martedì 31 maggio 2016

BEATAE MARIAE VIRGINIS REGINAE

BEATAE MARIAE VIRGINIS REGINAE

Duplex II classis

Introitus
GAUDEÁMUS omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre beátae Maríae Vírginis Regínae: de cujus solemnitáte gaudent Angeli, et colláudant Fílium Dei. (T. P. Allelúja, allelúja.) Ps. 44, 2 Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi. V/. Glória Patri.



Oratio

CONCÉDE nobis, quaésumus, Dómine: ut, qui solemnitátem beátae Maríae Vírginis Regínae nostrae celebrámus ; ejus muníti praesídio, pacem in praesénti et glóriam in futúro cónsequi mereámur. Per Dóminum.

Et, in Missis privatis tantum, fit Commemoratio S. Petronillae Virginis.

Oratio

EXÁUDI nos, Deus, salutáris noster: ut, sicut de beátae Petroníllae Vírginis tuae festivitáte gaudémus ; ita piae devotiónis erudiámur afféctu. Per Dóminum.

Léctio libri Sapiéntiae.
Eccli. 24, 5 et 7, 9-11, 30-31

EGO ex ore Altíssimi prodívi, primogénita ante omnem creatúram ; ego in altíssimis habitávi, et thronus meus in colúmna nubis. In omni terra steti et in omni pópulo, et in omni gente primátum hábui, et ómnium excelléntium et humílium corda virtúte calcávi. Qui audit me, non confundétur, et qui operátur in me, non peccábunt ; qui elúcidant me, vitam aetérnam habébunt.

Allelúja , allelúja. V/. Beáta es, Virgo María, quae sub cruce Dómini sustinuísti, allelúja. V/. Nunc cum eo regnas in aetérnum. Allelúja.

Extra Tempus Paschale dicitur:

Graduale Apoc. 19, 16 Ipse habet in vestiménto et in fémore suo scriptum: Rex regum, et Dóminus dominántium. V/. Ps. 44, 10 Astitit Regína a dextris tuis in vestítu deauráto: circúmdata varietáte.
Allelúja, allelúja. V/. Salve, Regína misericórdiae, tu nos ab hoste prótege, et mortis hora súscipe. Allelúja.



+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc. 1, 26-33

IN illo témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilaéae, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam dixit: Ave, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quae cum audísset, turbáta est in sermóne ejus: et cogitábat qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce concípies in útero, et páries fílium, et vocábis nomen ejus Jesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David patris ejus: et regnábit in domo Jacob in aetérnum, et regni ejus non erit finis.
Credo.

Offertorium Regáli ex progénie María exórta refúlget ; cujus précibus nos adjuvári, mente et spíritu devotíssime póscimus. (T. P. Allelúja.)

Secreta
ACCIPE, quaésumus, Dómine, múnera laetántis Ecclésiae, et, beátae Vírginis Maríae Regínae suffragántibus méritis, ad nostrae salútis auxílium proveníre concéde. Per Dóminum.
Pro S. Petronilla
Secreta

ACCÉPTA tibi sit, Dómine, sacrátae plebis oblátio pro tuórum honóre Sanctórum: quorum se méritis de tribulatióne percepísse cognóscit auxílium. Per Dóminum.


* Praefatio de beata Maria Virgine Et te in festivitáte.

Communio: Regína mundi digníssima, María Virgo perpétua, intercéde pro nostra pace et salúte, quae genuísti Chrístum Dóminum Salvatórem ómnium. (T. P. Allelúja.)

Postcommunio

CELEBRÁTIS solémniis, Dómine, quae pro sanctae Maríae, Regínae nostrae, festivitáte perégimus: ejus, quaésumus, nobis intercessióne fiant salutária ; in cujus honóre sunt exsultánter impléta. Per Dóminum.

Pro S. Petronilla
Postcommunio

SATIÁSTI, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris: ejus, quaésumus, semper interventióne nos réfove, cujus solémnia celebrámus. Per Dóminum.



AMDG et BVM

MARIA SS.ma REGINA

 Beatae Mariae Virginis Reginae ~ II. classis

Tempora: Feria III infra Hebdomadam II post Octavam Pentecostes
Sancta Missa

Divinum Officium             Kalendarium


Lettura 1
Dal libro dell' Ecclesiastico
Sir 24:5-11
5 Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo, primogenita di tutta la creazione.
6 Io ho fatto sorgere nel cielo una luce indefettibile e come vapore ho coperto tutta la terra.
7 Ho posto la mia tenda in alto: il mio trono è sopra una colonna di nube.
8 Io sola ho percorso la volta del cielo, sono penetrata nelle profondità dell'abisso, ho camminato sui flutti del mare
9 E su tutta la terra: ho preso dominio su ogni popolo
10 E gente:
11 Ho soggiogato, con la mia forza, il capo dei potenti e degli umili; e in tutti questi ho cercato riposo, e mi fermerò nei domini del Signore.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.






