anime. Egli deve avere il diritto d'insegnare agli altri. 

San Gregorio Nazianzeno non pensava altrimenti quando diceva: "Prima di purificare bisogna essere purificati e prima d'insegnare la sapienza bisogna averla acquistata. Prima di rischiarare bisogna diventare luminosi; prima di condurre gli altri a Dio bisogna esserne vicini noi stessi e prima di santificare, bisogna essere santo" (Oratio I o II). 

Il sacerdote non saprà mai insegnare le virtù che non possiede e non riuscirà a far praticare il bene ch'egli non avrà praticato. L'esempio è la prima forma di predicazione e senza questa non servirà a nulla tutta l'eloquenza di questo mondo: "Bronzo che risuona o un cembalo che tintinna".
San Girolamo suppone il caso di un sacerdote che avesse intorno a sé dei fedeli virtuosi senza essere virtuoso egli stesso, o meno di coloro che devono imparare da lui e nettamente afferma che un sacerdote così fatto è la distruzione, la rovina della Chiesa, e una rovina violenta: "Vehementer enim Ecclesiam Dei destruit meliores esse laicos quam clericos". 

È facile cogliere la ragione di questo detto. I fedeli non trovando nei loro pastori ciò di cui hanno bisogno per progredire nelle virtù e anche per preservarsi, andranno verso il declino che sarà tanto più rapido quanto il pastore sarà meno atto a sostenerli là dov'essi avrebbero potuto spiccare il volo. 

L'esempio è perciò necessario e dev'essere tanto più perfetto quando si devono istruire delle anime più perfette.

AMDG et BVM

sabato 30 luglio 2016

Dom Emmanuel Andrè, «Sacerdozio e ministero»




COME SI PROPAGA IL MALE PRESENTE


La sorgente del male, l’abbiamo detto, è il peccato originale. Questa sorgente, pero, è segretissima, e proprio dal segreto che l’avvolge trae maggior facilità per propagare i suoi veleni.

Il peccato originale è poco conosciuto, e spesso mal conosciuto. Poiché ha gettato le anime nell’ignoranza, sembra impegnarsi a nascondere soprattutto la sua malizia che essenzialmente consiste in due cose: la perdita della giustizia originale e il deterioramento della natura: ma oggi, pur ammettendo la perdita della giustizia originale, si vorrebbe tuttavia non riconoscere che la natura è stata deteriorata.

Questa conoscenza così monca del peccato originale lascia campo libero ad una folla di errori, ed è assolutamente impotente nella salvezza di alcunché, seguendo la massima assai conosciuta: «Bonum ex integra causa: malum ex quocunque defectu».

Da questo non saper e non voler riconoscere il deterioramento della natura causato dal peccato originale derivano conseguenze funestissime.
La natura diventa orgogliosa di sé stessa nonostante la solenne espressione dell’Apostolo: «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto» (1 Cor. 4,7).

La natura, essendosi fetta cieca sul suo male, è portata ad abusare del suo proprio bene. Ne abusa col farsene una arma contro Dio e nello stesso tempo per ferire sé stessa con nuove ferite. Possiede la ragione, la libertà e i sensi e ne abusa. La sua insolente rivolta contro Dio l’imprigiona nel naturalismo; e con uno strascico di inevitabili conseguenze la sua ragione sprofonda nel razionalismo, la sua libertà nel liberalismo e i suoi sensi nella sensualità.

Eppure dopo tutte queste spaventose conquiste nel male, la natura, essendo rimasta insoddisfatta, si volta contro il Salvatore; nega la sua divinità, l’umanità, la grazia, la sua Chiesa, per finire col negare tutto. Poi dice a se stessa come l’antica Babilonia: «Io e nessuno fuori di me» (Is. 48,8).

È vero che il male non è grande in tutte le anime; ma negli stessi credenti le verità sono singolarmente diminuite. Esiste per essi un naturalismo addolcito che non si preoccupa di esser elevato a dogma, ma che si contenta perfettamente di esser accettato come dottrina pratica. C’è un razionalismo mitigato che non condanna la fede, ma che spesso si riserva il diritto di giudicarla; c’è anche un liberalismo cattolico; e benché non si sia ancora osato di pronunciare il nome di un sensualismo cattolico, si deve tuttavia ammettere che il sensualismo ha già invaso molte anime cattoliche nelle quali la vita sensuale è giunta a soffocare la conoscenza della stessa mortificazione cristiana, senza la quale, pero, secondo la testimonianza dell’Apostolo non esiste la vita davanti a Dio: «Poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del vostro corpo, vivrete» (Rm. 8,13).

