martedì 24 febbraio 2015

La questione liturgica. Il Rito Romano Antiquior e il Novus Ordo Missae a 50 anni dal Vaticano II

lunedì 23 febbraio 2015

La questione liturgica. Il Rito Romano Antiquior e il Novus Ordo Missae a 50 anni dal Vaticano II

È uscita la Seconda edizione riveduta e aggiornata del mio saggio «La questione liturgica. Il rito Romano usus antiquior e il Novus Ordo Missae a 50 anni dal Vaticano II», Ed. Solfanelli, pag.136, Euro 11. Sarà presto distribuito nelle librerie.
Ordini via mail: tabulafatiordini@yahoo.it

Il Libro:
Lo scenario della Chiesa di oggi, riformata secondo le applicazioni del Concilio Vaticano II, presenta un mosaico di “criticità” che non sfuggono ai fedeli ed agli studiosi più coinvolti. Esse non hanno risparmiato — anzi vi trovano il loro focus — la Liturgia, culmine e fonte della vita di fede nella sua espressione sacramentale (SC,10), funzione primaria della Chiesa santificante oltre che docente e guidaper i fedeli. In vista dell’annuncio e della testimonianza di Cristo al mondo.
Nel presente saggio viene analizzato sul piano filosofico e teologico lo status quaestionis, in ambito liturgico, della crisi che viene da lontano ma caratterizza l’ultimo cinquantennio. Vengono quindi sviluppati in termini essenziali alcuni dei punti rilevanti di un dibattito ancora aperto, da diffondere ed allargare, al fine di alimentare una “pastorale” secondo la Tradizione che è vita e giovinezza della Chiesa.

L'autore
Maria Guarini, laureata in teologia ed esperta in Comunicazione e nuove tecnologie, ha diretto per anni la Biblioteca e le Relazioni al Pubblico del Ministero delle Comunicazioni. Continua a svolgere un’attività di Operatore dell’Informazione a livello internazionale.
È da tempo impegnata a testimoniare la presenza della Chiesa sulla Rete Internet, nuova frontiera di libertà e crogiolo per la formazione di correnti di pensiero svincolate dalle culture dominanti e tendenti al vero, in quanto radicate nella Tradizione perenne, ritrovando e rivendicando il primato della verità sull’azione, della conoscenza sulla prassi ateoretica. Autrice dei libri «La Chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II» (DEUI, Rieti 2012) e «Agorà Telematica» (Edizioni Vivere in, Roma 2001).
Presentazione di Mons. Brunero Gherardini

Ho avuto, poco tempo fa, una gradita sorpresa: il testo La questione liturgica di Maria Guarini, un nome non nuovo nell’ambito della teologia e segnatamente della liturgia.
Il testo è dedicato alla questione liturgica, considerata non astrattamente o genericamente, ma in relazione al santo sacrificio della Messa. E più precisamente alla Messa secondo il rito che il Santo Padre Benedetto XVI ha definito straordinario. Il suo contenuto non è, dunque, ciò di cui il titolo potrebbe indurre l’attesa, vale a dire uno studio più o meno scientificamente condotto sul concetto di liturgia, sul suo contenuto e sulle sue singole parti, ma una serie di riflessioni, non raramente e giustamente critiche circa la situazione di fatto determinatasi sulla scia della “creatività” postconciliare, ma protese alla riconquista del terreno perduto. A tale riguardo non si può far altro che applaudire.

È bene poi rilevare il sano equilibrio che la Guarini distribuisce a piene mani nelle sue pagine. Si potrebbe pensare che essa si muova in direzione più tradizionalista che progressista; sono anzi convinto che le cose stiano esattamente così. Tuttavia il suo aperto tradizionalismo non è per lei un “paraocchi”. Ci vede anzi e ci vede bene, tanto se si volge all'indietro, quanto se guarda in avanti. Sa che la liturgia non è “immodificabile”, per usare un suo aggettivo; conosce l’evolversi del fatto liturgico attraverso tanti secoli di storia ecclesiastica e d’adattamento del culto alla sempre più profonda comprensione del mistero in esso e con esso celebrato. E presa dalla bellezza ineffabile e dalla ricchissima simbologia d'ogni azione liturgica, ne trae la conclusione in termini di coerenza cristiana: gettarsi in ginocchio, adorare e ringraziare.