AVE MARIA!

MATER SALUTIS

giovedì 26 maggio 2016

Isacco Newton

ANEDDOTI


     «Una volta, fu chiesto a Isacco Newton in che modo l'uomo trasformato in polvere poteva ricomporsi di nuovo per dar luogo ad un corpo.

      Senza dire una parola, egli raccolse un pugno di limatura di ferro, lo mescolò con la sabbia e domandò al suo interlocutore: "Lei saprebbe separare la polvere di ferro da questa massa?". L'altro rispose di no. 
      Allora, il saggio prese una calamita, l'accostò al composto e subito le particelle di ferro si attaccarono alla calamita. 
     Quindi, Newton disse con calma: "Colui che ha posto una tal forza nel ferro inanimato, non potrà dare di nuovo un involucro corporale alla nostra anima immortale?"»

Una sola è la Verità. E' GESU'


SERVIRE il Signore - diceva Severino Boezio (480-526) - è più nobile che conquistare i regni del mondo. E difendere-proclamare la Verità è servire il Signore.

Ho molti amici col nome Maurizio. L'ultimo in ordine di tempo mi ha regalato un post mirabile e coraggioso che offro anche a voi, amici di "Maria Giglio della Trinità", e Buona lettura

Monstra Te esse Matrem
AVE MARIA!

mercoledì 25 maggio 2016

“Pati et non mori”, e cioè patire e non morire...

25 maggio: Santa Maria Maddalena, carmelitana (1556-1597):NON HO DESIDERATO ALTRO CHE TE


Nel mese di maggio dell’anno 2003 ho presentato Santa Gemma Galgani nel centenario della sua morte (1903) con il titolo “Icona della sofferenza amorosa”. Gemma è una santa dell’era moderna che ha saputo trasformare tutte le proprie sofferenze, in strumento di salvezza, in unione al Cristo che muore per amore dell’umanità.

A qualche anno di distanza vi presento una altra santa che è vissuta sulla stessa lunghezza d’onda di Gemma, con gli stessi sentimenti di unione alla passione di Cristo, anche se è vissuta tre secoli prima: Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Gemma e Maria Maddalena hanno in comune le grandi sofferenze che sperimentarono nella vita, totalmente unite al Cristo non sul monte Tabor (il che sarebbe facile) ma sul monte Calvario (dal quale è più istintivo e immediato fuggire, come fecero gli Apostoli).
Due sante che, nell’amore totale (unione mistica) a Cristo sperimentarono, nella propria carne mortale, non solo le sue più grandi sofferenze ma anche la gioia più indicibile e indescrivibile (momenti estatici), proprio perché vissero nell’amore, soffrendo e desiderando vivere e soffrire per essere più vicine a Cristo sofferente e così salvatore.



In convento a sedici anni

Caterina di Geri de’ Pazzi nacque a Firenze nel 1566 da una nobile e facoltosa famiglia. Fece la prima Comunione a dieci anni, cosa molto insolita a quei tempi, e nello stesso anno ebbe la prima estasi, un dono del Signore che si ripeterà altre volte.
Tornata a Firenze, dopo una breve parentesi a Cortona, all’età di quindici anni chiese di fare due settimane di “stage” vocazionale, non in azienda, quindi, ma in convento, per studiare il proprio futuro, la propria professione da esercitare nella vita (vocazione). Questa esperienza la fece tra le carmelitane di Santa Maria degli Angeli a Firenze, un convento di stretta osservanza. E Caterina superò la prova, brillantemente. Capì qual era la strada che Dio voleva da lei. E nonostante la giovane età aveva gia deciso.

La famiglia, fece grandi resistenze: farsi monaca, lei una ragazza nobile, ricca, bella, con all’orizzonte un ottimo matrimonio? Aveva un futuro ricco e brillante, senza problemi economici o di inserimento nella società nobile fiorentina. Ma cosa voleva di più a sedici anni?
Sì, Caterina voleva di più, molto di più: voleva Dio stesso, il Tutto che dà senso a tutto. Non era una infatuazione adolescenziale la sua, ma una ferma decisione, non un proposito di corto respiro, ma un progetto per tutta la vita.