Qui bisogna sottolineare un fatto capitale sul quale il razionalismo ha singolarmente falsificata le idee delle stesse anime buone. Se si studiassero gli autori che hanno trattato della grazia fino al secolo XV o XVI e si confrontassero con essi gli autori dei tempi moderni, si potrebbe osservare che esiste tra loro una differenza considerevole. In quella si riconosce in tutta la sua potenza la grazia medicinale del Redentore, la gratuità e l’efficacia. Nei moderni, invece, l’efficacia della grazia per lo più è attribuita alla volontà della creatura mentre anticamente la si considerava come un dono della stessa grazia. Riteniamo perciò che gli uomini, anche quelli cristiani, del nostro tempo non sono in grado di leggere il trattato di San Bernardo: «De gratia et libero arbitrio» senza smarrirsi, e, forse, senza scandalizzarsi. L’Abate Rohrbacher non ha forse scritto che San Bernardo non seppe fare distinzione della natura e della grazia? Voi pigmei del secolo XIX, voi avete scritto ciò riguardo San Bernardo; voi avete scritto lo stesso di Sant’Agostino.

I piccoli uomini del tempo presente non hanno ricevuto dalla grazia le percezioni che ricevettero gli antichi, perciò non ritengono di aver tanta necessità di pregare per chiedere, ottenere e conservare la grazia. Che cos’è la preghiera oggi? Dove le anime che pregano? Non è forse vero che la maggior parte dei cristiani che ancora pregano fanno consistere la preghiera nella recita di formule? Oh quanto sono lontani dal cristianesimo di nostro Signore e dei suoi Apostoli che è spirito e vita!

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quarta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quarta (a cura di Gemma)


Gemma ha preparato per noi la quarta parte della biografia del Santo Padre, Benedetto XVI.
A nome del blog ringrazio di cuore Gemma per il costante e prezioso lavoro :-)

Raffaella

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte prima

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte seconda

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte terza

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quinta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte sesta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte settima (a cura di Gemma)

Il Papa ricorda la sua giovinezza: "Nella biografia della mia vita - nella biografia del mio cuore, se così posso dire - la città di Frisinga ha un ruolo molto speciale. In essa ho ricevuto la formazione che da allora caratterizza la mia vita. Così, in qualche modo questa città è sempre presente in me e io in lei" (Commovente discorso in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Frisinga, 16 gennaio 2010)

Ratzinger: "Il mio Concilio: ricordi dell'attuale Pontefice" (Reset e Repubblica) 

Norbert Trippen: "Joseph Ratzinger, il cardinale Frings e il Concilio Vaticano II" (Osservatore Romano) 

Joseph Ratzinger presenta se stesso: discorso di Presentazione alla Pontificia Accademia delle Scienze 

Intervista esclusiva di Andrea Tornielli a Mons. Georg Ratzinger: "Mio fratello Papa Ratzinger (che voleva fare l'imbianchino)" 

Conferenza stampa di presentazione del 1° volume dell'Opera Omnia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI in edizione tedesca 

Il 15 aprile 1959, Joseph Ratzinger comincia le lezioni come professore ordinario di Teologia fondamentale all’Università di Bonn, come lui stesso racconta ne “La mia vita”: “davanti ad un vasto uditorio che accolse con entusiasmo l’accento nuovo che credeva di scorgere in me …il primo trimestre resta un ricordo grandioso, come una festa di primo amore”.