Se è vero che liturgia e fissismo non vanno d’accordo, è altrettanto vero che dell’autentica liturgia non è un ottimo interprete né chi sa o preferisce voltarsi soltanto all’indietro, né chi, guardando in avanti, non ha occhi se non per l’ancor confuso domani.
Se s’è d’accordo su questo, allora si capisce perché né l’archeologismo fine a se stesso, né l’improvvisazione, fosse pur seria, devota ed edificante, potrebbero esser mai vera liturgia. Questa è sempre collegata alle sole due fonti che ne garantiscono l'autenticità: la continuità della sacra Tradizione e la sua proposta ufficiale ad opera del magistero ecclesiastico. Non è senza significato il fatto che la Tradizione perde la sua vitalità quando viene strappata dalle mani di chi, per divina disposizione, ne ha il controllo, la custodia e il compito di ritrasmetterla – ossia il magistero ecclesiastico –, così come viene letteralmente soffocata ogni volta che proprio chi ne ha il controllo, la custodia e il compito di ritrasmetterla è sistematicamente ignorato, se non anche rifiutato, tanto dal fissismo quanto dall'improvvisazione.

Mi sembra che sia questa la griglia attraverso la quale affrontare la lettura del succoso scritto della Guarini. Affacciandosi, infatti, a codesta griglia, s’intuisce il motivo e l’obbiettività sia dei “no” sia dei “sì” che si rincorrono nelle pagine di questo testo; si capisce soprattutto “la funzione e la ragion d’essere della Liturgia” ed il perché della conservazione gelosa della lingua latina come lingua sacra – o meglio liturgica – per eccellenza. Si tratta in realtà della griglia dalla quale traspare tutto il valore – e tutto il significato – del fatto liturgico. Specialmente sul significato non bisogna sorvolare. Guai, anzi, a non assimilarlo progressivamente e sapidamente in tutta la sua portata; ministro e fedeli rischierebbero altrimenti di coinvolgersi in una pura e semplice mess’in scena e nella conseguente recita, nonché di perder il dovuto contatto con l’actio sacra per antinomasia.

Giustamente è messo l'accento sul cosiddetto rinnovamento dal basso. Dico “giustamente” non per provocare nel lettore la consapevolezza, o addirittura la presunzione, d’esser il motore della rinnovata liturgia, e men ancora l’idea che solo dal basso possa insorgere una autentica riforma liturgica. L’accorta Autrice fa capire che un’operazione di tal genere, il cui contenuto attiene all’ambito della fede e, quindi, della divina rivelazione, non potrà né dovrà mai essere, in ultim’analisi, d'iniziativa popolare o personale, ma opera di coloro ai quali Cristo affidò il presente e il futuro della sua Chiesa.

L'importanza dello scritto qui analizzato è data anche dalla “confutazione d’alcuni luoghi comuni”. A dir il vero si tratta non di semplici “frasi fatte” e di “ritornelli” privi del senso del sacro, ma anche e soprattutto di pretestuose ed infondate obiezioni contro la forma classica del Rito Romano. Questa viene felicemente riaffermata anche mediante la critica della “desacralizzazione, banalizzazione, orizzontalità di gesti”, nonché del degrado al quale è pervenuta la deformazione concettuale e pratica d'una liturgia ridotta “a cornice sacrale”.
Importante, anche in ordine alla spesso ripetuta domanda di spiegazione, appare la precisazione sul senso da dare alla cosiddetta “attiva partecipazione”, di cui il Santo Padre ha più volte parlato e all’insegnamento del quale l'Autrice significativamente si aggancia.
In special modo l’importanza dello scritto della Guarini sta nella sua riaffermazione della centralità di Cristo, soggetto ed oggetto, attraverso il ministero ecclesiastico, dell’azione liturgica e della sua preghiera.

Non mancherà qualche lettore che, non nuovo alle tematiche teologiche e al relativo dibattito, troverà nel presente scritto alcune espressioni meno felici, riscattate però dall’evidente intenzione d’aderire con tutt’il cuore e tutta l’anima al dato rivelato, alla Tradizione, alla parola magisteriale della Chiesa. Sotto codesto punto di vista, lo scritto della Guarini ha un’incidenza d’evidente portata esemplaristica e metodologica: non si nega alla discussione, ma del dibattito teologico all’interno d’un legittimo scopo di comprensione e d’approfondimento, trova sempre la soluzione nella Parola della Chiesa.

I miei più vivi complimenti e l’augurio sincero di continuare l’impresa nella direzione seguita: l’unica che consenta al teologo di sfuggire al pericolo d’esser quasi aerem verberans
Brunero Gherardini

18 commenti:


Nessun commento:

Posta un commento