Le pressioni aumentarono, ma lei non cedette. Come molti genitori “moderni” che non accettano la vocazione religiosa dei loro figli, anche il padre di Caterina non voleva assolutamente. Tuttavia alla fine cedette e, per consolarsi davanti alla “perdita” della figlia così giovane e così bella, ottenne da lei il permesso (era una condizione) di farle un ritratto, da ammirare a casa e da mostrare... ai propri amici.
E così nel 1582 Caterina entrò in convento, vestendo l’abito carmelitano, e prendendo un nuovo nome: Maria Maddalena.
Già durante il noviziato fu colpita da una misteriosa e dolorosa malattia. Per i dottori non c’era niente da fare, loro vedevano già le porte del Paradiso aprirsi per la giovane suora. La madre superiora poi, molto premurosa, le permise di fare in anticipo (non c’era più tempo terreno!) la professione religiosa, per questo la portarono in cappella. Era il mattino del 27 maggio 1584, festa della Santissima Trinità.

Subito dopo entrò in estasi molto profonda che la unì spiritualmente alla Trinità, durante la quale, come lei stessa affermò, aveva offerto a Dio il proprio cuore. Si “risvegliò” tra le lacrime, di consolazione e di gioia, per quello che aveva sperimentato.
Lassù avevano stabilito diversamente, ed infatti Maria Maddalena guarì miracolosamente e riprese la propria formazione principalmente con lo studio della Scrittura (i Vangeli in particolare), dei Padri della Chiesa (in primis Sant’Agostino), e gli scritti dei Santi (con un posto d’onore per Santa Caterina da Siena).


Compartecipazione alle sofferenze di Cristo per la Chiesa

Quella prima esperienza soprannaturale non rimase isolata, infatti i fenomeni estatici continuarono in modo impressionante anche in seguito. L’8 giugno 1584 vide il dramma della Passione del Cristo; due giorni dopo scambiò il proprio cuore con quello di Gesù, il 28 giugno ricevette le stigmate e alcuni giorni dopo, il 6 luglio, la corona di spine.
Nell’aprile dell’anno seguente ricevette dal Cristo un anello, simbolo delle nozze mistiche. Questi rapimenti, puro dono di Dio, avvenivano non solo durante la preghiera ma anche durante altre attività, come affermarono i testimoni.

Il suo confessore inoltre per accertarsi che quello che viveva veniva da Dio e che non erano illusioni o frutto di isterismi, le comandò di mettere tutto per iscritto. Ella obbedì naturalmente, anche se poi disse che nonostante tutti i propri sforzi non riusciva a mettere in parole terrene le esperienze che viveva. Il confessore incaricò allora tre sue consorelle a stendere per iscritto le parole pronunciate da Suor Maria Maddalena durante i rapimenti estatici.
Fu proprio questa felice intuizione che ha regalato ai posteri ben cinque volumi di manoscritti, ricchi di profonda dottrina spirituale, che ebbero un impatto profondo sulla spiritualità cristiana dei secoli seguenti fino ai nostri giorni.


Nella fossa dei leoni

Nello stesso anno 1585 le fu detto che sarebbe stata privata della percezione della grazia divina. In altre parole: era l’annuncio di una lunga prova di aridità spirituale, del deserto della desolazione più nera da attraversare, la “notte dello spirito” insomma: si sarebbe sentita esistenzialmente inutile e addirittura abbandonata spiritualmente da Dio, sottoposta ad ogni genere di tentazioni. Fino a quella terribile e drammatica del suicidio. Ma anche in quel momento della più bassa disperazione la sua fede rimase ferma: depose infatti il coltello ai piedi della statua di Cristo e si affidò di nuovo e totalmente a Lui.
Dopo essere sopravvissuta alla “fossa dei leoni” come lei chiamò quel terribile periodo di prova, nel 1598 divenne Maestra delle novizie, e alcuni anni dopo anche vice priora. Suor Maria Maddalena poteva insegnare alle altre consorelle, attraverso le sofferenze e le prove spirituali subite e superate.


Qual era il suo insegnamento alle novizie e il suo messaggio per noi oggi?
Prima di tutto e soprattutto veniva messa in risalto la bontà paterna di Dio, e non il suo volto severo di giudice inflessibile, come si usava in quel tempo. È l’amore infinito del Padre che ci dona il Verbo nell’Incarnazione e attraverso la Sua santa umanità entra in piena comunione con l’umanità di tutti i tempi, e questo avviene attraverso il dono continuo dello Spirito Santo, che ci conforma, se lo si lascia lavorare, al Cristo. Secondo Santa Maria Maddalena la radice di tutto in Dio è l’amore, e questa volontà di amore e donare amore a tutti avrebbe fatto sì che l’Incarnazione sarebbe avvenuta anche senza il peccato. È su questa Umanità di Cristo che ella insiste molto: “Chi non passa per questa santa umanità non può arrivare a salvamento”, essa infatti è “il ponte”, la “scala”, la “nave che conduce in porto”. Il Verbo incarnato posto “come per incudine tra l’ira di Dio e l’iniquità dell’uomo”, è strumento perfetto di Redenzione.