In quel periodo, trova alloggio nel convitto teologico Albertinum, prima di trasferirsi in un appartamento a Bad Godesberg, ed è entusiasta sia della città che del variegato ambiente accademico (“l’incontro con studenti e professori di tutte le facoltà mi entusiasmavano e mi ispiravano”).
Il paesaggio, anche culturale, è del tutto diverso rispetto alla Baviera (“di notte udivo i battelli sul Reno, che scorre accanto all’Albertinum. Il grande fiume, con la sua navigazione internazionale, mi dava un senso di apertura e di grandezza di orizzonti, di un dialogo tra le culture e le nazioni che da secoli qui si incontrano tra loro, in uno scambio reciprocamente fecondo e innovatore”).
Colonia è vicina, intorno c’è tutta una serie di seminari teologici, alcuni con biblioteche curate e da ogni parte provengono stimoli. Risale a quel periodo, la formazione di un gruppo di studenti interessati, con cui da allora prende l’abitudine di intrattenere colloqui regolari, proseguiti fino al 1993, con partecipanti sempre nuovi.

Come riportato da una biografia sulla rivista 30 giorni (marzo 2006): «Era l’inizio del semestre invernale 1959-60. Nell’aula 11 dell’Università, piena di studenti, si aprì la porta ed entrò un giovane sacerdote, che a prima vista poteva sembrare il secondo o il terzo vicario di qualche grossa parrocchia di città. Era il nostro ordinario di Teologia fondamentale, e aveva 32 anni».

Così l’allora studente Horst Ferdinand, scomparso due anni fa dopo una vita trascorsa tra gli uffici amministrativi del Parlamento federale e le sedi diplomatiche tedesche, appuntava nel suo inedito manoscritto di memorie l’incipit in punta di piedi della carriera universitaria di Joseph Ratzinger .
Tutti i suoi allievi di allora ricordano bene il passaparola studentesco che faceva accalcare alle lezioni di quell’enfant prodige teologo.
Racconta lo studioso di giudaismo Peter Kuhn, che diverrà assistente del professor Ratzinger negli anni d’insegnamento a Tubinga e Ratisbona: «Io allora ero un ventenne luterano. Frequentavo la Facoltà teologica evangelica, dopo aver seguito a Basilea le lezioni di Karl Barth, conobbi il bavarese Vinzenz Pfnür, che aveva seguito Ratzinger addirittura da Frisinga. Lui mi disseguarda che abbiamo un professore interessante, vale la pena di sentirlo. Al primo seminario, pensai subito: quest’uomo non è proprio come gli altri professori cattolici che conosco».
Scrive ancora Horst Ferdinand nel suo manoscritto: «Le lezioni erano preparate al millimetro. Lui le teneva parafrasando il testo che aveva preparato con formulazioni che a volte sembravano costruirsi come un mosaico, con una ricchezza d’immagini che mi ricordava Romano Guardini.
In alcune lezioni, come nelle pause di un concerto, si sarebbe potuto sentire un ago cadere per terra».
Aggiunge il redentorista Viktor Hahn, che diventerà il primo allievo ad “addottorarsi” con Ratzinger: «La sala era sempre stracolma, gli studenti lo adoravano.
Aveva un linguaggio bello e semplice. Il linguaggio di un credente».
Nel semestre invernale 1959-60 il corso è dedicato a “Natura e realtà della Rivelazione”.
Il semestre successivo, il titolo del corso è “La dottrina della Chiesa”.
Nel semestre estivo del 1961 toccherà a “Problemi filosofico-religiosi nelle Confessioni di sant’Agostino”… Confida Roman Angulanza, uno dei primi studenti dei tempi di Bonn: «Aveva come riformulato il modo di fare lezione. Leggeva le lezioni in cucina a sua sorella Maria, che era una persona intelligente ma non aveva studiato teologia. E se la sorella manifestava il suo gradimento, era per lui il segno che la lezione andava bene».