Ma nell’insegnamento della Nostra non c’è solo teologia e contemplazione del mistero ineffabile e inesprimibile di Dio, c’è anche un capitolo sull’ascesi: l’anima del discepolo si configura e si unisce a Dio nella misura in cui si spoglia di ogni cosa superflua nel cammino verso Dio e diventa un “nulla”.
Di Maria mette in risalto la santità unica: “la più santa che sia stata, sia al presente e abbia a essere per l’avvenire”, la sua maternità spirituale, ed il suo essere Mediatrice di grazia.
Anche Maria Maddalena, come Caterina da Siena, si adoperò (su richiesta del Signore) per la riforma della Chiesa. Era una missione difficile ma importante. Compito che la spaventò perché si riteneva inadatta e incapace. Era forse un’idea del diavolo o un’auto illusione? I suoi direttori spirituali la incoraggiarono ad andare avanti.


Scrisse alcune lettere al Papa e ad altri prelati in tal senso.
Sembra però che tali missive non siano mai arrivate a destinazione o non siano state prese sul serio.


“Come altri mistici anche la nostra santa godette di mirabili visioni ed estasi, ma fu anche sottoposta a smisurate sofferenze (...). Di pochi altri santi si può dire che contribuirono in tale misura “a ciò che manca alle sofferenze di Cristo (Cor 1,24)” (A. Butler). Tre anni prima della morte cessarono le estasi e dovette affrontare la passione e la salita al Calvario, in unione al Cristo sofferente. Lei accettò di soffrire e di offrire tutto quel dolore, sempre sorretta dall’amore a Cristo, e coniò la famosa espressione
“Pati et non mori”, e cioè patire e non morire, se questo significava la compartecipazione alla passione di Cristo per la Chiesa e per il mondo. Finì la sua vita a soli 41 anni, mentre correva l’anno 1607.
                                                                                               
 MARIO SCUDU SDB ***


Vieni, o Spirito Santo
“Vieni, o Spirito Santo.
Venga l’unione del Padre, il compiacimento del Verbo.
Sei, o Spirito di verità, premio dei santi, refrigerio delle anime,
luce delle tenebre, ricchezza dei poveri, tesoro di quelli che amano,
sazietà degli esaurienti, consolazione dei pellegrini.
Tu sei, insomma, colui nel quale si contiene ogni tesoro.
Vieni Tu, che discendendo in Maria, hai fatto incarnare il Verbo,
e fa’ in noi per grazia quello che hai fatto in lei per grazia e per natura”.
                                                    
 (Dai Manoscritti)

Tu l’Essere di ogni essere
Sei l’essere di te stesso, sei l’essere del tuo Verbo.
Sei l’essere dello Spirito Santo, sei l’essere della Santissima Trinità.
Sei l’essere di ogni cosa che ha essere.
E che cosa si può dire che abbia essere se non tu stesso?
La creatura non ha essere alcuno se non da te stesso.
Tu gli hai dato quell’essere . 
 (Dai Manoscritti)

Davanti al mistero della sofferenza
“Davanti al mistero della sofferenza, del pianto, del dolore nella vita dell’uomo, ci dobbiamo perdere nel disegno di Dio. Si tratta di questo, in sostanza. Ci possiamo arrampicare finché vogliamo, ma ad un certo punto ci dobbiamo fermare, perché non c’è più strada. Il disegno di Dio! Di fronte ad esso i nostri perché debbono tacere, le nostre ribellioni debbono cadere. Dobbiamo soltanto adorare. Allora emerge la beatitudine”. Emerge la gioia anche se si è nel dolore, ritorna la speranza anche se si è nella notte, ritorna il sereno dopo la tragica e dolorosa tempesta. Tutto questo quando ci saremmo concentrati non più sul nostro io che soffre, ma sul Dio che consola”.
                      (
Card. Anastasio Ballestrero, carmelitano e già arcivescovo di Torino)



*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino


IMMAGINI:
1 Anonimo XVI, Firenze : Per lasciarla entrare in convento, il padre chiese come condizione di avere un ritratto della figlia, ora esposto nel Convento delle Carmelitane a Firenze.
2 Luca Giordano (1680) Chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi /


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-5 VISITA Nr. 

ANGELUS Domenica, 1° Ottobre 2000: Dichiarazione "Dominus Iesus"


BEATO GIOVANNI PAOLO II 

ANGELUS

Domenica, 1° Ottobre 2000

1. I Santi che sono stati oggi elevati alla gloria degli Altari ci spingono a volgere lo sguardo a Cristo. Essi hanno vissuto radicati nella fede in Lui, il Redentore di tutti gli uomini, il Figlio unigenito che è nel seno del Padre e lo ha rivelato (cfr Gv 1,18). I Santi ci invitano a confessarlo con gioia, ad amarlo di cuore e a rendergli testimonianza.