Aggiunge il novantaduenne professor Alfred Läpple, che è stato prefetto di Ratzinger al seminario di Frisinga: «Joseph diceva sempre: mentre fai lezione, il massimo è quando gli studenti lasciano da parte la penna e ti stanno a sentire. Finché continuano a prendere appunti su quello che dici vuol dire che non li hai colpiti. Ma quando lasciano cadere la penna e ti guardano mentre parli, allora vuol dire che forse hai toccato il loro cuore. Lui voleva parlare al cuore degli studenti. Non gli interessava solo aumentare le loro conoscenze. Diceva che le cose importanti del cristianesimo si imparano solo se scaldano il cuore»
E’ in lui forte il gusto di riscoprire la Tradizione leggendo i Padri con grande apertura alle domande e ai fermenti del pensiero teologico di quegli anni.
Sempre a 30 giorni, conferma Peter Kuhn: «La maggior parte degli altri professori, al suo confronto, apparivano rigidi e anchilosati, chiusi nei loro schemi, soprattutto verso gli evangelici. Lui affrontava tutte le questioni senza timore. Non aveva paura di spingersi al largo, mentre altri professori non uscivano mai fuori dai binari di una pedissequa autocelebrazione».
Come racconta Bernard Lecomte nel suo libro (Benedetto XVI l’ultimo papa europeo), i luterani sono numerosi a Bonn, dove l’ecumenismo è vissuto con naturalezza come vicinanza tra cattolici e protestanti, mentre gli ortodossi sono rari.
Il professor Ratzinger ha tra i suoi allievi un giovane teologo di nome Damaskinos Papandreou, figlio di un pope, che gli fa scoprire con l’ortodossia un altro versante, meno noto, dell’ecumenismo.
Ratzinger, appassionato dell’argomento, approfondirà questo rapporto originale che in seguito definirà addirittura una svolta nella sua vita”; è il 1998, a Ginevra, durante una serata privata per il sessantesimo compleanno del suo ex alunno diventato il reverendissimo mons. Damaskinos, metropolita ortodosso della Svizzera.
Quella sera Ratzinger, commosso, rivela di aver sempre portato al collo una croce donatagli dall’allora suo studente, una croce che “ lo avvicina fisicamente all’ortodossia”.
Tra le personalità che incontra in quel periodo: il grande storico della Chiesa Hubert Jedin, che secondo alcuni studenti di allora sarebbe stato il patrocinatore della chiamata di Ratzinger a Bonn, divenuto suo amico personale fino alla morte, avvenuta nel 1980; lo storico dei dogmi Theodor Klauser, la star della Facoltà, sempre elegante, che gira in città con la sua Mercedes fiammante (Ratzinger usa i mezzi pubblici o va a piedi, lo si riconosce da lontano per il suo immancabile basco, che lui stesso chiama con ironia «il mio elmo della prontezza»), l’altro dogmatico bavarese Johann Auer, che Ratzinger incontrerà di nuovo come collega negli anni di insegnamento a Ratisbona. Intorno al professore inizia a formarsi anche un piccolo cenacolo di studenti: Pfnür, Angulanza e pochi altri. La domenica, Ratzinger li invita a pranzo nella sua villetta sulla Wurzerstrasse di Bad Godesberg, dove si è trasferito dopo aver lasciato l’iniziale sistemazione presso il convitto teologico Albertinum. Con lui vive la sorella Maria, che è anche una brava cuoca. Qualche volta anche Auer partecipa a questi convivi bavaresi. A Bonn Ratzinger arruola anche il suo primo assistente:
Werner Böckenförde, scomparso due anni fa. Un münsteriano dalla personalità forte che a volte dà l’impressione di voler “dirigere” il suo professore.
Spiega Angulanza: «Böckenförde stimava Ratzinger come teologo, ma era più interessato ai processi e ai fatti di tipo politico-ecclesiastico, che giudicava in maniera molto critica. Il rapporto tra i due era formalmente corretto, ma non familiare». 