Al vertice dell'Anno Giubilare, con la Dichiarazione Dominus Iesus - Gesù è il Signore - approvata da me in forma speciale, ho voluto invitare tutti i cristiani a rinnovare la loro adesione a Lui nella gioia della fede, testimoniando unanimemente che Egli è, anche oggi e domani, "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). La nostra confessione di Cristo come unico Figlio, mediante il quale noi stessi vediamo il volto del Padre (cfr Gv 14,8), non è arroganza che disprezza le altre religioni, ma gioiosa riconoscenza perché Cristo si è mostrato a noi senza alcun merito da parte nostra. Ed Egli, nello stesso tempo, ci ha impegnati a continuare a donare ciò che abbiamo ricevuto e anche a comunicare agli altri ciò che ci è stato donato, perché la Verità donata e l'Amore che è Dio appartengono a tutti gli uomini.

Con l'Apostolo Pietro noi confessiamo "che in nessun altro nome c'è salvezza" (Atti4,12). La Dichiarazione Dominus Iesus, sulle tracce del Vaticano II, mostra che con ciò non viene negata la salvezza ai non cristiani, ma se ne addita la scaturigine ultima in Cristo, nel quale sono uniti Dio e uomo. Dio dona la luce a tutti in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale, concedendo loro la grazia salvifica attraverso vie a lui note (cfr Dominus Iesus, VI, 20-21). Il Documento chiarisce gli elementi cristiani essenziali, che non ostacolano il dialogo, ma mostrano le sue basi, perché un dialogo senza fondamenti sarebbe destinato a degenerare in vuota verbosità.

Lo stesso vale anche per la questione ecumenica. Se il Documento, con il Vaticano II, dichiara che "l'unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa Cattolica", non intende con ciò esprimere poca considerazione per le altre Chiese e comunità ecclesiali. Questa convinzione s’accompagna alla consapevolezza che ciò non è merito umano, ma un segno della fedeltà di Dio che è più forte delle debolezze umane e dei peccati, confessati da noi in modo solenne davanti a Dio e agli uomini all'inizio della Quaresima. La Chiesa Cattolica soffre - come dice il Documento - per il fatto che vere Chiese particolari e comunità ecclesiali con elementi preziosi di salvezza siano separate da lei.

Il Documento esprime così ancora una volta la stessa passione ecumenica che è alla base della mia Enciclica Ut unum sint. E' mia speranza che questa Dichiarazione che mi sta a cuore, dopo tante interpretazioni sbagliate, possa svolgere finalmente la sua funzione chiarificatrice e nello stesso tempo di apertura. Maria, a cui il Signore sulla croce ci ha affidati quale Madre di tutti noi, ci aiuti a crescere insieme nella fede in Cristo, Redentore di tutti gli uomini, nella speranza della salvezza, offerta da Cristo a tutti, e nell'amore, che è il segno dei figli di Dio.

2. Con affetto saluto tutti i fedeli riuniti qui per onorare i martiri cinesi, in particolare quanti fra voi sono di origine cinese e assistono per la prima volta alla canonizzazione di martiri appartenenti al vostro popolo.
Parimenti, penso a tutti i fedeli cattolici in Cina. So che siete spiritualmente uniti a noi, e sono certo che comprendete che questo è uno speciale momento di grazia per tutta la Chiesa e per tutta la comunità cattolica in Cina. Desidero assicurarvi ancora una volta che prego per voi ogni giorno.

Che i Santi Martiri vi confortino e vi sostengano nel momento mentre anche voi, come loro, testimoniate con coraggio e sincerità la vostra fedeltà a Gesù Cristo e amore autentico per il vostro popolo.
Auguro a voi la pace.

3. Nel concludere questa celebrazione durante la quale sono stati canonizzati numerosi testimoni della fede, saluto tutti i pellegrini di lingua spagnola, soprattutto quelli provenienti dalle terre di origine dei nuovi santi martiri domenicani:  Palencia, Tarragona, Granada, Teruel e Siviglia, e del Paese basco, culla di Santa María Josefa del Corazón de Jesús Sancho Guerra. Che il suo esempio luminoso ci aiuti a essere anche testimoni coraggiosi di Gesù Cristo nella nobile e sempre amata terra spagnola.

4. Al contempo saluto con affetto i Vescovi e i fedeli sudanesi, un grande gruppo di pellegrini degli Stati Uniti, in particolare di Filadelfia. Mediante l'intercessione dei nuovi santi, Katharine Drexel e Josephine Bakhita, che la vostra fede diventi ancora più forte e la vostra testimonianza del Vangelo sempre più efficace!

5. Rivolgo un deferente saluto alle Delegazioni governative di vari Paesi, che hanno voluto partecipare a questa canonizzazione. Preghiamo ora Maria, Regina di tutti i Santi, perché aiuti ogni cristiano ad essere testimone credibile del Vangelo.


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Ecco quanto ebbe a scrivere circa la "Dominus Iesus" il Papa Benedetto XVI:

SULLA "DOMINUS JESUS"


Tra i documenti su vari aspetti dell'ecumenismo, quello che suscitò le maggiori reazioni fu la dichiarazione "Dominus Iesus" del 2000, che riassume gli elementi irrinunciabili della fede cattolica. […]

A fronte del turbine che si era sviluppato intorno alla "Dominus Iesus", Giovanni Paolo II mi disse che all'Angelus intendeva difendere inequivocabilmente il documento.

Mi invitò a scrivere un testo per l'Angelus che fosse, per così dire, a tenuta stagna e non consentisse alcuna interpretazione diversa. Doveva emergere in modo del tutto inequivocabile che egli approvava il documento incondizionatamente.

Preparai dunque un breve discorso; non intendevo, però, essere troppo brusco e così cercai di esprimermi con chiarezza ma senza durezza. Dopo averlo letto, il papa mi chiese ancora una volta: "È veramente chiaro a sufficienza?". Io risposi di sì.



FONDAMENTALE


LETTERA ENCICLICA
VERITATIS SPLENDOR 
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO II A TUTTI I VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA
CIRCA ALCUNE QUESTIONI FONDAMENTALI
DELL'INSEGNAMENTO MORALE DELLA CHIESA

Introduzione

Venerati Fratelli nell'Episcopato,
salute e Apostolica Benedizione!

Lo splendore della verità rifulge in tutte le opere del Creatore e, in modo particolare, nell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (cf Gn 1,26): la verità illumina l'intelligenza e informa la libertà dell'uomo, che in tal modo viene guidato a conoscere e ad amare il Signore. Per questo il salmista prega: «Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Sal 4,7).

Gesù Cristo, luce vera che illumina ogni uomo

1. Chiamati alla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo, «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9), gli uomini diventano «luce nel Signore» e «figli della luce» (Ef 5,8) e si santificano con «l'obbedienza alla verità» (1 Pt 1,22).
Questa obbedienza non è sempre facile. In seguito a quel misterioso peccato d'origine, commesso per istigazione di Satana, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), l'uomo è permanentemente tentato di distogliere il suo sguardo dal Dio vivo e vero per volgerlo agli idoli (cf 1 Ts 1,9), cambiando «la verità di Dio con la menzogna» (Rm 1,25); viene allora offuscata anche la sua capacità di conoscere la verità e indebolita la sua volontà di sottomettersi ad essa. E così, abbandonandosi al relativismo e allo scetticismo (cf. Gv 18, 38), egli va alla ricerca di una illusoria libertà al di fuori della stessa verità.
Ma nessuna tenebra di errore e di peccato può eliminare totalmente nell'uomo la luce di Dio Creatore. Nella profondità del suo cuore permane sempre la nostalgia della verità assoluta e la sete di giungere alla pienezza della sua conoscenza. Ne è prova eloquente l'inesausta ricerca dell'uomo in ogni campo e in ogni settore. Lo prova ancor più la sua ricerca sul senso della vita. Lo sviluppo della scienza e della tecnica, splendida testimonianza delle capacità dell'intelligenza e della tenacia degli uomini, non dispensa dagli interrogativi religiosi ultimi l'umanità, ma piuttosto la stimola ad affrontare le lotte più dolorose e decisive, quelle del cuore e della coscienza morale.
2. Ogni uomo non può sfuggire alle domande fondamentali: Che cosa devo fare? Come discernere il bene dal male? La risposta è possibile solo grazie allo splendore della verità che rifulge nell'intimo dello spirito umano, come attesta il salmista: «Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?". Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Sal 4,7).
La luce del volto di Dio splende in tutta la sua bellezza sul volto di Gesù Cristo, «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), «irradiazione della sua gloria» (Eb 1,3), «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): Egli è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Per questo la risposta decisiva ad ogni interrogativo dell'uomo, in particolare ai suoi interrogativi religiosi e morali, è data da Gesù Cristo, anzi è Gesù Cristo stesso, come ricorda il Concilio Vaticano II: «In realtà, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro, e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione».1
Gesù Cristo, «la luce delle genti», illumina il volto della sua Chiesa, che Egli manda in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura (cf Mc 16,15).2 Così la Chiesa, Popolo di Dio in mezzo alle nazioni, 3 mentre è attenta alle nuove sfide della storia e agli sforzi che gli uomini compiono nella ricerca del senso della vita, offre a tutti la risposta che viene dalla verità di Gesù Cristo e del suo Vangelo. È sempre viva nella Chiesa la coscienza del suo «dovere permanente di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto».4
3. I Pastori della Chiesa, in comunione col Successore di Pietro, sono vicini ai fedeli in questo sforzo, li accompagnano e li guidano con il loro magistero, trovando accenti sempre nuovi di amore e di misericordia per rivolgersi non solo ai credenti, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Il Concilio Vaticano II rimane una testimonianza straordinaria di questo atteggiamento della Chiesa che, «esperta in umanità», 5 si pone al servizio di ogni uomo e di tutto il mondo.6
La Chiesa sa che l'istanza morale raggiunge in profondità ogni uomo, coinvolge tutti, anche coloro che non conoscono Cristo e il suo Vangelo e neppure Dio. Sa che proprio sulla strada della vita morale è aperta a tutti la via della salvezza, come ha chiaramente ricordato il Concilio Vaticano II, che così scrive: «Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e tuttavia cercano sinceramente Dio, e sotto l'influsso della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna». Ed aggiunge: «Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che senza colpa da parte loro non sono ancora arrivati a una conoscenza esplicita di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro, è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione al Vangelo, e come dato da Colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita».7 