In quel periodo strige amicizia con Sophronius Clasen, specialista francescano di studi bonaventuriani ; conosce il teologo moralista Schollgen; lo studioso ebraico, Charles Horowitz, che teneva seminari presso la Facoltà teologica evangelica; Heinrich Schlier , grande esegeta luterano convertitosi al cattolicesimo che in seguito sarà ospite anche dei periodici raduni teologici della cerchia degli studenti dottorandi di Ratzinger; l’indologo Paul Hacker dal quale attinge con interesse nozioni sull’induismo per le lezioni di storia delle religioni («Qualche studente» ricorda Kuhn «se ne lamentava, scherzandoci sopra. Dicevano: Ratzinger è totalmente immerso nell’induismo, ci parla solo di Bhakti e di Khrisna, non ne possiamo più…»…)
Il clima di entusiasmo dei primi mesi, purtroppo, è destinato ad oscurarsi nell’agosto dello stesso anno, quando si reca in visita con la sorella nella nuova abitazione dei genitori e del fratello a Traunstein.

Il papà Joseph, già nell’estate dell’anno precedente era stato colpito da un piccolo colpo apoplettico, dal quale si era tranquillamente ripreso (“papà riprese le sue occupazioni come se nulla fosse successo. Colpiva in lui solo una grande serenità, la benevolenza particolarmente indulgente con cui ci veniva incontro.
A Natale ci coprì di regali con una generosità
incomprensibile: sentivamo che considerava quello il suo ultimo Natale, ma non potevamo crederlo, dal momento che esteriormente non dava alcun segno di decadimento”), ad agosto si sente nuovamente male finchè la sera della domenica 23, dopo cena, cade svenuto e si spegne dopo due giorni di agonia. Così ricorda nella sua biografia lo stato d’animo di quei giorni: “Eravamo riconoscenti di poterci trovare tutti intorno al suo letto e di potergli mostrare ancora una volta il nostro amore, che egli accolse con gratitudine, anche se non era più in grado di parlare.
Quando, dopo questo fatto, feci ritorno a Bonn, sentivo che per me il mondo era diventato un po’ più vuoto e che un pezzo di me, della mia casa, si era spostato nell’altro mondo”.

In quel periodo, mentre i rapporti col cardinale Wendel di Monaco non sono esaltanti, tra Ratzinger e il cardinale Frings, arcivescovo di Colonia, nasce subito un rapporto di profonda intesa, anche grazie all’amicizia col suo segretario, Hubert Luthe, compagno di studi ai tempi di Furstenried.
E’ il periodo in cui a Roma papa Giovanni XXIII annuncia il concilio Vaticano II e il cardinale Frings è uno dei membri della commissione centrale inerente la sua preparazione. Ratzinger aveva tenuto una conferenza sulla teologia del Concilio, apprezzata dal Cardinale, che lo invita ad accompagnarlo a Roma insieme al suo segretario Luthe, come consulente teologo.
Come racconta lo stesso Ratzinger in un’intervista ripresa da Reset maggio-giugno 2005, Frings gli aveva già chiesto di preparargli un discorso da tenere, su invito del cardinale Siri , a Genova, sui problemi da trattare nel Concilio: “questa conferenza, che poteva apparire forse rivoluzionaria no, ma certo un po’
audace, piacque moltissimo a Papa Giovanni XXIII, che abbracciando Frings, gli disse: “Proprio queste erano le mie intenzioni nell’indire il Concilio”.
A Roma, Ratzinger abita col cardinale nel Collegio dell’Anima, vicino a Piazza Navona, in via della Pace, “un’istituzione austriaca dall’atmosfera simpatica” e da alcuni viene soprannominato “il ragazzo del coro”, per via del volto paffuto e giovanile. Il cardinale riunisce tutti i vescovi di lingua tedesca nella sala del Collegio e lo incarica di tenere loro una conferenza e di introdurli al lavoro del Concilio:
per un giovanissimo professore, avevo 32 anni ed avevo appena cominciato ad insegnare all’università, si trattava di una cosa veramente impressionante”.
Si trova finalmente insieme a tante persone conosciute solo attraverso i libri e anche partecipare alla vita romana è una realtà per lui del tutto nuova: “nel collegio dell’Anima si vedeva il mondo, si sentivano soprattutto i rumori della vecchia Roma. Andare al caffè con altri e conoscere la vita romana, talmente diversa dalla mia vita universitaria, suscitò in me un’impressione grandissima che ha marcato la mia vita”.
Durante il Concilio, muore papa Giovanni XXIII e anche in Germania ciò procura grande tristezza, nonostante la notoria non vicinanza da parte di questo paese al papato. Ratzinger naturalmente non partecipa al conclave ma non è sorpreso dall’elezione di Montini, considerato da molti e da lui stesso garante della continuità del Concilio, nello spirito di Papa Giovanni. E dice:” e Papa Giovanni stesso aveva fatto capire che desiderava l’Arcivescovo di Milano come suo successore. Fu accolto senza difficoltà, anzi come un portatore di speranza.”. Per i primi due mesi del Concilio, è presente in qualità di esperto, perito privato del cardinale Frings ma in novembre il Papa lo nomina anche perito ufficiale e da quel momento in poi può partecipare ufficialmente a tutte le sedute. E’
per lui un grande avvenimento vedere esperti e grandi personalità finora conosciute solo sui libri come Henri De Lubac, Jean Danielou,Yves Congar , Marie-Dominique Chenu e altri grandi nomi, anche rappresentanti di altre chiese e confessioni cristiane e, naturalmente, il Papa stesso. Non è ancora del periodo conciliare invece l’incontro con Karol Wojtyla ( “ durante il concilio non ho mai visto l’arcivescovo di Cracovia: a quel tempo non avevo ancora conosciuto il cardinale Wojtyla”).
Come si ricava dalla sua biografia riguardo a quel periodo, “il Papa aveva indicato solo in termini molto generali le sue intenzioni riguardo al concilio lasciando ai Padri uno spazio quasi illimitato per la concreta configurazione: la fede doveva tornare a parlare a questo tempo in modo nuovo, mantenendo pienamente l’identità dei suoi contenuti”.
Per quanto riguarda la riforma liturgica, ricorda: “per la maggioranza dei padri conciliari la riforma proposta dal movimento liturgico non costituiva una priorità, anzi per molti di loro essa non era nemmeno un tema da trattare”.
La liturgia e la sua riforma erano divenute questioni pressanti solo in Francia e in Germania e questi due paesi, teologicamente rilevanti, erano riusciti ad ottenere che venisse elaborato uno schema sulla sacra liturgia.
Questo testo è stato il primo ad essere esaminato dal Concilio ma, secondo il ricordo di Ratzinger, non per un accresciuto interesse da parte dei Padri su questa tematica, ma per il fatto che in questo ambito non erano previste grosse polemiche e si era pensato che potesse costituire materia di esercitazione e sperimentazione dei metodi di lavoro del Concilio (“A nessuno dei Padri sarebbe venuto in mente di vedere in questo testo una “rivoluzione”, che avrebbe significato “la fine del medioevo”, come nel frattempo alcuni teologi hanno ritenuto di dove interpretare”). Il dibattito sulla liturgia, come previsto, è tranquillo e procede senza tensioni mentre si svolge in un drammatico scontro la discussione del documento su “le fonti della rivelazione”.

Ratzinger conosce bene l’argomento, sul quale ha discusso la sua tesi di dottorato e per desiderio del cardinale Frings mette per iscritto un piccolo schema seguito da una seconda più ampia e approfondita redazione insieme a Karl Rahner (“questo secondo testo, che va ascritto molto più a Rahner che a me, fu poi fatto circolare tra i Padri e suscitò in parte delle aspre reazioni”.).

Lavorando con Rahner, Ratzinger si rende conto che benché c’è accordo su molti punti, vi sono anche parecchie divergenze (“ la sua era una teologia speculativa e filosofica in cui, alla fin fine, la scrittura e i Padri non avevano poi una parte tanto importante, in cui, soprattutto, la dimensione storica era di scarsa importanza. Io, al contrario, proprio per la mia formazione, ero stato segnato soprattutto dalla Scrittura e dai Padri, da un pensiero essenzialmente storico: in quei giorni ebbi la chiara percezione di quale fosse la differenza tra la scuola di Monaco, da cui io ero passato, e quella di Rahner, anche se dovette passare ancora qualche tempo prima che la distanza che separava le nostre strade fosse pienamente visibile all’esterno”).

Lo schema di Rahner non viene accolto ma anche il testo ufficiale va incontro a bocciatura e si deve procedere al rifacimento del testo. Dopo complesse discussioni, solo nell’ultima fase dei lavori conciliari si arriva all’approvazione della Costituzione sulla parola di Dio (“uno dei testi di spicco del Concilio, che peraltro non è stato ancora recepito appieno. All'inizio si impose in pratica solo quello che era passato come la presunta novità nel modo di pensare questi argomenti da parte dei Padri.
Il compito di comunicare le reali affermazioni del Concilio alla coscienza ecclesiale e di plasmarla a a partire da queste ultime è ancora da realizzare”).

Risale a quegli anni, un’altra importante decisione professionale: nell’estate del 1962 si libera la cattedra di dogmatica dell’università di Münster . 