L'oggetto della presente Enciclica




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Ed ecco un passaggio di un testo di Papa Benedetto XVI sulla "Veritatis Splendor":


L'enciclica sui problemi morali "Veritatis splendor" ha avuto bisogno di lunghi anni di maturazione e rimane di immutata attualità.

La costituzione del Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, di contro all'orientamento all'epoca prevalentemente giusnaturalistico della teologia morale, voleva che la dottrina morale cattolica sulla figura di Gesù e il suo messaggio avesse un fondamento biblico.

Questo fu tentato attraverso degli accenni solo per un breve periodo. Poi andò affermandosi l'opinione che la Bibbia non avesse alcuna morale propria da annunciare, ma che rimandasse ai modelli morali di volta in volta validi. La morale è questione di ragione, si diceva, non di fede.

Scomparve così, da una parte, la morale intesa in senso giusnaturalistico, ma al suo posto non venne affermata alcuna concezione cristiana. E siccome non si poteva riconoscere né un fondamento metafisico né uno cristologico della morale, si ricorse a soluzioni pragmatiche: a una morale fondata sul principio del bilanciamento di beni, nella quale non esiste più quel che è veramente male e quel che è veramente bene, ma solo quello che, dal punto di vista dell'efficacia, è meglio o peggio.

Il grande compito che Giovanni Paolo II si diede in quell'enciclica fu di rintracciare nuovamente un fondamento metafisico nell'antropologia, come anche una concretizzazione cristiana nella nuova immagine di uomo della Sacra Scrittura.

Studiare e assimilare questa enciclica rimane un grande e importante dovere.

Sant'Antonio María Claret y Clará, Vescovo


Sant'Antonio María 
Claret y Clará, Vescovo

24 ottobre - 

Sallent (Catalogna, Spagna), 23 dicembre 1807 - Fontfroide (Francia), 24 ottobre 1870

Una figura del secolo XIX al cui nome è tuttora legata una congregazione religiosa diffusa in tutti i continenti, quella dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria, detti appunto Clarettiani. Di origine catalana, appena ordinato sacerdote Claret si reca a Roma, a Propaganda Fide, per essere inviato missionario. Ma la salute precaria lo costringe a tornare in patria. Così per sette anni si dedica alla predicazione delle missioni popolari tra la Catalogna e le Isole Canarie. È tra i giovani raggiunti in questa attività apostolica che nasce l’idea della congregazione. Nel 1849 viene nominato arcivescovo di Santiago di Cuba. Morirà il 24 ottobre 1870. (Avvenire)

Etimologia: Antonio = nato prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Sant’Antonio Maria Claret, vescovo: ordinato sacerdote, per molti anni percorse la regione della Catalogna in Spagna predicando al popolo; istituì la Società dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Maria Vergine e, divenuto vescovo di Santiago nell’isola di Cuba, si adoperò con grande merito per la salvezza delle anime. Tornato in Spagna, sostenne ancora molte fatiche per la Chiesa, morendo infine esule tra i monaci cistercensi di Fontfroide vicino a Narbonne nella Francia meridionale.