Gli amici insistono perché accetti: la dogmatica è il suo vero campo e potrebbe aprirgli prospettive di azione più ampie della teologia fondamentale; la sua preparazione scritturistica e patristica sarebbero state lì meglio valorizzate ma per il legame con l’università di Bonn, i suoi studenti e il cardinale Frings decide inizialmente di rifiutare.
Tuttavia, la situazione a Bonn non è del tutto libera da tensioni e le centinaia di studenti che affollano le lezioni del professore trentenne non possono non suscitare invidie e ripicche da parte dei vecchi professori, soprattutto da quando Frings lo ha scelto come consulente teologico del concilio. 
Come citato in “30 giorni”, della cerchia dei dottorandi di Ratzinger fanno parte due studenti ortodossi, il già citatoDamaskinos Papandréou e Stylianos Harkianakis, oggi ambedue metropoliti del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Ma il Consiglio di Facoltà respinge la richiesta dei due di addottorarsi presso la Facoltà cattolica. Durante una trasferta di Ratzinger a Roma per il Concilio, i voti delle prove di alcuni suoi allievi vengono abbassati dai suoi detrattori. Anche la tesi dello studente Johannes Dörmann sulle nuove acquisizioni circa l’evoluzionismo introdotte dagli studi di Johann Jacob Bachofen (il primo a teorizzare l’esistenza di un matriarcato originario primitivo) viene osteggiata con l’argomento che non si tratta di un lavoro teologico.

Ratzinger ripensa al dramma da lui vissuto per il suo esame di abilitazione, quando il professore di Teologia dogmatica Michael Schmaus, suo correlatore, aveva tentato di bocciare la sua tesi su san Bonaventura, tacciandola di modernismo e accetta il trasferimento (“ripensai al dramma della mia abilitazione e vidi in Munster la via indicatami dalla provvidenza per potere aiutare quei studiosi”).
Ricorda Viktor HahnDi certo le ostilità intorno a lui erano cresciute con la sua nomina a perito del Concilio. Chiesi al professor Jedin se erano stati gli altri professori a scaricarlo. Mi rispose: lei potrebbe non avere torto». Il prof Botterweck (antico Testamento), nelle chiacchiere tra colleghi, si vanterà di averlo «fatto scappare» da Bonn.

Nell’estate del 1963 inizia così l’insegnamento di Teologia dogmatica a Munster, davanti ad un vasto uditorio e con una dotazione di personale che va ben oltre quella disponibile a Bonn. L’accoglienza è cordiale e coi colleghi non ci sono problemi ma,
ricorda: “devo confessare che mi è comunque rimasta la nostalgia di Bonn, la città sul fiume, della sua serena allegria e del suo dinamismo spirituale”.
Racconta “30giorni”: Si insedia con la sorella Maria in una villetta sul viale Annette von Droste Hülshoff, vicino al lago artificiale Aasee. Al piano di sopra troveranno alloggio due suoi studenti, i “fedelissimi”
Pfnür e Angulanza, che all’Università lo assistono come collaboratori scientifici. Di mattina presto celebra messa nella cappella di una casa di cura vicino casa, e poi va in Facoltà in bicicletta.
Racconta Peter Kuhn: «Münster è una città di pianura, non è lontana dall’Olanda, lì tutti si muovevano in bici, come del resto fanno in molti anche oggi. Dissi a Pfnür di comprarne una per il nostro professore, ma lui è un tipo parsimonioso e ne trovò una usata, così malmessa che ancora oggi lo prendo in giro, dicendo che per colpa di quella bicicletta anche adesso al Papa fanno male le ginocchia…». A Münster si allarga il giro di allievi che chiedono di addottorarsi con lui. Con i più intimi continua la tradizione dei pranzetti bavaresi. Qualche volta il drappello di teologi col loro professore si ritrovano a mangiare a una locanda sul lago che sembra tagliata su misura per
loro: si chiama Zum Himmelreich, Al Regno dei Cieli.

Quel periodo, purtroppo, non è solo foriero di successi personali ma il 16 dicembre 1963 si spegne la mamma Maria, qualche mese dopo la diagnosi di un cancro allo stomaco (“la luce della sua bontà è rimasta e per me è divenuta sempre più una concreta dimostrazione della fede da cui lei si era lasciata plasmare. Non saprei indicare una prova della verità della fede più convincente della sincera e schietta umanità che la fede ha fatto maturare nei miei genitori e in molte altre persone che ho potuto incontrare”.)