Martirologio tradizionale (23 ottobre): Sant'Antonio Maria Claret, Vescovo e Confessore, il cui giorno natalizio si celebra nel giorno seguente.

(24 ottobre): Nel monastero di Fontfroide, nella diocesi di Carcassona, in Francia, sant'Antonio Maria Claret, già Arcivescovo di Cuba, Fondatore dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, glorioso per la mansuetudine e lo zelo delle anime, che Pio dodicesimo, Pontefice Massimo, iscrisse nei fasti dei Santi. La sua festa però si celebra nel giorno precedente.

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Nato in una famiglia profondamente cristiana di tessitori catalani con dieci figli. Viene ordinato nel 1835, a 28 anni. Va a Roma nel 1839 e si rivolge a Propaganda Fide per essere inviato come missionario in qualsiasi parte del mondo. Non potendo raggiungere questo obiettivo, entra come novizio tra i Gesuiti, ma dopo pochi mesi deve tornare in patria perché malato. Per sette anni predica numerosissime missioni popolari in tutta la Catalogna e le isole Canarie conquistando un'immensa popolarità, anche come taumaturgo. Sa mettere insieme la gente dando vita ad associazioni e gruppi. 



Nel 1849 fonda una Congregazione apostolica: i Figli dell’Immacolato Cuore di Maria Oggi anche conosciuti come Missionari Clarettiani. All'inizio del terzo millennio, essi lavorano in 65 paesi dei cinque continenti. Nel 1936/ 39, durante la guerra civile spagnola, 271vengono uccisi per causa della fede. Tra questi spiccano i 51 Martiri di Barbastro, beatificati da Giovanni Paolo II il 1992. (Vedi in questa web: Martiri Spagnoli Clarettiani di Barbastro). 
Nominato nel 1849 arcivescovo di Santiago di Cuba (all'epoca appartenente alla corona di Spagna), arriva in diocesi nel febbraio di 1851. 


Nel suo strenuo lavoro apostolico affronta i gravi problemi morali, religiosi e sociali dell'Isola: concubinato, povertà, schiavitù, ignoranza, ecc., ai quali si aggiungono due calamità che colpiscono la popolazione: epidemie e terremoti. 


Ripercorre la sua vasta diocesi per ben quattro volte missionando instancabilmente con un gruppo di santi missionari. Le sue preoccupazioni pastorali si riversano anche in gran parte nel potenziamento del seminario e nella riformazione del clero. Nell'ambito sociale, promuove l'agricoltura, anche con diverse pubblicazioni e creando una fattoria-modello a Camagüey. 


Oltre a questo crea in ogni parrocchia una cassa di risparmio, opera pioniera in America Latina. Promuove l'educazione cercando Istituti religiosi e creando egli stesso insieme alla Venerabile Maria Antonia Paris la congregazione delle Religiose di Maria Immacolata (Missionarie Clarettiane). 
La sua strenua fortezza nel difendere i diritti della Chiesa e i diritti umani li crea numerosi nemici tra i politici e i corrotti. E così subisce minacce e attentati, tra i quali uno ad Holguin, dove viene gravemente ferito al volto. Nel 1857 la regina lo richiama a Madrid come suo confessore. In questa tappa continua ad annunziare il Vangelo nella capitale e in tutta la penisola. 


Esiliato in Francia nel 1868 arriva con la regina a Parigi e, anche qui, prosegue le sue predicazioni. 
Poi partecipa in Roma al concilio Vaticano I dove difende con ardore l'infallibilità del Romano Pontefice. 



Perseguitato ancora dalla rivoluzione, si rifugia nel monastero di Fontfroide presso Narbona, dove spira santamente il 24 ottobre del 1870. 

Sulla tomba vengono scolpite le parole di papa Gregorio VII: "Ho amato la giustizia e odiato l’iniquità, per questo muoio in esilio". Il suo corpo si venera nella Casa Madre dei Clarettiani a Vic (Barcellona).

Fu beatificato da Pio XI il 25 febbraio 1934. 

E l'8 maggio 1950, Pio XII lo proclama santo, e dice del Claret: 

"spirito grande, sorto come per appianare i contrasti: poté essere umile di nascita e glorioso agli occhi del mondo; piccolo nella persona però di anima gigante; modesto nell'apparenza, ma capacissimo d'imporre rispetto anche ai grandi della terra; forte di carattere però con la soave dolcezza di chi sa dell'austerità e della penitenza; sempre alla presenza di Dio, anche in mezzo ad una prodigiosa attività esteriore; calunniato e ammirato, festeggiato e perseguitato. E tra tante meraviglie, quale luce soave che tutto illumina, la sua devozione alla Madre di Dio".

Autore: P. Jesús Bermejo, CMF










AVE MARIA PURISSIMA!