Quasi subito dopo la morte della madre, il fratello Georg viene chiamato a ricoprire l’incarico di maestro della cappella del duomo di Ratisbona (“Così l’idillio di Traunstein era davvero finito per sempre e Ratisbona, l’antica città imperiale sul Danubio, che finora era stata ai margini della nostra vita, divenne per noi un comune punto di riferimento; era là che ci incontravamo durante le ferie e là ci sentivamo sempre di più a casa nostra”)

Nel frattempo, il Concilio va avanti e Ratzinger si divide fra Roma e Munster.

In quegli anni si aggiungono al corpo docente altre giovani promesse della teologia tedesca come Walter Kasper e Johannes Baptist Metz, iniziatore della teologia politica, con cui Ratzinger polemizzerà negli anni a venire. Ma nel tempo di Münster nessuno sembra soffrire la preferenza che gli studenti gli riservano.
Racconta ancora Pfnür a “30 giorni”: «Gli iscritti al corso erano circa 350, ma alle lezioni prendevano parte una media di 600 uditori. Venivano a sentire Ratzinger anche gli studenti di altre Facoltà, come Filosofia e Giurisprudenza. Stampammo le dispense del corso di Ecclesiologia sulla centralità dell’Eucaristia, e ne vendemmo 850 copie».

Ironizza Kuhn: «A Münster Pfnür aveva messo su una piccola stamperia. Si ciclostilavano le lezioni, e poi se ne spedivano pacchi interi per tutta la Germania, ai fan di Ratzinger sparsi nelle altre Facoltà teologiche».

Alla fama crescente del professor Ratzinger contribuisce la sua intensa partecipazione al Concilio. Scrive pareri per il suo cardinale, viene incaricato della stesura di schemi di documento alternativi rispetto a quelli preparati dalla Curia romana. 

Frequenta e collabora con tutti i grandi teologi del Concilio: Yves Congar, Henri de Lubac, Jean Daniélou, Gérard Philips, Karl Rahner. «A noi studenti» ricorda Pfnür «raccontava che a impressionarlo in particolar modo erano i teologi e i vescovi latinoamericani». Quando torna in Germania alla fine delle sessioni romane, offre resoconti pubblici dei lavori conciliari in affollatissime conferenze. Occasioni di riflessione in cui il giudizio di Ratzinger si smarca anche dal neotrionfalismo progressista e dall’eccitazione polemica che già sembra contagiare altri teologi “riformisti” del Concilio. «Ogni volta che tornavo da Roma» racconta nella sua autobiografia «trovavo nella Chiesa e tra i teologi uno stato d’animo sempre più agitato. Sempre più cresceva l’impressione che nella Chiesa non ci fosse nulla di stabile, che tutto può essere oggetto di revisione….. se al ritorno in patria dal primo periodo conciliare mi ero sentito ancora sostenuto dal sentimento di gioioso rinnovamento che regnava dovunque, provavo ora una profonda inquietudine di fronte al cambiamento che si era
prodotto all’interno del clima ecclesiale e che era
ormai sempre più evidente ».
Spiega oggi Pfnür: «I primi indizi del caos li registrava non tanto in Facoltà, quanto nelle parrocchie. I parroci cominciavano a cambiare la liturgia a proprio piacimento, e su questo lui diede da subito giudizi molto critici».
In una conferenza sul vero e falso rinnovamento della Chiesa, tenuta presso l’università di Münster , cerca di lanciare un primo segnale d’allarme riguardo alle proprie preoccupazioni che però non viene notato.
Più energico è il suo intervento al Katholikentag di Bamberga del 1966, “tanto che il cardinale Dopfner si stupì dei ‘tratti conservatori’ che gli era parso di cogliere”.

Ma nel 1966 un altro trasferimento è nell’aria, forse complice l’infelicità della sorella per la troppa distanza dall’amata terra natale, la Baviera, e la tentazione diventa irresistibile quando l’università di Tubinga lo chiama offrendogli la seconda cattedra di dogmatica, da poco istituita (“a insistere sulla mia chiamata e e a ottenere il consenso degli altri colleghi era stato Hans Kung”).

Racconta Han: Qualche anno dopo, quando gli chiesi il perché della sua partenza, mi confermò che a Münster la sorella non era felice. Lei gli aveva dedicato la vita, e lui non poteva non tener conto della sua nostalgia»